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“SE POTESSI AVERE, 1000 LIRE AL MESE”…
LUNGI DAL PRODURRE ANCORA LE VETTURE POPOLARI CHE SAREBBERO ARRIVATE
SOLO NEL II DOPOGUERRA, CON LA 501 E LE SUE DERIVATE 502 E 503 LA FIAT
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GETTA COMUNQUE LE BASI PER UNA GAMMA TRASVERSALE E ADATTA A UNA CLIENTELA PIÙ VASTA, COME I in questo contesto che la progettazione e l’evoluzione di modelli totalmente nuovi e all’avanguardia, diventa imprescindibile, partendo dal modello di attacco come sarà la 501.
All’indomani della frma del Trattato di Versailles, la maggior parte dei produttori ripresenta modelli progettati e costruiti prima della guerra, come la Fiat, che ha la Tipo 70, progettata proprio all’inizio del con itto (1915) e a sua volta sostituta della ero, quindi le rappresentanti di un primo timido abbozzo di gamma media economica ma comunque ancora alla portata di pochissimi.
La Fiat è comunque la Casa automobilistica che produce e vende di pi in Italia e ha un discreto seguito anche all’estero, elemento che avrebbe favorito il delinearsi di un’attività sempre pi industrializzata e dai volumi crescenti (nel solo 1918 in Fiat sono assemblati 78.565 veicoli), diversifcando la gamma e proponendo vetture moderne, alla moda e al passo con la concorrenza pur con l’ormai proverbiale rapporto qualità-prezzo decisamente favorevole.
LA 501 (1919-1925)
di Luca Marconetti
Lanciata sul mercato dopo la metà del 1919, è innovativa per tanti motivi: è la prima auto totalmente inedita del Primo Dopoguerra e prodotta nel nuovissimo stabilimento del Lingotto, il frutto di una revisione strategica dell’impresa volta a realizzare modelli dai prezzi contenuti e il lancio commerciale della denominazione a tre cifre sempre introdotte dal n°5 e poi seguite da altri due numeri, senza uno specifco signifcato meccanico o cronologico ma, probabilmente, derivato dal numero interno indentifcato dei vari progetti.
Il modello 500, una cycle-car sulla falsariga della Peugeot Bébé, sarebbe rimasta allo stadio di prototipo, proprio per la nuova flosofa di realizzare vetture vere e proprie, robuste e affdabili ma a un prezzo calmierato rispetto a omologhe proposte di Marchi europei, che, invece, avrebbe dato vita alla nuova 501, considerata uno dei fori all’occhiello dell’avvocato Carlo Cavalli, il giurista strappato al foro per diventare celebre nella progettazione automobilistica, dove si distinguerà per capacità e genialità.
Insomma, una degna avversaria dell’iconica Ford T - che intanto inizia a diffondersi anche in Europa per le sue doti di economicità ed effcienza - e in grado di aprire una nuova e orida pagina di storia della Casa torinese.
Partiamo dal telaio. È di struttura semplice e tradizionale, a longheroni e traverse con il moderno parafamma in acciaio. Le sospensioni sono ad assale rigido con balestre semiellittiche su entrambi gli assi. Di serie ci sono i soli freni posteriori ma, come accessorio, dal 1925 vengono proposti anche all’avantreno. In un’ottica di contenimento del peso, le ruote sono in acciaio tipo San ey (con disegno a razze, con pneumatici 760x90 poi 730x130 a partire dal 1925), mentre i mozzi sono a sezione forgiata a doppia T.
Nucleo pulsante del nuovo modello è l’innovativo motore Tipo 101, che sarebbe stato realizzato in due serie, la prima rimasta in produzione per breve periodo (ma progettata già nel 1917, come vediamo dalla data apposta ai disegni tecnici), la seconda apparsa pochi mesi dopo dal lancio e adottata fno a fne produzione nel 1925: la differenza sostanziale fra i due è la fusione della testata in blocco della I serie (testa integrale) e quella smontabile della II serie, pi agile nella manutenzione e nella decarbonizzazione , ossia la pulitura del cilindro che si usa fare all’epoca e studiata per ospitare la candela di accensione al centro della camera di scoppio in un apposito vano e non lateralmente e in un tappo delle sedi valvole come prima.
Si tratta di un 4 cilindri in linea monoblocco con valvole unilaterali e un asse a camme nel basamento, di 1460 cm (pi di mezzo litro meno della Tipo 70) in grado di erogare 23 CV a 2600 giri/min, con un rapporto di compressione di 4,3:1 o, in alternativa, di 4,7:1 in variante 501 C ( Compresso ). Poi, dal 1922, come ogni Fiat che si rispetti, ecco la versione Spinta 501 S: 26,5 CV a 3000 giri/min, rapporto di compressione 5,5:1 e un aumento considerevole delle prestazioni, 95/100 m/h in base alle carrozzerie contro i circa 70 della 501 normale del 1919. Altre caratteristiche del motore degne di nota sono: tre supporti di banco, comando dell’asse nel basamento tramite l’albero a gomiti e relativo ingranaggio, collettore di aspirazione integrato nel blocco cilindri, con tubazione fnale riscaldata per il collegamento col carburatore, ingranaggio a denti spirali sull’asse a camme per il comando di un alberino ausiliario trasversale azionante pompe e magnete. L’alimentazione del carburatore - di produzione Fiat - è a caduta da un serbatoio montato dietro il parafamma.
Il cambio è un quattro marce piuttosto compatto, cos come la frizione a dischi multipli, alleggerita nell’accoppiamento con il volano.
Inoltre, la scatola del cambio è composta, nella parte superiore, da due pannelli metallici, il pi esterno accessibile rimuovendo il tappeto e le assi del pavimento e smontabile, cos da verifcare le usure e il livello olio.
Completo l’impianto elettrico, che alimenta motorino d’avviamento, dinamo, batteria, illuminazione interna, compreso il quadro strumenti e il segnalatore acustico.
Spostandoci sull’aspetto estetico, poiché la maggior parte degli autotelai 501 verranno già provvisti di radiatore e coperchi motore, la linea è caratterizzata dal disegno smussato e bombato della cornice del primo, ispirato a quello della potente S76 e a quelli delle altre veloci vetture da Grand Prix, presentando un inedito family feeling della Casa che avrebbe insistito su tutti i modelli fno al lancio della 520 Superfat.
Molti esemplari poi, saranno carrozzati direttamente al Lingotto, che di suo proporrà una già completa gamma di varianti: Torpedo, a 5 posti con cappotta integrale, Coupé e Spider a 2 posti ma con in pi il sedile della suocera , la prima con copertura metallica, la seconda con capote essenziale e infne la sempre pi apprezzata Guida interna o Limousine , come la protagonista del nostro servizio, con struttura mista in legno, pegamoide e acciaio e una sola porta per lato, a sinistra per accedere all’abitacolo anteriore (ma la guida rimane ovviamente a destra, con le leve di cambio e freno a mano piazzate verso la parete, retaggio del passato quando erano fuori dal pannello laterale), quella per accedere all’abitacolo posteriore a destra. Molto meno diffuse ma ugualmente disponibili, nonostante il passo accorciato rispetto alla Tipo 70 (sulla 501 è di 2650 mm, sulla Tipo 70 era di 2706) le classiche varianti D’Orsay (guida scoperta e abitacolo posteriore metallico) e Fiacre (guida aperta con tettino e abitacolo posteriore in pegamoide). Anche la 501 fu disponibile, su richiesta della Società Generale Esercizio Automobili in versione Taxi, però, inizialmente solo in una versione ibrida avente telaio della Tipo 1A e muso con radiatore e motore della 501, la Tipo 1T poi, dal 1922, integralmente derivata dalla 501, caratterizzata da un allestimento Landaulet (divano posteriore con capotta apribile).
Generalmente, il disegno di tutte le carrozzerie offerte come standard dalle carrozzerie interne Fiat, introduce alcune novità come la continuità di linea della fancata ottenuta eliminando la giunzione a spigolo, i parafanghi perfettamente accordati alle pedane e il disegno armonizzato tra la testa del radiatore e i cofani motore, che giova anche alle corrette tolleranze di fnizione fra le parti.
Proprio nel 1922, l’allestimento della 501 di base vie- ne aggiornato con nuovi parafanghi che seguono la curvatura delle ruote risultando pi ergonomici: la Guida interna del nostro servizio, del 1925, con struttura in legno e metallo (solo il tetto rimane in pegamoide) ne è un esempio. Fra le carrozzerie di serie, quella che ottiene maggiori novità è proprio quest’ultima, ora caratterizzata da fnestratura laterale a 3 luci invece delle 2 tradizionali. Per la Torpedo è invece disponibile il it Ognitempo , ripari laterali in celluloide orlata in tela gommata o pegamoide che la trasformano in una vettura chiusa.
Sarà poi disponibile anche la versione Coloniale, con le carreggiate allargate a 1400 mm (1250 mm la misura standard).
L’interno è essenziale ma non manca di fnezze come i rivestimenti in vinile delle portiere con tasche, dei sedili ben imbottiti simili a poltrone domestiche e, primizia, il movimento longitudinale del sedile. Saranno 69.468 gli esemplari di 501 consegnati, un numero davvero importante per i volumi dell’epoca.
LA 502 (1923-1295) E LA 503 (1926-1927)
La 502 del 1923 non è altro che una derivazione della 501, poiché ne condivide l’intero comparto meccanico con il motore da 23 CV ma presenta passo allungato di 100 mm (2750) e carreggiate corrispondenti a quelle della Coloniale, di 1400 mm. Questo garantisce l’applicazione di carrozzerie padronali (De Ville, Fiacre, Landaulet) ma la potenza modesta non ne favorisce la diffusione. Ben pi interessante - anche se preceduta da un lotto di 501 dette 501B prodotte dall’estate del 1925 con tutte le caratteristiche che elencheremo ora - è la 503 del 1926, prodotta fno all’anno successivo: ha il passo e le carreggiate della 502 ma presenta un motore rinnovato (Tipo 103), dove i miglioramenti abbinati a un inedito rapporto di compressione di 4,95:1 e alla camera di combustione ad alta turbolenza realizzata in collaborazione con la britannica Ricardo, fanno innalzare la potenza a 27 CV a 3000 giri/min. I freni sulle quattro ruote sono ora di serie.
Fortemente rivisto anche il disegno del frontale, con il bello e particolare radiatore a tempio greco di ispirazione americana, che ha esordito sulla stupefacente V12 520 Superfat e poi, dal 1927, divenuto cifra stilistica delle 6 cilindri 520 di serie. Sempre disponibili le apprezzate carrozzerie Fiat, chiuse e aperte, a 2, 5 o pi posti a sedere.
Una vettura rinnovata e piacevole che, in appena due anni, avrebbe convito ben 42.421 utenti.
Si ringrazia per la disponibilità e la collaborazione Diego Marchiori