Edoardo Giusti - Federica Bruni in collaborazione con Maurizio Pompili
collana Psicoterapia & Counseling diretta da Edoardo Giusti
75 Centro Europeo di Ricerche per lo Studio delle Psicoterapie Integrate e Comparate
Edoardo Giusti - Federica Bruni in collaborazione con Maurizio Pompili
RISChIo SuICIdIo Prevenzione e trattamento integrato nelle relazioni d’aiuto
OVERA EDIZIONI
Š 2009 SOVERA MULTIMEDIA s.r.l. Via Vincenzo Brunacci, 55/55A - 00146 ROMA www.soveraedizioni.it email: info@soveraedizioni.it I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.
Sommario
Introduzione
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Capitolo 1: Il suicidio 1.1 Definizione 1.2 Le origini ed il pensiero cristiano 1.3 Il suicidio nella letteratura e nel pensiero moderno (brevi cenni) 1.4 Emil Durkheim e la lettura sociologica del suicidio 1.5 Alcuni dati epidemiologici
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Capitolo 2: Fattori di rischio nella popolazione generale 2.1 Fattori di rischio e valutazione del rischio di suicidio 2.2 Fattori di rischio biopsicosociali 2.3 Fattori di rischio ambientali 2.4 Fattori di rischio socioculturali 2.5 Fattori di protezione 2.6 Patologia psichiatrica e rischio di suicidio 2.7 Fattori biologici del suicidio
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Capitolo 3: Riconoscere e gestire il rischio di suicidio 3.1 Segnali di allarme 3.2 Come gestire il rischio di suicidio 3.3 Il rischio di suicidio nell’adolescente 3.4 Il rischio di suicidio nell’adulto 3.5 Il rischio di suicidio nell’anziano
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Capitolo 4: Il rischio di suicidio in psicoterapia 4.1 La psicoterapia come trattamento del rischio di suicidio 4.2 L’emergere del rischio di suicidio in psicoterapia 4.3 Psicoterapia e resilienza 4.4 Alcuni strumenti diagnostici e psicometrici 4.5 Gli errori e i rischi durante il trattamento 4.6 I fattori controtransferali 4.7 Il ruolo della supervisione 4.8 Le reazioni del terapeuta al suicidio del paziente 4.9 La psicoterapia ai sopravvissuti
53 53 65 68 73 88 90 94 96 100
Conclusioni
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Bibliografia
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«Non ho che la mia vita che io subito metto allo sbaraglio appena si profila una qualche difficoltà. La danza allora è facile; perché il pensiero della morte è un’abile ballerina, è questo la mia compagna di ballo, ogni altro uomo è per me troppo pesante». Sören A. Kierkegaard
Introduzione
Quando ho iniziato questo lavoro non immaginavo quanto affascinante potesse essere per me l’argomento. In realtà ho potuto comprendere profondamente alcune delle dinamiche legate al concetto di morte come scelta. Ho imparato che la morte può essere una scelta, una via di uscita, certamente inadeguata, ma presente all’interno della vasta gamma delle possibilità umane. E come tale ha bisogno di essere ascoltata, considerata, compresa. Questo lavoro ha rappresentato per me stessa un’occasione per apprendere, studiare e acquisire strumenti preziosi per imparare ad affrontare il concetto, spesso taciuto e negato, del dolore che sottende la morte per suicidio. Il lavoro affronta una parte del vastissimo argomento del suicidio e precisamente nasce e vuole essere contenuta nell’ambito delle relazioni di aiuto. Questo impone dei precisi confini. All’interno del breve excursus iniziale che ripercorre gli importanti cambiamenti che il concetto di suicidio ha subito nel corso della storia del pensiero letterario e religioso, si può apprezzare come il suicidio stesso abbia incontrato ora il plauso sociale ora una netta riprovazione morale. Interessante è scoprire che accanto al suicidio vissuto come scelta squisitamente individuale e esistenziale, attraverso Leopardi nel Dialogo di Plotino e Porfirio si fa strada l’importante concetto del dolore capace di rendere la vita insopportabile dei “superstiti” al suicidio di un proprio caro. Con il lavoro di Durkheim il suicidio entra nelle scienze sociali spostando completamente la prospettiva verso situazioni extrasoggettive, cioè sociali. 9
Attraverso l’analisi dell’autore e la sua distinzione delle tipologie di suicidio è possibile rilevare quanto la società sia sempre e fortemente presente come causa del suicidio del singolo individuo. In seguito vengono affrontati i fattori di rischio presenti nella popolazione generale, distinti in fattori biopsicosociali, ambientali e socioculturali. Il comportamento suicidario è incrementato dalla presenza di fattori di rischio anche se è importante la lettura del fenomeno come complesso e altamente individuale. Infatti basandoci soltanto sulla conoscenza dei fattori di rischio proporremmo un altissimo numero di falsi positivi. All’interno di questo capitolo vengono affrontati anche i fattori di protezione che attengono al processo di resilienza. Conoscendo le teorie e i fattori che concorrono al processo di resilienza, il clinico può ampliare la sua valutazione del rischio tenendo conto anche dei fattori di protezione e delle risorse che la persona ha e che può incrementare. Anche i disturbi psichiatrici rappresentano un importante fattore di rischio di suicidio. Le teorie basate sui fattori biologici del suicidio, aprono nuove prospettive nello studio dei “fattori di rischio”. Particolarmente utile per il clinico è la conoscenza dei segnali di allarme che permettono di riconoscere e di saper gestire un rischio di suicidio. Si tratta di alcune caratteristiche che contraddistinguono lo stato mentale della persona potenzialmente suicida. Una certa percentuale di suicidi può e deve essere prevenuta e a tal fine risulta utile e importante conoscere i segnali di allarme. Tra questi l’impulsività, che indica la transitorietà dell’atto stesso e quindi sottolinea l’importanza dell’aiuto che possiamo fornire per gestire l’emergenza che risiede alla base dell’impulso suicida. Per poter aiutare una persona in una situazione di crisi quando gli abituali stili di coping sembrano perdere ogni efficacia, davvero fondamentali risultano essere alcune caratteristiche del terapeuta stesso e in particolare l’inclinazione ad una disponibilità personale. Proprio a causa della grave natura di una situazione di crisi in grado di ingenerare un tentativo di suicidio, chi sceglie di farsene carico deve essere sempre rintracciabile. L’ascolto attivo ed empatico aiuta ad apportare sollievo a quel dolore mentale insopportabile. 10
La poca preparazione in questo specifico campo, unita alla inevitabile paura provocata dal paziente a rischio di suicidio guida gli psicologi a sottrarsi alla presa in carico di questi pazienti. Il risultato è un’ulteriore difficoltà di accedere a un percorso di sostegno psicologico per i pazienti a rischio di suicidio. L’ingrediente base del suicidio secondo Shneidman, che ha trascorso la vita guidato dalla sua passione per questi studi, è il dolore mentale definito “psychache”. L’obiettivo della terapia per il paziente a rischio di suicidio deve essere, quindi, quello di ridurre questo tormento concentrandosi sulla radice e la fonte dello psyachache. Il suicidio non può e non deve apparire come l’unica tra le soluzioni. Nonostante non esista una sola spiegazione per l’atto suicidario poiché ogni persona è unica, è richiesta al terapeuta una visione il più possibile obiettiva nei confronti di questo fenomeno. Competenza difficile da conseguire poiché implica inevitabilmente il confronto con il concetto di morte. La morte per il paziente suicidario può raffigurare il guaritore poiché può e sa interrompere il dolore mentale che risulta essere umanamente insopportabile. L’individuo a rischio di suicidio, infatti, sperimenta un restringimento delle opzioni normalmente disponibili a due. Tra i compiti dello psicoterapeuta c’è anche quello di agevolare la consapevolezza delle emozioni e rinforzare i fattori di protezione, cioè la capacità di resilienza del paziente. Di fronte a una nuova minaccia o crisi la persona potrà attingere dai nuovi strumenti acquisiti e ritrovare la speranza in grado di contrastare la visione tunnel dovuta al crollo di ogni risorsa. Di capitale importanza, nell’ottica della prevenzione del suicidio, risulta essere l’accurata valutazione del rischio prima di stabilire un piano di trattamento. Tra le false credenze che ruotano attorno al suicidio c’è quella che vuole che il medico non debba indagare direttamente e apertamente la possibile ideazione suicidaria nell’ipotesi, errata, che questo possa facilitare l’agito. Allo scopo di poter valutare, predire e prevenire il suicidio vengono descritti alcuni strumenti diagnostici e psicometrici. Questi strumenti risultano particolarmente utili come completamento di un’accurata valutazione generale del fattore di rischio di suicidio. 11
Di grande utilità per il clinico che vuole occuparsi di questa problematica è la conoscenza degli errori e dei rischi che il terapeuta può correre durante la psicoterapia e che non aiutano il buon esito del trattamento o addirittura possono fungere da elementi precipitanti. Un’opinione condivisa è che il paziente a rischio di suicidio susciti nel terapeuta una forte dose di ansia poiché il trattamento di questo genere di paziente assume gli aspetti di una vera e propria sfida mettendo il clinico a confronto con i fantasmi di morte, di separazione e con le proprie abilità professionali. Il modo migliore di monitorare la terapia è la presa di coscienza, da parte del terapeuta, delle proprie reazioni controtransferali che progressivamente si sviluppano nel corso della terapia sapendole accettare e gestire. Fondamentale, in questo come anche in altri ambiti di intervento psicologico, è il ruolo della supervisione, poiché la presa in carico di pazienti a rischio di suicidio può provocare uno stress lavorativo in grado di innescare sistemi di difesa nel terapeuta. La supervisione rappresenta una fonte importante di sostegno e di contenimento dello stress professionale. Poca attenzione è stata finora dedicata a un argomento che ne meriterebbe molta: le reazioni emotive del terapeuta al suicidio di un suo paziente. Questo rappresenta un vero e proprio rischio professionale poiché ha un impatto veramente alto sulla vita sia privata che professionale del terapeuta. Vengono descritti, in questo lavoro, la variegata gamma di reazioni emotive innescate da questo grave evento e i meccanismi di difesa a esse correlate. Queste reazioni, anche se umanamente comprensibili, rendono maggiormente difficoltoso e potenzialmente patologico il percorso di rielaborazione del lutto da parte del terapeuta. Snheidman afferma che chi commette suicidio pone il proprio scheletro psicologico nell’armadio di chi gli sopravvive imponendogli di occuparsi di sentimenti negativi riguardanti il possibile ruolo nell’aver generato o comunque non saputo evitare il suicidio. I survivors, cioè i sopravvissuti, sono coloro che hanno perso una persona cara per suicidio. Questa esperienza comporta un percorso di rielaborazione del lutto complicato da alcuni sentimenti provocati dalla 12
morte scelta dal proprio caro. Il dolore è molto profondo e segue un percorso per definizione non lineare, ma squisitamente soggettivo e non necessariamente progredisce verso una risoluzione. L’American Association of Suicidology riporta che negli Stati Uniti si registrano circa 31.000 suicidi ogni anno e che per ognuno di questi almeno 6 persone rimangono emotivamente colpite dall’evento. I sopravvissuti, quindi, sono la più numerosa comunità di vittime con disturbi mentali connessi al suicidio nonché potenziali soggetti a rischio di suicidio. Ne consegue l’importanza del sostegno psicologico dedicato ai sopravvissuti, orientato all’accettazione, che non significa comprensione, ma semplicemente saper accettare la realtà come possibilità di risoluzione del conflitto interno provocato dai sentimenti spesso contrastanti che accompagnano un lutto per suicidio. Il suicidio è il rimedio estremo a uno stato di dolore emotivo intollerabile, il crollo di ogni speranza e risorsa.
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Capitolo 1
Il suicidio
1.1 Definizione La parola “suicidio” appare tardivamente in tutte le lingue e sembra sia stata usata per la prima volta dall’abate Desfontaines nel 1737. Nonostante abbia origini latine, il termine suicidio non era affatto conosciuto nella Roma classica e neanche nei secoli successivi. Iniziò ad essere utilizzato alla metà del Seicento in Inghilterra, quando l’atteggiamento della società nei confronti di questo gesto iniziava a mutare. In francese, spagnolo, italiano e portoghese apparve ancora più tardi. Prima della comparsa di questo termine, per descrivere il volontario atto di porre fine alla propria vita sono state utilizzate parole come: autouccisione, autodistruzione e autostrage, che tradiscono apertamente lo stretto rapporto con l’omicidio (Augugliaro, 1985). Certo a nessuno è dato di conoscere chi fu il primo uomo ad uccidersi. Oggi nel linguaggio comune per suicidio si intende l’atto con cui ci si dà la morte di propria volontà. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1999 ha considerato il suicidio come un problema non ascrivibile ad una sola causa o ad un preciso motivo. Sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Il suicidio è un fenomeno complesso che ha attirato, nel corso dei secoli, l’attenzione di filosofi, teologi, medici, sociologi ed artisti.
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1.2 Le origini ed il pensiero cristiano L’evoluzione della storia del pensiero ha comportato profonde trasformazioni nei giudizi che hanno accompagnato il gesto del suicidio. Aristotele, nell’Etica nicomachea, affronta il problema da una prospettiva giuridica, e considera il suicidio un atto che la legge vieta; come diretta conseguenza, chi lo commette si macchia di un’ingiustizia verso se stesso e verso la “polis”. Già il suo maestro Platone non ammetteva il suicidio se non per una necessità assolutamente ineluttabile. In particolare, nella Repubblica, Platone si dichiara a favore di una medicina che aiuti i malati inguaribili a morire, perché non ritiene giusto mantenere in vita persone che non hanno un ruolo attivo nella società. Nel Fedone espone, invece, i motivi che portano la scuola pitagorica a proibire il suicidio: la ragione di questa proibizione deriva dal ritenere che gli dèi abbiano collocato le anime degli uomini nei corpi e di conseguenza il suicidio violerebbe il loro stesso volere. Infine, sempre Platone, nelle Leggi, concepisce tale atto solo come possibilità di salvezza dell’animo umano, quando il comportamento di una persona è malvagio e senza alcun rimedio (HoweColt G., 1991). Lo stoicismo è forse uno degli esempi più noti di filosofia che accetta il suicidio e, anzi, in determinate condizioni, lo descrive come un atto naturale. I filosofi stoici, infatti, considerano la filosofia come l’arte del corretto vivere e del morire bene sostenendo che ogni uomo deve essere libero di decidere quando porre termine alla propria vita. Seneca, nella Lettera LXX, sostiene che morire al momento giusto è una dimostrazione di libertà morale, purché la scelta sia fatta razionalmente. Coerentemente con le sue affermazioni, egli ha posto fine alla propria vita con un atto volontario. Va sottolineato che, anche nello stoicismo, il suicidio è ammesso non come fuga, ma unicamente quando il proprio dovere è stato interamente compiuto. Nel III sec. d.C. Plotino scrive un trattato sul tema del suicidio (Enn. I 9 [16]). Data la sua visione panteista, egli critica aspramente le posizioni dello stoicismo. La vita stessa, nel suo pensiero, è concepita in senso divino, quale prodotto ultimo della processione da Dio. Il suicidio provoca allora un danno all’anima, che viene espulsa 16
forzatamente dal corpo ed in maniera del tutto innaturale. La vita è inoltre concepita come un percorso evolutivo che permette di elevarsi attraverso la legge che regola il ciclo delle reincarnazioni. L’idea che scaturisce da quest’ultimo concetto è che il rango che ciascuno avrà nell’aldilà corrisponda alla sua condizione al momento della morte. Il suicidio, quindi, bloccherebbe in maniera irrimediabile qualunque possibilità di progredire. Se il suicidio affrontato per una causa ritenuta giusta è legittimato da alcuni filosofi antichi, la totale condanna di questo gesto è solitamente presente nelle filosofie cristiane o che hanno subito l’influsso del cristianesimo (HoweColt G., 1991). Questo concetto, che molto influenza la nostra cultura occidentale e che tanta evidenza di sé mostra nell’attuale pensiero cristiano, merita una digressione storica che ne chiarisca, in parte, l’origine. I primi cristiani ostentavano una certa indifferenza verso il concetto di morte, derivata dall’indifferenza verso la vita stessa che veniva concepita quale luogo di passaggio ricco di forti tentazioni a compiere peccati. La morte, invece, apriva le porte del paradiso, della gloria eterna. Proprio quest’ultimo aspetto costituì per i primi cristiani la motivazione verso il suicidio e verso forme di martirio che assicuravano l’accesso al Regno dei Cieli con perdono immediato di ogni peccato commesso. Questa brama di martirio raggiunse spesso livelli preoccupanti, come avvenne per i Donatisti, che furono poi dichiarati eretici dalla Chiesa. Fu Sant’Agostino, contemporaneo dei Donatisti, a sottolineare il dilemma logico dell’insegnamento cristiano: se il suicidio era permesso per evitare il peccato, allora diveniva la logica conseguenza per tutti coloro appena usciti dal battesimo. Questa considerazione lo spinse a frenare la corsa al suicidio-martirio non soltanto condannandolo, ma rileggendolo come peccato mortale in quanto implicante necessariamente l’opporsi a Dio ed alla sua volontà. Furono, quindi, le battaglie di Sant’Agostino contro il suicidio e l’uso eccessivo del martirio a capovolgere l’opinione nei confronti di questo gesto. La riprovazione morale verso il suicidio diviene allora netta. Una conferma significativa è costituita dalla severità con cui veniva condannato il suicida. Nel 533 d.C. il Concilio di Orléans negò le esequie funebri a chiunque si uccidesse mentre era sotto giudizio 17
per qualche crimine commesso. Nel 562 d.C. il concilio di Praga vietava il rito funebre a tutti i suicidi, indipendentemente dalla loro posizione sociale, dai motivi e dal metodo seguito. Infine nel 693 d.C. il concilio di Toledo estese la scomunica anche a coloro che avevano soltanto tentato il suicidio. La Chiesa aveva così risolto un problema importante che, anche se inizialmente aveva contribuito alla sua stessa origine, in seguito aveva rappresentato un grande rischio in quanto minaccia per la sua stessa sopravvivenza. Giuda Iscariota fu considerato un peccatore non tanto per il tradimento di Cristo, ma per essersi suicidato (Augugliaro F., 1985). Il divieto di sepoltura religiosa, sia pure con alcune precisazioni e senza escludere eccezioni, si è mantenuto fin quasi ai nostri giorni.
1.3 Il suicidio nella letteratura e nel pensiero moderno (brevi cenni) Dopo una condanna praticamente unanime, ricompare un’esaltazione del suicidio a partire dal secolo XVIII, nel contesto dell’individualismo e soggettivismo illuministico, con la connessa concezione della libertà come rifiuto di ogni dipendenza da qualunque autorità e da princìpi o riferimenti religiosi. Il suicidio viene esaltato quasi come l’affermazione emblematica di questa libertà individuale. Ne è esempio il pensiero di Vittorio Alfieri, che intende il suicidio come atto non di debolezza ma di ribellione. Quando gli ostacoli della vita diventano insormontabili e l’uomo si sente sopraffatto da un destino che lo condanna inesorabilmente alla sconfitta, il gesto del suicidio è una forma di protesta contro ciò che il destino gli ha riservato. Nella sua opera I dolori del giovani Werther (1774), Johann Wolfgang Goethe descrive alla perfezione il contrasto tra anima razionale e anima sentimentale, affrontando il tema dell’infelice passione d’amore che raggiunge l’estrema sofferenza quando Werther apprende che il suo amore è ricambiato ma non potrà essere vissuto. Questo romanzo è considerato il componimento letterario rappresentativo dello “Sturm und Drang”. Dopo la sua pubblicazione, si registra a 18
partire da Lipsia una vera e propria mania per la figura letteraria di Werther da parte dei giovani tedeschi, che imitano persino l’eccentrico modo di vestirsi del personaggio. Spesso succede anche che il dolore per amore dei giovani sfoci nel suicidio, che, dopo secoli di condanna, veniva ora stoicamente rivalutato come prova di sensibilità e affermazione di libertà. Goethe stesso venne a conoscenza dei drammi seguiti al suo romanzo, tanto che il 16 gennaio 1778 partecipò alla veglia funebre per una dama di corte che si era annegata in un fiume, a poca distanza dalla casa dello scrittore, tenendo in mano una copia del suo romanzo. L’opera viene aspramente criticata dal clero e da molti benpensanti, e si arriva perfino a vietare lo scritto giudicandolo immorale, nel tentativo di contenere l’ondata di suicidi che seguirono alla lettura del romanzo. L’opera di Goethe influenza la letteratura successiva e registra diversi tentativi di emulazione anche in Italia, come quello compiuto da Foscolo con il suo libro Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1799). Ugo Foscolo racconta una storia praticamente identica introducendo però il motivo politico-patriottico, tipico del Romanticismo italiano. Il protagonista delle Ultime lettere di Jacopo Ortis si suicida, atto che è insieme una liberazione e una protesta: liberazione dal dolore e protesta contro la natura, che ha destinato l’uomo all’eterna infelicità. Il suicidio è altresì un tema diffuso nella letteratura dell’Ottocento ed è legato alla perdita delle illusioni. Giacomo Leopardi fa una distinzione su quelli che potevano essere i motivi di suicidio per le genti del passato e quelle della sua epoca. Sostiene che gli antichi si suicidavano «per eroismo per illusioni per passioni violente»; mentre i suoi contemporanei si suicidano perché sono «stanchi e disperati di questa esistenza». Il suicidio non può essere considerato un atteggiamento folle, ma al contrario la conseguenza di un logico ragionamento, di una fredda analisi razionale. L’ottica cambia nel Dialogo di Plotino e Porfirio, dove il suicidio è visto come un errore, una viltà, in quanto provoca ulteriore dolore nei superstiti rendendo loro più insopportabile la vita. Infine nella poesia La quiete dopo la tempesta Leopardi condanna definitivamente il suicidio relegandolo a un gesto di codardia dinanzi all’infelicità e alla noia. 19
Anche nella letteratura del Novecento il suicidio assume una particolare importanza, per la crisi che attraversa questo secolo in seguito allo sviluppo della società di massa. Grazie alla riscoperta di autori contrari al positivismo come Arthur Schopenhauer, si afferma la coscienza della crisi dei valori morali tradizionali. La guerra contribuisce a modificare l’immaginario collettivo. Italo Svevo, che nella sua produzione letteraria è influenzato anche del Decadentismo, nel suo romanzo Una vita (1892) racconta una storia che si conclude con un suicidio che permette al protagonista di sottrarsi ad un mondo che sembrerebbe non meritarlo. Al di là di ogni altra accezione, il suicidio rappresenta anche un problema filosofico, in quanto connesso agli interrogativi concernenti il senso stesso dell’esistere. Nel Mito di Sisifo Albert Camus si interroga su come restituire un senso umano al vivere in un mondo assurdo, sintetizzando così il suo pensiero: «Esiste per la filosofia un solo vero problema, ed è il problema del suicidio. C’è per la filosofia una sola vera domanda alla quale la filosofia stessa deve cercare di dare una risposta. La domanda è: “La vita vale la pena di essere vissuta oppure è il caso di non viverla?”. Perché viviamo? Perché continuiamo a vivere? Perché non decidiamo, vista l’assurdità dell’esistenza, di smettere di vivere?». La conclusione logica dell’assurdità dell’esistenza sembrerebbe essere proprio il suicidio (Hillman J., 1964, 1997).
1.4 Emil Durkheim e la lettura sociologica del suicidio La configurazione del suicidio come fenomeno sociale si inizia a delineare nel secolo XIX, quando in vari Stati dell’Europa quali Francia, Inghilterra, Svezia, Prussia, si registra una chiara esplosione nella diffusione di questo fenomeno. Non sorprende, quindi, che i primi studi sistematici sul suicidio provengano proprio dai sociologi. Rimane tuttora classico lo studio di uno dei fondatori della sociologia moderna, Emil Durkheim, Le 20
suicide, pubblicato nel 1897. In questo testo l’Autore propone di definire il suicidio come «ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un atto positivo o negativo compiuto dalla stessa vittima pienamente consapevole di produrre questo risultato». Proprio attraverso il lavoro di Durkheim il suicido modifica la propria area di appartenenza uscendo dall’ambito della religione e quindi della morale, per entrare a pieno titolo in quello delle scienze sociali. Il passaggio successivo lo porterà nell’ambito delle discipline psicologiche e psichiatriche. C’è uno spostamento di prospettive dall’individuo alla società. Ancora oggi il lavoro di Durkheim si impone a chiunque intenda affrontare l’argomento del suicidio per uno studio approfondito. A questo inizio segue negli anni successivi un interesse particolare per tale comportamento umano. Secondo Durkheim il suicidio rappresenta un fenomeno connesso a situazioni extrasoggettive che riguardano la società, i suoi contesti e i suoi gruppi, all’interno dei quali l’individuo è chiamato a confrontarsi quotidianamente. La religione, la famiglia, la società, la politica sono elementi importanti da osservare, secondo Durkheim, il quale riconosce a queste istituzioni un ruolo preminente rispetto ai tassi di suicidio osservati. Secondo la legge sociologica generale formulata dall’autore stesso, il rapporto tra il grado d’integrazione dei gruppi sociali di cui l’individuo è parte ed il suicidio varia, in maniera inversa. Lo stato d’integrazione di un aggregato sociale non fa che riflettere l’intensità della vita collettiva. In altre parole, quanto più un aggregato assume sembianze sociali divenendo un gruppo compatto e solidale, tanto più l’individuo che ne fa parte è forte e preservato dal suicidio. Come è noto Durkheim distingue sostanzialmente tre tipi di suicidio: il suicidio egoistico, il suicidio altruistico ed il suicidio anomico. La prima tipologia di suicidio è motivata da un eccesso di individualismo: la persona si sente estranea al proprio gruppo, e lo scarto fra i suoi desideri e la loro possibilità di realizzazione nell’ambito della società diventa a poco a poco incolmabile. L’individuo, quindi, non è integrato in maniera adeguata, bensì è costretto a fare affidamento esclusivamente sulle proprie risorse senza poter contare 21
sull’aiuto esterno. La scomparsa della famiglia patriarcale, come anche il disgregarsi di uno Stato totalitario oppressivo, ma deresponsabilizzante, sono elementi che possono contribuire al vissuto di solitudine e carenza di identità. Il suicidio altruistico rappresenta, invece, un’espressione di forte coesione sociale dove l’Io risulta interamente annullato. La persona è talmente integrata nel proprio gruppo da identificarsi pienamente con esso e con i suoi valori, che diventano la parte centrale e più preziosa del Sé. Questo tipo di suicidio si può riscontrare sia in società primitive caratterizzate da una massiccia identificazione con il gruppo, sia in società moderne dove i valori religiosi, morali e civili arrivano a contare più della propria vita. Il terzo tipo di suicidio descritto da Durkheim è il suicidio anomico. La sua frequenza tende ad aumentare in periodi di crisi economica o, inaspettatamente, in fase di estrema prosperità, a causa della mancanza di riferimenti, norme e valori socialmente condivisi. Dal punto di vista psicologico il suicidio anomico è motivato generalmente dalle delusioni e dalle frustrazioni causate dai rapporti sociali. Ci troviamo di fronte ad un tipo di suicidio differente dagli altri, perché differente è, appunto, il ruolo della società, la cui peculiarità sta nel disciplinare l’individuo. È il rischio che si verifica nelle società le cui rapidissime trasformazioni sono difficili da metabolizzare per i membri che ne fanno parte. Com’è possibile rilevare da questa classificazione delle tipologie di suicidio, la società è sempre ben presente come causa del suicidio stesso. Nel primo caso, il suicidio egoistico, la società è disgregata in parte o anche nel suo insieme, lasciandosi sfuggire l’individuo, che non scorge più una ragione per rimanere in vita, in quanto l’esistenza è per lui senza oggetto e significato. Nel suicidio altruistico la società è fin troppo presente, schiaccia l’uomo, inducendolo ad uccidersi. L’unico che per i suoi aspetti si differenzia dai precedenti è il suicidio anomico; la società in questo caso ha un ruolo peculiare come causa estrema. L’uomo ha bisogno di riferimenti e valori, di forze che lo trattengano in vita, ma la società glieli nega, lasciando che si perda nel vuoto (Augugliaro, 1985; Durkheim, 1897). 22
1.5 Alcuni dati epidemiologici Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) negli ultimi cinquant’anni i tassi di suicidio sono aumentati in maniera significativa in diversi paesi a e attualmente il suicidio rappresenta una delle tre principali cause di morte tra le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Nel solo anno 2000 sono stati registrati circa un milione di suicidi e nel 2002 si sono verificati in tutto il mondo circa 877 000 morti per suicidio, che danno luogo a un tasso pari al 16 per 100 000 abitanti (Bertolote e Fleischmann, 2005). Va sottolineato che questi dati non tengono conto dei tentativi di suicidio, i quali sono da dieci a venti volte più frequenti dei suicidi riusciti. Le differenze tra i paesi sono notevoli e i livelli di mortalità per suicidio variano anche di 10 volte tra un paese e l’altro. L’Italia si colloca fra i Paesi europei con i più bassi livelli di morti per suicidio con circa 4000 casi ogni anno. Tassi analoghi si rilevano in Spagna e Grecia, quest’ultima presentando il valore più basso in assoluto (4 suicidi anno per ogni 100 000 abitanti.) La media europea è, invece, tristemente più alta con 15-20 suicidi l’anno ogni 100 000 abitanti e, in alcuni Paesi del Nord Europa, il tasso sale fino a 25 casi l’anno. Nei paesi dell’Europa dell’Est dagli inizi degli anni novanta, ovvero dopo il collasso dell’Unione Sovietica si registra un aumento dei suicidi che sembra arrestarsi dopo il 2000 per iniziare a diminuire. In Italia sui circa 4000 casi di morte per sucidio nel 2002 3000 erano persone appartenenti al genere maschile. La distribuzione per classi di età invece rivela che sia per gli uomini che per le donne la mortalità per suicidio cresce con il crescere dell’età cronologica. Per le donne questo incremento risulta essere costante in tutto l’arco della vita, mentre per gli uomini subisce un incremento dopo i 65 anni di età e trova nella classe di età 85-89 anni un tasso di 50 suicidi per 100 000 anziani. Il fenomeno del suicidio assume proporzioni più rilevanti in età avanzata, ovvero in un periodo della vita in nel quale esiste un restringimento dei legami sociali, eventuali stati di vedovanza, maggiore isolamento sociale, un peggioramento delle condizioni generali di salute che può comportare una riduzione dell’autonomia della persona (Pompili et al., 2008). 23
Sebbene il suicidio sia più frequente in età avanzata il numero delle morti tra i giovani è andato progressivamente aumentando, L’OMS e il SUPRE (Suicide Prevention) stimano che ogni anno nel mondo siano almeno 100 000 gli adolescenti che compiono questo gesto. Negli Stati Uniti una recente analisi condotta nell’anno 2000 ha messo in evidenza come il suicidio sia la terza causa di morte tra i giovani americani con tassi stimabili intorno agli 1.5 su 100 000 tra i ragazzi di età compresa tra i 10 e i 14 anni e 8.2 tra gli adolescenti di 15-19 anni. Il fenomeno aumenta quando consideriamo anche i giovani con età superiore ai 20 anni. In Europa il numero dei suicidi tra ragazzi varia ampiamente da una nazione all’altra e tenendo conto della differenza tra i sessi si può dire che i maschi commettono suicidio più frequentemente delle femmine, con proporzioni che variano da 2:1 a 8:1, mentre le ragazze mettono in atto all’incirca il doppio dei tentativi non letali di suicidio se confrontate con i loro coetanei (Ferraris et al., 2009). In Italia nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni il suicidio rappresenta la terza causa di morte dopo gli incidenti stradali e i tumori, nella fascia di età successiva, fra i 25 e i 44 anni, il suicidio resta ancora la quarta causa di morte dopo gli incidenti stradali, i tumori e le malattie del sistema cardiovascolare. Il suicidio nell’infanzia e nella prima adolescenza, cioè tra gli 0 e i 14 anni è un fenomeno raro, tra il 2000 e il 2002 sono stati rilevati 35 suicidi di bambini in questa fascia di età (Pompili et al., 2008). Interessanti sono anche le differenze per aree geografiche all’interno del territorio italiano. Nel Nord del Paese la mortalità per suicidio è più alta del 14% rispetto alla media nazionale, mentre nel Sud è mediamente più bassa (del 17%) (Pompili et al., 2008). Livelli particolarmente elevati di mortalità per suicidio si osservano nelle province del Nord Est e in quelle dell’arco alpino. Nel centro Italia tutte le province del Lazio e l’Aquila hanno tassi di suicidio significativamente più bassi della media nazionale (Pompili et al., 2008). Una interessante eccezione nel centro sud di Italia è rappresentata dalla Sardegna con il livelli dei sucidi maschili con tassi oltre il 75% superiori alla media nazionale, superando anche quelli che si regi24
strano in molte province del Nord Est. Queste differenze geografiche riflettono differenze sociali, culturali ed economiche del Paese. I tassi più bassi della media nazionale registrati nel Centro Sud potrebbero essere il riflesso di una maggiore presenza della rete familiare e sociale con conseguente aumento dell’integrazione e del senso di appartenenza che funge da fattore protettivo. La possibilità di chiedere e ricevere aiuto nei momenti difficili ricade positivamente sul benessere psicologico del singolo individuo. Sempre nelle regioni del Centro Sud notiamo una più bassa età per i suicidi (in media 52 anni gli uomini contro i 54 anni nel Nord e 53 anni per le donne contro i 58 anni nel Nord) che potrebbe essere letta nella difficoltà socio economica di questa zona che si traducono in una scarsa possibilità di impiego per i giovani (Pompili et al., 2008).
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Altri libri della collana
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NELLA STESSA COLLANA
Benson J., Gruppi. Organizzazione e conduzione per lo sviluppo personale e la psicoterapia, 20001, pp. 272 Beutler L.E. - Harwood T.M., Psicoterapia prescrittiva elettiva. La scelta del trattamento sistematico fondata sull’evidenza, 2002, pp. 224 Bozarth J.D., La terapia centrata sulla persona. Un paradigma rivoluzionario, 2001, pp. 240 Campanella V. - Fiori M. - Santoriello D., Disturbi mentali gravi. Modelli d’intervento pluralistico integrato dall’autismo alle psicosi, 2003, pp. 272 Chambon O. - Marie-Cardine M., Le basi della psicoterapia eclettica e integrata, 2002, pp. 288 Clarkson P., Gestalt - Counseling, 1999 II ediz., pp. 192 Clarkson P., La Relazione Psicoterapeutica integrata, 1996, pp. 392 Delisle G., I disturbi della personalità, 20001, pp. 224 Feltham C. - Dryden W. (a cura di E. Giusti), Dizionario di counseling, 1995, pp. 320 Fontana D., Stress Counseling. Come gestire gli stati personali di tensione, 1996, pp. 160 Frisch M.B., Psicoterapia integrata della qualità della vita, 2001, pp. 352 Giannella E., Palumbo M., Vigliar G., Mediazione familiare e affido condiviso. Come separarsi insieme, 2007, pp. 240 Giusti E. - Calzone T., Promozione e visibilità clinica. Motivare i pazienti ai trattamenti psicologici, 2006, pp. 288 Giusti E. - Carolei F., Terapie transpersonali. L’integrazione della spiritualità e della meditazione nei trattamenti pluralistici, 2005, pp. 336 Giusti E. - Chiacchio A., Ossessioni e compulsioni. Valutazione e trattamento della Psicoterapia Pluralistica Integrata, 2002, pp. 176 Giusti E. - Ciotta A., Metafore nella relazione d’aiuto e nei settori formativi, 2005, pp. 256 Giusti E. - Corte B., La terapia del per-dono, 2008, pp. 304 Giusti E. - Di Fazio T., Psicoterapia integrata dello stress. Il burn-out professionale, 2005, pp. 256 Giusti E. - Di Francesco G., L’autoerotismo. L’alba del piacere sessuale: dall’identità verso la relazione, 2006, pp. 208 Giusti E. - Di Nardo G., Silenzio e solitudine. L’integrazione della quiete nel trattamento terapeutico, 2006, pp. 240 Giusti E. - Frandina M., Terapia della gelosia e dell’invidia. Trattamenti psicologici integrati, 2007, pp. 224 Giusti E. - Fusco L., Uomini. Psicologia e psicoterapia della maschilità, 2002, pp. 464
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NELLA STESSA COLLANA
Benson J., Gruppi. Organizzazione e conduzione per lo sviluppo personale e la psicoterapia, 20001, pp. 272 Beutler L.E. - Harwood T.M., Psicoterapia prescrittiva elettiva. La scelta del trattamento sistematico fondata sull’evidenza, 2002, pp. 224 Bozarth J.D., La terapia centrata sulla persona. Un paradigma rivoluzionario, 2001, pp. 240 Campanella V. - Fiori M. - Santoriello D., Disturbi mentali gravi. Modelli d’intervento pluralistico integrato dall’autismo alle psicosi, 2003, pp. 272 Chambon O. - Marie-Cardine M., Le basi della psicoterapia eclettica e integrata, 2002, pp. 288 Clarkson P., Gestalt - Counseling, 1999 II ediz., pp. 192 Clarkson P., La Relazione Psicoterapeutica integrata, 1996, pp. 392 Delisle G., I disturbi della personalità, 20001, pp. 224 Feltham C. - Dryden W. (a cura di E. Giusti), Dizionario di counseling, 1995, pp. 320 Fontana D., Stress Counseling. Come gestire gli stati personali di tensione, 1996, pp. 160 Frisch M.B., Psicoterapia integrata della qualità della vita, 2001, pp. 352 Giannella E., Palumbo M., Vigliar G., Mediazione familiare e affido condiviso. Come separarsi insieme, 2007, pp. 240 Giusti E. - Calzone T., Promozione e visibilità clinica. Motivare i pazienti ai trattamenti psicologici, 2006, pp. 288 Giusti E. - Carolei F., Terapie transpersonali. L’integrazione della spiritualità e della meditazione nei trattamenti pluralistici, 2005, pp. 336 Giusti E. - Chiacchio A., Ossessioni e compulsioni. Valutazione e trattamento della Psicoterapia Pluralistica Integrata, 2002, pp. 176 Giusti E. - Ciotta A., Metafore nella relazione d’aiuto e nei settori formativi, 2005, pp. 256 Giusti E. - Corte B., La terapia del per-dono, 2008, pp. 304 Giusti E. - Di Fazio T., Psicoterapia integrata dello stress. Il burn-out professionale, 2005, pp. 256 Giusti E. - Di Francesco G., L’autoerotismo. L’alba del piacere sessuale: dall’identità verso la relazione, 2006, pp. 208 Giusti E. - Di Nardo G., Silenzio e solitudine. L’integrazione della quiete nel trattamento terapeutico, 2006, pp. 240 Giusti E. - Frandina M., Terapia della gelosia e dell’invidia. Trattamenti psicologici integrati, 2007, pp. 224 Giusti E. - Fusco L., Uomini. Psicologia e psicoterapia della maschilità, 2002, pp. 464
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Nella stessa collana Giusti E. - Germano F., Etica del con-tatto fisico in psicoterapia e nel counseling, 2003, pp. 160 Giusti E. - Germano F., Terapia della rabbia. Capire e trattare emozioni violente d’ira, collera e furia, 2003, pp. 224 Giusti E. - Giordani B. Il formatore di successo, 2002, pp. 224 Giusti E. - Harman R. (a cura di), La psicoterapia della Gestalt, 1996, pp. 224 Giusti E. - La Fata S., Quando il mio terapeuta è un cane, 2004, pp. 448 Giusti E. - Lazzari A., Psicoterapia Interpersonale Integrata, 2003, pp. 160 Giusti E. - Lazzari A., Narrazione e autosvelamento nella clinica. La rivelazione del Sé reciproco nella relazione di sostegno, 2005, pp. 160 Giusti E. - Locatelli M., L’empatia integrata, 2007 (Nuova edizione), pp. 320 Giusti E. - Mancinelli L., Il counseling domiciliare, 2008, pp. 160 Giusti E. - Minonne G., L’interpretazione dei significati nelle varie fasi evolutive dei trattamenti psicologici, 2004, pp. 396 Giusti E. - Minonne G., Ricerca scientifica e tesi di specializzazione in psicoterapia, 2005, pp. 368 Giusti E. - Montanari C., Trattamenti psicologici in emergenza con EMDR per profughi, rifugiati e vittime di traumi, 2000, pp. 192 Giusti E. - Montanari C., La CoPsicoterapia. Due è meglio e più di uno in efficacia ed efficienza, 2005, pp. 320 Giusti E. - Nardini M.C., Gruppi pluralistici. Guida transteorica alle terapie collettive integrate, 2004, pp. 304 Giusti E. - Ornelli C., Role play. Teoria e pratica nella Clinica e nella Formazione, 1999, pp. 144 Giusti E. - Palomba M., L’attività psicoterapeutica. Etica ed estetica promozionale del libero professionista, 1993, pp. 128 Giusti E. - Perfetti E., Ricerche sulla felicità. Come accrescere il benEssere psicologico per una vita più soddisfacente, 2004, pp. 192 Giusti E. - Pitrone A., Essere insieme. Terapia integrata della coppia amorosa, 2004, pp. 240 Giusti E. - Pizzo M., La selezione professionale. Intervista e valutazione delle risorse umane con il modello pluralistico integrato, 2003, pp. 208 Giusti E. - Proietti M.C., La delega direzionale, 1996, pp. 112 Giusti E. - Proietti M.C., Qualità e formazione. Manuale per operatori sanitari e psicosociali, 1999, pp. 184 Giusti E. - Rapanà L., Narcisismo. Valutazione pluralistica e trattamento clinico integrato del Disturbo Narcisistico di Personalità, 2002, pp. 176 Giusti E. - Romero R., L’accoglienza. I primi momenti di una relazione psicoterapeutica, 2005, pp. 176 Giusti E. - Sica A., L’epilogo della cura terapeutica. I colloqui conclusivi dei trattamenti psicologici, 2005, pp. 160 Giusti E. - Surdo V., Affezione da Alzheimer. Il trattamento psicologico complementare per le demenze, 2004, pp. 144 Giusti E. - Taranto R., Super Coaching tra Counseling e Mentoring, 2004, pp. 352
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Nella stessa collana Giusti E. - Testi A., L’Autostima. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224 Giusti E. - Testi A., L’Autoefficacia. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 96 Giusti E., Essere in divenendo. Integrazione pluralistica dell’identità del Sé, 2001, pp. 144 Giusti E., Autostima, psicologia della sicurezza in Sé, 20055, pp. 200 Giusti E., Videoterapia. Un ausilio al Counseling e alle Arti-Terapie, 1999, pp. 176 Giusti E., Tecniche immaginative. Il teatro interiore nelle relazioni d’aiuto, 2007, pp. 272 Gold J.R., Concetti chiave in psicoterapia integrata, 2000, pp. 268 Goldfried M.R., Dalla terapia cognitivo-comportamentale all’integrazione delle psicoterapie, 2000, pp. 288 Greenberg L.S. (et al.), Manuale di psicoterapia esperienziale integrata, 2000, pp. 576 Greenberg L.S. - Paivio S.C., Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata, 2000, pp. 368 Manucci C. - Di Matteo L., Come gestire un caso clinico, 2004 Murgatroyd S., Il Counseling nella relazione d’aiuto, 20001, pp. 192 Perls F., Qui & ora. Psicoterapia autobiografica, 1991, pp. 256 Persons J.B. - Davidson J. - Tompkins M.A., Depressione. Terapia cognitivo-comportamentale. Componenti essenziali, 2002, pp. 288 Preston J., Psicoterapia breve integrata, 2001, pp. 256 Reddy M., Il Counseling aziendale. Il Manager come Counselor, 1994, pp. 176 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. I: “Metateoria pluralistica”, 2002, pp. 400 Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. II: “Tecnologia applicativa”, 2003, pp. 384 Spalletta E. - Quaranta C., Counseling scolastico integrato, 2002, pp. 352
Videodidattica per le psicoterapie scientifiche dell’American Psychological Association • Video Psicoterapia Psicodinamica Breve D.K. Freedheim + Libro Psicoterapia breve integrata di J. Preston € 120,00 • Video Psicoterapia Cognitiva-Affettiva Comportamentale Prof. M.R. Goldfried + Libro Dalla Terapia cognitivo-comportamentale all’Integrazione delle Psicoterapie € 120,00 • Video Psicoterapia Processuale Esperienziale L.S. Greenberg + Libro Manuale di Psicoterapia Esperienziale Integrata € 132,00 • Video La Terapia Centrata sul Cliente N.J. Raskin + Libro La Terapia Centrata sulla Persona di J.D. Bozarth € 120,00
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Nella stessa collana • Video EMDR per Traumi: Movimento oculare Desensibilizzante e Rielaborazione F. Shapiro + Libro Trattamenti Psicologici in Emergenza di E. Giusti, C. Montanari € 118,00 • Video La Terapia Eclettica Prescrittiva J.C. Norcross + Libro Psicoterapia Prescrittiva Elettiva, fondata sull’evidenza di Beutler/Harwood € 120,00 • Video Psicoterapia Multimodale A.A. Lazarus + Libro Le basi della Psicoterapia Eclettica ed Integrata di Chambon - Cardine € 125,50 • Video Psicoterapia Infantile J. Annunziata + Libro Counseling Scolastico Integrato di E. Spalletta, C. Quaranta € 122,00 • Video Ipnoterapia Ericksoniana J.K. Zeig + Libro Ipnosi e Psicoanalisi, collisioni e collusioni di L. Chertok € 120,00 • 2 Video Il Counseling breve in azione J.M. Littrell + Libro Il Counseling breve in Azione di J.M. Littrell € 122,00 • Video Psicoterapia Esperienziale A. Mahrer + Libro Lavorare con le emozioni in Psicoterapia Integrata di Greenberg/Paivio € 127,50 • 5 Videocassette Terapia Cognitivo-Comportamentale per la Depressione per l’autoformazione didattica, libro di G.B. Persons, Costo complessivo: € 275,00 • Video Psicoterapia Comportamentale con paziente ossessivo-compulsivo S.M. Turner + Libro Ossessione e Compulsioni, Valutazione e Trattamento di Edoardo Giusti, Antonio Chiacchio € 127,50 • Video Psicoterapia Pratica con Adolescenti A.K. Rubenstein + Due Libri Psicoterapia Integrata per bambini e adolescenti di Sebastiano Santostefano € 155,00 • Video Psicoanalisi con paziente schizofrenico B. Karon + libro Disturbi mentali gravi di V. Campanella - M. Fiori - D. Santoriello € 120,00 • Video Come gestire il transfert erotico in psicoterapia AA.VV. + libro Etica del contatto fisico di E. Giusti - F. Germano € 115,00 • Video Psicoterapia Interpersonale Ricostruttiva Lorna Smith Benjamin + libro Psicoterapia Interpersonale Integrata di E. Giusti - A. Lazzari € 118,00 • Video Come gestire la rabbia dei pazienti in psicoterapia AA.VV. + libro Terapia della rabbia di E. Giusti - F. Germano € 118,00
Edizioni ASPIC • Video Terapia della Gestalt individuale in gruppo Ginger/Masquelier + libro Psicoterapia della Gestalt di E. Giusti - V. Rosa € 130,00
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Nella stessa collana
EDIZIONE SOVERA STRUMENTI Elliott R. - Watson J.C. - Goldman R.N. - Greenberg L.S., Apprendere la terapia focalizzata sulle emozioni. L’approccio esperienziale orientato al processo per il cambiamento, in corso di stampa, pp. 368 Giusti E., Montanari C., Iannazzo A., Psicodiagnosi integrata. Valutazione transitiva e progressiva del processo qualitativo e degli esiti nella psicoterapia pluralistica fondata sull’evidenza obiettiva, 2006, pp. 580 Giusti E., Bonessi A., Garda V., Salute e malattia psicosomatica. Significato, diagnosi e cura, 2006, pp. 240 Giusti E., Germano F.., Psicoterapeuti generalisti. Competenze essenziali di base: dall’adeguatezza verso l’eccellenza, 2006, pp. 256 Giusti E., Pacifico M., Staffa T., L’intelligenza multidimensionale per le psicoterapie innovative, 2007, pp. 400 Giusti E. - Tridici D., Smoking. Basta davvero, 2009, pp. 224 Goodheart C.D. - Kazdin A.E. - Sternberg R.J., Psicoterapia a prova di evidenza. Dove la pratica e la ricerca si incontrano, in corso di stampa Norcross J.C., Beutler L.E., Levant R.F., Salute mentale: trattamenti basati sull’evidenza. Dibattiti e dialoghi sulle questioni fondamentali, 2006, pp. 464 Spalletta E., Germano F., MicroCounseling e MicroCoaching. Manuale operativo di strategie brevi per la motivazione al cambiamento, 2006, pp. 480 Wolfe B.E., Trattamenti integrati per disturbi d’ansia. La cura del Sé ferito, 2007, pp. 304
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