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COMUNICAZIONE
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RELAZIONI D’AIUTO
Rivista di esperienze, studi e ricerche in
PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE PSICOLOGIA DI COMUNITÀ INTERCULTURA E INTEGRAZIONE PSICOLOGIA POSITIVA VALUTAZIONE E ORIENTAMENTO n. 0 in corso di registrazione presso il tribunale di Roma
In questo numero si parla anche di… ✔ Comunicazione affettiva ✔ Metodi di studio
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✔ Ragazzi che si osservano
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Associazione ASPIC per la SCUOLA
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Pianta Organica ASSOCIAZIONE ASPIC PER LA SCUOLA Direzione: Via Alessandra Macinghi Strozzi 42/A - 00145 Roma - Tel 06.51435434 - Fax 06.51882458 www.aspicperlascuola.it - counsellingscolastico@aspicperlascuola.it
OPERATIVA dal 1998, svolge Attività di counselling, formazione, ricerca e servizi per la persona, la famiglia, la comunità. Consociata Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità. Associata FENASPIC (Federazione Nazionale ASPIC) e UNIVERSITÀ DEL COUNSELLING UPASPIC - Università Popolare. Riconosciuta dal CNCP (Coordinamento Nazionale Counsellor Professionisti). Corsi per insegnanti riconosciuti dal MIUR - corsi di formazione con crediti ECM.
Servizi PREVENZIONE, DIAGNOSI E INTERVENTO NEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE E DEL PESO • Équipe multidisciplinare • Sportello di informazione e screening orientativo • Valutazione e monitoraggio della condizione di funzionamento globale • Colloqui motivazionali • Educazione alimentare e Counselling per la nutrizione • MentalCoaching • Gruppi di Auto/Mutuo aiuto per i disturbi del peso • Incontri psico-educativi per Anoressia e Bulimia • Gruppi di evoluzione dell’identità corporea SERVIZIO DI In-FORMAZIONE VALUTAZIONE e DIAGNOSI • Strumenti di misurazione computerizzati e Test proiettivi • Équipe psicodiagnostica • Osservazioni e valutazioni delle diadi relazionali, del bambino e della famiglia • Consulenze peritali • Orientamento scolastico e professionale • Assessment Center
Counselling • • • • • • •
• • •
Centro di Ascolto Laboratori esperienziali di evoluzione e crescita Laboratorio espressivo-corporeo Sostegno Orientamento e Sviluppo Servizi psicoeducativi integrati per la coppia, il bambino, l’adolescente, la famiglia Gruppi di sostegno alla genitorialità “Pronto Scuola”: supporti psicopedagogici in presenza e a distanza al metodo di studio, strategie di empowerment per l’apprendimento Biblioteca testi e riviste internazionali Raccolta di video dimostrativi delle applicazioni del counselling Ricerche e pubblicazioni
Formazione MASTER in: • Counselling per l’Età Evolutiva • Arteterapia e Counselling Espressivo • MentalCoaching CORSI • Counselling e Cibo: strategie e strumenti per la promozione della salute e la cura dell’alimentazione e del peso durante il ciclo di vita • Eto-counselling: la relazione d’aiuto a mediazione animale • Counselling per lo Sport • Corsi per insegnanti autorizzati dal MIUR TRAINING INTENSIVI DI APPROFONDIMENTO: • Tecniche di Autosostegno: strategie efficaci per operatori della relazione di aiuto • Attaccamenti nel ciclo di vita • Tecniche espressive e di conduzione di gruppo in età evolutiva • Counselling Skills: apprendimento esperienziale (video-modeling) centrato sull’ascolto e sulla competenza riflessiva SEMINARI MONOTEMATICI DIVULGATIVI SUPERVISIONE • Corso di Supervisione pratica del Counselling in età evolutiva • Video supervisione didattica e video-modeling nel Counselling e nel MentalCoaching • Gruppi di supervisione professionale sui disturbi dell’alimentazione
Sistema di Gestione della Qualità UNI EN ISO 9001:00 Certificato N. 875 Istituto Giordano
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Editoriale Cominciamo davvero da zero?
COMUNICAZIONE
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RELAZIONI D’AIUTO
di ENRICHETTA SPALLETTA sperienza sul campo, curiosità, passione, entusiasmo e speranza investite generosamente nei territori del counselling, dell’educazione e della formazione; spirito d’iniziativa e desiderio di esplorare nuovi spazi di condivisione della conoscenza e della pratica professionale: è tutto questo che dà forma e forza al nuovo lavoro della rivista Counselling Scolastico di cui presentiamo il numero zero. La comunicazione come fattore propulsivo di aperture e conflitti relazionali, di ricchezze e potenzialità soggettive e intersoggettive, di svolte evolutive e blocchi della crescita. La comunicazione come contenitore di convergenza trasversale di interventi di varia natura (formativi, facilitativi, di ricerca, ecc.), collocati a diversi livelli del sistema educativo scolastico e con diversi destinatari. La comunicazione, soprattutto nelle sue espressioni di aiuto efficace, occupa uno spazio privilegiato in quanto strumento primario di ogni processo di comprensione e cambiamento. La relazione può risultare di aiuto quando le competenze di counselling sono inserite nello stile comunicativo a prescindere dal ruolo professionale svolto, oppure può esprimere la propria funzione di sostegno in un setting professionale specifico e regolato. Le abilità di counselling possono dunque entrare in ogni contesto, professionale o di vita personale, che implichi una relazione finalizzata a migliorare l’efficacia comunicativa e il clima interpersonale. In questo modo diventano molte le possibili forme di relazioni d’aiuto in cui ci si può trovare coinvolti a vario titolo. Oggi, quando la sicurezza che nasce dal senso di appartenenza a una specifica e definita identità geografica e culturale viene scossa dai processi di globalizzazione, dall’abbattimento di confini reali e muri immaginari, quando l’informazione viaggia così
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veloce da non poter a volte essere assimilata, ma solo ingoiata, la valenza del counselling assume un ruolo di potente mediazione trasformativa. La complessità che cresce fuori e dentro ciascuno di noi, la breve vita di qualunque sapere, l’esiguità del tempo di permanenza delle cose e delle certezze, la contemporaneità di opposti inconciliabili, le difficoltà di sintonizzazione del tempo interiore con i ritmi della vita dettati dall’esterno, incidono negativamente sulla salute individuale e collettiva. È ancora il counselling, processo relazionale finalizzato allo sviluppo di competenze e di padronanza nella vita soggettiva e interpersonale, lo strumento che può far tornare a guardare alla realtà quotidiana con speranza e fiducia. Padroneggiare le abilità di base del counselling da parte delle diverse componenti del sistema scolastico (dall’insegnante, allo studente, al personale non docente, al genitore) potenzia il contesto nelle sue valenze di protezione dallo stress e dalle esperienze critiche e traumatiche e sviluppa quei fattori di adattamento flessibile che risultano particolarmente importanti per il benessere individuale e collettivo. La rivista In queste pagine vorremmo ospitare parole, testimonianze, riflessioni, dubbi e idee di chi nella scuola e per la scuola lavora e vive con ruoli e funzioni diverse. Questa finalità ha guidato l’articolazione della rivista nelle sue quattro sezioni: “Nel vivo dell’esperienza” raccoglie lavori di counselling condotti in diversi contesti scolastici. Siamo convinti che nella scuola si faccia molto più e molto meglio di quello che si riesce a vedere e perciò vorremmo dare rilievo a quelle azioni svolte a sostegno della salute e del benessere di bambini, ragazzi e adulti.
Il counselling scolastico: radici storiche Il counselling nasce e si sviluppa originariamente nel mondo anglosassone tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX proprio con finalità di orientamento professionale e scolastico. Il counselling scolastico compare negli USA già nel 1898, quando le scuole di Detroit impegnano in modo stabile la figura del counsellor scolastico come strumento di facilitazione dell’espressione del pieno potenziale di bambini e ragazzi che, nonostante le capacità, non raggiungono risultati soddisfacenti. In Gran Bretagna il counselling scolastico si sviluppa ampiamente dagli anni Sessanta, con alterne vicende (negli anni Ottanta il compito del counsellor viene affidato agli insegnanti), fino ad avere oggi un impiego differenziato e regolare, con corsi di formazione specifici e specialistici che definiscono il ruolo del counsellor di base distinto da
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Editoriale COMUNICAZIONE
Gli interventi cercano di evidenziare le funzioni che il counselling scolastico svolge e il valore che riveste quando viene applicato secondo le sue finalità fondamentali: l’orientamento, l’aiuto e il sostegno al raggiungimento di obiettivi educativi, formativi e di vita. La sezione “In cerca di idee” raccoglie, in questo numero zero, spunti di riflessione, studi e ricerche effettuati nell’ambito del counselling scolastico, con particolare rilievo alle tematiche che aprono spazi alle potenzialità applicative pratiche del counselling stesso nei contesti dell’integrazione e dell’interculturalità. Altre aree di approfondimento previste in questa sezione sono quelle della Psicologia positiva, la Psicologia di Comunità e gli strumenti descrittivodiagnostici e di orientamento utilizzabili dal counsellor. “Sfogliando sfogliando” deriva dalla selezione commentata di articoli e testi che sono sembrati particolarmente significativi per
parlare del counselling scolastico o di tematiche relative al rapporto educativo. La sezione conclusiva, “La voce dei ragazzi” vuole offrire il punto di vista dei protagonisti destinatari delle relazioni d’aiuto e degli interventi di counselling scolastico: due lettere di riflessione e un feedback su un intervento di counselling di gruppo. Potremo ascoltare la loro voce anche attraverso il glossario, che conterrà una serie di termini che ci illustrano le forme di comunicazione giovanile più attuali, tradotte in “adultese”. Le ultime pagine della rivista sono riservate all’ABC del counselling, un dizionario che contiene i termini essenziali che compaiono nei vari articoli e che in ogni numero verrà arricchito di nuovi vocaboli. Cominciamo questa nuova avventura con l’obiettivo di integrare gli aspetti narrativi e la vivacità delle esperienze dei ragazzi con una metodologia scientifica, approccio che esalta le qualità di un counselling condotto ❏ con saggezza, etica e creatività.
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RELAZIONI D’AIUTO
quello scolastico. In Italia possiamo far risalire le origini del counselling scolastico all’istituzione dei CIC (Centri di Informazione e Consulenza) prima nelle scuole superiori (legge 162/90) e poi estesa, in forme specifiche, agli altri livelli di scolarità. Il CIC è collocato nell’ambito delle attività di educazione alla salute e prevenzione del disagio minorile e viene inizialmente affidato ai docenti referenti, ai quali sono destinate specifiche iniziative formative.
MASTER IN COUNSELLING PER L’ETÀ EVOLUTIVA Una figura professionale con competenze nella conduzione del colloquio, nella gestione di gruppi di diversa natura, nella mediazione relazionale, con approfondite conoscenze nella psicologia dello sviluppo e delle relazioni, capace di agire nei sistemi affettivo-relazionali e di produrre interventi di sviluppo della comunità. il Master ha durata triennale (450 ore) con iscrizione entro il mese di gennaio e frequenza di una volta al mese il sabato dalle 11.00 alle 18.00 e la domenica dalle 9.00 alle 18.00. 1° anno 2° anno 3° anno
Crescite, cambiamenti, relazioni; i percorsi della salute in età evolutiva Applicazioni del counselling nei contesti educativi e formativi L’approccio pluralistico integrato nella pratica applicata e nella supervisione
L’attestato in counselling skill consente l’iscrizione presso: EAC - CNCP - REICO. Costo annuale: € 1.700,00 e Iscrizione € 65,00.
ASSOCIAZIONE ASPIC PER LA SCUOLA
Via A. Macinghi Strozzi, 42/A 00145 Roma - Tel. 06.51435434 - Fax 06.51882458 aspicperlascuola@genie.it – www.aspicperlascuola.it
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Sommario
Editoriale Cominciamo davvero da zero? COMUNICAZIONE
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di Enrichetta Spalletta
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Rivista di esperienze, studi, ricerche in: • Psicologia dello sviluppo • Scienze dell’educazione e della formazione • Psicologia di comunità • Intercultura e integrazione • Psicologia positiva • Valutazione e Orientamento
Nel vivo dell’esperienza Ciao, come stai? Comunicazione affettiva e competenze scolastiche di Carla Bordoni e Brunella Filigonio
Insieme si può Auto aiuto per genitori
Direttore responsabile
di Alessandra Orsi
Alessandra Orsi
Il piacere ritrovato
Direzione scientifica Enrichetta Spalletta
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L’educazione positiva come risorsa per insegnare
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di Giuseppe Itri
Redazione Carla Bordoni, Marco Chimenti, M. Teresa Di Egidio, Brunella Filigonio, Giuseppe Itri, M. CristinaNardini, Alessandra Orsi, Enrichetta Spalletta
In cerca di idee
Amministrazione
dalla teoria alla pratica
Il ruolo del counsellor scolastico:
ASPIC per la SCUOLA Sede Legale:
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di Maria Cristina Nardini
Via Vittore Carpaccio, 32 - Roma Sede Operativa:
Via A. Macinghi Strozzi, 42/S - Roma Tel. +39 06.51435434 Fax +39 06.51882585 E-mail:
aspicperlascuola@genie.it counsellingscolastico@aspicperlascuola.it Sito internet:
www.aspicperlascuola.it
Dimmi come scrivi… La grafologia come strumento di descrizione e orientamento
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di Stefano Fiore
Studiare per la scuola: tecniche di sopravvivenza o…
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di Marco Chimenti
Progetto grafico e impaginazione Illustrazioni
Sfogliando sfogliando
Sara Nanni
Recensioni e segnalazioni a cura della redazione
Stefano Colitti - Roma
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Stampa New Interstampa srl Via della Magliana, 295 - 00146 Roma
Distribuzione
Online: www.aspicperlascuola.it ASPIC per la SCUOLA Via A. Macinghi Strozzi, 42/A - 00145 Roma Tel. +39 06.51435434 - Fax +39 06.51882585 La proprietà letteraria di qualsiasi articolo pubblicato nella Rivista è riservata e per quanto non espressamente richiamato valgono le norme internazionali sul copyright.
La voce dei ragazzi Lettere, opinioni, proposte
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Glossario ABC del counselling
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Anno Accademico 2006-2007 Data di inizio
Corsi
Tel. Referente
29 Settembre 2006
Master in Counselling dei Sistemi Intimi e Identità di Genere
06.54225060
14 Ottobre 2006
Master in Counselling Aziendale
06.7020174
15 Ottobre 2006
Training Intensivo Esperienziale di Addestramento alle Tecniche di Autosostegno
06.51435434
16 Ottobre 2006
Corso di Psicodiagnosi e Valutazione Psicologica
347.89166113 328.8278450
18 Ottobre 2006
Training Residenziale in Integrazione Cuore – Pelvi
06.54225060
28 Ottobre 2006
Corso di 80 ore per Psicologi con Laurea Triennale Tecniche di Gestione dell’Intervista Motivazionale e del Colloquio di Sostegno
06.54225060
04 Novembre 2006
Scuola di Specializzazione per psicoterapeuti con autorizzazione ministeriale
06.5413513
06 Novembre 2006
Master in MentalCoaching anche a distanza
06.51435434
25 Novembre 2006
Corso per Psicologi con Laurea Specialistica Metodologia e Tecniche della Consulenza Psicologica Individuale e di Gruppo
06.54225060
02 Dicembre 2006
Pre-Training Master in Counselling Professionale
06.54225060
06 Gennaio 2007
Corso di Dramma-Counselling e TeatroTerapia
06.82004539
07 Gennaio 2007
Corso di Dance-Counselling e MovimentoTerapia
06.82004539
12 Gennaio 2007
Training esperienziale per l’abilitazione pratica in Counselling Skills
06.51435434
13 Gennaio 2007
Corso avanzato annuale in Mediazione Familiare per professionisti della relazione d’aiuto
06.3721136
19 Gennaio 2007
Training avanzato sulla Coppia
06.5413513
20 Gennaio 2007
Corso di Counselling Psicologico Breve per Psicologi - 150 ore
06.54225060
20 Gennaio 2007
Master biennale in Mediazione Familiare e Counselling nei conflitti relazionali
06.3721136
21 Gennaio 2007
Corso di formazione in Counselling per lo Sport
06.5413513
25 Gennaio 2007
Corso di Videomodeling con Supervisione nella relazione d’aiuto
06.5413513
26 Gennaio 2007
Corso di Videodidattica concreto Grandi maestri psicoterapeuti all’opera
06.5413513
27 Gennaio 2007
Master in Counselling dell’Età Evolutiva
06.51435434
27 Gennaio 2007
Master in Counselling Espressivo e Arteterapia
06.82004539
27 Gennaio 2007
Scuola di Specializzazione per psicoterapeuti con autorizzazione ministeriale
06.5413513
10 Febbraio 2007
Corso di formazione sui Disturbi dell’Alimentazione e del Peso
06.51435434
17 Febbraio 2007
Corso di Eto-Counselling: il mondo animale nella relazione di aiuto
06.51435434
24 Febbraio 2007
Il Counselling nella Promozione della resilience e della motivazione allo studio (autorizzazione Ministeriale MIUR 17/05/06 - prot. 593)
06.51435434
19 Marzo 2007
Corso di Microcounselling: propedeutica al diploma in counselling
06.54225060
21 Marzo 2007
Training Residenziale in Integrazione Cuore – Pelvi
06.54225060
Per informazioni e per ricevere gratuitamente il catalogo illustrativo della formazione in Video, dei Corsi e delle pubblicazioni: Tel. 06.5413513 - 06.51435434 - 06.54225060 - 06.5926770
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Nel vivo dell’esperienza COMUNICAZIONE
Ciao, come stai?
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Comunicazione affettiva e competenze scolastiche di CARLA BORDONI e BRUNELLA FILIGONIO a scuola si alimenta di affetti, di emozioni e di condivisione. Eppure è ancora molto difficile riuscire a costruire al suo interno uno spazio d’incontro, in cui sia possibile per i ragazzi oltre che costruire il sapere anche poter incrementare quella disposizione dell’animo che apre all’accoglienza, al rispetto e alla solidarietà. Basterebbe non dimenticare che le emozioni e i sentimenti, la capacità di mettersi in relazione e di comunicare con gli altri, incidono potentemente sulla qualità della vita e il benessere di ognuno di noi: sono alla base della formazione della nostra identità, determinano il grado di soddisfazione o meno nella nostra vita, si riflettono sulla gratificazione o frustrazione che ricaviamo a scuola. Di questa importanza si è presa una coscienza ancora parziale, così che nelle scuole l’educazione dell’intelligenza emotiva e delle abilità comunicativo-relazionali è ancora quasi del tutto assente. In questi ultimi anni chi scrive ha realizzato, insieme con altri colleghi, all’interno dell’istituzione scolastica alcuni interventi di counselling rivolti ad offrire un sostegno ad alunni della scuola media superiore, per affrontare alcuni problemi abbastanza frequenti, come la demotivazione allo studio o le difficoltà relazionali. Dalle nostre esperienze è emersa una realtà assai complessa e contraddittoria. Troppo spesso nella scuola è sopravvalutato l’apprendimento cognitivo e trascurata l’educazione a una corretta comunicazione e a delle sane relazioni interpersonali, così come è a volte favorito l’apprendimento individuale e competitivo ed è ignorato quello condiviso e costruito insieme. Le relazioni problematiche e le difficoltà comunicative all’interno della classe hanno costituito spesso il problema principale da affrontare. Nei diversi incontri abbiamo potuto costatare che solitudine, comunicazione superficiale e stereotipata, nonché scarsa conoscenza reciproca siano il dato prevalente e comune a molte classi.
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“Durante le lezioni io dormo sul banco, non do fastidio a nessuno, perché devo essere ripreso?” Io sto agli ultimi banchi, ai primi sono seduti i bravi che non so neanche come si chiamino”. “Sto ai primi banchi e non mi perdo neanche una parola di quello che dicono i professori, io però non capisco bene l’italiano e mi è proprio difficile seguire nonostante la mia buona volontà. I professori pensano, invece, che io non abbia voglia di studiare”. “Io di matematica non capisco niente, è dalle medie che vado male. Quando la professoressa m’ interroga prendo sempre due perché faccio scena muta e vengo rispedito al posto. Ma lei che ne può sapere della mia vergogna e del mio malessere!”. Frequenti poi le frasi del tipo: “…le cose sono sempre così…io non posso farci niente”. Queste sono le considerazioni ricorrenti e preoccupanti che abbiamo più volte ascoltato. Estranei alla scuola Riflettere su queste esperienze è servito però per portare alla luce tutte le paure e le insicurezze di questi ragazzi: la scarsa stima in se stessi, il basso senso di autoefficacia, la poca fiducia negli altri, la tendenza a non credere che le situazioni possano cambiare e di conseguenza la difficoltà a impegnarsi nella soluzione dei problemi, la mancanza di assertività e la scarsissima consapevolezza emotiva ovvero una incapacità a contattare e a esprimere i sentimenti. E’ infatti frequente una presa di distanza dalle emozioni, una loro rimozione che spesso condanna a un percorso unico di pensiero o di comportamento, non intenzionale e in quanto tale non modificabile. Altro dato emerso è il senso d’estraneità alla scuola della maggior parte dei ragazzi, il disinteresse per qualcosa che è distante dalla loro vita. Soltanto prestando attenzione al loro disagio è stato possibile coinvolgerli nelle attività e il riscontro ottenuto ha evidenziato come gli alunni siano perfettamente in grado di capire il valore di una comunicazione efficace, che è fatta, secondo loro, di fiducia,
La capacità di mettersi in relazione e di comunicare con gli altri incide sulla qualità della vita, e sul benessere degli alunni.
Demotivazione e difficoltà relazionali e comunicative sono i problemi più frequenti.
Frasi ricorrenti mettono in luce paure e insicurezze dei ragazzi.
Disagio, problemi familiari, emarginazione sociale e culturale fanno sentire la scuola distante ed estranea.
La scuola deve coltivare l’accoglienza, ’ascolto, la solidarietà e valorizzazione reciproca.
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Le relazioni positive all’interno della classe sono importanti per mettere a disposizione le proprie risorse e apprendere insieme.
Il gruppo può divenire “la banca” delle abilità e delle strategie di ciascuno e una ricchezza per tutti.
Un gruppo-classe coeso e cooperativo aiuta a sviluppare una maggiore motivazione intrinseca e capacità critica, a migliorare il senso di autoefficacia e l’autostima.
Per collaborare è necessario saper comunicare, risolvere i conflitti interpersonali e utilizzare atteggiamenti assertivi.
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ascolto, rispetto reciproco, assenza di pregiudizio. Le loro confidenze, inoltre, parlano di quanto spesso siano appesantiti dalla presenza di gravi problemi familiari o di emarginazione sociale e culturale, difficili da affrontare e che sottraggono quelle energie che sarebbero necessarie per studiare. Se in classe venissero coltivati di più l’accoglienza, l’ascolto, la solidarietà, e quindi il benessere, si renderebbe certamente più piacevole lo stare a scuola e conseguentemente più efficace il processo di formazione. Abbiamo dovuto, invece, registrare spesso la solitudine o l’isolamento di alcuni. Nella maggior parte dei casi è, infatti, completamente sommersa, se non addirittura assente, la rete delle loro relazioni. È invece importante considerare i ragazzi non come persone separate, ma intrecciate da relazioni affettive e cognitive che si può aiutare a far emergere e che è necessario contribuire a sviluppare. La mancanza di consapevolezza della rete di relazioni impedisce del resto di intervenire in situazioni problematiche. Aiutare a crescere Quando gli studenti arrivano in classe il primo giorno di scuola non costituiscono un gruppo, si potrebbe dire che sono in gruppo ma non sono ancora un gruppo. Lo possono diventare attraverso un processo di conoscenza, di accoglienza e di valorizzazione reciproca se sono aiutati a intrecciare fra loro relazioni positive. Gli studenti possono, cioè, aiutarsi a crescere, mettendo a disposizione le proprie risorse per apprendere insieme. Ogni studente porta nel gruppo la sua competenza, storia, senso d’identità, affetti, esperienza e visione del mondo. Ciascuno entra in contatto con altre persone e all’interno di queste relazioni si confronta con il sapere, la motivazione, le strategie d’apprendimento, le difficoltà dello studio, l’entusiasmo d’apprendere cose nuove. Ecco perché credo che il gruppo classe possa realmente rappresentare una risorsa educativa e didattica da valorizzare come specifico strumento di formazione. I risultati migliori sono stati raggiunti quando abbiamo lavorato nelle classi, ponendoci come obiettivo primario quello di au-
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mentare la fiducia e la coesione del gruppo, attraverso ad esempio giochi di cooperazione, che facilitassero nei ragazzi la capacità di entrare in sintonia con gli altri, di riuscire a risolvere un problema tutti insieme, di saper coordinare le proprie azioni con quelle dei compagni. Per fondare il gruppo sono stati molto efficaci gli esercizi sul ritmo e sulla condivisione di alcuni gesti, utili a far entrare i ragazzi fra di loro in una relazione empatica corporea, attraverso i movimenti di unione- separazione, identificazione-differenziazione. E’ importante che gli adolescenti sperimentino gli atteggiamenti e i comportamenti necessari per una cooperazione positiva, che apprendano ad armonizzare fra di loro le diverse energie. Attraverso attivazioni ed esercitazioni pratiche i ragazzi, divertendosi, hanno potuto fare esperienza e riflettere su cosa significhi far parte di un gruppo, e su cosa occorra per costituire un buon gruppo. Fondamentale è soprattutto che ognuno possa percepire la gratificante sensazione di essere considerato una risorsa per se stesso e per il gruppo, di sentirsi valorizzato per le sue competenze, caratteristiche, contributi. Il gruppo può così divenire “ la banca” delle abilità e delle strategie di ciascuno e quindi una ricchezza per tutti. Molto coinvolgente a questo proposito è stato un incontro in una classe, nella quale tutti si sono dati da fare per cercare le soluzioni possibili per riuscire ad applicarsi con maggior successo nello studio. E’ stato così possibile per ciascuno, attraverso la tecnica del brainstorming e del problem-solving, offrire al gruppo, con gran creatività e generosità, i propri suggerimenti e consigli, cui tutti hanno poi effettivamente attinto, migliorando alla fine il rendimento scolastico. Un gruppo- classe coeso e cooperativo aiuta quindi gli studenti a sviluppare una maggiore motivazione intrinseca e capacità critica, a migliorare il senso di autoefficacia e l’autostima incrementando la capacità di affrontare le difficoltà. Saper collaborare però non dipende solo da un’inclinazione personale, è un’abilità che può e deve essere appresa. Richiede, infatti, delle competenze comu-
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Nel vivo dell’esperienza COMUNICAZIONE
nicative e una capacità d’interazione costruttiva nei rapporti sociali che devono per essere insegnate. Per comunicare e talvolta collaborare bene è necessario riuscire a risolvere i conflitti interpersonali, saper coordinare con gli altri i propri sforzi, poter riconoscere quando qualcuno ha bisogno d’aiuto, saper ascoltare, essere in grado di assumersi la responsabilità delle proprie emozioni nel rapporto con gli altri, utilizzando atteggiamenti assertivi e superando i sentimenti di ostilità. Sarebbe dunque molto utile progettare degli interventi nelle scuole mirati a incrementare nei ragazzi queste capacità e abilità. Altro importante fattore positivo nella relazione insegnante-alunno è l’accettazione dell’altro. L’ascolto, l’empatia ottengono più risultati dei biasimi o dei rimproveri. Infatti un ragazzo che si sente accettato come è, con aspetti positivi e negativi, si accetta a sua volta, non è più paralizzato dall’ansia o dai sensi di colpa ed è più facile che cambi i suoi comportamenti inadeguati. Le critiche continue invece producono spesso una reazione difensiva che blocca l’iniziativa, la creatività e l’apprendimento. Accettare e valorizzare Accettare è anche valorizzare e mettere in evidenza quanto di positivo c’è in ogni persona, considerando i successi e gli insuccessi come due aspetti complementari dello studio. Infatti la percezione positiva di sé può essere potenziata attraverso la gratificazione ed è migliorando la fiducia nelle proprie possibilità che si progredisce nell’apprendimento, perché l’alunno viene aiutato a scoprire e a utilizzare risorse e responsabilità personale. A maggior ragione in un percorso formativo dove obiettivo di primaria importanza è proprio il risveglio della consapevolezza, che nasce dall’esperienza e dalla riflessione personale e non dal credere ciecamente in idee altrui. Infatti i ragazzi hanno partecipato con maggiore coinvolgimento e creatività nei momenti in cui sono stati sollecitati a interrogarsi, riflettere e a sperimentare esercizi e metodi, più che ad accettare teorie e verità già preconfezionate. Il circle-time è uno strumento di discussione guidata che si è dimostrato
molto utile per il potenziamento delle abilità comunicative e relazionali degli alunni, per promuovere le loro abilità di espressione, ascolto e interazione. Essenziale è, infatti, lo spazio dedicato alla libera condivisione, in cui ciascuno può esprimere agli altri le proprie esperienze e riflessioni in un’atmosfera di sostegno reciproco e accettazione. Un simile clima ci ha consentito, inoltre, di utilizzare il cosiddetto gioco di ruolo, con il quale i ragazzi si sono potuti esercitare ad assumere una parte più attiva e propositiva nel rapporto con gli insegnanti e a utilizzare una comunicazione più assertiva, mostrando alla fine che si può sperare che comportamenti e alcuni stili comunicativi possono effettivamente cambiare le cose e far ottenere risultati più gratificanti. Per riassumere e concludere vorrei che emergesse la necessità di promuovere una nuova cultura della comunicazione e delle relazioni, che porti a vivere con maggiore consapevolezza la dimensione affettivo-emotiva e le dinamiche interpersonali per poter affrontare con serenità e spirito di collaborazione le relazioni con gli altri e superare la solitudine, le incomprensioni e le conflittualità. Occorre però, a tal fine, operare un cambiamento di rotta e lasciare più spazio alla cura della relazione intesa nel suo significato di percorso per crescere insieme. Riferimenti bibliografici GIUSTI E. (1999), Training dell’assertività. Mai dire sì quando si vorrebbe dire no, ASPIC, Roma. POLITO M. (2000), Attivare le risorse del gruppo classe, Erickson, Trento. PUTTON A. (1999), Empowerment e scuola, Carocci, Roma.
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RELAZIONI D’AIUTO
Accettare è valorizzare e mettere in evidenza quanto di positivo c’è in ogni persona.
La gratificazione aiuta a migliorare la fiducia nelle proprie possibilità.
Circle-time e i giochi di ruolo come strumenti di promozione delle capacità di espressione, ascolto e interazione, sviluppo della consapevolezza di sé e degli altri
Una cultura della comunicazione e delle relazioni per favorire dinamiche interpersonali e il superaramento delle conflittualità.
MIUR Corsi con Autorizzazione Ministeriale prot. 593 del 17/05/2006
Il Counselling nella Promozione della resilience e della motivazione allo studio Il Counselling per l’età evolutiva: strumenti e interventi per l’Agevolazione e il Sostegno delle interazioni educative
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Nel vivo dell’esperienza Insieme si può
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Auto aiuto per genitori di ALESSANDRA ORSI Dalla cronaca alcuni spunti di rflessione
La richiesta di un padre di una ragazza di 15 anni in difficoltà sembra essere innanzitutto quella di un dialogo con la scuola.
No a soluzioni e risposte preconfezionate, bensì valorizzare risorse e potenzialità di ciascuno.
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aro Preside, in relazione allo spiacevole e grave episodio di oggi che ha visto mia figlia incatenarsi a un cancello della scuola a fronte di presunti gravi episodi di discriminazione di cui sarebbe vittima a opera di alcuni insegnanti, ritengo doveroso rappresentarle quanto segue: sono a formalizzare, anche a nome di mia moglie, le mie scuse e il rammarico per un gesto scorretto nelle forme e nei modi. Il gesto di mia figlia evidenzia in modo palese il mio errore di valutazione non tanto sul disagio vissuto da mia figlia, già oggetto di continue analisi all’interno del nucleo familiare, quanto del suo grado di intensità emotiva. (…) L’inerzia da Lei evidenziata rispetto ai solleciti e alle invocazioni palesi di aiuto e la Sua indisponibilità oggi a incontrarmi, confermano quantomeno la Sua insensibilità. (…) Oggi, fortunatamente, ci troviamo, con animo sollevato per quanto mi riguarda, a riflettere su uno scorretto atto goliardico e non su un lutto, ma mi viene spontaneo chiedermi se, in altri casi in cui assistiamo a fatti drammatici, non vi possano essere, talvolta, anche situazioni simili a quella che vive oggi mia figlia. Discutere serenamente su tutto ciò, invece di trincerarsi dietro a tristi difese di ufficio, non potrà che giovare a mia figlia e, probabilmente, alla scuola italiana”. Questa lettera, firmata, è apparsa lo scorso 23 maggio sulle pagine romane del quotidiano La Repubblica di fianco all’articolo che racconta l’episodio. In maniera sintetica, ma estremamente lucida, la richiesta di un padre di una ragazza di 15 anni in difficoltà sembra essere innanzitutto quella di un dialogo con la scuola. La stessa espressione – necessità di dialogo - compare tra gli “auspici” ratificati nientemeno che in un’aula del Tribunale Civile di Milano che, alla fine dello scorso aprile, era stato chiamato a dirimere una complessa vicenda di espulsione a carico di un ragazzo di 12 anni dichiarato dalla scuola “ingestibile per i suoi disturbi di comportamento” e che la stessa scuola non avrebbe voluto riammettere
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“in mancanza di una terapia con psicofarmaci adeguati” (Ritalin): ora il ragazzo seguirà un percorso concordato tra psicologi e famiglia e il dialogo genitori insegnanti dovrà per forza essere attivato. Terzo scenario e un’altra latitudine: vari episodi di violenza e bullismo in una scuola secondaria di Berlino hanno reso pressoché impossibile la prosecuzione della didattica. Dopo che il caso ha raggiunto anche l’onore delle cronache, si è deciso un intervento che sarà basato – raccontano i giornali – innanzitutto su percorsi di counselling individuali e di gruppo che coinvolgono anche i genitori. Sono solo tre piccoli episodi tra i migliaia che si potrebbero citare, e che hanno in comune semplicemente di essere avvenuti a poco tempo di distanza, ma soprattutto di avviarsi verso un percorso di dialogo tra la scuola e la famiglia che sembra una banalità ma è invece un tassello spesso mancante che trasforma gli uni e gli altri in nemici. La famiglia che cambia È con questa premessa che possiamo avvicinarci con accresciuto interesse a progetti di counselling per i genitori come quello sviluppato nella tesi di master dell’Aspic in counselling per l’età evolutiva di Cristina Quarta che dà conto di un’esperienza di sostegno realizzata nel 2003 nel comune di Rozzano (provincia di Milano) con la metodologia dell’auto mutuo aiuto, nato dall’idea “di sostenere la famiglia e il suo benessere, favorendo l’incontro e il confronto tra i genitori. Infatti - spiega Cristina Quarta - alla ‘nuova famiglia’ si chiedono cose nuove, responsabilità e compiti delicati, un diverso impegno educativo, una maggiore considerazione della personalità dei figli. La società attuale ha reso più difficile incontrarsi e scambiare con semplicità le proprie idee ed esperienze. Nel percorso che ho proposto non si volevano dare soluzioni e risposte preconfezionate, ma abbiamo cercato di valorizzare le risorse e le potenzia-
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lità di ognuno. Partire da queste premesse può permettere di costruire, in modo attivo e graduale, la capacità di affrontare problemi e difficoltà”. Questo a mio parere è il cuore di tutto il lavoro perché è ciò che fonda un progetto davvero aperto ai bisogni specifici, accuratamente analizzati prima di attivarlo. Nella tesi il percorso è molto articolato e, sulla scorta di un’impostazione teorica che ha origine nella nascita dei primi gruppi di selfhelp negli Stati Uniti degli anni Trenta, delinea una ben dettagliata parte progettuale che scandisce i vari incontri, con relative auto-valutazioni finali (la tesi sarà disponibile in rete nel sito www.aspicperlascuola.it). A un paio d’anni di distanza, è parso utile sentire direttamente dall’autrice della tesi, che da allora ha continuato a condurre gruppi di questo tipo, un parere su cosa realmente rende efficace un progetto con i genitori: “Il percorso In forma genitori che ho fatto con l’associazione Elianto di cui sono socia era rivolto a genitori di bambini che frequentavano la scuola elementare mentre ce n’era un altro per genitori di ragazzi frequentanti la scuola media e la prima considerazione importante che vorrei fare è che sempre bene dividere i genitori in base all’esperienza che stanno vivendo, perché in tal modo si può aiutarli a condividere le stesse difficoltà che sono molto diverse a seconda dell’età dei figli. I gruppi sono stati condotti attraverso la metodologia dell’auto mutuo aiuto, ormai collaudata e diffusa, che consente alle persone, attraverso un processo di autocoscienza e di auto responsabilizzazione, di diventare artefici di un percorso di crescita personale e sociale. Non sono gruppi terapeutici, né sono solo gruppi ricreativi, sociali, o d’azione politica. I membri si offrono l’un l’altro sostegno psicologico, imparano nuovi modi di fronteggiare i problemi, scoprono strategie per migliorare le loro condizioni e, nell’aiutare se stessi, aiutano gli altri. Io fornivo degli stimoli e loro agivano autonomamente: da soli, in coppie, in piccoli gruppi, in assemblea, lavorando sulla loro parte emotiva, sulle loro difficoltà, sulle loro risorse e sulle possibili soluzioni.
Genitori che producono pensieri Questa secondo me è l’idea forte di questi gruppi: far entrare i genitori nella parte di alunni e professori che cercano soluzioni ai loro problemi, partendo da ciò che sono e non da ciò che potrebbero essere. Nella mia tesi finale per l’Aspic c’è il risultato di questo lavoro con l’elaborazione di tutto ciò che hanno prodotto e questa è la seconda cosa importante a mio parere, perché è essenziale farli sentire produttori di pensieri e azioni che neanche il miglior psicologo e pedagogista del mondo potrebbe elaborare così bene”. E i limiti di questa esperienza? “Non so se si può chiamare punto di debolezza ma è certo che questi gruppi in genere vedono la partecipazione di persone che sono già abituate a mettersi in gioco. Un limite forte è forse quello della bassa presenza, se non nulla, di papà che credono che sia ‘meglio che ci vada mia moglie, in fondo è lei che si occupa di loro’. Nella mia esperienza i feedback sono sempre molto positivi, ma non saprei dire se funziona nel tempo anche se mi è capitato di vedere qualche genitore che ha continuato a venire per tutti e tre gli anni”. Come si svolge il lavoro? “In genere ci sono sei incontri la sera nel corso di tre mesi, uno ogni due settimane, e… sarebbe bello poter fare un lavoro più lungo nel tempo che permetta a chi se la sente di diventare a sua volta conduttore del gruppo, avvalendosi della figura dell’esperto per la supervisione”. Anche in questo caso, dunque, l’auspicio che deriva dall’esperienza è quello di costruire sempre più diffuse e diversificate occasioni di dialogo, dal quale possono nascere nuove risorse: ciò che, in fondo, è alla base del counselling.
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Dalle esperienze di sefl-help uno stimolo importante per l’aiuto ai genitori
È meglio che i genitori possano incontrarsi avendo figli della stessa età.
Sarebbe bello poter fare un lavoro più duraturo che permetta ai genitori di diventare a loro volta conduttori di gruppi.
Riferimenti bibliografici FRANCESCATO D. PUTTON A. (2000), Stare meglio insieme, Mondadori, Milano. GILLINI G., ZATTONI M. (2002), Benessere in famiglia, Queriniana, Brescia. PHILLIPS A. (1999), I no che aiutano a crescere, Feltrinelli, Milano. SIEGEL DANIEL J., HARTZELL MARY (2005), Errori da non ripetere. Come la conoscenza della propria storia aiuta a essere genitori, Raffaello Cortina, Milano.
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Il piacere ritrovato
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l’educazione positiva come risorsa per insegnare di GIUSEPPE ITRI na partecipazione in prima persona da parte dei docenti ha caratterizzato il corso “Malessere motivazionale e difficoltà di identificazione del ruolo”, organizzato dal Dipartimento di Salute Mentale della RM/E. Il rapporto con studenti, professori, presidi e genitori non è il più semplice da affrontare, ma andare direttamente a scuola, senza dubbio, è un passo obbligato per vedere le classi per quello che realmente sono. È lavorando sul campo che si può fare leva sulla grande risorsa che questa collaborazione rappresenta. Il corso è nato in risposta alla voce preoccupata dei docenti, che sono i primi a denunciare la difficoltà a vivere con desiderio il ruolo di insegnante. Si incomincia a parlare di crisi di ruolo. Allo stesso tempo, osserviamo che la scuola italiana sta attraversando un delicato periodo storico. Una maggiore richiesta agli istituti, che accanto a cambiamenti di procedure, burocrazie, carte e relazioni, si accompagna un reale adeguamento della persona, a cui non tutti sono pronti. Grazie alla riforma scolastica, il collegio dei docenti beneficia di una più ampia libertà decisionale nella stesura della linea programmatica, ciò nonostante il singolo non è in grado di farsi capire, di poter esprimere i dubbi e poter manifestare un pensiero. Si separa la concezione di scuola di ciascuno dalla scuola stessa. Accade così che, nelle scuole, insormontabili muri di sfiducia preconcetta creino divisioni nei quotidiani luoghi di vita. Ed è una conseguenza inevitabile, parlare di disagio di solitudine, di contrasto generazionale, di superficialità culturale, espressiva, emotiva, sentimentale. Una superficialità che, con un circolo vizioso, nasce dalla difficoltà di comprendere gli altri e si autoalimenta nell’assuefazione a non cercare nemmeno le ragioni di ciò che ognuno vuole trasmettere. Dove il dialogo è agonizzante, qualsiasi tipo di conflitto trova il terreno più fertile e produttivo. L’obiettivo di questo corso non era quello di indagare sulle cause di
U “Siamo stanchi, non riusciamo a gestire tutti i ruoli. Non abbiamo voglia di confrontarci o di andare incontro all’altro”.
“Non riusciamo ad esprimerci, non ci capiamo, non ci capiscono”.
La personalità non segue il destino e si può cambiare mutando il modo di pensare.
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queste sofferenze organizzative, ma offrire delle conoscenze adeguate al loro superamento, facendo leva sulle potenzialità e capacità di ciascuno. Sebbene il titolo sia focalizzato su condizioni di malessere lavorativo, di fatto, ha costituito il punto di partenza per produrre riflessioni che tanto hanno dimostrato della bellezza e della ricchezza dell’esperienza educativa. Oggetto delle lezioni sono stati i sentimenti e le emozioni. L’argomento, ha richiesto che i partecipanti si rivedessero nel loro tessuto emozionale. I docenti da veri protagonisti hanno reso gli incontri densi di attrattiva e di possibilità creative. Di volta in volta hanno parlato di questioni concrete, dal dolore di sentirsi esclusi, all’invidia e ai contrasti che insorgono quotidianamente. Parlare delle emozioni Inquadrare la sfera delle emozioni e saperla trattare non è un’abilità scontata e il percorso è risultato ostico. Definire una sensazione interiore è la base per la comprensione di se stessi. Permette di prendere adeguate decisioni comportamentali e di interagire in maniera più costruttiva con gli altri. Il punto cruciale è stato far scoprire che le emozioni e tutta la dinamica sentimentale-emotiva sono frutto anche dei nostri pensieri, della rappresentazione di noi stessi e del mondo. Capire questo implica ammettere la responsabilità che si può essere anche (e non solo) fonte dei propri problemi e sofferenze e causa dell’incapacità di risolverli. Consapevolezza non facile da accettare e spesso vissuta come minaccia alla propria autostima. Un insegnante ha spiegato che la sua frustrazione dipende dalle classi. Altri provano impotenza se non escogitano delle varianti per motivare i ragazzi. È chiaro che esiste la tendenza ad attribuire le cause dello stato interiore a condizioni esterne o al proprio patrimonio genetico. Ma la
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personalità non segna il destino, ma si può cambiare, cambiando il modo di pensare (se disfunzionale). Grazie alle tecniche di simulazione si è potuto osservare meglio la fenomenologia delle emozioni e cominciare a toccare con mano i pensieri fortemente automatizzati che la precedono. Il gruppo si è caratterizzato per gli scambi liberi dalle accese tonalità di vivacità, sempre pertinenti, a quello che il singolo voleva comunicare. Il più delle volte è riuscito a cogliere aspetti nascosti del vissuto soggettivo di un partecipante. Di fronte a tale risorsa gruppale si è lasciato ampio spazio alle risonanze affinché potesse essere favorita una reciproca elaborazione emotiva, attraverso un confronto di letture della realtà. Aiutare l’altro a metabolizzare gli stati d’animo migliora la capacità di gestire la propria sfera emotiva. Nell’altro si trova una valida cartina tornasole osservando i suoi modi di interagire, simili o opposti ai nostri, in un contesto in cui si è più sostenuti ad accettarsi. Ricordi che rivivono Pur non trattandosi di un setting analitico, gli insegnanti hanno tuttavia acquisito degli strumenti conoscitivi tali da poter ricondurre le radici delle attuali modalità relazionali alla qualità del rapporto originario con i genitori o con una figura di riferimento. C’era, ad esempio, chi ancora mantiene un vivido ricordo dei passi del suo professore che rimbombavano, dietro alle sue spalle, in una classe muta. Oppure chi ha preso come modello l’insegnate di matematica, per la sua coerenza e correttezza professionale. Questa è un’indubbia verità: ogni professore, dagli alunni rimane comunque un modello sia in positivo che in negativo. Riflettere sul funzionamento della personalità umana, dunque è stata un’opportunità per uno studio su se stessi, raggiungendo buoni livelli di auto-osservazione. L’empatia, come un’evoluzione naturale, consegue automaticamente all’auto-osservazione. L’empatia è un’abilità sociale con cui si definisce
il riconoscimento delle emozioni altrui: come si sente un altro essere umano. Le persone con capacità empatica sono più recettive ai bisogni e desideri e in genere ai segnali che arrivano dall’esterno. L’empatia rende mentalmente più aperti e indipendenti dal rigido pensiero per categorie. Fa apprezzare l’altro per quello che è, soprattutto non induce all’errore di “plasmare” un ragazzo, ma di educarlo in maniera conforme ai suoi orientamenti più sani. Il viaggio si è concluso evidenziando l’esigenza di ogni insegnante di apprendere e trasmettere queste abilità sociali. Visto che tanto si è fatto per la loro formazione accademica, adesso è arrivato il momento di curare anche gli aspetti psicopedagogici. Gli insegnanti hanno chiaro che da come comunicano dipende l’impatto che hanno sul ragazzo; e se non si riesce a farlo in modo armonico si arriva a fomentare la confusione emozionale. La loro proposta è quella che venga in futuro organizzato un altro corso e che altri ne vengano diffusi. La loro speranza è quella di rendere la scuola in cui vivono, su cui investono tempo ed energia, sudore e passione, un posto in cui apprezzamento e benessere vengano condivisi con le persone verso le quali nutre rispetto.
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Ogni professore rimane sempre un modello sia in positivo che in negativo.
L’empatia rende mentalmente più aperti e permette di apprezzare l’altro per quello che è.
Riferimenti bibliografici: GENNARO, A., TESTI, A. (2001), Ottimismo. Implicazioni teoriche e ambiti di ricerca, in: Giornale Italiano di Psicologia, vol. 31, 101-126. GOLEMAN, D. (1995), Intelligenza emotiva, Bur, Milano 1999. JOHNSON, M. (2004), Approaching the salutogenesis of sense of coherence: The role of “active” self-esteem and coping. British Journal Of Health Psychology, vol. 9, 419-432. MASLACH, C, SCAUFELI, W. B., LEITER, M. P. (2001), Job burnout. Annual Reviews Psychological, 52, 397-422. MASLACH, C., LEITNER, M. P. (1997), Burnout e organizzazioni. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro, Erickson, Trento 2000. SELIGMAN, M. E. P., CSIKSZENTMIHALYI, M., (2000), Positive Psychology: An Intr Solano, L (2001), Tra mente e corpo. Come si costruisce la salute, Raffaello Cortina , Milano 2001.
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In cerca di idee Il ruolo del counsellor scolastico
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dalla teoria alla pratica di MARIA CRISTINA NARDINI ggi, con l’autonomia scolastica, le istituzioni tendono sempre più frequentemente a dotarsi di servizi integrativi di tipo psicologico e psico-socio-educativo in particolare il counselling si dimostra uno strumento di grande efficacia. Attualmente le competenze di base del counselling vengono ampiamente applicate nel contesto scolastico a diversi livelli e da presone diverse oltre al counsellor scolastico: dall’insegnante, allo psicologo, allo psicopedagogista, allo studente fino al genitore e al personale non docente della scuola. La figura del counsellor scolastico professionale si va definendo attraverso le specifiche funzioni del suo ruolo:
O È importante rispettare un ruolo e identificare le varie fasi dell’intervento
Il counsellor come facilitatore di comunicazione con tutte le persone coinvolte nel processo di cambiamento
FACILITATORE DEI PROCESSI di: • sviluppo e promozione del benessere (individuale e di gruppo) • mediazione nelle situazioni critiche e /o conflittuali • orientamento, decisione e scelta • segnalazione e invio AGEVOLATORE DI ABILITÁ • Comunicative • Emotive • Socio-affettive • Comportamentali CONSULENTE DI SOSTEGNO • nelle manifestazioni di disagio individuale e di gruppo • nelle problematiche evolutive • nelle dinamiche interpersonali e relazionali che interferiscono con la salute e il benessere.
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Quando il counsellor è uno psicologo può avvalersi anche di strumenti diagnostici. Secondo Hall e Lin (2004) ci sono 4 fasi fondamentali per la consulenza, ma prima di tutto, il counsellor deve valutare l’eventualità della presa in carico o dell’invio del cliente e successivamente:
1) delineare e circoscrivere la problematica presentata da ragazzo, insegnante e genitori, identificando le preoccupazioni e gli obiettivi; 2) definire il problema e i fattori rilevanti per la situazione al fine di formulare un intervento dagli scopi ben precisi e verificabili; 3) pianificare accuratamente le strategie e gli obiettivi da raggiungere valutandone l’efficacia e l’efficienza; 4) nell’ultima fase avviene il processo di disinvestimento attraverso la verifica e la valutazione di quanto effettuato. Il counsellor scolastico professionale può anche rappresentare un ottimo punto di riferimento per quei genitori che affrontano particolari situazioni quali lutti, divorzi, handicap o malattie, fornendo un supporto sia di tipo emotivo che cognitivo. Anche se il counsellor scolastico costituisce una risorsa, i genitori “portano” spesso in consulenza ansia e rabbia, che il professionista deve valutare adeguatamente. Condivisione delle aspettative Un’eccessiva preoccupazione nei riguardi dei propri figli può limitare infatti l’attivazione dei genitori nell’intraprendere nuove e più efficaci modalità di comunicazione e relazione. Di fronte a tali eventualità è necessario che il counsellor stabilisca come obiettivo dei primi incontri l’analisi e la condivisione delle aspettative emerse e suscitate a fronte della consulenza. Nello stabilire gli obiettivi sia i genitori che gli insegnanti devono essere consapevoli del proprio ruolo all’interno del processo. Il professionista si impegna nella promozione di una comunicazione reciproca delle parti garantendo l’assenza di conflittualità e applicando le tecniche dell’ascolto attivo, al fine di facilitare i genitori nell’inserire in un quadro di più ampio respiro la situazione che stanno affrontando
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In cerca di idee COMUNICAZIONE
L’attività di counselling in ambito scolastico viene promossa attraverso una chiara condivisione da parte dell’intero corpo docente delle funzioni svolte e delle competenze del professionista tanto nell’ambito relazionale quanto in quello didattico. Ciò comporta il riconoscimento della figura del counsellor sia come agevolatore dei processi di trasmissione di conoscenze, nella gestione delle relazioni nel gruppo classe, sia come facilitatore di proficui scambi comunicativi tra scuola e famiglia, tra allievi e personale scolastico. Quando il counsellor è anche uno psicologo arricchirà le sue prestazioni con gli strumenti di valutazione e interveto specifici della figura professionale I punti di seguito presentati elencano alcune procedure indispensabili per stabilire un clima favorevole alla costruzione di un setting caratterizzato dalla fiducia e dalla disponibilità reciproca di genitori, insegnanti e allievi, orientato al raggiungimento di obiettivi che hanno come fine ultimo il benessere comune dei partecipanti. 1. Determinare lo scopo dell’incontro di consultazione, cosa deve essere fatto e discusso. 2. Stabilire gli appuntamenti in modo flessibile. 3. Chiarire le motivazioni. 4. Rendere il setting confortevole. 5. Essere accoglienti con genitori e insegnanti confermandoli nell’importanza del loro impegno. 6. Spiegare le ragioni dell’incontro andando diretti al punto. 7. Incoraggiare i genitori e gli insegnanti a fornire il loro punto di vista sul ragazzo utilizzando un ascolto attivo ed empatico. 8. Fornire esempi positivi del comportamento del ragazzo e indicare quali sono quelli da cambiare.
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9. Stabilire una relazione supportiva con i genitori e con gli insegnati. 10. Creare e mantenere una relazione di lavoro equilibrata e incoraggiare sia gli insegnanti che i genitori a stabilire un piano d’azione che possa essere portato avanti sia a scuola che a casa. 11. Fornire delle ulteriori risorse come libri, bibliografie, etc.
Tredici punti per stabilire un clima favorevole alla relazione d’aiuto
12. Seguire i progressi e i miglioramenti dello studente sia con gli insegnanti che con i genitori, in modo da apportare delle modifiche al piano d’azione se necessario. 13. Documentare tutti gli incontri con i genitori e gli insegnanti in modo da avere chiaro cosa sia successo fino a quel momento per orientare il lavoro successivo. Le consulenze con genitori e insegnanti sono una parte importante del lavoro del counsellor scolastico, perché i cambiamenti attuati attraverso questo tipo di incontri possono avere un peso determinante nella vita dello studente. Lo scopo del counsellor rimane sempre quello di promuovere la crescita personale del proprio cliente in una relazione chiara e con regole accettate e condivise da entrambe le parti in causa. Il counsellor scolastico ha bisogno di aderire a un codice di regole per essere considerato responsabile delle proprie azioni, così come è necessario che sappia anticipatamente quali siano le sue responsabilità specifiche. Il problema iniziale è quindi come si rende riconoscibile un counsellor scolastico e con quali attività? Per essere un professionista riconosciuto, le proprie attività devono attenersi a precisi standard, oltre che essere legalmente riconosciute e permesse sulla base di regole precedentemente stabilite.
Come si distingue un counsellor scolastico?
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Una professione in cerca di confini: un tema su cui discutere
Attualmente il problema principale sembra essere il fatto che non ci siano regole precisamente stabilite per regolamentare questa professione, proprio perché non è chiaro quale sia il ruolo del counsellor scolastico e questo implica che spesso sono i counsellor scolastici stessi a non avere bene chiari quali siano le aspettative della scuola nei loro stessi confronti. Attualmente negli Stati Uniti l’ASCA (American School counsellor Association) ha fornito una specie di quadro di riferimento per i counsellor scolastici, che includono una serie di servizi di cui quello che segue è un breve elenco: Pianificazioni per il singolo studente: L’orientamento dell’individuo o di un piccolo gruppo (teso a descrivere caratteristiche e interessi degli alunni per aiutarli nei processi decisionali e di scelta). La consultazione con l’individuo o con il piccolo gruppo (tesa ad aiutare lo studente in difficoltà secondarie legate a cambiamenti di vita). Servizi di risposta: Consultazione (counselling teso ad aiutare l’individuo o la sua famiglia in un momento di necessità o di crisi). Counselling individuale o in piccolo gruppo (ciclo breve di colloqui sulle difficoltà o le preoccupazioni che possano competere alle varie tappe dello sviluppo). Counselling in momenti di crisi (aiuto agli studenti o alle famiglie nelle situazioni di emergenza). Facilitare l’interazione tra pari (implica insegnare ai ragazzi a essere mediatori e facilitatori nei conflitti tra pari e comprende l’acquisizione di competenze nella comunicazione assertiva e nella cooperazione).
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Modalità di supporto: Sviluppo professionale (implica i corsi e i seminari frequentati dai counsellor per migliorare come professionisti). Consultazioni, collaborazioni e formazioni di team (implica la collaborazione del
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counsellor scolastico con la comunità intesa in senso più ampio ed esteso) Gestione del programma e dell’operatività dello stesso (include la pianificazione e le attività necessarie per gestire efficacemente i programmi di counsellor all’interno del sistema scolastico). Il counsellor scolastico deve fornire delle “prove” rispetto al fatto che la sua funzione e la sua presenza siano veramente la ragione di alcuni miglioramenti degli studenti stessi e che la sua presenza faccia la differenza. Se i counsellor scolastici sono responsabili per quello che fanno, e sono responsabili verso la scuola stessa in tutte le sue componenti. La specificità del counselling sta procedendo su un piano operativo e pratico, il riconoscimento istituzionale deriverà dalla presa d’atto degli interventi già avviati: - nella realizzazione di percorsi formativi specifici per il counsellor scolastico - nella diffusione della metodologia del counselling - nell’applicazione pratica dei principi del counselling alla promozione del benessere e alla prevenzione del disagio nei contesti evolutivi. Riferimenti bibliografici AMERICAN COUNSELLING ASSOCIATION (1995), Ethical code, APA Washington. A MERICAN S CHOOL C OUNSELLING A SSOCIATION (1999), ASCA’s Ethical issues, APA Washington. N ATIONAL B OARD FOR C ERTIFIED C OUNSELLOR (2000), Codes of ethics and ethical issues for professional school counsellor, APA Washington. ERFORD BRADLEY T. (2004), Professional School Counseling – A handbook of Theories, Programs and practices, Caps Press, Austin Tezas.
SEMINARI INTENSIVI 2006 15/16/17 settembre tecniche di conduzione di gruppo con gli adolescenti
15/16/17 settembre tecniche di conduzione di gruppo in età evolutiva
29/30 settembre - 1 ottobre tecniche espressive in età evolutiva
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di STEFANO FIORE
l binomio scuola-grafologia ha un sapore classico, ma suscita anche risonanze di tipo paternalistico-moralista, da cui è bene sgombrare il campo. Conviene cancellare l’immagine della “maestrina” di buoni principi, che ha un’infarinatura di grafologia, e la applica “spiando” i compiti degli alunni per “capire il loro carattere”, nella convinzione di poter essere così più d’aiuto. Al di là del dibattito sulla grafologia, se sia una disciplina autonoma, con propri fondamenti epistemologici, o se invece sarebbe più opportuno denominarla “psicologia della scrittura”, o “dell’espressione grafica”, per includerla nella stessa famiglia dei test proiettivi basati sul disegno, proviamo qui a definire cosa può fare di utile l’analisi della scrittura manuale in ambito scolastico. Passati i tempi in cui il gran maestro della scuola grafologica francese, Jules Crépieux-Jamin, duettava alla pari con l’amico-rivale Binet, che lo aveva sfidato a mostrarsi all’altezza del suo test di intelligenza in fase di elaborazione (cfr. Paola Urbani), oggi è ampiamente accettato che l’analisi della scrittura non produce una misura quantitativa del livello dei processi intellettivi, ma può dare informazioni sullo stile cognitivo della persona. Nel settore dell’orientamento quindi, la grafologia è uno strumento che certamente non opera da solo: ma serve come verifica dei risultati dei test attitudinali, nonché come input iniziale di un nuovo ciclo di approfondimento, quando dagli stessi non emerge in prima battuta una prevalenza abbastanza definita. Rispetto ai test psicologici, che sono elaborati a tavolino per cogliere in modo ottimizzato un determinato costrutto presente nella mente dello sperimentatore, l’analisi della scrittura è quindi un approccio a più ampio spettro, ma meno specifico: è una rete a maglie larghe gettata a caso, senza pensare a un tipo di pesce particolare: a volte tira su qualcosa che non ci si aspettava, o di parzialmente diverso e complementare rispetto a quello che si stava cercando: la considerazione di questa “scoperta” dovrebbe indurre poi lo
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psicologo a riposizionare le direttrici di ricerca e a ricalibrare i suoi strumenti, secondo un modello di interazione collaborativa a spirale. Segnali d’allarme In ambito scolastico, i contributi più significativi della grafologia sono due: uno, sul piano psicoaffettivo con la possibilità di cogliere precocemente i “segnali d’allarme” relativi a stati latenti o montanti di disagio silenzioso, o necessariamente, in termini comportamentali. Difficoltà relazionali, “portati familiari” che disturbano l’integrazione scolastica, situazioni di bullismo omertoso o sottovalutato dagli adulti, si esprimono nella comparsa di segni che si possono rilevare, e che possono costituire il punto di partenza rapido per un opportuno approfondimento. L’altro è il campo della grafoterapia o “rieducazione della scrittura”, a fronte delle disgrafie. In Francia, casa madre della grafoterapia, convivono in buona armonia due scuole di operatori, una grafologica e una psicologica, sebbene ogni area problematica dovrebbe essere gestita e coordinata dalla figura professionale più competente: nel caso di disgrazie a base neurologica, ovviamente dal neuropsichiatria infantile; nel caso di compresenza di altre disabilità, tipicamente di una dislessia, dal logopedista; e laddove è prevalente la maldestrezza grafomotoria, per eccesso di rigidità, o al contrario di mollezza, o per mancanza di controllo del gesto, l’occhio del grafologo è quello più indicato per risalire dalle forme, dal tipo movimento, dal tratto, dalla gestione dello spazio, all’elaborazione di un progetto terapeutico calibrato che spesso, per esperienza, produce risultati spettacolari, in termini di “prima” e “dopo la cura”.
Riferimenti bibliografici COLO C., PINON J. (2002), Traité de Graphologie, Expansion Scientifique Française, Paris. LALLEMANT U. (1997), Segnali d’allarme. Grafologia e diagnosi psichica della personalità, Armando, Roma. PEUGEOT J., Lombard A., De Noblens M. (1992), Manuale di grafologia, Masson, Milano. PEUGEOT J. (1985), La conoscenza del bambino attraverso la scrittura, La Scuola, Brescia. URBANI P. (2004), Processo alla grafologia. Magia, arte o scienza? Dedalo, Bari.
FORMAZIONE IN ETO-COUNSELLING il rapporto uomo-animale nel processo di cambiamento Corso valido per l’acquisizione del titolo di
ETO-TRAINER Operatore della Relazione d’Aiuto a Mediazione Animale
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In cerca di idee Studiare per la scuola:
COMUNICAZIONE
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RELAZIONI D’AIUTO
tecniche di sopravvivenza o… di MARCO CHIMENTI ell’ambito della ricerca sull’apprendimento, in particolare quello scolastico, la competenza metacognitiva è comunemente riconosciuta come aspetto cruciale nel migliorare le prestazioni e ottimizzare gli sforzi nei compiti di tipo cognitivo. Ciò che oggi possiamo affermare è che a una maggiore consapevolezza del funzionamento della propria mente, corrisponde un maggiore controllo dei propri processi cognitivi: una simile capacità consente di orientare gli sforzi cognitivi verso obiettivi chiari e di utilizzare strumenti personali e specifici volti all’ottenimento di risultati positivi nelle attività eseguite. Da questo punto di vista, gli studenti che presentano difficoltà nell’ambito scolastico potrebbero avere una scarsa o limitata consapevolezza delle proprie modalità di funzionamento del pensiero, delle possibili strategie applicabili, e dei comportamenti che rendono efficace l’attività di studio. Gli scarsi risultati scolastici potrebbero quindi dipendere non tanto dalla mancanza o dalle lacune nell’ambito ristretto delle abilità cognitive di base, quanto ad un’organizzazione poco funzionale dei propri sforzi rispetto agli obiettivi da raggiungere. Per aiutare gli alunni o le classi in difficoltà o anche solo per migliorare le modalità di trasmissione dei contenuti e gli sforzi degli insegnanti, un intervento di counselling mirato al potenziamento della consapevolezza e della flessibilità nell’uso di strategie cognitive potrebbe offrire lo strumento per superare difficoltà e carenze e aprire la via allo sviluppo massimo delle potenzialità senza correre il rischio di tralasciare l’importanza che, nella vita dello studente, rivestono le componenti motivazionali, l’autostima, l’auto efficacia, il locus of control, e l’empowerment individuale. La ricerca che presentiamo si pone l’obiettivo di fare luce sulle idee degli studenti di scuola secondaria in merito all’attività di studio: considerando che l’esperienza di otto anni di scuola abbia contribuito da un lato
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Gli studenti per lo più non sanno come funziona la mente e ciò li ostacola nell’apprendere.
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alla costituzione di abilità per procedere in tale contesto e dall’altro allo sviluppo d’idee relative alla scuola ed allo studio, si è scelto un campione di studenti all’inizio della scuola secondaria. Tramite la tecnica del colloquio individuale si è centrata l’attenzione sull’area dei comportamenti messi in atto dagli studenti per studiare, e su quella delle loro opinioni sullo studio e sulla scuola. I colloqui sono stati condotti con un gruppo di 101 studenti, equamente distribuiti in base al sesso e al livello scolastico, di due scuole di Roma, un istituto tecnico e un liceo classico con l’ulteriore obiettivo di analizzare eventuali differenze legate al genere e al tipo di scuola frequentata. La trascrittura e l’analisi descrittiva dei colloqui hanno preceduto la costruzione di una griglia di codifica volta a considerare le tematiche emerse con maggiore frequenza. I risultati dell’analisi possono essere racchiusi all’interno di tre macro-aree: quella relativa alle caratteristiche dell’attività di studio, quella delle tecniche utilizzate e quella inerente le opinioni sullo studio,sulle materie da studiare e la scuola. Da soli sui libri l) L’attività di studio si connota principalmente come un esercizio individuale che impegna per circa due ore al giorno in via esclusiva sui libri di testo e direttamente proporzionale alla valutazione dei rischi, del giorno successivo quali interrogazioni e controllo dei compiti. Gli studenti del liceo affrontano quotidianamente una mole di lavoro a casa superiore a quella dei loro colleghi del tecnico e pertanto studiano circa tre ore al giorno. Le ragazze di ambedue i gruppi appaiono maggiormente disposte a spendere il proprio tempo sui libri. Tutti gli studenti iniziano a studiare con i compiti scritti ma i ragazzi del tecnico li considerano più facili mentre quelli del classico li giudicano particolarmente impegnativi.
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2) Tutti gli studenti riconoscono di aver acquisito il proprio metodo di studio autonomamente, in genere durante il corso della scuola media e sostengono che si tratta di una cosa del tutto individuale che si trova da soli a fronte di ripetuti sforzi. E’ tuttavia singolare il fatto che sostanzialmente studino tutti allo stesso modo: leggendo, sottolineando, dedicandosi ad attività di rielaborazione del materiale come fare schemi o riassunti, impegnandosi successivamente nella ripetizione di quanto letto ed approdando alla sensazione di aver appreso quando sono in grado di ripetere tutto senza fare riferimento al libro o agli appunti. L’acquisizione del metodo in via autonoma è sottolineata in modo particolare dalle ragazze, mentre i maschi hanno fatto spesso riferimento anche ai suggerimenti e ai consigli degli insegnanti, dei genitori o degli amici, inoltre le ragazze appaiono più disposte alla valutazione critica e al cambiamento anche radicale delle proprie tecniche di fronte alle diverse richieste della scuola. I maschi sembrano propendere per una rapida acquisizione di concetti “da ripetere” (ripetono i riassunti o gli schemi), mentre le ragazze tendono a lavorare molto sui testi, aggiungendo annotazioni ed appunti personali, giungendo alla sensazione di avere imparato non solo quando “lo sanno ripetere” ma anche quando nella vita quotidiana incontrano situazioni che richiamano la memoria di quanto hanno appreso oppure quando notano dei collegamenti tra le nuove informazioni e quelle possedute. Il male minore 3) Gli studenti assegnano all’attività di studio il significato di un tributo da pagare, un esercizio ed una preparazione che darà risultati tangibili non nell’immediato ma dopo la scuola. La scelta della scuola sembra avvenire in base alla considerazione dei propri interessi ma non di rado si collega alla valutazione delle proprie abilità configurandosi più che altro come scelta del male minore. Gli studenti del classico che si percepiscono bravi nelle ma-
terie umanistiche scelgono il liceo assegnandogli il valore di un momento di “apertura mentale” preliminare all’ingresso nell’università. Quelli del tecnico sanno di essere bravi in matematica, si ritengono poco “studiosi” e scelgono il corso di studi in base a un’idea della scuola quale mezzo per accedere alla realtà lavorativa. Le ragazze in generale sembrano essere maggiormente attratte dalle materie “da studiare” e considerano gli aspetti connessi alla crescita culturale non tanto come accessori extra, ma come strumenti realmente impiegabili in vista e in relazione ai propri obiettivi, mentre i maschi appaiono più inclini a una selezione maggiore delle materie indicandone la valenza attrattiva in relazione alla possibilità di metterle in pratica. In sintesi, anche se si possono riscontrare delle differenze legate a una maggiore dedizione delle ragazze, o alla maggiore difficoltà incontrata di fronte allo studio di materiali da ripetere verbalmente negli studenti del tecnico, il metodo di studio è pressoché identico. L’indagine evidenzia un’idea allo studio, che si struttura durante la scuola media, si concretizza in risposta alle consuete modalità di verifica in una memorizzazione una tantum di contenuti da ripetere nel momento dell’interrogazione. Una simile concezione di studio però mal si concilia con quelle che sono attualmente le esigenze delle società moderne in merito alla formazione dei cittadini: se oggi più che mai appare necessario formare individui che sappiano studiare e apprendere autonomamente per tutta la vita occorre rinnovare e ottimizzare i luoghi e le modalità di funzionamento dei contesti di apprendimento e trasmissione delle conoscenze. Ciò non consiste nel negare la validità dei consueti metodi di verifica degli apprendimenti ma nel segnalare la necessità di arricchire soprattutto quelli di apprendimento al fine di offrire agli studenti un’idea di studio articolata e che garantisca il possesso di strumenti efficaci per procedere nella conoscenza. Un ulteriore spunto di riflessione, offerto dall’indagine è costituito dalle idee degli studenti sugli insegnanti emerse so-
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RELAZIONI D’AIUTO
Ognuno studia per sé ma tutti allo stesso modo.
Perché si studia? Forse un giorno lo sapremo, intanto si paga una tassa.
La memorizzazione si scambia con la necessità odierna di apprendimento permanente.
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L’accento critico degli studenti sugli insegnanti potrebbe essere una base da cui partire per progetti efficaci di counselling.
prattutto in due diverse occasioni: riflettendo sulle cause del successo scolastico gli studenti riconoscono tutti la necessità di studiare ed impegnarsi ma subito dopo fanno riferimento alla necessità di avere una buona relazione con gli insegnanti basata su di una reale conoscenza reciproca e non sul pregiudizio (frequenti sono i riferimenti alle preferenze e ai favoritismi, alla necessità di offrire o vendere una buona immagine come studente e all’estrema difficoltà percepita nel tentativo di far cambiare opinione all’insegnante). Molti studenti hanno inoltre criticato con asprezza gli insegnanti delle scuole medie per le limitate competenze didattiche e per l’assenza di rigore, per non aver saputo offrire buone spiegazioni e verificato in modo approfondito gli apprendimenti, e per la poca capacità nel coinvolgere tutti e di instaurare relazioni umane. La ricerca presentata dimostra quanto numerosi e variegati e auspicabili potrebbero essere gli interventi possibili nell’area del counselling scolastico, spaziando dall’area dell’empowerment individuale e di gruppo a quella della comunicazione tra insegnanti e allievi, dall’ambito dell’analisi metacognitiva e dell’implementazione di strategie di apprendimento a quello della peer education ovvero all’apprendimento cooperativo e alla costruzione di una conoscenza e di un sapere condiviso.
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RELAZIONI D’AIUTO
Letture correlate ASHMAN F., Conway R.N.F., (2001), Guida alla didattica metacognitiva, Erickson, Trento. BATINI F., La Metacognizione in Rivista dell’Istruzione, n.1/1999, Maggioli, Rimini. B.BERARDI-COLETTA B., BUYER L.S., DOMINOWSKI R.L., RELLINGER E.R., “Metacognition and Problem Solving: a Process-Oriented Approcah” in Journal of Experimental Psychology, n.21, 1995. CANEVARO A., et al., (1996), Potenziali individuali di apprendimento, La Nuova Italia, Firenze. CORNOLDI C., CAPONI, (1993), Memoria e metacognizione. Attività didattiche per imparare e ricordare, Erickson, Trento. CORNOLDI C., (1995), Metacognizione e apprendimento, Il Mulino, Bologna. CORNOLDI C., R. DE BENI E GRUPPO MT, (2001), Imparare a studiare 2, Erickson, Trento. DE BENI R., PAZZAGLIA F., (1995), La comprensione del testo, UTET, Torino. DE BENI R., PAZZAGLIA F., (1993), Lettura e metacognizione, Erickson, Trento. MASONI M. V. (2001), Studiare bene senza averne voglia, Erickson, Trento. JONES B.F. (a cura di), (1996), Dimensions of Thinking: Review of Research, Hillsdale, N.J. MASLOW A.H., (1954), Motivation and Personality, Harper, New York (trad. it. Motivazione e personalità, Roma, Armando, 1990). PERKINS N.D., Simmons R., Tishman S., “Teaching Cogntive and Metacognitive Abilities” in Journal of Structural Learning, Special issue: Cognitive Perspectives on Higher Order Knowledge, 10/1990. RUMELHART D.E., MCCLELLAND J.L. (1991), (a cura di), Microstruttura dei processi cognitivi, Il Mulino, Bologna. SHALLICE T., (1990), Neuropsicologia e struttura della mente, Il Mulino, Bologna.
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Recensioni e segnalazioni
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a cura della REDAZIONE
Cathrine Atkins Alt Ed G.P.Putnam’s Sons, New York, 2003, in lingua mbientato in un liceo americano nella cittadina di Wayne, il romanzo, rivolto a un pubblico di “giovani adulti”, si incentra su un progetto di recupero rivolto a studenti che rischiano l’espulsione. Attraverso gli incontri settimanali programmati dal counsellor scolastico con sei ragazzi viene portato avanti un modello dell’“Alternative Education” di cui il titolo del libro è l’abbreviazione. Atkins racconta l’evoluzione del gruppo di Mr Duffy dal punto di vista di Susan, adolescente sovrappeso, orfana di madre. Inizialmente riluttante ad accettare il confronto con i suoi coetanei, Susan matura nel corso dei dodici appuntamenti una maggiore fiducia in se stessa, decide di curare di più il suo aspetto, stringe amicizia con Brendan, un ragazzo omosessuale che condivide con lei la passione per il cinema e infine riesce ad aprire un canale di comunicazione con suo padre, chiuso nel dolore per la morte della moglie. Da Amber, la ragazza “facile” con alle spalle una triste storia di abusi sessuali, a Kale, il teppistello affezionato solo al suo fuoristrada, a Brendan, il gay perseguitato dai compagni, a Tracee, la giovane ambiziosa che
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si rivela intollerante e razzista, a Randy, il tipo sportivo che ha sempre evitato di porsi problemi, fino allo stesso counsellor, un ometto grasso e ritardatario, animato da una grande passione per il suo lavoro, tutti i personaggi di questo libro traggono beneficio dal reciproco confronto, anche se le dinamiche che si scatenano sono molto forti e a volte violente. Una serata in pizzeria segna la fine del ciclo di incontri e sancisce la nascita di un legame tra persone che si ritenevano ostili se non nemiche. L’obiettivo di una maggiore consapevolezza di sé e degli altri è raggiunto e i ragazzi sono grati al counsellor dell’ascolto che ha saputo prestare loro.
Commento: Valido dal punto di vista narrativo, perché ben strutturato, armonico e credibile, il testo si offre anche come esemplificazione di un ciclo di circle time. L’autrice descrive nel dettaglio i singoli incontri, la definizione delle regole, la proposta dei temi, le resistenze individuali, le tattiche del counsellor per stimolare l’interesse e la partecipazione dei singoli e le strategie per evitare che gli scontri verbali degenerino. Atkins insegna inglese nella sezione “alternativa” di un college californiano (quella dedicata a ragazzi problematici) e ha riversato la sua espe-
rienza in questo romanzo consigliabile non solo ai lettori adolescenti ma anche agli studiosi di counselling. (FEDERICA VELONÀ)
Gail King Counselling skills for teachers Talking matters Open University Press, Buckingham (GB),1999, in lingua ome reagite di fronte a un ragazzo che non vuole farsi interrogare con la scusa che ha passato la notte a ubriacarsi? Come rispondete a una ragazza che, di punto in bianco, vi chiede una mano per un’interruzione di gravidanza? Come intervenite in modo efficace quando intuite che alcuni dei vostri studenti hanno problemi di alimentazione? Sono domande che l’autrice di questo libro rivolge a chi, da insegnante o da counsellor professionale, è interessato alle problematiche che animano il mondo della scuola. A questi interrogativi Gail King offre varie risposte, proponendo innanzitutto una riflessione metodologica su quelle che sono le abilità del counselling nella scuola secondaria (11-18 anni), cercando di mettere in luce il differente ruolo che c’è tra un insegnante che attiva alcune capacità da lui studiate
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e sperimentate e quello di un counsellor scolastico che, di fronte agli studenti che chiedono aiuto, non deve assumere – insieme - la posizione di educatore. È un discorso che nella seconda parte viene anche illustrato con degli esempi e che tocca anche le questioni relative ai vari confini in gioco: etici, di ruolo, di confidenzialità, etc.
so, è la prima persona (talvolta l’unica) che può vedere e intuire un bisogno a cui è necessario dare ascolto, magari per poi poter dare valide indicazioni per un percorso più terapeutico.
Commento: L’autrice è counsellor e psicoterapeuta con una lunga esperienza di lavoro nella scuola, cosa che rende questa presentazione un ausilio molto concreto, pur riferendosi in maniera molto specifica al contesto britannico che ha una diversa tradizione rispetto al nostro paese, sia del counselling scolastico, sia del modello di insegnante come tutor. La parte più interessante è quella relativa alla necessità di distinguere i ruoli nel momento in cui un insegnante si trova nella posizione di facilitare uno studente in difficoltà (per esempio quando sottolinea che in nessun caso l’avvio al counselling venga consigliato come misura alternativa a una punizione, laddove questa sia necessaria come nel caso di episodi di bullismo). Proprio per l’insistenza sui confini e sulla diversificazione dei ruoli, il libro fornisce un valido chiarimento per gli insegnanti che vogliano conoscere e sperimentare alcune abilità di counselling, valorizzando al tempo stesso la posizione del docente che, spes-
e i “mamma, non rompere!” cominciano ad affiorare inaspettatamente dalle labbra del vostro angioletto come fossero “ciao”, forse un primo sguardo a questo libro vi farà capire che questo strano fenomeno, alla fine tanto strano e tanto inaspettato non dovrebbe essere, dal momento che o si è ciechi o si è miopi (come direbbe la stessa autrice) per non vedere che, da qualche tempo a questa parte, vostra figlia è entrata a far parte della schiera delle ado-
Borowitz, S. Mamma, non rompere! TEA, Milano, (2005)
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lescenti. Alla vostra creaturina comincia a sbocciare una nuova personalità, e se prima eravate la persona più cara, adesso tra quelle più odiate siete la prescelta. È la dura realtà di ogni mamma appena la figlia ha varcato la soglia dei tredici anni. Sarà premura di Susan Borowitz disincantarvi dall’inebriante magia dell’infanzia che ha caratterizzato fino a oggi tutti i giorni passati. Come un’amica, vi aiuterà con consigli pratici a superare questa fase critica di vostra figlia adempiendo correttamente il ruolo delicato di educatrice e allo stesso tempo salvaguardare la vostra salute mentale. Questo libro non è un manuale nel senso classico del termine, scritto da qualche specialista che con fredde teorie scientifiche, invece di spiegare la realtà, ne confondono ulteriormente la visione. La novità interessante è che l’autrice è una mamma al pari delle per-
COUNSELLING & CIBO PROMOZIONE DELLA SALUTE E CURA DELL’ALIMENTAZIONE E DEL PESO NEL CICLO DI VITA
Rivolto a tutti coloro che svolgono un ruolo attivo nella prevenzione, nell’educazione, nella riabilitazione e nella ricerca nell’ambito della salute e delle patologie dell’alimentazione, del peso e della corporeità Si delinea una figura professionale con competenze di counselling per il sostegno e la risoluzione delle problematiche e dei fattori connessi alla relazione stress-cibo-emozione-corporeità. I corso promuove atteggiamenti educativi e culturali, informazione e orientamento aperti alle nuove conoscenze nel campo della nutrizione e dell’alimentazione formando una professionalità dotata di abilità di base e complesse, nella pianificazione di procedure personalizzate di provata efficacia terapeutica. Il corso ha una edizione annuale e dura 5 mesi con iscrizione entro la fine del mese di febbraio e frequenza di una volta al mese sabato e domenica: ore 9.00-18.00 per un totale di 100 ore Iscrizione ASPIC € 65,00; quota corso € 1.200,00; pagamento in unica soluzione € 1.080,00
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sone a cui scrive. Non per questo, però, fornisce soluzioni da rotocalco, facendo risultare il tutto scontato e senza alcuna efficacia.
Commento: Susan Borowitz parla in maniera diretta e semplice, mossa probabilmente da un sentimento di solidarietà verso coloro che condividono la sua stessa sorte. Descrive molti episodi di vita quotidiana con teen-agers, servendosi di immagini e raffigurazioni che sembrano tratti da un bollettino di guerra o da faide familiari rende la lettura scorrevole e divertente. Non si lascia andare in spiegazioni profonde di psicopedagogia. Questo compito spetta alla fine di ogni capitolo a Ava L. Siegler che conclude i temi trattati con delle spiegazioni psicologiche alla portata di tutti. In questo corso di sopravvivenza all’adolescenza, le mamme so-
no accompagnate passo dopo passo attraverso i temi più nevralgici che, di solito, nessuno dispensa loro. Sono tutti temi ben radicati nella quotidianità come evitare di trasformare un rilassante pomeriggio di shopping in una devastante lite con la rispettiva figlia o come comportarsi in pubblico in sua presenza – dove sono ammesse solo le comunicazioni strettamente necessarie -, a come parlare di argomenti sempre tanto delicati quanto imbarazzanti quali scuola, ragazzi, amore e sesso, il corpo e la bellezza. In ogni caso l’autrice insiste su quella moderazione affettiva che deve mantenersi nonostante gli attacchi indiretti delle variazioni delle mode e delle visioni del mondo e gli attacchi subdoli e manipolativi della figlia, rapida ad accusare con tutto l’odio possibile che la madre dell’amica è migliore perché più permissiva. Mai prendere le
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cose in modo personale. Bisogna avere chiaro che qualsiasi sia il comportamento, non cambia l’odio delle figlie verso la propria madre. Inutile dire, infatti, che rifiutano ogni intervento materno: ogni interferenza è sgradita perché è intesa come una minaccia alla propria individualità. È dovere di ogni madre essere calma, solida e inamovibile, perché è proprio questa coerenza che permetterà alle adolescenti di crescere. Susan Borowitz racchiude la filosofia dell’equilibrio e della moderazione nella “mamma old-style”, che sa prendere le distanze anche nelle situazioni più. Questa strategia non è esente ugualmente dalle frustrazioni, ma aiuta a resistere e a far maturare la figlie. Mentre dichiara guerra aperta alla “mammaamica”, “ciascuna armata di master card e di mezzo cervello”. Nulla è più deleterio per la propria figlia comportarsi come un’amica, solo perché non si è capaci di accattare l’avanzare dell’età e che la bambina sta imparando a fare a meno di voi. Esiste poi un terzo tipo di mamma, la “mamma-miope”: quella che sembra perfetta, ma che considera e tratta la figlia ancora come una bambina. In questo caso l’avvertimento è uno solo: state attente alle rivoluzioni. La mamma old-style è la migliore soluzione, ma non quella perfetta. La mamma old-style ha comunque il timore di non fare abbastanza e talora il dubbio di avere sbagliato, quando sarebbe stato più utile maggiore
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prudenza e saggezza. Un dolore giustificato dalla certezza della coerenza e di un’onesta spinta all’esasperazione, e dalla consapevolezza della gioia di essere madre. Una gioia, come ci ricorda S. Borowitz, che non esclude la malinconia e neppure il dolore. Consigliamo questo libro anche agli uomini forse anche a loro risulterà meno incontrollabile la dinamica esplosiva tra moglie e figlia.
Linda Goldman Raising our children to be resilient Brunner-Routledge, New York, 2005, in lingua ome sottolinea il sottotitolo, “Guida per aiutare i bambini ad affrontare il trauma nel mondo di oggi”, il libro prende in esame una lunga serie di eventi traumatici proponendo diverse strategie per rinforzare le risorse dei bambini in svariati ambiti, tra i quali rientra evidentemente anche la scuola. In particolare, il counselling scolastico viene considerato un importante metodo preventivo per poter affrontare anche quegli avvenimenti che non si presentano immediatamente come “traumatici” perché riguardano la sfera pubblica più che quella personale degli allievi, quali per esempio l’impatto delle notizie di guerra o di terrorismo sull’immaginario di bambini più piccoli e, più in generale, la percezione di pericolo diffusa attraverso i mass media.
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Una lunga sezione è dedicata al bullismo e alla violenza all’interno della scuola e ai metodi per affrontarla in modo non punitivo ma tale da creare occasioni di vero cambiamento tra insegnantigenitori-alunni. Il volume è corredato da molti esempi, storie e brevi case studies che facilitano la comprensione delle tecniche proposte ed è guidato dall’idea che la scuola non possa sottrarsi alla sfida di affrontare ciò che fa parte della vita intima dei ragazzi. Una lunga e dettagliata bibliografia, divisa per argomenti, completa il testo.
Commento: Il libro è suddiviso in brevi capitoli che facilitano la lettura, e quindi anche la scelta “consultativa”, ma questo è evidentemente anche il limite di questo testo che si concentra molto su singoli eventi. Anche perché molte delle situazioni analizzate si riferisco-
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no prevalentemente alla realtà storico-sociale degli Stati Uniti (11 settembre, guerra al terrorismo, armi a scuola, etc) che lo rende a prima vista un manuale per “situazioni estreme”. Tuttavia, anche grazie alla divisione di ogni capitolo in molte sottosezioni, è possibile ritrovare indicazioni e strategie utili e applicabili in altri contesti, perché vengono spiegate attraverso l’ausilio di esempi (nonché fotografie, disegni e testi prodotti nelle scuole) che lo rendono quindi utile nel suo essere meno teorico e più pratico. L’idea di fondo è che per bambini e ragazzi l’evento traumatico non è soltanto ciò che direttamente li colpisce ma anche tutto ciò che incute paura perché rientra in qualcosa di ignoto o irrazionale e che è doveroso affrontare insieme. Sotto questo profilo sembra dunque proporre una via cooperativa al rafforzamento della resilience condivisibile e interessante.
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Lettere… opinioni… proposte… Il CIC della scuola Inizio con il dire che l’intervento di una psicologa, persona con cui puoi parlare tranquillamente al di fuori dei professori, all’interno di una scuola non credo sia utile, ma quasi indispensabile. La mia personalmente, come prima esperienza, è stata davvero costruttiva, mi ha aiutato molto a conoscere me stessa sotto diversi aspetti, e a scoprirmi giorno per giorno. Ho seguito un percorso di un incontro più o meno ogni 1-2 settimane per tutto l’anno. Con lei ho parlato di tutto: problemi scolastici, extrascolastici etc… E’ stato come se all’interno delle sei/sette ore di lezione ci fosse per me un momento di “sfogo” dove potevo staccare la spina. Sono contenta che da qualche anno a questa parte si sia scelto l’aiuto di queste persone a disposizione degli alunni. In genere noi ragazzi vediamo la scuola come un edificio diviso in varie classi, all’interno delle quali si svolgono solo lezioni pallosissime e ci si sottopone a quelle odiose interrogazioni. Ritengo che questa per noi alunni sia una grande opportunità, il fatto di sapere che per qualsiasi cosa si è disposti ad aiutarci ci fa sentire più sicuri e ci fa capire che la scuola non è quell’edificio dove devi solo studiare e se hai problemi devi risolverli da solo perché non interessano a nessuno. L’adolescenza è un momento difficile e penso che questa persona, sempre se si vuole, possa essere un punto di riferimento per riuscire a non perderci nel mezzo del nostro tortuoso e lungo cammino. E perché all’interno della società, soprattutto nella scuola, ci sono ragazzi che non hanno l’opportunità di avere una famiglia molto solida alle spalle e quindi sentono il bisogno di essere aiutate dall’esterno. Io ho scelto di fare questi incontri, fortunatamente non perché non ho una famiglia abbastanza presente, anzi, perché sentivo il bisogno di parlare dei miei problemi con
qualcuno che non mi conoscesse abbastanza, che avesse una certa competenza e che non mi giudicasse. È un’esperienza che consiglio di fare, senza timori, a chi ne sentisse il bisogno, io continuerò finché non avrò bisogno di essere portata “per mano” e sentirò che avrò la forza di affrontare i problemi da sola, e in maniera diversa.
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Nuovo Dizionario Italiano Ragazzi-Adulti Traduzioni dal linguaggio giovanile a quello degli adulti.
A Bestia Alla grande!
(VALENTINA C.)
Frammenti di scuola L’inizio del cammino scolastico: la famiglia “Pater meus…puerum est ausus Romam portare docendum artes…At hoc nunc laus illi debetur et a me gratia maior”. Così Orazio descrive la sua esperienza scolastica che inizia, come normalmente avviene per i ragazzi, quando i genitori decidono di mandare il figlio da qualcuno che faccia da complemento al loro progetto educativo, al fine di avviarlo alla vita sociale. Quello che mi ha colpito, leggendo i Sermones è che viene messo in evidenza pro-
A bomba Tanto
A buso Tanto
Come studiare anche quando non ho voglia METODO “VITTORIO ALFIERI”
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La voce dei ragazzi COMUNICAZIONE
Accannare Smettere di disturbare
Afoso Noioso
Appizzare Nascondere
Asciugare Scocciare
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prio il ruolo dei genitori (come il padre di Orazio che “omnes circum doctores aderat”), che anche per me è stato importantissimo, oltre che per andare a scuola, proprio per capirla. Gli ostacoli e gli obiettivi Il primo ostacolo che ho sempre incontrato era il concetto stesso di “obbligo scolastico”, che si fa sentire inevitabilmente con tutto il suo peso verbale, o almeno sonoro (l’odiata sveglia mattutina). Penso che l’errore risieda nel considerare il percorso scolastico come qualcosa di imposto da un sistema che ci sovrasta, decidendo la nostra vita; quasi che il fine risieda unicamente nella produzione di un bene di tipo materiale, cui dobbiamo contribuire come parte di un meccanismo sociale. Invece la scuola dovrebbe rappresentare un aiuto a essere ciò che siamo, cioè fondamentalmente figli dei nostri genitori e poi anche cittadini, e a ottenere grazie allo studio una ricchezza personale di tipo intellettuale. Tutto questo con l’ingrediente rappresentato dagli altri fanno della scuola un luogo di crescita, confronto, amicizia.
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Forma, contenuti, metodo Forse con un certo idealismo, come tutti i ragazzi d’altronde, malsopporto le formalità e i convenzionalismi che appartengono in certa misura alla scuola: tante volte le lezioni si susseguono per inquadrare le cose senza affrontarle realmente (ad esempio approfondimenti su un contesto storico, di cui poi non vengono esaminati i fatti), si discute di metodi senza metterli in pratica, ci si esime da certi “giudizi” (per ottundimento cerebrale?), mentre se ne danno sull’attualità senza volere indagare le premesse in modo serio. Comunque per fortuna certe volte si fanno anche progetti e ricerche allo stesso tempo originali e legati all’attualità, e al contempo avvalorati da uno studio, ancor meglio se interdisciplinare. Gli insegnanti Tante volte vorrei che si arrivasse “al sodo” o che si imparasse “ciò che conta veramente nella vita”. Con questo non voglio semplicemente affermare che le lezioni siano completamente inutili per la vita di tutti i giorni, ma per lo meno che a volte le no-
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zioni non vengono insegnate in modo che uno possa farle proprie, ma “ripetute” come un registratore: e questo porta a falsare i rapporti, a far sì che io, che non reputandomi certo un “oggetto che ascolta”, mi senta assolutamente distaccato dai discorsi di un oggetto che parla. Le esperienze più positive che ho avuto con dei professori sono avvenute per me alle scuole medie, grazie a persone che amavano realmente ciò che insegnavano, e allo stesso tempo desideravano che noi le apprendessimo con minor fatica di quanta avevano speso loro. Viceversa al liceo conosciuto dei professori a cui piaceva moltissimo la loro materia, ma a cui non interessava affatto l’insegnamento, considerandolo un “mestiere di ripiego”, oppure altri socievolissimi e “amiconi degli alunni”, ma che non hanno rappresentato per me nulla più che dei simpatici conoscenti, allo stesso livello del fruttivendolo sotto casa… naturalmente, con le dovute eccezioni! La vita studentesca Un elemento probabilmente importante per un ragazzo liceale è il confronto che può avere con i suoi coetanei in un’arena maggiore della classe e che si allarga almeno potenzialmente a tutta la scuola: l’assemblea e le altre strade della cosiddetta “autogestione”. Da un lato infatti si viene spinti a manifestare le proprie opinioni e ad ascoltare gli altri, dall’altro ad approfondire questioni su cui è possibile “tenere un corso” e poter sperimentare quell’altra forma di dialogo che è l’insegnamento. Forse gli eventi più riusciti per me sono stati quelli che hanno coinvolto persone esperte di un determinato campo accanto a studenti che hanno saputo rielaborare, approfondire e presentare agli altri una volta ricevuto l’indirizzo un lavoro veramente interessante. Non solo scuola Un atteggiamento di fondo che adotto e consiglio di adottare riguardo alla scuola è che questa non rappresenta tutto nella vita. Può sembrare banale, ma per esempio una
conseguenza di questo principio è sintetizzata nella sentenza di una mia prof. “i voti non esprimono mai un giudizio sulla persona”. La premessa invece era quella dell’inizio, che cioè la famiglia precede la scuola ed è il vero luogo fondamentale dell’educazione: per questo ritengo importante anche che i genitori possano scegliere a quale scuola mandare i propri figli; sempre sullo stesso argomento aggiungo che, se è necessario e doveroso garantire a tutti uno stesso livello di istruzione, allo stesso tempo bisogna evitare la dispersione che si adatta facilmente a un sistema troppo generale e centralizzato, che invece che rendere tutti uguali come vorrebbe lascia forse troppo all’iniziativa del singolo professore (pur ignorandola nella sostanza). Dante è sempre il migliore Non c’è nulla da fare, ogni volta che noi italiani cerchiamo di produrre qualcosa che abbia lontanamente a che vedere con la cultura non riusciamo a non citare il nostro campione:Dante Alighieri. Siccome sono presuntuoso lo faccio anch’io, per riunire tutte le impressioni le emozioni e i fini dell’universo scolastico, ma soprattutto il fondamento della sua esistenza: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. (ANTONIO G.)
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RELAZIONI D’AIUTO
Bassa marea Luogo con brutte ragazze (v. cozze)
Battere i pezzi Corteggiare
Bazzicare Frequentare
Beccare Incontrarsi
Bella Ci, Bella a te Ciao
Boro Rozzo
Citofono
Inventiamoci un modo per studiare meglio idee e suggerimenti proposti dai ragazzi Oggi il gruppo di ragazzi della I° F e della IaG è particolarmente creativo, tutti rispondono con grande partecipazione alle sollecitazioni proposte. Stanno frequentando, nell’ambito di un progetto promosso dalla loro scuola, un Liceo artistico di Ro-
Matto (nell’espressione “Sei fuori come un citofono”)
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Cozza Brutta ragazza
Din don down Scemo
Di brutto Molto
Di pezza Per niente
Di striscio Per niente
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ma, un corso di counselling psicoeducativo, al fine di migliorare le abilità di studio e la motivazione scolastica. Si è in effetti rimessa in moto in loro una motivazione al cambiamento e tutti ora si sentono pronti a cercare delle soluzioni possibili per applicarsi con maggiore successo nello studio. Alberto appare tranquillo ed è convinto che sia possibile recuperare: “Lo studio – dice- è anche un problema di organizzazione, occorre fare degli interventi mirati. Non è certo possibile studiare tutto in una volta, dobbiamo indirizzare i nostri sforzi verso quelle materie che di volta in volta presentano maggiori problemi o hanno necessità ed urgenza di essere affrontate prima di altre.” Andrea P. è molto assorbito dai suoi impegni sportivi, non nasconde che la scuola è assai noiosa per lui rispetto allo sport, che lo appassiona di gran lunga di più, ma sostiene: “Comunque il modo di studiare per me più interessante è quello di fare ricerche, attivarmi per cercare il materiale adatto, documentarmi attraverso il computer, lo studio tradizionale mi annoia! Per me poi un buon incentivo a studiare di più sarebbe quello di vivere a scuola lo stesso clima collaborativo e comunicativo che vivo in campo sportivo con la mia squadra”. Paolo a questo punto aggiunge: “ Sono gli insegnanti che devono impegnarsi a sollecitare in classe un clima di collaborazione e non di competizione, è importante che siano capaci di coinvolgere noi alunni a partecipare attivamente alla vita scolastica”. Anche Andrea B. ha molti interessi extrascolastici e il suo problema è di non riuscire a conciliare bene piaceri e doveri, però dichiara: “Sono fiducioso di poter superare le mie lacune nello studio, se riuscirò ad organizzare in maniera più produttiva il mio tempo. Devo imparare a fare delle scelte ogni giorno fra interessi extrascolastici e studio programmandomi anticipatamente il tempo da dedicare ad una cosa o all’altra e quando ci riesco, e sto cominciando a riuscirci con qualche sforzo, sono soddisfatto e allora mi concedo delle gratificazioni!”.
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Lorenzo confessa: “Per me è importante ripetere a qualcuno ciò che ho letto, perché ho molta difficoltà a ricordarmi gli argomenti studiati”. Marco a questo punto suggerisce: “ Per me funziona se qualche giorno prima dell’interrogazione comincio a prepararmi psicologicamente allo sforzo che dovrò fare di studiare più intensamente, così facendo mi predispongo alla fatica e sono più disponibile a non farmi distrarre da altro”. Monica alla fine fa la sua proposta: “Voglio provare a studiare con qualche compagno, magari uno più bravo, che mi aiuti soprattutto in quelle materie che sono per me particolarmente difficili o noiose, cercando così di renderle più interessanti”. Il clima all’interno del gruppo è apparso vivace e di collaborazione. Lo scambio di idee ha portato i ragazzi a confrontarsi fra loro e a riflettere sulla possibilità di arricchire le proprie realtà anche grazie all’esperienza altrui, ampliando ciascuno il proprio patrimonio di risorse. E di idee da utilizzare ce ne sono! (CARLA B.)
Oggi parliamo di… La classe riflette per risolvere un problema Ecco la raccolta di risposte più rappresentative di un II° liceo, espresse durante un ciclo di incontri di counselling di empowering. Tema affrontato: alunni e comunicazioni “tese”. Come abbiamo lavorato: - role play - osservazione del role play - feed back di nostre impressioni sul role play e sull’osservazione del role play, rilasciate durante un ciclo di incontri di counselling per noi, alunni di un II° liceo scientifico Gruppo del role-play Oggi abbiamo fatto una attività in cui un gruppo di ragazzi, mentre un altro gruppo ci osservava, mette in scena una rappresenta-
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zione molto interessante: abbiamo fatto delle scenette in cui alcuni di noi studenti interpretavamo la parte dell’insegnante che interagisce con uno studente. Lo chiamano role play e si usa per esprimere i pensieri, i sentimenti, gli stati d’animo di un altro: mettendosi nei suoi panni si capisce meglio cosa l’altro può provare. E per noi è stato proprio così. Qualcuno di noi, nei panni della professoressa, si è sentito infastidito dalla mancanza di attenzione e di silenzio, ha avuto quasi paura di essere maltrattato ed è stato ferito nell’orgoglio per la mancanza di rispetto e per essere stato quasi aggredito dall’alunno. Quando gli alunni si sforzano per partecipare, fanno domande che mostrano interesse e fanno vedere la buona volontà si prova una sensazione di soddisfazione, ma se si rivoltano contro, si ribellano, e non raggiungono il loro obiettivo nello studio, allora, si prova molta preoccupazione. Abbiamo sentito il desiderio di avere un rapporto più collaborativo con l’insegnante realizzabile con la partecipazione attiva di tutti. Oggi, dopo questa esperienza, siamo sicuri che la professoressa potrebbe essere più comprensiva ma che anche noi potremmo cercare di instaurare un rapporto umano con lei cercando di trovare un punto di incontro piuttosto che stare sempre a giudicare. Bisogna rispettare i professori non abbozzando, ma combattendo contro un ostacolo in un modo giusto e rispettoso di se stessi e degli altri. È molto importante stare uniti in un gruppo e dare alla comunicazione un valore centrale. Alla fine della riflessione del nostro lavoro possiamo dire che, come abbiamo
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fatto noi oggi, sarebbe proprio bello se anche gli insegnanti si mettessero nei panni degli alunni, si immedesimassero nella loro mente e non si arrendessero nel loro lavoro. Gruppo dell’osservazione Osservando i nostri compagni con l’attenzione alle caratteristiche negative e positive della comunicazione che si instaurava tra insegnante e studente, abbiamo colto molte caratteristiche che normalmente ci sfuggono. Siamo rimasti sorpresi da come i nostri compagni sapevano riprodurre le scenette e la grinta che ci hanno messo nell’interpretazione. Abbiamo sentito insopportabili le urla, la confusione, gli insulti, i cori nei confronti della professoressa, ma ci siamo anche resi conto che la professoressa all’alunno non lascia possibilità di replicare e creare un dialogo, un confronto con lei. Se la prof ha un tono di voce troppo alto, non necessario alla situazione e all’ambiente, l’alunno non riesce a creare un dialogo e diventa aggressivo. A questo punto si crea una mancanza di fiducia da entrambe le parti e l’alunno non presta più attenzione. Spesso pensiamo che la prof sia una incompetente e lei pensa la stessa cosa di noi. Mancano il rispetto reciproco, la fiducia e il sapere ascoltare senza pregiudizi, litigi, indifferenze: queste sono le colonne portanti, questa è la comunicazione efficace e questi incontri ci hanno dato la speranza che la situazione nella nostra classe può cambiare che potrebbe essere possibile costruire tra di noi e con la prof un clima più collaborativo, disteso e rispettoso. (BRUNELLA F.)
Fare chiodo; fare X; lipa Marinare la scuola
Fly down non ti esaltare
Manetta Grande velocità
Me sto a tajà Mi sto divertendo
Tajo Divertente
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La voce dei ragazzi Glossario ABC del counselling Ascolto Attivo Una volta che proviamo a metterci nei panni dell’altro, cercando di comprendere il suo punto di vista e comunque condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta, siamo nella modalità chiamata di Ascolto Attivo. In questa modalità è escluso il giudizio, ma anche il consiglio e la tensione del “dover darsi da fare” per risolvere il problema. A differenza di quanto accade nell’ascolto logico, teso a dare consigli o trovare soluzioni, questo tipo di modalità di ascolto allarga le conoscenze e facilita i rapporti. Questo perché implica uno sforzo ulteriore: quello necessario a spostare l’interesse dal “perché” l’altro dice, interpreta o vive una situazione, al “come” la dice: avendo, e quindi mostrando, interesse e comprensione (“sei importante, ho stima di te e riconosco, rispetto e condivido il tuo sentimento”). Potrebbe succedere che chi parla, sentendosi ascoltato, tenti di migliorare la comunicazione sia nella quantità che nella qualità, a tutto vantaggio della ricchezza delle informazioni, del senso di sicurezza, della fiducia e dell’onestà. Applicare una più efficiente modalità di ascolto ha diversi vantaggi nei vari ambiti: 1) riduce le incomprensioni 2) induce l’interlocutore ad esprimersi liberamente e senza timore: spesso stimola in lui la ricerca delle migliori possibilità espressive, anche nei contenuti! Rapportarsi al meglio con gli altri aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi: s’immagazzinano più informazioni, si eseguono meglio le istruzioni e si ha maggior controllo su quelle date. Saper ascoltare se stessi, inoltre, metterà al riparo da scelte di cui ci si potrebbe pentire e aiuterà a soddisfare i bisogni ben individuati.
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Counselling Il counselling è una prestazione professionale che utilizza una procedura di intervento relazionale specifico per il sostegno e l’orientamento pratico finalizzato a un’autonomia decisionale nei diversi contesti e nelle diverse fasi della vita. Agisce attraverso la consapevolezza delle risorse personali e dell’ambiente per affrontare problemi e cambiamenti esistenziali. Il counsellor ottimizza le proprie prestazioni e il rendimento professionale mediante la collaborazione in équipe multidisciplinari socio-educative-assistenziali, sanitarie, aziendali e giuridiche. Il counselling s’inserisce nelle professioni non regolamentate (CNEL). E’ una nuova professione, libera e autonoma, svincolata da ogni pretesa di riserva da parte degli ordini professionali. Gli standard formativi ed etici sono definiti e tutelati dall’adesione alle Associazioni
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professionali di riferimento dei counsellor; in particolare il counselling di tipo psicologico, oltre alle abilità di base del counselling implica delle abilità finalizzate al prendersi cura della persona facilitandone l’empowerment e l’autonomia in termini di scelte e libertà personali. Empowerment Empowerment è la parola inglese che può essere tradotta in italiano con “conferire poteri”, “mettere in grado di”. Deriva dal verbo “to empower” che include una duplice sfumatura di significato intendendo sia il processo per raggiungere un certo risultato, sia il risultato stesso, cioè lo stato “empowered” del soggetto. Empowerment si connota come “processo” e “prodotto”, il risultato cioè di un’evoluzione di esperienze di apprendimento che portano un soggetto a superare una condizione di impotenza. Un “saper fare” e “saper essere” caratterizzati da una condizione di fiducia in sé, capacità di sperimentare e di confrontarsi con la realtà circostante. Le azioni e gli interventi centrati sull’empowerment mirano a rafforzare il potere di scelta degli individui, migliorandone le competenze e le conoscenze in un’ottica di autonomia e responsabilità personale. In ambito scolastico l’empowerment si può caratterizzare, per esempio, con una serie di programmi tesi all’acquisizione delle competenze mancanti, sulla promozione non direttiva delle abilità personali e su un rafforzamento dell’autostima. Resilience: La resilience, o resilienza, è la capacità di raggiungere un buon livello di adattamento nonostante le avversità, i traumi, le minacce e altre significative fonti di stress, tra cui problemi relazionali, familiari, di salute, difficoltà di lavoro o finanziarie. La resilience non è legata ad un’unica condizione esistenziale, ma è influenzata da più fattori, che interagendo creano le condizioni favorevoli al recupero; si tratta di forze che, a seconda delle situazioni, permettono di resistere (passivamente) o di fronteggiare (attivamente) le avversità. Gli studi sulla resilience mettono in evidenza come entrino in gioco, per esempio a livello familiare, una serie di fattori connessi: alle competenze relazionali (sviluppo dei comportamenti di accudimento responsivi e sensibili; modelli di attaccamento prevedibili e coerenti, capaci di procurare protezione e sicurezza); all’efficacia comunicativa (interazioni verbali e non verbali propositive, proattive piuttosto che impositive e reattive); alla corretta gestione dei ruoli e dei confini; alla validazione dell’espressione emotiva condivisa.
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Questionario COMUNICAZIONE
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ASSOCIAZIONE ASPIC PER LA SCUOLA
In occasione della pubblicazione del N. 0 della rivista “Counselling Scolastico” stiamo raccogliendo la voce dei ragazzi su tematiche relative alla scuola. Ci piacerebbe che anche tu riempissi il questionario e lo inviassi appena puoi o all’ASPIC per la SCUOLA Via A. Macinghi Strozzi, 42/A Roma. Il questionario puoi trovarlo e compilarlo anche sul sito: www.aspicperlascuola.it Maschio
COME STUDIARE ANCHE QUANDO NON NE HO VOGLIA Femmina SCUOLA LICEO IST. TEC. IST. PROF.
Ciò che mi aiuta a studiare è... Fare riassunti Leggere e ripetere ad alta voce Ascoltare musica Guardare la TV Studiare con un’amica/o Studiare con un adulto
ETÀ _________________
MOLTO
ABBASTANZA
POCO
PER NIENTE
MOLTO
ABBASTANZA
POCO
PER NIENTE
MOLTO
ABBASTANZA
POCO
PER NIENTE
Altro (specificare) Ciò che mi spinge a studiare è... Interesse, piacere curiosità Utilità Ottenere buoni risultati Paura dei brutti voti Obbligo familiare Relazioni positive con insegnanti Sbocco lavorativo Altro (specificare) Quello che mi rende difficile studiare è Distrazioni Noia, Monotonia Altri interessi Amici, partner Cattivi risultati Relazioni difficili con gli insegnanti Difficoltà delle materie Altro (specificare)
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Enrichetta Spalletta, Flavia Germano
MicroCounseling e MicroCoaching Il testo si rivolge a neofiti della relazione di aiuto espressa nella sua forma di sostegno e orientamento nel setting del counseling e come programma specifico di empowerment e miglioramento delle prestazioni nella vita professionale e personale nel MentalCoaching. L’elaborazione del testo è frutto dell’esperienza professionale diretta, dell’attività formativa in questi ambiti condotti ormai da circa 15 anni e della continua attività di ricerca e aggiornamento nella letteratura internazionale. Lo spirito che ha guidato la composizione è stato quello di offrire un supporto utile a livello metodologico e pratico a quanti si avvicinano all’acquisizione di counseling skill basilari e a quanti siano curiosi di conoscere più approfonditamente il mondo variegato, duttile, vivace, creativo e emergente del coaching. Nel testo si fa riferimento ad un’espressione specifica che è quella di MentalCoaching, approccio che incorpora, come il Coaching, i saperi della psicologia, del business, della filosofia e della spiritualità, avvalendosi inoltre di una metodologia e di strumenti tratti e riadattati da un’accurata selezione di principi attivi della relazione d’aiuto e della psicoterapia. La specificità del MentalCoaching rispetto ad altri percorsi formativi è proprio quella di non essere focalizzato esclusivamente sul mondo aziendale, ma di permettere maggiori opportunità di utilizzo anche in altri contesti; questo significa essere in grado di fare una buona analisi della domanda rispetto alle questioni che il cliente porta, di avere a disposizione un’ampia gamma di strumenti e tecniche in modo da poterli utilizzare in modo flessibile e soprattutto di essere in grado di proporre “confini” operativi chiari e sicuri rispetto alla definizione dei contratti con i propri clienti.
A PA
dall’American
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