Psicoterapeuti Generalisti

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S T R U M E N T I

Edoardo Giusti - Flavia Germano



collana Psicoterapia & Counseling diretta da Edoardo Giusti PSICOTERAPIA�

COUNSELING�

3 Centro Europeo di Ricerche per lo Studio delle Psicoterapie Integrate e Comparate



Edoardo Giusti - Flavia Germano

PSICOTERAPEUTI GENERALISTI COMPETENZE ESSENZIALI DI BASE: DALL’ADEGUATEZZA VERSO L’ECCELLENZA


Š 2006 SOVERA MULTIMEDIA s.r.l. Via Vincenzo Brunacci, 55/55A - 00146 Roma Tel. (06) 5585265 - 5562429 www.soveraedizioni.com e-mail: info@soveraedizioni.com I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.


Indice Capitolo 1 Il concetto di competenza professionale 1.1. Abilità, skill, competenze 1.2. Definizioni 1.3. Modelli 1.4. Il bilancio di competenze 1.5. Alcune variabili Capitolo 2 Lo psicoterapeuta in evoluzione tra ieri, oggi e domani 2.1. Definizioni 2.2. Note storiche 2.3. Limiti, critiche e controindicazioni 2.4. La personalità etica dello psicoterapeuta come variabile 2.5. Caratteristiche del terapeuta sufficientemente abile 2.6. L’evolversi dei requisiti 2.7. Appendice 1 Capitolo 3 Competenze di metalivello: principi curativi comuni 3.1. L’approccio integrato: situazione attuale, critiche e dilemmi 3.2. I fattori terapeutici comuni 3.3. L’eclettismo tecnico 3.4. L’integrazione teorica e assimilativa 3.5. L’integrazione pluralistica 3.6. Il cliente come variabile Capitolo 4 Le competenze specifiche: metodologie e tecniche terapeutiche 4.1. Quali requisiti e secondo quali criteri 4.2. Cubo delle competenze 4.3. Suddivisione proposta nei successivi capitoli

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Sommario Capitolo 5 Il professionista come specialista generalista 5.1. Conoscenza dei metamodelli 5.2. Lo sviluppo nel ciclo di vita 5.3. La personalità 5.4. La psicopatologia 5.5. La psicodiagnostica 5.6. La salutogenesi 5.7. Quadro di riferimento dell’intervento psicoterapeutico 5.8. Conoscenze interdisciplinari Capitolo 6 Lo psicoterapeuta come ricercatore clinico 6.1. Procedure specifiche 6.2. La relazione 6.3. Relazioni terapeutiche empiricamente convalidate 6.4. Gestione di un caso individuale 6.5. Come imparare dagli errori Capitolo 7 La professione clinica dello psicoterapeuta 7.1. Il comunicatore 7.2. Il collaboratore 7.3. Il garante 7.4. Il sostenitore e promotore del benessere 7.5. Il manager 7.6. Il life long learner 7.7. La persona terapeutica 7.8. Appendice 2 Capitolo 8 Valutare uno psicoterapeuta competente 8.1. Cosa valutare? 8.2. Strumenti di accertamento 8.3. Epilogo 8.4. Appendice 3: uno psicoterapeuta competente secondo K. Grawe

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Conclusione Considerazioni finali

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Bibliografia

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Il concetto di competenza professionale

1.1. Abilità, skill, competenze “Competenza. Conoscenza di sé. La conoscenza di sé si fonda sulla comprensione delle modalità con cui si attribuiscono significati agli eventi e significa aver capito il valore dei propri progetti, delle proprie emozioni e della propria immagine confrontata con la rappresentazione che gli altri si fanno di noi”. (Cariani et al., 2005)

Competenza, valutazione, riconoscimento, bilancio, analisi, certificazione: concetti chiave che negli ultimi dieci anni hanno assunto, a livello europeo, una centralità e una significatività sempre maggiore e crescente all’interno della riflessione teorica che cerca di allinearsi al processo caratterizzato dai rapidi cambiamenti dei contesti di riferimento del lavoro, delle conoscenze, delle professioni, delle rappresentazioni individuali e sociali del mondo occupazionale. Il concetto di competenza è vasto e complesso e dalla letteratura si può facilmente evincere una sostanziale eterogeneità, in relazione ai vari riferimenti teorici, nella sua definizione e articolazione che generalmente non vengono spiegate (Di Francesco, 2004 a). La competenza viene definita come un elemento accanto a capacità, conoscenze e risorse o come una loro combinazione non meglio specificata, un’entità comune capace di organizzarle assieme; viene trattata come se fosse una caratteristica dell’individuo causalmente collegata ad una sua prestazione efficace (Le Boterf, 1994; Spencer, Spencer, 1995). Inoltre, di volta in volta, viene riconosciuta una maggiore importanza ad attributi connessi alle richieste del compito, alla dimensione soggettiva intesa come insieme di risorse e di attributi relativamente indipendenti dal lavoro effettivamente svolto, agli elementi di interazione fra livello di dotazione soggettiva e richieste ambientali, ecc.

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Capitolo 1 (Sarchielli, 1996); tuttavia è possibile rintracciare un elemento comune: il punto di osservazione è il soggetto che percepisce la sua competenza intesa nella sua espressione contestuale o contingente (Benadusi, Di Francesco, 2002). Già da questa brevissima premessa sorgono due tipi di esigenze: quella di definire e concettualizzare il costrutto di competenze, cercando di evitare il rischio di esagerate e sofisticate ricerche teoriche, e quella di diffondere pratiche e metodi, cercando anche in questo caso di evitare il rischio di eccessive semplificazioni che potrebbero trasformarsi in meri strumenti di analisi “quantitativa” delle competenze (Di Francesco, 2004 a). Inoltre, mentre concetti come capacità, abilità e conoscenza sono termini descrittivi, la competenza comprende un concetto valutativo, ed è proprio questa confusione tra dimensione descrittiva e valutativa che è alla base di molti fraintendimenti: se si vogliono ad esempio definire i primi, è possibile effettuarlo fornendo diverse risposte basate sull’individuazione di alcuni tratti caratteristici oggettivamente esplicitabili; la competenza, invece, non fa riferimento a un’entità realmente oggettivabile, ma è un giudizio, un apprezzamento, una valutazione di una specifica conoscenza, tratto, attitudine o abilità. Alcuni tipi di abilità sono “in gioco in tutte le esperienze del soggetto e non solo in quelle lavorative. Di conseguenza si può pensare che essa sia appresa e sviluppata nel corso di attività routinarie e non, in contesti lavorativi e non” (Di Francesco, 1993). Le abilità di base vengono anche definite “skill”, ovvero capacità che il soggetto utilizza per far fronte a specifiche situazioni, e che costituiscono un repertorio di strategie “di base” nel senso che hanno un vasto grado di applicazione in compiti diversi, in molti campi lavorativi e in differenti posizioni professionali: possiedono l’attributo delineato da Stump e Pratzner come “massimo potenziale di trasferibilità” (in Di Francesco, 1993). Il concetto di skill ha subito, infatti, in seguito al fallimento di una serie di esperimenti di policy sulla disoccupazione giovanile, una sua ridefinizione: da una tradizionale visione centrata sulle componenti hard, di tipo tecnico e fisico – quali ad esempio destrezza, manualità, senso del tempo e dello spazio – si è passati a una enfatizzazione degli aspetti attitudinali e comportamentali, quali il senso di appartenenza al gruppo, l’acquisizione e la gestione delle informazioni, le capacità manageriali, l’accesso ai servizi sociali, l’uso del tempo libero, ecc. (Menna, 2005). La definizione di employability skills, più recente di quella di skills, emerge, in Europa, con particolare forza negli anni ’90 e agli inizi degli anni ’80 negli Stati Uniti e in Inghilterra (Di Francesco, 2004 b). L’ancora attualissima discussione su competenze, skill e abilità rivela la necessità di ripensare le politiche delle risorse umane superando il vecchio

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Il concetto di competenza professionale paradigma tayloriano per avvicinarsi a un’organizzazione dei lavoratori dentro il sistema e nella gestione interna, arricchendone le componenti di valorizzazione individuale. L’oggetto di analisi e valutazione dei nuovi percorsi viene quindi a delinearsi all’interno delle conoscenze, delle capacità e abilità degli individui, in quello che viene definito come “movimento delle competenze” (Jaras, 1995).

1.2. Definizioni Per entrare più nello specifico delle definizioni alle quali in questi ultimi decenni si è fatto riferimento, la competenza è stata descritta come: • una generale capacità dell’organismo d’interagire efficacemente con l’ambiente; sinonimo quindi di abilità, possibilità, capacità, efficienza e skill; proprietà non fissa, bensì capacità generativa nella quale le abilità cognitive, sociali e comportamentali potrebbero essere organizzate per raggiungere più scopi (White, 1959); • una caratteristica intrinseca di un individuo causalmente collegata, in una mansione, a una performance eccellente e composta da un insieme di costrutti cognitivo-comportamentali (Boyatzis, 1982). Grazie alla visione di McClelland (1973) e Boyatzis (1982) che mette al centro piuttosto che l’oggetto (job) il soggetto – che possiede ed utilizza un sistema di competenze caratterizzato da conoscenze, capacità, motivazioni, valori e immagine di sé che gli consentono di esprimere comportamenti professionali competenti – è nata una nuova concezione di gestione delle risorse umane basata sulle competenze; • un insieme di saperi di diversa natura e di abilità per agire in maniera più o meno consapevole il proprio spazio di vita, dove l’efficacia di tali azioni è in relazione a un determinato tempo e a una determinata comunità sociale; è composta quindi da due parti: una struttura profonda e l’insieme di strategie di accrescimento di più ambiti conoscitivi progressivamente acquisite (Chomsky, 1969). Questa definizione nasce dall’ambito della psico-linguistica nella quale Chomsky ha proposto una netta distinzione tra esecuzione e competenza: la prima viene definita dall’uso effettivo, dalla produzione reale che il soggetto compie nelle specifiche situazioni sociali nelle quali si viene a trovare; la seconda riguarda la conoscenza che un soggetto parlante-ascoltatore possiede della sua lingua, ovvero definisce il “sistema di regole”, la grammatica di una lingua;

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Capitolo 1 • il risultato di una complessa e dinamica articolazione di conoscenze, abilità, atteggiamenti, motivazioni, auto-immagine e caratteristiche di personalità che permettono all’individuo di comprendere le richieste e mettere in atto comportamenti professionali adeguati per rispondere alle esigenze lavorative nel contesto organizzativo (Battistelli, 1996). Da quanto emerge da queste poche definizioni, si può concordare con l’affermazione di Selvatici e D’Angelo (2002) secondo i quali “La competenza è un oggetto di studio che assume rilevanza nelle discipline pedagogiche, nella focalizzazione professionale e manageriale, nello studio e analisi delle carriere professionali, nella gestione della risorsa-uomo nelle organizzazioni, nella psicologia differenziale e vocazionale, nell’orientamento professionale e nelle varie forme di counseling”. Il concetto di competenza è stato articolato dall’’ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) in tre macrocategorie che possono così essere sintetizzate: 1. Competenze di base: conoscenze, abilità, risorse personali non specifiche di un contenuto lavorativo, ma rilevanti per la formazione e la preparazione professionale della persona: costituiscono il sapere “minimo”, fondamentalmente indipendente dai processi operativi concreti nei quali il soggetto è impegnato nell’esercizio del suo lavoro. 2. Competenze tecnico-professionali: conoscenze, abilità, risorse personali specifiche di una mansione lavorativa, che possono avere un contenuto teorico tecnico o pratico-applicativo: l’insieme delle conoscenze e delle capacità connesse all’esercizio efficace della propria attività lavorativa all’interno dei diversi comparti/settori; sono costituite dalle conoscenze e dalle tecniche operative specifiche di una determinata professione, che il soggetto deve possedere per agire con competenza. 3. Competenze trasversali: conoscenze, abilità, risorse personali utili ai fini di un comportamento lavorativo e organizzativo efficace, non specificatamente connesse a una determinata attività, ma a diverse situazioni; vengono ritenute cruciali ai fini della trasferibilità delle competenze da un ambito professionale all’altro e sono composte da tre unità capitalizzabili che corrispondono a tre tipi di operazione che un soggetto esperto compie fondendo processi di diversa natura (cognitivi, emotivi, comportamentali): diagnosticare, relazionarsi e affrontare” (ISFOL, 1998).

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Il concetto di competenza professionale a) “Diagnosticare” la situazione, il compito, il problema, se stessi; si riferisce a una grande classe di competenze che presentano vari livelli di complessità; sono comuni a un ampio range di compiti (lavorativi e non) e necessarie per legare conoscenze, esperienze, atteggiamenti e attività. Essere in grado di diagnosticare la situazione che si presenta, le sue caratteristiche ma anche le interazioni che si hanno con altri, costituisce una tappa essenziale per la progettazione ed esecuzione di una buona prestazione professionale. Obiettivo principale della realizzazione del “Diagnosticare”, a livello formativo, è quello di mettere il soggetto nella condizione di divenire consapevole del modo con cui si impostano azioni professionali e non, a partire da una chiara analisi della situazione in cui si opera. b) “Relazionarsi” con altri per rispondere alle richieste del compito: si riferisce alla situazione in cui entrano in relazione più persone, e ai processi che concorrono a determinare i comportamenti messi in atto in tale specifica situazione, quindi alle abilità interpersonali di ciascun individuo a trovare una negoziazione; “relazionarsi ad altri implica far riferimento ad una complessa gamma di variabili e di processi che concernono le modalità attraverso le quali si stabilisce un rapporto con qualcuno. Tali modalità si esplicano sempre attraverso comportamenti che possono essere più o meno adeguati, più o meno sintonizzati sulla giusta frequenza d’onda rispetto alla situazione, cioè agli ‘oggetti sociali’ che la caratterizzano, o rispetto agli obiettivi che si intende raggiungere” (ISFOL, 1994). Per sviluppare e utilizzare al meglio questa specifica competenza è fondamentale: • • • • • •

analizzare la situazione; definire un obiettivo realistico; individuare strategie operative appropriate; controllare il proprio comportamento; influenzare il comportamento dell’altro; sottoporre a verifica il proprio comportamento e quello degli altri (azione di monitoraggio).

c) “Affrontare” la situazione, il compito, il problema; si riferisce all’insieme di abilità che permettono al soggetto l’attuazione concreta di una serie di strategie d’azione utili al raggiungimento degli scopi previsti da un determinato compito; “l’insieme di abilità che, integrandosi con quelle definite nei moduli ‘diagnosticare’ e ‘relazionarsi’, permettono al soggetto di intervenire su un problema con migliori probabilità di risolverlo” (ISFOL, 1994). Obiettivo principale del modulo “affrontare” è l’acquisizione di ade-

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Capitolo 1 guate strategie di risoluzione dei problemi, di una perizia procedurale che consenta di combinare in forma positiva ed efficace le risorse personali e le capacità possedute in vista di un compito da svolgere: potenziare l’autoapprendimento, affrontare e risolvere problemi sviluppando soluzioni creative. Considerando le principali teorie e modelli di competenza professionale trattati nella letteratura specialistica, è anche possibile individuare delle coppie di categorie distintive, come competenze tecniche-competenze trasversali, competenze di soglia-competenze di successo, competenze tacite-competenze esplicite, per portare alcuni esempi (Di Francesco, 2004a); come anche gruppi di competenze come quello delle competenze cognitive, funzionali ad una maggiore efficienza lavorativa e organizzativa; sociali e di sviluppo, intese come promozione dell’organizzazione ma anche di se stessi; dinamiche, che muovono il soggetto verso il miglioramento e l’accrescimento della propria professionalità; di adattamento all’ambiente/al contesto organizzativo per far fronte all’imprevedibilità, alla mobilità, ricercando una situazione di fluidità; ecc. (Menna, 2005). Se si afferma che una persona è competente, ciò implica che possiede determinate capacità, conoscenze, ecc., che producono un certo risultato ottenendo uno specifico valore: è fondamentale separare e distinguere queste due affermazioni sovrapposte in quanto “l’attribuzione di competenza non è un processo denotativo ma indica l’atto inferenziale di ipotizzare una struttura casualmente responsabile di un comportamento osservato” (Di Francesco, 2004 a). Tabella 1 – Continuum delle competenze psicoterapeutiche descritte nel modello Dreyfuss (da Manring, Beitman, Dewan, 2004) →

Esperto

Abile

Competente

Principiante

Novizio

Aspetti da apprendere

Aspetti isolati, alcune scelte

Qualche sintesi, autocontrollo

Indipendenza, identità

Norme professionali, centrato sul paziente

Interiorizzati

Metodi di apprendimento

Lezioni, laboratori, controllo delle abilità

Seminari, laboratori, lavoro supervisionato

Organizzazio ne di lavoro reale

Specializzazio ne, socializzazione

Auto-gestiti

Metodi di valutazione

Esami

Simulazioni

Valutazioni reali, portfolio

Valutazioni del lavoro

Autovalutazione, standard interiorizzati

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Il concetto di competenza professionale

1.3. Modelli Sono stati negli anni creati una serie di modelli di competenze descritti da vari autori (Boyatzis 1982; Campiglia, Quaglino, 1992). Prima di entrare nella loro descrizione, è utile la classificazione operata da Di Francesco (2004), sovrapponendo prospettive accademiche e professionali, in base alla finalità con la quale è stata costruita, giungendo ai tre seguenti approcci: 1. descrittivi: cercano di descrivere i fattori alla base di comportamenti riconoscibili come competenti e sono essenzialmente di matrice sociologica; 2. predittivi: cercano di individuare gli indici, in genere comportamentali, ritenuti essere statisticamente correlati con determinate prestazioni; ne è un esempio il modello delle “competenze di successo” diffuso da Spencer e Spencer (1995) negli anni Novanta; 3. genetico-esplicativi: cercano di spiegare quali siano i fattori, individuali e contestuali, e le modalità che concorrono alla realizzazione di prestazioni competenti; ne viene fatto un ampio uso nei casi in cui esiste l’esigenza di intervenire con finalità trasformative. Per quanto riguarda le modalità di progettazione, è invece possibile distinguere tra modelli di tipo deduttivo che “provengono da un processo di definizione aprioristico di qualità professionali e manageriali non verificate sul campo reale” (Tanucci, 2005); e di tipo induttivo, che sono verificati sperimentalmente per dimostrare la loro capacità descrittiva e narrativa. È inoltre possibile operare una distinzione dei modelli di competenze facendo riferimento al focus di progettazione, come possono essere le caratteristiche ideali tipiche del profilo professionale di successo, i miti organizzativi, i processi di job analysis o la ricerca e l’osservazione effettuate sull’efficacia ed efficienza della realtà organizzativa (Prete, 1997). Facendo riferimento alla teoria sistemica, si possono inoltre distinguere tra modelli chiusi e modelli aperti; i primi sono costituiti da gruppi già tracciati e costanti di aspetti specifici e capacità lavorative, mentre nei secondi tali caratteristiche non risultano mai definitivamente delineate, né quantitativamente né tipologicamente, in quanto di volta in volta vengono dedotte in modo specifico dalla realtà organizzativa di riferimento al momento stesso della costruzione del modello (Levati, Sarao, 1998). Un esempio per un modello può essere quello teorico di Campiglia e Quaglino (1992), inizialmente sviluppato dagli autori per la valutazione di

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Capitolo 1 neolaureati e utilizzato poi in contesti organizzativi e professionali. Gli autori, partendo dalle caratteristiche delle realtà organizzative degli anni ’90, quali la continua accelerazione dei processi, la crescente flessibilità e incertezza accanto a una diminuita regolarità e predeterminazione, cercano di riportare in questo loro modello gli ambiti di sapere richiesti dal mondo del lavoro. Nel modello vengono messe in risalto tre categorie di competenze individuali, che da un livello generale diventano sempre più articolate e specifiche: a) le conoscenze specifiche richieste dalla professione; b) le capacità e le abilità professionali, legate allo svolgimento dell’attività lavorativa e all’utilizzo del bagaglio di conoscenze; c) le qualità, ovvero le doti maggiormente personali, indispensabili nell’implementazione delle capacità e nell’orientamento dei comportamenti organizzativi. Queste categorie vengono risuddivise in campi di competenze ulteriormente dettagliati a seconda delle modalità e delle strategie, al fine di cercare di individuare le unità di azione o comportamento della vita organizzativa e professionale (Tanucci, 2005). Un altro modello, meno recente, è quello di Burgoyone e Stuart (1978) che individua dieci diverse capacità suddivise in tre gruppi di competenze: grammaticali, pragmatiche e meta. Le prime si riferiscono alle conoscenze del soggetto – quali istruzioni lavorative, informazioni su dati e fatti, contenuti specifici e tecnico-specialistici in riferimento alla realtà lavorativa del soggetto – e alla loro padronanza. Le seconde, che si riferiscono al generativismo linguistico di Chomsky, riguardano le conoscenze dei sistemi di regole, tra cui alcune sono le capacità analitiche, di problem-solving e decision-making, la proattività, le skill sociali e relazionali, ecc. Le meta-competenze, infine, vengono utilizzate per operare delle scelte, tra i sistemi di alternative, che sono finalizzate al cambiamento e comprendono l’essere interdipendenti, la capacità di generare innovazioni, pensare a più cose contemporaneamente, la creatività, il saper fruire di diverse modalità di apprendimento, ecc. Il modello di competenze Hay/McBer – una società di consulenza e ricerca che negli anni ha proseguito con lo studio in tale ambito focalizzandosi sempre più sulle competenze emotive, collaborando anche con Goleman – offre, a differenza degli altri, la possibilità di individuare, a seconda del sistema di professionalità di riferimento, delle aree di competenze riferibili non solo alle fasce lavorative manageriali. Il suo punto innovativo è quello di analizzare non soltanto le mansioni svolte, ma di rilevare le caratteristiche personali dei soggetti in relazione alla performance lavorativa. L’approccio utilizzato è di tipo induttivo-sperimentale e la metodologia si avvale di una specifica tecnica d’intervista, la BEI (Behavioural Event Interview), attraverso la quale è possibile rilevare le modalità con le quali i sog-

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Il concetto di competenza professionale getti con diversi livelli di professionalità affrontano situazioni di successo e di insuccesso. I risultati ottenuti vengono successivamente analizzati secondo temi specifici e confrontati con le modalità di risposta dei soggetti di riferimento, e si cercano inoltre di ottenere delle misure empiriche riguardanti le caratteristiche personali dei soggetti migliori, che saranno poi la base per la creazione di altri modelli di competenze.

1.4. Il bilancio di competenze Il bilancio di competenze è un metodo ideato in Canada dopo la seconda guerra mondiale, per evidenziare il bisogno di riconoscimento delle competenze personali degli individui al fine di favorirne l’inserimento nel mercato del lavoro, metodo che si è successivamente sviluppato soprattutto in Francia tra gli anni ’80 - ’90 (Levy-Leboyer, 1996). Nel periodo postguerra emergeva l’esigenza di identificare le competenze trasferibili da una situazione di lavoro a un’altra, da una situazione di vita alla formazione, e gli ambiti principali d’interesse sono quindi la gestione e la valorizzazione delle risorse umane, la formazione, lo sviluppo professionale (Selvatici, 2002) . Il bilancio di competenze promuove un intervento ad ampio raggio con azioni complesse in svariati contesti organizzativi-istituzionali attraverso diversi processi di implementazione, utilizzando molteplici dispositivi di valutazione comparativa rispetto a queste otto dimensioni: 1) i clienti destinatari: comprende le differenze individuali, le diverse motivazioni ed esigenze, con richieste di interventi specifici, ritagliati su misura per costruire una risposta adeguata ed appropriata da risultare efficace per il cliente; 2) l’oggetto di analisi-valutazione, che potrebbe essere la valutazione del potenziale nell’ambito della selezione o dell’outplacement; 3) le metodologie e gli strumenti per la raccolta delle informazioni necessarie per una efficace valutazione delle competenze, e il colloquio risulta essere lo strumento principale; 4) le caratteristiche del processo di implementazione, che si riferiscono alla dimensione caratterizzata da quell’insieme di attività, strutture e modalità operative utilizzate per mantenere in atto il dispositivo; 5) gli assunti di base e le concezioni implicite, che si possono riferire, nella relazione consulenziale, alla percezione del bilancio da parte del soggetto in questione, come ad esempio un semplice accertamento di un esperto; 6) l’approccio classificatorio caratteristico dell’assessment, che può essere non tanto di controllo e guida ma piuttosto orientativo e supportivo; 7) i risultati, l’output e l’outcome, ovvero i diversi prodotti (output) destinati ad outcome diversi sorti dalle diverse variabili determinanti in ciascuna di-

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Capitolo 1 mensione: “prodotti diversi sono necessariamente il risultato di processi di lavoro diversi, di diverse ‘logiche di azione’, della applicazione di metodi e strumenti diversi:…emerge la caratteristica di necessaria ‘coerenza interna’ dei dispositivi, perché possano essere efficaci” (Ruffini, Sarchielli, 2001); 8) la finalità-mission, l’analisi delle possibili finalità del bilancio, quali l’orientamento, o il riconoscimento di crediti formativi, o la mission riconosciuta nei contesti aziendali ed organizzativi, come ad esempio la valutazione delle prestazioni, del potenziale individuale per la riorganizzazione dell’assessment centre, per la selezione del personale in uscita, o per la gestione delle carriere. Rispetto a questo ultimo punto, le diverse finalità del bilancio possono essere così raggruppate (Locatelli, 2003/2004): • identificazione di competenze e potenzialità; • acquisizione di autonome capacità di autovalutazione, di attivazione e scelta; • sviluppo di riferimenti sociali e di registri emotivi utili a reggere in situazioni di cambiamento o di transizione professionale; • identificazione delle componenti motivazionali; • costruzione di un progetto personale di sviluppo professionale. Un contributo particolarmente interessante da sottolineare, all’interno del più ampio ambito del bilancio, risulta essere l’approfondimento relativo ad un aspetto costitutivo del concetto di competenza, ovvero quello relativo alle risorse psico-sociali del soggetto e alla consapevolezza che egli ha di tali risorse. Si è infatti evidenziata di particolare utilità la teoria e la pratica dell’Analisi Transizionale, come contributo all’analisi delle risorse dell’individuo. “Il modello dell’A.T. permette di analizzare il rapporto tra lo stile della persona e il modo in cui mette in atto il suo piano professionale che rientra nel suo copione di vita e aiuta la persona a diventare consapevole di questo rapporto e della sua incidenza nelle scelte professionali” (Ruffini, Sarchielli; 2001). Il presupposto è infatti l’esistenza di un collegamento tra la storia formativa e professionale e la storia di vita del soggetto, la quale si svolge secondo un copione che può essere di tre tipi: vincente, perdente, non vincente-non perdente. “In base a ciò l’attuazione del piano di azione professionale è collegata, oltre che alla conoscenza delle proprie competenze professionali, alla consapevolezza del proprio copione di vita, delle decisioni di copione, della posizione esistenziale del soggetto” (Ruffini, Sarchielli; 2001). Da queste considerazioni deriva l’ipotesi, quindi, che ogni persona realizzi un proprio tipo di competenza che personalizza non solo

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Il concetto di competenza professionale in relazione ai successi o agli insuccessi registrati, ma anche e soprattutto in relazione al proprio copione di vita. Una procedura di bilancio che tenga conto dei contributi dell’A.T. permetterà quindi di centrarsi sulla persona e di analizzare il suo processo di copione, in modo da consentire una valutazione della veridicità dei contenuti delle sue risposte in un colloquio; permetterà di rendere il soggetto consapevole di ciò che blocca il cambiamento pur possedendo le competenze necessarie e di trovare i passi necessari alla realizzazione del suo progetto professionale, modificando eventualmente i copioni vecchi, sostituendoli con nuovi e cercando di evitare le “ricadute”. In Italia la metodologia del bilancio di competenze è stata mutuata dalla esperienza consolidata a tale riguardo in Francia; con la certificazione delle competenze e il riconoscimento dei crediti formativi e professionali è, infatti, possibile affrontare criteri di analisi e di comparazione dei vari settori produttivi e delle professioni, prerequisito fondamentale all’orientamento delle risorse umane e alla politica attiva di collocamento (Selvatici, D’Angelo, 2002). In Francia si è ormai consolidata una procedura che vede i centri erogatori del servizio di bilancio, con carattere specialistico; la loro funzione è quella di erogare tale intervento sperimentando al contempo metodologie nuove; questi centri hanno caratteristica interistituzionale e funzionano con un approccio multidisciplinare, che vede coinvolte più professionalità nelle molteplici azioni svolte; inoltre le strutture che si occupano di bilancio sono collegate a rete con altri centri di formazione professionale, orientamento ed inserimento professionale. Questo dispositivo si viene a sviluppare in un contesto di cultura dei servizi ben radicato nella realtà francese; in Italia manca una piena sinergia tra i servizi competenti in materia di formazione ed occupazione, e l’implementazione di strumenti adeguati per l’incentivazione delle politiche attive per il lavoro. In Italia non esiste nulla di veramente paragonabile alla realtà normativa ed istituzionale francese; pur riconoscendo l’importanza dell’apprendimento nell’intero arco di vita, non si sono ancora sviluppati appieno i presupposti della formazione continua e il riconoscimento dei crediti acquisiti attraverso l’attività lavorativa. Tarda ancora, infatti, la realizzazione tramite il bilancio di competenze di una certificazione istituzionale del “portafoglio di competenze”, un documento che rappresenta l’inventario completo delle capacità acquisite, di tutte le esperienze formative realizzate, una memoria del passato dell’individuo, uno spazio dedicato alle risorse, alla realizzazione di un progetto professionale. Tuttavia nel futuro forse il bilancio di competenze potrà permettere di raggiungere il traguardo della life-long learning, garantendo percorsi formativi individualizzati e flessibili, corrispondenti a specifici criteri secondo aree di riferimento: tecnico-professio-

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Capitolo 1 nali (conoscenze procedurali e specifiche); di base (informatica, lingue, ecc.); trasversali (capacità di analisi e diagnosi, comunicazione, problem solving, e via dicendo) (Di Francesco, Ruffini, 1999).

1.5. Alcune variabili Negli ultimi anni la competenza ha acquisito un crescente riconoscimento, anche se non unanime, come bisogno psicologico di base (Elliott, McGregor, Thrah, 2002), come la motivazione fondamentale che adempie al ruolo evolutivo di aiutare le persone a svilupparsi e ad adattarsi al proprio ambiente (Elliott, Dweck, 2005b). In questo senso, si può considerare qualsiasi obiettivo come una manifestazione – di derivazione consapevole, sociale e cognitiva – di bisogni sottostanti. Gli obiettivi, infatti, organizzano, controllano e orientano l’azione, specialmente quando sono legati alla soddisfazione di bisogni di base. Quando questi bisogni di competenza vengono frustrati e i propri obiettivi cadono in un circolo di evitamento, ne consegue un senso di hopelesseness e di disperazione. Le implicazioni adattive, cliniche e mediche di queste dinamiche sono state approfondite, esplorando i legami potenziali tra sforzi che portano al successo o all’insuccesso nel riuscire a sviluppare e a mantenere la competenza e i conseguenti sentimenti di benessere o malattia (Covington, 2005); competenza, dunque, come potente mediatore tra una serie di risposte adattive e disadattive agli agenti stressanti della vita, come anche tra un ordine di valori più alti quale la creatività (Runco, 2005). Questi nuovi punti di vista hanno inevitabilmente prodotto non solo un incremento della ricerca nelle più svariate direzioni portando a studiare la competenza in relazione a molteplici variabili – il temperamento, la motivazione, le varie fasce di età, l’apprendimento, e via dicendo – bensì anche a rivalutare e rileggere determinati settori da nuove prospettive (Elliott, Dweck, 2005a). È, ad esempio, il caso dell’intelligenza, che piuttosto come un costrutto unico – la cosiddetta intelligenza generale che è relativamente fissata da fattori genetici e distinta dalle competenze sviluppate nel percorso scolastico e precedente a queste – viene considerata come una serie di competenze in sviluppo che a turno rappresentano l’abilità in un campo specifico in progress (Sternberg, 2005). Inoltre, viene sempre più sottolineato il ruolo decisivo che svolgono i fattori culturali e sociali nelle dinamiche della competenza, che, infatti, può essere definita pienamente solo in un contesto di gruppo; qualsiasi sua espressione non è, a livello più ampio, nient’altro che un evento sociale (Hudley, Graham, 2005; Plaut, Rose Markus, 2005), come nel caso dello sviluppo delle credenze rispetto al-

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Il concetto di competenza professionale le competenze – ‘chi sa fare meglio cosa’ – che sono influenzate sì da figure di riferimento, quali genitori, insegnanti, coetanei, ma soprattutto dalla cultura, nel senso di trasmissione degli stereotipi di genere, dei ruoli con le eventuali segregazioni, ecc. (Shibley Hyde, Durik, 2005). La cultura influenza la definizione, il ruolo e la funzione delle competenze; e le modalità con le quali ciò avviene continua a essere oggetto di studi che si spingono anche alla ricerca di specifiche variabili psicologiche (Matsumoto, 2004). Il termine cultura viene utilizzato in maniera polivalente per indicare l’influenza che una molteplicità di aspetti esercitano sui processi psicologici; questi aspetti sono di origine varia e comprendono fattori ecologici, quali la geografia e il clima; sociopolitici, come le radici socioculturali, il governo, le leggi, la religione, e via dicendo, così come anche i costumi familiari, le norme, le credenze, le opinioni e i riti. La cultura può fungere come piattaforma sia per creare nuovi comportamenti e competenze, sia per limitarli; può essere anteposta al comportamento, svolgere una funzione di variabile indipendente rispetto al comportamento/competenza, la variabile dipendente; e al tempo stesso sia la cultura che la competenza possono essere mutuamente costitutive (Adamopoulos, Lonner, 2001). Una dimensione culturale, in gran parte trascurata, è relativa a come le culture affrontano la discrepanza tra norme culturali e realtà individuali: le norme culturali esistono in tutte le culture, a un livello implicito ed esplicito, e i comportamenti a livello individuale, possono, o no, conformarsi a queste norme. Ogni cultura affronta in maniera differente le conseguenti tensioni dinamiche tra norme culturali e comportamenti individuali; alcune culture risultano essere più tolleranti, e perfino incoraggianti, rispetto a tali discrepanze, mentre altre sono meno permissive (Matsumoto, 2003). Nel considerare la relazione tra cultura e psicologia, la discussione si focalizza spesso sulle differenze culturali e, ovviamente, identificare e comprendere tali differenze è un compito importante nell’odierno mondo multiculturale, pluralistico e sempre più senza confini (Sue, 2003). Nello stesso tempo occorre mantenere una giusta e adeguata prospettiva e non trascurare la possibilità dell’esistenza anche di aspetti universali delle competenze (Berry, Poortinga, Segall, Dasen, 2002). Recenti ricerche hanno messo in evidenza che studi più accuratamente controllati producono solo minime differenze di risultati rispetto ai comportamenti legati alle competenze in campioni istruiti di varie culture (Poortinga, Van de Vijer, 2004; Chiu, Hong, 2005). A questo argomento dell’universalità è collegato il bisogno di fondere ulteriormente ricerca e teoria per mettere in risalto il contributo della biologia, e più specificamente degli aspetti genetici del comportamento, quello dell’intelligenza, quello di competenza e l’influenza culturali su di esse (Chamorro-Premuzic, Furnham, 2005). Poiché la personalità,

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Capitolo 1 Tabella 2 – Asse delle competenze culturali generali in psicoterapia (da Lo, Fung, 2003) Fasi della terapia

Terapeuta

Paziente

Famiglia o Gruppo

Tecnica

Pre-contatto

• Sensibilità culturale

• Modello esplicativo • Strada che ha portato alla richiesta d’aiuto

• Attitudine del gruppo

• Fonte di invio positiva

Avvio del contatto

• Ruolo del terapeuta • ‘Abbinamento’ etnico

• Ruolo del paziente

• Definizione del gruppo

• Ingenuità culturale • Psico-educazione

Valutazione e Feedback

• Visione del mondo del terapeuta

• Visione del mondo del paziente • Identità culturale

• Dinamiche familiari e della comunità

• Bio-psico-sociali-spirituali • Analisi culturale • Consulenze culturali • Regali • Preparazione preterapeutica

Definizione degli obiettivi del trattamento

• Obiettivo del terapeuta

• Obiettivo individuale

• Obiettivo del gruppo

• Negoziazione

Definizione dei contenuti del trattamento

• Contenuto definito dal terapeuta

• Contenuto definito dal paziente

• Contenuto definito dal gruppo

• Negoziazione • Risposta a contenuti concreti

Processo del trattamento

• Linguaggio e stile comunicativo del terapeuta • Controtransfert

• Linguaggio e stile comunicativo del paziente • Transfert

• Coinvolgimento della famiglia • Pratiche di guarigione della comunità

• Indipendenza linguistica e culturale • Ri-attribuzione culturale • Prescrizione del ruolo sociale

Conclusione

• Tolleranza della dipendenza

• Bisogno di continuo sostegno

• Visione del trattamento

• Mantenimento della relazione • Transfert istituzionale

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Il concetto di competenza professionale la competenza e l’intelligenza sono intimi partner nella composizione psicologica dell’individuo, il futuro lavoro teorico e pratico dovrà anche iniziare a riunire questi pezzi in un solo e coerente insieme; esiste infatti una differenza tra maturazione e sviluppo e con molta probabilità la competenza evolve secondo la complessa interazione tra persona, ambiente e biologia (Lonner, Haynes, 2004).

Maggiori informazioni

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Altri libri della collana


NELLA STESSA COLLANA

Benson J., Gruppi. Organizzazione e conduzione per lo sviluppo personale e la psicoterapia, 20001, pp. 272 Beutler L.E. - Harwood T.M., Psicoterapia prescrittiva elettiva. La scelta del trattamento sistematico fondata sull’evidenza, 2002, pp. 224 Bozarth J.D., La terapia centrata sulla persona. Un paradigma rivoluzionario, 2001, pp. 240 Campanella V. - Fiori M. - Santoriello D., Disturbi mentali gravi. Modelli d’intervento pluralistico integrato dall’autismo alle psicosi, 2003, pp. 272 Chambon O. - Marie-Cardine M., Le basi della psicoterapia eclettica e integrata, 2002, pp. 288 Clarkson P., Gestalt - Counseling, 1999 II ediz., pp. 192 Clarkson P., La Relazione Psicoterapeutica integrata, 1996, pp. 392 Delisle G., I disturbi della personalità, 20001, pp. 224 Feltham C. - Dryden W. (a cura di E. Giusti), Dizionario di counseling, 1995, pp. 320 Fontana D., Stress Counseling. Come gestire gli stati personali di tensione, 1996, pp. 160 Frisch M.B., Psicoterapia integrata della qualità della vita, 2001, pp. 352 Giannella E., Palumbo M., Vigliar G., Mediazione familiare e affido condiviso. Come separarsi insieme, 2007, pp. 240 Giusti E. - Calzone T., Promozione e visibilità clinica. Motivare i pazienti ai trattamenti psicologici, 2006, pp. 288 Giusti E. - Carolei F., Terapie transpersonali. L’integrazione della spiritualità e della meditazione nei trattamenti pluralistici, 2005, pp. 336 Giusti E. - Chiacchio A., Ossessioni e compulsioni. Valutazione e trattamento della Psicoterapia Pluralistica Integrata, 2002, pp. 176 Giusti E. - Ciotta A., Metafore nella relazione d’aiuto e nei settori formativi, 2005, pp. 256 Giusti E. - Corte B., La terapia del per-dono, 2008, pp. 304 Giusti E. - Di Fazio T., Psicoterapia integrata dello stress. Il burn-out professionale, 2005, pp. 256 Giusti E. - Di Francesco G., L’autoerotismo. L’alba del piacere sessuale: dall’identità verso la relazione, 2006, pp. 208 Giusti E. - Di Nardo G., Silenzio e solitudine. L’integrazione della quiete nel trattamento terapeutico, 2006, pp. 240 Giusti E. - Frandina M., Terapia della gelosia e dell’invidia. Trattamenti psicologici integrati, 2007, pp. 224 Giusti E. - Fusco L., Uomini. Psicologia e psicoterapia della maschilità, 2002, pp. 464

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Nella stessa collana Giusti E. - Germano F., Etica del con-tatto fisico in psicoterapia e nel counseling, 2003, pp. 160 Giusti E. - Germano F., Terapia della rabbia. Capire e trattare emozioni violente d’ira, collera e furia, 2003, pp. 224 Giusti E. - Giordani B. Il formatore di successo, 2002, pp. 224 Giusti E. - Harman R. (a cura di), La psicoterapia della Gestalt, 1996, pp. 224 Giusti E. - La Fata S., Quando il mio terapeuta è un cane, 2004, pp. 448 Giusti E. - Lazzari A., Psicoterapia Interpersonale Integrata, 2003, pp. 160 Giusti E. - Lazzari A., Narrazione e autosvelamento nella clinica. La rivelazione del Sé reciproco nella relazione di sostegno, 2005, pp. 160 Giusti E. - Locatelli M., L’empatia integrata, 2007 (Nuova edizione), pp. 320 Giusti E. - Mancinelli L., Il counseling domiciliare, 2008, pp. 160 Giusti E. - Minonne G., L’interpretazione dei significati nelle varie fasi evolutive dei trattamenti psicologici, 2004, pp. 396 Giusti E. - Minonne G., Ricerca scientifica e tesi di specializzazione in psicoterapia, 2005, pp. 368 Giusti E. - Montanari C., Trattamenti psicologici in emergenza con EMDR per profughi, rifugiati e vittime di traumi, 2000, pp. 192 Giusti E. - Montanari C., La CoPsicoterapia. Due è meglio e più di uno in efficacia ed efficienza, 2005, pp. 320 Giusti E. - Nardini M.C., Gruppi pluralistici. Guida transteorica alle terapie collettive integrate, 2004, pp. 304 Giusti E. - Ornelli C., Role play. Teoria e pratica nella Clinica e nella Formazione, 1999, pp. 144 Giusti E. - Palomba M., L’attività psicoterapeutica. Etica ed estetica promozionale del libero professionista, 1993, pp. 128 Giusti E. - Perfetti E., Ricerche sulla felicità. Come accrescere il benEssere psicologico per una vita più soddisfacente, 2004, pp. 192 Giusti E. - Pitrone A., Essere insieme. Terapia integrata della coppia amorosa, 2004, pp. 240 Giusti E. - Pizzo M., La selezione professionale. Intervista e valutazione delle risorse umane con il modello pluralistico integrato, 2003, pp. 208 Giusti E. - Proietti M.C., La delega direzionale, 1996, pp. 112 Giusti E. - Proietti M.C., Qualità e formazione. Manuale per operatori sanitari e psicosociali, 1999, pp. 184 Giusti E. - Rapanà L., Narcisismo. Valutazione pluralistica e trattamento clinico integrato del Disturbo Narcisistico di Personalità, 2002, pp. 176 Giusti E. - Romero R., L’accoglienza. I primi momenti di una relazione psicoterapeutica, 2005, pp. 176 Giusti E. - Sica A., L’epilogo della cura terapeutica. I colloqui conclusivi dei trattamenti psicologici, 2005, pp. 160 Giusti E. - Surdo V., Affezione da Alzheimer. Il trattamento psicologico complementare per le demenze, 2004, pp. 144 Giusti E. - Taranto R., Super Coaching tra Counseling e Mentoring, 2004, pp. 352

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Nella stessa collana Giusti E. - Testi A., L’Autostima. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Autoefficacia. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 96 Giusti E., Essere in divenendo. Integrazione pluralistica dell’identità del Sé, 2001, pp. 144 Giusti E., Autostima, psicologia della sicurezza in Sé, 20055, pp. 200 Giusti E., Videoterapia. Un ausilio al Counseling e alle Arti-Terapie, 1999, pp. 176 Giusti E., Tecniche immaginative. Il teatro interiore nelle relazioni d’aiuto, 2007, pp. 272 Gold J.R., Concetti chiave in psicoterapia integrata, 2000, pp. 268 Goldfried M.R., Dalla terapia cognitivo-comportamentale all’integrazione delle psicoterapie, 2000, pp. 288 Greenberg L.S. (et al.), Manuale di psicoterapia esperienziale integrata, 2000, pp. 576 Greenberg L.S. - Paivio S.C., Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata, 2000, pp. 368 Manucci C. - Di Matteo L., Come gestire un caso clinico, 2004 Murgatroyd S., Il Counseling nella relazione d’aiuto, 20001, pp. 192 Perls F., Qui & ora. Psicoterapia autobiografica, 1991, pp. 256 Persons J.B. - Davidson J. - Tompkins M.A., Depressione. Terapia cognitivo-comportamentale. Componenti essenziali, 2002, pp. 288 Preston J., Psicoterapia breve integrata, 2001, pp. 256 Reddy M., Il Counseling aziendale. Il Manager come Counselor, 1994, pp. 176 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. I: “Metateoria pluralistica”, 2002, pp. 400 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. II: “Tecnologia applicativa”, 2003, pp. 384 Spalletta E. - Quaranta C., Counseling scolastico integrato, 2002, pp. 352

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Nella stessa collana • Video EMDR per Traumi: Movimento oculare Desensibilizzante e Rielaborazione F. Shapiro + Libro Trattamenti Psicologici in Emergenza di E. Giusti, C. Montanari € 118,00 • Video La Terapia Eclettica Prescrittiva J.C. Norcross + Libro Psicoterapia Prescrittiva Elettiva, fondata sull’evidenza di Beutler/Harwood € 120,00 • Video Psicoterapia Multimodale A.A. Lazarus + Libro Le basi della Psicoterapia Eclettica ed Integrata di Chambon - Cardine € 125,50 • Video Psicoterapia Infantile J. Annunziata + Libro Counseling Scolastico Integrato di E. Spalletta, C. Quaranta € 122,00 • Video Ipnoterapia Ericksoniana J.K. Zeig + Libro Ipnosi e Psicoanalisi, collisioni e collusioni di L. Chertok € 120,00 • 2 Video Il Counseling breve in azione J.M. Littrell + Libro Il Counseling breve in Azione di J.M. Littrell € 122,00 • Video Psicoterapia Esperienziale A. Mahrer + Libro Lavorare con le emozioni in Psicoterapia Integrata di Greenberg/Paivio € 127,50 • 5 Videocassette Terapia Cognitivo-Comportamentale per la Depressione per l’autoformazione didattica, libro di G.B. Persons, Costo complessivo: € 275,00 • Video Psicoterapia Comportamentale con paziente ossessivo-compulsivo S.M. Turner + Libro Ossessione e Compulsioni, Valutazione e Trattamento di Edoardo Giusti, Antonio Chiacchio € 127,50 • Video Psicoterapia Pratica con Adolescenti A.K. Rubenstein + Due Libri Psicoterapia Integrata per bambini e adolescenti di Sebastiano Santostefano € 155,00 • Video Psicoanalisi con paziente schizofrenico B. Karon + libro Disturbi mentali gravi di V. Campanella - M. Fiori - D. Santoriello € 120,00 • Video Come gestire il transfert erotico in psicoterapia AA.VV. + libro Etica del contatto fisico di E. Giusti - F. Germano € 115,00 • Video Psicoterapia Interpersonale Ricostruttiva Lorna Smith Benjamin + libro Psicoterapia Interpersonale Integrata di E. Giusti - A. Lazzari € 118,00 • Video Come gestire la rabbia dei pazienti in psicoterapia AA.VV. + libro Terapia della rabbia di E. Giusti - F. Germano € 118,00

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EDIZIONE SOVERA STRUMENTI Elliott R. - Watson J.C. - Goldman R.N. - Greenberg L.S., Apprendere la terapia focalizzata sulle emozioni. L’approccio esperienziale orientato al processo per il cambiamento, in corso di stampa, pp. 368 Giusti E., Montanari C., Iannazzo A., Psicodiagnosi integrata. Valutazione transitiva e progressiva del processo qualitativo e degli esiti nella psicoterapia pluralistica fondata sull’evidenza obiettiva, 2006, pp. 580 Giusti E., Bonessi A., Garda V., Salute e malattia psicosomatica. Significato, diagnosi e cura, 2006, pp. 240 Giusti E., Germano F.., Psicoterapeuti generalisti. Competenze essenziali di base: dall’adeguatezza verso l’eccellenza, 2006, pp. 256 Giusti E., Pacifico M., Staffa T., L’intelligenza multidimensionale per le psicoterapie innovative, 2007, pp. 400 Giusti E. - Tridici D., Smoking. Basta davvero, 2009, pp. 224 Goodheart C.D. - Kazdin A.E. - Sternberg R.J., Psicoterapia a prova di evidenza. Dove la pratica e la ricerca si incontrano, in corso di stampa Norcross J.C., Beutler L.E., Levant R.F., Salute mentale: trattamenti basati sull’evidenza. Dibattiti e dialoghi sulle questioni fondamentali, 2006, pp. 464 Spalletta E., Germano F., MicroCounseling e MicroCoaching. Manuale operativo di strategie brevi per la motivazione al cambiamento, 2006, pp. 480 Wolfe B.E., Trattamenti integrati per disturbi d’ansia. La cura del Sé ferito, 2007, pp. 304

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