S T R U M E N T I
C.D. Goodheart - A.E. Kazdin - R.J. Sternberg
collana Psicoterapia & Counseling diretta da Edoardo Giusti PSICOTERAPIA�
COUNSELING�
10 Centro Europeo di Ricerche per lo Studio delle Psicoterapie Integrate e Comparate
C.D. Goodheart - A.E. Kazdin - R.J. Sternberg
PSICOTERAPIA A PROVA DI EVIDENZA DOVE LA PRATICA E LA RICERCA SI INCONTRANO
Copyright © 2006 dell’American Psychological Association Questo lavoro è stato originariamente pubblicato in inglese con il titolo: Evidence-Based Psychotherapy: Where Practice and Research Meet, di Carol D. Goodheart, EdD., Alan E. Kazdin, PhD, Robert J. Sternberg, PhD, dalla American Psychological Association negli Stati Uniti d’America. Copyright (2006) dell’American Psychological Association. L’opera è stata tradotta e ripubblicata in italiano per gentile concessione dell’APA. Questa traduzione non può essere pubblicata o riprodotta da terze parti in qualsiasi forma senza una concessione scritta dell’editore. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o distribuita in alcuna forma o mezzo, o conservata in un archivio dati o sistema di recupero senza la dovuta autorizzazione anticipata dell’APA. © 2007 SOVERA MULTIMEDIA s.r.l. Via Vincenzo Brunacci, 55/55A - 00146 ROMA www.soveraedizioni.it e-mail: info@soveraedizioni.it Traduzione: Stefania Marini I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.
Indice
Introduzione Carol D. Goodheart - Alan E. Kazdin
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PARTE I: LA PROSPETTIVA DELLA PRATICA Capitolo 1 Usi e abusi dell’evidenza empirica: amministrazione sanitaria, linee guida per il trattamento e valutazione degli esiti nella pratica clinica Geoffrey M. Reed - Elena J. Eisman Capitolo 2 Evidenza empirica, tentativi e corpo di conoscenze nella pratica psicologica Carol D. Goodheart
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Capitolo 3 Pluralismo teorico ed eclettismo tecnico Jean A. Carter
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Capitolo 4 Differenze culturali nella relazione terapeutica Lillian Comas-DĂaz
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PARTE II: LA PROSPETTIVA DELLA RICERCA Capitolo 5 I risultati della ricerca sugli effetti della psicoterapia e le loro conseguenze per la pratica clinica Michael J. Lambert - Andrea Archer
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Sommario Capitolo 6 Pratica basata sull’evidenza e trattamenti psicologici Jonathan D. Huppert, Amanda Fabbro e David H. Barlow
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Capitolo 7 Assessment e valutazione nella pratica clinica Alan E. Kazdin
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Capitolo 8 La sfida tra ricerca e pratica: le applicazioni delle psicoterapie basate sull’evidenza nei setting clinici e la loro valutazione John R. Weisz - Michael E. Addis
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PARTE III: FORMAZIONE, POLITICHE E CAUTELE Capitolo 9 Formazione delle future generazioni di psicologi clinici: capacità di giudizio e realismo metodologico nell’incontro fra scienza e pratica Steven J. Trierweiler Capitolo 10 Ampliamento dei termini del dibattito: pratiche basate sull’evidenza e politiche pubbliche Sandra J. Tanenbaum Capitolo 11 Pratica basata sull’evidenza: la metodologia per eccellenza? Robert J. Sternberg
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Introduzione Carol D. Goodheart e Alan E. Kazdin
Cosa racchiude un nome? Questo libro parla della pratica psicoterapeutica basata sull’evidenza empirica (Evidence-based practice – EBP). In un breve arco di tempo in psicologia il termine trattamenti empiricamente validati è stato sostituito da trattamenti di provata efficacia sperimentale fino a trattamenti basati sull’evidenza empirica (EBT). Il concetto di relazioni di provata efficacia sperimentale è entrato a far parte del dibattito sulla psicoterapia, portando ulteriori contributi allo sviluppo del più ampio concetto di pratiche basate sull’evidenza. I termini variano a seconda dei diversi paesi e non sempre sono intercambiabili, in quanto ogni studio finalizzato ad identificare i trattamenti basati sull’evidenza adotta criteri in parte differenti. Senza dubbio i termini continueranno a modificarsi con l’acquisizione di nuove conoscenze nel campo della psicologia, sia che essa continui a basarsi sul modello della medicina, sia che ne sviluppi di propri.
DEFINIZIONI E CAMPO D’INDAGINE Sebbene i significati dei due termini EBT e EBP coincidano in parte, le differenze non sono solo una questione semantica e hanno una utilità concettuale. EBP è un concetto che trascende qualsiasi singolo trattamento; integra tutta l’evidenza scientifica e l’informazione clinica utilizzata per guidare e migliorare i processi, gli interventi, la relazione e gli esiti della psicoterapia. Psicoterapia è un altro termine che comprende più del singolo trattamento. La psicoterapia basata sull’evidenza empirica implica un processo logico e clinicamente valido di valutazione, formulazione del caso, identificazione degli obiettivi, pianificazione del trattamento, costruzione dell’alleanza, intervento basato sulla ricerca, monitoraggio del processo, adattamento e conclusione, svolto completamente in collaborazione con il cliente (o un suo familiare, un tutore o una figura di accudimento). Pertanto, abbiamo scelto di focalizzare questo libro sui più ampi costrutti di EBP e di psicoterapia. I trattamenti basati sull’evidenza em-
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Introduzione pirica (EBT) sono parte di questo quadro e naturalmente vi sono compresi, ma intendiamo allargare il campo d’indagine ad importanti e interrogativi sulla EBP. La letteratura sul movimento EBP è in costante aumento e sono diverse le conclusioni sul valore, gli usi e gli abusi del termine nei servizi di assistenza sanitaria. Tale letteratura, e le differenti posizioni sulle attuali conoscenze nel campo della professione psicologica, saranno discusse nei prossimi capitoli. In ambito sanitario il termine paziente si riferisce a individui, coppie, famiglie e gruppi che usufruiscono dei servizi di psicoterapia. In psicologia, tradizionalmente, essi vengono chiamati con il termine cliente. Inoltre, alcuni autori, preferiscono i termini utente o individuo. Per gli scopi di questo libro i termini sono sinonimi e gli Autori li utilizzano in base alle loro preferenze. Il sottotitolo del libro, “Dove ricerca e pratica si incontrano”, riflette un aspetto critico dell’evidenza empirica in psicoterapia. Il dibattito sulla EBP suscita grande interesse e forti prese di posizione poiché la posta in gioco è alta. La EBP è diventata il terreno di incontro di un ampio numero di clinici, ricercatori, educatori e responsabili delle politiche pubbliche. Essi convergono talvolta per ascoltare e apprendere, talvolta per discutere, in quanto tutti partecipi nel definire e nel dar forma alla EBP. Il dibattito tra le varie discipline verte sulla natura delle prove empiriche e sull’utilità di far riferimento ad una molteplicità di metodi e di teorie, sulla rispettiva importanza dei differenti tipi di ricerca, sulla predominanza dei fattori comuni in psicoterapia, sul ruolo delle competenze cliniche, sul peso e sull’interazione delle caratteristiche del cliente, del clinico e dei fattori relazionali e di trattamento, ognuno dei quali contribuisce agli esiti psicoterapeutici; verte inoltre sull’impatto e sull’interazione di importanti dimensioni del cliente quali la comorbidità e la presenza di una sintomatologia multipla, il livello di sviluppo, la personalità, l’età, il sesso, la cultura e l’appartenenza etnica, lo stato socioeconomico, le condizioni di salute fisica e i fattori di rischio idiosincratici. All’interno della psicologia e di altre discipline della salute, il movimento è stato descritto nei termini di una “guerra culturale” tra clinici e ricercatori su quale tipo di approcci al trattamento utilizzare e su quali basi (Messer, 2004). Attualmente molti psicologi e professionisti di altre discipline impegnati nell’offerta e nella ricerca sui servizi clinici fanno esperienza di queste posizioni contrastanti e pregiudiziali. Tuttavia, crediamo che sia quantomeno produttivo e proficuo avviare un progressivo dialogo su basi razionali tra i professionisti della salute interessati al movimento della EBP. È tempo per noi tutti di prendere in considerazione punti di vista dei professionisti impegnati nella ricerca o nei servizi differenti dai nostri. Pertanto, Psicoterapie basate sull’evidenza. Dove ricerca e pratica si incontrano offre prospettive diverse, ricerca un terreno comune, evidenzia le aree di utile differenza, gli interrogativi in sospeso e le vie future per migliorare la psicoterapia.
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Introduzione ARTICOLAZIONE E CONTENUTI DEI CAPITOLI I capitoli sono organizzati in tre sezioni, con commenti degli autori tra una sezione e l’altra. La Parte I presenta la prospettiva della pratica, la Parte II quella della ricerca e la Parte III quella relativa alla formazione e alle politiche, con osservazioni su temi specifici trattati nei capitoli. In tutte e tre le sezioni sono presenti discussioni sull’evoluzione del movimento per la EBP dal punto di vista clinico, scientifico e politico. Gli autori riconoscono che queste prospettive in parte coincidono e che i temi si sovrappongono. I capitoli sono stati inseriti nelle sezioni in base alla principale occupazione e al ruolo degli autori; tuttavia, ve ne sono diversi che potrebbero essere facilmente inseriti in un’altra sezione.
Parte I Il capitolo 1 (Geoffrey M. Reed e Elena J. Eisman) fornisce al lettore un inquadramento generale attraverso un’ampia trattazione teorica sulla storia del movimento per la EBP e una riflessione sull’evidenza empirica in relazione ai sistemi organizzati di assistenza sanitaria e sull’impatto specifico sulla pratica psicologica delle decisioni a livello di sistema allargato. Il capitolo 2 (Carol D. Goodheart) definisce la EBP, sottolinea le differenze tra clinica e ricerca, riassume le molteplici correnti di ricerca valutabili dai clinici e pone l’accento sul ruolo del sapere clinico. Il capitolo 3 (Jean A. Carter) propone un’integrazione tra pluralismo teorico ed eclettismo tecnico, essenziale per una pratica psicoterapeutica efficace nelle situazioni cliniche reali, che spesso sono complesse e in rapida evoluzione. Il capitolo 4 (Lillian Comas-Dìaz) mostra come la psicoterapia sia culturalmente mediata e propone il ricorso ad una psicoterapia multiculturale efficace, che utilizzi la competenza clinica per integrare i trattamenti validati scientificamente con le questioni di rilevanza culturale. Il contributo dell’Autrice, caso unico in questo libro, si incentra sul ruolo della cultura nella relazione psicoterapeutica.
Parte II Il capitolo 5 (Michael J. Lambert e Andrea Archer) apre la sezione sulla ricerca con una rassegna sulle prove empiriche dell’efficacia delle psicoterapie nella ricerca (un tema che ricorrerà nei successivi capitoli) e sulle sue implicazioni per la pratica, per la ricerca futura e per il finanziamento della psicoterapia. Il capitolo solleva specifici interrogativi: i cambiamenti realizzati dai clien-
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Introduzione ti sono significativi? I risultati sono stabili nel tempo? Vi sono peggioramenti in alcuni casi? Il capitolo 6 (Jonathan d. Huppert, Amanda Fabbro e David H. Barlow) utilizza la storia del movimento EBP come contesto in cui riesaminare le prove dell’efficacia e dell’utilità clinica dei trattamenti psicologici. Gli Autori danno suggerimenti per rendere più efficace la EBP delineando le potenziali aree di profitto e collaborazione. Il capitolo 7 (Alan E. Kazdin) sottolinea la necessità di una valutazione sistematica della pratica clinica, suggerisce ai professionisti utili passi, presentando un caso esemplificativo, individua i problemi clinici e di ricerca da affrontare per fondare adeguatamente le basi per la valutazione e mette in rilievo gli aspetti della formazione clinica che possono inavvertitamente portare ad un suo indebolimento. Nel capitolo 8 gli Autori (John R. Weisz e Michael E. Addis) riconoscono le profonde differenze tra il mondo della ricerca e quello della clinica, ma con la premessa che ricercatori e clinici condividono anche importanti obiettivi comuni. Propongono attività di raccordo, quali l’estensione ai setting clinici dei trattamenti testati nei setting di ricerca, sia ai fini di una valutazione in condizioni rappresentative della popolazione reale, sia per un suo normale utilizzo quando risulta efficace.
Parte III Il capitolo 9 (Steven J. Trierweiler) si focalizza sulla formazione specialistica in psicologia fondata sulla tradizione scientifica e richiama all’integrazione tra fatti scientifici e situazioni cliniche reali. L’Autore propone di rendere meno distanti i concetti metodologici della scienza e della pratica, affinché non siano più considerate come aree separate. L’interrogativo diventa: in che modo la buona scienza e la buona pratica possono convergere per aiutare realmente i clienti? Il capitolo 10 (Sandra J. Tanenbaum) è un’ampia discussione teorica sulla EBP nel contesto delle politiche pubbliche. Sono descritte tre importanti ipotesi di lavoro del movimento EBP e si suggerisce sia di dimostrare le ramificazioni dei termini del dibattito, sia di ampliarli. Il capitolo 11 (Robert J. Stenberg) individua i problemi chiave e le differenze tra i vari capitoli e presenta alcune avvertenze sulla EBP.
PUNTI DI CONVERGENZA E DI DIVERGENZA TRA LE PROSPETTIVE Questo volume raccoglie contributi di un gruppo di ricercatori, clinici, formatori e responsabili delle politiche pubbliche più ampio di quello che normalmente si può trovare riunito insieme. Aree di convergenza e di divergenza sono implicitamente o espressamente presenti tra i vari capitoli e all’interno di
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Introduzione uno stesso capitolo. Qui di seguito sono descritte a grandi linee, affinché i lettori possano tenerne conto.
Aree di convergenza In tutti i capitoli è implicito che la pratica psicologica ha un fondamento scientifico. Gli psicologi sono formati ai metodi e al pensiero scientifico, un punto di forza della psicologia rispetto ad altre discipline affini nel campo della salute mentale. Essi hanno basi comuni come scienziati sociali: possono avere metodi e setting di lavoro differenti, ma tutti formulano ipotesi, sviluppano e verificano i processi scientifici di progresso in base alla formazione comune; tutti riconoscono l’importanza di essere sensibili alle caratteristiche e alle preferenze individuali del cliente e di adattare il trattamento alla persona, e si impegnano a migliorare la vita dei clienti attraverso una buona pratica e una buona ricerca psicologica. Le psicoterapie di diversi orientamenti teorici sono risultate efficaci e le prove si basano su centinaia di studi riguardanti migliaia di clienti nel corso di più di mezzo secolo. Queste conclusioni sono discusse in diversi capitoli. La definizione di EBP dell’Institute of Medicine (IOM; 2001) è stata accettata nell’ambito dell’assistenza sanitaria e quella psicologica dell’American Psychological Association (APA), che segue immediatamente quella dell’IOM, ha trovato consenso tra tutti i membri dei diversi gruppi di scienziati psicologi, professionisti clinici, associazioni in difesa dei consumatori, analisti e revisori di conti dell’amministrazione sanitaria che fanno parte della APA Presidential Task Force sulla EBP (APA, 2005). Il Consiglio dei Rappresentanti ha approvato e adottato la definizione della Task Force e le raccomandazioni del documento politico, senza attuare cambiamenti. Quattro dei collaboratori di questo libro sono stati membri della Task Force: David H. Barlow, Jean A. Carter, Carol D. Goodheart (Presidente) e Geoffrey M. Reed (Gruppo dei professionisti). È interessante notare come i membri della Task Force, che rappresentano professionalità e prospettive differenti, abbiano ottenuto finora il consenso su un complesso insieme di questioni riguardanti la EBP, che in modo simile sono riportate in questo volume nella discussione sulle aree di potenziale convergenza o accordo. Nessuno mette in discussione che l’ambiente professionale stia cambiando rapidamente e in modo rilevante. Da un lato, si è verificata una proliferazione di ricerche clinicamente importanti per il miglioramento dei trattamenti, e contemporaneamente conquiste nel campo delle neuroscienze. Dall’altro, la EBP è un movimento diretto ad una responsabilizzazione sulla spesa sanitaria e come tale è strettamente associata alla richiesta di programmi assicurativi sia
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Introduzione pubblici che privati relativi alle autorizzazioni e alle coperture dei trattamenti. La mancanza di consensi e di coordinamento nel mercato produce bisogni contraddittori, una amministrazione potenzialmente disfunzionale e possibili effetti dannosi sui clienti e sui professionisti della salute mentale.
Aree di divergenza Non è chiaro se la EBP sia un movimento a favore dei clienti o degli psicologi. Le opinioni variano a seconda che la sua definizione sia ampia o restrittiva. Sebbene molti psicologi concordino in linea di principio con le definizioni dell’IOM e dell’APA, esistono differenze sul modo in cui viene realizzata nella pratica. Tra i suoi fautori, e in generale in tutta la disciplina, le differenze nella filosofia di fondo si riflettono in due posizioni circa il modo per ottenere esiti terapeutici positivi: • per alcuni, la migliore pratica implica partire dal disturbo diagnosticato e applicare il pacchetto EBP; altre evidenze sono da ricercare quando non sia praticabile la EBP o quando non funzioni; questo si potrebbe caratterizzare come utilizzo di un sistema gerarchico di trattamenti in linea con la gerarchia di prove empiriche; • per altri, la migliore pratica implica partire dal cliente, stabilire una relazione terapeutica e formulare un piano di trattamento sulla base della ricerca empirica, dei fattori comuni, dello sviluppo umano, della psicopatologia, delle differenze individuali e di gruppo e di altri importanti temi di ricerca; si potrebbe parlare dell’utilizzo di un sistema non gerarchico che risponde all’esigenza di diverse linee di ricerca e di informazione clinica per adattare il trattamento a quel particolare cliente. Molti, forse la maggior parte, degli psicologi non si collocano in una delle due opposte posizioni, ma in qualche punto lungo un continuum tra le due. C’è accordo sull’interesse e sull’importanza prioritaria di migliorare l’attenzione al cliente. C’è disaccordo su quanto le conclusioni della ricerca dovrebbero essere applicate limitando la pratica clinica e quanto i professionisti possono identificare autenticamente i bisogni dei clienti e applicare la combinazione di trattamenti migliore o più appropriata sulla base di queste valutazioni. Tra i pregi di questo libro vi è il fatto che chiarisce i punti chiave e le aree di sovrapposizione fra le differenti prospettive e mette in guardia contro una visione polarizzata dell’importanza prioritaria del lavoro clinico o della ricerca.
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Introduzione OPPORTUNITÀ DI RICONCILIAZIONE Il primo passo verso un riavvicinamento delle posizioni di clinici e scienziati è chiarire i punti di convergenza e di divergenza e le differenze fra le diverse prospettive. Non esiste un unico punto di vista clinico o scientifico, e questo è un aspetto critico da cui partire per andare avanti. Ovviamente vi è accordo su questioni quali la priorità dell’attenzione al cliente, l’importanza della formazione professionale e di fare affidamento, quando possibile, sulla ricerca come guida per gli interventi; ma a questo livello di astrazione gli aspetti chiave delle diverse posizioni tra scienziati e clinici non sono così vicine da rappresentare una buona base per il compromesso o la riconciliazione. La psicoterapia è finalizzata a modificare la vita, l’esperienza soggettiva e il funzionamento adattivo. La ricerca ha lo scopo di mostrare le differenze tra i vari trattamenti, laddove esistano, e di comprendere le basi di tali differenze e i fattori che influenzano gli esiti. Queste differenti priorità tra psicoterapia e ricerca non devono sorprendere. Dal punto di vista dei clinici, è importante identificare i bisogni dei clienti che sono in relazione con il trattamento e ancor più con la sua vita, le procedure più appropriate e i modi in cui poter adattare il trattamento ai bisogni individuali del cliente. Lo scienziato tende a considerare tutto ciò soggettivo e privo di una base che permetta la replicabilità da parte di altri terapeuti. Dal punto di vista scientifico le prove cliniche randomizzate, le misure multiple di valutazione dell’esito e le differenze statisticamente significative nel confronto fra gruppi sono considerate inequivocabilmente significative per il lavoro clinico. Il clinico è più propenso a considerare questi aspetti come informazioni utili, ma non necessariamente significative per aiutare il cliente ad affrontare problematiche complesse che non sono ancora state studiate. I risultati della ricerca non sostituiscono la riflessione su cosa dovrebbe essere applicato al caso specifico. Inoltre, le differenze statisticamente significative nelle medie tra gruppi e in studi test-retest possono riflettere cambiamenti che non sono realmente utili per i clienti. Di conseguenza gli studi empirici non rappresentano guide indiscutibili per decidere cosa fare nel trattamento. L’evidenza diretta può aiutare poco i clinici. Le meta-analisi che misurano le variazioni d’effetto sono in grado di dimostrare che questo o quel trattamento è migliore di altri, ma possono dimostrare che lo sono in modi realmente utili per i clienti? È a questo interrogativo che clinici, ricercatori, clienti, agenti di copertura assicurativa, responsabili delle politiche pubbliche, e anche gli autori del libro, vogliono trovare risposta. Nessuna meta-analisi (a quanto ne sappiamo) è riuscita nell’intento. Si possono conciliare i punti di vista scientifico e clinico? Crediamo di sì, ma non attraverso soluzioni illusorie come aggiungere un trattino tra i termini (es. scientifico-clinico) e affermare che la formazione psicologica risponde ad
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Introduzione entrambi. Forse si può partire dalla premessa che gli psicologi hanno una formazione scientifica e riconoscono il valore delle prove replicabili e di una valutazione accurata. Il focus quasi esclusivo sulla ricerca sui gruppi e sugli studi controllati, così come sono attualmente concepiti e realizzati, costituisce un vincolo non necessario per la fondazione di un terreno comune. Abbiamo bisogno di risultati che siano significativi per la vita degli individui (i clienti della pratica clinica) e che allo stesso tempo rispondano ai criteri di ricerca. Esiste un punto di incontro che per certi versi può essere il migliore per entrambi i mondi, ed è quello della “ricerca qualitativa”. La ricerca qualitativa si focalizza, come la psicoterapia, sulla ricca esperienza individuale e risponde agli standard della ricerca scientifica. Una approfondita valutazione dell’esperienza del cliente fornisce le basi per l’analisi sistematica dei suoi problemi prima, durante e dopo il trattamento, e può anche essere utilizzata come guida per prendere decisioni in forma replicabile. Il cliente sta traendo beneficio dal trattamento? La sua vita è cambiata ed è cambiata in maniera per lui significativa? A queste domande si può rispondere in modo scientifico e utile per i clienti. La pratica clinica può basarsi su un più stabile terreno scientifico per aiutare i clienti; la scienza può rimanere sul terreno scientifico, ma diventare più direttamente rilevante e utile per i clinici e gli stessi clienti. I tentativi di riconciliazione richiedono una chiarificazione delle varie prospettive che le diverse parti mettono sul tavolo. I numerosi contributi che seguono offrono molteplici occasioni di riavvicinamento su come condurre la psicoterapia, fare ricerca e formare i professionisti.
BIBLIOGRAFIA American Psychological Association. (2005). Report of the 2005 Presidenùal Task Force on Evidence-Based Pracùce. Retrieved Oetober 24, 2005, from http://www.apa.org/practice/ebpstatement.pdf Institute of Medicine. (2001). Crossing the quality chasm: A new health system for the 21 st century. Washington, DC: National Academies Press. Messer, S. B. (2004). Evidence-based practice: Beyond empirically supported treatments. Professional Psychology, 35, 580-588.
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Parte I
LA PROSPETTIVA DELLA PRATICA
Usi e abusi dell’evidenza empirica: amministrazione sanitaria, linee guida per il trattamento e valutazione degli esiti nella pratica clinica Geoffrey M. Reed - Elena J. Eisman Il movimento della pratica basata sull’evidenza (EBP), così come si è sviluppato negli Stati Uniti, può essere compreso meglio sulla base degli attuali modelli di organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria. Il presente capitolo analizza il contesto di fondo e la storia della EBP a livello dei sistemi che influiscono sui servizi psicologici di assistenza sanitaria. Esamineremo come la EBP convalida un certo tipo di attribuzioni sui professionisti della salute e come queste siano istituzionalizzate in linee guida sui trattamenti, standard professionali e modelli di autorizzazione e di copertura. Molti degli esempi citati riguardano il Massachusetts, utilizzato come caso studio nella implementazione della EBP. Il Massachusetts si situa invariabilmente al secondo posto per la diffusione dell’amministrazione sanitaria negli Stati Uniti, subito dopo la California (Henry J. Kaiser Family Foundation, 2005) ed è stato leader in molti dei cambiamenti dell’organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria. Attualmente diverse iniziative, sia in campo pubblico che privato, basate sulle premesse della EBP potranno avere un maggiore effetto sugli psicologi e gli altri professionisti del Massachusetts, con la speranza di cambiamenti rapidi anche in altre parti del paese.
AMMINISTRAZIONE SANITARIA E PRATICA BASATA SULL’EVIDENZA COME OPINIONE COMUNE L’amministrazione sanitaria si è estesa rapidamente dagli anni ‘70 agli anni ‘80 in seguito alla promulgazione, nel 1973, dell’U.S. Congress of the Health Maintenance Organization (HMO) Act (Pub. L. 93-222; si veda DeLeon, VandenBos & Bulatao, 1991). Allora vi era forte preoccupazione circa la rapida crescita dei costi della sanità conseguenti all’approvazione, durante gli anni ‘60 del Medicare (servizio sanitario statale per gli anziani), del Medicaid (servizio sanitario statale per i non abbienti) e di altre leggi finalizzate ad ampliare la copertura dell’assistenza sanitaria. Secondo i sostenitori dell’amministra-
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Capitolo 1 zione sanitaria, i piani di copertura sanitaria per prestazioni a pagamento fornivano ai professionisti dell’assistenza sanitaria incentivi e facilitazioni per l’erogazione di servizi diagnostici e di cura costosi e superflui. Al contrario, le HMO avrebbero premiato la tutela della salute e la prevenzione della malattia. I fautori dell’amministrazione sanitaria ritenevano che, dal momento che i fattori di efficacia del trattamento erano stati in linea di massima ben individuati, le HMO avrebbero permesso facilmente di identificare ed eliminare i servizi non necessari, con un risparmio notevole dei costi senza sacrificare la qualità del servizio, cosa che non sarebbe stata possibile da parte dei clinici a causa dei loro interessi economici nel fornire trattamenti non necessari. La competenza dei clinici nel decidere quali servizi fornire è stata ulteriormente messa alla prova da Wennberg (1984), che ha trovato inspiegabili differenze significative nelle percentuali con cui procedure mediche specifiche per determinate condizioni cliniche venivano applicate a popolazioni con le stesse caratteristiche in regioni geografiche differenti. Questi e successivi studi di variazione di piccola area sono stati “ampiamente interpretati come segno che i clinici non erano sicuri dell’utilità di trattamenti alternativi e che il loro agire era influenzato quindi da fattori non clinici, come la tradizione e la convenienza” (Tanenbaum, 1999, p. 758). Il nascente movimento dell’amministrazione sanitaria ha accolto con entusiasmo questa prospettiva. I clinici sono stati descritti come i principali responsabili di sprechi ed inefficienze e questa immagine è stata utilizzata come ulteriore pretesto per trasferire il controllo e il potere decisionale ai piani di copertura sanitaria, attraverso una serie di iniziative volte a diminuire la domanda, limitare l’accesso, ridurre le differenze nella pratica e standardizzare i trattamenti (Reed, McLaughlin & Newman, 2002). I sistemi sanitari e i piani di copertura hanno sviluppato sempre più regole specifiche (criteri di urgenza medica, standard, linee guida, parametri di professionalità, percorsi critici, migliori pratiche) per gestire l’erogazione dei trattamenti da parte dei clinici. L’enfasi sulla standardizzazione e sulla regolarizzazione della condotta professionale ha ricevuto inoltre il sostegno federale. Nel 1989 il Congresso ha costituito l’Agency for Health Care Policy and Research (AHCPR), il cui ruolo centrale era quello di sviluppare linee guida per la pratica clinica di medici e altri professionisti della salute (AHCPR, 1993a). Negli anni ‘90 i dipartimenti del National Institute of Health (NIH), su pressioni da parte del Congresso a dimostrare il loro contributo effettivo all’assistenza sanitaria degli Stati Uniti, hanno varato una serie di iniziative di “passaggio di tecnologie” per diffondere i trattamenti empirici nel settore. Sebbene non fosse ancora maturata la filosofia della EBP, questi tentativi si basavano in linea generale sul presupposto che la sfida maggiore per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e per ridurre i costi implicava che i clinici apprendessero ad utilizzare in modo appropriato i
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Usi e abusi dell’evidenza empirica trattamenti empirici e sviluppassero adeguate strategie per verificarne la corretta applicazione. Le organizzazioni di amministrazione sanitaria hanno costituito un promettente veicolo per la realizzazione di tali sfide. L’amministrazione sanitaria, tuttavia, ha dovuto fare i conti con un problema di immagine. Come si è visto, il taglio degli eccessi e degli sprechi, se ha contribuito a stabilizzare rapidamente i costi dell’assistenza sanitaria, non ha interessato le sottostanti spinte al loro aumento. Le aziende di amministrazione sanitaria sono ricorse a misure sempre più restrittive di contenimento dei costi, con il risultato di produrre alti livelli di tensione tra i clinici, un aumento dei controlli da parte degli amministratori e un’immagine sempre più negativa agli occhi degli utenti (Keckley, 2003). Nel 1997 il pubblico americano ha applaudito quando il personaggio cinematografico interpretato da Helen Hunt nel film Qualcosa è cambiato (As Good as It Gets, Johnson & Brooks, 1997), una madre che lotta per ottenere un adeguato trattamento sanitario per il figlio, delusa maledice l’amministrazione sanitaria. Circa negli stessi anni, la EBP ha iniziato a diffondersi come “opinione comune”, secondo l’espressione di Tanenbaum (2003), cioè un’idea che racchiude la descrizione un problema di interesse pubblico e allo stesso tempo l’indicazione di una specifica risposta. Tanenbaum ha citato Gustfield (1981), che ha sottolineato come la guida in stato di ebbrezza sia stata al centro dell’impegno per la sicurezza viaria quando nell’opinione comune è stata individuata come principale minaccia pubblica sulle autostrade americane. L’idea che la guida in stato di ebbrezza provochi incidenti non è sbagliata, ma gli incidenti possono avere molte altre cause. Un’opinione comune si focalizza su un unico aspetto di un problema complesso per il quale richiede soluzioni logiche. Queste possono essere realmente valide, tuttavia la loro reale utilità risiede nella possibilità di creare l’illusione di una gestione pubblica saggia e di un’azione soddisfacente, anche se si tratta di una falsa certezza rispetto all’adeguata presa in carico del problema. I responsabili delle politiche sanitarie hanno dovuto in realtà confrontarsi con una realtà complessa. È innegabile che esistano rilevanti problemi strutturali nel sistema assistenziale sanitario degli Stati Uniti. Circa il 15% della popolazione americana non possiede assicurazione (U.S. Census Bureau, 2004); addirittura una percentuale maggiore non riceve sussidi per malattia mentale e, di quelli che ne usufruiscono, solo la metà circa a livelli che possono essere considerati accettabili (Maxfield, Achman & Cook, 2204). Negli Stati Uniti la spesa pro capite per la sanità è maggiore che in qualsiasi altro paese industrializzato, ma nonostante ciò non viene fornita un’assistenza dimostrabilmente migliore (World Health Organization, 2001). I costi futuri del Medicare minacciano di gravare in modo inaccettabile sulla generazione futura, a meno che non si effettuino tagli significativi ai sussidi. I conti pubblici sono stati fortemente depauperati nel corso degli ultimi anni, in parte a causa dei crescenti
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Capitolo 1 costi dell’assistenza sanitaria, specialmente del Medicaid. Nel complesso, i problemi del sistema assistenziale sanitario americano sembrano insolubili. Interessi egoistici si contrappongono a qualsiasi specifica soluzione e i costi dell’assistenza continuano a crescere. All’opinione pubblica americana è stato fatto credere che il problema essenziale del sistema sanitario risieda nell’uniformazione delle pratiche, e che possa essere risolto qualora i clinici lavorino coerentemente con i risultati della ricerca. La EBP si fonda sulla necessità di regolarizzare la condotta professionale, un principio operativo centrale dell’amministrazione sanitaria. Keckley (2003) ha proposto che la EBP possa costituire un meccanismo dell’amministrazione sanitaria per migliorare la sua immagine tra i suoi appartenenti ed iscritti. Essa può rappresentare “la base fondamentale della gestione dei costi e della qualità” (p. 3), in larga parte attraverso limitazioni e rifiuti di copertura, questa volta però mediante pratiche formulate in un linguaggio scientifico. Nel campo della psicologia questa prospettiva è stata legittimata dai ricercatori accademici che supportano l’ipotesi che il principale problema dei servizi di assistenza sanitaria sia l’inadeguata applicazione da parte dei clinici della letteratura di ricerca in grado, secondo loro, di fornire maggior supporto ai servizi (ad es. Beutler, Moleiro & Talebi, 2002; Chorpita et al., 2002; Lampropoulos & Spengler, 2002; Nathan & Gorman, 1998). Tanenbaum (2003) ha osservato che l’efficacia della EBP come opinione comune si basa in parte sulla sua forza retorica: Di fatto, è un trionfo di retorica, poiché chi può mettere in discussione l’evidenza empirica? I critici della EBP, da parte loro, non possono letteralmente replicare; non sono le prove empiriche, ma i limiti di certe gerarchie di prove empiriche a cui si oppongono… Inoltre, la filosofia della pratica basata sull’evidenza empirica solleva un importante interrogativo: se la EBP è l’introduzione dell’evidenza nella pratica, fino ad ora come hanno lavorato i clinici? Cosa c’è oltre all’evidenza? Anche se il pubblico non ha conoscenze specifiche, ha chiaro comunque che i clinici sono in torto. (p. 294)
UTILIZZO SELETTIVO DELL’EVIDENZA L’affermazione secondo cui mancano prove empiriche a sostegno dell’attuale pratica in psicologia può essere fatta solo sulla base di una conoscenza limitata e altamente selettiva della letteratura. Un ampio corpus di prove, che comprendono centinaia di studi a partire dagli anni ‘30 e dozzine di meta-analisi, indicano che:
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Usi e abusi dell’evidenza empirica 1. la psicoterapia in genere è efficace, con esiti positivi documentati per un’ampia varietà di orientamenti teorici e tecniche di trattamento; 2. sebbene con variazioni tra i diversi disturbi, gli effetti della psicoterapia sono generalmente uguali o superiori agli effetti degli psicofarmaci, per molti se non per la maggior parte dei pazienti gravemente disturbati; 3. la psicoterapia produce risultati significativi in diversi ambiti quali la sintomatologia, il funzionamento interpersonale, l’assunzione di ruoli sociali, il funzionamento lavorativo; 4. la psicoterapia è relativamente efficiente nel produrre i suoi effetti; 5. gli esiti della psicoterapia tendono a mantenersi nel tempo, in particolar modo rispetto agli effetti degli psicofarmaci (per una rassegna si veda Lambert & Ogles, 2004); 6. la psicoterapia può controbilanciare i costi dei servizi sanitari riducendo il numero dei ricoveri e di altre spese mediche (per una rassegna si veda Chiles, Lambert & Hatch, 1999). Purtroppo, questo corpus non è ai primi posti nella “gerarchia di prove” su cui si basa il movimento dell’evidenza empirica (Sackett, Straus, Richardson, Rosenberg & Haynes, 2000). Per essere considerato realmente “basato sull’evidenza” un intervento deve essere stato testato in più studi di efficacia. Il maggior peso è riconosciuto agli studi che utilizzano la metodologia per eccellenza delle prove controllate randomizzate (RCTs). Nell’ambito della salute mentale, i fautori della EBP hanno adottato criteri che non solo includono le RCT come forma principale di evidenza empirica, ma che comportano anche trattamenti standardizzati basati su manuale e la loro applicazione a campioni di studio con una specifica condizione mentale come prerequisito per una definizione di “prova di efficacia” (Chambless et al., 1996). Di fatto, questo esclude molti trattamenti largamente utilizzati nella comunità. Anche uno sguardo casuale all’elenco dei trattamenti psicologici basati sull’evidenza rivela che si tratta in modo preponderante di trattamenti comportamentali o cognitivo-comportamentali. Tali conclusioni derivano tuttavia dal confondere i criteri di evidenza con le caratteristiche dei trattamenti che solitamente vengono valutati (Tanenbaum, 2005; Western, Novotny & Thompson-Brenner, 2004). In questo modo alcuni approcci al trattamento risultano legittimati e altri no (Tanembaum, 2003). Sebbene chiaramente non fosse questa l’intenzione di chi li ha sviluppati, questi elenchi contribuiscono a sottostimare e addirittura a svalutare il corpus di conoscenze professionali in campo psicologico da parte dei responsabili delle politiche sanitarie e delle organizzazioni di assistenza sanitaria. Westen e coll. (2004) hanno rilevato la confusione, assai diffusa e più o meno esplicita, in letteratura, tra i trattamenti che sono stati empiricamente disconfermati e quelli che non sono stati testati con metodi rispondenti ai criteri
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Capitolo 1 di evidenza empirica della EBP. Analogamente, c’è confusione tra trattamenti che sono stati valutati con tali metodi e trattamenti tra i “migliori a disposizione”. Ad esempio, noi ricercatori di fatto non sappiamo se la terapia cognitivocomportamentale e quella interpersonale siano i trattamenti più efficaci per la depressione. Ciò che sappiamo è che questi trattamenti brevi basati su manuale sono i più facili da verificare con i metodi RCT rispetto ad altre forme di trattamento ampiamente utilizzate. Di fatto, non esistono ricerche che confrontano i trattamenti sperimentali con quelli effettuati dai clinici nella pratica reale, quindi in realtà non esistono prove che i trattamenti inclusi nell’elenco producano effetti migliori di quelli utilizzati nella pratica clinica (Westen et al., 2004).
DELEGITTIMAZIONE DELLA PROFESSIONE Nel considerare le basi scientifiche degli interventi psicologici, la principale carenza da parte dell’EBP riguarda i fattori relativi al terapeuta e alla natura della relazione terapeutica, che sono risultati tra i più forti e coerenti predittori degli esiti psicoterapeutici (Lambert & Okiishi, 1997; Norcross & Hill, 2004). Tale mancanza è coerente con l’enfasi posta dall’amministrazione sanitaria sull’utilizzo di controlli esterni sulla condotta dei clinici come mezzo principale di promozione dell’assistenza sanitaria. Uno dei maggiori effetti dell’amministrazione sanitaria è stato quello di indebolire la visione della centralità della relazione terapeutica per la cura, attraverso la decontestualizzazione dei servizi di assistenza sanitaria e lo spostamento dalla relazione terapeutica a prestazioni di servizio (Gutek, 1995). Basata sui principi industriali della catena di montaggio, l’assistenza sanitaria è stata frammentata in unità discrete di servizio sempre più piccole offerte da fornitori generici. L’interesse dell’amministrazione sanitaria nel prescrivere e standardizzare la condotta dei clinici interagisce sinergicamente con il principale cambiamento concettuale dei criteri di evidenza dell’EBP, che richiedono di prendere in considerazione trattamenti basati su manuali e attribuiscono il peso maggiore alla RCT (che implica generalmente trattamenti manualizzati), portando a concepire tali trattamenti come componenti dei trattamenti psicologici piuttosto che come loro modelli di laboratorio (Westen et al., 2004). I fautori della EBP incoraggiano la richiesta da parte degli utenti di specifici trattamenti basati su manuali in quanto rispondenti a “criteri scientifici di efficacia” (American Psychological Association [APA], Division 12, Society of Clinical Psychology, 2004), in contrasto con i trattamenti non manualizzati ampiamente applicati nella comunità. I sistemi pubblici di salute mentale e i piani di copertura sanitaria privati stanno formulando elenchi di trattamenti basati sull’evidenza con
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Usi e abusi dell’evidenza empirica l’obiettivo di prendere come base per le politiche di copertura assicurativa l’applicazione di quei trattamenti manualizzati che risultano validati (es. Carpinello, Rosenberg, Stone, Schwager & Felton, 2002; Chorpita et al., 2002; si veda inoltre Tanenbaum, 2005). Queste politiche sembrano considerare i clinici come tecnici o come “paraprofessionisti che non possono e non dovrebbero svolgere alcuna valutazione clinica nella selezione degli interventi o nell’interpretazione dei dati di osservazione clinica” (Westen et al., 2004, p. 639). Quando i clinici obiettano a tali richieste, sono spesso accusati di ascientificità o semplicemente di essere restii a modificare la loro condotta. La resistenza dei clinici professionisti è regolarmente citata come il principale ostacolo all’applicazione della EBP nella pratica clinica (es. Keckley, 2003). Il dibattito ha avuto origine in Massachusetts, dove alcune aziende di amministrazione sanitaria hanno istituito standard di credenzialità per specifici trattamenti considerati empiricamente validati. In una versione di un piano di copertura, i terapeuti qualificati per la terapia comportamentale dialettica (Linehan, 1993) e i programmi basati sull’intervista motivazionale per i problemi di abuso da sostanze (Miller & Rollnick, 2002) ricevono rimborsi più alti rispetto ad altri terapeuti e programmi. È più probabile che nell’immediato futuro i clinici in altri Stati ricevano simili incentivi economici per l’uso di specifici trattamenti empiricamente validati, piuttosto che subire nette proibizioni all’applicazione di altri trattamenti, ma nel tempo tali restrizioni possono diventare sempre più frequenti. Ad esempio, la legge recentemente approvata in Oregon richiede che entro tre anni il 75% dei servizi pubblici di salute mentale e per le tossicodipendenze si basino sull’evidenza (Oregon Offic of Mental Health and Addiction Services, 2004).
LA PRATICA BASATA SULL’EVIDENZA COME BASE PER I SERVIZI DI ASSISTENZA SANITARIA Cospicue risorse vengono investite in programmi finalizzati ad aumentare l’adozione, da parte dei clinici, di servizi empiricamente validati. Ad esempio, una importante iniziativa comune del National Institute of Mental Health (NIMH) e della Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA) si focalizza sulla promozione e sul sostegno per la realizzazione di trattamenti basati sull’evidenza nei sistemi pubblici di salute mentale (es. si veda NIH, 2004). Il compito del NIMH nell’ambito dell’iniziativa è di promuovere la ricerca sui metodi più efficaci e pratici di realizzazione della EBP nei setting clinici pubblici, mentre la SAMHSA si occupa di fornire sostegno diretto a quegli Stati e a quelle località che sono pronte o che si impegnano ad adottare la EBP.
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Capitolo 1 Tuttavia, la EBP come metodo per determinare quali trattamenti debbano essere praticati a chi, allo stato attuale desta forte preoccupazione. Rispetto a popolazioni quali bambini o malati mentali gravi, per le quali vi è un gran bisogno di trattamenti, relativamente pochi rispondono ai criteri di evidenza definiti nel modo più preciso, a causa delle difficoltà legate al produrre ricerche di questo tipo (ad es. i soggetti non consenzienti non possono essere sottoposti a trattamenti randomizzati). Vi è inoltre il problema delle differenze fra campioni di pazienti utilizzati nelle prove cliniche e pazienti osservati nella pratica clinica rispetto a dimensioni che riducono la validità dei risultati. Ad esempio, un confronto tra campioni sperimentali di pazienti schizofrenici e bipolari e un campione nazionale rappresentativo della popolazione di pazienti in cura da psichiatri dell’American Psychiatric Association’s Practice Research Network (PRN) ha evidenziato che più di un terzo dei pazienti schizofrenici della PRN e oltre la metà di quelli bipolari non avevano i requisiti per partecipare alle prove sperimentali (Zarin, Young & West, 2005). I pazienti della PRN avevano probabilità molto elevate di presentare comorbidità e di assumere combinazioni di farmaci, e questo li avrebbe esclusi dai protocolli sperimentali. È possibile che le deviazioni dalle pratiche “basate sull’evidenza” per i pazienti della PRN fossero del tutto adeguate, date le differenze con i campioni di ricerca. Non vi sono praticamente prove a favore dell’assunto implicito che l’applicazione della EBP migliori i servizi di assistenza sanitaria e gli esiti e riduca i costi, eccetto che nella misura in cui essa serve a restringere l’accesso ai servizi. Nondimeno, allo stato attuale, le iniziative a livello pubblico sono esplicitamente basate sull’assunto che limitare l’offerta dei trattamenti psicologici a quelli che rientrano nelle liste ufficiali produrrà un risparmio, in quanto si presume che questi siano i più efficaci e quindi i più efficienti in termini di costo. Di fatto, nella legislazione dell’Oregon, l’efficacia in termini di costi è compresa nella definizione di servizi basati sull’evidenza (Oregon Office of Mental Health and Addiction Services, 2004). Sebbene sia legittimo prendere in considerazione il fattore costo nella selezione dei trattamenti, risulta particolarmente pericoloso confondere tra quanto funziona e quanto costa un trattamento (si veda Stricker et al., 1999). Quando si usa la EBP come base per limitare l’accesso ai trattamenti o per prescriverne forme particolari, ci si dovrebbe porre diversi interrogativi: quali prove ci sono sulla superiorità delle diverse forme di EBT rispetto ad altre forme di trattamento terapeutico più comunemente utilizzate con la popolazione clinica? Quali prove abbiamo sugli effetti a lungo termine di un trattamento nella vita reale dei pazienti rispetto ad altri? Quali prove ci sono in favore del fatto che essere in possesso di un attestato di abilitazione alla pratica di una particolare forma di EBP abbia un peso maggiore sui risultati conseguiti dal pa-
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Usi e abusi dell’evidenza empirica ziente rispetto ad altre caratteristiche del terapeuta? In che modo i valori e le preferenze dei clienti (es. l’accettabilità del trattamento) sono tenute in considerazione nel disporre di trattamenti alternativi e in che modo la rapida crescita del movimento dei consumatori ha influenzato queste politiche? Quali misure di criterio dovrebbero essere utilizzate per valutare il successo del trattamento: i sintomi o lo stato di funzionamento? Si dovrebbe considerare esclusivamente la risoluzione del problema presentato o includere anche obiettivi quali il miglioramento della qualità della vita? Questi interrogativi generalmente non trovano una risposta nel dibattito sulla EBP e riteniamo che la pratica psicologica non dovrebbe accettare restrizioni nei trattamenti o prescrizioni da parte dei piani di copertura sanitaria finché tali risposte non siano state trovate. In effetti, una prospettiva più ampia dell’evidenza suggerisce che il tasso di servizi di salute mentale dovrebbe essere più elevato di quanto non sia attualmente. L’esordio dei disturbi mentali avviene generalmente in età precoce (Kessler, Berglund, Demler, Jin & Walters, 2005); spesso si tratta di disturbi in natura cronici, con un impatto pervasivo sul funzionamento e sullo sviluppo, che quindi gravano pesantemente sul livello di disabilità e sui costi associati (World Health Organization, 2001). Molti individui con problemi mentali gravi non ricevono alcun tipo di trattamento (WHO World Mental Health Consortium, 2004). Negli Stati Uniti, tra coloro che alla fine fanno richiesta di aiuto, il tempo medio di attesa fra l’esordio del disturbo e l’accesso al trattamento varia dai 5 ai 23 anni, a seconda del disturbo (Wang, Berglund et al., 2005). Poco meno di un terzo dei pazienti con disturbo mentale riceve un trattamento che risponde agli standard minimi di adeguatezza; la percentuale di pazienti che riceve assistenza adeguata è più bassa tra coloro che vengono trattati in servizi generici (12,7%) e più alta tra quelli trattati in strutture specialistiche (48,3%). I costi e le conseguenze della carenza di una adeguata assistenza sanitaria sono cumulativi nell’arco di vita, sia a livello individuale che sociale. Se lo scopo della EBP è quello di migliorare realmente l’assistenza sanitaria, noi psicologi faremmo meglio a sostituire l’attuale dibattito sulle tecniche migliori e sulla loro applicazione con il dibattito sul miglior modo di fornire trattamenti a chi ne ha bisogno e di aumentare quindi l’impatto dei servizi per la salute mentale sulla popolazione.
PRATICA BASATA SULL’EVIDENZA EMPIRICA E BIAS FARMACOLOGICO I criteri di evidenza empirica della EBP più ampiamente promossi nel campo della salute mentale (si veda Chambless et al., 1996) sono stati definiti in
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Capitolo 1 base alle linee guida della Food and Drug Administration per l’approvazione di nuovi farmaci (si veda Wampold, Lichtenberg & Waehler, 2002) e a livello teorico si adattano prevalentemente alla ricerca farmacologica. Anche le psicoterapie basate su manuali sono molto più difficili, dispendiose e lunghe da verificare con i metodi RCT di quanto non lo siano le terapie farmacologiche e i finanziamenti alla ricerca per gli studi sugli interventi psicologici sono bloccati dai milioni e milioni di dollari che le case farmaceutiche e il governo federale investono in RCT di nuovi prodotti farmaceutici, sia attraverso il finanziamento delle prove cliniche che attraverso sovvenzioni ai ricercatori biomedici. I risultati negativi sono generalmente eliminati dalle aziende farmaceutiche e raramente pubblicati sulle riviste scientifiche, producendo una distorsione delle prove a favore degli interventi farmacologici, dato che i criteri della EBP spesso assimilano la forza delle prove a favore di un particolare intervento al numero di RCT pubblicati nella letteratura a suo sostegno. La distorsione è coerente con la tendenza dei piani di copertura sanitaria e dei finanziatori a considerare i farmaci più rapidi e meno costosi della psicoterapia, nonostante vi sia evidenza del contrario. Ad esempio, l’idea che i farmaci abbiano effetti maggiori della psicoterapia nel trattamento della depressione è diventata la premessa centrale per la creazione di linee guida che raccomandano la psicoterapia solo dopo ripetuti fallimenti dei farmaci (AHCPR, 1993b; American Psychiatric Association, 2000). Se ora è più facile che in passato diagnosticare la depressione, è anche vero che è proporzionalmente più facile trattarla con i farmaci (Olson et al., 2002), nonostante il fatto che molteplici studi abbiano dimostrato la stessa efficacia della psicoterapia anche nelle depressioni severe (De Rubeis et al., 2005). In aggiunta, gli effetti dei trattamenti psicologici sono più duraturi di quelli dei farmaci (Hollon et al., 2005; Hollon, Stewart & Strunk, in stampa), suggerendo che gli interventi psicologici sono più convenienti nel lungo periodo. Ricerche trasversali su diversi disturbi indicano che, quando gli utenti possono scegliere, preferiscono gli interventi psicologici ai farmaci (es. Hazlett-Stevens et al., 2002; Zoellner, Feeny, Cochran & Pruitt, 2003), sollevando interrogativi sul grado di possibilità di scelta del trattamento lasciata attualmente agli utenti. Questo tipo di bias si rileva in un programma del Massachussets finalizzato a favorire l’accesso dei bambini ai servizi di salute mentale. La Children’s Mental Health Task Force (CMHTF), finanziata dalla sede locale dell’American Academic of Pediatrics, è stata istituita per fornire suggerimenti sulle carenze dei servizi. La CMHTF riunisce membri di molteplici associazioni di professionisti (compreso Eisman, uno degli autori di questo capitolo), rappresentanti dei servizi all’infanzia, amministratori, assicuratori, ricercatori, legislatori, associazioni di consumatori, educatori e rappresentanti dei servizi sociali e del tribunale penale. Al suo quarto anno di vita, questo gruppo ha sostenuto importan-
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Usi e abusi dell’evidenza empirica ti sforzi legislativi e di regolamentazione per migliorare l’accesso a tutte le forme di servizi di salute mentale per l’infanzia. Negli anni passati la CMHTF ha sostenuto una iniziativa relativa ai tempi medi di attesa per un appuntamento da uno psichiatra infantile, che nell’area centrale del Massachusetts è di circa sei mesi. I pediatri sostenevano di non sentirsi in grado di prescrivere psicofarmaci a bambini ed adolescenti e di preferire una consultazione. Si era stabilito un accordo con gli psichiatri per fornire una consulenza telefonica ai pediatri sulla somministrazione degli psicofarmaci e un colloquio diretto, in tempi rapidi, con quei bambini che necessitassero di visita psichiatrica. Questo programma ha riscosso così tanto successo nella comunità medica che sono stati investiti 2.5 milioni di dollari del bilancio statale per estenderlo in tutto il Massachusetts. La CMHTF si è interrogata poco su quanto le prove empiriche giustificassero l’enfasi sull’utilizzo degli psicofarmaci in età evolutiva. Alcuni membri del gruppo, compreso Eisman e altri psicologi, avevano proposto un approccio integrato alla consultazione e la task force aveva appoggiato ufficialmente tale posizione; tuttavia il programma era apertamente focalizzato sul trattamento farmacologico e in minima parte su altri tipi di consulenza. I risultati preliminari presentati al comitato clinico del Massachusetts Behavioral Health Partnership, l’ente che gestisce il programma, mostrano una riduzione della frequenza dei contatti telefonici con gli psichiatri da parte dei pediatri, indicando che questi ultimi si sentono più a loro agio nel prescrivere psicofarmaci. Anche se la recente polemica dei media sulla somministrazione di antidepressivi in adolescenza ne ha ridotto l’uso, l’espansione del programma in tutto lo Stato procede allo stesso modo e ha ricevuto le lodi della comunità medica. Considerate la generale mancanza di dati sull’efficacia degli antidepressivi in adolescenza e le recenti preoccupazioni sul suo utilizzo, sembra che esistano standard di evidenza empirica differenti per i trattamenti farmacologici e per quelli psicologici. Tuttavia vi sono alcuni segnali di inversione rispetto all’utilizzo eccessivo degli psicofarmaci. L’United Kigndom’s National Institute for Clinical Excellence (2004) ha diffuso recentemente alcune linee guida che raccomandano di non utilizzare antidepressivi come trattamento elettivo nelle depressioni di media gravità, in quanto il rapporto costi-benefici è verosimilmente scarso. Le linee guida indicano come alternativa preferibile in questi casi la psicoterapia, sebbene dal nostro punto di vista non siano chiaramente motivate dagli studi sull’evidenza. In aggiunta, la U.S. Food and Drug Administration (2005) ha da poco iniziato a richiedere alle case farmaceutiche produttrici di antidepressivi di inserire nei riquadri delle confezioni e nei fogli illustrativi avvertenze per i medici che li prescrivono sui rischi di suicidio in bambini e adolescenti a cui sono somministrati. Deve ancora essere chiarito se simili racco-
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Capitolo 1 mandazioni e requisiti producano un aumento delle percentuali dei trattamenti non farmacologici.
L’ATTENZIONE AGLI ESITI DEI TRATTAMENTI Una recente ricerca condotta dall’APA Practice Directorate (2004) chiedeva agli psicologi che esercitavano di fare un resoconto di una specifica seduta con un loro singolo paziente scelto a caso. Più dei due terzi degli psicologi che seguivano un paziente con problemi di dipendenza da sostanze affermavano di aver utilizzato durante la seduta uno dei molti trattamenti empiricamente validati per l’uso di sostanze (altri potevano aver utilizzato tali trattamenti, ma non nella seduta di cui dovevano riferire). Tuttavia, è difficile valutare con esattezza ciò che il clinico intende quando afferma di utilizzare “l’intervista motivazionale” o “la prevenzione della ricadute”. Per rispondere a questo problema alcuni autori hanno raccomandato di ricorrere a misure di fedeltà per essere certi che il trattamento fosse applicato così come stabilito nel manuale. Tuttavia, riteniamo che gli sforzi da parte dei piani di copertura sanitaria di controllare le specifiche forme di trattamento attuate dai clinici (compresa l’applicazione delle misure di fedeltà) possano risultare dispendiosi, inefficaci ed inefficienti. Esistono motivi validi per modificare la procedura persino all’interno di un unico approccio al trattamento, e le variazioni in risposta alle caratteristiche e ai comportamenti dei pazienti sono associate ad esiti positivi (Anderson & Strupp, 1996; Beutler et al., 2002; Norcross & Hill, 2004). Inoltre, è dubbio che le aziende di amministrazione sanitaria vogliano assumersi la gestione dell’assistenza sanitaria a tali livelli di specificità. Piuttosto, riteniamo che i piani di copertura sanitaria richiederanno sempre più agli psicologi e agli altri professionisti della salute mentale di essere in grado di documentare gli esiti del trattamento fornito, indipendentemente dalle tecniche utilizzate. Nonostante il dibattito sulla misurazione degli esiti e le sue potenzialità sia precedente all’ampio dibattito sulla EBP in psicologia, si tratta di questioni strettamente correlate. Riteniamo che la misurazione degli esiti sia ora, come la EBP, una “opinione comune” e che possa essere la prossima tendenza con importanti ripercussioni sulla professione. La misurazione degli esiti è diventata uno strumento per la realizzazione del “pagamento a prestazione” al fine di garantire l’utilità dell’investimento economico, un concetto che attrae molto sia i finanziatori che il pubblico, in particolare nel caso del pagamento dei servizi di salute mentale, da sempre scarsamente compresi. È estremamente importante che la psicologia riconosca il passaggio in atto verso una pratica basata sugli esiti e lavori in direzione di due obiettivi: (a) assicurare che le politiche che si occupano della realizzazione, dell’analisi e dell’interpretazione del-
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Usi e abusi dell’evidenza empirica le misure d’esito si basino su validi principi sia per quanto riguarda la misurazione che l’assistenza sanitaria, (b) assicurare che i singoli professionisti siano messi in condizione di fornire verifiche della loro attività in modi che riflettano l’esperienza dei loro pazienti e gli obiettivi del trattamento. È in questo ambito che riteniamo opportuno che la psicologia investa buona parte delle sue energie. In linea di principio, la valutazione degli esiti dovrebbe apportare vantaggi consistenti ai sistemi sanitari, ai clinici e agli utenti. A livello teorico, può favorire l’identificazione delle migliori pratiche ed assicurare che la qualità dell’assistenza sanitaria non sia influenzata dagli interessi al contenimento dei costi. A livello pratico, il sistema dovrebbe comprendere una valutazione dell’accesso, della qualità del trattamento e dei costi, e far sì che si possano utilizzare tali informazioni in maniera clinicamente significativa e in tempo reale all’interno del sistema stesso. In questo modo si aiuterebbe il singolo professionista ad identificare il tipo di pazienti con cui tende ad avere maggiori successi e a valutare le tecniche migliori per specifici tipi di pazienti; tutto questo favorirebbe le iniziative per migliorare la qualità nell’intero sistema, facilitando l’individuazione dei processi terapeutici associati a migliori esiti per i pazienti. Il sistema potrebbe inoltre ridurre i costi eliminando la gestione caso per caso delle coperture, dal momento che i clinici che ottengono buone percentuali di successo avrebbero sostanzialmente provato la loro efficacia con i pazienti il cui trattamento è pagato da terzi. Sfortunatamente le misure d’esito e le infrastrutture informative disponibili non sono sufficienti a sostenere pienamente l’applicazione di queste disposizioni programmatiche, e il modo in cui vengono realizzate attualmente nel contesto dell’amministrazione sanitaria minaccia di compromettere la loro potenziale utilità per accrescere la qualità. Per analizzare meglio queste tematiche, ci riferiamo di nuovo al nostro studio del singolo caso.
ASSISTENZA SANITARIA ED ESITI NEL MASSACHUSETTS Come si è visto, il livello di diffusione dell’assistenza sanitaria nel Massachusetts è tra i più elevati del paese. Inoltre, nell’area di Boston quasi tutte le principali compagnie assicurative, compreso il servizio statale Medicaid, hanno suddiviso i loro servizi tra organizzazioni di amministrazione sanitaria a fini di lucro (MBHOs). Queste compagnie sono caratterizzate da un utilizzo intensivo dei processi di gestione ed alcune richiedono autorizzazioni al trattamento con una frequenza di ogni quattro sedute. Molte fra le maggiori MBHO hanno avviato sistemi di profilo di fornitura, confrontando la durata dei trattamenti elargiti in relazione alla diagnosi con le medie del sistema. Più di recen-
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Capitolo 1 te, nel Massachusetts si è assistito al proliferare di requisiti relativi alla misurazione degli esiti. Il primo sistema a richiedere ai professionisti della salute mentale di raccogliere misure di esito è stato il Massachusetts Behavioral Health Partnership (d’ora in poi definito per semplicità solo “Partnership”), un’agenzia del servizio statale Medicaid per la salute mentale. Per una decina d’anni lo Stato ha inserito nei contratti della Partnership la clausola che si inizino a valutare i risultati ottenuti dai pazienti nel servizio ma, a parte diversi studi su scala ridotta, questo non è avvenuto. Sotto la spinta dell’Executive Office of Human Services, nell’estate del 2003 la Partnership ha finalmente proposto di richiedere ai suoi fornitori di servizi di iniziare ad utilizzare le misure di esito con i pazienti del Medicaid che entrano in trattamento a decorrere da una certa data. La Partnership ha stilato un elenco di 19 misure di esito e ha annunciato che avrebbe iniziato a richiedere di selezionare uno o più strumenti tra questi per valutare gli esiti, oltre al trattamento farmacologico e alla valutazione psicologica. La Partnership non ha richiesto che gli vengano comunicati questi dati, ma si aspetta piuttosto che chi fornisce i servizi si responsabilizzi per il miglioramento qualitativo delle sue procedure e sviluppi propri metodi di analisi, sintesi ed interpretazione dei risultati. Le direttive hanno concesso 4 mesi per selezionare gli strumenti dalla lista e ulteriori 7 mesi per implementare il loro utilizzo, iniziare a fornire un feedback ai consumatori ed integrare le valutazioni degli esiti nei piani di trattamento. Altri tre mesi sono richiesti per integrare la valutazione degli esiti nella gestione della pratica clinica e per condurre analisi di base sui punteggi di esito (Massachusetts Behavioral Health Partnership, 2004). La Massachusetts Mental Health Coalition, a rappresentanza della comunità di clinici e utenti, ha espresso preoccupazione circa l’adeguatezza del piano della Partnership rispetto alla formazione professionale, alla selezione degli strumenti e alla scarsa specificità delle analisi dei dati e delle interpretazioni. Altre questioni sollevate riguardano: la carenza degli strumenti per la valutazione degli esiti nel contesto pubblico; gli alti costi di utilizzo degli strumenti in ambito privato; l’elevato costo in termini di tempo per la formazione, la somministrazione, il calcolo dei punteggi e l’interpretazione dei risultati. La Partnership ha appena effettuato un taglio a tutti i livelli del 2% delle provvigioni e i fornitori di servizi hanno iniziato a definire le iniziative sugli esiti prive di mandato. In parziale risposta alla difesa della Coalition, la Partnership ha trovato fondi per risarcire dei tagli effettuati e per offrire un piccolo aumento di provvigione per compensare parzialmente i professionisti del tempo richiesto per l’implementazione delle misure. La Partnership ha pattuito una singola misurazione d’esito brevettata, il Treatment Outcome Package (Kraus, Seligman & Jordan, 2005), e si è offerta di coprire il costo per l’utilizzo e per lo scoring di
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Usi e abusi dell’evidenza empirica questa misura per alcuni fornitori di servizi, ma si occupa della raccolta, dell’analisi e della conservazione dei dati. Le domande che restano ancora in sospeso riguardano le modalità con cui saranno analizzati e interpretati questi dati e chi sarà interpellato come parte di questo processo. Nel 2004, i Magellan Health Services, la principale MBHO del paese, proprietaria del piano di copertura per la salute mentale della HMO Blue Cross Blue Shield del Massachusetts, ha notificato ai fornitori del Massachusetts un accordo con i Polaris Health Systems per utilizzare come strumento base per la gestione del caso da parte della MBHO e per le iniziative per il miglioramento della qualità da parte dei professionisti il Polaris – MH (Grissom, Lyons & Lutz, 2002; Sperry, Brill, Howard & Grissom, 1996). Mentre scriviamo questo libro, il Magellan sta effettuando studi pilota sul sistema Polaris – MH in vari setting clinici; sta anche sollecitando singoli o piccoli gruppi di fornitori di servizi a partecipare allo studio pilota di una versione ridotta dello strumento da restituire via fax. Tutti i dati devono essere sottoposti al Magellan per l’analisi. Contemporaneamente, la United Behavioral Health ha annunciato che utilizzerà misure di esito. Tuttavia, diversamente dalle altre compagnie, ha pianificato di inviare direttamente agli utenti uno strumento da compilare e restituire al mittente. Infine, un’altra MBHO, la Pacific Care Behavioral Health, intende applicare in Massachusetts il sistema di misurazione degli esiti già in uso in altre parti del paese. Il cliente dovrà compilare il Life Status Questionnaire (LSQ), composto da 30 item e basato sull’Outcome Questionnaire (Lambert et al., 1996). Il clinico lo somministrerà dopo una, tre e cinque sedute e successivamente ogni cinque sedute. È chiaro che tra le compagnie di amministrazione sanitaria la valutazione dei risultati raggiunti dal cliente rappresenta l’attuale tendenza. C’è stato molto allarme tra le associazioni di professionisti del Massachusetts in risposta alla nascita, nel giro di un anno, di quattro diversi piani per la valutazione degli esiti. Riteniamo che sistemi di valutazione degli esiti adeguatamente ideati e applicati siano potenzialmente utili nel supportare i sistemi sanitari e accrescere la professionalità dei clinici, con conseguenti vantaggi per gli utenti. Un filone di ricerca emergente dimostra che un feedback tempestivo ai clinici sull’efficacia dei loro trattamenti può avere effetti positivi, in particolare sulla riduzione del tasso di fallimento terapeutico (si veda Lambert, 2005). Tuttavia, perché il feedback produca cambiamenti positivi deve essere adattato alle esigenze e alle preferenze del clinico e deve costituire un obiettivo importante per i clinici (Sapyta, Riemer & Bickman, 2005). Ci sono seri interrogativi sul grado in cui le varie iniziative sugli esiti realizzate nel Massachusetts soddisfano queste condizioni. Inoltre, il fatto che ciascuna MBHO richieda ai clinici di utilizzare una diversa strategia di valutazione, con differenti schede di somministra-
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Capitolo 1 zione, potrebbe creare rilevanti problemi di somministrazione e una confusione concettuale nell’intero sistema. Ognuno di questi strumenti per gli esiti pretende di valutare costrutti simili ma con differenti misure e metodologie, rendendo poco chiaro come possano essere fatti confronti. Vi sono inoltre significative differenze per quanto riguarda gli effetti di ciascuna strategia sulla relazione terapeutica, sul possesso dei dati e sulla restituzione ai clinici degli esiti. Inoltre, diversi importanti problemi sono legati, più generalmente, all’utilizzo delle misure d’esito come prova e ai metodi della loro raccolta, analisi, interpretazione e applicazione ai setting terapeutici. Il modello originariamente proposto dalla Partnership consentiva una maggiore autonomia professionale, permettendo ai clinici di scegliere le misure, conservare i dati ed occuparsi della loro analisi, interpretazione e restituzione. Tuttavia, vi erano anche significativi problemi: il settore della rilevazione degli esiti è ampiamente privatizzato; vi sono pochi strumenti di dominio pubblico ampiamente diffusi ed il costo associato all’utilizzo degli strumenti ritenuti attualmente all’avanguardia può essere considerevole, includendo costi per la somministrazione individuale, per l’acquisto degli strumenti base e dei programmi computerizzati per il calcolo dei punteggi, oltre ai costi per il training all’utilizzo. Inoltre, vi sono i costi relativi al tempo per l’addestramento, l’analisi dei dati e la stesura dei piani per il miglioramento della qualità. I clinici non hanno introiti quando sono impegnati in attività simili o di altro tipo non fatturabili. I servizi organizzati e le pratiche di largo gruppo beneficerebbero di economie di scala per la realizzazione di un sistema di valutazione degli esiti. Tuttavia, la Massachusetts Psychological Association ha calcolato che, per un singolo professionista che tratta alcuni pazienti del Medicaid all’interno di un setting privato, i costi diretti e indiretti basati sui requisiti originari della Partnership ammonterebbero in totale a circa tremila dollari nel corso del primo anno, equivalenti ad un taglio del 17% circa del rimborso. Ci si può interrogare inoltre sulla validità di alcune di queste misure per orientare il tipo di decisioni che i sistemi di assistenza sanitaria desiderano prendere. Tali sistemi dovrebbero assumersi la responsabilità di garantire che le misure d’esito utilizzabili rispondano a standard scientificamente accettabili per lo sviluppo dei test e siano utilizzabili coerentemente con gli scopi per cui si è dimostrata la loro validità. Quando uno strumento validato viene modificato o implementato in modo diverso, si dovrebbe empiricamente dimostrare che la nuova versione è equivalente a quella validata, o dovrebbero essere condotti nuovi studi di validazione. Quando le misure costruite per valutare gli esiti psicoterapeutici vengono utilizzate per prendere decisioni sulla gravità della patologia o sulla necessità di trattamento del paziente, dovrebbe esserne dimostrata la validità per questi scopi. Tali misure dovrebbero inoltre essere validate rispetto a variabili di criterio significative per i clienti, come lo
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Usi e abusi dell’evidenza empirica stato funzionale. Se un sistema sanitario pretende di valutare trattamenti basati sull’evidenza, deve rendere disponibile, su richiesta, l’informazione su tale validità. Le pretese dei sistemi sanitari di utilizzare processi basati sull’evidenza saranno più convincenti nella misura in cui chi supervisiona le strategie di misurazione degli esiti e compie gli studi di validazione per l’uso delle misure non ha interessi finanziari nel sistema sanitario o negli strumenti. In generale, gli psicologi sono più preparati di altri professionisti della salute mentale su queste iniziative grazie alla loro basi di statistica, analisi dei dati e valutazione. Nonostante ciò, essi possono aver bisogno di ulteriore formazione per la selezione, l’uso, l’analisi e l’interpretazione di misure non note. Inoltre devono conoscere bene i vari strumenti al fine di selezionare quelli più appropriati alla loro pratica o ai loro specifici clienti (es. un paziente per il quale si effettua una diagnosi di cancro versus paziente con bulimia nervosa). Nella maggior parte delle iniziative descritte, i dati devono essere consegnati alla MBHO per l’analisi e l’interpretazione, indicando la necessità di formare i dipendenti incaricati di interpretare i dati e utilizzarli per prendere le decisioni, molti dei quali probabilmente non hanno una formazione in psicologia.
IMPLICAZIONI PER IL CONTESTO PROFESSIONALE È possibile che, nel breve periodo, i clinici che aderiscono al sistema di pagamento da parte di terzi subiscano crescenti pressioni a descrivere il loro operato in termini conformi ai vari elenchi di trattamenti basati sull’evidenza. Nel giro di pochi anni ci si attende che diventino sempre più diffuse le tariffe di pagamento differenziate per trattamenti considerati di provata efficacia sperimentale (con criteri variabili fra Stati e sistemi). Inoltre si attendono leggi a livello statale che incoraggino o autorizzino queste pratiche nei sistemi pubblici. Questi cambiamenti possono accrescere i rischi legali per i clinici che applicano trattamenti che non sono stati verificati utilizzando particolari metodologie e che pertanto non soddisfano una qualsiasi definizione di EBP in uso. È probabile che i tentativi di limitare la capacità dei professionisti di fornire forme di trattamento che non compaiono nella lista aumentino più lentamente. Come descritto nel capitolo, siamo effettivamente e sostanzialmente in disaccordo con alcuni aspetti del quadro di riferimento della valutazione delle prove di efficacia attualmente dominante all’interno del movimento EBP. Riteniamo che sia importante per la psicologia continuare a sfidare queste limitazioni e promuovere una concettualizzazione più ampia di evidenza empirica. Allo stesso tempo, può essere saggio da parte dei clinici prepararsi a documentare la loro conoscenza di quei trattamenti dichiarati di provata efficacia sperimentale che rientrano nell’ambito della loro pratica. Sebbene sia probabilmente
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Capitolo 1 poco realistico che le MBHO richiedano certificazioni specifiche per ciascuno di questi trattamenti, è possibile che richiedano attestazioni di partecipazione a programmi di formazione continua. Crediamo inoltre che le associazioni professionali, a livello nazionale e dei singoli Stati, dovrebbero considerare in che modo possono aiutare i loro membri a rispondere alla crescente domanda di documentazione degli esiti. Per i liberi professionisti rispondere a simili richieste è particolarmente difficile, in quanto non sono in possesso delle infrastrutture tecnologiche, del personale di supporto e dell’economia di scala tali da facilitare la raccolta, l’analisi e il confronto dei dati come accade nei sistemi organizzati di assistenza sanitaria. C’è un forte bisogno, a livello nazionale e dei singoli Stati, di sostenere modelli e politiche che stabiliscano come concettualizzare gli esiti della ricerca, chi pagherà per i costi diretti e indiretti e come effettuare la raccolta, analisi, interpretazione e utilizzazione. Inoltre, crediamo che ci sia l’esigenza pratica, da parte dei clinici, di iniziare a rispondere a questa tendenza, riflettendo sul tipo di valutazione dei risultati che meglio si adatta alle loro pratiche, ai loro valori e bisogni, piuttosto che attendere che siano altri a rispondervi. È possibile che ogni piano sanitario inizi a richiedere di utilizzare la propria batteria di strumenti di misura, così come è accaduto finora in Massachusetts, fatto che potrebbe creare enorme confusione nella comunità terapeutica. È inoltre possibile che nel lungo termine i piani di copertura sanitaria preferiscano spostare il considerevole onere ammninistrativo di raccolta e resocontazione sui professionisti, come avveniva originariamente nei piani della Partnership. Se così fosse, l’utilizzo di misure di esito potrebbe essere un requisito richiesto per aderire alla rete. Con la crescita di piani di collaborazione definiti e di altre forme di quella che viene definita assistenza sanitaria “basata sull’utente”, le misure d’esito potranno diventare persino più importanti come base per le scelte degli utenti tra le diverse opzioni di copertura. I clinici dovranno essere preparati a competere su queste basi. L’onere per l’aumento dei requisiti basati sulla EBP, primi fra tutti quelli già imposti dall’amministrazione sanitaria, probabilmente condurrà i professionisti che possono scegliere ad abbandonare i sistemi di pagamento da parte di terzi in favore di un meno restrittivo e più lucrativo pagamento diretto e di una commercializzazione della pratica professionale. È da rilevare che il dibattito si è spostato da questioni quali i modi di accesso al quadro degli esperti a interrogativi su come mantenere la propria attività al di fuori dell’amministrazione sanitaria. La percentuale di psicologi che non aderiscono ad alcun gruppo di esperti dell’amministrazione sanitaria e non fatturano alle compagnie assicurative sembra essere in aumento, e lo stesso vale per psichiatri e altri medici specializzati. Come professionisti della salute, siamo favorevoli a questo movimento, ma anche preoccupati che nel complesso esso restringa il settore pri-
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Usi e abusi dell’evidenza empirica vato della psicologia a coloro che possono e vogliono pagare per i servizi di tasca propria. Questa popolazione sarà servita solo da questi numerosi clinici e, sebbene molti aspirino ad appartenere a questa élite, questa non potrà essere la soluzione per tutti. Situandosi al di fuori del sistema di copertura assicurativa, la psicologia rischia inoltre di essere delegittimata dal sistema stesso. Molti clienti che pagano direttamente per il trattamento chiedono in un secondo tempo il rimborso dai loro piani di copertura mediante opzioni di servizio, ed è possibile che sospendano i trattamenti se si vedono rifiutare la copertura per un trattamento fornito da psicologi che non possono dimostrare l’efficacia empirica dei loro servizi. Sebbene siano ovviamente ancora presenti alcuni problemi da affrontare, questo spostamento può creare un’opportunità significativa per influenzare l’ideazione e la costruzione di un sistema integrato di misurazione degli esiti. Precorrendo i tempi, l’American Psychological Association Practice Organization e le associazioni psicologiche pubbliche stanno iniziando a testare modi in cui le associazioni di livello nazionale e statale possono sostenere i professionisti nello sviluppo delle infrastrutture necessarie per la valutazione e la rilevazione degli esiti come parte della pratica e rendere questa informazione disponibile per i clienti.
CONCLUSIONI In questo capitolo abbiamo cercato di descrivere le implicazioni e gli usi della EBP nel contesto dell’organizzazione dei servizi sanitari. In generale, essa può essere considerata come una opinione comune che colloca la responsabilità dei problemi dell’attuale sistema sanitario in una pratica arbitraria e non informata da parte dei clinici e suggerisce che la soluzione risieda nella modificazione delle pratiche in modo da renderle coerenti con i risultati della ricerca. I criteri di evidenza promulgati per valutare i trattamenti di salute mentale sono utilizzati anche per motivare la gestione della condotta professionale da parte di soggetti esterni, che è stato un principio operativo centrale dell’assistenza sanitaria. Questi criteri conducono a una sottovalutazione del corpo di conoscenze professionali in campo psicologico, in parte perché vengono confusi con le caratteristiche dell’oggetto di valutazione. I criteri e gli elenchi di trattamenti che ne derivano non rappresentano una base sufficiente per la costruzione dei servizi e delle politiche sanitarie. Sebbene le iniziative della EBP nel campo della salute mentale siano ampiamente pubblicizzate e stiano ricevendo un sostanziale appoggio dai governi e dagli Stati federali, esistono poche prove che la loro implementazione migliori i servizi e gli esiti o riduca i costi sistemici, eccetto che nella misura in cui contribuiscono a limitare l’accesso. Vi è inoltre la preoccupazione che i criteri di evi-
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Capitolo 1 denza della EBP contribuiscano ad accrescere la tendenza a privilegiare interventi farmacologici invece che psicologici. I dati disponibili non giustificano la restrizione nelle scelte dei pazienti a trattamenti che sono generalmente accettati e coperture per trattamenti specifici a tariffa ridotta, o l’obbligo dei clinici di utilizzare approcci particolari. Queste politiche sono in contraddizione con la preoccupazione pubblica che i disturbi psichici siano drammaticamente sottotrattati, contribuendo significativamente al peso della malattia, al contrario delle preoccupazioni circa l’erogazione eccessiva di trattamenti che sta a cuore all’amministrazione sanitaria. Crediamo che nel corso dei prossimi anni l’attuale dibattito sulla EBP verterà sulle crescenti richieste da parte dei piani di copertura sanitaria e dei terzi paganti che gli psicologi e gli altri professionisti della salute mentale siano in grado di documentare gli esiti dei trattamenti forniti. Vi sono seri problemi riguardo alla concettualizzazione e all’attuazione dei sistemi di misurazione degli esiti che dovrebbero essere al centro delle pressioni e della produzione di sforzi da parte della psicologia, sia a livello statale che federale. Allo stesso tempo, raccomandiamo ai professionisti di iniziare a riflettere seriamente sul modo di adattare al meglio le valutazioni di esito alla loro professionalità, ai loro valori e bisogni, e le misure disponibili, alla popolazione di pazienti con cui lavorano. La psicologia, con la sua tradizionale focalizzazione sulla scienza applicata, è in grado di guidare questi sviluppi. Tuttavia, a meno che scienza e pratica non siano integrate al servizio di un’assistenza sanitaria di qualità nell’attuale contesto, perderemo ogni privilegio disciplinare. Abbiamo bisogno di amministratori, consulenti e piani sanitari affidabili per provare che le pratiche supportano la qualità dell’assistenza piuttosto che servire a limitare l’accesso, restringere le opzioni di trattamento e delegittimare i clinici. Come psicologi, dobbiamo vigilare sugli abusi della scienza, così come della pratica non supportata dall’evidenza empirica.
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Nella stessa collana Giusti E. - Germano F., Etica del con-tatto fisico in psicoterapia e nel counseling, 2003, pp. 160 Giusti E. - Germano F., Terapia della rabbia. Capire e trattare emozioni violente d’ira, collera e furia, 2003, pp. 224 Giusti E. - Giordani B. Il formatore di successo, 2002, pp. 224 Giusti E. - Harman R. (a cura di), La psicoterapia della Gestalt, 1996, pp. 224 Giusti E. - La Fata S., Quando il mio terapeuta è un cane, 2004, pp. 448 Giusti E. - Lazzari A., Psicoterapia Interpersonale Integrata, 2003, pp. 160 Giusti E. - Lazzari A., Narrazione e autosvelamento nella clinica. La rivelazione del Sé reciproco nella relazione di sostegno, 2005, pp. 160 Giusti E. - Locatelli M., L’empatia integrata, 2007 (Nuova edizione), pp. 320 Giusti E. - Mancinelli L., Il counseling domiciliare, 2008, pp. 160 Giusti E. - Minonne G., L’interpretazione dei significati nelle varie fasi evolutive dei trattamenti psicologici, 2004, pp. 396 Giusti E. - Minonne G., Ricerca scientifica e tesi di specializzazione in psicoterapia, 2005, pp. 368 Giusti E. - Montanari C., Trattamenti psicologici in emergenza con EMDR per profughi, rifugiati e vittime di traumi, 2000, pp. 192 Giusti E. - Montanari C., La CoPsicoterapia. Due è meglio e più di uno in efficacia ed efficienza, 2005, pp. 320 Giusti E. - Nardini M.C., Gruppi pluralistici. Guida transteorica alle terapie collettive integrate, 2004, pp. 304 Giusti E. - Ornelli C., Role play. Teoria e pratica nella Clinica e nella Formazione, 1999, pp. 144 Giusti E. - Palomba M., L’attività psicoterapeutica. Etica ed estetica promozionale del libero professionista, 1993, pp. 128 Giusti E. - Perfetti E., Ricerche sulla felicità. Come accrescere il benEssere psicologico per una vita più soddisfacente, 2004, pp. 192 Giusti E. - Pitrone A., Essere insieme. Terapia integrata della coppia amorosa, 2004, pp. 240 Giusti E. - Pizzo M., La selezione professionale. Intervista e valutazione delle risorse umane con il modello pluralistico integrato, 2003, pp. 208 Giusti E. - Proietti M.C., La delega direzionale, 1996, pp. 112 Giusti E. - Proietti M.C., Qualità e formazione. Manuale per operatori sanitari e psicosociali, 1999, pp. 184 Giusti E. - Rapanà L., Narcisismo. Valutazione pluralistica e trattamento clinico integrato del Disturbo Narcisistico di Personalità, 2002, pp. 176 Giusti E. - Romero R., L’accoglienza. I primi momenti di una relazione psicoterapeutica, 2005, pp. 176 Giusti E. - Sica A., L’epilogo della cura terapeutica. I colloqui conclusivi dei trattamenti psicologici, 2005, pp. 160 Giusti E. - Surdo V., Affezione da Alzheimer. Il trattamento psicologico complementare per le demenze, 2004, pp. 144 Giusti E. - Taranto R., Super Coaching tra Counseling e Mentoring, 2004, pp. 352
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Nella stessa collana Giusti E. - Testi A., L’Autostima. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Autoefficacia. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 96 Giusti E., Essere in divenendo. Integrazione pluralistica dell’identità del Sé, 2001, pp. 144 Giusti E., Autostima, psicologia della sicurezza in Sé, 20055, pp. 200 Giusti E., Videoterapia. Un ausilio al Counseling e alle Arti-Terapie, 1999, pp. 176 Giusti E., Tecniche immaginative. Il teatro interiore nelle relazioni d’aiuto, 2007, pp. 272 Gold J.R., Concetti chiave in psicoterapia integrata, 2000, pp. 268 Goldfried M.R., Dalla terapia cognitivo-comportamentale all’integrazione delle psicoterapie, 2000, pp. 288 Greenberg L.S. (et al.), Manuale di psicoterapia esperienziale integrata, 2000, pp. 576 Greenberg L.S. - Paivio S.C., Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata, 2000, pp. 368 Manucci C. - Di Matteo L., Come gestire un caso clinico, 2004 Murgatroyd S., Il Counseling nella relazione d’aiuto, 20001, pp. 192 Perls F., Qui & ora. Psicoterapia autobiografica, 1991, pp. 256 Persons J.B. - Davidson J. - Tompkins M.A., Depressione. Terapia cognitivo-comportamentale. Componenti essenziali, 2002, pp. 288 Preston J., Psicoterapia breve integrata, 2001, pp. 256 Reddy M., Il Counseling aziendale. Il Manager come Counselor, 1994, pp. 176 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. I: “Metateoria pluralistica”, 2002, pp. 400 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. II: “Tecnologia applicativa”, 2003, pp. 384 Spalletta E. - Quaranta C., Counseling scolastico integrato, 2002, pp. 352
Videodidattica per le psicoterapie scientifiche dell’American Psychological Association • Video Psicoterapia Psicodinamica Breve D.K. Freedheim + Libro Psicoterapia breve integrata di J. Preston € 120,00 • Video Psicoterapia Cognitiva-Affettiva Comportamentale Prof. M.R. Goldfried + Libro Dalla Terapia cognitivo-comportamentale all’Integrazione delle Psicoterapie € 120,00 • Video Psicoterapia Processuale Esperienziale L.S. Greenberg + Libro Manuale di Psicoterapia Esperienziale Integrata € 132,00 • Video La Terapia Centrata sul Cliente N.J. Raskin + Libro La Terapia Centrata sulla Persona di J.D. Bozarth € 120,00
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Nella stessa collana • Video EMDR per Traumi: Movimento oculare Desensibilizzante e Rielaborazione F. Shapiro + Libro Trattamenti Psicologici in Emergenza di E. Giusti, C. Montanari € 118,00 • Video La Terapia Eclettica Prescrittiva J.C. Norcross + Libro Psicoterapia Prescrittiva Elettiva, fondata sull’evidenza di Beutler/Harwood € 120,00 • Video Psicoterapia Multimodale A.A. Lazarus + Libro Le basi della Psicoterapia Eclettica ed Integrata di Chambon - Cardine € 125,50 • Video Psicoterapia Infantile J. Annunziata + Libro Counseling Scolastico Integrato di E. Spalletta, C. Quaranta € 122,00 • Video Ipnoterapia Ericksoniana J.K. Zeig + Libro Ipnosi e Psicoanalisi, collisioni e collusioni di L. Chertok € 120,00 • 2 Video Il Counseling breve in azione J.M. Littrell + Libro Il Counseling breve in Azione di J.M. Littrell € 122,00 • Video Psicoterapia Esperienziale A. Mahrer + Libro Lavorare con le emozioni in Psicoterapia Integrata di Greenberg/Paivio € 127,50 • 5 Videocassette Terapia Cognitivo-Comportamentale per la Depressione per l’autoformazione didattica, libro di G.B. Persons, Costo complessivo: € 275,00 • Video Psicoterapia Comportamentale con paziente ossessivo-compulsivo S.M. Turner + Libro Ossessione e Compulsioni, Valutazione e Trattamento di Edoardo Giusti, Antonio Chiacchio € 127,50 • Video Psicoterapia Pratica con Adolescenti A.K. Rubenstein + Due Libri Psicoterapia Integrata per bambini e adolescenti di Sebastiano Santostefano € 155,00 • Video Psicoanalisi con paziente schizofrenico B. Karon + libro Disturbi mentali gravi di V. Campanella - M. Fiori - D. Santoriello € 120,00 • Video Come gestire il transfert erotico in psicoterapia AA.VV. + libro Etica del contatto fisico di E. Giusti - F. Germano € 115,00 • Video Psicoterapia Interpersonale Ricostruttiva Lorna Smith Benjamin + libro Psicoterapia Interpersonale Integrata di E. Giusti - A. Lazzari € 118,00 • Video Come gestire la rabbia dei pazienti in psicoterapia AA.VV. + libro Terapia della rabbia di E. Giusti - F. Germano € 118,00
Edizioni ASPIC • Video Terapia della Gestalt individuale in gruppo Ginger/Masquelier + libro Psicoterapia della Gestalt di E. Giusti - V. Rosa € 130,00
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Nella stessa collana
EDIZIONE SOVERA STRUMENTI Elliott R. - Watson J.C. - Goldman R.N. - Greenberg L.S., Apprendere la terapia focalizzata sulle emozioni. L’approccio esperienziale orientato al processo per il cambiamento, in corso di stampa, pp. 368 Giusti E., Montanari C., Iannazzo A., Psicodiagnosi integrata. Valutazione transitiva e progressiva del processo qualitativo e degli esiti nella psicoterapia pluralistica fondata sull’evidenza obiettiva, 2006, pp. 580 Giusti E., Bonessi A., Garda V., Salute e malattia psicosomatica. Significato, diagnosi e cura, 2006, pp. 240 Giusti E., Germano F.., Psicoterapeuti generalisti. Competenze essenziali di base: dall’adeguatezza verso l’eccellenza, 2006, pp. 256 Giusti E., Pacifico M., Staffa T., L’intelligenza multidimensionale per le psicoterapie innovative, 2007, pp. 400 Giusti E. - Tridici D., Smoking. Basta davvero, 2009, pp. 224 Goodheart C.D. - Kazdin A.E. - Sternberg R.J., Psicoterapia a prova di evidenza. Dove la pratica e la ricerca si incontrano, in corso di stampa Norcross J.C., Beutler L.E., Levant R.F., Salute mentale: trattamenti basati sull’evidenza. Dibattiti e dialoghi sulle questioni fondamentali, 2006, pp. 464 Spalletta E., Germano F., MicroCounseling e MicroCoaching. Manuale operativo di strategie brevi per la motivazione al cambiamento, 2006, pp. 480 Wolfe B.E., Trattamenti integrati per disturbi d’ansia. La cura del Sé ferito, 2007, pp. 304
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