Comunicare con la musica: una ricerca sull’insegnamento musicale

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La nuova rivista Expressio rappresenta il punto di incontro tra diverse componenti di studi linguistici e letterari operanti all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. Il progetto intende applicarsi agli ambiti specifici della Linguistica, della Letteratura e della Comunicazione, intersecando gli aspetti teorici al monitoraggio delle realtà esistenti, in prospettiva sincronica e diacronica. Saranno privilegiate le riflessioni su temi precisi e circoscritti, legati anche a valenze pragmatiche. Le intersezioni fra le tre componenti, considerate nella loro sfera d’azione più ampia, costituiscono un obiettivo prioritario del progetto.

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EXPRESSIO

Rivista di linguistica, letteratura e comunicazione

EXPRESSIO - Rivista di linguistica, letteratura e comunicazione

Mimesis Edizioni Expressio www.mimesisedizioni.it

18,00 euro

9 788857 541341

MIMESIS

ISSN 2532-439X ISBN 9788857541341

MIMESIS

Numero 1/2017


1/2017

EXPRESSIO Rivista di Linguistica, Letteratura e Comunicazione

MIMESIS


EXPRESSIO. Rivista di Linguistica, Letteratura e Comunicazione La rivista intende applicarsi agli ambiti specifici della Linguistica, della Letteratura e della Comunicazione, intersecando gli aspetti teorici al monitoraggio delle realtà esistenti, in prospettiva sincronica e diacronica. Saranno privilegiate le riflessioni su temi precisi e circoscritti, legati anche a valenze pragmatiche. Le intersezioni fra le tre componenti, considerate nella loro sfera d'azione più ampia, costituiscono un obiettivo prioritario del progetto. Direttore Giulio M. Facchetti Vicedirettori Gianmarco Gaspari, Alessandra Vicentini Comitato Editoriale Barbara Berti, Paola Biavaschi, Kim Grego, Jean Hadas-Lebel, Mario Iodice, Marta Muscariello, Paolo Musso, Paolo Nitti, Erika Notti, Federico A. Pasquarè Mariotto, Daniel Russo, Andrea Spiriti Comitato Scientifico Luciano Agostiniani (Università degli Studi di Perugia) Gabriella Cartago (Università degli Studi di Milano) Carlo Consani (Università degli Studi di Chieti-Pescara) Pierluigi Cuzzolin (Università degli Studi di Bergamo) Javier de Hoz Bravo (Universidad Complutense de Madrid) Roberta Facchinetti (Università degli Studi di Verona) Giovanni Iamartino (Università degli Studi di Milano) Mario Negri (Università IULM di Milano) Vincenzo Orioles (Università degli Studi di Udine) Diego Poli (Università degli Studi di Macerata) Giovanna Rocca (Università IULM di Milano) Francesca Savoia (University of Pittsburg) Marco Sonzogni (Victoria University of Wellington, NZ) Giuseppe Stellardi (St Hugh's College, Oxford)

Tutti i contributi inviati alla rivista sono sottoposti a una procedura di peer review che ne garantisce la validità scientifica. ISSN 2532-439X MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it mimesis@mimesisedizioni.it Isbn: 9788857541341 © 2017 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 / 244163 Autorizzazione del Tribunale di Varese n. 1 del 2016 In copertina: graffito dell’Età del Bronzo da Norrköping (Svezia)


Indice

Presentazione 7 Glottologia e Linguistica Giulio M. Facchetti (Università degli Studi dell’Insubria) Una nuova iscrizione etrusca arcaica su fibula aurea 11 Federica Chiesa (Università degli Studi di Milano) A proposito di una fibula aurea da una collezione privata

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Giulio M. Facchetti (Università degli Studi dell’Insubria) Sul valore del sillabogramma *56 in lineare B 33 Paolo Nitti (Università degli Studi dell’Insubria) Strategie linguistico-pragmatiche per evitare gli errori da parte di apprendenti di L2 e LS

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Anglistica Barbara Berti (Università degli Studi di Milano) Translating collocations: an analysis of the resources available on and offline

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Luisanna Fodde (Università degli Studi di Cagliari) ‘It is not English that he writes, Sir; it is American...’. Language policy and attitudes towards standardization, bilingualism and ethnicity in the United States

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Daniel Russo (Università degli Studi dell’Insubria) Fragmentation in linguistic policies in the Veneto’s public healthcare websites: translation quality of contents in English

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Alessandra Vicentini (Università degli Studi dell’Insubria) Kim Grego (Università degli Studi di Milano) Medical web encyclopaedias: Linguistic aspects 149 and ethical implications Letteratura e Comunicazione Paolo Bozzato (CriFLi, Università degli Studi dell’Insubria) Haidi Segrada (CriFLi, Università degli Studi dell’Insubria) Comunicare con la musica: una ricerca sull’insegnamento musicale 173 Marco Sonzogni (Victoria University of Wellington, New Zealand) Le vocali e le consonanti della storia: tre poesie di Seamus Heaney e un mio inedito

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Recensioni Giampaolo Anfosso, Giuseppe Polimeni, Eleonora Salvadori (a cura di), Parola di sé. Le autobiografie linguistiche tra teoria e didattica, Milano, FrancoAngeli, 2016 (rec. Gabriella Cartago, Università degli Studi di Milano)

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Eduardo Blasco Ferrer, Corso di Linguistica sarda e romanza, Firenze, Franco Cesati (Strumenti di Linguistica italiana. Nuova serie 9), 2016 (rec. Giulio M. Facchetti, Università degli Studi dell’Insubria)

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Roberta Facchinetti, Dizionario giornalistico italiano-inglese, Torino, G. Giappichelli Editore, 2015 (rec. Daniel Russo, Università degli Studi dell’Insubria) 213 Maria Freddi, Linguistica dei corpora, Roma, Carrocci Editore, 2014 (rec. Paolo Nitti, Università degli Studi dell’Insubria)

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Presentazione

La nuova rivista Expressio rappresenta il punto di incontro tra diverse componenti di studi linguistici e letterari operanti all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese ed è frutto del lavoro e delle attività preparatorie e organizzative di collaboratori componenti il Comitato di Redazione. Il progetto intende applicarsi agli ambiti specifici della Linguistica, della Letteratura e della Comunicazione, intersecando gli aspetti teorici al monitoraggio delle realtà esistenti, in prospettiva sincronica e diacronica. Saranno privilegiate le riflessioni su temi precisi e circoscritti, legati anche a valenze pragmatiche. Le intersezioni fra le tre componenti, considerate nella loro sfera d’azione più ampia, costituiscono un obiettivo prioritario del progetto. Il primo numero di Expressio raccoglie una significativa varietà di articoli raggruppati in tre sezioni: “Glottologia e Linguistica”, “Anglistica” e “Letteratura e Comunicazione”. I fascicoli successivi potranno variare la composizione secondo le prospettive definite dai contenuti. La rubrica delle “Recensioni” è posta a chiusura del volume. Rivolgiamo un indirizzo di sincero ringraziamento a tutti i preziosi contributori che hanno accettato di accompagnarci nell’atto iniziale di questa nuova coinvolgente esperienza scientifica. Giulio M. Facchetti Gianmarco Gaspari Alessandra Vicentini



Comunicare con la musica: una ricerca sull’insegnamento musicale Paolo Bozzato e Haidi Segrada1

Abstract This exploratory study intends to investigate: a) the attitudes towards the musical teaching and educational choices, and the training needs of music teachers using the “Traditional Method” and those using the “Suzuki Method”; b) the parents’ perception of the music teaching method of the school attended by their children (“traditional” versus “Suzuki”), in order to understand the factors of effectiveness and the visible effects on the child from the parent’s point of view. Quantitative (questionnaires) and qualitative tools (interviews) have been employed. The sample consists of 26 teachers and 83 parents of children attending music schools located in the same geographical and cultural background. Statistical analysis of the questionnaire data shows that Suzuki teachers have positive and confident expectations on all of their students (compared to the control group) and, according to the parents, the different music teaching methods have different effects on the emotions of their children. Content analysis of the interviews shows that all teachers of the sample consider music education a matter of motivation and the role of the adult (parent and teacher) as critical to success in learning. They expressed also the need for a more complete and updated educational and psychological training. Keywords: music, children, teaching, musical teaching, Suzuki Method

1 Il presente articolo è stato pensato e discusso congiuntamente da Paolo Bozzato (psicologo, psicoterapeuta e formatore) e Haidi Segrada (coordinatrice di scuole dell’infanzia, esperta in glottodidattica infantile e formatrice). Per quanto riguarda la redazione dei paragrafi, nello specifico, a Paolo Bozzato vanno attribuiti i paragrafi 1, 2, 3 e 4. A Haidi Segrada i paragrafi 5, 6, 7 e 8.


Paolo Bozzato – Haidi Segrada

1. Premesse teoriche La musica viene utilizzata dall’essere umano come forma di comunicazione fin dagli albori della civiltà. In tutte le culture è documentato il bisogno spontaneo di utilizzare suoni, ritmi melodici e canti per comunicare con i propri simili. Nelle diverse comunità umane la musica è stata impiegata per accompagnare e connotare in modo significativo momenti rilevanti della vita sociale: riti e cerimonie religiose, parate e cortei civili e militari, feste e momenti ludici. Infine, la musica rappresenta il linguaggio più universale per esprimere le emozioni, è infatti capace di suscitare negli esseri umani emozioni potenti e profonde, indipendentemente dalla lingua e dalla cultura di appartenenza (Moretti e Nistri, 2003). Vista l’importanza della musica per l’essere umano e per la società in cui è inserito, lo sviluppo spontaneo e l’insegnamento del linguaggio musicale sono stati oggetto di un considerevole dibattito tra gli studiosi delle scienze umane. In particolare, due convergenti linee di ricerca hanno stimolato l’interesse di psicologi, pedagogisti e musicologi negli ultimi anni: 1) l’aumento di evidenze scientifiche di una predisposizione per la percezione musicale negli infanti; 2) l’importanza delle precoci stimolazioni musicali dirette ai bambini per lo sviluppo delle loro successive abilità in campo musicale (Hallam, Cross e Thaut, 2016). Le ricerche attuali in ambito psicologico suggeriscono che la capacità dei bambini di percepire e processare le informazioni musicali è presente persino in età prenatale (Papoušek, 1996). Il sistema uditivo del feto, infatti, è funzionante già 3-4 mesi prima della nascita. Così, una grande varietà di stimolazioni acustiche, specialmente quelle provenienti dalla madre, ma anche suoni (compresi quelli musicali) presenti naturalmente nell’ambiente quotidiano, se abbastanza forti possono stimolare il sistema uditivo del feto. La familiarizzazione prenatale a specifici tipi di suono (come la voce materna, alcune particolari sequenze musicali ascoltate e cantate dalla madre) possono contribuire allo sviluppo di una particolare sensibilità a questi stimoli e alla formazione di una preferenza per essi. I neonati

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rivelano precocemente una forte motivazione intrinseca per la pratica e il gioco vocali, insieme alla capacità di imitazione dei suoni. È stato dimostrato che nei primi mesi di vita essi sono in grado di discriminare piccole differenze nella frequenza, altezza e spettro armonico. Sono in grado di processare mentalmente le informazioni legate al tempo dei suoni, sanno organizzare le loro percezioni uditive in schemi globali coerenti e integrare le informazioni che provengono dal sistema visivo, uditivo e propriocettivo (Deliège e Sloboda, 1996). Le prove di cui disponiamo sulla predisposizione alla stimolazione musicale degli infanti hanno ispirato di conseguenza un filone di ricerca sulle fonti naturali dell’esperienza musicale e sull’insegnamento della musica ai bambini (Hargreaves D.J., 1986; Deliège e Sloboda, 1996; Hallam, Cross e Thaut, 2016). Chi si prende cura degli infanti è solito sottoporli ad una variegata stimolazione musicale tramite canti, ninnenanne, balli, giochi interattivi musicali, ma anche attraverso la stessa musicalità del linguaggio diretto ai bambini. Così i bambini familiarizzano con forme elementari della musica come mezzo di base di comunicazione sociale e affettiva quotidiana diretta agli altri. Shinichi Suzuki, noto sostenitore dell’educazione musicale precoce, propose il parallelismo tra l’acquisizione della lingua madre e l’apprendimento musicale (Suzuki, 1969). Così come i bambini imparano rapidamente e abilmente la loro madrelingua ad un’età precoce, anche l’apprendimento musicale dovrebbe iniziare prima dei 5 anni. Il suo “metodo della lingua madre” o “suonare come parlare” ha dato una svolta importante all’educazione musicale del ventesimo secolo ed è stato oggetto di studio da parte di psicologi e pedagogisti (Hallam, Cross e Thaut, 2016). La posizione tradizionale nelle scienze umane rispetto al talento musicale è quella innatista (ancora molto presente nel senso comune), secondo cui alcuni individui nascono con una spiccata abilità musicale che rende loro facile imparare a suonare (Kirnarskaya, 1997). Per citare un esempio Carl Seashore, considerato uno dei padri della psicologia della musica americana, negli anni ’20 del Novecento mise a punto il primo test oggettivo di attitudine musicale che avrebbe dovuto discri-

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minare tra soggetti dotati e privi di talento (Seashore, 1967). Più recentemente, alcuni psicologi cognitivisti hanno sviluppato una posizione vicina a Suzuki ritenendo che il successo e il raggiungimento di elevati obiettivi nell’apprendimento, anche in campo musicale, sia dovuto alla pratica, alla perseveranza, all’impegno nello studio e nell’esercizio (Ericsson e Faivre, 1988; Howe, 1990; Sloboda, 1996). Ci interessa qui mettere in rapporto i capisaldi del metodo Suzuki con gli studi e le ricerche di alcuni psicologi della musica e dello sviluppo, oltre che teorici dell’apprendimento e dell’educazione: a. Ogni individuo può imparare e ha in sé un talento musicale. Secondo Suzuki, ogni bambino può suonare e cantare, possiede un talento fin dalla nascita che non è qualcosa che la natura dà, bensì che la natura sviluppa se viene fornito un ambiente di apprendimento che possiede determinate caratteristiche. Tra gli psicologi della musica contemporanei continua il dibattito sul ruolo giocato dal patrimonio genetico, ma c’è un generale accordo tra gli studiosi sul fatto che l’uomo sia programmato per acquisire una grande varietà di abilità musicali (McPherson e Hallam, 2016). Secondo McPherson e Williamon (2006) l’esecuzione musicale è un talento, inteso come abilità osservabile, che può essere sviluppato da una pratica costante e dall’esercizio. b. L’imitazione è alla base dell’apprendimento musicale. Com’è noto, il comportamento imitativo è alla base di tutti gli apprendimenti nei primi anni di vita (Piaget, 1951; Bandura, 1962). Un bambino impara a parlare ascoltando e ripentendo le parole pronunciate dai genitori. Suzuki (1969) ha dimostrato come, allo stesso modo, il bambino possa imparare a suonare, ossia ascoltando e ripetendo un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori (opportunamente formati dal docente di musica) gli propongono quotidianamente. E questo prima di saper leggere le note. Lo sviluppo del linguaggio verbale e musicale può avvenire contemporaneamente seguendo le quattro fasi di apprendimento comuni ad entrambi: nell’ordine sequenziale l’ascolto, il parlato, la lettura, la scrittura. c. L’ambiente circostante è determinante. Il metodo Suzuki coinvolge bambini, genitori e insegnanti. Il percorso di appren-

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dimento musicale prevede lezioni individuali (con il genitore presente, almeno finché l’allievo non è autonomo) ed un regolare incontro e confronto con il gruppo di altri bambini, sia più piccoli che più grandi. Attraverso lo studio di un repertorio musicale comune è possibile far suonare insieme bambini di livelli diversi, aiutandoli a sviluppare nel gruppo abilità psicomotorie e musicali. Tutto ciò in un clima di accoglienza, incoraggiamento e libero dal giudizio. Una delle più famose citazioni di Suzuki (1969) “Si può fare molto se c’è amore” sembra rispecchiare il principio della considerazione positiva e incondizionata di uno dei più celebri psicologi americani della seconda metà del Novecento: Carl Rogers. Secondo questo autore, l’accettazione dell’altro, l’affetto, la fiducia e il rispetto incondizionato (cioè non giudicante nei confronti della persona) sono i maggiori responsabili di un clima di sicurezza psicologica cha favorisce l’apprendimento e la memorizzazione (Rogers, 1969 e 1976). d. Il coinvolgimento della madre o del padre è fondamentale. In tutti i campi di esperienza, mamma e papà sono i primi e più importanti insegnanti dei propri bambini almeno fino al termine della scuola primaria. I piccoli apprendono molto di più dall’esperienza diretta e vissuta in famiglia che da stimoli esterni al nucleo familiare e questo per via del legame affettivo presente tra genitori e figli ben documentato in psicologia dai teorici dell’attaccamento (Bowlby, 1969; Liotti, 2005). In sostanza, i bambini sono facilitati nel processo di apprendimento musicale in quanto si sentono emotivamente accompagnati dal genitore (a tutti gli effetti uno stretto collaboratore del loro insegnante) e mai soli. Questo rafforza indubbiamente la loro motivazione ad imparare, li rassicura durante fatiche e insuccessi, li sprona a migliorare per una soddisfazione che è sia personale che della propria principale figura di attaccamento. e. La costanza e la ripetizione sono indispensabili ai fini del successo nell’apprendimento: alla base della metodologia Suzuki c’è la disciplina, intesa come costanza nello studio e nell’esercitazione. Attraverso la frequenza delle lezioni individuali e di gruppo, l’impegno a casa, il rigore dell’esecuzione, il confronto con gli altri discenti, il bambino fa suo quell’e-

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lemento ritenuto indispensabile da molti psicologi cognitivisti per l’efficacia dell’apprendimento, vale a dire la perseveranza (Sloboda, 1996). 2. La ricerca: obiettivi e metodologia L’indagine qui presentata si inserisce all’interno di un più articolato progetto denominato “Comunicare e Interagire con i Minori” (CIM), organizzato presso il Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate dell’Università degli Studi dell’Insubria. Questa parte del progetto di ricerca intende studiare la musica come strumento di comunicazione nell’arco della vita, concentrandosi su diversi aspetti della pratica musicale. Questa prima ricerca si proponeva di comprendere in via preliminare ed esplorativa: a. Gli atteggiamenti rispetto all’insegnamento della musica e le scelte didattiche messe in atto dai docenti di musica che utilizzano il metodo “tradizionale” e quelli che utilizzano il metodo “Suzuki”; b. La percezione dei genitori del metodo d’insegnamento musicale della scuola frequentata dal figlio (“tradizionale” versus “Suzuki”), per comprendere i fattori di efficacia e gli effetti visibili sul bambino dal punto di vista del genitore. Sono stati impiegati strumenti di tipo quantitativo e qualitativo, intervistando insegnanti e genitori di bambini frequentanti scuole di musica situate nel medesimo contesto geografico e culturale (una provincia del Nord Italia). Un gruppo di 11 docenti di una scuola di musica che utilizza il metodo Suzuki (gruppo sperimentale)2 e 15 docenti di scuole di musica che applicano il metodo didattico tradizionale (campione di controllo)3 hanno compilato un questionario di autovalutazioScuola Suzuki – Associazione Immaginarte (Varese), diretta dal Maestro Carlo Taffuri. 3 Accademia musicale “Sant’Agostino” di Biandronno (diretta dal Maestro Fabio Bruno), Fondazione Liceo Musicale “Giuseppe Verdi” di Luino (diretta dal Maestro Dario Capitanio), Accademia Musicale “Pietro Bertani” di Luino (diretta dal Presidente Giuliano Vanni). 2

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ne di 22 domande su atteggiamenti e scelte didattiche (la maggior parte a risposte chiuse), precedentemente testato nella fase di pre-ricerca. Tutti gli insegnanti contattati hanno effettuato anche un’intervista telefonica semi-strutturata, volta a sondare tre principali aree tematiche: formazione e carriera, le caratteristiche dell’insegnante efficace, i bisogni formativi dell’insegnante di musica. Le interviste, della durata di circa 30 minuti ciascuna, sono state audio-registrate con il consenso dei partecipanti, trascritte e sottoposte ad un’analisi di tipo qualitativo volta ad approfondire alcuni nuclei tematici-chiave (Palumbo, Garbarino, 2006). Le domande del questionario per i docenti di musica sono state costruite a partire dal modello di insegnamento efficace di McBer (2000).4 Dal suo lavoro emerge che gli insegnanti efficaci hanno alte aspettative nei confronti dei loro studenti, si aspettano il massimo da ogni allievo e perseguono con tenacia standard elevati per tutti. Utilizzano una chiara programmazione didattica, predispongono obiettivi definiti per ciascuna lezione. Inoltre questi insegnanti utilizzano chiare strategie per mantenere la disciplina e l’ordine in classe, le quali fanno percepire agli allievi sicurezza e stabilità. Essi stabiliscono confini precisi per il comportamento degli alunni e si pongono in modo autorevole fin dall’inizio e anche in modo trasparente e leale. Secondo McBer sono efficaci quegli insegnanti che riescono ad ottenere la concentrazione di oltre il 90% degli alunni durante la lezione. Ma anche quelli che impiegano numerosi metodi e tecniche di verifica e valutazione per monitorare i progressi degli allievi nell’apprendimento. Nella nostra ricerca si è scelto di intervistare, tramite questionario self-report (precedentemente testato), anche 48 geni-

4 Nell’anno 2000 a Hay McBer è stata commissionata dal Ministero dell’Istruzione e del Lavoro del Regno Unito una ricerca sulle caratteristiche dell’insegnamento scolastico. L’indagine è stata avviata senza nessuna idea precostituita sulle competenze e sulle caratteristiche che determinano l’efficacia dell’insegnamento. Sono stati analizzati una grande varietà di dati raccolti attraverso differenti metodologie (questionari, interviste, osservazioni in classe, raccolte di dati personali e scolastici). I risultati forniscono un quadro di riferimento per la valutazione dell’insegnamento efficace.

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tori di bambini tra i 3 e i 10 anni che frequentano una scuola Suzuki e 35 genitori con figli della stessa fascia d’età che frequentano altre scuole di musica. Le domande del questionario, in questo caso, riguardavano: a) le caratteristiche anagrafiche dei genitori e dei bambini; b) i vissuti del bambino rispetto alle lezioni di musica e alle esercitazioni a casa; c) i progressi nell’apprendimento del bambino, secondo il genitore; d) il grado di coinvolgimento di loro stessi, come genitori, da parte della scuola di musica; e) l’importanza attribuita alla stimolazione dell’adulto per l’efficacia dell’apprendimento musicale. I dati dei questionari (sia quello per insegnanti che quello per genitori) sono stati analizzati attraverso il software statistico SPSS che ha permesso di creare tabelle di frequenze e percentuali e di confrontare il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo mediante il Test esatto di Fischer a due code. 3. La voce degli insegnanti: risultati dei questionari Nel complesso sono stati raccolti 26 questionari e dall’analisi dei dati socio-anagrafici emerge che l’età media dei rispondenti è di 43 anni, mentre il campione è quasi equamente distribuito tra maschi e femmine, con una leggera predominanza del sesso femminile (15 donne e 11 uomini hanno risposto alle nostre domande). Riguardo al titolo di studio, più della metà del campione dichiara di possedere un diploma di laurea (per precisione il 46,2%, l’11,5% ha anche una specializzazione post-lauream). I diplomati di scuola superiore sono il 34,6%, mentre il 7,7% del campione ha preferito non indicare il proprio titolo di studio. In media, i docenti intervistati insegnano musica da 11 anni. Si tratta quindi di insegnanti che hanno maturato una significativa esperienza sul campo. La maggior parte degli intervistati insegna più discipline musicali e prevalgono i maestri di strumento (39,8%) e quelli di propedeutica musicale (26%). Tra chi insegna a suonare uno

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strumento musicale, si riscontra una netta prevalenza di maestri di pianoforte (36%) e di violino (20%). Confrontando il gruppo sperimentale (insegnanti Suzuki) con il gruppo di controllo (insegnanti tradizionali), non sono emerse differenze significative rispetto alle variabili identificate da McBer (2000) considerate per definire l’insegnamento efficace, ad eccezione di una: le aspettative nei confronti delle possibilità di apprendimento degli alunni. Il 54,5% degli insegnanti Suzuki e solo il 6,7% degli insegnanti delle altre scuole dichiara di aspettarsi il massimo da ogni alunno e la differenza è risultata statisticamente significativa al test statistico (p=0,0208). Ci sembra questo un risultato di grande importanza, perché suggerisce che possedere aspettative positive e fiduciose verso gli alunni sia un elemento-chiave della specificità del metodo Suzuki rispetto agli altri metodi di insegnamento musicale e, almeno in parte, anche della sua efficacia. Si tratta della concretizzazione del principio pedagogico espresso dal credo di Suzuki secondo cui in ogni bambino esiste un talento musicale. Compito del docente è quindi aiutare l’allievo a scoprirlo e a farlo emergere da dentro di sé. Anche Carl Rogers negli anni ’60 aveva individuato nella fiducia del docente verso i discenti un elemento chiave del successo nell’apprendimento (Rogers, 1969 e 1976). Egli riconobbe che il modo in cui l’insegnante percepisce l’allievo e glielo comunica attraverso i suoi atteggiamenti e comportamenti influenza notevolmente il processo di apprendimento. Se l’ottica della fiducia caratterizza il modo di pensare e di sentire del docente, questo influenzerà gli allievi che si dedicheranno all’apprendimento con più costanza, partecipazione, sollecitudine ed entusiasmo. 4. La voce dei genitori: risultati dei questionari Passando a considerare il questionario per genitori, complessivamente hanno risposto alle nostre domande 83 genitori con un’età media di 39 anni. Nella stragrande maggioranza dei casi è stata la madre che ha compilato il questionario (71,2%), mentre lo ha fatto il 24,1% dei padri e solo il 4,8% dei due genitori insieme. Questo significa che è la madre che, nella maggior

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parte dei casi, segue il bambino anche per quanto riguarda la frequenza di una scuola di musica e l’apprendimento musicale. Come anticipato, la fascia d’età dei bambini considerata nella ricerca era compresa tra i 3 e i 10 anni, con un’età media di 6 anni. In media i figli dei genitori del campione frequentano la scuola di musica da almeno 2 anni, hanno maturato dunque una discreta esperienza dell’ambiente della scuola, dei suoi insegnanti e del metodo di insegnamento utilizzato. Dal confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo è emerso che il 41,7% del campione “Suzuki” contro l’11,4% del campione “altre scuole” sostiene che il figlio è quasi sempre entusiasta delle lezioni di musica. La differenza è risultata significativa al test statistico (p=0,0009). Questo importante risultato evidenzia che i bambini, secondo i genitori intervistati, gradiscono molto le lezioni di musica condotte con il metodo Suzuki. Inoltre, mentre il 34% (campione sperimentale) e il 20,6% (campione di controllo) sottolinea che il bambino vive con entusiasmo le esercitazioni di musica a casa. Anche questa differenza è risultata significativa al test statistico (p=0,041). Secondo il giudizio dei genitori (rilevabile dalle risposte alle domande aperte), i bambini vivono bene le esercitazioni di musica a casa perché sono un momento di contatto e intimità con il proprio genitore. A partire dalle osservazioni dei genitori, sembra dunque che il metodo Suzuki riesca a coinvolgere maggiormente i bambini, dando vita ad emozioni positive più intense mentre studiano la musica a scuola e a casa. Non sono emerse, invece, differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda le variabili “progressi nell’apprendimento del bambino secondo il genitore” e “grado di coinvolgimento percepito dai genitori da parte della scuola di musica”. In entrambi i campioni i genitori si sentono coinvolti dalla scuola di musica, anche se l’analisi delle affermazioni alle domande a risposta aperta mostra chiaramente che il tipo di coinvolgimento è diverso. Tutte le scuole di musica coinvolgono i genitori in saggi, feste e concerti, ma mentre nelle scuole con metodo tradizionale il genitore si limita ad accompagnare il bambino o ad attenderlo in sala d’attesa, nella scuola Suzuki la presenza del padre (ma

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più spesso della madre), durante le lezioni di musica individuali e di gruppo è parte integrante del modello di insegnamento. È emerso, inoltre, che i genitori che conoscono il metodo Suzuki attribuiscono una maggiore importanza rispetto agli altri genitori alla stimolazione dell’adulto durante le lezioni di musica e lo studio a casa (p=0,0001). Sembrano quindi più consapevoli dell’importanza della stimolazione musicale precoce per la successiva pratica musicale, uno dei dati scientifici che emerge dalla ricerca contemporanea (Hallam, Cross, Thaut, 2016). Anche se sono necessarie ulteriori e più approfondite indagini, la presente ricerca suggerisce che i metodi di insegnamento musicale abbiano effetti diversi sul vissuto dei bambini (considerando le osservazioni di madri e padri sui propri figli), ma anche sulla consapevolezza dei genitori rispetto a ciò che è più efficace per lo sviluppo delle abilità musicali. 5. Le interviste: una questione di motivazione La nostra ricerca parte da lontano. Non è solo uno studio approfondito sulla musica o sulle metodologie utilizzate per trasmettere un sapere musicale. La nostra ricerca desidera essere qualcosa di più, ovvero uno strumento efficace per comprendere che non possiamo soffermarci solo sulla tecnica o sui saperi, per parlare di apprendimento dobbiamo necessariamente discutere di motivazione. Per un momento proviamo a dimenticare che la nostra è una ricerca legata all’insegnamento della musica. Pensiamo, invece, che sia semplicemente legata all’insegnamento in generale, dalla scuola dell’infanzia all’età adulta. È sorprendente quello che lega l’apprendimento di un bambino di 3 anni allo studente universitario o, perché no, al docente. Ma partiamo dall’inizio. Spesso e volentieri, si parla di metodo di insegnamento, di motivazione e dei problemi che ad essi sono collegati. Certamente, non è semplice parlare di motivazione nell’apprendimento, anche perché sovente, la motivazione viene erroneamente associata all’interesse, tanto che motivazione ed

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interesse vengono ad assumere lo stesso significato. Le cose, però, non stanno proprio in questo modo. In realtà, possiamo parlare di motivazione solo quando nasce il reale interesse nei confronti di un dato argomento e/o situazione. Sintetizzando, potremmo schematizzare nel seguente modo: INTERESSE E CURIOSITA’ | | generano MOTIVAZIONE | | nasce l’IMPEGNO | | scaturisce IL SUCCESSO DELL’APPRENDIMENTO

Semplificando, possiamo affermare che è a seguito della nascita di interesse e curiosità (la curiosità di sapere, fondamentale per qualsiasi processo di autoeducazione) per un dato argomento che avremo motivazione che, a sua volta, genereranno impegno e desiderio di approfondire il tema in questione. Perciò l’interesse e la motivazione, insieme all’impegno creano il successo o meglio, scaturiscono nel tanto agognato successo scolastico che tutti gli insegnanti si auspicano di far raggiungere ai propri alunni. La domanda che nasce spontanea, però, è: “Perché, allora, è così frequente l’insuccesso nell’apprendimento?” Probabilmente, la risposta sta nel fatto che quando si affronta un argomento cosiddetto “scolastico”, la motivazione cade perché non è presente interesse (ovvero, non è stata stimolata la curiosità). Questo concetto è facilmente dimostrabile. Quando si tratta un tema alla scuola dell’infanzia, per esempio, la motivazione è maggiore perché l’interesse è stato stimolato in un modo “non convenzionale”, mentre la “classica”

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lezione frontale alla scuola primaria rischia di avere un effetto soporifero nei confronti dell’interesse stesso. Proviamo a fare un esempio. Se desideriamo affrontare un argomento scientifico alla scuola dell’infanzia, come potrebbe essere “Il ciclo dell’acqua”, lo proporremo in forma giocosa, con grandi cartelloni illustrati, magari utilizzando un personaggio – guida (senza trascurare, però, quello che riguarda l’aspetto contenutistico). Alla scuola primaria, invece, utilizzando il metodo frontale, dove l’insegnante spiega il concetto e gli alunni recepiscono il messaggio, l’entusiasmo per la novità viene precluso, e questo perché è il modo con cui si presenta l’argomento che fa la differenza. Quanto sopra riportato, è soltanto un banale esempio di quello che accade nella quotidianità scolastica. Non a caso, infatti, recenti studi, hanno dimostrato che in un discorso (spiegazione o messaggio), il 10% rappresenta le parole, il 40% il tono che viene utilizzato per trasmetterne il contenuto, mentre ben il 50% il modo. Ancora una volta, viene ribadita l’importanza della modalità con cui ci si pone. Attraverso il modo, ovvero l’entusiasmo, si può arrivare a generare interesse o, quantomeno curiosità. Concludendo, possiamo affermare che il vero problema da risolvere riguarda la professionalità del docente e la sua reale capacità di mettersi in gioco, sia che si tratti di scuola dell’infanzia, di scuola primaria, o di università. La professionalità del docente è tutto. Attraverso se stesso, l’insegnante mostra ciò che realmente è, senza formalismi, senza artifici. Nelle nostre interviste questo aspetto emerge prepotentemente. In ogni intervista sia nel gruppo della scuola Suzuki, sia nel gruppo di controllo, viene chiaramente espressa la volontà del docente, il suo modo di essere, di porsi, di vivere la professionalità. Questo aspetto è molto importante. Nella maggioranza delle interviste, il desiderio di andare oltre la propria professione c’è, è quasi tangibile. In particolare, statisticamente parlando, possiamo affermare che il desiderio di evolvere la propria professionalità è presente almeno nel 90% dei docenti intervistati. Ecco che i numeri ci aiutano, ci sostengono, dando vita a


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un’altra fondamentale ed annosa questione: “Quale tipo di formazione offrire?”. Gli insegnanti intervistati chiedono una formazione differente; hanno a disposizione diverse opportunità formative (in particolare gli insegnanti Suzuki possono contare sulla formazione tecnica del loro metodo), ma il punto è un altro. Non si parla di competenza tecnica, strumentale, ma di competenza educativa. In altre parole, la necessità più grande è quella di acquisire competenza nel modo di trasmissione dei saperi. La nostra ricerca, fino ad ora, ha messo in luce un aspetto importante: le esigenze formative e il ruolo dell’insegnante di musica non solo come trasmettitore di conoscenze tecniche ma come vero e proprio educatore. 6. Perché con la musica? La nostra ricerca mette in evidenza almeno tre aspetti: i bisogni dell’insegnante, la bontà dell’utilizzo della musica a partire dall’età prescolare e i benefici che questa può portare. Occupiamoci proprio di questi due ultimi aspetti. Partiamo da quanto affermato dal Maestro Carlo Taffuri che, nell'ambito dell’Associazione ImmaginArte, dirige orchestre composte da giovanissimi musicisti: Un bambino che suona in orchestra fa un’esperienza straordinaria, umana e musicale. È un regalo per tutta la vita. La musica è un’attività che completa e migliora la crescita dei bambini perchè “lavora” su una serie di aspetti quali la concentrazione, la manualità, la socializzazione, la coscienza dell’impegno e della responsabilità, la gestione delle emozioni. In orchestra questo viene amplificato grazie al gruppo e alla grande massa sonora, permettendo così a ogni bambino di interiorizzare tutto inconsciamente con gioia e divertimento.

In quest’ottica troviamo proprio la scuola Suzuki. La ricerca dimostra che l’empatia è ingrediente fondamentale durante le lezioni e che il genitore è assolutamente parte integrante di un processo condiviso. Non si parla, quindi, di tecnica, né di

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imposizione dovuta alla disciplina che l’apprendimento della musica porta, ma di empatia e di condivisione. Nella nostra ricerca questi due termini sono emersi più e più volte, tanto da chiedersi: “Come motivare e invogliare il nostro allievo?”, e ancora “Come costruire il meraviglioso rapporto che lega maestro e discente?”. Dal materiale raccolto emerge chiaramente (in entrambi i gruppi di docenti intervistati), che il primo passo è quello di costruire una buona relazione con l’allievo, ma non solo. ll primo passo è quello di avvicinarsi alla musica in modo graduale e giocoso. L’approccio ottimale è quello dei corsi propedeutici di gruppo, dove si scopre tutto l’universo musicale in modo divertente. Non dimentichiamo, infatti, che il nostro corpo è il primo strumento in assoluto: le mani sono le nostre prime percussioni, la voce sostiene il ritmo, introducendoci al canto. La sperimentazione di uno strumento musicale avviene solo in seguito, dopo aver “toccato con mano” il nostro “primo strumento musicale”. Un altro importante concetto è legato al coinvolgimento dei genitori. L’avvio alla musica deve essere un percorso graduale, sereno e, soprattutto condiviso. La presenza della famiglia è una costante nel metodo Suzuki (cosa non particolarmente evidenziata nel gruppo di controllo). Se i genitori ci credono, è importante confermare quella scelta ogni giorno e rinnovarla insieme: la collaborazione della famiglia è fondamentale, si tratta di un percorso da condividere insieme, dove il genitore sia presente. L’impegno è un’altra costante: l’esercizio a casa, la ripetizione e le prove sono necessarie ma qui vediamo qualcosa che, rispetto al gruppo di controllo non c’è: l’allievo chiede di esercitarsi, non sembra dare segni di stanchezza, nonostante l’impegno sia gravoso. Come mai? Ai lettori la scelta: “o si tratta di bambini plusdotati (e non è questo il caso), oppure la mano agognata motivazione ha preso, piacevolmente, il sopravvento?

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7. Altre importanti considerazioni Dal nostro studio è emerso (in entrambi i gruppi di lavoro) che l’approccio precoce alla musica porta con sé innumerevoli benefici. Confrontando gli innumerevoli studi condotti sulla pratica musicale, possiamo sintetizzare che l’accostarsi all’educazione musicale fin dai primi anni di vita, aiuta e sostiene il bambino nello sviluppo di capacità nuove e dell’apprendimento in generale. Nello stesso modo in cui accade per l’apprendimento delle lingue, è bene che il bambino sia esposto da subito al linguaggio musicale. Le Neuroscienze aiutano e sostengono quanto appena espresso. In considerazione di ciò riportiamo, di seguito, quanto dichiarato da Nadine Gaab, professore associato di Pediatria - Ospedale dei bambini - Dipartimento di Medicina del Boston Children’s Hospital: Dal momento che il funzionamento esecutivo è un forte predittore del successo scolastico, anche più del QI, pensiamo che i nostri risultati abbiano forti implicazioni educative. Mentre molte scuole stanno tagliando i programmi e gli insegnamenti della musica per investire più tempo nella preparazione ai test, i nostri risultati suggeriscono che la formazione musicale possa invece effettivamente aiutare i bambini per un futuro scolastico migliore.

Ma non solo. I ricercatori hanno confrontato un gruppo di 15 bambini con educazione musicale, dai 9 ai 12 anni, con un gruppo di controllo di 12 bambini non educati alla musica della stessa età. Hanno comparato anche un gruppo di 15 musicisti professionisti adulti con un gruppo di controllo senza nessuna educazione musicale. (I bambini educati suonavano da 5,2 anni e facevano pratica 3,7 ore a settimana, avendo iniziato mediamente all’età di 5,9). Tutti i test sono stati eseguiti attraverso una serie di prove che erano in relazione a diversi generi di attività cerebrale, che veniva scansionata.

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Sia i bambini che gli adulti con un background musicale hanno ottenuto risultati migliori, in generale. Uno dei meccanismi in azione potrebbe essere il fatto che l’educazione musicale nell’infanzia, specialmente in ambito orchestrale, con le sue alte richieste di funzionamento esecutivo, allena la rete di funzioni esecutive nel cervello in modo che maturino più velocemente, e ciò porta a realizzare performance migliori.5

Da un punto di vista qualitativo, possiamo concludere che, questa prima ricerca ci ha condotto a importanti riflessioni: - l’apprendimento musicale è, prima di ogni altra cosa, una questione di motivazione ed interesse; - il ruolo dell’adulto (sia esso genitore che docente) è determinante per il successo dell’apprendimento musicale; - il maestro di musica necessita e desidera una formazione psicopedagogica più completa e sempre più aggiornata: non basta la sola conoscenza tecnica, bisogna andare oltre per costruire relazioni stabili e proficue;

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Fonte: http://www.spring.org.uk/

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- le neuroscienze hanno dimostrato e continuano a dimostrare che l’esposizione alla musica e alla pratica musicale allena le funzioni del cervello, migliorando l’apprendimento e consentendo all’allievo un futuro scolastico più soddisfacente e brillante. ACA (marchio registrato) è l’acronimo di “Ascolto, Comunicazione, Azione”. È un Metodo educativo, Pedagogico e Didattico ideato da Haidi Segrada a seguito di numerosi anni di lavoro e sperimentazione in ambito pedagogico con i bambini in età prescolare e non. Il Metodo, che si occupa dell’educazione del bambino a tuttotondo, ha dedicato una parte specifica all’educazione musicale, elaborando la costruzione di un laboratorio di color-musico-terapia in cui emerge, chiaramente, quanto la posizione del docente/educatore sia di primaria importanza e di quanto il nostro corpo sia il primo grande strumento per eccellenza. Non solo. Questo laboratorio sostiene ed enfatizza le conclusioni sopra riportate. Di seguito una scheda tecnica per comprendere meglio di cosa stiamo parlando e una esemplificazione delle procedure. DESTINATARI

bambini dai 2 ai 6 anni

DOCENTI RESPONSABILI TEMPI

intero anno scolastico con incontri settimanali

FINALITÀ

Valorizzare la creatività, l’espressività, l’amore per la musica e l’ascolto del sé…

OBIETTIVI

• • • •

Prendere coscienza di sé e degli altri Interagire positivamente con il suono, l’esperienza grafico/espressiva Verbalizzare esperienze Familiarizzare con diversi codici espressivi: sonori e visuali, grafici…

METODOLOGIA

l’approccio musicale ed artistico diviene, in questo laboratorio, fondamentale per favorire l’ascolto del sé e l’espressione nelle sue svariate forme…

SPAZI

la palestra, il giardino

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MATERIALE

o materiale di facile consumo per le attività grafico – pittoriche, stereo con cd, materassini, teli colorati

RISORSE UMANE

DOCENTI: educatori di nido e scuola dell’infanzia

8. Un esempio di laboratorio musicale “che comunica”. La colormusicoterapia nel metodo ACA

ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO Come si può notare, tramite la musica classica, si riesce ad ottenere benefici non indifferenti. Ora, immaginate la musica classica abbinata al lavoro educativo-didattico alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo della scuola primaria. Durante il laboratorio di color-musico-terapia nel Metodo ACA, la musica classica si fonde con il colore, la creatività e l’espressività. Vediamo in che cosa consiste questo tipo di attività laboratoriale. a. Preliminari. Lo spazio dovrà essere predisposto adeguatamente. Abbassiamo le tapparelle (ricordiamo che la luminosità dell’ambiente è fondamentale. La sezione o l’aula non devono essere bui, la luce deve essere soffusa, in grado di creare l’atmosfera del rilassamento e della calma), mettiamo tappeti morbidi per terra (quelli utilizzati per l’attività motoria e/o la psicomotricità). Prepariamo dei teli morbidi ed avvolgenti. Organizziamo i colori che serviranno per l’attività grafico-pittorica: piattini con colori a tempera, gessetti, pastelli a cera, pennarelli, pastelli, ecc… (per i bambini più piccoli predisponiamo delle ciotoline oppure vasetti contenenti i colori per ciascuno, mentre per i bambini più grandi potremo lasciare diverse ciotoline e piattini al centro del tavolo o a terra da condividere). È importante che il colore prescelto (ad esempio il verde) sia a disposizione dei bambini nelle sue sfumature. Il colore che verrà fornito, però, sarà solo uno alla volta: se iniziamo a lavorare con il verde, ad esempio, lasceremo che i bambini lavorino con il verde e tutte le sue sfumature ma non con altri colori. Predisponiamo dei fogli bianchi, formato A3. Prepariamo lo stereo con una musica rilassante e tranquilla (la musica legata

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ai suoni della natura, dell’acqua, ad esempio, sarebbe l’ideale). Inoltre, facciamo in modo di avere a portata di mano la traccia del brano che ci servirà per la nostra attività. b. Invitiamo i bambini a stendersi sui tappetini come meglio credono: lasciamo loro la possibilità di vivere il corpo nella sua interezza. Ciascun bambino si sentirà libero di sperimentare le posture che meglio crede e sarà accompagnato dalla musica rilassante che abbiamo menzionato prima. L’attività di rilassamento dura all’incirca 10 minuti (il tempo può variare in base all’età del gruppo che andrò ad approcciare: con i bimbi piccoli sarà un lasso di tempo sicuramente inferiore, mentre con i bimbi più grandi possiamo permetterci anche di prenderci un tempo più lungo). Con i bambini mezzani e grandi, potremo, una volta lasciato un tempo adeguato al rilassamento, richiamare la loro attenzione chiedendo di mettersi supini e di appoggiare bene tutte le parti del loro corpo. Diamo loro indicazioni precise, quali: “…Ascoltiamo bene i nostri piedi, dove appoggiano… Dove appoggiano i nostri polpacci, le nostre gambe, i nostri glutei, ecc…” Risalendo fino alla testa. Questo esercizio è molto utile per la presa di coscienza psicomotoria… c. Terminato il momento dedicato al rilassamento, introduciamo il brano di musica classica abbinato al nostro colore e facciamolo ascoltare più volte ai bambini (si consiglia tre volte circa), senza dare indicazioni sulla postura da adottare. d. Dopo la fase di ascolto, si prosegue con l’attività grafico/pittorico/espressiva: i bambini vengono invitati a disegnare ciò che desiderano sul foglio A3. Non verrà fornita alcuna indicazione: né sull’utilizzo dei colori, né tantomeno sul tema da disegnare. I bambini avranno la possibilità di sperimentare più materiali alla volta e di utilizzare il foglio a secondo delle proprie necessità. In questa fase la musica classica abbinata al colore rimane come sottofondo non invasivo ma immanente nell’attività. e. Fase di rielaborazione. Si lascia spazio ai bambini per terminare la loro “opera d’arte” (dai 20 ai 30 minuti), in seguito l’insegnante inviterà ciascun bambino, a turno, a raccontare il proprio elaborato grafico. L’insegnante annoterà su di un foglio a parte (mai sul disegno), ciò che il bambino narra.

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Conclusione dell’attività: il laboratorio di color – musicoterapia viene proposto durante tutto l’anno scolastico, nello specifico, da novembre a maggio. L’insegnante raccoglierà ogni elaborato grafico del bambino con il suo racconto. Il tutto andrà a costituire il “Libro dei colori e delle emozioni”. Nota bibiliografica Bandura A. 1962, Social learning through imitation. In Jones M.R. (ed.), Nebraska Symposium on Motivation, University of Nebraska Press, Lincoln. Baroni L., Stefani G. 1987, Il senso in musica, CLUEB, Bologna. Baroni M. 1997, Suoni e significati, EDT, Torino, Blacking J. 1986, Come è musicale l’uomo, LIM, Milano. Boulez P. 1988, Il paese fertile. Paul Klee e la musica, Abscondita Ed. Milano. Bowlby J. 1969, Attachment and Loss. I. Attachment, Londra, trad. it Attaccamento e perdita. I. L’attaccamento alla madre, Bollati Boringhieri, Torino, 1972. Cardoso de Souza M.A., Amelio P. 2010, Come può il cielo avere tante stelle? Non è solo mezz’ora di canto, ITACA, Castel Bolognese (RA). Dahlhaus C., Eggebrecht H.H. 1988, Che cos’è la musica, Il Mulino, Bologna. Delalande F. 1993, Le condotte musicali, CLUEB, Bologna. Delfrati C. 2001, La voce espressiva, Casa Editrice Giuseppe Principato, Milano. Deliège I., Sloboda J. (eds.) 1996, Musical Beginnings: origins and developmental of musical competence, Oxford Scholarship Online, Oxford. Eggebrecht H.H. 1987, Il senso della musica. Saggi di estetica e analisi musicale, Il Mulino, Bologna. Ericsson K.A., Faivre I.A. 1988, What’s exceptional about exceptional abilities? In Obler L.K., Fein D.A. (eds.), The exceptional brain: Neuropsychology of talent and special abilities, The Guilford Press, New York. Ferrarotti F. 1995, Homo sentiens. Giovani e musica, Liguori, Napoli. Hallam S., Cross I., Thaut M., (eds.). 2016, The Oxford Handbook of Music Psychology. Second Edition, Oxford University Press, Oxford.

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La nuova rivista Expressio rappresenta il punto di incontro tra diverse componenti di studi linguistici e letterari operanti all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. Il progetto intende applicarsi agli ambiti specifici della Linguistica, della Letteratura e della Comunicazione, intersecando gli aspetti teorici al monitoraggio delle realtà esistenti, in prospettiva sincronica e diacronica. Saranno privilegiate le riflessioni su temi precisi e circoscritti, legati anche a valenze pragmatiche. Le intersezioni fra le tre componenti, considerate nella loro sfera d’azione più ampia, costituiscono un obiettivo prioritario del progetto.

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EXPRESSIO

Rivista di linguistica, letteratura e comunicazione

EXPRESSIO - Rivista di linguistica, letteratura e comunicazione

Mimesis Edizioni Expressio www.mimesisedizioni.it

18,00 euro

9 788857 541341

MIMESIS

ISSN 2532-439X ISBN 9788857541341

MIMESIS

Numero 1/2017


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