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GLI ANNI D’ORO DI DANIELE AUDETTO

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Manovella PER

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I RICORDI DEL POPOLARE DIRETTORE SPORTIVO, QUATTRO VOLTE VENTENNE.

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Ottanta candeline anche per Daniele Audetto che il 4 maggio è diventato quattro volte ventenne. Ha lavorato per Lancia, Ferrari, Fiat, Abarth, Lamborghini, Ligier, Arrows, Renault, Super Aguri, HRT F.1 ed altre prestigiose realtà. Dopo aver corso come pilota e navigatore, nei primi anni Settanta diventò direttore sportivo Lancia e poi, dal 1976, della Ferrari. Sembrava una stagione in discesa, con quattro GP vinti dalla Ferrari già nel mese di luglio, tre da Lauda e uno da Regazzoni, e dunque con fondate speranze di riconquistare il titolo vinto l’anno prima. Poi capitò l’incidente di Lauda al Nürburgring, 1°agosto 1976. Fu un brutto colpo, che cambiò molti rapporti umani e tutti gli equilibri sportivi dell’epoca, accese un’aspra rivalità, innescò polemiche, aprì la porta a Gilles Villeneuve e la chiuse al velocissimo Ronnie Peterson e molti anni dopo ispirò perfno una pellicola di successo, il flm Rush’. Audetto ricorda cos quei mesi diffcili: “Prima dell’incidente il problema più complicato da gestire all’interno della Scuderia era la rivalità fra la Lauda e Regazzoni. Da un punto di vista squisitamente sportivo forse Clay era superiore a Niki, ma l’austriaco era un professionista, mentre lo svizzero era il prototipo del pilota anni Cinquanta, andava ad estro, ad intuito, insomma era più cuore che testa. au a era come ac ie te art. ianifcava tutto. veva il preparatore atletico, seguiva una dieta ferrea, ogni sera andava a letto presto. Tutte cose impensabili per Regazzoni che, se avesse vissuto così, sarebbe scivolato in una forma di depressione severa”. Lauda dimostrò la sua capacità di fronteggiare l’emergenza anche nel momento più tragico della sua carriera di pilota, nell’agosto 1976. “Poco prima di quella gara maledetta”, sottolinea Audetto, “Lauda commise un grave errore psicologico, uno dei pochi della sua vita: si imbarcò in una polemica con tutti i piloti del Circus contestando il Nürburgring. Del resto, Niki aveva la testa più dura dell’acciaio Krupp. Mi ricordo che i piloti ecero una riunione er eci ere se correre o ure no. a fne vinse il gruppo che accettava il rischio. In questo modo, Lauda si mise in minoran a. ronti via, tutti artirono con neumatici rain. vinse ass, che aveva avuto da un meteorologo l’informazione giusta e così aveva montato gomme slick. Lauda rientrò ai box poco dopo per montare le slick. Ma per smontare i cerchi il lavoro diventò laborioso, così lui ripartì incazzato nero per il ritardo e volò via come una furia. Tanto che, poco dopo, con le gomme fredde, scivolò sull’asfalto ancora umido e sbattè. L’auto prese fuoco e i fotogrammi della scena che seguì li conosciamo tutti molto bene. Ricordo che Von Hanstein mi portò con la sua Porsche a os e a e i enau. au a era messo ma e. a era er ettamente ucido. I medici allargarono le braccia. Mi dissero che poteva morire da un momento all’altro. Informai Ferrari, che era letteralmente angosciato. Fu allora che Von Hanstein chiamò un amico per organizzare il trasporto a Mannheim, una base aeronautica americana, specializzata in ustioni. Ma non c’erano elicotteri civili disponibili e trovammo un elicottero militare attrezzato. Lui, Niki, seguiva con freddezza tutte le operazioni convulse e arrivò a chiedermi di spiegare alla sua compagna Marlene dov’erano i documenti. Restò lucidissimo sempre”. Le condizioni erano gravi, soprattutto per i polmoni. Il sangue si era avvelenato e gli costò due trapianti di reni, il primo donato dal fratello Florian e l’altro, molti anni dopo, dalla nuova fdanzata, Birgitte.

“Dopo l’incidente volevano dargli l’estrema unzione”, conferma Audetto, “e francamente le speranze di sopravvivenza erano poche, ragion per cui ricevetti l’ordine da Maranello di guardarmi intorno, per cercare un possibile sostituto”. Il primo ad essere contattato fu Emerson Fittipaldi, che declinò la proposta. Poi toccò a Ronnie Peterson, che accettò con entusiasmo. Ma venne bloccato dalla ghigliottina della March, fatta scendere da Mosley e Heard. A quel punto intervenne personalmente l’in uente mecenate Vittorio anon di Valgiurata che, probabilmente pagando for di conio, sbloccò la situazione. anon sarebbe poi diventato presidente di ASI nel 1987. Ma quando l’accordo con Peterson sembrava cosa fatta, arrivò il niet’ dello stesso Ni i Lauda che era stato informato di quella possibilità dal fedele meccanico Ermanno Cuoghi, incaricato di preparare la 312T2 per lo svedese. “Lauda telefonò a Montezemolo”, continua Audetto, “e onte emo o ar con vvocato che, a sua volta, chiamò Ferrari spiegando che era meglio lasciar perdere l’assunzione di Peterson. Così puntammo su Carlos Reutemann”. Nei ricordi di Audetto, che dopo la Lancia ha diretto anche la squadra corse Fiat e costruito le vittorie della 131 Abarth nei campionati mondiali 1977, 1978 e 1979, non c’è solo F.1. “Rimpiango lo spirito d’avventura dei rally della mia gioventù, quando si macinavano migliaia di chilometri e le prove speciali erano lunghe e impegnative, di notte, spesso sullo sterrato, nei deserti africani o su strade coperte da tempeste di neve. rgani are un ra er una s ua ra vincente era come ianifcare una guerra, s ostan o e tru e in giro er i mon o. riuscimmo a vincere arecchio, ta vo ta con me i in eriori. rano vittorie che ri agavano e case costruttrici con ven ite signifcative. n esem io o o a con uista del Rallye di Monte-Carlo del 1972 con Munari e Mannucci, la Lancia mise in produzione la Fulvia Rally col cofano nero e riuscì a piazzarne più i iecimi a, uan o ormai tutti icevano che era un auto fnita .

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