Catalogo di Buone Pratiche
nei Progetti di inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizione di svantaggio
M . E . N .T.I .S. Unione Europea Fondo Sociale Europeo
Fondo Sociale Europeo
Movimento Empowerment Nuovi Tentativi di Inclusione Sociale
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Regione Siciliana
Fondo Sociale Europeo Sicilia Programma operativo 2007-2013
W W W. A S T E R I S C O . S I C I L I A . I T
Catalogo Di Buone Pratiche nei Progetti di inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizione di svantaggio
Coordinamento della Ricerca: Dott.ssa Maria Cristina Arena Segreteria organizzativa: ASTERISCO - Associazione per lo sviluppo socioeconomico www.asterisco.sicilia.it Grafiche e Impaginazione a cura di: grafishdesign.it Stampa a cura di: Tipografia Priulla - Palermo ISBN 978-88-905233-0-4 © 2013 ASTERISCO Editore
PROGETTO “M.E.N.T.I.S” Movimento Empowerment Nuovi tentativi di Inclusione Sociale CIP: 2007.IT.003/III/G/F/6.2.1/0096 - CUP G85E11000100009 D.D. N. 472 del 13/03/2012
Un sentito ringraziamento a CRESM, Cooperativa sociale “Oltre il Muro”, ArciDonna, Cooperativa Nido d’Argento, Associazione Sviluppo e Solidarieta’ 2005 Onlus, CISS, CESIE, ASP – Centro Servizi alla Persona – Ferrara, Coop. Sociale Co.Ser. Co Onlus, A.PRO.CA., IS.FOR.COOP Istituto Di Formazione Cooperativa, M.U.N.I. ONLUS - Movimento e Unione Nazionale Interetnica, Associazione Casa dei giovani, CIOFS FP, Fondazione Piazza dei Mestieri - Marco Andreoni, Provincia di Rimini, Centro di Accoglienza Padre Nostro, INFAOP, Consorzio Solidalia – Società Cooperativa Sociale Onlus, Cooperativa Azzurra, CICSENE, TECHNE - Società consortile a r. l., ed ai collaboratori di queste organizzazioni che hanno creduto nel nostro lavoro, mettendo a disposizione i propri materiali ed i risultati delle proprie attività, contribuendo fattivamente alla riuscita del lavoro.
“Se vuoi conservare un segreto scrivilo in un libro”
Proverbio della Costa D’Avorio
- Prefazione -
Il primo augurio che rivolgo a questa pubblicazione è di smentire il proverbio citato, perché, soprattutto in uno scenario come quello siciliano, un ragionamento collettivo sulle Buone Prassi in ambito sociale e formativo mi sembra quanto di più sensato si possa proporre nel momento che viviamo, a patto che tale ragionamento diventi subito strumento di confronto vivo e aperto. Da addetto ai lavori registro, infatti, una sensazione di crescente assedio su due diversi fronti: quello dell’opinione pubblica (spesso poco o male informata) che non riesce a riconoscere appieno il ruolo sociale degli Enti che operano nel settore, anche quando questi si propongono in maniera autonoma rispetto al potere politico/clientelare; e quello dei continui tagli finanziari che riducono costantemente la nostra capacità di azione e devono quindi, altrettanto costantemente, stimolarci a concepire nuove forme di intervento, nuovi tipi di Welfare, che facciano tesoro anche degli errori e che riescano comunque a non lasciare indietro nessuno. Rispetto a queste due forme d’assedio ho l’impressione che gli Enti del privato sociale, che non dovrebbero mai considerarsi solo come semplici “imprese”, perseguano troppo spesso la strategia dell’accomodamento (se non proprio del “si salvi chi può”) rispetto al confronto pubblico e aperto. E le stesse reti e associazioni del Terzo Settore (specie a livello regionale o locale) non riescono ad alimentare e incidere a sufficienza il dibattito sulle strategie di fondo del nostro Welfare e della nostra Formazione, sulle policies (e sulle loro concrete applicazioni) troppo spesso calate dall’alto, poco incisive, se non del tutto in contrasto con gli stessi obiettivi dichiarati. Il modello associativo dominante preferisce concentrarsi invece sulla gestione dell’esistente, con un attitudine lobbistica che lascia poco spazio ai possibili e auspicabili cambiamenti di paradigma. Per dirla con una battuta, si discute troppo poco di “politiche” (specie a livello regionale o locale) e si parla troppo con i “politici”. Per questo motivo ritengo che uno studio approfondito sulle Buone Prassi sia un modo intelligente per aprirsi a cambiamenti di prospettive, per favorire la dimensione collettiva dei ragionamenti e per stimolare tutti a “fare meglio”, non più e non solo come percorso personale di Enti e soggetti di buona volontà, ma come vera e propria proposta di nuovo sistema (sia pubblico che privato). Nel Catalogo sono stati selezionati progetti finanziati sia da Enti pubblici (Re-
gione Sicilia, Regione Liguria, Comune di Palermo, etc.) che da soggetti privati (Fondazione con il Sud e Fondazione Telecom). Sarebbe interessante chiedersi, in questo caso, se sia più facile generare una “Buona Prassi” con progetti finanziati da Amministrazioni pubbliche piuttosto che da soggetti privati, e quanto questa eventuale differenza derivi dalle diverse modalità di relazione tra i Soggetti erogatori e gli Enti gestori del finanziamento. Detto in altri termini, e partendo dalla mia personale esperienza con progetti finanziati proprio dalla Fondazione con il Sud: cosa impedisce ad un Dipartimento/Servizio/Ufficio pubblico (almeno in Sicilia) di applicare le stesse modalità collaborative e partecipative (oltre che di controllo puntuale della spesa e delle azioni poste in essere) messe in atto, con soddisfazione reciproca, da questi Soggetti privati nella gestione dei programmi e nel rapporto con gli Enti gestori dei progetti? Perché limitarsi al semplice ruolo di controllore contabile, che prescinde dall’efficacia dell’azione e che può far perdere di vista i veri obiettivi cui rispondono i finanziamenti, i programmi ed i progetti? Fra l’altro, è ormai evidente a tutti che l’aver privilegiato “la spesa” (es. dei Fondi Strutturali della U.E) come pressoché unico indicatore di riferimento del successo (o insuccesso) delle politiche sociali e di sviluppo ha compromesso quasi del tutto la reale efficacia degli interventi e, paradossalmente, almeno nelle regioni del Sud, non ha neanche aumentato di molto lo stesso impiego quantitativo delle risorse. Si tratta, anche in questo caso, di individuare le Buone Prassi esistenti (spesso anche all’interno delle stesse Amministrazioni) e di elevarle al rango di “sistema”. Questo potrebbe anche avvenire per autonoma scelta delle stesse Amministrazioni pubbliche, ma un Terzo Settore che si consideri soggetto attivo e maturo, non può esimersi dal pretendere una seria discussione sul tema, a tutti i livelli, dal livello locale a quello europeo. In assenza di tale confronto la prospettiva più probabile, guardando alle direttrici finora in atto, sembra essere quantomeno paradossale: una diminuzione degli investimenti pubblici in Welfare e Formazione, accompagnata da un aumento costante dell’imbrigliamento burocratico delle attività rimanenti, a tutto discapito dei beneficiari finali. Sebbene questo lavoro non sia stato concepito come un’inchiesta e non pretenda nemmeno di dare voce viva ai protagonisti dei tanti e bei progetti raccontati, tuttavia è quanto di meglio ci si poteva aspettare in un momento come quello che stiamo attraversando per riaccendere un dibattito per troppo tempo relegato a ingenua utopia, per rianimare considerazioni e interrogativi che aprano a nuove prospettive. Approfittiamone tutti. Alessandro La Grassa Presidente del CRESM
Catalogo Di Buone Pratiche nei Progetti di inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizione di svantaggio
- Indice Premessa ................................................................................................................................... p.19
Sezione 1
1. La lettura delle Buone Pratiche ....................................................................................... p.27 1.1 Origine e definizione del concetto di “Buona Pratica”: prospettiva internazionale e posizione europea .................................................. p.27 1.2 Come individuare le “Buone Pratiche” ..................................................................... p.31 2. L’inclusione socio-lavorativa dei soggetti in condizione di disagio ...................... p.35 2.1 Il concetto di inclusione sociale .................................................................................. p.35 2.2 Una possibile integrazione tra politiche di Welfare e modelli innovativi promossi dal privato locale .................................................................. p.38 3. L’azione di ricerca: gli step operativi e il disegno di ricerca adottato ......................... p.43 3.1 La costruzione del database di contatti ....................................................................... p.44 3.2 La costruzione dello strumento di rilevazione delle Buone Pratiche ..................... p.45 3.3 La definizione del piano di comunicazione ............................................................. p.46 3.4 L’analisi e la selezione delle schede di catalogazione raccolte ................................ p.47 3.5 Lo strumento di rilevazione adottato: la scheda di catalogazione della Buona Pratica .................................................................................................... p.50 4. Considerazioni finali .......................................................................................................... p.59 4.1 Condividere per innovare: la diffusione e valorizzazione dei risultati come presupposto per l’apprendimento ................................................................ p.60 4.2 I vantaggi del lavoro partecipato ................................................................................ p.64 4.3 I punti critici del processo di condivisione ................................................................. p.66
Sezione 2
Il catalogo di Buone Pratiche .................................................................................................. p.71 Le schede .................................................................................................................................... p.79 Scheda n.1 “R.A.E.E. in carcere” ................................................................................................. p.81 Scheda n.2 “Buoni dentro” ........................................................................................................ p.87 Scheda n.3 “SFIDA – Supporto Formazione e Inserimento Lavorativo Detenuti Adulti” ............................................................................................ p.91 Scheda n.4 “Teseo 1 e 2 (per giovani con handicap cognitivo lieve)” ................................. p.97 Scheda n.5 “Laboratorio di pari opportunità: pratiche per il superamento degli stereotipi” ......................................................................................... p.101 Scheda n.6 “I giovani centrano il lavoro” .............................................................................. p.107 Scheda n.7 “Angeli e demoni 2 – Percorsi di formazione per giovani a rischio di marginalità sociale e lavorativa” ............................................ p.111 Scheda n.8 “Creatività vesuviana” .......................................................................................... p.115 Scheda n.9 “A regola d’arte” .................................................................................................... p.119 Scheda n.10 “LeCiM - Learning Cities for Migrants Inclusion” .......................................... p.123 Scheda n.11 “Progetto abitare: STRANIERI E CASA” ........................................................... p.127
Indice
Scheda n.12 “Impresa etica” ................................................................................................... p.133 Scheda n.13 “CLARITY - Clear Language Actions Responding with Information for migranTs in employment” .................................................................. p.137 Scheda n.14 “Progetto Maddalena” ...................................................................................... p.143 Scheda n.15 “Non uno di meno ma ognuno a suo modo. Network scuole-associazioni-istituzioni-comunità contro la dispersione scolastica e per la promozione dell’attenzione a percorsi educativi personalizzati” ....................................................... p.147 Scheda n.16 “Guichets antiviolence pour les mineurs” ..................................................... p.151 Scheda n.17 “Comunità terapeutica residenziale” .............................................................. p.155 Scheda n.18 “Programma straordinario a contrasto della crisi economica” .................... p.159 Scheda n.19 “Mo.L.E.S. (Modello Lotta Esclusione Sociale)” ................................................ p.163 Scheda n.20 “Holding” ........................................................................................................... p.167 Scheda n.21 “Solidarietà nel verde” ...................................................................................... p.173 Scheda n.22 “R.I.S.E. Rete Inclusione Socio-Economica - Azione 11 del piano di zona DDS 42” .......................................................................................... p.177 Scheda n.23 “M.E.N.T.I.S - Movimento Empowerment Nuovi Tentativi di Inclusione Sociale” ..................................................................................... p.181 Scheda n.24 “CRIS” .................................................................................................................. p.185 Scheda n.25 “IN.E.S. - Inclusione Empowerment Solidarietà” ............................................ p.189
19 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche
- Premessa -
Il presente lavoro si propone di illustrare e diffondere le modalità di realizzazione e gli esiti dell’Attività di Ricerca realizzata nell’ambito del Progetto “M.E.N.T.I.S – Movimento Empowerment Nuovi Tentativi di Inclusione Sociale” (di seguito MENTIS). Il Progetto MENTIS, finanziato dall’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro - Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali della Regione Siciliana, nell’ambito del P.O. FSE 2007-2013, persegue la finalità generale della promozione dell’inclusione socio-lavorativa di 20 soggetti in condizione di disagio ed esclusione sociale a causa di povertà estrema, residenti nei Comuni del Distretto Socio Sanitario 41 in Provincia di Palermo (Partinico, Balestrate, Borgetto, Trappeto, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Giardinello, Montelepre e Camporeale), attraverso l’attivazione di un percorso integrato di Formazione, Orientamento, Bilancio di Competenze (Fase 2), Work Experience (Fase 3) e Accompagnamento alla creazione di impresa (Fase 4) che avrà come esito la creazione di un’Impresa Sociale nel settore Florovivaistico e Ortofrutticolo. La creazione della nuova impresa proietterà l’azione progettuale oltre il ciclo di vita del Progetto e rappresenterà il vero punto di inizio del processo di inclusione che MENTIS intende attivare sul territorio a beneficio del gruppo di destinatari. MENTIS è attuato da un Associazione Temporanea di Scopo (A.T.S.) composta da Cooperativa Nido d’Argento (Soggetto Capofila) e da 3 soggetti in qualità di Partner: ASTERISCO - Associazione per lo sviluppo socioeconomico; Società Cooperativa Sociale LIFE; Società Cooperativa Sociale ANTROPOS: tutti Enti no-profit che operano nell’ambito del Sociale e della Formazione Professionale. Il Progetto inoltre beneficia del partenariato di supporto da parte di soggetti locali tra i quali: Associazione antiracket ed antiusura “Liberi di lavorare”, Comune di San Cipirello, Comune di Balestrate, Comune di Giardinello, Comune di Montelepre, Comune di Partinico, che a vario titolo contribuiscono alla buona riuscita dell’azione progettuale. Attraverso lo sviluppo delle diverse attività di cui si compone, il Progetto MENTIS intende agire su due diversi livelli, a ciascuno dei quali corrispondono obiettivi e finalità differenti: •
Quello dei destinatari privilegiati del Progetto, con l’intento di avviare un percorso di progressivo rafforzamento del bagaglio conoscitivo ed esperien-
20
21 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche
ziale dei soggetti che vivono in condizione di disagio e – grazie alla realizzazione di Work Experience e alla creazione di un’impresa sociale - di far sperimentare loro una nuova esperienza di vita e professionale, al fine di promuoverne e favorirne l’inserimento socio-lavorativo; •
Quello degli operatori di settore pubblici e privati che a vario titolo operano nell’ambito del Sociale, con l’intento di operare una sensibilizzazione volta alla condivisione delle pratiche adottate per l’inserimento socio-lavorativo di soggetti in condizioni di disagio, effettuare una ricognizione e selezione delle migliori pratiche di inclusione socio-lavorativa, promuoverne la diffusione, favorire la contaminazione di modelli di eccellenza.
Nell’ambito della complessiva architettura progettuale come sopra accennato, la Ricerca (Fase 1 del Progetto) riveste un’importanza strategica, essendo stata pensata con la precisa finalità di realizzare un’attività di analisi e di benchmarking tra le diverse esperienze realizzate da organizzazioni pubbliche e private, attive a livello regionale e nazionale, allo scopo di promuovere l’inserimento socio – lavorativo di soggetti svantaggiati (donne, immigrati, detenuti, minori, soggetti portatori di handicap, etc.), evidenziandone particolari aspetti di eccellenza. La rilevazione della crescente importanza del fenomeno dell’esclusione sociolavorativa e del disagio sociale, nonché del progressivo incremento dei fenomeni di marginalità, ha ispirato la riflessione circa l’opportunità di avviare un percorso di studio e di analisi sul tema, volto alla selezione, individuazione e diffusone di buone prassi realizzate a livello nazionale, capace di tradursi in un’esperienza di crescita che possa sollecitare un’evoluzione nell’approccio al tema dell’inclusione sociale. Tutto ciò nella consapevolezza di come la diffusione di modelli innovativi possa rappresentare concreto stimolo e utile esempio alla crescita e maturazione di nuovi approcci al tema dell’inserimento socio-lavorativo di soggetti in condizione di disagio. Nasce da queste premesse e da queste considerazioni l’idea del presente “Catalogo di Buone Pratiche”, concepito come utile strumento a disposizione degli operatori del settore, ai quali intende offrire un compendio di informazioni e conoscenza al quale attingere per accrescere l’efficacia delle azioni nei percorsi di inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizione di disagio. Negli ultimi tempi, con l’evolversi dello stato di crisi globale, economica ma anche sociale e culturale, i fenomeni di povertà si moltiplicano, amplificano il loro raggio, assumono diverse sfaccettature. La povertà non è più da considerarsi un evento straordinario o una status sociale, perché colpisce fasce sempre più ampie della popolazione, investendo soggetti e categorie che sino a pochi anni fa erano e si consideravano al riparo da un simile evento; discriminazione, marginalizzazione ed esclusione sociale si accompagnano quasi sempre al processo d’impoverimento, in una spirale negativa che rende estremamente difficile percorrere di una completa e perfetta reintegrazione nella società. La crescente diffusione del fenomeno dell’improvviso mutamento di status economico e il conseguente disagio sociale che a esso si accompagna rende sempre più ineludibile la necessità di innescare percorsi di sviluppo incentrati sui principi dell’inclusione sociale e della lotta alla povertà.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche
Queste, dunque, in termini di estrema sintesi le considerazioni di ordine generale a monte del presente documento, il cui oggetto è sia la presentazione del percorso logico e metodologico che ha condotto alla costruzione del Catalogo, finalizzato alla definizione, raccolta, descrizione e comparazione delle Buone Pratiche sperimentate sul territorio regionale e nazionale nel campo dell’inclusione socio-lavorativa dei soggetti a rischio di esclusione, sia la restituzione dei risultati del lavoro - 25 schede di Buone Pratiche - e le conclusioni sull’esperienza realizzata. Nel corso dell’esposizione saranno definiti concetti chiave, dimensioni, fonti di analisi sul tema, così da offrire un’efficace chiave di lettura e d’interpretazione delle informazioni presentate e da guidare le riflessioni degli operatori, pubblici e privati, cui tale lavoro si rivolge. Il Catalogo si configura quale rassegna di esperienze, testimonianze, soluzioni attivate, sperimentate e rese operative in diversi contesti; esso offre, inoltre, un’analisi delle problematiche incontrate e propone spunti di riflessione per il miglioramento dell’attività progettuale in ambito Sociale. Le Buone Pratiche oggetto di illustrazione nel corso del documento riguardano più progetti, afferenti ad ambiti e settori differenti e rivolti ad utenze diversificate, ma accomunati dal fatto di avere contribuito, secondo modalità diverse, ad attivare percorsi virtuosi di sviluppo sociale o a sperimentare modelli innovativi di intervento per promuovere l’inclusione dei più deboli. Le 25 Buone Pratiche qui raccolte, realizzate da 23 differenti Organizzazioni, saranno presentate attraverso schede analitiche, strutturate e condivise con i soggetti che hanno aderito all’iniziativa, che consentono una facile lettura e un’immediata comparazione delle Buone Pratiche stesse. Il Catalogo vuole rappresentare una vetrina dell’eccellenza che propone al lettore esperienze innovative e potenzialmente replicabili, poiché hanno raggiunto con efficacia ed efficienza gli obiettivi che si erano poste. L’inserimento socio-lavorativo dei soggetti in condizione di disagio è una tematica piuttosto complessa, così come articolata e variegata risulta essere anche l’offerta di servizi, programmi, interventi, azioni proposte in ambito pubblico – privato per arginare la ormai sempre crescente emarginazione sociale. Per questa ragione, osservare l’esistente e valorizzare le Buone Prassi realizzate può costituire un punto di partenza fondamentale per promuovere un’efficace programmazione dell’azione sociale in ambito territoriale. Il Catalogo è organizzato in 2 Sezioni. La Sezione n.1 è suddivisa in 4 capitoli: •
Il primo Capitolo focalizza l’attenzione sulle origini storiche del concetto di Buona Pratica, passando brevemente in rassegna gli studi e la letteratura metodologica sul tema, sul significato di Buona Pratica e sulle modalità per identificare prassi efficaci ed utili. Tale rassegna riveste un’importanza centrale, poiché nell’analisi delle esperienze proposte non si può prescindere da quelli che rappresentano gli aspetti definitori per eccellenza per delineare il Piano operativo, gli strumenti di rilevazione adottati, etc. Cosa è una Buona
22 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche
Pratica? Quali sono gli elementi necessari per identificarla? Come la si valuta? Sono questi alcuni degli interrogativi ai quali il Capitolo 1 vuole dare una risposta. •
Il secondo Capitolo è dedicato all’analisi e all’approfondimento della tematica “Inclusione Sociale”, al fine di individuare e confrontare paradigmi vecchi e nuovi sul tema, evidenziandone gli aspetti evolutivi che caratterizzano l’intervento pubblico - privato.
•
Il terzo Capitolo presenta il modello di ricerca che ha portato all’elaborazione del Catalogo di Buone Pratiche, le metodologie e gli strumenti impiegati, gli step realizzati e il piano operativo adottato per giungere poi all’identificazione delle Buone Pratiche illustrate e presentate nella Sezione successiva. Il capitolo contiene infine lo strumento di rilevazione che è stato costruito e utilizzato per la raccolta delle Buone Pratiche e diffuso a livello nazionale.
•
Il quarto Capitolo è dedicato alla presentazione delle Conclusioni finali che intendono tirare le somme dell’esperienza realizzata, evidenziandone gli ostacoli e le criticità, ma nel contempo fornendo alcuni spunti di riflessione utili a chi opera, con passione e impegno, in ambito Sociale, riconoscendone l’alto valore e potenzialità di sviluppo verso il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tanti.
La Sezione n.2 contiene il Catalogo di Buone Pratiche vero e proprio, ovvero la presentazione delle singole Buone Pratiche, presentate in un format di immediata lettura e facile comprensione.
Sezione 1
27 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
1. LA LETTURA DELLE BUONE PRATICHE 1.1 ORIGINE E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI “BUONA PRATICA”: PROSPETTIVA INTERNAZIONALE E POSIZIONE EUROPEA I lavori che si concentrano sull’individuazione, la raccolta e il trasferimento di Buone Pratiche si configurano oggi come una delle forme più utilizzate di apprendimento organizzativo finalizzato a definire e promuovere iniziative progettuali efficaci e migliorare i risultati di specifiche attività. L’espressione “Buone Pratiche” oggi è ormai entrata a far parte del linguaggio comune in riferimento a svariati ambiti: dalla formazione all’occupazione, dalla neo imprenditorialità alle politiche di Welfare, etc.. A livello europeo le Buone Pratiche costituiscono uno strumento fondamentale dell’attuazione del Fondo Sociale Europeo (FSE) e rappresentano una metodologia essenziale dell’apprendimento reciproco che si pone alla base della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO). Anche nel ciclo di programmazione FSE 2007-2013, ormai al termine, le Buone Pratiche hanno rivestito un ruolo importante al punto da diventare parte integrante delle priorità d’azione promosse dall’Unione Europea. L’approccio europeo di analisi e trasferimento delle Buone Pratiche trae le proprie origini da alcuni studi sulla diffusione dell’innovazione condotti negli Stati Uniti e nei Paesi OCSE. Il tema della diffusione dell’innovazione è stato affrontato per la prima volta in forma scientifica nelle università americane negli anni ’60 e la prima pubblicazione su questa tematica è stata realizzata dal Professor Everett M. Rogers dell’Università di Stanford che pubblicò una Ricerca dal titolo “Diffusion of Innovations”. Il concetto di “Buona Prassi/Pratica”, derivante dall’espressione inglese “Best Practice”, nasce all’inizio del XX secolo1 e si ricollega ad un’idea manageriale che acquisisce come punto di partenza il fatto che esiste una tecnica, un metodo, un processo o un attività, che presenta un elevato livello di efficacia nel raggiungere un particolare risultato, rispetto ad una qualunque altra tecnica, metodo, processo, etc. Naturalmente l’identificazione di quali tecniche, processi o attività risultino più efficaci e più adeguate rende necessaria l’applicazione di un metodo operativo, che in ambito industriale, spesso, è ricollegabile ad un giudizio comparativo definito tramite la metodologia del “benchmarking”, cioè un confronto fra le esperienze considerate più significative nell’ambito considerato. Tale ragionamento negli anni ’80 venne riprodotto anche in relazione al 1 Frederick Taylor (1911), The Principles of Scientific Management, Harper & Brothers Publishers, New York.
28
29 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
tema della disseminazione dei risultati delle attività condotte nell’Area Ricerca e Sviluppo dall’OCSE, puntando l’attenzione sul fatto che la maggior parte dei vantaggi economici creati dalle nuove tecnologie in realtà sono riconducibili più alla diffusione dell’innovazione (adozione di tecnologie esistenti) che allo sviluppo di nuove tecnologie. Successivamente negli anni ’90, anche la Commissione Europea iniziò ad approfondire il concetto di disseminazione dei risultati e con la pubblicazione del “Libro Bianco sulla competitività” del 1994 prese atto che la maggiore debolezza in termini di competitività della Unione Europea rispetto ad altre potenze mondiali, come il Giappone e gli Stati Uniti, era dovuta in particolare alla scarsa capacità di trasformare scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche in risultati industriali e commerciali. Da quel momento in poi, la disseminazione dei risultati è divenuto uno dei criteri centrali nei programmi di azione finanziati dall’Unione Europea. Oggi la Commissione Europea, dedica un’attenzione particolare e promuove con forte slancio la diffusione e il trasferimento di Buone Pratiche attraverso azioni e programmi appositamente creati; basti pensare alle campagne e alle azioni di disseminazione e valorizzazione attivate nell’ambito del Programma Leonardo da Vinci o a quello di Mainstreaming nell’Iniziativa Comunitaria “Equal”. Tale impegno nasce dalla convinzione che per massimizzare l’utilità dei finanziamenti europei e dei programmi definiti, anche in una logica di progressivo allargamento dell’Unione Europea (incremento dei Paesi aderenti e moltiplicazione dei beneficiari), è prioritario ed è indispensabile far circolare l’informazione sulle migliori sperimentazioni realizzate e sfruttare i risultati conseguiti. Con specifico riferimento invece all’espressione “Buona Pratica”, essa fino ad oggi ha ricevuto diverse definizioni. Negli Studi ISFOL la Buona Pratica viene definita “una modalità di sviluppo dell’esperienza formativa che presenta elementi significativi in ordine a: - le strategie adottate per raggiungere gli obiettivi di occupabilità, professionalizzazione, integrazione e costruzione di partenariati di reti e sistemi; - la qualità del contenuto delle singole azioni sul piano delle metodologie, dell’impiego e delle risorse interne ed esterne; - la riproducibilità e la trasferibilità dell’impianto progettuale.”2 L’Unesco - Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura e più in generale le Nazioni Unite, identificano quali Buone Pratiche gli interventi che: presentano l’elemento innovatività, ovvero hanno sviluppato soluzioni nuove e creative al problema che affrontano;
2 Cfr. “La metodologia comune”, in ISFOL, Le buone pratiche nella formazione iniziale, Roma, 1999.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
producono un impatto tangibile e dimostrabile, in termini di miglioramento della qualità della vita dei beneficiari;
sono il risultato di partenariati effettivi tra pubblico, privato e settori della società civile;
sono sostenibili da punto di vista sociale, culturale, economico ed ambientale;
sono potenzialmente riproducibili in altri contesti.
In linea con tale prospettiva emerge allora che gli elementi centrali che caratterizzano una Buona Pratica sono essenzialmente 3: Il carattere innovativo
La trasferibilità
La riproducibilità
nell’approcciare un determinato problema, nel definire una strategia operativa, nel realizzare un modello di intervento, etc.
la possibilità di riproporre un determinato modello per la risoluzione di un problema differente rispetto a quello per il quale era stato pensato.
la possibilità di riprodurre il modello per la risoluzione di problemi analoghi o simili a quello per il quale era stato pensato.
Pertanto quando si parla di Buona Pratica ci si riferisce ad uno specifico processo di analisi finalizzato alla esplicitazione e alla condivisione di quegli elementi significativi acquisiti attraverso l’esperienza, la “prassi”, appunto, che possono essere trasferiti, riproposti o sperimentati in altri contesti o a favore di differenziati target. Una Buona Pratica, per essere riconosciuta tale, deve avere visibilità, deve essere partecipata, verificata e deve essere potenzialmente applicabile in altri contesti. Le esperienze realizzate, attraverso uno specifico processo di condivisione e di valorizzazione di approcci ai problemi, finiscono così per diventare un valore aggiunto in grado di offrire un concreto ed originale contributo per trovare soluzioni innovative ed efficaci alle problematiche rilevate in un determinato contesto. Nell’esperienza maturata fino ad oggi, le Buone Pratiche si configurano innanzitutto come modelli di intervento praticati ed esportabili, in grado di orientare le scelte pubbliche o private sull’adozione di modelli o strumenti sperimentati con successo, di sensibilizzare l’opinione pubblica e i
30
31 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
decisori politici sulle potenzialità di determinate linee di azione, in termini di aumento della qualità della vita e soddisfazione di bisogni e di promuovere la condivisione e il trasferimento di know‐how attraverso strategie di apprendimento in rete. All’interno di questa cornice definitoria, il presente lavoro definisce Buona Pratica un intervento progettato e realizzato che ha dato risultati positivi e che ha offerto un contributo concreto volto a favorire il processo di inserimento socio-lavorativo di soggetti in condizioni disagio. A partire da tale definizione, il gruppo di lavoro ha avviato e seguito le diverse fasi della Ricerca che hanno portato all’elaborazione del Catalogo di Buone Pratiche illustrato nel presente lavoro, che si configurerà quale strumento dinamico di presentazione e sistematizzazione delle Buone Pratiche realizzate nell’ambito dell’inclusione socio-lavorativa dei soggetti in condizione di disagio. Il Catalogo si propone di rendere disponibile un patrimonio informativo su iniziative progettuali già sperimentate o in corso di sperimentazione che presentano caratteristiche tali da essere identificate come Buone Pratiche, offrendo uno strumento di supporto e accompagnamento per lo sviluppo di futuri progetti a quanti operano nell’ambito del Sociale, nell’intento di promuovere e rafforzare lo scambio di informazioni e l’apprendimento organizzativo, come graficamente rappresentato nel diagramma che segue (Cfr. Figura n.1). Soprattutto oggi, in uno scenario in cui i fenomeni di disagio e di malessere sociale sono in continuo aumento e interessano la gran parte delle classi sociali, disporre di un patrimonio informativo sulle esperienze di successo realizzate risponde ad un esigenza precisa volta a favorire l’instaurarsi di un processo di condivisione, contaminazione e apprendimento, al di là dei confini locali, attraverso un’azione di scambio e diffusione delle pratiche adottate per massimizzare i risultati delle proprie azioni.
1.2 COME INDIVIDUARE LE “BUONE PRATICHE”
Nello sviluppo di un processo di catalogazione l’elemento che assume un’importanza cruciale è in primo luogo la definizione degli specifici criteri di identificazione che si intendono utilizzare: semplicemente per potere catalogare prima di ogni cosa è opportuno comprendere e definire “quale criterio utilizzare”. Il concetto di Buona Pratica che, come anticipato, è variamente definibile nella letteratura sociale e formativa, concretamente si riferisce ad esperienze che presentano caratteristiche riconoscibili quali l’efficacia e la capacità di risposta, l’efficienza o la qualità dell’intervento, la trasferibilità, la riproducibilità. Risulta pertanto fondamentale identificare dei parametri che la Buona Pratica “X” deve soddisfare per essere considerata tale per procedere alla creazione di un Catalogo di Buone Pratiche che diventi veramente un deposito di esperienze capace di favorire la valorizzazione e l’apprendimento. Dopo una lunga e approfondita ricerca sulle diversificate esperienze europee e nazionali condotte nell’ambito della raccolta e della catalogazione delle Buone Pratiche e prendendo come punto di riferimento la metodologia sviluppata dall’ISFOL per l’individuazione e l’analisi delle Buone Pratiche nell’ambito FSE (Cfr. ISFOL 2004), è stato possibile definire i requisiti da adottare per poter procedere all’individuazione e alla selezione delle Buone Pratiche. I 7 parametri che l’ISFOL prende in esame al fine di individuare le Buone Pratiche sono:
Figura n.1
Disporre di un patrimonio informativo relativo alle esperienze di successo
EFFICACIA
EFFICIENZA E SOSTENIBILITÀ
Promuovere e rafforzare lo scambio di informazioni e l’apprendimento organizzativo
Offrire uno strumento di supporto per lo sviluppo di future progettualità a quanti operano nell’ambito del sociale
INNOVATIVITÀ
la capacità di produrre risultati adeguati rispetto agli obiettivi prestabiliti e agli effetti attesi;
la necessità che la Buona Pratica determini situazioni con un soddisfacente rapporto tra risorse utilizzate per la sua realizzazione e risultati conseguiti per i soggetti coinvolti, anche oltre il ciclo di vita del progetto;
la capacità di produrre soluzioni (che possono riguardare il prodotto o servizio offerto o il processo) nuove o che interpretino in modo creativo soluzioni già sperimentate. Tali soluzioni innovative contribuiscono in tal modo a rispondere in maniera più efficace ai bisogni dei beneficiari del progetto;
32
33 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
RIPRODUCIBILITÀ E TRASFERIBILITÀ
la possibilità di replicare alcuni aspetti del modello proposto in altri contesti o applicarli per la risoluzione di altri problemi;
ADEGUATEZZA
l’efficacia del quadro logico attuativo, che assicuri una coerenza interna (in termini di attività, risultati e obiettivi) ed esterna (rispetto alle policy di riferimento);
MAINSTREAMING
la possibilità o la potenzialità che la Pratica venga adottata sia da altri partner esterni o interni al progetto (mainstreaming orizzontale) sia a diversi livelli istituzionali a integrazione delle politiche esistenti (mainstreaming verticale);
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Presentazione dell’iniziativa e raccolta del consenso Tale step riguarda la fase relativa al coinvolgimento e alla sensibilizzazione degli stakeholder e dei soggetti che potrebbero individuare Buone Pratiche da inserire nel Catalogo.
Raccolta delle Pratiche ritenute significative Questo step rappresenta la vera e propria fase di raccolta delle Pratiche ritenute maggiormente significative e del maggior numero di informazioni ad esse relative.
Verifica delle Pratiche raccolte Il passo successivo è quello dello screening delle pratiche raccolte che prevede un’azione di verifica e validazione delle informazioni raccolte realizzando un controllo di coerenza e di completezza.
Valutazione delle Pratiche raccolte DISPONIBILITÀ DI INFORMAZIONI
la chiarezza, omogeneità, affidabilità e sintesi nella diffusione dell’informazione.
Il team di ricerca realizza un’analisi critica delle Prassi raccolte al fine di selezionare quelle che rispondono a specifici criteri di coerenza, innovazione, riproducibilità, trasferibilità da inserire nel Catalogo.
Elaborazione del Catalogo di Buone Prassi
Nel delicato processo di identificazione della Buona Pratica si tende dunque da un lato a dedicare una particolare attenzione alla strategia progettuale realizzata, in termini di rispondenza ad obiettivi, azioni e attività realizzate, metodologie e risorse messe in campo, ma contestualmente si tende a realizzare un’accurata analisi dei processi che caratterizzano l’iniziativa progettuale nei quali si esplicano innovatività, qualità metodologica e rispondenza ai bisogni. Sulla base di tali presupposti, una Buona Pratica deve essere in grado di: • risolvere i problemi affrontati; • raggiungere specifici obiettivi; • essere riproducibile in situazioni analoghe; • fornire soluzioni ad altri problemi in ottica di efficacia strategica e di riproducibilità. Generalmente, così come illustrato in numerosi rapporti dedicati all’identificazioni di Buone Prassi, il processo che porta alla individuazione e selezione delle Buone Pratiche è complesso e articolato, composto da diversi step. Passaggio preliminare, corposo quanto fondamentale, è la costruzione dello strumento di raccolta delle informazioni, che sistematizza l’informazione in modo tale che si possa efficacemente fare luce sugli aspetti necessari alla rappresentazione degli elementi di innovazione.
Le Buone Pratiche individuate vengono pubblicate nel Catalogo strutturato in sezioni specifiche per offrire il maggior risalto possibile alla pratica rilevata e al modello innovativo proposto.
A tali step si accompagna generalmente, in maniera trasversale un’azione di contatto diretto, di verifica intermedia e di restituzione con i responsabili delle Pratiche individuate e con il gruppo di ricerca coinvolto per monitorare l’andamento delle attività e per raccogliere ulteriori informazioni laddove necessario. Nella realizzazione del presente lavoro ci si è ispirati a tale approccio; gli step operativi sopra illustrati hanno strutturato la nostra Ricerca.
35 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
2. L’INCLUSIONE SOCIO-LAVORATIVA DEI SOGGETTI IN CONDIZIONE DI DISAGIO 2.1 IL CONCETTO DI INCLUSIONE SOCIALE
Parlare di inclusione socio-lavorativa rappresenta oggi una sfida complessa poiché viviamo in una società caratterizzata da profondi mutamenti quali: il progressivo e diffuso impoverimento del ceto medio, la nascita delle c.d. nuove povertà, una sempre più diffusa disgregazione dei legami sociali, un progressivo fenomeno di svuotamento di ogni forma di socialità e la polverizzazione dei rapporti sociali. Mentre in passato quando si parlava di esclusione sociale si faceva riferimento ad alcune aree e ad alcune categorie sociali decisamente emarginate, oggi i contorni sono sempre più sfumati poiché il problema dell’esclusione può riguardare segmenti di popolazione e momenti della vita di una persona, che in passato non si pensava potessero essere interessati da tale fenomeno. Purtroppo oggigiorno quando si parla di esclusione si deve fare riferimento ad un mondo molto più ampio all’interno del quale possono essere ricompresi categorie sociali dei nostri tempi quali ad esempio giovani con difficoltà di accesso al mercato del lavoro, donne sole con figli a carico, anziani in pensione, immigrati che hanno difficoltà ad accedere al lavoro e ai servizi sociali, etc. Alla luce di tale evidenza, nelle moderne società globali è ormai sempre più diffuso il senso di insicurezza verso un futuro che non presenta più un’evoluzione precisa: le diseguaglianze tendono ad aumentare e si accompagnano ad una riduzione della sfera dei diritti della persona a svariati livelli: diritti sociali, diritto al lavoro, accesso ai servizi sanitari, diritto all’istruzione, diritto alla partecipazione alle decisioni che riguardano la vita della comunità in cui si vive. A complicare poi un quadro sociale già piuttosto critico si aggiungono gli ultimi avvenimenti legati alla crisi economica, finanziaria, e politica nel caso italiano, che tendono sempre più ad indebolire un sistema politico-economico-sociale che già da qualche anno si trova in uno stato di crisi. Basta analizzare i dati relativi alla disoccupazione nei diversi Paesi, in particolare in Italia, per rilevare il crescente aumento della povertà sociale in tante città. Secondo i dati diffusi dalla Banca Centrale Europea la disoccupazione in Europa ha raggiunto a Febbraio 2013 un livello pari al 12% della popolazione attiva preannunciando un ulteriore calo dei posti di lavoro nel primo trimestre del 2013. L’ISTAT conferma tali dati, sottolineando che in Italia, negli ultimi cin-
36
37 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
que anni, i disoccupati siano passati da 1.506 mila del 2007 a 2.744 mila del 2012: un aumento di 1.238 mila unità. In totale, tra disoccupati ufficiali (5.720.000), inattivi disponibili a lavorare (2.975.000) e sottoccupati part time (605.000), le persone ai margini del mercato del lavoro italiano sono circa 6,4 milioni. Secondo le cifre elaborate dal DISTE per conto della Fondazione Curella di Palermo, dal 2008 al 2013 in Sicilia il Pil è regredito di 10 punti percentuali contro una media del 6,5% a livello nazionale e una flessione negativa si è registrata anche per il numero degli occupati, che è sceso fino a toccare la cifra di 1,4 milioni (30.000 posti di lavoro in meno in un anno). Contestualmente il tasso di disoccupazione è aumentato a dismisura toccando il 18.4% e arrivando al punto più alto degli ultimi nove anni. In Sicilia un giovane su due è disoccupato e a rivelare questa triste realtà è il risultato di una classifica elaborata dall’Istat che comprende i cittadini di un’età compresa tra i 16 e i 24 anni nell’arco del 2012, il 17,5% dei quali sono maschi e il 20,6% femmine. Crisi economica, nuove povertà e fenomeni di marginalità economica e sociale tendono così ad intrecciarsi in una fitta rete di relazioni sempre più complessa, dove nascono e crescono nuove forme di esclusione sociale e nuove e diversificate forme di povertà. È la stessa definizione del concetto di povertà che oggi è mutata, poiché quando si analizza o si parla di povertà ormai si fa sempre meno riferimento ad una condizione economica oggettivamente misurabile e si rivolge invece sempre più l’attenzione ad una condizione di povertà come senso di insicurezza, di instabilità, una zona grigia sempre più ampia dove povertà in senso stretto e fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, insicurezza sociale, inadeguatezza ad un sistema dominato dalla competitività e dalla produttività, tendono a congiungersi. Il concetto di “povertà” lascia così sempre più spesso il passo al concetto di “esclusione sociale”, termine con il quale, in ambito europeo, si intende l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione rispetto alla partecipazione ad importanti attività sociali e personali per cui l’individuo perde la percezione di appartenenza ad una determinata comunità.
Disagio interno personale
Disagio esterno sociale Figura n.2
La povertà finisce allora per rappresentare un singolo aspetto di un problema più ampio, quello dell’esclusione sociale appunto. Al disagio economico si associa lo sviluppo di nuove forme di povertà post-materialistiche o relazionali che rimandano ai problemi di identità, di appartenenza, di
solitudine. Si manifestano e si intrecciano sempre più disagio interno-personale e disagio esterno-sociale, in cui diventa difficile distinguere cause, effetti e concatenazioni, e il rischio di cadere in disagio diviene sempre più forte e non è più qualcosa che proviene dall’esterno, ma proviene dalla società stessa, dal sistema economico, dal funzionamento delle istituzioni, dalla collettività locale, etc. (Cfr. Figura n.2). Ma allora cosa si intende per esclusione sociale? Cosa vuol dire attivare dei processi di accompagnamento che possano favorire l’inclusione e lo sviluppo delle potenzialità della persona in difficoltà? L’esclusione sociale fa riferimento ad una coincidenza di posizione economica marginale ed isolamento sociale. Ma per comprendere appieno il significato di esclusione sociale risulta essenziale concentrarsi sugli aspetti relazionali dell’esclusione e sull’importanza della coesione sociale, che rimanda alla ricostruzione dei legami sociali stabiliti attraverso le istituzioni economiche, culturali, politiche e civili, e che si basa su pilastri fondamentali quali l’accesso alle risorse, la possibilità e la capacità di rivolgersi alle istituzioni, la famiglia, le reti informali, etc. Nel momento in cui viene a mancare una o più di queste dimensioni, ecco che iniziano a manifestarsi delle condizioni di deprivazione dovute alla mancanza di mezzi materiali o immateriali delle famiglie e degli individui, all’esistenza di barriere sociali, legali o amministrative che ostacolano l’accesso di alcuni gruppi all’occupazione, ai benefici del Welfare, alle istituzioni di cura e assistenza, all’assenza di determinate caratteristiche cognitive, emotive o personali che ostacolano le persone a stabilire o a mantenere i legami sociali. L’esclusione sociale, manifestandosi attraverso una condizione di svantaggio generalizzato e configurandosi quale somma di più condizioni di disagio, si rivela dunque multidimensionale e con caratteristiche molto più dinamiche rispetto alla povertà. Tali aspetti allora chiamano in causa la responsabilità delle istituzioni, della società civile e della rete del privato sociale, perché se esiste “esclusione sociale” vuol dire che esiste qualcuno o qualcosa che esclude e questa nuova prospettiva finisce per mutare drasticamente anche il volto del Welfare, che non può più intervenire ex post, per risolvere situazioni critiche ma deve, invece, coinvolgere in prima persona la società civile perché “principale” responsabile dell’esclusione sociale, ma anche perché unico soggetto in grado di favorire e rendere possibile l’inclusione e la reintegrazione sociale delle persone afflitte da situazioni di bisogno spiccatamente di tipo relazionale. Alla base di tale ragionamento vi è di fatto la consapevolezza che il complesso problema dell’inclusione sociale delle persone più svantaggiate può trovare risposte solamente all’interno di una logica di rete, condivisa, all’interno della quale vengano messe in evidenza le problematiche delle fasce più deboli della popolazione, con il contributo determinante del mondo del privato sociale (associazioni, cooperative, enti di volontariato), con un sforzo aggiuntivo della politica e delle istituzioni, anche in condi-
38
39 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
zioni di risorse pubbliche decrescenti, come le attuali, e con la presenza anche delle imprese sempre più socialmente responsabili. Oggi diventa necessario attivare adeguate mediazioni sociali con gli attori locali, costruendo una rete operativa ed istituzionale funzionale ad un sistema locale di Welfare society partecipato, sussidiario, aperto al contributo tanto del privato sociale, quanto dell’imprenditoria etica. È proprio verso tale direzione che le amministrazioni nazionali e locali e che gli operatori del privato sociale stanno volgendo l’attenzione proponendo strumenti o azioni che intervengano in una logica di rete e che abbiano delle ricadute reali sui cittadini portatori di bisogni e di reali necessità. È proprio verso tale direzione che la nostra azione di Ricerca ha inteso muoversi. Abbiamo proposto alle organizzazioni del territorio che a vario titolo e a diversificati livelli operano nell’ambito del sociale di aderire ad un’azione di valorizzazione delle Buone Pratiche attivate nell’ambito dell’inserimento socio – lavorativo di soggetti svantaggiati per avviare una riflessione collettiva, una condivisione di esperienze e offrire così vicendevolmente e ad altri operatori l’opportunità di confrontarsi, di dialogare e di mettere in luce il proprio operato, traendo allo stesso tempo inspirazione, con i dovuti accorgimenti, dai percorsi e/o dai meccanismi attivati in altri settori, in altri ambiti, in altri territori o a beneficio di altri utenti.
2.2 UNA POSSIBILE INTEGRAZIONE TRA POLITICHE DI WELFARE E MODELLI INNOVATIVI PROMOSSI DAL PRIVATO LOCALE
Il preoccupante stato di crisi economica e finanziaria globale, che porta con sé inevitabili conseguenze in termini di riduzione delle risorse finanziarie disponibili e di progressivo ampliamento della vulnerabilità sociale che investe la società tutta, rende indispensabile la promozione e la sperimentazione, nell’ambito delle politiche sociali, di nuovi e più maturi processi di partecipazione e sussidiarietà che favoriscano la realizzazione di un innovativo e più complesso sistema di rete tra pubblico e privato. Purtroppo il tema della insufficienza delle risorse pubbliche rispetto alla vasta domanda di bisogni e buona vita da parte di cittadini esclusi o non sufficientemente integrati nella scuola, nel lavoro, nella società, è costantemente presente nell’agenda politica e accompagna da sempre il nostro sistema di Welfare. A fronte del sempre più preoccupante indirizzo politico-nazionale che devono necessariamente far fronte allo stato di crisi in tutti i settori economici, risulta necessario avviare una riflessione costruttiva alla ricerca di nuove modalità d’azione, nuove modalità operative che possano rappresentare una concreta risposta alternativa al disagio e al malessere diffuso
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
nel nostro Paese in generale, e sul nostro territorio regionale in particolare. Proprio partendo da questa considerazione il presente lavoro intende ricercare ed approfondire esperienze significative, interessanti, innovative, portate avanti da organizzazioni e operatori, appartenenti in massima parte al mondo del Terzo Settore e del privato locale, che con passione, tenacia e impegno, nonostante lo stato di crisi e i continui sconvolgimenti di settore, credono nel proprio lavoro, nei propri ideali, e investono tempo, energie e risorse per realizzare efficacemente attività e azioni che lascino un segno e supportino i soggetti ad avviare nuovi percorsi di vita e di carriera. In un momento di profonda crisi come quella che il sistema Paese e l’intera Europa stanno vivendo, tutti gli attori in gioco, istituzionali e non, ciascuno per la propria responsabilità, chi di rappresentante delle istituzioni pubbliche, chi di rappresentante della comunità locale, chi di responsabile di Ente del privato locale, etc., sono chiamati a mettere in campo nuove idee, nuove conoscenze e competenze per promuovere una “rigenerazione” del sistema di Welfare locale in crisi. Il modello di Welfare che ha caratterizzato il nostro Paese negli ultimi quaranta anni sta progressivamente cambiando volto, per lasciare spazio ad un processo di progressiva transizione da un Welfare di tipo distributivo a nuovi modelli di Welfare locale capaci anche di generare nuove risorse. Queste nuove forme locali di Welfare possono svilupparsi pienamente solo se hanno origine da un percorso condiviso tra la pluralità di soggetti che animano la comunità locale, ovvero Enti Locali, soggetti del Terzo Settore, altri soggetti della comunità locale (Enti caritativi e religiosi, fondazioni territoriali, sindacati, imprese socialmente responsabili, Istituti finanziari, etc.) che, operando congiuntamente, riescano ad individuare ed affrontare efficacemente il malessere sociale, relazione, occupazionale. Oggi più che mai è necessario coinvolgere e condividere le responsabilità e le attività valorizzando la centralità di un attore locale che fino a poco tempo fa non godeva del giusto riconoscimento: il Terzo Settore. Il Terzo Settore italiano, rappresentato dal variegato mondo delle cooperative sociali, del privato sociale e dell’associazionismo in generale, riveste un ruolo insostituibile e ricco di potenzialità, forse ancora parzialmente inespresse, per la tenuta socio-economica del Paese. Ripercorrendo l’evoluzione del settore dei servizi alla persona è impossibile tralasciare i notevoli successi registrati dal Terzo Settore sia in campo occupazionale che in quello dell’erogazione dei servizi. Per dare un’idea dell’importanza anche economica del fenomeno in Italia basti pensare che dal 2002 al 2010 i dati occupazionali del Terzo Settore fanno registrare un incremento di circa il 60%, mentre il contributo del Terzo Settore al PIL nazionale raggiunge una quota pari al 10%. Il vasto mondo del privato sociale, incarnando i principi dell’azione sussidiaria e della promozione della cittadinanza attiva, promuovendo l’inclusione sociale e la lotta alle disuguaglianze, integrando e, a volte sostituendosi, all’impossibilità o alla incapacità economica-progettuale del Settore pubblico, ha recepito in modo chiaro la necessità di politiche sociali capaci di innescare nuovi processi di acquisizione
40
41 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
di competenza o di empowerment e di rafforzare il protagonismo delle persone che rifiutano la trappola delle forme di povertà moderne. Le numerosissime organizzazioni del privato sociale, soprattutto nell’epoca in cui viviamo, finiscono dunque per ricoprire un ruolo centrale e risultano essere gli organismi capaci di: • intercettare i bisogni locali, poiché hanno una piena e completa visione delle complesse dinamiche socio-economico-relazionali presenti sul territorio, in un determinato periodo di tempo o in riferimento ad una determinata categoria di utenza (sussidiarietà); • definire metodologie di intervento adatte a risolvere problematiche specifiche poiché spesso si tratta di Organizzazioni specializzate nell’erogazione di determinati servizi o in determinati ambiti di intervento; • attivare strategie operative efficaci e in grado di adattarsi ai cambiamenti, poiché si tratta di organizzazioni di piccole dimensioni e maggiormente flessibili alle esigenze di cambiamento sociale che si verificano nel tempo. È proprio nell’ambito di tale scenario che si profila con forza l’esigenza di valorizzare l’insieme di quelle realtà che promuovono il benessere sociale, la dignità delle persone e la forza della cittadinanza attiva. Oggi più che mai l’auspicio è che si attivi e si rafforzi sempre più un processo di concertazione, non solo a livello di consultazione, ma di condivisione, di co-creazione, di deliberazione collettiva da realizzarsi attraverso rinnovate modalità di interazione partenariale tra più soggetti della sfera pubblica e del settore privato per condividere scelte, metodologie, strategie, programmi a favore della collettività locale. Storicamente la cooperazione sociale nasce quale strumento compensativo rispetto all’esigenza di trovare, anche attraverso processi di natura partecipativa e secondo logiche di sussidiarietà, soluzioni operative nuove per gestire situazioni complesse. Oggi tale modus operandi deve diventare la regola quotidiana. La costruzione, la formalizzazione e la progressiva istituzionalizzazione di un sistema di Welfare partecipato, condiviso e incentrato sul principio della collaborazione e della progettazione congiunta tra attori del pubblico e del privato, potrà rappresentare un trampolino di lancio per favorire nel tempo l’incremento qualitativo e quantitativo di interventi di inclusione socio – lavorativa a favore di soggetti svantaggiati, per progettare, implementare e avviare nuove attività e iniziative di qualità condivise che contribuiscano a garantire la piena partecipazione a tutti i cittadini. In tale contesto la relazionalità e la collaborazione, insieme alla sperimentazione di nuove metodologie e di nuove azioni, diviene un fattore centrale e determinante, una opzione strategica scelta fra le varie possibilità di promozione dello sviluppo del territorio.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Questa forma di collaborazione tra le reti sociali territoriali e l’instaurarsi di nuove forme di fiducia tra pubblico e privato può rappresentare la chiave del successo, la strategia vincente per avviare percorsi di innovazione sociale ad ampio raggio. Il rafforzamento della collaborazione con il privato sociale ed il profit socialmente responsabile, la ricerca congiunta e condivisa di iniziative di sviluppo locale integrato, basate su approcci innovativi che dimostrano di affrontare efficacemente forme nuove e tradizionali di esclusione sociale o di ricercare soluzioni alternative per integrare risorse economiche, professionali e non (associative, di volontariato, di auto-mutuo aiuto), si pone quale strategia fondamentale per raggiungere il difficile equilibrio tra compatibilità di spesa e risposte relazionali più adeguate ai bisogni. In tale scenario anche la costruzione di un reale scambio di conoscenza e saperi, come quello proposto ed auspicato dal presente lavoro, si pone quale efficace approccio integrato al problema dell’esclusione sociale e come valida strategie per promuovere il cambiamento e per sperimentare nuovi modelli di Welfare di tipo integrato che possano promuovere sul territorio nuovi percorsi e nuovi approcci di Welfare di tipo inclusivo.
43 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
3. L’AZIONE DI RICERCA: GLI STEP OPERATIVI E IL DISEGNO DI RICERCA ADOTTATO
L’azione di Ricerca realizzata nell’ambito del Progetto MENTIS ha previsto lo sviluppo di 5 step fondamentali di seguito illustrati.
1 - COSTRUZIONE DI UN DATABASE DI CONTATTI di Organizzazioni, pubbliche e private, che operano in ambito Sociale e nello specifico per l’inserimento socio-lavorativo di utenze più deboli (donne, minori, immigrati, detenuti, etc.).
2 - COSTRUZIONE DELLO STRUMENTO, necessario alla presentazione della prassi realizzata in modo tale da riuscire a raccogliere ogni aspetto necessario a rendere evidente l’innovazione prodotta.
3 - DEFINIZIONE DEL PIANO DI COMUNICAZIONE, con l’individuazione della strategia da adottare per il contatto alle Organizzazioni, la presentazione dell’iniziativa, la sensibilizzazione alla partecipazione e la raccolta delle Schede compilate.
4 - ANALISI E SELEZIONE delle Schede rispondenti al criterio di innovatività che si vuole rappresentare e restituzione delle prassi individuate attraverso una griglia di rappresentazione e sistematizzazione dei dati raccolti.
5 - ELABORAZIONE DEL CATALOGO DI BUONE PRATICHE E SUA PUBBLICAZIONE.
La ricognizione effettuata ha reso possibile un percorso di riflessione e di analisi sulle modalità attraverso le quali le organizzazioni del territorio operano o hanno operato rispetto all’inserimento socio-lavorativo di persone che vivono in una condizione di svantaggio e ha messo in luce il panorama delle risposte attivate sul territorio, ed evidenziato elementi utili, soluzioni organizzative ottimali e pratiche operative efficaci che possono essere identificate come Buone Prassi per il superamento delle criticità esistenti.
44
45 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Per quanto riguarda l’ambito territoriale di riferimento, il gruppo di Ricerca ha voluto valorizzare le attività e l’impegno delle numerose Organizzazioni che con passione e dedizione operano tanto sul territorio regionale siciliano, quanto a livello nazionale. Relativamente invece all’iter della Ricerca, una volta composto il gruppo di lavoro, si è definita e condivisa la metodologia da utilizzare, gli step operativi da sviluppare e la divisione degli incarichi da portare avanti: è stata realizzata un’azione di Ricerca desk e di rilevazione dati, che ha portato alla costruzione del Database di Organizzazioni attive nel Sociale, da contattare per la raccolta delle Buone Pratiche e all’elaborazione degli strumenti operativi da adoperare durante le attività di Ricerca, selezione e valutazione delle Buone Pratiche; è stata sviluppata un’azione specifica di analisi del complesso fenomeno dell’ inclusione sociale, che si è resa indispensabile per identificare l’insieme delle potenziali esperienze da poter ricomprendere nell’indagine e quindi nel Catalogo. Le Metodologie adottate durante l’Attività di Ricerca sono riconducibili sia a tecniche della ricerca quantitativa (somministrazione di Schede strutturate per rilevare i diversi aspetti della Buona Pratica presa in esame e realizzazione di Interviste Semistrutturate) che di ricerca qualitativa per l’analisi, l’individuazione, la selezione e la valutazione delle Buone Pratiche da inserire nel Catalogo. Di seguito si sintetizzano i 5 step fondamentali che hanno sviluppato l’azione di Ricerca.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
consultazione degli esiti di valutazione degli Avvisi pubblici per la presentazione di progetti a carattere territoriale finanziati a valere del Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi terzi – Annualità 2011 per le seguenti Azioni: Azione 1 “Formazione linguistica ed educazione civica” (Decreto prot. n. 8689 del 29/11/2011); Azione 2 “Orientamento al lavoro e sostegno all’occupabilità” (Decreto prot. n. 8689 del 29/11/2011); Azione 3 “Progetti giovanili” (Decreto prot. n. 8689 del 29/11/2011); Azione 4 “Promozione dell’accesso all’alloggio” (Decreto prot. n. 8689 del 29/11/2011); Azione 6 “Mediazione sociale e promozione del dialogo interculturale” (Decreto prot. n. 8689 del 29/11/2011) (Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione). Infine sono stati consultati il Database Europeo delle Organizzazioni accreditate per lo sviluppo di Progetti di Servizio Volontariato Europeo (EVS – European Voluntary Service – Country Italy), il Catalogo Alta Formazione in Rete (www.altaformazioneinrete.it - Regione Sicilia), i siti dei Consorzi di Cooperative Sociali e di Cooperative Associate presenti sul territorio nazionale. Per ciascuna Organizzazione inserita all’interno del Database sono state rilevate informazioni anagrafiche quali ad es. contatti telefonici, indirizzi e-mail, riferimenti dei referenti di Progetto, etc.
3.2 3.1
LA COSTRUZIONE DELLO STRUMENTO DI RILEVAZIONE DELLE BUONE PRATICHE
LA COSTRUZIONE DEL DATABASE DI CONTATTI
Il primo step operativo è stato l’individuazione delle Organizzazioni operanti nell’ambito dell’inclusione sociale che ha portato alla definizione di un Database di 2.004 contatti di Organizzazioni attive pubbliche e private. Per la costruzione del Database sono state consultate diverse fonti di dati. Da un lato sono state censite le Organizzazioni che hanno promosso nel triennio 2001-2003 progetti sul territorio nazionale nell’ambito dell’iniziativa comunitaria “Equal” (Fonte Compendium dei Progetti “Equal” 2001–2003) nelle seguenti aree tematiche. Sono state poi prese in considerazione gli esiti di valutazione relativi ad Avvisi pubblici di rilevanza sociale pubblicati dalla Regione Sicilia nell’ambito del Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007/2013, Fondo Sociale Europeo, nello specifico l’Avviso per la realizzazione di progetti sperimentali per l’inclusione sociale di soggetti in condizione di svantaggio e l’Avviso per la realizzazione di progetti sperimentali per l’inclusione sociale di soggetti adulti in esecuzione penale (GURS n. 49 del 23/10/2009). Si è proceduto inoltre alla
Parallelamente alla fase di costruzione del Database è stato elaborato lo strumento operativo di rilevazione delle Buone Pratiche da adoperare nelle successive fasi di contatto diretto con le Organizzazioni censite: la Scheda di Catalogazione della Buona Pratica, riprodotta nel paragrafo 3.5. Tale strumento, elaborato nel formato Word per agevolare la rapida consultazione e compilazione, ha consentito la raccolta di informazioni relative alle Pratiche che ogni Organizzazione aderente ha condiviso. La Scheda di Catalogazione è articolata in n. 4 sezioni specifiche, volte ad illustrare ed approfondire l’iniziativa progettuale presa in esame, la Pratica sperimentata, rendendo possibile la comparazione necessaria alla costruzione del Catalogo. Di seguito si riporta una breve descrizione delle quattro sezioni specifiche che compongono la Scheda di Catalogazione. La Sezione n. 1 “DESCRIZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE” ha lo scopo di fornire gli elementi conoscitivi dell’Organizzazione ed è dedicata all’Anagrafica dell’Organizzazione e del Referente Intervistato. La Sezione n. 2 “SCHEDA PROGETTO” si propone invece di inquadrare e descrivere il Progetto nell’ambito del quale è inserita la Pratica da
46
47 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
evidenziare, con riferimento alla situazione di contesto in cui è stata collocata l’iniziativa progettuale e i fabbisogni rilevati, agli obiettivi generali e specifici, alle attività proposte, alle metodologie e gli strumenti adottati, etc. La Sezione n. 3 “ANALISI E DESCRIZIONE DELLA BUONA PRATICA”, focalizza l’attenzione sulla Pratica sperimentata e pertanto chiede all’intervistato di descrivere la Pratica presa in esame fornendo utili indicazioni in riferimento all’ambito di collocazione della Pratica, la sua descrizione, la presentazione delle caratteristiche innovative, delle condizioni di sostenibilità, delle condizioni e degli elementi trasferibili e riproducibili, il mainstreaming realizzato, i risultati raggiunti, etc. Infine la Sezione n. 4 “SPAZIO LIBERO PER NOTE, CONSIDERAZIONI, COMMENTI” offre alle Organizzazioni uno spazio al libero commento o a utili considerazioni e viene lasciata libera per offrire la possibilità di aggiungere note che non hanno trovato spazio nelle precedenti sezioni.
3.3 LA DEFINIZIONE DEL PIANO DI COMUNICAZIONE
Completata la costruzione del Database di contatti e dello strumento di rilevazione delle Buone Pratiche, il gruppo di lavoro ha definito uno specifico Piano di Comunicazione volto ad individuare le strategie e gli step operativi necessari per realizzare l’azione di contatto diretto con le Organizzazioni potenzialmente interessate ad aderire all’iniziativa promossa. La strategia di Comunicazione definita ha previsto 3 step fondamentali di seguito illustrati realizzati con l’utilizzo di strumenti tradizionali (contatto ed intervista telefonica) e informatici (e-mail). PRIMO STEP - Invio di una e-mail informativa a tutti i contatti delle Organizzazioni presenti nel Database (n. 2.004 contatti) nella quale veniva presentato l’intervento progettuale, le sue finalità, le azioni che si intendevano realizzare e alcune brevi istruzioni sulla compilazione della Scheda di Catalogazione Buona Pratica in formato Word, presente in allegato alla e-mail. SECONDO STEP - Contatto telefonico diretto dei referenti delle Organizzazioni censite nel Database. L’azione di contatto in questa fase ha previsto la presentazione dell’iniziativa con particolare riferimento alle linee operative e agli strumenti metodologici adoperati, la presentazione dello strumento di rilevazione, la Scheda di Catalogazione della Buone Pratiche, l’eventuale re-inoltro della e-mail e della Scheda allegata al contatto responsabile e il chiarimento di eventuali dubbi. L’azione di contatto telefonico è stata realizzata direttamente con il Referente dell’Area Progettazione o con il Responsabile dell’Organizzazione o con il Referente dell’Area di Interventi del Sociale. TERZO STEP - Inoltro di e-mail informativa e Scheda allegata per con-
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
sentire una più capillare diffusione delle attività progettuali, al termine della fase di primo contatto telefonico. Gli operatori hanno comunque costantemente tenuta attiva l’azione di contatto telefonico diretto rispettivamente sia per agevolare la compilazione e la relativa raccolta delle Schede di Catalogazione della Buona Pratica compilate nel più breve tempo possibile, sia per offrire supporto, consigli e utili suggerimenti per la compilazione e la corretta interpretazione dei campi in essa contenuti. È opportuno sottolineare che, in considerazione del fatto che tale azione di raccolta ha dovuto necessariamente conciliarsi con le attività che ordinariamente ciascuna Organizzazione realizza, durante i primi contatti telefonici, il gruppo di ricerca ha rilevato un atteggiamento di resistenza dei referenti delle organizzazioni rispetto alla difficoltà oggettiva di dover prendere come impegno la compilazione di un documento entro una determinata scadenza e di dover inserire la compilazione della Scheda all’interno del naturale scadenziario delle attività quotidianamente portate avanti. Alcune Organizzazioni hanno con impegno superato tali difficoltà, ritagliandosi il tempo necessario per la compilazione e l’invio della Scheda, altre hanno subito declinato l’offerta, altre ancora pur avendo mostrato un forte interesse all’iniziativa proposta non hanno poi concretamente partecipato all’azione di rilevazione, anche a seguito di successivi inviti, per impossibilità a conciliare con il quotidiano carico di lavoro. Alcune Organizzazioni inoltre, pur manifestando un forte interessamento ad iniziative di questo tipo, si sono ritrovate costrette a dover rinunciare ad aderire a causa della non perfetta coerenza delle attività promosse dall’Organizzazione stessa rispetto a quelle previste e promosse dalla presente azione di Ricerca. L’azione di contatto diretto si è conclusa con la raccolta di n. 73 Schede di Catalogazione di Buone Pratiche compilate da parte delle Organizzazioni che hanno deciso di aderire all’azione di Ricerca. A seguito dell’invio di e-mail o dei contatti telefonici diretti, gli operatori hanno stilato una lista delle domande più frequenti alle quali è stata data una risposta scritta che è servita a fare un successivo invio di e-mail informativa in modo da promuovere ancora l’interesse verso l’iniziativa.
3.4 L’ANALISI E LA SELEZIONE DELLE SCHEDE DI CATALOGAZIONE RACCOLTE
Completata la fase di raccolta delle Schede di Catalogazione compilate, il team di Ricerca si è concentrato nella delicata fase di analisi, studio e selezione delle Buone Pratiche rilevate. La strategia che ha animato il gruppo incaricato alla selezione delle Pratiche da inserire nel Catalogo, quindi definibili quali Buona Pratica, suppo-
48
49 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
neva che non necessariamente tutta l’articolazione di un intervento preso in esame avrebbe dovuto rappresentare un caso esemplare, ma anche solamente una parte o un solo aspetto di un progetto, ad esempio la modalità di gestione, la metodologia operativa, una o più attività, la rete partenariale, poteva essere oggetto di selezione di ciò che il Catalogo avrebbe dovuto raccogliere e rappresentare. Nella delicata fase di analisi e selezione delle Buone Pratiche rilevate è stata rivolta particolare attenzione da un lato alla strategia progettuale attivata, in termini di situazione di contesto che motiva l’intervento e rispondenza degli obiettivi, e dall’altro all’analisi dei processi attivati, in particolare in termini di innovatività, qualità metodologica ed effettivo soddisfacimento dei bisogni rilevati. Il processo di analisi, selezione e sistematizzazione delle Buone Pratiche raccolte da inserire nel Catalogo ha previsto lo sviluppo di diversi step operativi. La fase di analisi e lettura delle Schede pervenute è stata realizzata al fine di rilevare: • quali tipologie di iniziative progettuali erano state proposte; • a quali categorie di utenti si rivolgevano; • quali elementi innovativi (attività, metodologia, strategia di rete, etc.) erano stati elaborati, sperimentati e adottati. Complessivamente sono state raccolte n. 73 Schede di Catalogazione Buone Pratiche provenienti da Organizzazioni, maggiormente di natura privata, localizzate sull’intero territorio nazionale. Le tipologie di progetti messe in evidenza sono state diversificate: interventi di supporto all’inserimento lavorativo, percorsi di integrazione interculturale, azioni di informazione, azioni di inserimento lavorativo in ambito transnazionale, percorsi di formazione, attività di mediazione scolastica tra pari, start up di impresa, interventi educativi scolastici, etc. Anche il target di utenza, destinatario privilegiato delle iniziative progettuali, è risultato piuttosto vario, quali ad esempio minori, detenuti, soggetti disabili, donne, immigrati, rifugiati, giovani a rischio, tossicodipendenti, etc. Analizzate tutte le Schede pervenute, il team di Ricerca ha avviato un minuzioso lavoro di analisi, finalizzato a: • realizzare una comparazione delle realtà e delle esperienze rilevate; • selezionare le Buone Pratiche da inserire all’interno del Catalogo. Tale fase particolarmente delicata è stata preceduta da un lavoro di ricerca e definizione delle dimensioni da analizzare per identificare una Buona Pratica mantenendo comunque una certa flessibilità nell’individuazione di eventuali requisiti aggiuntivi, quali ad esempio la qualità delle informa-
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
zioni raccolte o la loro disponibilità, la loro completezza, etc. Sono state individuate quattro dimensioni caratterizzanti la Buona Pratica: Quadro Progettuale, Innovatività, Sostenibilità, Riproducibilità.
Riproducibilità
Quadro Progettuale
Sostenibilità
Innovatività
Nel processo di analisi, l’attenzione è stata focalizzata su: • la capacità dell’intervento proposto o della Buona Pratica evidenziata di rispondere ad una reale e specifica esigenza individuata a livello locale rispettando la coerenza con gli obiettivi progettuali proposti e i risultati attesi a beneficio del target di utenza; • l’innovatività della Buona Pratica ovvero la capacità di produrre soluzioni nuove, creative per il miglioramento delle condizioni iniziali o per la soddisfazione di specifici bisogni; • la sostenibilità della Buona Pratica intesa come capacità del Progetto di generare nuove risorse, nuovi processi, etc.; • la trasferibilità della Buona Pratica intesa come la possibilità offerta dal modello di essere riprodotto in luoghi e situazioni diversi da quelli in cui è stata realizzato, oppure come la capacità di rispondere a problemi analoghi o simili a quelli che lo hanno originato. Tenendo presenti tali dimensioni, il gruppo di Ricerca ha selezionato per l’inserimento nel Catalogo le Pratiche che presentavano caratteristiche di eccellenza in termini di: • disponibilità di informazioni in forma chiara, affidabile e sintetica; questo è un elemento necessario e fondamentale per promuovere lo scambio di informazioni e la riproducibilità e la trasferibilità dell’esperienza;
50
51 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
• efficacia in relazione ai bisogni o ai problemi per i quali è stato realizzato l’intervento e agli obiettivi perseguiti attraverso il Progetto; • innovatività dei contenuti e della metodologia utilizzata; • adeguatezza e completezza del quadro logico; • grado di riproducibilità e trasferibilità, al fine di garantire che le Buone Pratiche individuate non presentino caratteristiche “irripetibili” troppo rilevanti; • sostenibilità nel tempo, poiché un progetto che presenta un elevato livello di efficacia ed innovatività ma che risulti poco o per niente sostenibile dal punto di vista finanziario, difficilmente potrà essere riprodotto o trasferito; • capacità di coinvolgimento orizzontale e verticale (mainstreaming) dei soggetti operanti nello stesso ambito e capacità di creare reti. Sulla base dell’analisi di questi requisiti, sono state individuate n. 25 Buone Pratiche che si sono contraddistinte in termini di buona performance e sono state inserite nel presente Catalogo.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
La prima sezione ha lo scopo di fornire elementi conoscitivi sull’Organizzazione, la seconda di inquadrare il Progetto nell’ambito del quale si vuole evidenziare una pratica innovativa, la terza focalizza l’attenzione sulla Pratica sperimentata, la quarta offre spazio al libero commento o utili considerazioni. La Scheda è stata strutturata in modo tale che la compilazione possa risultasse il più possibile rapida flaggando tra le opzioni quella scelta.
LA “SCHEDA DI CATALOGAZIONE” 1. DESCRIZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE Denominazione dell’Organizzazione Tipo di Organizzazione
Associazione Cooperativa Impresa Ente No Profit Fondazione Istituto di Ricerca Università (specificare __________________________) Altro (specificare ______________________________)
3.5 LO STRUMENTO DI RILEVAZIONE ADOTTATO: LA SCHEDA DI CATALOGAZIONE DELLA BUONA PRATICA
L’idea della realizzazione di un Catalogo di Buone Pratiche realizzate sul territorio nazionale nell’ambito dei progetti volti all’inserimento socio-lavorativo di soggetti in condizione di disagio nasce dall’esigenza di far tesoro della varietà di situazioni e approcci metodologici e di tradurre in chiave operativa gli esiti del lavoro di comparazione, al fine di proporre spunti metodologici a supporto dell’apprendimento e della crescita delle organizzazioni in un’ottica evolutiva degli interventi di inclusione sociale, dando nel contempo risalto alle eccellenze realizzate dalle organizzazioni operanti a livello nazionale. A tale scopo è stata predisposta la presente Scheda di catalogazione per contenere e strutturare la Pratica adottata in modo da rendere possibile la comparazione necessaria alla costruzione di un Catalogo, che possa fungere da vetrina d’eccellenza delle prassi realizzate nell’ambito a livello nazionale. La Scheda si compone di 4 sezioni: 1. Descrizione dell’Organizzazione 2. Scheda Progetto 3. Analisi e descrizione della Buona Pratica 4. Spazio libero per note, considerazioni, commenti
Anno di costituzione
Via ______________________, n. __, Comune _______________________ CAP _________, Provincia ____
Sede legale
Via ______________________, n. __, Comune _______________________ CAP _________, Provincia ____
Sede operativa Telefono Fax E-mail Sito web
1.1 DATI SULL’INTERVISTATO Nome e Cognome Qualifica all’interno della Struttura Ruolo nel Progetto Telefono Fax E-mail
52
53 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
2. SCHEDA PROGETTO (Compilare una scheda per ogni singolo Progetto) Titolo del Progetto
Indicare il titolo completo del Progetto compreso l’acronimo
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Soggetti promotori
Elencare tutti i soggetti promotori (nazionali e stranieri se previsti) specificando nominativo, tipologia e sede
N. Denominazione
Tipologia Sede
Coinvolgimento
1
Comune Provincia Regione Scuola Università Aziende Enti no profit Altro (specificare ______________)
Come promotore In fase progettuale In fase di realizzazione In fase di valutazione
2
Comune Provincia Regione Scuola Università Aziende Enti no profit Altro (specificare ______________)
Come promotore In fase progettuale In fase di realizzazione In fase di valutazione
3
Comune Provincia Regione Scuola Università Aziende Enti no profit Altro (specificare ______________)
Come promotore In fase progettuale In fase di realizzazione In fase di valutazione
Codice Identificativo del Progetto Amministrazione Pubblica Finanziatrice
Indicare Tipologia e dettaglio dell’Amministrazione Finanziatrice
Committente Privato
Se il Progetto non è stato realizzato con l’utilizzo di fondi pubblici specificare quali tipologie di risorse sono state utilizzate.
Periodo effettivo di realizzazione
Data inizio Progetto: __/__/____ Data fine Progetto: __/__/_____
Durata prevista (in mesi) Durata effettiva (in mesi)
Indicare se è stata necessaria una rimodulazione/proroga delle attività
Ambito territoriale di realizzazione
Comunale Sovracomunale Provinciale Regionale Nazionale Internazionale Altro (specificare _____________________________)
Destinatari dell’intervento
Minori Immigrati Anziani Persone con disabilità Famiglie Detenuti Persone disagiate (specificare tipologia ____________) Altro (specificare ______________________________)
Configurazione giuridico/ istituzionale
Specificare la veste giuridico/istituzionale della rete che propone l’iniziativa progettuale (es. Soggetto proponente unico, ATS, ATI, Patto territoriale, etc.)
Ammontare del finanziamento pubblico
Inferiore a 20.000,00 € Tra i 20.000,00 € e i 50.000,00 € Tra i 50.000,00 € e i 100.000,00 € Superiore ai 100.000,00 €
Ammontare del cofinanziamento privato (se previsto)
Inferiore a 20.000,00 € Tra i 20.000,00 € e i 50.000,00 € Tra i 50.000,00 € e i 100.000,00 € Superiore ai 100.000,00 €
Specificare l’ammontare del finanziamento pubblico per la realizzazione del Progetto
Specificare l’ammontare del cofinanziamento privato per la realizzazione del Progetto
54
55 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
2.1 DESCRIZIONE DEL PROGETTO Presentazione delle problematiche che hanno motivato l’idea progettuale
Strategia di Comunicazione
Presentare le strategie di comunicazione adottate durante la fase di promozione e sviluppo del Progetto.
Variabili di contesto
Presentare la situazione di contesto all’interno della quale è stata collocata l’iniziativa progettuale e i fabbisogni rilevati.
Sistema di Management dell’iniziativa
Presentare il sistema di management del Progetto evidenziando le specifiche modalità di gestione che hanno caratterizzato l’iniziativa.
Obiettivi generali e specifici Presentare gli obiettivi generali e specifici che il Progetto ha inteso raggiungere
Selezionare i destinatari diretti/ indiretti del Progetto specificando numeri e tipologie socio-professionali alle quali si sono rivolte le azioni.
Monitoraggio e Valutazione
Presentare le metodologie valutative adottate, i tempi di valutazione e gli ambiti di valutazione prescelti per misurare l’efficacia delle azioni promosse.
Presentare le necessità che hanno motivato la messa in campo dell’iniziativa progettuale, la scelta dei promotori, la scelta dell’ambito territoriale di realizzazione dell’iniziativa e del target di destinatari diretti/ indiretti a cui si è rivolta l’iniziativa progettuale.
Destinatari
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Minori Immigrati Anziani Persone con disabilità Famiglie Detenuti Persone disagiate (specificare tipologia _______________) Altro (specificare __________________________________)
3. ANALISI E DESCRIZIONE DELLA BUONA PRATICA Tipologia di Buona Pratica
Indicare l’ambito di collocazione della Buona Pratica. In che cosa è individuabile la Buona Pratica?
Risultati attesi
Presentare i risultati attesi a beneficio dei destinatari.
Attività
Presentare quale tipologia di intervento (formativo e non) è stato attivato (ad es. formazione di base, specializzazione, Work Experience, tutoring, avviamento all’impresa, etc.).
Territorio di realizzazione Presentare le motivazioni alla base della scelta del territorio di riferimento.
Metodologie e strumenti
Presentare le metodologie e gli strumenti adottati e/o elaborati dal Progetto per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Rete partenariale
Presentare la composizione della rete formale/informale che ha sostenuto la realizzazione dell’iniziativa progettuale.
Modalità di gestione Metodologia operativa Attività Output Destinatari Rete partenariale Promozione Valutazione Altro (specificare ___________________)
Descrizione della Buona Pratica
Presentare la Buona Pratica individuata e descrivere gli aspetti salienti per i quali si può considerare un caso di Buona Pratica.
Innovatività
Descrivere le caratteristiche innovative della Buona Pratica.
Sostenibilità
Presentare le condizioni di sostenibilità della Buona Pratica, ad es. il coinvolgimento di altri attori che hanno testimoniato la volontà a sostenere l’intervento nel tempo, la disponibilità di risorse stabili o la capacità di generare nuove risorse.
Mainstreaming
Selezionare la tipologia di mainstreaming realizzato e descrivere la strategia adottata/realizzata.
Mainstreaming orizzontale Mainstreaming verticale
56
57 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
4. SPAZIO LIBERO PER NOTE, CONSIDERAZIONI, COMMENTI
Riproducibilità e Trasferibilità
Presentazione delle condizioni e degli elementi trasferibili e riproducibili nello stesso contesto, in altri contesti o in iniziative simili, per la risoluzione dei bisogni e/o problemi di natura analoga.
Risultati raggiunti
Presentare le ricadute del Progetto realizzate all’interno della Best Practice individuata.
Risorse mobilitate
Presentare le risorse umane e materiali messe in campo dall’Ente (Capofila o Partner)
Integrazione e sinergia dei partner della rete
Descrivere le strategie di mobilitazione e di coinvolgimento dei soggetti territoriali, pubblici e privati.
Consolidamento delle Buone Pratiche sperimentate Descrivere se ed in che aspetto la Buona Pratica individuata e sperimentata è stata già oggetto di riutilizzo in altre iniziative da parte della Vostra struttura.
Indicare i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce riscontrabili nell’implementazione della BP, compilando lo schema di SWOT Analysis di seguito riprodotto (la compilazione del presente campo è facoltativa). Punti di Forza
Punti di Debolezza
Opportunità
Minacce
Fattori interni
Fattori esterni
Se lo si ritiene, è possibile segnalare Organizzazioni che possono avere sviluppato utili pratiche da analizzare al fine della realizzazione del Catalogo
Nome Organizzazione: Referente: Contatto:
Grazie per il tempo dedicato.
59 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
4. CONSIDERAZIONI FINALI
L’elemento chiave dal quale nasce questo lavoro è la consapevolezza che un possibile percorso per accrescere l’efficacia degli interventi proposti, favorire la contaminazione di modelli di eccellenza e promuovere la maturazione di nuovi approcci - in generale, nonché nello specifico del tema dell’inserimento socio-lavorativo di soggetti in condizione di disagio che qui ci riguarda - sia quello della ricerca di modelli e metodi che possano generare elementi di rottura rispetto all’esistente e discontinuità rispetto al passato, fungendo così da stimolo al miglioramento e da spunto per l’innovazione. L’adozione di un tale approccio, volto alla comparazione, all’analisi e all’acquisizione dei metodi ritenuti più validi dalle esperienze condotte da altri – coerentemente, peraltro, con quanto raccomandato dalle Istituzioni Europee – stimola, di fatto, il miglioramento continuo nei progetti e crea una tendenza opposta all’autoreferenzialità e al consueto, nel garantire da un lato l’efficacia delle azioni e dei modelli proposti e nel soddisfare, dall’altro, i nuovi bisogni manifestati dalla società locale che appare oggi modificata e influenzata dalle emergenze non solo sociali ma anche produttive ed economiche. Il Catalogo risponde pienamente a tale logica e vuole essere un lavoro da condividere perché utile, una raccolta di buone esperienze e di conoscenze da tesorizzare. Le pagine che precedono, e in particolare il paragrafo 3.5, hanno inteso dare misura di quanto possa essere lungo, laborioso, dettagliato l’iter che porta alla definizione di un Catalogo di Buone Pratiche, soprattutto in considerazione del fatto che necessita fortemente del coinvolgimento di un certo numero di Organizzazioni che scelgono di partecipare: non può essere un lavoro di raccolta - anche solo attraverso le notizie reperite tramite Internet - di informazioni sulle iniziative realizzate, ma deve avere alle spalle il partecipato impegno di chi ha realizzato le azioni, volendo condividere e farne emergere quell’aspetto efficace e vincente che può divenire sorgente di altre ulteriori ispirazioni. Un lavoro che nasce dalla reciprocità, condivisione, messa in rete e che può riuscire a generare altra reciprocità, condivisone, messa in rete. Il lavoro svolto ci ha posto davanti alcuni ostacoli e ci ha suggerito alcune considerazioni, che riteniamo possano ulteriormente essere utili a chi ne condividerà i risultati. Pertanto, nelle pagine che seguono porgeremo alcune nostre considerazioni volte ad evidenziare gli ostacoli incontrati e le criticità emerse, come anche i vantaggi che un lavoro di questo tipo può generare.
60
61 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Questo perché siamo convinti che la crescita generata dall’importare quelle Pratiche che possono costituire un arricchimento sia un modo per iniziare a determinare quel cambiamento di rotta che mai come oggi appare improrogabile, punto di svolta necessario per abbandonare quell’atteggiamento di chiusura, diffidenza e autorefenzialità che ancora oggi risulta troppo ampliamente diffuso.
4.1 CONDIVIDERE PER INNOVARE: LA DIFFUSIONE E VALORIZZAZIONE DEI RISULTATI COME PRESUPPOSTO PER L’APPRENDIMENTO
La filosofia di fondo che ha alimentato il presente lavoro si può riassumere su due principi essenziali: • L’importanza della diffusione dei risultati di un progetto; • L’indispensabilità della valorizzazione dei risultati stessi per contribuire alla crescita delle Organizzazioni e del Sistema che beneficia delle azioni. Nel corso degli ultimi anni l’attenzione della Commissione Europea si è sempre più orientata alla qualità e all’impatto che i programmi e i progetti europei hanno sui sistemi di riferimento e sulle prassi diffuse a livello nazionale e regionale, e da qui, indirettamente, sulla vita stessa dei cittadini europei. Tenendo conto, infatti, degli imponenti investimenti che ogni anno vengono effettuati attraverso i tanti progetti realizzati, diventa essenziale che essi possano generare risultati di qualità, duraturi nel tempo ed effettivamente capaci di apportare un miglioramento in termini d’innovazione all’interno dei nostri sistemi, soprattutto in considerazione del dilagare dell’attuale crisi che investe la nostra società. Diffondere, rendere più visibili e facilmente accessibili i risultati dei progetti realizzati da un lato, favorirne il loro trasferimento e utilizzo da parte di un pubblico più vasto dall’altro, facilitandone allo stesso tempo la messa a sistema, deve essere un impegno che ogni organizzazione reciprocamente assume per la crescita dei settori di competenza e dei territori. Per traguardare questo risultato di apprendimento partecipato non basta la semplice attività d’informazione e comunicazione, essenziale ma non sufficiente. La valorizzazione, infatti, va al di là della semplice informazione e diffusione dei risultati e mira al loro vero e proprio utilizzo, affinché le pratiche adottate non rimangano negli archivi di singole Organizzazioni ma vengano trasferite e condivise con altri potenziali “utilizzatori”, divenendo così patrimonio comune e pubblico che consente di capitalizzare
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
quanto di buono già esiste, ottimizzando tra l’altro l’impegno economico e di risorse umane e strumentali che sta dietro ad ogni progetto. La valorizzazione dei risultati è un processo di cooperazione, di scambio e di condivisione, mirato all’arricchimento della conoscenza e al raggiungimento di obiettivi. Processo che dovrebbe disegnarsi a vari livelli: quello delle organizzazioni che realizzano efficacemente i progetti e che dovrebbero sentire l’importanza della valorizzazione dei risultati non come obbligo ma come opportunità per tesorizzare i frutti del proprio lavoro; quello dei livelli regionali e nazionali e degli organismi intermedi, che dovrebbero stimolare, se non richiedere, una maggiore partecipazione alla valorizzazione dei risultati per la crescita e l’evoluzione dei sistemi di pertinenza. La creazione di un Catalogo di Buone Pratiche muove appunto da questi convincimenti, sebbene, come detto, essa possa scontrarsi con la poca disponibilità e sensibilità alla condivisione da parte dei soggetti interessati; atteggiamento dovuto forse alla mancata percezione di come dalla reciprocità dello scambio e dalla messa a sistema di Pratiche e metodi possa determinarsi un’ulteriore evoluzione nelle stesse Pratiche da adottare e una loro maggiore funzionalità rispetto all’obiettivo condiviso dello sviluppo socioeconomico dei territori e dei popoli. Oggi, tra l’altro, grazie all’uso di Internet, i mezzi a disposizione per assicurare la diffusione dei risultati dei progetti sono cresciuti in maniera esponenziale, semplificando decisamente i processi di valorizzazione. Il processo di valorizzazione dei risultati chiama in azione svariati attori, a diversi livelli: dall’operatore locale alle istituzioni regionali e nazionali, sino alla Commissione Europea, che sostiene iniziative e programmi specificatamente volti alla condivisione al fine di valorizzare e capitalizzare le risorse messe in campo e l’impegno profuso. Considerato il potenziale di crescita che è in grado di generare, il lavoro di analisi e screening tra le esperienze – piccole o grandi che siano - al fine di individuare quelle che meritano di assurgere a modello è un impegno che andrebbe rafforzato e promosso, nell’intento di dare senso e valore al lavoro di tanti e di stimolare processi virtuosi di crescita. Osservare e comprendere da vicino le metodologie già adottate per fronteggiare problematiche comuni può rappresentare la strategia vincente per avviare un processo cumulativo di sviluppo, che permetta alle Organizzazioni che lavorano in un ambito così delicato, quale quello dell’inclusione socio-lavorativa dei soggetti più deboli, di compiere giorno dopo giorno passi in avanti, individuando soluzioni sempre più creative, innovative, efficaci, efficienti e rispondenti alle esigenze dei singoli e dei contesti. Per conoscere e osservare i modelli di intervento che già sono stati sperimentati e per comprendere appieno quali tipologie di azioni sono state realizzate, a beneficio di chi e secondo quali logiche, metodi, e così via, risultano necessarie due azioni: • Dare piena e completa visibilità alle azioni progettuali finanziate con fondi pubblici, promuovendo così la circolazione delle informazioni;
62
63 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
• Avviare processi di contaminazione a livello di idee, di processi e di azioni, facendo propria una logica che si basa sull’importazione e la conseguente sperimentazione di pratiche e percorsi già avviati in altri luoghi o con altri target. Riguardo alla visibilità delle azioni, a soddisfacimento degli innumerevoli documenti strategici europei che sottolineano l’importanza delle azioni di dissemination all’interno del ciclo di Progetto, le Organizzazioni che gestiscono progetti finanziati sono chiamate a sviluppare la c.d. “Azione di Diffusione” che permette di comunicare al territorio i processi attivati e i progressi raggiunti. Questo a livello di programmazione; nella pratica, invece, accade spesso che - probabilmente per mancanza di consapevolezza circa la sua effettiva importanza - all’azione di dissemination non venga riconosciuto il ruolo che le spetta, con la conseguenza di rendere estremamente difficile, se non addirittura impossibile, l’accesso alle informazioni e alla conoscenza e, quindi, l’apprendimento dell’esperienza. Durante lo sviluppo della Ricerca del Progetto MENTIS, è stato possibile rilevare come proprio questa ridotta attenzione all’azione di Comunicazione nei progetti finanziati con fondi pubblici abbia rappresentato un serio ostacolo all’analisi delle pratiche realizzate, rendendo spesso impossibile l’individuazione dell’eventuale innovatività: ciò rende i progetti autoreferenziali, limitandone, di fatto, la portata delle potenziali ricadute e gli effetti moltiplicatori, e privando al contempo gli stessi attori dell’opportunità di comunicare il valore del proprio lavoro. Ne consegue la necessità di avviare una decisa inversione di rotta rispetto a tale consuetudine, assumendo consapevolezza dell’importanza che un’efficace azione di pubblicizzazione riveste rispetto non solamente al Progetto in sé ma anche alle innumerevoli ricadute ad esso collegate. Con riferimento invece alla capacità propulsiva della contaminazione di idee, processi e azioni, va detto che tale approccio permetterebbe alle Organizzazioni che realizzano progetti - e non solo nel Sociale - di importare, con “economia” di mezzi e corretto utilizzo di risorse, le Pratiche che hanno già fatto misurare risultati apprezzabili; Pratiche da adattare e riprodurre, evitando sprechi di ogni genere e generando creativamente altre ed ulteriori prassi da mettere a sistema, dando così vita a un vero e proprio processo di crescita virtuoso volto alla capitalizzazione dei risultati. È questa, per esempio, la logica su cui si basa una specifica opportunità di finanziamento dedicata al campo dell’istruzione e della formazione professionale, prevista dal Programma Europeo LifeLong Learning 20072013, Sottoprogramma Leonardo da Vinci, il TOI – Transfer of Innovation. Questa specifica azione si pone, infatti, l’obiettivo di migliorare la qualità e l’attrattività del sistema di Istruzione e Formazione Professionale adattando o integrando contenuti e risultati innovativi frutto di precedenti progetti Leonardo da Vinci sperimentati da partenariati pubblici o privati a livello locale, regionale, nazionale o comunitario.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
Sarebbe quindi auspicabile, vista l’eterogeneità di approcci e la vasta gamma di interventi ipotizzabili in ambito socio-lavorativo, avviare e soprattutto favorire processi di messa in rete e di contaminazione sul modello del TOI, adottando soluzioni alternative derivanti dall’analisi e dall’integrazione di Pratiche che hanno già prodotto risultati soddisfacenti. Un approccio operativo ispirato a tale logica è, infatti, capace di dare piena e concreta attuazione al principio della c.d. cross-fertilization, ossia a quella modalità specifica in grado di perseguire l’innovazione e di generare la creatività da esperienze realizzate e condivise. Attraverso la cross-fertilization i singoli operatori hanno l’opportunità di coltivare relazioni con altri colleghi, non solo del proprio territorio, di confrontarsi con altri modi di lavorare, di accrescere i propri confini e di ampliare la propria cultura organizzativa. Si tratta di un processo operativo fondato sulla presenza di più soggetti che, grazie allo scambio di idee, concetti, metodologie etc., realizzano un beneficio reciproco, creando le condizioni per il potenziamento della creatività, dell’innovazione e del progresso a partire dall’unione e dalla valorizzazione di più passati. La condivisione sulla quale si fonda la cross-fertilization può quindi dare luogo a un profondo arricchimento culturale derivante dalle occasioni di interazione tra organizzazioni che operano in ambiti diversi e che sviluppano modalità specifiche di intervento. Infine, un ultimo elemento utile da evidenziare è la necessità di avviare percorsi condivisi e partecipativi tra il settore pubblico e quello privato, soprattutto in un ambito, come quello del Sociale, in cui è fortissima la presenza del mondo cooperativo, del privato sociale e dell’associazionismo in generale. Solo attraverso l’avvio di una reale collaborazione fra le Istituzioni locali preposte (Enti Locali, Servizi Socio Sanitari, etc.) e le Organizzazioni del Terzo Settore, all’interno della quale ciascuno rivesta uno specifico ruolo, sia portatore di una specifica conoscenza e competenza e abbia capacità decisionali, sarà possibile avviare e rafforzare l’azione di Welfare a beneficio della collettività locale. Apprendere dalle esperienze di successo, promuovere la contaminazione tra settori, ambiti e target attivando meccanismi preventivi e correttivi in relazione a specifici bisogni da soddisfare, favorire un maggiore dialogo tra settore pubblico e mondo del privato locale, rappresentano tutti elementi sui quali investire per migliorare le azioni progettuali e offrire risposte concrete ed efficaci alle problematiche sociali.
64
65 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
4.2 I VANTAGGI DEL LAVORO PARTECIPATO
Il Catalogo del Progetto MENTIS nasce dal lavoro partecipato e condiviso tra le Organizzazioni che hanno collaborato all’azione di Ricerca promossa dal Progetto. La logica di fondo che ha ispirato l’intero processo di Ricerca e reso possibile il risultato finale del Catalogo - e più in generale la capitalizzazione delle esperienze maturate e delle conoscenze acquisite in funzione accrescitiva del sistema - è stata la partecipazione e la collaborazione di tutti gli attori del processo attivato, primi fra tutti i referenti delle Organizzazioni contattate e intervistate, grazie al cui impegno è stato possibile individuare i progetti censiti nelle Schede nonché reperire ogni utile informazione e ogni opportuno approfondimento sugli stessi. A tal riguardo, è fondamentale ribadire come le Pratiche raccolte nel Catalogo e raccontate attraverso il format standard delle Schede nella successiva Sezione 2, non siano frutto di una raccolta desk delle informazioni reperibili dai siti Internet o dal materiale di Comunicazione dei Progetti, ma il risultato di un lavoro partecipato e condiviso dagli stessi operatori (Referenti, Responsabili, Formatori, etc.) coinvolti attivamente nelle attività dei Progetti individuati come Best Practice da diffondere, quindi con piena consapevolezza delle priorità che hanno motivato l’intervento, dei processi attivati, dei benefici raggiunti, etc. La prima “cernita” delle prassi da selezionare per la composizione del Catalogo è stata, infatti, operata dalle stesse Organizzazioni partecipanti che, tra i vari progetti realizzati - in alcuni casi in esperienze ultradecennali - hanno voluto selezionare quella o quelle che potessero rappresentare un momento di crescita da condividere. Le 25 Schede selezionate e pubblicate all’interno del Catalogo rappresentano una ulteriore selezione tra quelle pervenute (n. 73) con l’obiettivo di soddisfare una domanda di tipo qualitativo piuttosto che quantitativo dei materiali da cui prendere spunto. Quale il vantaggio dal lavoro svolto? Più che di vantaggio è opportuno parlare di “vantaggi”, perché tante e diverse sono le opportunità che si legano a un’esperienza come quella raccolta in queste pagine: • Imparare dalle esperienze realizzate da altri: condividere le esperienze, mettendo in luce aspetti positivi e criticità degli interventi proposti, offre alle Organizzazioni coinvolte in tale processo la straordinaria opportunità di imparare reciprocamente, di scambiare approcci, idee, opzioni, con ricadute importantissime al fine di accrescere l’efficacia degli interventi proposti in futuro.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
• Avviare processi di networking: le Organizzazioni che hanno partecipato all’esperienza e quelle che consulteranno il Catalogo potranno, se avranno la capacità di condividere interattivamente conoscenze, esperienze, e metodi di lavoro, avviare tra loro proficui processi di networking, avviando così una logica di reciprocità e abbandonando la condizione di chiusura e autoreferenzialità. • Promuovere e rafforzare processi di cross-fertilization tra operatori e organizzazioni attive a diversi livelli, al fine di allargare quanto più possibile il raggio di esplorazione sulle esperienze realizzate e attivare meccanismi creativi e innovativi da condividere. • Stimolare la creatività: conoscere le attività e i risultati delle iniziative realizzate e trarre vantaggio dall’esperienza e dal punto di vista di altri stimola la capacità di ideare, pensare, progettare altre e ulteriori idee, con la riduzione del margine del rischio di non efficacia e la capitalizzazione degli sforzi per la massimizzazione dei risultati. • Imparare ad apprendere insieme: l’apprendimento condiviso aiuta le Organizzazioni, i gruppi di lavoro, etc. a sviluppare, adottare e utilizzare metodi innovativi e rende più agevole il superamento di criticità che il singolo da solo non riesce a fronteggiare. Dal confronto e dallo scambio nascono così nuove forme e nuove pratiche di apprendimento che finiscono necessariamente per influenzare, positivamente, l’approccio operativo nella risoluzione dei problemi. • Favorire processi di Mainstreaming orizzontale e verticale: il Catalogo può offrire un’opportunità alle Organizzazioni di avviare processi di trasposizione delle pratiche e delle innovazioni adottate. Tale processo potrà avviarsi tra le Organizzazioni che realizzano i progetti (Mainstreaming orizzontale), oppure influenzare le scelte dei decisori pubblici (Mainstreaming verticale), i quali hanno l’onere e il compito di determinare le linee direttrici dei progetti da realizzare, proponendo la messa in atto di azioni che possano rispondere ad esigenze e problematiche da soddisfare e rimuovere. Solamente coniugando tutti gli elementi sopra evidenziati sarà possibile garantire una maggiore responsabilizzazione degli Enti, pubblici e privati, e dei cittadini, attraverso nuove forme di coinvolgimento, a garanzia di un sistema di Welfare sostenibile ed efficiente. L’azione coordinata pubblico – privata permetterà così di promuovere l’attivazione di tutte le risorse presenti sul territorio (famiglie, associazioni di volontariato, mondo della cooperazione, imprese private, fondazioni, etc.), favorendo: • Una positiva evoluzione del concetto di Welfare, con una sostanziale ridefinizione del ruolo della Pubblica Amministrazione da mero erogatore diretto di servizi a soggetto “promotore di rete” che esercita un ruolo di garanzia e di governance e favorisce il coordinamento delle politiche messe in atto dai vari soggetti del territorio e l’integrazione delle attività già
66
67 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
esistenti e di quelle potenzialmente attivabili da parte di tutti gli attori, guidando la definizione di un sistema sociale territoriale integrato; • La definizione di “servizi” innovativi e di livello superiore; • L’adozione della logica del lavoro di rete, progettando e concorrendo congiuntamente alle diverse opportunità di finanziamento (bandi, avvisi, manifestazioni d’interesse, gare, etc.) e ricercando nuove risorse da integrare con quelle provenienti a titolo di cofinanziamento o donazione dei diversi soggetti pubblici o privati del territorio.
4.3 I PUNTI CRITICI DEL PROCESSO DI CONDIVISIONE
Evidenziare gli ostacoli alla fluida definizione del lavoro svolto e mettere in luce alcune criticità che sono state affrontate per la definizione del Catalogo ha qui lo scopo proporre ancora una volta un’occasione di riflessione critica su quelli che possono di fatto essere interpretati come ostacoli alla condivisione e messa a sistema delle informazioni: Scarsa abitudine alla condivisione: è innegabile che ancora oggi molte Organizzazioni non abbiano acquisito e interiorizzato una “consuetudine” allo scambio di informazioni e al confronto, approccio che sta alla base di una progettazione sociale partecipata. Il gruppo di lavoro durante l’azione di contatto diretto ha più volte esposto i vantaggi e i potenziali benefici strettamente connessi alla condivisione nonché l’importanza di aprirsi al dialogo volto all’apprendimento condiviso. Limitata sensibilizzazione all’adesione: se considerato rispetto al numero di contatti censiti e raggiunti via e-mail e telefonicamente, è possibile rilevare un tasso di risposta piuttosto ridotto, in termini di Organizzazioni che hanno chiesto ulteriori informazioni (n. 198, circa il 10% dei complessivi contatti disponibili), di Schede di Catalogazione effettivamente compilate e pervenute (n. 73, circa il 37% delle 198 Organizzazioni con le quali si sono attivati contatti più diretti), di Schede di Buone Pratiche pubblicate (n. 25, circa il 34% delle Schede pervenute). Questo dato conferma ancora una volta la scarsa interiorizzazione dell’importanza del mettere in rete e del confronto, anche di fronte alla possibilità che il proprio Progetto, la propria Organizzazione potesse entrare a fare parte di una vetrina di eccellenze. Forte diffidenza: nonostante la piena visibilità dei riferimenti istituzionali e ufficiali del Progetto (Avviso di riferimento, Codice CIP, CUP, Amministrazione finanziatrice, etc.) e della pagina Internet dedicata al Progetto all’interno del sito istituzionale dell’Ente referente, www.asterisco.sicilia.it, molte Organizzazioni contattate hanno mostrato un atteggiamento di diffidenza che si è poi tradotto in chiusura rispetto alla possibilità di partecipa-
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 1
zione alle attività. Tale resistenza è probabilmente dovuta anche all’ultimo punto critico che evidenziamo, ossia la scarsa consapevolezza da parte di molte Organizzazioni che la diffusione dei risultati dei progetti finanziati non sia semplicemente un’opzione prevedibile, bensì un impegno, se non un dovere, nella corretta ed efficace gestione di attività sostenute da fondi pubblici. È questo, infatti, un requisito ineludibile, ampiamente definito a livello comunitario, capace di rappresentare, al contempo, una preziosa occasione per le organizzazioni e gli Operatori di diffondere e trasferire i benefici prodotti dai Progetti messi in campo. Se viene meno l’insieme delle attività volte a dare informazioni sulla qualità, la rilevanza e l’efficacia dei risultati prodotti nell’ambito del Progetto, è la visibilità dello stesso e dei suoi risultati ad esserne inficiata, con la inevitabile conseguenza dell’autoreferenzialità dei progetti e dell’assenza di valorizzazione dei risultati e dell’auspicato effetto moltiplicatore. A conclusione delle considerazioni sin qui svolte, proponiamo un ultimo dato riguardante il differente tasso di risposta tra Nord e Sud. Anche se l’ambito territoriale prioritario era rappresentato dalla Regione Sicilia in quanto sede di realizzazione del Progetto MENTIS, il gruppo di Ricerca ha voluto ampliare la platea dei partecipanti a Organizzazioni localizzate in altre Regioni di Italia. Il Risultato è riassunto nei numeri che seguono: le Regioni rappresentate nel Catalogo sono complessivamente 5, ossia Sicilia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte e Liguria; il 64% delle Schede di Buona Pratica pubblicate (n.16/25) fanno riferimento ad Organizzazione localizzate in Sicilia, seguono a pari merito, con un dato pari a 12% Emilia Romagna e Piemonte (rispettivamente n.3/25). Infine si posizionano la Liguria con l’8% (n.2/25) e il Lazio con il 4% (n.1/25) . La rappresentatività limitata a cinque regioni non influenzerà in alcun modo le decisioni in merito alla visibilità che si è scelto di dare al presente lavoro e alla strategia di valorizzazione che intendiamo mettere in pratica perché il nostro intento è quello di condividere e partecipare per promuovere l’apprendimento reciproco e la contaminazione tra buoni esempi.
Sezione 2
71 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
IL CATALOGO DI BUONE PRATICHE
Il Prodotto finale del lavoro esposto è un Catalogo di Buone Pratiche contenente n.25 Schede. Il Catalogo vuole rappresentare uno strumento utile nella strategia di scambio e valorizzazione di esperienze al fine di favorire un apprendimento reciproco e continuo tra le Organizzazioni impegnate nell’ambito del Sociale a beneficio delle fasce più deboli della popolazione. L’obiettivo centrale che si intende raggiungere attraverso la pubblicazione del presente Catalogo di Buone Pratiche è quello di valorizzare le attività e il ruolo centrale svolto da Organizzazione del Terzo Settore, Associazioni di Promozione Sociale, Amministrazioni Pubbliche, Cooperative, Enti di Formazione, Enti di Ricerca, etc. che operano sul territorio e rappresentano un punto di riferimento per contrastare l’ormai sempre più diffuso senso di solitudine e smarrimento dei soggetti più deboli, promuovendo una riflessione fattiva e una valutazione critica rispetto alla “efficacia” degli interventi realizzati in riferimento non soltanto al rapporto costi/benefici ma soprattutto alla ricaduta sulla qualità del Welfare. Il Catalogo vorrà essere vetrina per quei soggetti Pubblici e del Privato Sociale che sono attivi sul territorio e si impegnano per rendere concreti i diritti di cittadinanza, per contrastare i rischi di emarginazione ed esclusione sociale e per migliorare la qualità della vita. Attraverso la pubblicazione del Catalogo sarà possibile non solo diffondere in maniera capillare le informazione sui servizi e sugli interventi sociali offerti, promovendo occasioni di confronto fra le Organizzazioni, le forze sociali e produttive, le associazioni e la cittadinanza, ma anche offrire maggior visibilità al mondo del Privato Sociale e all’impegno profuso a favore di quanti vivono ai margini della società. Il valore del Catalogo non dipende soltanto dal suo contenuto informativo, ma anche dal modo in cui è strutturato, dalle caratteristiche di fruibilità e dalla sua capacità di veicolare in modo efficace tale contenuto per promuovere la trasferibilità e la replicabilità dei modelli presentati. Il Catalogo vuole rendere accessibili a un vasto pubblico di soggetti interessati un repertorio di idee e di esperienze già sperimentate o in corso di realizzazione, al fine di offrire utili suggerimenti e potenziali spunti di miglioramenti. A tale scopo il Catalogo deve in particolare essere in grado di evidenziare i fattori di successo e gli elementi innovativi che contraddistinguono tali pratiche. Per ragioni espositive e di chiarezza, il Catalogo è strutturato in Schede
72
73 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
descrittive delle singole Buone Pratiche pensate per realizzare una catalogazione il più possibile omogenea e per permettere una facile consultazione: ciascuna Scheda descrive in forma standardizzata la Buona Pratica, mettendone in evidenza gli elementi di successo e di innovazione. Le singole Schede contengono sia informazioni puntuali (ad es. Titolo del Progetto, Periodo di realizzazione, Ente Promotore, etc.) che elementi descrittivi che consentono di identificare appieno le informazioni qualitative dell’intervento progettuale in generale e della Buona Pratica in particolare. Ciascuna Scheda contiene inoltre elementi informativi di base (Tipologia di intervento e Descrizione della Buona Pratica realizzata), ed elementi più specifici strettamente connessi al grado di innovatività, alla sostenibilità, alla riproducibilità e trasferibilità. In considerazione del fatto che la singola Scheda di Buona Pratica nasce con l’obiettivo di descrivere la Buona Pratica sperimentata e che per ragioni espositive e di spazio non può contenere tutte le informazioni relative al singolo progetto, essa contiene, laddove esistente, il riferimento del sito Internet dedicato al Progetto, per dare, eventualmente, l’opportunità di approfondire la conoscenza di determinati aspetti relativi all’iniziativa progettuale o alla Buona Pratica illustrata, non approfonditi nella Scheda di Catalogazione. Lo stile comunicativo utilizzato è immediato, capace di favorire l’apprendimento, oltre che di fornire semplici informazioni. Nella presentazione delle singole Schede si è scelto di riprodurre fedelmente i contenuti descrittivi in esse contenute così come presentati da ciascuna Organizzazione che ha preso parte a tale lavoro, al fine di dare voce diretta alle singole Organizzazioni. Le Schede sono state catalogate per ”Ambito di disagio”. Sono stati individuati complessivamente n. 8 Ambiti, ordinati in ordine alfabetico (tranne l’ultimo “Soggetti in condizione di disagio”). Di seguito si riporta la ripartizione percentuale delle Schede: Detenuti 12,0% (n. 3 Schede su 25), Disabili 4,0% (n.1/25), Donne 4,0% (n. 1/25), Giovani a rischio 16,0% (n. 4/25), Immigrati 20,0% (n. 5/25), Minori 8,0% (n. 2/25), Tossicodipendenti 4,0% (n. 1/25), Soggetti in condizione di disagio (esclusione e fuoriuscita dal MdL, povertà estrema etc.) 32,0% (n. 8/25). Laddove un progetto ricadeva su più ambiti, la Scheda è stata catalogata nell’ambito prevalente. All’interno di ciascun Ambito sono presentate le Schede per Regione di Appartenenza in ordine alfabetico (quindi Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Piemonte e Sicilia). Altro dato interessante riguarda la ripartizione delle Buone Pratiche selezione in relazione al livello di Amministrazione Finanziatrice: nella quasi totalità delle Schede raccolte, la fonte del finanziamento è pubblica, ad eccezione di n. 2 Buone Pratiche la cui fonte di finanziamento proviene da Fondazioni private. Per il 12% delle Schede (n. 3 Buone Pratiche su 25) l’Ente Pubblico finanziatore è il Comune 12,0%, per l’8,0% è la Provincia (n. 2/25), mentre per il 36% (n. 9/25) è la Regione. Passando poi dall’Ente locale a livello nazionale ed europeo, nel 12% dei
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
casi (n. 3/25) l’Ente Pubblico finanziatore è il Ministero, mentre nel 24% dei casi (n. 6/25) la fonte di finanziamento proviene dall’Unione Europea. Infine per l’8% dei casi (n.2/25) la fonte proviene da Fondazioni Private.
Regione Emilia Romagna
Sicilia Sicilia
Ligura Sicilia
Emilia Romagna Liguria
Piemonte
Sicilia
Regione Lazio Piemonte
Sicilia Sicilia
Sicilia Sicilia
Sicilia Sicilia
Ambito Detenuti
Detenuti Detenuti
Disabili Donne
Giovani a rischio Giovani a rischio
Giovani a rischio
Giovani a rischio
Ambito Immigrati Immigrati
Immigrati Immigrati
Immigrati Minori
Minori Tossicodipendenti
N. 1
2 3
4 5
6 7
8
9
N. 10 11
12 13
14 15
16 17
Associazione Casa dei giovani
CRESM
CISS
Palermo
Trapani
Palermo
Palermo
Palermo
Palermo
Torino
Roma
Comune
Palermo
Torino
La spezia
Rimini
Palermo
Genova
Trapani
Palermo
Forlì
Comune
Comunità terapeutica residenziale
Guichets Antiviolence pour les mineurs
Non uno di meno ma ognuno a suo modo. Network scuole-associazioniistituzioni-comunità contro la dispersione scolastica e per la promozione dell’attenzione a percorsi educativi personalizzati
Progetto Maddalena
CLARITY Clear Language Actions Responding with Information for migranTs in emploYment
Impresa Etica
Progetto Abitare: Stranieri e casa
Progetto LeCiM – Learning Cities for Migrants Inclusion
Titolo Progetto
A Regola d’Arte
Creatività Vesuviana
Angeli E Demoni 2 – Percorsi Di Formazione Per Giovani A Rischio Di Marginalita’ Sociale E Lavorativa
I Giovani Centrano Il Lavoro
Laboratorio di Pari Opportunità: Pratiche per il Superamento degli Stereotipi
Teseo 1 e 2 (per giovani con handicap cognitivo lieve)
Progetto SFIDA
Buoni Dentro
R.A.E.E. in carcere
Titolo Progetto
Sistema Sanitario Nazionale – Assessorato Regionale Sanità
Commissione Europea – DG Justice - Programma Europeo «Daphne III»
FONDAZIONE PER IL SUD
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità Caritas Diocesana Palermo
EACEA, Agenzia Nazionale LLP (UK), Leonardo da Vinci, Trasferimento dell’Innovazione (TOI)
Regione Sicilia - Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro - FSE
co-finanziato da Unione Europea e Ministero dell’Interno Italiano, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, nel quadro del FEI
European Community - EACEA - Lifelong Learning Programme - Key Activity 4
Ente finanziatore
Regione Sicilia - Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale - FSE
Dipartimento della Gioventù - Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani
REGIONE LIGURIA - Fondo Sociale Europeo
Dipartimento della Gioventù attraverso il bando UPI “Azione Province giovani”
Programma di Iniziativa Comunitaria Equal Unione Europea - FSE, Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, REGIONE SICILIANA
Provincia di Genova
Regione Sicilia - Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro - FSE
REGIONE SICILIANA - Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro - FSE
Iniziativa Comunitaria Equal – Partnership Geografica Pegaso – Regione Emilia Romagna – Fondo Sociale Europeo (tra il 2004 e il 2007). Successivamente l’iniziativa è stata sostenuta dalle imprese e dagli enti di formazione in partenariato.
Ente finanziatore
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Associazione Casa dei giovani
CESIE
CESIE
CICSENE
CIOFS FP
Organizzazione
A.PRO.CA
M.U.N.I. ONLUS - Movimento e Unione Nazionale Interetnica
IS.FOR.COOP Istituto di Formazione Cooperativa
Provincia di Rimini
Arcidonna
Coop. Sociale Co.Ser.Co ONLUS
Cooperativa sociale “Oltre il Muro”
NFAOP
TECHNE - Società consortile a r. l.
Organizzazione
74 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
75
Emilia Romagna Piemonte
Sicilia
Sicilia
Sicilia
Sicilia
Sicilia
Sicilia
Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio Soggetti in condizione di disagio
19
20
21
22
23
24
25
Regione
18
N. Ambito
Palermo
Palermo
Palermo
Trapani
Palermo
Torino
Ferrara
Comune
Messina ASSOCIAZIONE SVILUPPO E SOLIDARIETA’ 2005 ONLUS
ASTERISCO
Cooperativa Nido d’Argento
COOPERATIVA AZZURRA
Consorzio Solidalia – Società Cooperativa Sociale ONLUS
Centro di Accoglienza Padre Nostro
Fondazione Piazza dei Mestieri Marco Andreoni
ASP – Centro Servizi alla Persona- Ferrara
Organizzazione
IN.E.S. Inclusione Empowerment Solidarietà
CRIS
M.E.N.T.I.S. - Movimento Empowerment Nuovi Tentativi di Inclusione Sociale
R.I.S.E Rete Inclusione Socio-Economica
Solidarietà nel verde
Holding
Mo.L.E.S. (Modello Lotta Esclusione Sociale)
Programma straordinario a contrasto della crisi economica
Titolo Progetto
Regione Sicilia - Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro - FSE
Regione Sicilia - Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale - FSE
Regione Sicilia - Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro - FSE
Comune di Palermo - Settore Servizi Socio Assistenziali - Ufficio Piano Legge 328/00
Zona Distretto Socio Sanitario D50 – Legge 328/2000
Comune di Palermo-Settore Servizi Socioassistenziali- Piano Infanzia Adolescenza ex Lege 285/97
Fondazione Telecom Italia
Comune di Ferrara
Ente finanziatore
76 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Le schede
81 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 1 Titolo Progetto
R.A.E.E. in carcere
Ente Promotore - Rete di Partenariato Regione Emilia-Romagna – Assessorati Ambiente, Formazione, Politiche Sociali Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria HERA spa. Enti di formazione professionale: Techne Forlì - Cesena, CEFAL Bologna, ENAIP Ferrara (chiuso nel 2009) Oltre ai partner trasversali consolidati sopra indicati, gli attori coinvolti e competenti sui diversi livelli locali sono i seguenti: AREA BOLOGNA - Laboratorio all’interno della Casa Circondariale di Bologna Partner: Casa Circondariale di Bologna; IT2 Coop. Sociale; Cefal Bologna; Comune di Bologna; Provincia di Bologna; ECODOM Consorzio RAEE; Dismeco sas; Associazione SARA; Hera Bologna AREA FERRARA - Laboratorio all’interno della Casa Circondariale di Ferrara Partner: Casa Circondariale di Ferrara; Il Germoglio Coop Sociale; Comune di Ferrara; Provincia di Ferrara; ECODOM Consorzio RAEE; Associazione SARA; Hera Ferrara; Dismeco sas AREA FORLI-CESENA - Laboratorio all’esterno della Casa Circondariale di Forlì Partner: Casa Circondariale di Forlì; Ufficio Esecuzione Penale Esterna; Gulliver Coop. Sociale; Techne scrl; Provincia di Forlì-Cesena; Comune di Forlì; ECOLIGHT Consorzio RAEE; CSRAEE srl; Direzione territoriale del Lavoro Forlì-Cesena; Hera Forlì-Cesena; Cclg spa; Cna, Legacoop, Confcooperative
Destinatari dell’intervento Detenuti, Condannati in esecuzione penale esterna, Condannati a lavori di pubblica utilità
Fonte finanziamento Iniziativa Comunitaria “Equal” – Partnership Geografica Pegaso – Regione Emilia Romagna – Fondo Sociale Europeo (tra il 2004 e il 2007) Successivamente l’iniziativa è stata sostenuta dalle imprese e dagli enti di formazione in partenariato
Ambito territoriale Interprovinciale: Provincie di Bologna, Ferrara e Forlì-Cesena
Periodo di realizzazione 01/01/2005 – In corso di realizzazione
Sito web di riferimento www.raeeincarcere.org
Scheda 1
82
83 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto vuole rispondere alla difficoltà di inserimento lavorativo dei detenuti, nel momento di ingresso nella comunità come cittadini liberi, socialmente inclusi e capaci di accedere a opportunità di lavoro stabile. Le difficoltà in questo ambito risentono di differenti fattori come: emarginazione, stigma, spaesamento sociale e scarse opportunità di partecipazione; scarse o spesso inadeguate competenze professionali; aspettative ed esigenze professionali e economiche disattese, mancanza di conoscenze o esperienze nella ricerca di lavoro, difficoltà dei sistemi locali nel dare risposte puntuali ai detenuti. L’iniziativa nasce da attori diversi per competenze, mission e capacità, quali Regione Emilia-Romagna ed Enti locali, Enti di formazione, Cooperative sociali, Amministrazione penitenziaria. Il coinvolgimento dei territori ha visto privilegiare le strutture detentive e i territori di appartenenza degli attori promotori, in particolare Enti di formazione e cooperative. Il Progetto pone le sue basi in due contesti particolari. 1. L’esecuzione penale - il carcere oggi in Italia si pone di fronte a diverse problematiche: • Sovraffollamento, ormai condizione stabile a cui non si trova rimedio se non in forza di provvedimenti indulgenziali, che non riescono tuttavia a risolvere le problematiche strutturali; • Circa l’80% della popolazione detenuta è in condizione di svantaggio/emarginazione sociale (disagio psichico, dipendenza, immigrati). Questa caratterizzazione porta gli Istituti di pena ad essere simili ad una “discarica sociale”; • Durata delle pene detentive in aumento; • Il carcere resta luogo di “apprendimento della criminalità” senza la possibilità di accompagnamento al reinserimento sociale e lavorativo; • Suicidi e recidiva sono in aumento: stime del Ministero della Giustizia valutano che l’accompagnamento sociale abbatta la recidiva dal 70% a meno del 10%. 2. Il mondo dei rifiuti - i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ogni anno crescono ad un tasso tre volte superiore rispetto a quello dei normali rifiuti solidi urbani, candidandosi a diventare la terza/quarta tipologia di rifiuto più prodotta dopo il rifiuto organico, carta/cartone, vetro, plastica. Oggi l’UE stima che solo 30% di R.A.E.E. (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche e Elettroniche) venga gestito in maniera corretta: la parte restante rischia di essere trattata in maniera non conforme, con dispersione di materiali nocivi per la salute e per l’ambiente o esportazione illegale in paesi terzi. Con il recepimento delle direttive europee, anche in Italia è entrato in vigore il DM 65/2010: regime di gestione semplificato dei R.A.E.E. ritirati dai distributori, centri di assistenza tecnica, installatori (cd. “one-to-one” o “usato contro nuovo”) che porterà ad un incremento sensibile della raccolta RA.E.E.. Il Parlamento europeo ha avviato la revisione della Direttiva 2002/96/CE, oggi in fase di avanzata discussione, che intende affrontare alcuni problemi chiave e quindi incrementare decisamente la raccolta R.A.E.E.. Obiettivo generale del Progetto è la promozione dell’inclusione sociale e lavorativa di persone in esecuzione di pena, attraverso la formazione, l’acquisizione di competenze, il reingresso nella legalità e l’emancipazione dallo svantaggio sociale, inserendole in un processo industriale professionalizzante nel settore dei R.A.E.E.. Obiettivi specifici che il Progetto si propone di raggiungere sono: • Promuovere una risorsa occupazionale stabile per i detenuti; • Promuovere l’acquisizione di competenze professionali e trasversali adeguate al reinserimento efficace e stabile nella comunità sociale; • Sperimentare una collaborazione attiva per l’organizzazione e gestione di laboratori produttivi all’interno e all’esterno degli Istituti penitenziari; • Contribuire allo sviluppo sostenibile favorendo la riduzione dell’impatto dei Rifiuti R.A.E.E., il loro riciclo e le altre forme di recupero; • Promuovere il coinvolgimento attivo dell’economia sociale in alleanza con il sistema profit territoriale; • Valorizzare l’impegno sociale delle imprese; • Favorire il riciclo e le altre forme di recupero dei R.A.E.E., con conseguente riduzione dell’impatto ambientale nella loro gestione ed il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’Unione Europea e dall’Italia con il D. Lgs. 151/2005. Le attività messe in campo per il raggiungimento di tali obiettivi sono: • la Formazione teorica-pratica che prevede la conoscenza del mondo dei rifiuti e delle norme collegate, nonché la capacità di “lavorare e trattare” attraverso un’attività formativa di smontaggio manuale di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Scheda 1
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
• la Specializzazione di detenuti che sostengono l’attività professionale produttiva, duratura e stabile, in grado di autosostenersi (superamento delle logiche di assistenzialismo che spesso accompagnano molto progetti sociali) grazie al concorso delle cooperative sociali coinvolte. Nello specifico le persone detenute sono occupate quotidianamente all’interno di laboratori gestiti dalle cooperative sociali, opportunamente allestiti e attrezzati con tecnologie adeguate nello smontaggio dei R.A.E.E. provenienti dagli impianti di stoccaggio. Dopo una fase iniziale di formazione/tirocinio, i lavoratori vengono assunti dalle cooperative sociali e adeguatamente retribuiti, anche con il concorso della contrattazione sindacale, con l’obiettivo di poter contribuire anche al mantenimento delle famiglie. Tra gli strumenti adottati per il raggiungimento degli obiettivi prefissati vi sono: • l’attivazione di un Comitato di Pilotaggio con funzione di coordinamento, che racchiude, coinvolge i principali partner regionali e locali. Il comitato si è costituito a seguito degli impegni presi con la sottoscrizione del primo “Accordo Quadro Territoriale per lo sviluppo di attività di pretrattamento dei R.A.E.E. all’interno (e all’esterno) delle Case Circondariali” nel 2007 e successive attività progettuali. • l’utilizzo di tirocini formativi - borse lavoro per favorire un inserimento graduale ed efficace nel processo lavorativo, in affiancamento a tutor di supporto alla persona. Il tirocinio, sostenuto economicamente da fondi strutturali regionali, raggiunge lo scopo di formare fino alla piena produttività il detenuto-lavoratore. Successivamente i lavoratori sono assunti dalle cooperative sociali. • Il tutoraggio trasversale al gruppo di lavoro, al fine di accompagnare l’attività lavorativa e sostenere i lavoratori, le cooperative e l’amministrazione penitenziaria e gestire e risolvere le problematiche organizzative, logistiche, gestionali che nascono durante l’attività. I principali risultati attesi sono: • la promozione dell’inserimento sociale e la creazione di opportunità di lavoro per persone svantaggiate in esecuzione penale, il loro reingresso da cittadini attivi nella vita civile, nella legalità e l’emancipazione dallo svantaggio sociale, • la promozione dell’acquisizione di competenze professionali e trasversali per le persone in esecuzione penale, che sostengano il loro inserimento lavorativo e occupazionale qualificato e stabile nel territorio, • la creazione di processi di mobilitazione responsabile e di collaborazione attiva tra sistema penitenziario e sistema economico-produttivo; • lo sviluppo di un progetto sociale che si coniughi a temi legati alla sostenibilità ambientale; • l’inserimento delle persone detenute in un processo a carattere industriale, nell’organico di Coop sociali B e con l’avvio di una attività produttiva stabile.
Descrizione della Buona Pratica realizzata L’obiettivo del Progetto “R.A.E.E. in Carcere” è quello di promuovere l’inclusione socio-lavorativa di persone svantaggiate in esecuzione penale o reduci dal carcere, per le quali si rende necessario un accompagnamento competente e in raccordo con il territorio, che ne favorisca il pieno rientro nella legalità e nella vita civile della comunità. Per questo, in collaborazione con le istituzioni, il Progetto promuove il coinvolgimento attivo dell’economia sociale e l’alleanza con il sistema profit territoriale, a sostegno della continuità delle iniziative e della valorizzazione dell’impegno sociale delle imprese. Nel periodo 2005/2008 la partnership geografica Equal Pegaso, iniziativa promossa dalla Regione Emilia Romagna con il cofinanziamento del Fondo Sociale Europeo, ha realizzato un ampio studio di fattibilità, con la consulenza del Gruppo Hera spa in stretto raccordo con il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria e le Direzioni degli Istituti di pena dei territori di Bologna, Forlì, Ferrara, per l’offerta di lavoro alle persone detenute, in laboratori produttivi all’interno e all’esterno delle carceri. In base alle opportunità intercettate nel settore R.A.E.E. si è progettato di realizzare una parte del processo di trattamento-smontaggio dei R.A.E.E. provenienti dalle Isole ecologiche e successivamente inviati agli impianti di trattamento rifiuti. In esito a tale percorso, il 25 ottobre 2007 è stato sottoscritto a Bologna un “Accordo Quadro Territoriale per lo sviluppo di attività di pretrattamento dei RAEE all’interno (e all’esterno) delle Case Circondariali” poi rinnovato il 26 maggio 2009. Dal 2009 sono attivi i 3 laboratori produttivi a Bologna, Forlì, Ferrara. Con questa iniziativa non si sono solo create le condizioni logistiche per l’attività dei laboratori, ma si sono consolidati gli accordi con il principale partner strategico e operativo, HERA Spa, multiutility dei Servizi pubblici regionali che si occupa di ambiente energia e smaltimento rifiuti.
Scheda 1
84
85 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
A livello territoriale tra i Consorzi R.A.E.E. ECOLIGHT e ECODOM, i loro partner logistici, le COOPERATIVE SOCIALI gestori dei laboratori, le direzioni delle CARCERI, con la mediazione della REGIONE e delle agenzie per la FORMAZIONE PROFESSIONALE, sono stati raggiunti precisi accordi organizzativi e commerciali. Nei laboratori i detenuti vengono formati e assunti con regolare contratto per realizzare attività di smontaggio e recupero in sicurezza dei R.A.E.E., diventando così siti produttivi stabili e operativi: ricevono i R.A.E.E. raccolti dalle stazioni ecologiche del Gruppo Hera (centri di raccolta), i R.A.E.E. vengono sottoposti a trattamento e infine avviati al recupero per ottenerne le materie prime e seconde di cui sono composti. Il Progetto ha creato, sia negli Istituti penitenziari di Bologna e Ferrara, sia sul territorio di Forlì in raccordo con il relativo Istituto, 3 strutture stabili adibite allo smontaggio dei R.A.E.E. non pericolosi. Difatti i detenuti sono occupati in laboratori (all’interno delle carceri a Bologna e Ferrara mentre a Forlì all’esterno dell’istituto) opportunamente allestiti e attrezzati per lo smontaggio dei rifiuti raccolti in maniera differenziata e provenienti dalle stazioni ecologiche/C.d.R. del Gruppo Hera. Una volta trattate, le diverse componenti dei rifiuti vengono inviate agli impianti di trattamento finale per essere recuperate e riciclate in valore percentuale pari a circa l’85%. Tale attività impegna ogni detenuto coinvolto da 15 a 30 ore alla settimana, con un’adeguata retribuzione e l’eventuale concorso della contrattazione sindacale. I laboratori consentono di dare lavoro continuativo complessivamente a circa 10 detenuti opportunamente formati. La quantità di rifiuti elettronici ed elettrici trattata ogni anno, attraverso operazioni di bonifica e smontaggio, ammonta a circa 800-1.000 tonnellate comprensive di “grandi elettrodomestici ferrosi” (circa 13.000 lavatrici e lavastoviglie) e di piccoli elettrodomestici di uso quotidiano (ad es. computer, stampanti, forni a microonde, ventilatori, phon, sveglie, aspirapolvere, giocattoli elettrici, etc.). Si stima che l’operazione contribuisca al risparmio di 2 milioni kW di energia elettrica, a riciclare più di 660 mila kg di ferro, 10 mila kg di rame, 5 mila kg di alluminio, 25 mila kg di plastica. I risultati raggiunti da inizio Progetto a febbraio 2013 sono: • I detenuti coinvolti all’avvio della fase della “formazione teorica-pratica” sono stati 44. • I detenuti impegnati nei laboratori, remunerati o indennizzati per le operazioni di smontaggio e pretrattamento RAEE sono stati 17. • La quantità di RAEE non pericolosi gestita è pari a 1.930 t. con un trend di crescita dei tonnellaggi lavorati dall’avvio al febbraio 2013 : BO [2009 > 2010] + 306% [2010 > 2011] + 23% [2011 > 2012] -18% -- FO [2009 > 2010] + 465% [2010 > 2011] -46% [2011 > 2012] +58% -- FE [2010 > 2011] + 104% [2011 > 2012] -36% Nel 2012 poco meno di 1/4 dei R.A.E.E. (R2 e R4) raccolti da Hera sui territori Bologna, Forlì, Ferrara è stata trattata dal Progetto R.A.E.E. in carcere. Inoltre anche il sito web si avvale dalla collaborazione di persone in esecuzione penale esterna, sostenute da percorsi formativi con risorse dell’UEPE per i primi sei mesi, e successivamente da fondi dei partner di Progetto, specificatamente dedicati per l’implementazione dei canali di comunicazione.
Elementi di Innovatività
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
sostenersi consentendo il superamento delle logiche di assistenzialismo che spesso accompagnano molti progetti sociali. I laboratori consentono di dare lavoro continuativo ad almeno 10 detenuti garantendosi un’adeguata retribuzione e trattamento sindacale, che si trasforma in energia vitale per il sostentamento di altrettante famiglie. È importante la continuità dell’impegno nel tempo, grazie al coordinamento avviato dal 2005 e tutt’ora attivo tra gruppo Hera e Techne Forlì-Cesena, nonché con il supporto di tutti i partner e in particolare delle Cooperative Sociali (IT2, Il Germoglio, Gulliver) nella gestione delle attività produttive e nei rapporti con le persone detenute: si è dato vita ad un’attività duratura, stabile ed autosufficiente. I periodi di tirocinio formativo sono sostenuti con le risorse dei Fondo Sociale Europeo gestiti (in Emilia Romagna) dalle Province, che prevedono anche tutoraggio ad personam e supervisione, nonché dai fondi delle politiche sociali dei Comuni (borse lavoro). Mentre con i guadagni provenienti dalla produzione, tramite la remunerazione alle cooperative dei Consorzi Ecolight e Ecodom, si sostengono i costi del personale assunto e impegnato nella lavorazione.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il modello è certamente replicabile, come dimostra anche l’esistenza delle esperienze in 3 territori differenti e con peculiarità locali. Risulta necessario il coinvolgimento dell’intera comunità (multiutility, amministrazione penitenziaria, enti locali, terzo settore) ed in particolare la collaborazione dei consorzi nazionali R.A.E.E. che si occupano di re-inserire nel mercato le materie prime recuperate e l’interlocuzione della società locale che gestisce i rifiuti. Il mainstreaming ha visto interagire diversi Enti Locali, Comuni e Province per la raccolta di tutte le informazione, specifiche e tecniche per lo studio di replicabilità dell’esperienza nei loro territori. Attività analoghe si sono realizzate anche con aziende del privato sociale di altre Regioni, incentivando a prendere contatti con le multiutility e gli interlocutori del territorio di riferimento. R.A.E.E. in Carcere è partito grazie a finanziamenti dell’iniziativa Equal Pegaso nel 2005, che hanno sostenuto lo studio di fattibilità e la stesura di un business plan, curati dalle cooperative, con la consulenza di Hera. L’attività successiva è stata sostenuta dalle imprese, dagli Enti di formazione in partenariato e continua a svilupparsi in maniera produttiva. La formula testata è stata divulgata attraverso il sito e da contatti diretti con soggetti interessati, ma ad oggi non si conosce la replicabilità su altri territori. Sul territorio emiliano-romagnolo non è possibile replicare l’esperienza con gli stessi attori, perché gli attuali consorzi non intendono aprire altre esperienze simili, ritenendo già assolta la mission di impegno sociale e responsabilità sociale. Sono in corso contatti con altri consorzi R.A.E.E., nel tentativo di aumentare la partnership. È interessante segnalare che sulla scia di questa esperienza di incontro tra Amministrazione Penitenziaria e mondo produttivo sono nate altre realtà laboratoriali di inserimento lavorativo.
L’esperienza è tra le prime in Italia nel campo delle lavorazione dei R.A.E.E. nelle carceri finalizzata al sostegno e al “recupero” dei detenuti ed ancor di più è la prima esperienza in Italia caratterizzata dalla “sovraterritorialità penitenziaria” in quanto coinvolge contemporaneamente più Istituti di pena. Il Progetto può essere ritenuto un esempio di Buona Pratica ambientale in quanto capace di introdurre innovazione di mercato e nuove forme di collaborazione finalizzate alla riduzione dei consumi e all’uso di fonti rinnovabili, fornendo anche risposte ai bisogni dei consumatori. Il Progetto mette in evidenza come si possono fondere diversi obiettivi da quello sociale a quello professionale, transitando attraverso finalità formative nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale. L’impegno del mondo cooperativo permette lo sviluppo di un intervento che vede coniugare temi quali la tutela ambientale, lo sviluppo dell’occupazione e la solidarietà sociale.
Elementi di Sostenibilità Il Progetto è nato con l’intento di dare origine a “laboratori” perfettamente autosufficienti in grado di auto-
Scheda 1
Scheda 1
86
87 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 2 Titolo Progetto
Buoni Dentro
Ente Promotore - Rete di Partenariato Associazione Temporanea di Scopo composta da: I.N.F.A.O.P. (Ente capofila) Mediali srl Società Cooperativa I.SO.LA Pro.Te.O.S.di Barone Rosario & C. sas Partner di supporto del Progetto: Pastificio Giglio Girolamo Cooperativa Leonardo da Vinci
Destinatari dell’intervento Detenuti
Fonte finanziamento REGIONE SICILIANA - Assessorato Regionale della Famiglia delle Politiche Sociali e del Lavoro - Avviso N. 2 del 23/10/2009 per la realizzazione di progetti sperimentali per l’inclusione sociale di soggetti adulti in esecuzione penale
Ambito territoriale Comune di Palermo
Periodo di realizzazione 20/09/2010 - 31/12/2012
Sito web di riferimento www.buonidentro.it
Scheda 2
88
89 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto “Buoni Dentro” nasce con lo scopo di dare una nuova immagine della struttura carceraria e dei detenuti attraverso un programma di formazione, della durata di 24 mesi, per riqualificare professionalmente 30 detenuti e detenute della C.C. Pagliarelli di Palermo e ampliare le loro possibilità di accesso al mondo del lavoro, attraverso due corsi paralleli con relativi laboratori, che al loro termine hanno qualificato rispettivamente gli uomini come “mastri pastai” e le donne come “operatrici socio-assistenziali”. Elemento distintivo del Progetto “Buoni Dentro” è stato il ponte che si è cercato di gettare fra il mondo della formazione, le amministrazioni penitenziarie e il tessuto economico-produttivo locale rappresentato in particolare dal Pastificio Giglio (leader nel territorio per la produzione e la distribuzione di pasta fresca) e dalla Cooperativa Isola che da anni lavora nell’area dell’ assistenza socio-sanitaria in diverse province siciliane. Il coinvolgimento di queste aziende è stato elemento di spicco per il Progetto anche nell’ottica di una futura collaborazione professionale con l‘Istituto carcerario e, in particolare, con i detenuti coinvolti nell’intervento. Il primo impatto atteso, infatti, riguardava il miglioramento delle competenze tecnico pratiche dei destinatari al fine di incrementarne le opportunità di reinserimento nel mondo del lavoro, condizione indispensabile per il graduale abbandono di situazioni di criminalità e reato e per l’incremento della partecipazione attiva alla società civile. Il secondo impatto, più a lungo termine, riguardava invece l’aziendalizzazione della struttura carceraria, attraverso la creazione di un “Laboratorio permanente di produzione della pasta fresca” all’interno dell’Istituto Penitenziario Pagliarelli che coinvolgesse direttamente i destinatari dell’intervento. La mission del Progetto era rappresentata però non solo dall’inserimento lavorativo dei detenuti, ma anche dall’aziendalizzazione della struttura carceraria. Finalità generale del Progetto era la restituzione alla comunità di una immagine nuova della struttura carceraria, in generale, e dei detenuti, in particolare, unitamente alla riqualificazione dei destinatari come risorse umane del territorio e alla prevenzione della reiterazione dei reati attraverso la possibilità di reinserimento lavorativo. Obiettivi specifici del Progetto erano: • rafforzare l’integrazione sociale dei soggetti in esecuzione di pena attraverso due percorsi formativi e laboratoriali finalizzati all’inserimento lavorativo; • diffondere tra i destinatari la cultura del lavoro, attraverso le attività laboratoriali; • creare uno spazio di orientamento professionale per i destinatari del Progetto; • promuovere comportamenti responsabili all’interno dei due gruppi classe. L’intervento proposto è stato articolato nelle seguenti azioni: 1.“Indagine conoscitiva” (750 ore) di tipo statistico documentale sulla popolazione detenuta presso la Casa Circondariale Pagliarelli volta a raccogliere informazioni circa sesso, età, livello di istruzione, esperienze professionali dei detenuti attraverso l’uso di un questionario semi strutturato appositamente costruito; l’azione si è dispiegata in 3 distinte attività: Rilevamento dati (450 ore); Trattamento dati (200 ore); Interpretazione dati (100 ore). 2.“Orientamento e Self Empowerment” (160 ore) volto ad individuare e valorizzare capacità, abilità e conoscenze sviluppate dai detenuti ma anche alla valorizzazione del sistema motivazionale della persona, dell’autostima, autoefficacia e responsabilità di quanti desiderano effettuare delle scelte o dei cambiamenti rispetto alla propria vita lavorativa; l’azione si è dispiegata in 2 momenti: Bilancio di competenze (100 ore); Self Empowerment (60 ore). 3.“Azione Formativa” che si è sviluppata in un percorso di “Esperto nella lavorazione pasta fresca” (della durata di 600 ore) per i detenuti uomini e in uno di “Operatore Socio Assistenziale” (della durata di 600 ore) per le detenute donne; 4.“Laboratori di Work Experience” (della durata di 900 ore ciascuno) che, attraverso la metodologia del learning by doing, hanno dato la possibilità ai detenuti di sperimentare le competenze tecniche acquisite e produrre prodotti alimentari artigianali; questa azione ha dato vita a 2 laboratori allestiti dentro il carcere: Laboratorio di produzione delle paste fresche per i detenuti uomini; Laboratorio di cucina del benessere per le detenute donne. La strategia generale del Progetto è stata quella di promuovere il protagonismo sociale dei detenuti per favorirne il reinserimento attraverso azioni volte a stimolare lo sviluppo della loro personalità e la partecipazione attiva alla comunità locale. Affrontare il problema della rieducazione sociale significa innanzitutto lavorare su due livelli: dentro l’istituzione e nel rapporto con il mondo esterno, attraverso la sperimentazione e lo scambio con realtà, soprattutto professionali. Per questa ragione, accanto alle metodologie didattiche classiche
Scheda 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
della formazione, si è prevista l’implementazione di metodologie attivo-partecipative, soprattutto connesse alla simulazione e alla didattica laboratoriale. Nel laboratorio, infatti, i saperi disciplinari diventano strumenti per verificare le conoscenze e le competenze che ciascun allievo acquisisce per l’effetto dell’esperienza di apprendimento. Inoltre, la didattica laboratoriale richiede che si operi in piccolo gruppo, si verifichi una forte interattività fra insegnante e allievi e fra gli allievi stessi; il lavoro di gruppo risulta un importante fattore di socializzazione e di educazione all’interno del contesto chiuso del carcere, perché permette di sperimentare la cooperazione e la relazione come variabili positive e di crescita.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto “Buoni Dentro” può essere ritenuto una Best Practice per 3 ragioni: 1. Il Progetto é stato svolto secondo i tempi e i modi previsti dal Vademecum per l’attuazione del FSE e secondo le indicazioni fornite dall’Ente erogatore del finanziamento (Assessorato alla Famiglia); 2. Il finanziamento è stato gestito seguendo le indicazioni di tutti gli organismi di controllo, facendo in modo che nessuna spesa fosse “sprecata” e che tutte le risorse umane (ma anche i beneficiari) fossero pagate in maniera costante; 3. Ultimo aspetto ma primo per importanza: le allieve del “Laboratorio di cucina del benessere” e gli allievi del “Laboratorio di produzione delle paste fresche” hanno DAVVERO acquisito delle competenze pratiche spendibili nel mondo del lavoro e per molti di loro questo significherà rientrare nella società con migliori prospettive di vita e meno probabilità di delinquere. Dall’analisi valutativa è emerso che l’efficacia del Progetto per i destinatari è stata affidata a quegli elementi trasversali comuni a qualunque progetto di buona formazione: il lavoro di gruppo e l’incontro con i professionisti del settore. Di fatto il 93% degli intervistati ritiene che questo Progetto possa risultargli utile “per migliorare le probabilità di inserirsi nel mondo del lavoro” e il 100% degli intervistati ritiene che questo percorso possa risultargli utile per “aiutarli ad evitare di tornare in carcere una volta in libertà” e per migliorare il loro reinserimento nella società. Molti di essi hanno anche riferito che questa esperienza ha significato per loro non solo “imparare un mestiere” ma anche “crescere dal punto di vista umano” e “imparare a fare lavoro di squadra”. La risposta, tuttavia, forse più sorprendente è quella relativa alla domanda “Pensi che questo Progetto ti abbia cambiato?”: contro ogni ragionevole aspettativa la totalità degli intervistati ha risposto in maniera affermativa. Quando abbiamo chiesto loro “in che modo” il Progetto abbia operato in loro dei cambiamenti, dall’analisi del contenuto delle risposte aperte sono emerse chiaramente tre dimensioni: quella “sociale”, quella del “nuovo” e quella “lavorativa”. Ancora una volta pare che il Progetto “Buoni Dentro” abbia lasciato un profondo segno nei destinatari, ma la cosa che li ha più profondamente segnati non ha a che fare soltanto con l’aver imparato un mestiere ma con un cambiamento più profondo che riguarda la sfera emotiva, affettiva e morale; non a caso, infatti, alla domanda “pensi che questo Progetto possa aiutarti a raggiungere alcuni tra i seguenti obiettivi?” la risposta più frequente è stata “non delinquere” e, solo in seconda battuta, “trovare un impiego”.
Elementi di Innovatività L’innovatività del Progetto risiede sicuramente sulla metodologia dell’empowerment e dell’inserimento in un contesto di studio-lavoro; infatti se l’azione di formazione ha avuto un riscontro positivo, possiamo affermare con certezza che l’azione progettuale che ha riscosso maggior interesse da parte degli utenti è stata sicuramente l’ultima azione prevista dal Progetto: l’azione di Work Experience, valutata “molto” interessante dal 92% detenuti intervistati. D’altra parte, questo non fa che confermare quanto detto a proposito del learning by doing quale strategia di apprendimento ed empowerment particolarmente efficace con i soggetti più svantaggiati. É stato, infatti, nella produzione della pasta fresca e di alimenti di cucina del benessere che gli utenti hanno trovato la loro piena soddisfazione ed hanno riconosciuto i fini progettuali. Ciò non stupisce se si pensa che questa azione progettuale è anche quella che ha suscitato un maggiore pensiero creativo, tanto è vero che alcuni detenuti alla domanda “c’è qualche aspetto che potrebbe essere migliorato?” rispondono richiedendo nuove trafile per realizzare diversi formati di pasta.
Scheda 2
90
91 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Sostenibilità Il Progetto “Buoni Dentro” ha suscitato e suscita ancora molto interesse fra gli attori sociali pubblici e privati. In particolare, l’I.N.F.A.O.P., la società Mediali e il Pastificio Giglio hanno più volte mostrato la volontà di proseguire l’intervento attraverso la creazione di un “Laboratorio permanente di produzione della pasta fresca” all’interno dell’Istituto Penitenziario Pagliarelli. Da tale volontà sono nate due nuove proposte progettuali: la prima presentata attraverso domanda di contributo spontaneo al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali dal titolo “L’agricoltura sprigiona l’impresa sociale” e la seconda presentata alla Fondazione Con il Sud a valere sull’Iniziativa Carceri 2013 dal titolo “Buoni Dentro… e Fuori”.
SCHEDA 3 Titolo Progetto
SFIDA – Supporto Formazione e Inserimento lavorativo Detenuti Adulti Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il Progetto “Buoni Dentro” può essere considerato riproducibile e trasferibile su tutto il territorio nazionale perché si tratta di un modello di formazione-lavoro di semplice attuazione, che sfrutta essenzialmente due elementi distintivi: uno scambio costante e diretto con la realtà produttiva locale, attraverso la metodologia del learning by doing, e la possibilità di “produrre prodotti alimentari”, elemento di grande gratificazione per i soggetti svantaggiati perché li trasforma da “soggetti bisognosi” a soggetti che da “dentro” l’istituzione carceraria possono prendersi cura degli altri, cucinando qualcosa di “buono”.
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: IAL Cisl Sicilia (in qualità di Capofila) AIRA Srl DE LORENZO FORMAZIONE SRL ISVIRE – Istituto per lo Sviluppo Regionale Cooperativa sociale “Oltre il Muro”
Destinatari dell’intervento Soggetti adulti in esecuzione penale presso gli Istituti penitenziari di Castelvetrano e Trapani
Fonte finanziamento REGIONE SICILIANA - Assessorato Regionale della Famiglia delle Politiche Sociali e del Lavoro - Avviso N. 2 del 23/10/2009 per la realizzazione di progetti sperimentali per l’inclusione sociale di soggetti adulti in esecuzione penale
Ambito territoriale Provinciale – Provincia di Trapani
Periodo di realizzazione 30/09/2011 - 30/04/2013
Sito web di riferimento www.progettosfida-sicilia.com
Scheda 2
Scheda 3
92
93 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto SFIDA - Supporto Formazione e Inserimento lavorativo Detenuti Adulti ha contribuito all’inclusione sociale di soggetti adulti in esecuzione di pena con il coinvolgimento diretto degli Istituti penitenziari di Castelvetrano e Trapani, attraverso la realizzazione di un intervento integrato, sia in termini di attori che di azioni, che potessero favorire l’inserimento della persona nell’ambiente socio-lavorativo, passando attraverso percorsi di recupero e potenziamento del sé e delle proprie risorse interiori. Finalità del Progetto è stata quella di fronteggiare l’esclusione sociale e lavorativa dei soggetti adulti in esecuzione penale, fornendo loro quegli strumenti che gli consentissero di migliorare le proprie capacità di inserimento nel mercato del lavoro e nel tessuto sociale di riferimento attraverso percorsi di orientamento finalizzati allo sviluppo delle abilità sociali per la ricerca del lavoro, all’acquisizione di competenze specifiche, all’educazione alla cittadinanza attiva ed alla partecipazione sociale attiva. In una logica di continuità e di rafforzamento delle azioni realizzate e al fine di andare oltre rispetto agli interventi che sono stati realizzati dal privato sociale all’interno degli Istituti penitenziari e che hanno visto la realizzazione di attività quasi esclusivamente di tipo formativo e laboratoriale a beneficio della popolazione detenuta, il Progetto ha voluto promuovere una pluralità di azioni in grado di attivare processi inclusivi, che potessero dare un forte contributo in termini di sostegno, recupero, empowerment della persona, come punto di inizio verso la concreta realizzazione di esperienze lavorative in tirocinio in azienda o attraverso la promozione della Cultura del Lavoro e dell’autoimprenditorialità, quale possibile percorso di inserimento lavorativo. L’inserimento lavorativo è così visto quale concreto strumento di integrazione nel tessuto sociale, a partire dal quale può realmente realizzarsi l’inclusione dei soggetti a vario titolo marginalizzati. Specificità del Progetto SFIDA è stata il coinvolgimento a vari livelli dei mondi che ruotano intorno ai detenuti, LE FAMIGLIE, IL TERRITORIO, GLI OPERATORI PENITENZIARI (tanto nell’ambito funzionale educativo, quanto in quello custodialista), al fine di creare reti partecipate e condivise convergenti verso l’obiettivo della riabilitazione e integrazione. Il tema della sensibilizzazione della comunità locale, quale attore fondamentale nei processi di reinserimento sociale, rappresenta il nodo cruciale per creare le condizioni di sviluppo di una cultura della solidarietà sociale, elemento imprescindibile per costruire reti e partnership con la pluralità di soggetti, pubblici e privati, chiamati a garantire interventi per l’inclusione. La SFIDA in cui intende misurarsi il Progetto è quella di “virtualmente abbattere” il confine del carcere ed assurgere ad un ampio spazio allargato dove la comunità tutta è la vera protagonista verso l’integrazione e la riabilitazione del detenuto. Le azioni di reinserimento, come quelle proposte dal Progetto SFIDA, dovrebbero essere una risorsa per i soggetti che si trovano nella delicata fase di passaggio tra mondo carcerario e società civile, momento che porta con sé grandi opportunità per il reinserimento sociale, ma anche un forte rischio di ri-esclusione. La Partnership di Progetto, nel volere soddisfare la finalità generale del Progetto SFIDA, ha perseguito i seguenti obiettivi specifici: 1. contribuire a supportare l’individuo detenuto durante il processo di riabilitazione intra moenia affinché si doti di strumenti interiori necessari al ritrovamento di sé e al reinserimento sociale, attivando positivi processi di empowerment della persona; promuovere attività in sinergia tra le équipe multidisciplinari al fine di rafforzare il cooperativismo operativo (SERVIZIO DI SOSTEGNO PSICOSOCIALE); 2. supportare l’individuo nella presa di consapevolezza delle proprie risorse e capacità e nell’acquisizione di strumenti e strategie che possano essere funzionali all’inserimento lavorativo (SERVIZIO DIAGNOSI ASPIRAZIONI E COMPETENZE); 3. promuovere l’acquisizione di competenze e specifiche abilità utili all’esercizio di un lavoro e necessarie a conquistare una sana, corretta, fruttuosa “cultura del lavoro” e della produttività come fase necessaria e propedeutica agli inserimenti lavorativi (SERVIZIO FORMATIVO); 4. sostenere i soggetti in stato di fine pena o in semilibertà a transitare nel mondo del lavoro attraverso l’utilizzo dello strumento del Tirocinio (SERVIZIO TIROCINIO IN AZIENDA); 5. sensibilizzare la comunità locale rispetto alla centralità che essa stessa assume quale soggetto educante con il compito di favorire il crearsi di condizioni per il reinserimento sociale delle persone ex detenute e coinvolgere la collettività e specificatamente il tessuto produttivo locale nelle azioni di inserimento in aziende attraverso la conoscenza e l’utilizzo di incentivi previsti dalla legge e (SENSIBILIZZAZIONE INFORMAZIONE E DIFFUSIONE); 6. sensibilizzare il territorio verso il pensiero e la cultura dell’accoglienza e della solidarietà quale atteggiamento mentale e culturale necessario ad ogni politica ed azione volta all’inclusione e alla crescita della collettività (SENSIBILIZZAZIONE INFORMAZIONE E DIFFUSIONE).
Scheda 3
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Le azioni del Progetto, realizzate negli Istituti penitenziari di Trapani e Castelvetrano in una logica di programmazione e gestione partecipata tra le forze messe in campo e calibrate in modo tale da potere registrare un positivo impatto sui destinatari soprattutto in riferimento all’effettivo inserimento in tirocinio in azienda ma anche al riguardo del recupero di quella capacità del sé indispensabile ad ogni attività di tipo inclusivo, sono state: Azione 1 - Mappatura e Animazione del territorio; Azione 2 - Sensibilizzazione Informazione e Diffusione; Azione 3 - Servizio di sostegno psicosociale - realizzata all’interno dell’Istituto di Castelvetrano e dell’Istituto di Trapani; Azione 4 - Servizio diagnosi aspirazioni/competenze - realizzata all’interno dell’Istituto di Trapani; Azione 5 - Servizio tirocinio in azienda - realizzata a beneficio dei soggetti di pertinenza dell’Istituto di Castelvetrano e dell’Istituto di Trapani; Azione 6 - Servizio formativo - realizzata in maniera diversificata all’interno dell’Istituto di Castelvetrano e dell’Istituto di Trapani; Azione trasversale - Management, Controllo e Gestione. Le azioni sono state realizzate alcune in entrambi gli Istituti, altre solo in uno o nell’altro Istituto, rispondendo infatti a specifici bisogni diversificati emersi nelle due diverse realtà, al fine anche di evitare la sovrapposizione con attività già svolte negli Istituti ed in una logica di continuità con le attività già realizzate nell’Istituto. Nello specifico, riguardo all’Azione SERVIZIO FORMATIVO: I laboratori realizzati presso l’Istituto di Pena di Castelvetrano durante l’attività progettuale sono stati i seguenti: • Laboratorio per l’apprendimento della lingua italiana destinato ai detenuti stranieri 100 ore una edizione; • Laboratorio di cucina multietnica 150 ore due edizioni. I laboratori realizzati presso l’Istituto di Pena di Trapani durante l’attività progettuale sono stati i seguenti: • Laboratorio di teatro 150 ore una edizione; • Laboratorio di floricoltura e vivaistica 150 ore una edizione. Peculiarità del Progetto quindi è stata la non sovrapposizione con interventi già realizzati all’interno degli Istituti e, di contro, la valorizzazione delle singole specificità resa possibile dalla connessione con esperienze e attività già realizzate sul territorio e funzionali al buon perseguimento degli obiettivi progettuali. I risultati derivanti dalla realizzazione del Progetto SFIDA sono misurabili a diversi livelli come di seguito indicato: A livello dei Destinatari diretti (Detenuti delle Carceri di Castelvetrano e Trapani): 1. stimolare attraverso un processo di empowerment la consapevolezza dei detenuti nella gestione del sé e dei rapporti umani al fine di sviluppare i valori fondanti della solidarietà; 2. incoraggiare i detenuti alla condivisione di aspirazioni personali, sia nel campo sociale che in quello lavorativo; 3. realizzare percorsi di acquisizione di competenze relazionali e tecniche nell’ottica dell’accrescimento dell’occupabilità (Ristorazione, Florivivaistica, Informatica); 4. acquisire strategie e metodi di ricerca attiva del lavoro e valorizzazione delle competenze formali e informali; 5. acquisire un bagaglio di competenze tecniche e di skill necessarie all’espletamento del ruolo professionale, spendibili nel mercato del lavoro e riconosciute dalle certificazioni di tirocinio svolte; 6. consolidare concrete esperienze formative e di inserimento in aziende operanti sul territorio. A livello degli Istituti di pena coinvolti nella sperimentazione: 1. supportare il Personale nell’espletamento delle funzioni di rieducazione; 2. coadiuvare il Personale nella gestione dei momenti di ascolto del detenuto; 3. rafforzare l’intervento multidisciplinare in un’ottica sinergica; 4. integrare le attività istituzionali con le esperienze provenienti dal privato sociale nell’ottica della costruzione di reti solidali; 5. alleggerire il carico della responsabilità del trattamento in capo ai soggetti che istituzionalmente operano negli Istituti di pena attraverso il cooperativismo partecipato a livello sociale. A livello delle Aziende coinvolte nella sperimentazione: 1. sensibilizzare le aziende all’accoglienza del detenuto e a favorirne l’inserimento sociale e lavorativo; 2. contribuire a diffondere tra gli imprenditori la conoscenza delle misure di agevolazioni economiche e fiscali previste dallo Stato per l’assunzione di personale ex detenuto; 3. promuovere e realizzare inserimenti in azienda al fine di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro; 4. porgere alle Aziende individuate l’opportunità di godere di manodopera senza oneri finanziari per la
Scheda 3
94
95 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
durata delle Work Experience. A livello di Territorio coinvolto: 1. sensibilizzare sulle tematiche relative all’accoglienza del detenuto o dell’ex detenuto; 2. accrescere delle capacità del capitale umano locale; 3. condividere della cultura della solidarietà.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Nel Progetto SFIDA l’esperienza di tirocinio in azienda assume un ruolo di rilevanza centralistica: l’attivazione di un processo di apprendimento dinamico in grado di porre il soggetto in una posizione consapevole, protagonistica ed esperienziale durante il percorso di integrazione partendo dall’esperienza lavorativa, favorisce la rapida acquisizione di know - how specifici ed incoraggia la collaborazione e la sperimentazione del lavoro in team e l’elaborazione dell’esperienza in termini di analisi e riflessione critica. In tale scenario un ruolo essenziale viene svolto dai percorsi di Work Experience poiché rappresentano dei percorsi di politica attiva di primaria importanza che agevolano l’inserimento professionale e il contatto diretto con un ambiente lavorativo e professionale.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto SFIDA si configura quale Buona Pratica in relazione all’approccio metodologico del Progetto orientato sia alla costruzione di un sistema di collaborazione tra Enti e servizi presenti sul territorio, sia all’attivazione di sinergie tra progetti già operanti affinché si attivi un processo orientato allo sviluppo dello stesso attraverso l’impiego delle strategie del lavoro di rete. La metodologia utilizzata ha voluto promuovere il coinvolgimento della cittadinanza locale nella logica della comunità solidale ed educante. Sin dalla fase di progettazione e per l’intero ciclo di Progetto è stata adottata una strategia di scelta partecipata finalizzata a coinvolgere attori sociali, operatori ed utenti stessi, consentendo agli utenti finali, di essere soggetti più consapevoli, coinvolgendo attivamente le forze sociali nella produzione delle politiche sociali fino a rendere più chiaro e trasparente il rapporto fra servizi e società civile. L’intero processo si è posto pertanto in un’ottica di miglioramento continuo del servizio reso all’utente finale, che ha rappresentato l’interesse comune di tutti i soggetti partecipanti. In questa direzione la partecipazione va pertanto intesa essenzialmente come metodologia adeguata alla costruzione di politiche sociali perché ne favorisce la ricerca dell’efficacia. Inoltre, è importante rilevare come l’adozione della metodologia partecipata nella gestione dell’intervento progettuale risulti coerente con la stessa mission degli interventi sociali, che può essere identificata nello sviluppo di processi di miglioramento, nei propri utenti e nella comunità locale, della qualità della vita, di apprendimento, di recupero delle autonomie. Coerentemente con questo aspetto, e in maniera funzionale rispetto agli obiettivi che il Progetto si è posto, è stata realizzata anche l’azione di comunicazione, di coinvolgimento e di animazione della comunità locale rispetto agli obiettivi ed alle azioni del Progetto, richiamando i concetti della solidarietà e dell’appartenenza, necessari nelle politiche dell’integrazione a qualsiasi livello ma ancor più in un ambito, come quello in cui opera il Progetto SFIDA, nel quale la marginalizzazione e l’esclusione acutizzano la dimensione del problema a cui il Progetto vuole fornire risposte. Tra i risultati ottenuti si sottolinea l’assunzione di n.2 soggetti, destinatari di Progetto, da parte delle imprese dove hanno effettuato i tirocini. Questo rappresenta sicuramente un significativo risultato in termini di integrazione e di (re)inserimento professionale e sociale.
Elementi di Innovatività
Elementi di Sostenibilità Grazie all’intensa attività di Comunicazione e Diffusione nell’ambito delle attività realizzate il Progetto SFIDA ha raccolto un forte consenso a livello territoriale. La Comunicazione ha permesso di valorizzare l’impatto delle azioni realizzate e i risultati raggiunti, prevedendo: la pubblicazione di materiali informativi, report, opuscoli, booklet finale, l’organizzazione di eventi tematici, lo sviluppo di una campagna web (attraverso l’utilizzo del sito web dedicato e l’aggiornamento della sezione del sito ufficio stampa). Tali azioni hanno permesso di raccogliere il consenso dell’opinione pubblica, di sensibilizzare un alto numero di imprese all’accoglimento dei tirocini formativi a beneficio dei destinatari di Progetto, di rafforzare la partnership di Progetto ma anche di promuovere sul territorio una vera cultura della solidarietà, imprescindibile nell’attuazione di ogni politica di inclusione, a beneficio di future iniziative analoghe o simili a quella promossa. Tale azione ha inoltre permesso di diffondere presso le aziende l’opportunità offerta dalla legge su inserimenti di soggetti in detenzione, contribuendo così a sviluppare un atteggiamento più aperto e solidale verso questa particolare categoria di utenza.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’approccio metodologico partecipato e incentrato sul carattere dell’esperenzialità proposto dal Progetto SFIDA può configurarsi come modello ispiratore per ulteriori azioni ed iniziative, garantendo la replicabilità o la trasferibilità di interventi mirati che agevolino processi d’integrazione sociale e lavorativa dei soggetti che vivono una condizione detentiva. L’attivazione di un percorso riabilitativo, che includa sostegno psicosociale, azione di diagnosi della aspirazioni e delle competenze, realizzazione di Work Experience in azienda e di laboratori formativi su tematiche specifiche, rappresenta una modalità di intervento ottimale per promuovere la ri-socializzazione del detenuto e per creare le condizioni necessarie per una prospettiva di inserimento socio – economico – lavorativo al termine del periodo di detenzione.
Il Progetto SFIDA racchiude in sé diversi elementi di innovazione, che si esplicano tanto nelle azioni proposte quanto nelle metodologie adottate. Già a partire dallo stesso Avviso pubblico, che racchiude in sé l’innovazione nel volere promuovere sperimentazioni tra soggetti privati a sostegno del ruolo della P.A., gli Istituti beneficiari delle iniziative, coerentemente con i propri fini e compiti istituzionali, hanno mostrato partecipazione a sviluppare nuove culture di servizio aperte al concorso ed al contributo di diversi portatori di interesse che a vario titolo possano apportare fruttuosi contributi tesi al miglioramento della qualità del trattamento dei soggetti (adulti) sottoposti a misure detentive o alternative alla detenzione. Riguardo alle azioni, il Progetto ha voluto offrire un contributo alle gravi difficoltà ed emergenze che quotidianamente si manifestano all’interno degli Istituti di pena e a danno di quei soggetti che al contrario necessitano di un particolare supporto per ri-conquistare quegli elementi, interiori, relazionali, di maturazione, consapevolezza e competenza, tali da potere realmente avviarsi a rinnovati percorsi di vita. Il Progetto SFIDA, coerentemente con la linea di intervento individuata dall’Avviso, propone un nuovo modello di intervento formativo capace di favorire il progressivo riavvicinamento e reinserimento del soggetto che ha vissuto e che vive una condizione detentiva all’interno della società e del mercato del lavoro.
Scheda 3
Scheda 3
96
97 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 4 Titolo Progetto
Teseo 1 e 2 (per giovani con handicap cognitivo lieve)
Ente Promotore - Rete di Partenariato Is.for.coop. (Soggetto proponente) Coop. Coserco e altre (soggetti in avvalimento per la realizzazione) Consulta Regionale per l’Handicap (Soggetto sostenitore)
Destinatari dell’intervento Persone con disabilità
Fonte finanziamento Provincia di Genova
Ambito territoriale Provincia di Genova
Periodo di realizzazione Ottobre 2005 – Giugno 2006
Sito web di riferimento /
Scheda 4
98
99 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto L’esercizio del diritto/dovere di Istruzione e Formazione dei ragazzi con disabilità cognitiva è un diritto sulla carta che raramente può diventare concretamente esigibile. Questa tipologia di ragazzi spesso adempie per raggiunti limiti di età o interrompe senza successo il normale iter scolastico. Una volta usciti dal sistema scolastico questi ragazzi incontrano grosse difficoltà nella transizione verso l’inserimento sociale. Spesso necessitano di un accompagnamento e di un tutoraggio che garantisca opportunità ed esperienze significative di socializzazione, orientamento e professionalizzazione. Nel sistema regionale ligure di Istruzione e Formazione professionale le Province sono l’ Ente delegato all’attuazione delle politiche di formazione professionale. Il Progetto qui presentato è inserito nelle quadro delle azioni di tipo formativo programmate annualmente dalla Provincia di Genova, per l’esercizio del diritto dovere di istruzione e formazione. Gli obiettivi che il Progetto si proponeva di raggiungere sono di seguito evidenziati: Obiettivi Generali • Attivare progetti individualizzati partecipati e ben inseriti nella rete territoriale attraverso l’integrazione di competenze diverse e innovative. • Promuovere la sperimentazione e la condivisione con altri enti, agenzie, operatori di nuove metodologie didattiche ed educative di intervento sulle varie tipologie di disabilità. Obiettivi specifici • Garantire percorsi di crescita delle autonomie psicosociali, comportamentali e relazionali di ragazzi con lieve deficit cognitivo. • Realizzare percorsi di formazione professionalizzante polisettoriale, a partire da una valutazione delle capacità residue, delle attitudini e preferenze dei soggetti presi in carico. • Ricercare e sviluppare occasioni di formazione on the job e di palestre di inserimento lavorativo attraverso il marketing del Progetto verso aziende private e cooperative sociali. Obiettivi di sviluppo • Garantire la continuità del Progetto e consolidare le capacità operative fin qui acquisite. • Valorizzare la partecipazione e il coinvolgimento all’interno di un percorso progettuale, formalizzando i contenuti e le metodologie anche attraverso il lavoro di ricerca. Le attività previste per il raggiungimento degli obiettivi programmati sono state: • Preselezione e Selezione dei partecipanti; • Accoglienza e valutazione delle competenze psicosociali in possesso dell’allievo; • Realizzazione di Moduli specifici di formazione d’aula su competenze di base, trasversali con taglio laboratoriale; • Attivazione di stage di socializzazione al lavoro, orientamento e formazione on the job; • Realizzazione di Moduli di sostegno e rielaborazione delle esperienze di stage; • Realizzazione di Moduli sulle nozioni basilari del mestiere, correlati con gli stage formativi attivati; • Eventuale attivazione di Tirocini post corso; • Tutoring. Il fulcro metodologico adottato è stato costituito dall’alternanza aula-lavoro che ha consentito al ragazzo l’acquisizione del ruolo lavorativo e contemporaneamente della fruizione di spazi di crescita/rielaborazione che sostengono la motivazione e consolidano l’identità dell’individuo. Tra i risultati che il Progetto ha inteso raggiungere è possibile individuare: Risultati educativi e organizzativi per tutti i ragazzi presi in carico • Favorire l’utilizzo graduale dei contesti lavorativi come “luoghi di apprendimento dal vero e dal concreto” di competenze professionali e relazionali trasferibili (metodologia dell’alternanza aula-lavoro) per tutti i ragazzi presi in carico. • Consolidare l’autonomia e la socializzazione, finalizzata alla crescita generale della persona e a integrare, arricchendola e potenziandone la trasferibilità, la parte di apprendimenti realizzata in situazione lavorativa. • Progettare la massima individualizzazione dei percorsi con definizione di obiettivi, tempi, e programmi adeguati alle caratteristiche di ognuno e con la possibilità di uscita dal percorso per accedere a un altro al termine di ogni annualità. • Realizzare una forte flessibilità organizzativa dell’intervento, capace di adeguare orari e attività in funzione delle necessità degli allievi, singoli e per piccoli gruppi.
Scheda 4
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Risultati formativi e occupazionali • Garantire al 50% dei ragazzi, occasioni di inserimento lavorativo al termine del corso combinando percorsi ASL di inserimento lavorativo socio – assistenziale e percorsi di placement diretto presso aziende in obbligo L. 68/2000. • Progettare con i ragazzi, le famiglie e i servizi il rinvio a percorsi di mantenimento per quei ragazzi che non hanno ottenuto l’inserimento lavorativo alla fine del corso.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Gli elementi identificati quali Buona Pratica all’interno del Progetto Teseo 1 e 2 sono riconducibili alla: 1. Metodologia operativa. 2. Rete Partenariale. In riferimento al primo punto è necessario evidenziare il carattere della Polisettorialità e della Flessibilità del percorso progettuale sperimentato. Le caratteristiche principali della buona pratica “Polisettorialità” per giovani disabili possono essere riassunte nei seguenti punti cardine: • Professionalizzazione del ragazzo in Azienda • Individualizzazione totale dei singoli percorsi formativi • 850 ore di cui almeno il 65% di stage per 10 –12 allievi • Presenza nello staff del corso di “educatori” • Presenza obbligatoria di moduli di sviluppo delle competenze trasversali (capacità di relazione sul posto di lavoro, organizzazione dei tempi, conoscenza del territorio cittadino e dei suoi servizi, etc.) e sul lavoro (normative di sicurezza sul lavoro, contratti) • Alfabetizzazione informatica • Collegamento con la rete dei partner locali • Indennità allievi, Assistenza al placement e utilizzo di strumenti di mediazione al lavoro (in relazione all’occupabilità effettiva del ragazzo) • Monitoraggio costante funzionari Provincia e Ufficio Comunale Inserimenti Lavorativi (U.C.I.L.) In riferimento invece al secondo punto è opportuno mettere in risalto l’importanza dell’Integrazione interistituzionale, riassumibile nei seguenti punti cardine: • Monitoraggio costante dell’andamento del percorso con i soggetti invianti e i soggetti promotori; • Possibilità di usufruire di “passerelle” tra i diversi corsi, in relazione all’evoluzione psicosociale del ragazzo; • Accompagnamento congiunto da parte delle diverse figure tecniche in un’ottica interdisciplinare; • Integrazione dei diversi strumenti di mediazione a disposizione delle diverse istituzioni (stage, borse lavoro, tirocini e Work Experience, affidi educativi). L’intervento formativo, qualunque sia la tipologia scelta, è stato affiancato da un costante lavoro “di rete”, fatto con la famiglia del ragazzo, in collaborazione con gli operatori ASL o degli Enti convenzionati che lo hanno seguito: il ragazzo, da chi faceva formazione, era considerato cioè al centro di un sistema di relazioni da accogliere nella sua interezza e complessità, al fine di favorire la maturazione e il cambiamento. Tale strategia di azione è posta in linea con la consapevolezza che l’intervento formativo per la persona disabile deve essere una parte di un più complessivo percorso di vita disegnato dalla persona stessa e dalla sua famiglia, con il contributo determinante degli operatori dei servizi sanitari di base e di quelli specifici per l’inserimento lavorativo: in Provincia di Genova sono attivi Servizi pubblici (Centro Studi della ASL3; Ufficio Inclusione della Provincia di Genova) e in alcuni casi convenzionati (es. Cepim) in grado di garantire la presa in carico degli allievi successiva alla formazione professionale per l’inserimento lavorativo, attraverso strumenti diversificati di mediazione con le aziende, nella logica del collocamento mirato previsto dalla L.68/99. Il lavoro di rete con questi servizi permette di valorizzare i risultati ottenuti in Formazione professionale, consolidandoli nel tempo.
Scheda 4
100
101 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Innovatività Il principale elemento di innovatività fa riferimento all’approccio relazionale e al ruolo unico dell’educatore/ formatore. Gli approcci tradizionali in formazione hanno una visione statica dell’esperto. Vedono un professionista che, rimanendo così com’è, tenta di cambiare gli altri. L’atteggiamento formativo relazionale invece è dinamico. Descrive un operatore (educatore/formatore) che svolge un ruolo unico, pur cercando di valorizzare le competenze e le propensioni specifiche, che cambia nel processo di aiuto, dovendo necessariamente imparare il suo mestiere mentre lo svolge. La sua expertise professionale garantisce che potrà imparare presto e bene, ogni volta nuovamente relazionandosi con nuovi utenti, famiglie, colleghi, servizi, normative, strumenti. Non che abbia già imparato tutto quanto fin dall’inizio. L’educatore/formatore ha che fare con problemi ogni volta diversi, non con un curricolo da svolgere (ed essendo un problema è qualcosa che sfugge al determinismo della comprensione a priori). L’ignoranza iniziale di che cosa possa essere fatto, affinché la situazione si modifichi per il meglio, deve essere colmata attraverso una dinamica di apprendimento congiunto, protratta nel tempo finchè necessario. Un reciproco apprendimento in itinere (avviato nel lavoro d’equipe, mediato con le specifiche progettuali di cui il tutor del corso è garante e guidato da un esperto negli incontri di aggiornamento e supervisione) di cui l’educatore/formatore, consapevole della sua necessità: questo potrebbe essere un modo sensato di definire l’intervento di aiuto sociale.
Elementi di Sostenibilità La sostenibilità era assicurata dalla condivisione di risorse e strumenti che l’impostazione interistituzionale dell’intervento garantiva. I recenti tagli alla spesa pubblica degli Enti Locali e le incertezze sul ruolo e le competenze delle Province nel prossimo futuro stanno mettendo a rischio la sostenibilità fino ad oggi assicurata. È in corso un’opera di riprogettazione volta a conciliare necessità di contenimento della spesa gli standard qualitativi minimi dell’intervento, necessari ad assicurarne funzionalità e adeguatezza.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità E’ possibile segnalare come elemento di innovatività trasferibile l’ampio catalogo delle prove d’aula per la valutazione delle competenze residue dei ragazzi e per il consolidamento delle autonomie psicosociali. La metodologia didattica, per forza di cose molto laboratoriale e attiva, ha richiesto uno sforzo di traduzione dei concetti e dei linguaggi necessari a ridurre la distanza tra il mondo della disabilità e le regole del mondo del lavoro. Quest’opera di traduzione in “elementi”, cioè in fondamentali, è risultata molto utile ed efficace anche per alfabetizzare il contesto di stage e i lavoratori delle aziende che dovevano farsi carico dell’accoglienza in azienda (tutor aziendale). Agli addetti di un’azienda infatti è richiesto relazionarsi con i soggetti portatori di handicap in modo da formulare richieste di comportamenti quanto più possibile “normali” e adeguati al contesto lavorativo standard, perché questo è l’elemento terapeutico che riabilita attraverso il lavoro. Ciò significa lavorare non solo con gli utenti ma anche con le aziende “per” gli utenti, configurando una didattica attiva sociale, un’innovazione non semplicemente relegata all’ambito dell’aula. Inoltre la stessa metodologia è stata estesa nella gestione di corsi polisettoriali per recupero di drop out italiani e stranieri in situazione di disagio e deprivazione sociale, segnalati dagli Ambiti Territoriali Sociali e successivamente ripresa dalla Provincia di Genova per la bandire percorsi “ponte” per drop out non inseriti nei corsi biennali di qualifica delle provincia e Triennali per l’assolvimento del diritto/dovere di formazione della Regione.
SCHEDA 5 Titolo Progetto
Laboratorio di pari opportunità: pratiche per il superamento degli stereotipi
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: ARCIDONNA ONLUS SELF (SOCIETA DI ESPERTE NEI LINGUAGGI DELLA FORMAZIONE) CGIL SICILIA UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PALERMO INSPIRAL (Consorzio Ungherese, Partner Transnazionale)
Destinatari dell’intervento Immigrati - Donne
Fonte finanziamento PROGRAMMA DI INIZIATIVA COMUNITARIA “EQUAL” UNIONE EUROPEA - FSE, Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, REGIONE SICILIANA
Ambito territoriale Sovraprovinciale (Provincie di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina) e Internazionale
Periodo di realizzazione 01/01/2008 - 31/12/2008
Sito web di riferimento /
Scheda 4
Scheda 5
102
103 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto La partecipazione delle donne al Mercato del Lavoro in Italia si presenta diversamente nelle Regioni Ob. 3 (51,2%) e in quelle Ob. 1. (26,1%) e le giovani meridionali sono le più colpite con un dato che raggiunge il 60,7% (donne in cerca di impiego), contro la media nazionale del 27,6% (ISTAT 2003/02). La presenza delle donne rimane considerevole in alcuni settori quali l’insegnamento, le scienze della vita e i servizi alla persona, mentre restano invece ancora “aree maschili” i settori dell’informatica, sanità, industria, ricerca/accademia, istituzioni, trasporti, giustizia, pubblicità, mass media, banche/finanza/assicurazioni, architettura, ingegneria. Anche quando le donne invadono “aree maschili” non superano il “tetto di cristallo”. Per contrastare il fenomeno della divisione sessista del Mercato del Lavoro, al Sud è prioritario investire sul versante culturale-motivazionale per abbattere i pregiudizi legati alla famiglia e all’ambiente di lavoro e rimuovere i meccanismi che danneggiano i percorsi di carriera femminili. È proprio in tale scenario che si inserisce la presente azione progettuale che ha inteso promuovere sul territorio una serie di attività volte alla rilevazione e alla rimozione di condizionamenti di genere e di razza che determinano scelte segreganti nella formazione e nel lavoro con un’azione capillare di informazione/sensibilizzazione destinata al grande pubblico, con una particolare attenzione al mondo della formazione e ai settori di lavoro tipicamente maschili. La risoluzione del problema è stata affidata ad azioni di tipo ricognitivo finalizzate all’analisi di contesto, azioni di sensibilizzazione culturale, azioni di empowerment in grado di accrescere la consapevolezza delle donne e la loro capacità di scelta e ad azioni di tipo politico volte a promuovere la presenza delle donne a tutti i livelli e in tutti i settori. Il Progetto ha voluto quindi combattere i fattori che determinano le discriminazioni di genere ed etnia nel mercato del lavoro, rimuovendo gli stereotipi diffusi, promuovendo la presenza delle donne nei luoghi di decisione, il diversity management nelle aziende, contribuendo a diffondere il mainstreaming e l’empowerment delle donne, riducendo i divari di genere e di razza legati alle scelte formativo professionali, rimuovendo i meccanismi che determinano una divisione sessista e razzista del Mercato del Lavoro tra professioni “tipicamente” femminili e/o maschili e tra lavori adatti/inadatti anche alle extracomunitarie. Tra gli obiettivi specifici che il Progetto ha inteso raggiungere sono individuati i seguenti: • Combattere la trasmissione culturale e massmediologica di modelli-ruoli di genere e di razza fortemente stereotipati. • Diffondere informazioni sulla normativa di P.O. in materia di lavoro specie in ambiti lavorativi “maschili” per accrescere la consapevolezza delle lavoratrici sulle possibilità di carriera. • Promuovere una gestione aziendale improntata al diversity management anche alla luce dei principi della legge n. 53/2000 sulla conciliazione. • Favorire l’assertività nelle ragazze con azioni di orientamento di genere per favorire l`inserimento nella vita attiva e nel lavoro in modo consapevole e libero da stereotipi. • Favorire scelte formativo/professionali in settori ad alto livello di occupabilità. • Sviluppare nei/nelle ragazzi/e la capacità di elaborare progetti di vita che, dal superamento dell’emarginazione, mirino all`integrazione in prospettiva interculturale. • Promuovere e diffondere il principio di mainstreaming/empowerment di genere nei processi educativi e formativi. • Accompagnare non solo le donne extracomunitarie in percorsi di inserimento lavorativo anche orientati alla creazione d`impresa. • Sperimentare sportelli di accompagnamento al lavoro specificatamente rivolti a extracomunitarie e non solo. • Far acquisire ai/alle docenti di strumenti/competenze per definire un`offerta formativa attenta alla specificità e al valore delle differenze idonea a promuovere negli studenti la capacità di superare condizionamenti culturali e sociali nelle scelte formativo/professionali. • Far riconoscere da parte ai/alle referenti istituzionali della Scuola la necessità di superare il divario tra curricolo tradizionale e attività aggiuntive per l`adozione di un curricolo che espliciti l`approccio di genere e di estendere la trasversalità del punto di vista interculturale all`intera progettazione educativa. • Far acquisire ai COT modelli di orientamento funzionali ad una scelta universitaria libera da stereotipi di genere. L’intervento progettuale ha previsto la realizzazione di 3 macrofasi: 1. Preparazione - Avvio degli accordi di collaborazione transnazionale e del lavoro comune con i partner
Scheda 5
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
per la predisposizione della Campagna di comunicazione e per la preparazione alle successive attività; 2. Attuazione - Inaugurazione della Campagna di comunicazione con l’organizzazione dell’evento pubblico e sua diffusione; avvio delle azioni destinate a studenti e docenti della scuola media superiore; avvio dell’attività di analisi e valutazione dei servizi di orientamento offerti dai COT; organizzazione/attivazione degli sportelli di accompagnamento al lavoro e alla creazione d`impresa con servizi destinati anche alle donne extracomunitarie; realizzazione dei tavoli di concertazione con referenti politico/istituzionali della scuola al fine di promuovere e diffondere il principio di mainstreaming ed empowerment di genere e l’intercultura nei processi educativi e formativi a livello curriculare. 3. Disseminazione - Diffusione dei risultati. Più specificatamente il Progetto strutturato in due macro ambiti ha previsto la realizzazione di differenti Azioni: > AZIONE SCUOLA - Orientamento ed educazione all’intercultura per studenti e studentesse delle scuole superiori siciliane; creazione e diffusione di strumenti per la programmazione didattica di genere; realizzazione di un Campus “creativo” rivolto a studenti e studentesse che hanno partecipato alle giornate di sensibilizzazione nelle scuole, stimolandoli nella creazione di “opere” sui temi degli stereotipi di genere. Risultati: Arcidonna ha incontrato oltre 2.500 studenti e studentesse di circa 20 Istituti superiori della Sicilia. Con loro ha discusso di stereotipi e pregiudizi, ruoli di genere e modelli, politica e democrazia. L’utilizzo di strumenti didattici appositamente elaborati da Arcidonna ha stimolato tra i giovani riflessioni, confronti e dibattiti. Al termine dell’azione di sensibilizzazione è stato organizzato un Campus creativo durante il quale i partecipanti dovevano ideare e produrre manifesti e spot video sul tema degli stereotipi. Nell’ambito delle attività rivolte alla scuola, è stato realizzato un CD-Rom “Strumenti per la programmazione didattica di genere” uno strumento didattico con numerose tracce per realizzare in classe laboratori tematici sulle pari opportunità. > AZIONI IMPRESE - Infopoint in aziende pubbliche e private della Sicilia; creazione di desk informativi temporanei con l’obiettivo di fornire informazioni sulle normative di parità in materia di lavoro; attivazione di sportelli multifunzionali con servizi aggiuntivi per le donne immigrate; analisi di due casi nazionali che rappresentano buone prassi di Diversity management (politica aziendale che dà centralità alla persona, in cui le differenze sono fonte di attenzione e non di discriminazione); sperimentazione del metodo in aziende siciliane; redazione di un Codice di autoregolamentazione da far sperimentare e adottare al più ampio numero di aziende siciliane. Risultati: In circa 20 aziende siciliane, sia pubbliche che private, Arcidonna in collaborazione con CGIL partner di Progetto, ha creato desk informativi per offrire ai lavoratori e alle lavoratrici informazioni sulle normative di parità in ambito lavorativo. Sono stati attivati due Sportelli multifunzionali, per fornire alle utenti informazioni e consulenza su lavoro e creazione di impresa, finanziamenti e bandi, legislazione e conciliazione lavoro/famiglia, orientamento e mediazione culturale. I servizi sono stati erogati in forma gratuita e rivolti per la prima volta anche a donne immigrate. Inoltre, è stato attivato un ramo specifico dedicato ai Servizi di cura e domiciliari. Attraverso la creazione di un “Elenco di assistenti familiari” sono state raccolte sia le domande di chi vuole lavorare nel settore, sia le richieste di servizi di cura delle famiglie o di singole persone. Il Diversity Management è una politica aziendale che ha l’obiettivo di contrastare atti discriminatori, rimuovere gli ostacoli alla parità, valorizzare le differenze come fattore di competitività e di innovazione, nell’ottica di un miglioramento globale aziendale. Sono stati analizzati due casi nazionali, PLASTAL e TRAMBUS, come esempio di Buone Prassi per il Diversity Management. Sono stati analizzati anche due casi di aziende siciliane, CIPROGEST e CICLI LOMBARDO, a cui trasferire le pratiche di Diversity Management. Nel corso del Progetto è stata condotta, in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo, partner di Progetto, un’indagine per la rilevazione di specifici servizi rivolti alle donne nei COT (Centro di Orientamento e Tutoraggio) delle quattro università siciliane: Palermo, Enna, Messina e Catania. I risultati sono raccolti in una pubblicazione dal titolo “Differenza di genere, indagine sulle università siciliane” a cura di Arcidonna. Nel settembre del 2008, il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale una delegazione di Arcidonna. Al Presidente sono stati presentati i lavori realizzati dai ragazzi durante il Campus e gli è stata regalata la bicicletta simbolo del Progetto. Il Progetto e i suoi risultati sono stati presentati in numerose altre iniziative sia regionali, nazionali e internazionali: New York - Palazzo delle Nazioni Unite; Lisbona - Convegno Powering a New Future; Bruxelles – Commissione Europea; Milano – Stadio San Siro.
Scheda 5
104
105 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Descrizione della Buona Pratica realizzata Arcidonna ha incontrato oltre 2.500 studenti e studentesse di circa 20 Istituti superiori della Sicilia. Con loro ha discusso di stereotipi e pregiudizi, ruoli di genere e modelli, politica e democrazia. L’utilizzo di strumenti didattici appositamente elaborati da Arcidonna ha stimolato tra i giovani riflessioni, confronti e dibattiti. Al termine dell’azione di sensibilizzazione nelle scuole, 30 tra ragazzi e ragazze, nel giugno del 2008, hanno partecipato al Campus creativo organizzato da Arcidonna ed hanno prodotto manifesti e spot video sul tema degli stereotipi, lavorando per 15 giorni con il supporto di un gruppo di esperti in comunicazione, grafica, fotografia e riprese audio-video. Parola d’ordine: PIENA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE. La Campagna di Comunicazione ha voluto produrre nelle persone un aumento della consapevolezza ed una riflessione più attenta circa il fenomeno della divisione sessista del mercato del lavoro italiano. L’azione di orientamento di genere destinata agli/alle studenti/studentesse si è posta l’obiettivo di dotare gli/le studenti /studentesse di competenze orientative: capacità di lettura di sé e del mondo, abilità nel difendersi dai condizionamenti culturali e dei media, capacità di operare scelte consapevoli basate sulla valorizzazione della differenza e sulla pratica della reciprocità dei ruoli per favorire il libero accesso al Mercato del Lavoro e scelte formativo/professionali ad alto livello di occupabilità favorendo quindi l’assertività e l’empowerment delle ragazze. L`azione di produzione/diffusione di strumenti utili per una programmazione didattica nella scuola media superiore si è posta l`obiettivo di dotare i/le docenti di strumenti/competenze per la definizione di un`offerta formativa attenta alla specificità e al valore della differenza di genere idonea a promuovere negli/nelle studenti/studentesse la capacità di superare condizionamenti culturali e sociali nelle scelte formativo/professionali. Con l’allestimento di infopoint all’interno delle aziende che ricadevano nei 12 settori “tipicamente maschili” si è voluto operare a favore di una maggiore conoscenza, soprattutto da parte delle lavoratrici aziendali di informazioni sulle norme per la progressione di carriera consentendo così il ripristino di percorsi di carriera. Da un punto di vista sistemico, la stipula di accordi con aziende per l’adozione di misure per la valorizzazione delle donne in contesti imprenditoriali/organizzativi (codici di autoregolamentazione improntati al Diversity Management) ha costituito una utile sperimentazione di modelli gestionali orientati alla flessibilità e alla partecipazione piena delle donne nei contesti di riferimento. Ancora, i tavoli di concertazione hanno avuto il preciso obiettivo di dimostrare la necessità in ambito scolastico formativo di superare la divaricazione tra programma o curricolo tradizionale e attività aggiuntive per l`adozione di un nuovo curricolo che espliciti l’approccio di genere. Altro passo importante in questa direzione è stata la catalogazione dei testi scolastici per la rilevazione dell`ottica di genere nella trasmissione dei contenuti, con l’obiettivo di incidere sulla trasmissione dei saperi, ancora oggi, fortemente connotati al maschile. L’intero Progetto si è mosso in definitiva per l`adozione da parte del sistema politico di nuove misure per ridurre i divari di genere nelle professioni (SEO 2003). Nell’ambito delle attività rivolte alla scuola, l’Associazione SELF, partner di Progetto, ha realizzato il CD-Rom “Strumenti per la programmazione didattica di genere” presentato in occasione del seminario conclusivo con i docenti delle scuole siciliane. Il CD rappresenta un strumento didattico contenente numerose tracce per realizzare in classe laboratori tematici sulle pari opportunità. Tale strumento è stato inoltre distribuito anche alle scuole che non sono state coinvolte direttamente nel Progetto.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
per la riduzione del fenomeno della segregazione verticale che colpisce le donne. Anche la realizzazione di servizi di accompagnamento al lavoro e alla creazione d’impresa per le donne in particolare extracomunitarie costituisce, rispetto al territorio, un laboratorio sperimentale funzionale all’integrazione socio-professionale e culturale incidendo anche sull`emersione del lavoro sommerso e sulla de-qualificazione professionale delle utenti, oltre che una potenziale ricaduta in ambito familiare e sulla comunità di appartenenza in termini di conoscenza, motivazione, autostima.
Elementi di Sostenibilità L’approccio didattico elaborato e i relativi materiali e strumenti possono essere riproposti anche al termine delle attività progettuali con le classi future, al fine di ampliare sempre più l’azione di sensibilizzazione sulla diversità di genere.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il Progetto ha previsto una serie di attività potenzialmente capaci di produrre cambiamenti significativi sia nei/nelle beneficiari/e che nei sistemi coinvolti. Il modello di intervento nelle scuole elaborato da Arcidonna è stato riprodotto anche in altri contesti territoriali ed è stato infatti riproposto dal partner transnazionale ungherese “Inspiral” in alcune scuole della provincia di Debrecen (Ungheria) con un alto indice di partecipazione ed interesse sia dei docenti che degli studenti. Inoltre, anche dopo la fine del Progetto, l’Assessorato regionale della Pubblica Istruzione ha incaricato Arcidonna di continuare le attività di sensibilizzazione già sperimentate durante il Progetto in altre scuole del territorio siciliano.
Elementi di Innovatività Il carattere innovativo del Progetto rispetto al territorio di riferimento risiede nella strategia adottata che interviene sinergicamente da un lato in ambito scolastico/formativo con l’obiettivo di incidere sulla trasmissione culturale di modelli e ruoli di genere e di razza stereotipati per determinare scelte professionali libere e ad alto livello di spendibilità, dall’altro il Progetto interviene in ambito aziendale, in particolare nei settori “tipicamente maschili”, con la sperimentazione di nuovi modelli lavorativi women friendly che mirano in particolare a facilitare la progressione di carriera delle donne. Portare all’interno dei luoghi di lavoro, centri di informazione e consulenza sull’applicazione di forme per la conciliazione vita-lavoro genera sicuramente un impatto significativo perché più facilmente raggiungibile ed assume ancora una forza maggiore perché sostenuto dai livelli dirigenziali dell’azienda stessa. Inoltre l’adozione, anche in via sperimentale, di codici di autoregolamentazione improntati al Diversity Management costituisce per il territorio di riferimento una rara occasione di messa in atto di misure realmente concrete
Scheda 5
Scheda 5
106
107 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 6 Titolo Progetto
I giovani centrano il lavoro
Ente Promotore - Rete di Partenariato Partenariato composto da: 1. Provincia di Rimini (in qualità di soggetto Capofila) 2. Provincia di Forlì - Cesena 3. Unione Comuni Valle del Marecchia 4. Cooperativa sociale Il Millepiedi - Rimini 5. Associazione Ora d’Aria – Santarcangelo di Romagna 6. Cooperativa Formula Servizi - Forlì 7. CNA Rimini 8. Confartigianato Rimini 9. Confesercenti Provinciale Rimini 10. Confartigianato di Forlì- Federimprese 11. Legacoop Forlì - Cesena 12. CNA Forlì-Cesena
Destinatari dell’intervento Minori - Immigrati - Giovani a rischio di marginalità sociale
Fonte finanziamento Il Progetto è stato finanziato con fondi pubblici in parte provenienti dal Dipartimento della Gioventù attraverso il bando UPI “Azione ProvincEgiovani”, in parte dei soggetti partner (Province di Rimini e Forlì – Cesena, Unione Comuni Valle del Marecchia)
Ambito territoriale SOVRAPROVINCIALE - Province di Rimini e di Forlì-Cesena
Periodo di realizzazione 20/10/2011 - 31/12/2012
Sito web di riferimento /
Scheda 6
108
109 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto si colloca nell’ambito della complessa problematica dei giovani e il mondo del lavoro, con particolare riferimento alle ragazze e ai ragazzi con bassa scolarità o che hanno interrotto il loro percorso scolastico-formativo senza conseguire alcun diploma o qualifica professionale. Questa fascia di giovani rischia di essere esclusa in modo permanente o comunque prolungato da ogni possibilità lavorativa ed essere così più facilmente esposta a condizioni di marginalità. Spesso questi giovani, dopo alcuni insuccessi lavorativi, non riescono ad elaborare l’esperienza in modo costruttivo, non sanno sostenere la frustrazione che comporta la ricerca del lavoro e la abbandonano. Rientrano in questo modo in quella fascia di disoccupati “non attivi” che, in quanto tale, sfugge alle rilevazioni dei Centri per l’Impiego e ai percorsi istituzionali a sostegno dell’inserimento nel mondo del lavoro. A ciò va aggiunto che questi giovani appartengono spesso a famiglie poco presenti e vigilanti, sprovviste degli strumenti adeguati per guidarli nella transizione all’età adulta. Sono gli educatori dei Centri di Aggregazione Giovanile (di seguito CAG), frequentati in prevalenza da questi ragazzi, a segnalare il loro stato di disoccupazione e di disagio, nonché il pericolo di emarginazione in cui incorrono. Un intervento volto al sostegno dell’occupabilità di giovani a rischio di marginalità trova dunque nei CAG un naturale bacino di utenza, di cui una comunità attenta deve farsi carico. Con riferimento a questa tipologia di beneficiari, le principali problematiche per un inserimento lavorativo che il Progetto ha tentato di rimuovere sono state: A. la particolare difficoltà a valorizzare le proprie competenze e i propri interessi e a individuarne possibili campi di applicazione in ambito lavorativo; B. la scarsa conoscenza delle reali opportunità lavorative del territorio, estesa all’incapacità di costruirsi coerenti rappresentazioni della realtà; C. la mancanza di canali che facilitino l’inserimento nel mondo del lavoro attraverso cui sia possibile verificare le proprie aspettative, i propri stili, le proprie risorse. L’intervento si è proposto dunque di avvicinare al mondo del lavoro giovani a rischio di marginalità sociale, attraverso un percorso che ha congiunto in maniera strutturata la dimensione educativa, la dimensione orientativa e il primo inserimento lavorativo, valorizzando i loro interessi, le loro attitudini e le loro competenze. Gli obiettivi specifici che il Progetto ha inteso raggiungere sono stati: • aiutare i ragazzi a esplorare e riconoscere le proprie risorse e a collocare le proprie aspirazioni professionali in un contesto realistico, • motivarli a costruire un proprio percorso professionale, anche attraverso il contatto con testimoni positivi, • sostenerli a identificare il contesto lavorativo e le opportunità occupazionali del territorio meno note, • metterli a contatto con il mondo del lavoro e aiutarli a identificarne gli elementi caratterizzanti, • avviarli al lavoro, attraverso un’esperienza di tirocinio formativo parzialmente retribuito. Il Progetto è stato realizzato sui territori delle Province di Rimini e di Forlì – Cesena; un territorio piuttosto compatto, che presenta caratteristiche economiche diversificate, ma una realtà sociale sostanzialmente omogenea. La scelta è stata in parte motivata dall’esistenza di una consolidata collaborazione fra gli Uffici Politiche giovanili delle due Province nell’ambito della realizzazione di diversi progetti, che ha reso consueto lo scambio di informazioni, metodologie e pratiche. Il Progetto ha complessivamente coinvolto direttamente nelle attività 79 giovani. Il percorso proposto si è articolato in attività che hanno accompagnato i beneficiari dalla focalizzazione dei propri interessi allo sviluppo di competenze professionali, realizzate in stretta collaborazione fra educatori dei Centri aggregativi, orientatori dei Centri per l’impiego e imprenditori che hanno accolto i tirocinanti. La parte strettamente attuativa può essere ricondotta a tre macro-azioni, di seguito descritte. 1. I ragazzi individuano i propri interessi e si preparano ad essere accolti presso le imprese – In tale momento si è proceduto a realizzare: a. il coinvolgimento dei giovani beneficiari nel percorso, attraverso le metodologie di animazione e di comunicazione ritenute più opportune dagli educatori. b. l’individuazione delle attitudini e delle potenzialità dei beneficiari. c. le attività orientative, con lo scopo di: - incoraggiare nei ragazzi la riflessione sulle proprie potenzialità, capacità ed interessi, al fine di ri-conoscerli meglio e considerarli punti di forza; - sollecitarli ad ampliare le proprie rappresentazioni del mondo le lavoro: conoscere ed esplorare possibili ruoli professionali, realmente accessibili in base al profilo e al mercato del lavoro locale.
Scheda 6
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
2. I giovani conoscono più da vicino alcune attività a loro poco note – In tale fase: a. i beneficiari hanno incontrato alcuni imprenditori, allo scopo di conoscere esperienze significative di realizzazione di un’aspirazione professionale; b. i ragazzi hanno visitato alcune aziende del territorio appartenenti ad ambiti occupazionali innovativi o alternativi a quelli più tradizionali e/o a loro più noti. 3. I giovani valorizzano e sviluppano le loro competenze - Dopo il percorso di orientamento compiuto attraverso le attività delle prime due fasi, i ragazzi: a. hanno svolto un tirocinio osservativo, della durata di circa un mese, presso un’azienda appositamente individuata; b. se il tirocinio osservativo aveva esito positivo, hanno continuato l’esperienza all’interno dell’azienda per un periodo di 2-4 mesi. Verso il termine delle attività, attraverso la valutazione dei tirocini fornita da imprese e tirocinanti, interviste e questionari somministrati agli imprenditori, sono state individuate alcune caratteristiche (organizzative, operative, relazionali, etc.) dell’impresa “accogliente e inclusiva” per la tipologia di giovani cui il Progetto è rivolto. I risultati verso i quali il Progetto tendeva erano focalizzati sui giovani partecipanti per far sì che loro: - sapessero meglio riconoscere ed individuare le proprie risorse per la costruzione di un progetto lavorativo in linea con le proprie competenze e attitudini; - fossero orientati nelle loro scelte lavorative ed avessero acquisito gli strumenti per definire un proprio percorso professionale mirato e realizzabile; - avessero acquisito una conoscenza più completa del mondo del lavoro e delle opportunità occupazionali offerte dal territorio e gli strumenti per leggere le diverse proposte; - avessero acquisito maggiori competenze professionali.
Descrizione della Buona Pratica realizzata L’aspetto di “Buona Pratica” consiste nella definizione di un percorso di avvicinamento al mondo del lavoro imperniato sul ruolo degli educatori dei Centri di aggregazione giovanile. Infatti, come già sottolineato, nei territori in cui l’intervento si è realizzato, i ragazzi intercettati dalle azioni di educativa di strada e quelli che frequentavano con regolarità i Centri di Aggregazione Giovanile sono stati in buona parte giovani appartenenti alla fascia debole dei beneficiari. Questi giovani erano spesso diffidenti verso le istituzioni e di conseguenza poco disposti ad inserirsi in circuiti formativi istituzionali non mediati da figure di riferimento con le quali avessero stretto un rapporto di fiducia. Gli educatori dei CAG, per contro, rappresentavano significative figure di riferimento, capaci di motivarli, coinvolgerli e accompagnarli in un percorso formativo e di transizione verso il mondo del lavoro. Sono state dunque figure in grado di rispondere al loro bisogno di essere sollecitati e sostenuti nell’intraprendere nuove attività, ma anche rassicurati e rinforzati rispetto al loro fare. I risultati raggiunti rientrano in due categorie: quelli direttamente riferiti ai beneficiari e quelli “di contesto”. Per quanto riguarda la prima categoria, i giovani partecipanti: - hanno imparato a riconoscere meglio ed individuare le proprie risorse per la costruzione di un progetto lavorativo in linea con le proprie competenze e attitudini; - sono stati orientati nelle loro scelte lavorative ed hanno acquisito gli strumenti per definire un proprio percorso professionale mirato e realizzabile; - hanno acquisito una conoscenza più ampia del mondo del lavoro e delle opportunità occupazionali offerte dal territorio; - hanno acquisito maggiori competenze professionali. Va qui aggiunto che i risultati più importanti non sono tanto quelli facilmente quantificabili o resi evidenti da un indicatore, ma quelli colti dagli educatori: qualche giovane è riuscito per la prima volta a portare a termine con esito positivo un tirocinio; qualcuno è riuscito a superare ostacoli relazionali, qualcun altro ha scoperto un nuovo interesse, ha visto con occhi diversi un mestiere, ha scoperto di avere attitudini che non conosceva. In merito alla seconda categoria, le attività messe in atto dal Progetto: - hanno costruito un rapporto più strutturato fra educatori dei CAG e operatori delle Politiche giovanili da una parte e orientatori dei Centri per l’Impiego e operatori delle Politiche per il Lavoro dall’altra; - hanno reso disponibile una rete di soggetti diversi (istituzionali, culturali e associativi, economici) in grado di far dialogare e agire una pluralità di competenze con giovani troppo spesso smarriti e impreparati ad affrontare il mondo del lavoro.
Scheda 6
110
111 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Innovatività Il Progetto ha realizzato sui territori coinvolti una sicura innovazione attraverso l’attivazione di un percorso di orientamento e di avvicinamento al lavoro che, grazie all’apporto fornito dagli educatori dei Centri di Aggregazione Giovanile, ha acquistato un’impronta educativa, indispensabile soprattutto nel caso di ragazzi di questa età. La collaborazione fra educatori e orientatori dei Centri per l’Impiego ha fornito sostegno ad un percorso dagli esiti tutt’altro che scontati, considerata la tipologia dei beneficiari (giovani a rischio di esclusione sociale). L’intervento congiunto di educatori (che hanno svolto anche la funzione di tutor dei tirocini) e operatori dell’orientamento ha spesso risolto situazioni di crisi che parevano ostacolare in modo inequivocabile il percorso del singolo all’interno del Progetto. Dunque, le caratteristiche innovative possono essere così brevemente sintetizzate: - inserimento nei tradizionali percorsi di orientamento al lavoro dell’aspetto educativo, - attivazione di una rete di accompagnamento al percorso formata da educatori dei CAG e da operatori dell’orientamento.
Elementi di Sostenibilità Ai fine della sostenibilità è rilevante l’effetto del consolidamento della collaborazione fra gli Assessorati alle Politiche giovanili e alle Politiche del Lavoro e in particolare della rete di relazioni tessuta per la realizzazione dell’intervento, che resta patrimonio spendibile nei diversi contesti e nelle relazioni con i giovani utenti. A questo proposito va sottolineato che la procedura attivata ha costituito il punto di partenza per lo sviluppo di ulteriori azioni nell’ambito dell’avvicinamento al lavoro. Per esempio, la collaborazione fra educatori dei CAG e operatori dell’orientamento ha costituito il punto di partenza per lo sviluppo di azioni nell’ambito del Progetto di orientamento e avvicinamento al lavoro approvato nel contesto del bando Azione ProvincEgiovani2012, denominato “Le forme del lavoro”. Indipendentemente dai finanziamenti a disposizione, il Progetto ha indicato una via da perseguire e sottolineato la necessità di attivare uno stabile servizio di accompagnamento al lavoro, che non dipenda dalla disponibilità di finanziamenti a progetto.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Come evidenziato, il Progetto ha realizzato un percorso di accompagnamento al lavoro di una fascia giovanile debole, intercettata dagli educatori dei Centri di Aggregazione Giovanile. L’elemento innovativo, e allo stesso tempo trasferibile e riproducibile, è quello dell’attivazione di una rete collaborativa a sostegno dell’intero percorso che ha fatto perno sulla figura dell’educatore dei CAG. Tale elemento è trasferibile in un altro contesto territoriale, purché i Centri di aggregazione giovanili presentino le stesse caratteristiche di quelli dei territori coinvolti: presenza di educatori che possano guidare i giovani in tutto il percorso, dall’individuazione delle attitudini e degli interessi prevalenti, alle attività condotte insieme agli operatori dell’orientamento, al tutoraggio dei tirocini. È altrettanto possibile il trasferimento della prassi ad un altro target debole rispetto al mondo del lavoro, purché si individuino le figure che, oltre agli operatori dell’orientamento, devono/possono guidare i beneficiari e sostenerli, come in questo caso hanno fatto gli educatori dei Centri di Aggregazione.
SCHEDA 7 Titolo Progetto
Angeli e Demoni 2 – Percorsi di formazione per giovani a rischio di marginalità sociale e lavorativa
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: 1. CISITA FORMAZIONE SUPERIORE 2. FORMIMPRESA LIGURA 3. IS.FOR.COOP ISTITUTO DI FORMAZIONE COOPERATIVA 4. CFP “LUIGI DURAND DE LA PENNE” LA SPEZIA
Destinatari dell’intervento Immigrati e Disoccupati dai 18 – 30 anni con abbandono scolastico precoce
Fonte finanziamento FONDO SOCIALE EUROPEO – REGIONE LIGURIA – APPROVATO CON DELIBERA DELLA PROVINCIA DELLA SPEZIA N.55 DEL 5 LUGLIO 2011
Ambito territoriale Provincia di La Spezia
Periodo di realizzazione 5/11/2012 - 30/06/2013
Sito web di riferimento /
Scheda 6
Scheda 7
112
113 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto descritto in questa sede rappresenta la seconda annualità del Progetto “Angeli e Demoni”. La prima annualità del percorso formativo “Angeli e Demoni” è nata da una progettazione sperimentale finalizzata a fornire una formazione professionale ad una fascia d’età, tra i 18 e i 25, caratterizzata sia a livello nazionale che a livello locale da problematiche quali l’abbandono scolastico e il mancato inserimento nel mondo del lavoro. Il riscontro della necessità di un percorso professionalizzante calibrato su un periodo di tempo più breve rispetto ai percorsi biennali o triennali è emerso dall’esperienza pluriennale dei tre Enti di formazione, Cisita, Is.for.coop e Formimpresa, che hanno pensato, calibrato e messo in atto un percorso finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale attraverso una formazione della durata di circa undici mesi. L’impostazione stessa del percorso “Angeli e Demoni” è stata dunque pensata per analizzare a fondo la realtà di partenza in termini di necessità e caratteristiche personali, considerando come essenziale una fase iniziale di orientamento finalizzato ad una molteplicità di obiettivi; il lavoro d’aula era mirato, infatti, a fornire ai partecipanti un concreto supporto per l’acquisizione delle capacità e degli strumenti necessari per conoscere se stessi e il contesto in cui si trovavano al fine di acquisire, innanzitutto, consapevolezza delle proprie capacità, dei propri interessi e delle caratteristiche fondamentali della propria personalità e riuscire, sulla base di rinforzi positivi costanti, a fare in modo che tali specificità diventino il fulcro su cui costruire i propri successi professionali. Al medesimo fine ha mirato la fase della Work Experience finale, che ha consentito ai giovani partecipanti di confrontarsi con la realtà del lavoro, ponendoli davanti alle responsabilità legate ad esso ma supportandoli con un continuo monitoraggio della situazione, in modo da sviluppare la consapevolezza di sé attraverso una condizione di autonomia che potremmo definire “protetta”. Essendosi manifestata dalla prima annualità la fortissima propensione dei ragazzi, in quella fascia d’età e formazione scolastica, per l’acquisizione di competenze attraverso l’esperienza pratica si è voluto cercare di associare la propensione personale dei ragazzi ad un ambito occupazionale che rispecchiasse la loro attitudine al pragmatismo e alle competenze inerenti ad ambiti occupazionali che richiedono un impegno in tal senso. Se nel primo “Angeli e Demoni” i destinatari erano 20 giovani disoccupati con obbligo scolastico, a cui fornire una formazione qualificante attraverso teoria e pratica del mestiere, la seconda annualità ha proposto una strada in più. Oltre a quattro qualifiche professionali, come previsto dal vecchio Progetto, si sono previsti quattro percorsi con attestazione, ciascuno con tematiche specifiche sul tema dell’agricoltura. La struttura del percorso di formazione ha previsto una fase di selezione iniziale attraverso dei colloqui motivazionali, tenuti da una psicologa orientatrice e dal personale interno degli Enti di formazione coinvolti. Si è previsto di valutare i possibili partecipanti (45 persone inviate dal Centro per l’Impiego di La Spezia) per arrivare infine ad un numero massimo di 35 persone partecipanti, restituendo al Centro per l’Impiego gli altri per ulteriori azioni più adeguate alle loro caratteristiche, con una indicazione di percorso condiviso da riportare ai Servizi di Orientamento del CPI. I 35 definitivi “Angeli e Demoni” sono stati suddivisi per motivazione e propensione personale su 2 percorsi da 100 ore di orientamento. Ciascuna delle due classi “orientamento”, composta indicativamente da 15/20 persone, ha svolto un’attività d’aula atta a preparare i corsisti alle fasi specialistiche successive. I classe “orientamento”: dedicata ai ragazzi andati incontro al percorso di qualifica professionale. II classe “orientamento”: dedicata ai corsisti che hanno scelto tramite il colloquio motivazionale il percorso sui temi dell’agricoltura. All’uscita dalla fase “orientamento” i corsisti hanno definito un patto formativo che ha previsto per chi avesse concluso la classe “orientamento I” la scelta di uno dei percorsi con qualifica professionale: AIUTO CUOCO, ELETTRICISTA, OPERATORE MACCHINE AUTOMATICHE, MECCANICO AUTO; mentre i corsisti che hanno concluso la classe “orientamento II” hanno definito ugualmente un patto formativo per quanto riguarda l’ambito dell’agricoltura e potranno scegliere tra 4 corsi da 40h l’uno: CORSO DI VITICOLTURA, CORSO DI OLIVICOLTURA, CORSO DI POTATURA E CORSO MURETTI A SECCO. I partecipanti hanno potuto decidere di frequentare tutti i corsi o solo quelli ritenuti di interesse. Accanto a questi corsi con attestazione, la particolare attenzione che sin dal primo anno è stata posta nei confronti dei ragazzi stranieri, ha portato a pensare di proporre anche un percorso trasversale, con attestazione linguistica, nell’ambito delle certificazioni di lingua Plida (sul livello A2 che costituisce quello utile per il rilascio del permesso di soggiorno). In modo da offrire la possibilità a chi avesse difficoltà nella comunicazione linguistica di approfondire la conoscenza della lingua italiana potendola tarare sull’ambito occupazionale specifico prescelto. L’uscita dalle due tipologie di corsi, quelli con qualifica professionale e quelli con attestato ha previsto l’attivazione di stage formativi di 200 ore per le qualifiche e di 160 ore per i corsi con attestato atti all’acquisizione
Scheda 7
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
di ulteriori competenze pratiche nel campo professionale prescelto da ciascun corsista. Le attività previste nell’iter di Progetto sono quindi di seguito indicate: In riferimento ai PERCORSI QUALIFICA PROFESSIONALE: 100 H DI ORIENTAMENTO ALLA FIGURA PROFESSIONALE IN AULA 300 H DI FORMAZIONE SPECIALISTICA ALLA FIGURA PROFESSIONALE SCELTA 200 H DI STAGE FORMATIVO TIROCINIO IN ACCORDO CON CPI LA SPEZIA In riferimento ai DISPOSITIVI AGRICOLTURA: 100 H DI ORIENTAMENTO 160 H DI FORMAZIONE PRATICA 160 H DI STAGE TIROCINIO IN ACCORDO CON CPI LA SPEZIA
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto proposto si identifica quale Buona Pratica in riferimento ai seguenti elementi: Modalità di gestione - suddivisione settoriale di gestione dei corsi e degli stage da parte degli enti datoriali, CISITA per CONFINDUSTRIA, FORMIMPRESA per CONFARTIGIANATO e ISFORCOOP per LEGACOOP. Metodologia operativa e Rete partenariale – condivisione di finalità ed obiettivi tra settore della Formazione, Mondo del Lavoro ed Ente pubblico (attraverso la collaborazione dell’Istituto di formazione provinciale DURAND DE LA PENNE). Destinatari - fascia d’utenza predeterminata caratterizzata da abbandono scolastico e marginalità sociale e lavorativa nella fascia d’età tipica della disoccupazione attuale (18-30). Attività – attivazione di sinergie e collegamenti tra le diverse attività proposte e in particolare: ATTIVITÀ DI ORIENTAMENTO finalizzata a fornire ai partecipanti un concreto supporto per l’acquisizione degli strumenti necessari per: - possedere consapevolezza delle proprie capacità, dei propri interessi e delle caratteristiche fondamentali della propria personalità; - analizzare le esperienze, le aspettative dei bisogni individuali allo scopo di progettare un inserimento formativo e lavorativo che risponda in modo efficace alle proprie esigenze; - confrontarsi con modelli relazionali tipici del mercato del lavoro; - comprendere le problematiche e le dinamiche del mercato del lavoro ed acquisire informazioni sul panorama di riferimento, in termini di opportunità professionali; - individuare e definire gli ambiti formativi e lavorativi di interesse; - definire un proprio percorso d’azione, incrociando le informazioni raccolte nelle fasi precedenti. ATTIVITÀ FORMATIVA (PERCORSI DI QUALIFICA) finalizzata a: - trasferire competenze attinenti alla figura professionale; - promuovere una formazione in situazione tramite l’attivazione di tirocini al fine di migliorare e accrescere le conoscenze specifiche riferite alle mansioni legate alla qualifica; - fornire l’opportunità di inserimento lavorativo attraverso lo strumento dello stage e del tirocinio formativo. ATTIVITÀ FORMATIVA (DISPOSITIVI CON ATTESTATO) finalizzata a: - contribuire alla costruzione degli strumenti atti a comprendere il funzionamento del lavoro nell’ambito agricoltura negli specifici comparti; - acquisire le competenze attinenti al lavoro; - fornire l’opportunità di inserimento lavorativo attraverso lo strumento dello stage e del tirocinio formativo.
Elementi di Innovatività Tra gli elementi di innovatività si identificano i seguenti punti: - brevità del percorso di qualifica, - formazione e inserimento lavorativo nell’ambito agricolo, - rete parternariale pubblico-privata,
Scheda 7
114
115 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
- connubio tra formazione professionale e mondo del lavoro, - metodologia di orientamento pre formazione.
SCHEDA 8
Elementi di Sostenibilità Il Progetto “Angeli e Demoni” e “Angeli e Demoni 2” si propone per diventare un percorso annuale di formazione dedicato alla fasce di utenza predeterminata illustrata precedentemente. In particolare i dispositivi di orientamento pre formazione professionale sono una caratteristica ricorsiva nella formazione attuata da ISFORCOOP, come metodologia efficace e produttiva nei confronti dell’utenza appartenente alle fasce deboli. Il Progetto “Angeli e Demoni” ne è un ulteriore campo di verifica e miglioramento.
Titolo Progetto
Creatività vesuviana
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il modello di intervento è, con i dovuti aggiustamenti, potenzialmente riproducibile e trasferibile in altri territori, in altri comparti settoriali e con altre tipologie di utenze.
Ente Promotore - Rete di Partenariato Patto Territoriale e Anci
Destinatari dell’intervento Giovani tra i 16 e i 34 anni di età
Fonte finanziamento Il Progetto è realizzato nell’ambito di Creatività Giovanile, promosso e sostenuto dal Dipartimento della Gioventù - Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani
Ambito territoriale Comunale: Comuni di Massa di Somma, Cercola, Volla e Pollena Trocchia (Provincia di Napoli)
Periodo di realizzazione 25/09/2012 - 05/02/2013
Sito web di riferimento www.creativitavesuviana.it
Scheda 7
Scheda 8
116
117 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Negli ultimi anni si è manifestato un crescente interesse per le attività dello spettacolo. I laboratori teatrali permettono di affrontare un affascinante percorso didattico e creativo insieme ai giovani che, attraverso il gioco del teatro, sperimentano la possibilità di comunicare ed esprimersi mediante un linguaggio artistico ed espressivo: l’uso del corpo, della voce, l’improvvisazione teatrale, i giochi di ruolo e l’elaborazione di fiabe e racconti. È opportuno imparare a descrivere la “realtà” che ci circonda usando tutti i sensi, perché spesso dimentichiamo che sono cinque. Un laboratorio di ricerca molto attuale, che fa uso di metodo ed esercizi usati generalmente dagli attori di cinema e teatro. Queste pratiche, riviste per una finalità didattica, sono state ritenute molto efficaci nella formazione dei giovani e non, per rafforzare praticamente attraverso giochi-esercizi le conoscenze sulla comunicazione, sulle emozioni, sul rispetto dell’altro e sulla conoscenza di sé. Tutti gli esercizi proposti nei laboratori sono parte integrante di un percorso finalizzato alla messa in scena di uno spettacolo. Andare in scena, cioè offrire al pubblico il frutto del proprio lavoro, significa verificare le capacità e le competenze acquisite, individualmente e con il gruppo, ed è in fondo l’unico modo per dare forma alla creazione teatrale. Lo spettacolo finale è sempre un momento altamente gratificante per gli allievi e la gratificazione nel processo educativo e didattico conta moltissimo. Il Progetto, rivolto ai giovani ed adulti del territorio, si é proposto di rinnovare il ruolo e la funzione del Teatro intesa come “laboratorio di teatro” per l’integrazione, la cittadinanza attiva e l’interazione sociale. Il Progetto ha mirato anche a stimolare la riflessione in relazione all’importanza delle esperienze extrascolastiche nella formazione culturale ed umana di ogni singolo individuo. Nel descrivere è opportuno ricordare che non esistono solo gli occhi, o meglio, la vista per “raccontare” un fatto. In genere viene più facile e naturale scrivere quello che i nostri protagonisti vedono. L’obiettivo ultimo è stato quello di fare in modo che ogni ragazzo diventasse sia autore, sia regista, sia scenografo e costumista, del proprio monologo. Il Progetto ha previsto lo sviluppo delle seguenti attività: • Cenni sulla storia del teatro, • Esercizi psicofisici di natura sensoriale, spaziale, sull’immaginazione e gestione dell’aggressività finalizzati alla recitazione, • Training autogeno, • Articolazione e tecnica vocale recitazione (monologhi e lavori di gruppo), • Regia e messa in scena, • Lezioni con dei professionisti del settore, È stata prevista la realizzazione di uno spettacolo e l’integrazione del book/copione, con la raccolta di tutto il materiale: ideazione, stesura, sceneggiatura, locandine e articoli di recensione fatta dai ragazzi. Inoltre si è previsto di: • Sviluppare nei ragazzi, attraverso la costruzione di personaggi, la capacità creativa e favorire così la partecipazione attiva; • Realizzare il superamento delle difficoltà relazionali all’interno di un gruppo con la preparazione di uno spettacolo finale che, potenziando l’impegno e la determinazione dei singoli, possa accrescere l’unione del gruppo stesso. Nel corso del Progetto sono state previste anche esercitazioni aperte al pubblico. Con i giovani partecipanti sono stati eseguiti diversi esercizi di natura sensoriale, emotiva e psicomotoria per imparare ad evocare e gestire in modo consapevole osservazioni, emozioni ed immaginazione. I fruitori del laboratorio teatrale a metà percorso hanno potuto sperimentare un testo, o meglio, un monologo teatrale dal titolo “La Stazione” che poi hanno recitato alla fine del Progetto di laboratorio, avendone curato la scenografia, i costumi, la musica e la regia. Sono state inoltre realizzate: Lezioni frontali, Lezioni interattive, Giochi di simulazione, Apprendimento per scoperta guidata, Lavori di gruppo. Sono state utilizzate tecniche di improvvisazione individuali e collettive, per favorire l’espressione della propria emotività e la gestione dell’aggressività. Si è lavorato inoltre sulla costruzione del personaggio teatrale, sulla creazione dello spazio scenico e sulla regia.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
-”Corteggiare–livello base” finalizzato all’acquisizione di competenze tecnicoprofessionali nel settore cinematografico del cortometraggio; - “Professione Attore” rivolto a coloro i quali intendevano trasformare la passione per il lavoro dell’attore e per il teatro in una vera e propria professione; - “Passione Teatro” finalizzato al potenziamento delle competenze tecniche ed artistiche di giovani che nutrono un particolare interesse per il teatro e la recitazione. Tale supporto ha offerto una reale opportunità di crescita artistica ai giovani amanti dell’arte e dei linguaggi creativi attraverso interventi a sostegno della formazione, della produzione artistica e della creazione di impresa. Le opportunità per i giovani che hanno partecipato ai laboratori sono stati fruibili gratuitamente per i residenti dei comuni di Portici, Ercolano, Leporano, San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma. Il risultato più importante raggiunto è stato quello di aver portato dei giovani di diverse età e provenienza a dei livelli alti di professionalità e di coesione tra di loro. Insieme i giovani hanno raggiunto dei traguardi sorprendenti che continuano tutt’oggi. Oltre ai giovani che sono rimasti in contatto dopo il corso, si sono aggiunti nuovi elementi, sempre del territorio vesuviano, e il rapporto tra i ragazzi, i docenti e gli organizzatori continua nel tempo anche attraverso Facebook e sul sito della compagnia. Inoltre il 7 aprile 2013 si é costituita ufficialmente la “Compagnia Officina dello spettacolo” e il ruolo di Presidente è ricoperto da un giovane attore di Massa di Somma che ha partecipato al corso.
Elementi di Innovatività I Corsi previsti nell’ambito del Progetto sono stati molteplici da percorsi formativi di base e professionalizzanti nei settori della Pittura, Fotografia, Teatro, Lavoro dell’attore, Cortometraggio, Musica, a laboratori intensivi di start up di impresa con esperti e possibili finanziatori, ad “Aperitivi creativi”, ovvero incontri informali con artisti o professionisti del territorio, creando occasioni di confronto e possibilità di esporre idee imprenditoriali creative.
Elementi di Sostenibilità I giovani stanno continuando con ulteriori date per far conoscere il loro spettacolo “La Stazione”, inoltre alcuni di loro hanno già avuto la possibilità di fare dei provini con altre compagnie di professionisti sul territorio campano e non. Gli spettacoli organizzati hanno previsto il pagamento del biglietto, che ha offerto la possibilità di creare un fondo cassa per sostenere il secondo livello del Progetto e pagare i professionisti. Saranno coinvolte anche le scuole medie del terzo anno e le prime superiori del territorio vesuviano.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il Progetto può essere riproposto in altre città e contesti. I ragazzi dell’ Officina dello spettacolo hanno chiesto di poter continuare il percorso formativo e di preparazione di altre commedie, creando sul territorio la prima compagnia di teatro e spettacolo formata da giovani dai 16 ai 34 anni.
Descrizione della Buona Pratica realizzata L’ambito individuabile come Buona Pratica è identificabile nella Rete partenariale. Il Comune di Portici in partenariato con i comuni di Ercolano, San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e Leporano ha organizzato n. 3 percorsi di formazione gratuiti in ambito cinematografico e teatrale:
Scheda 8
Scheda 8
118
119 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 9 Titolo Progetto
A Regola d’Arte
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.PRO.CA. - Associazione Provinciale Capitani P. Grimaldi LC-DM
Destinatari dell’intervento Soggetti disoccupati o inoccupati, giovani di età compresa tra i 18 e i 32 anni
Fonte finanziamento Avviso Pubblico n. 6/2009 “Per l’Occupabilità nel Settore dell’Artigianato grazie al Recupero e alla Valorizzazione degli Antichi Mestieri” dell’Assessorato del Lavoro, della Previdenza Sociale, della Formazione Professionale e dell’Emigrazione della Regione Siciliana - PO OBIETTIVO CONVERGENZA 2007-2013 FSE REGIONE SICILIANA - ASSE II - Occupabilità
Ambito territoriale Provincia di Palermo
Periodo di realizzazione 29/12/2010 – 31/07/2012
Sito web di riferimento /
Scheda 9
120
121 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto A REGOLA D’ARTE si proponeva di promuovere i mestieri artigianali presenti sul territorio della Provincia di Palermo e diffondere tra i giovani le abilità professionali artigianali dei diversi settori individuati (Lavorazione del legno, Impianti elettrici, Carrozzeria e Verniciatura auto, Meccanico – Elettrauto, Laboratori di corniciai) attraverso la realizzazione di un percorso formativo, esperienziale e integrato nelle diverse fasi teoriche, tecniche e relazionali previste nell’impianto progettuale. L’esperienza proposta intendeva quindi stimolare la passione e l’interesse del giovane pubblico verso il mondo dell’Artigianato e le sue singole specializzazioni, proponendo tali professioni quali possibili scelte lavorative da intraprendere per inserirsi positivamente nel mercato del lavoro e coniugare le esigenze di aggiornamento e professionalizzazione manifestate dalla collettività locale con la domanda proveniente dal sistema produttivo locale. Il Progetto A REGOLA D’ARTE ha proposto un’esperienza integrata di orientamento, formazione e tirocinio in bottega, volta a trasferire ai giovani destinatari dell’intervento, 16 soggetti disoccupati o inoccupati di età compresa tra i 18 e i 32 anni, il bagaglio di conoscenze tecnico-specialistiche indispensabili per operare nei settori artigianali oggetto dell’intervento. I giovani partecipanti alle attività di Progetto, selezionati sulla base dei requisiti previsti dall’Avviso n. 6/09, sulla base delle reali attitudini e aspirazioni manifestate in fase iniziale di orientamento, dopo un breve periodo di formazione, sono stati inseriti presso le strutture aderenti per lo svolgimento del Tirocinio Formativo. Del resto l’acquisizione delle abilità tecnico - operative specificatamente connesse ad una professione artigianale si realizza attraverso l’esperienza diretta, l’applicazione pratica, l’osservazione partecipante, l’imitazione, la ripetizione e l’analisi delle eventuali criticità, in un processo di crescita in cui la componente relazionale one to one e l’interazione comunicativa tra il giovane e il Maestro artigiano, giocano un ruolo fondamentale. Sulla base di tali considerazioni l’iniziativa ha voluto agevolare l’apprendimento operativo non solo prevedendo un lungo periodo formativo presso la bottega ospitante, che si trasforma per il giovane allievo nel luogo strategico di iniziazione e apprendimento, ma anche adottando metodologie didattiche attive e partecipative, per mezzo delle quali realizzare la piena efficacia delle azioni proposte e il raggiungimento delle finalità progettuali prefissate. Gli obiettivi del Progetto possono essere così schematizzati: • Orientare i giovani verso le opportunità lavorative dei settori artigianali individuati sul territorio bersaglio, aiutandoli ad individuare quella più idonea alle proprie caratteristiche ed esigenze; • Promuovere la formazione tecnico-pratica come approccio privilegiato allo sviluppo del mestiere artigianale; • Favorire l’incontro fra le aspettative occupazionali dei giovani e le esigenze di nuovi apporti professionali delle aziende artigiane, anche in vista di una possibile successiva trasformazione del tirocinio in vero e proprio rapporto di lavoro o di collaborazione. Il Progetto A REGOLA D’ARTE ha previsto lo sviluppo di sei diverse fasi, di seguito specificate: Azione A - Selezione e Orientamento - 4 ore per partecipante; Azione B - Formazione d’aula - 120 ore; Azione C - Tirocinio Fase 1 - 160 ore; Azione D - Ri Orientamento - 24 ore; Azione E - Tirocinio Fase 2 - 1600 ore; Azione F - Valutazione dell’apprendimento - 24 ore; I risultati raggiunti possono essere misurati a vari livelli: • Per i destinatari diretti: acquisizione e sperimentazione operativa di un bagaglio di competenze tecnico – specialistiche e implementazione di competenze trasversali; • Per le imprese artigiane aderenti al Progetto: arricchimento della compagine lavorativa e maggiore competitività sul mercato; • Per il settore di riferimento: miglioramento della qualificazione degli addetti, rilancio qualificato di mestieri artigianali, miglioramento del match domanda/offerta; • Per il territorio: creazione di opportunità di inserimento lavorativo regolare e di qualità. Le attività poste in essere nell’ambito della presente iniziativa progettuale hanno avuto, quindi, una forte ricaduta sulla realtà economica sociale e culturale locale complessivamente considerata. Le attività progettuali proposte, infatti, hanno assunto una configurazione tale da poter essere individuate quali Best Practice, come soluzioni efficaci per favorire la conoscenza e diffusioni di mestieri artigianali, valorizzare il ruolo dell’artigiano avvicinando i giovani a “sperimentare” un mestiere che potrebbe efficacemente diventare quello della vita.
Scheda 9
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il modello di intervento formativo proposto dall’Avviso n.6/2009 ha rappresentato un momento di discontinuità rispetto al modo di intendere e realizzare i percorsi di formazione professionale che ha caratterizzato e tuttora caratterizza lo scenario regionale. Gli elementi d’innovatività previsti dall’Avviso e sviluppati in sede di progettazione e attuazione dell’intervento hanno interessato tutte le fasi di sviluppo del percorso formativo, da quella di selezione dei beneficiari a quella di valutazione finale, passando per la formazione d’aula per la gestione dei tirocini aziendali. L’approccio metodologico adottato, i contenuti e gli strumenti implementati per la sua realizzazione, si configurano quindi quale Best Practice da valorizzare nell’ambito degli interventi che hanno come finalità quella di sperimentare efficacemente percorsi formativi ed esperienziali multisettoriali, incentrati sull’acquisizione e sperimentazione del saper fare che rappresenta oggigiorno l’ingrediente principale del successo del manifatturiero italiano. Il percorso formativo – esperienziale proposto si è caratterizzato per l’approccio metodologico innovativo, incentrato sulla combinazione e integrazione di attività e strumenti diversi: l’Avviso 6, infatti, individuava nel tirocinio presso botteghe artigiane lo strumento privilegiato per favorire la qualificazione professionale dei giovani e il loro confronto con la dimensione lavorativa reale; al contempo, per supportarne e potenziarne l’efficacia, prevedeva che la sua realizzazione fosse preceduta e accompagnata da attività formative, di orientamento, valutazione e autovalutazione, tutte finalizzate a potenziare l’efficacia dei percorsi in termini di maturazione personale e professionale dei partecipanti. I contenuti e le metodologie delle azioni in cui si è articolato il Progetto sono stati progettati e implementati per dar vita ad un percorso di sviluppo professionale e personale, durante il quale ogni partecipante ha avuto modo di acquisire e, soprattutto, di sperimentare in un contesto produttivo reale, un bagaglio conoscitivo ed esperienziale di taglio specialistico ed operativo spendibile sul mercato, ma anche di mettere a fuoco e sviluppare quell’insieme di capacità e abilità personali di carattere generale (organizzative, relazionali, comportamentali, etc.) indispensabili a completarne il profilo professionale. Una sperimentazione protetta, lontana da quelle logiche “ricattatorie” che troppo spesso spingono i giovani in cerca di occupazione ad accettare situazioni di lavoro in nero, prive di qualsiasi forma di tutela e garanzia. Questa, in sintesi, la filosofia d’azione che ha animato l’iniziativa e che si è tradotta nella progettazione e realizzazione di un intervento frutto dell’integrazione di azioni e strumenti, della sinergia fra gli attori che hanno concorso alla sua realizzazione, all’adozione di una metodologia d’intervento funzionale agli obiettivi e ai risultati attesi cui la realizzazione del Progetto era preordinata.
Elementi di Innovatività Rappresentano elementi innovativi del modello formativo sperimentato con il Progetto A REGOLA D’ARTE: - lo sviluppo di un processo selettivo ad imbuto, per individuare i beneficiari dell’intervento: le principali novità hanno riguardato da un lato la struttura dell’azione selettiva, articolata su due step successivi e finalizzata a restringere progressivamente il numero dei candidati, sino a giungere all’individuazione dei beneficiari delle attività, e dall’altro lato i contenuti della stessa, poichè l’obiettivo era quello di attuare una selezione dalla quale emergesse un gruppo di beneficiari che, per le attitudini ai profili di riferimento e per la reale e consapevole motivazione ad intraprendere l’esperienza proposta, offrisse maggiori garanzie di completare con successo il percorso formativo. - l’avvio dei laboratori di mestieri: durante la progettualità è stato sperimentato un percorso articolato, in cui la realizzazione del tirocinio aziendale (fase 1 e fase 2) diveniva il momento centrale e portante del processo formativo, supportato e rafforzato da: • Un’attività formativa d’aula, con un’essenziale funzione di preparazione dei partecipanti al confronto con il contesto aziendale e alla sperimentazione della dimensione operativa del percorso esperienziale. • Un’attività di ri - orientamento tra il tirocinio fase 1 e il tirocinio fase 2, concepita come una pausa di riflessione da dedicare alla rielaborazione e alla condivisione delle impressioni e riflessioni suscitate dall’approccio al contesto aziendale e dal confronto con la dimensione operativa della formazione. Un’occasione, quindi, per analizzare e confrontare le esperienze individuali e trarne indicazioni strategiche per orientarne l’ulteriore sviluppo. • Un’attività di valutazione degli apprendimenti, poiché l’efficacia di un intervento formativo si misura
Scheda 9
122
123 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
sulla sua effettiva capacità di produrre in favore dei destinatari gli effetti cui è preordinata la sua realizzazione; effetti che riguardano la sfera delle conoscenze, competenze e abilità, ma anche quella dei comportamenti e degli atteggiamenti e che, a prescindere dai contenuti specifici dell’intervento, si traducono sempre in un cambiamento e in un’innovazione. I percorsi esperienziali venivano così concepiti come veri e propri laboratori per l’apprendimento operativo dei mestieri artigiani, frutto dell’incontro fra la dimensione professionalizzante, relativa all’acquisizione e sperimentazione di conoscenze, competenze e metodologie di lavoro di cui si compone il bagaglio dei diversi profili di riferimento e quella relativa alla formazione al lavoro, intesa come implementazione e sviluppo di capacità e abilità di carattere generale e trasversale indispensabili a gestire in maniera matura e consapevole il confronto con la dimensione lavorativa. - la sperimentazione del Mentoring, una metodologia di accompagnamento alla formazione professionale, basata sulla condivisione di un progetto comune finalizzato al passaggio generazionale dei saperi e del saper fare professionale, in un rapporto che vede coinvolti: il Mentor, persona che, avendo maturato una lunga esperienza in un dato settore professionale, è disposta a condividerne i risultati in termini di conoscenze e competenze acquisite; il Mentee, destinatario dell’intervento; il Tutor, con funzioni di mediazione fra i primi due. - lo sviluppo di un’azione di tutoring di supporto in azienda, durante la quale i Tutor hanno svolto un importante compito di facilitazione delle dinamiche relazionali, agevolando la comunicazione e la comprensione delle reciproche aspettative ed esigenze.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 10 Titolo Progetto
LeCiM - Learning Cities for Migrants Inclusion
Ente Promotore - Rete di Partenariato CIOFS-FP (Capofila – Roma/Italia)
Elementi di Sostenibilità I tirocini aziendali, fulcro dell’intervento progettuale, hanno rappresentato un’occasione privilegiata d’incontro e confronto fra esigenze e aspettative e di crescita e cambiamento per tutti i soggetti coinvolti. E proprio i risultati di crescita e cambiamento prodotti dai percorsi esperienziali implementati sono i parametri in base ai quali procedere alla valutazione di efficacia e di sostenibilità del modello sperimentato. La conclusione dell’intervento ha fatto registrare 13 percorsi portati a compimento con successo, con il pieno raggiungimento degli obiettivi formativi e professionali assegnati alla loro realizzazione, ma anche con un ottimo grado di apprezzamento per l’esperienza realizzata espresso da tutti i protagonisti. Inoltre ben 3 dei percorsi realizzati si sono conclusi con l’instaurazione immediata di rapporti di lavoro. Risultato ancor più significativo se si pensa che per uno dei tre protagonisti quella del tirocinio ha rappresentato in assoluto la prima esperienza nel settore di riferimento. L’approccio sperimentato si presta dunque ad essere preso come modello al quale fare riferimento come strumento indispensabile per evitare l’autoreferenzialità della formazione, troppo spesso avulsa dalle esigenze reali del contesto di riferimento, per immaginare e realizzare modalità nuove di approcciare e realizzare la “formazione professionale” capace di adattarsi a scenari e contesti diversi, mantenendo inalterata la sua capacità di restituzione al mercato di professionalità formate per rispondere alle richieste che provengono dal mercato.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’approccio metodologico proposto dall’Avviso n. 06/2009, il percorso circolare proposto di alternanza tra azione orientativa, formazione, tirocinio (fase 1 e fase 2), ri-orientamento, e valutazione degli apprendimenti e il fondamentale valore riconosciuto alla fase di apprendimento on the job attraverso lo strumento del tirocinio ha permesso ai destinatari di portare a compimento quel processo di crescita personale e professionale che li vedeva protagonisti centrali. Tale modello risulta potenzialmente riproducibile e trasferibile, con gli opportuni aggiustamenti, in diversificati contesti e a beneficio di differenziati target per promuovere la c.d. “formazione al lavoro”, volta a sviluppare il potenziale di ciascun Tirocinante in termini di capacità generali e trasversali applicabili nei più diversi contesti operativi: capacità tecniche, abilità relazionali e comunicative, senso del gruppo e capacità di lavorare in squadra, capacità di affrontare e gestire imprevisti, difficoltà o situazioni potenzialmente conflittuali, etc.
Scheda 9
Partner: DOCUMENTA (Santander/Spagna) CEFIR (Dunkerque/Francia) GSUB (Berlino/Germania), Budapest Ésely No profit (Budapest/Ungheria) ZSI (Vienna/Austria) Partner associati: MetropolisNet (Gruppo di Interesse Economico Europeo) Senato di Berlino Comune di Bologna Provincia di Catania e Camera di Commercio
Destinatari dell’intervento Immigrati e rete locale di stakeholder quali Decisori politici, Camere di Commercio, Associazionismo locale
Fonte finanziamento European Community - EACEA - Lifelong Larning Programme - Key Activity 4
Ambito territoriale Europeo. Più specificatamente il Progetto ha previsto il trasferimento di Buone Pratiche sperimentate nell’ambito dell’Inclusione Sociale della popolazione immigrata in 3 città Europee: Santander (Spagna), Catania (Italia) e Budapest (Ungheria)
Periodo di realizzazione 01/01/2010 - 31/12/2011
Sito web di riferimento www.lecim.ciofs-fp.org
Scheda 10
124
125 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto LeCiM è un Progetto di mainstreaming, volto al coinvolgimento di decisori politici, autorità locali e stakeholder pubblici e privati su progetti che mirano all’integrazione di politiche ed interventi mirati (azioni di sostegno per la formazione, l’inserimento lavorativo, la mediazione culturale, le politiche abitative, etc.), individuati come buone pratiche a livello europeo per l’inclusione sociale della popolazione immigrata. A tal proposito è stato portato a termine il trasferimento di 3 buone pratiche (dalle città di Bologna, Berlino e Dunkerque) in 3 città target (Santander, Catania e Budapest) sul tema in questione. Le 3 buone pratiche sono state scelte all’interno del partenariato transnazionale coinvolto nel Progetto, sulla base di esperienze pregresse di successo proprio sul tema dell’inclusione sociale dei migranti, mentre le 3 città target sono state individuate sulla base di un’analisi dei fabbisogni svolta dai partner delle città interessate, che hanno rilevato la necessità di implementare interventi di inclusione sociale a favore dei migranti nei loro rispettivi territori. Il Progetto LeCiM si è posto come obiettivo generale quello di ottimizzare l’impatto delle azioni di istruzione e formazione professionale per adulti immigrati realizzate in città europee di media grandezza, coordinandole ed integrandole con il sistema di Welfare delle città stesse. Gli obiettivi specifici che il Progetto LeCiM ha inteso raggiungere sono stati: - Migliorare le capacità dei partenariati di sviluppo locali nell’identificare e realizzare un piano d’azioni formative per adulti immigrati, integrato con altre politiche e programmi pubblici, che mirino all’inclusione sociale ed economica degli immigrati; - Riunire intorno allo stesso tavolo tutti i soggetti interessati alla definizione del processo di integrazione tra le azioni formative ed il sistema di Welfare della città, al fine di migliorare le capacità di gestione delle reti e delle organizzazioni capofila di partenariati di sviluppo locali (amministrazioni locali, agenzie per lo sviluppo locali, etc.) attraverso un approccio partecipativo; - Far conoscere ai principali responsabili politici, alle autorità di gestione dei fondi pubblici e alle amministrazioni locali, le esperienze di successo realizzate a favore della popolazione migrante, fornendo loro possibili input su come poter sviluppare un quadro politico migliore a sostegno delle azioni delle amministrazioni locali e su come distribuire le risorse finanziarie pubbliche a supporto di tali esperienze.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto LeCiM ha previsto il trasferimento di 3 Buone Pratiche relative all’inclusione sociale dei migranti, sperimentate con successo in 3 città europee: Training in sight - PRATICA SPERIMENTATA A BERLINO (Germania) - PRATICA TRASFERITA A CATANIA (Italia). Il Progetto era rivolto ai giovani con background migratorio fino all’età di 25 anni di Berlino, in particolare a quanti non rientravano in alcun schema di qualificazione ai sensi del codice della previdenza sociale tedesco. Il Progetto ha risposto alla necessità di preparare i giovani rilasciando certificazioni e organizzando corsi di formazione professionale. Inoltre, i giovani hanno avuto la possibilità di realizzare un tirocinio in una società locale e di ricevere il supporto degli assistenti sociali, per la pianificazione del proprio percorso di vita anche in collaborazione con i Centri per l’impiego e le Agenzie per il lavoro, la gestione dei conflitti e la risoluzione di questioni pratiche di tutti i giorni. Welfare system in the city of Bologna - PRATICA SPERIMENTATA A BOLOGNA (Italia) - PRATICA TRASFERITA A BUDAPEST (Ungheria). Il sistema di Welfare realizzato a Bologna favorisce l’inclusione sociale dei migranti attraverso la promozione di misure e iniziative volte a combattere gli stereotipi e i pregiudizi, risolvere incomprensioni e combattere la xenofobia e la discriminazione. Il Comune di Bologna cerca attivamente di eliminare e prevenire forme di emarginazione e ghettizzazione sostenendo con campagne di sensibilizzazione che contribuiscano a migliorare il dialogo e la comprensione reciproca tra i migranti e gli italiani nella vita di tutti i giorni. Pertanto, gli approcci creativi e nuovi sono stati progettati al fine di colmare il divario tra i migranti e la Pubblica Amministrazione per quanto riguarda questioni come la mediazione abitativa tra locatori e locatari migranti, fornendo supporto legale o definendo specifiche azioni di accompagnamento al lavoro. La peculiarità di tale sistema è la concreta promozione dell’inclusione sociale a diversi livelli all’interno e all’esterno dell’Amministrazione con la creazione di spazi partecipativi che danno gli italiani e migranti l’accesso alla pianificazione politica sociale.
Scheda 10
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
COSIM (Collectif des Organisations de Solidarité Internationale Issues des Migrations) – PRATICA SPERIMENTATA A DUNKERQUE (Olanda) - PRATICA TRASFERITA A SANTANDER (Spagna). Il Progetto COSIM ha promosso la creazione e il rafforzamento di una organizzazione ombrello per le associazioni di immigrati nella regione Nord-Pas-de-Calais e nel territorio di Dunkerque, prevedendo una specifica azione di professionalizzazione a beneficio dell’organizzazione attraverso l’offerta di corsi di formazione incentrati sul trasferimento di specifiche competenze quali la capacità di creare progetti, la gestione di progetti, la creazione di reti, l’assistenza nella costruzione di una migliore organizzazione, lo sviluppo di una strategia di comunicazione efficace e l’abbattimento del divario di conoscenze tra Pubblica Amministrazione e associazioni di migranti. L’obiettivo generale è stato quello di valorizzare il lavoro della singola organizzazione migrante come mediatore tra la Francia e i paesi di origine, al fine di contribuire ad aumentare la consapevolezza e la visibilità dei migranti nella regione. Tra i risultati derivanti dall’attivazione di tali Buone Pratiche si identificano: A Budapest: Attivazione di cooperazioni tra il settore pubblico e privato (non esistente prima del Progetto LeCiM); Attività di networking che coinvolgono ONG rom e non rom; Coinvolgimento nell’attività di progettazione di iniziative future per l’inclusione sociale. A Catania: Istituzione di una Associazione di migranti, che coinvolge donne migranti, per la creazione di imprese (Associazione ASIFI); Dialogo tra comunità dei migranti e le autorità pubbliche e definizione di prospettive future di sviluppo; Collegamento per la futura collaborazione tra la Provincia di Catania e il Senato di Berlino in materia di migrazione. A Santander: Attivazione della rete tra Organizzazioni di migranti; Attivazione del dialogo tra le Organizzazioni di migranti per la definizione delle prospettive future di sviluppo.
Elementi di Innovatività Il principale elemento di innovazione nel Progetto LeCiM è rappresentato dal processo di trasferimento stesso della Buona Pratica. L’approccio alla base del trasferimento si fonda sugli assunti di seguito individuati: - la somiglianza tra 2 città (variabili di contesto, situazione demografica, economica, produttiva, sociale, culturale, etc.) non è un presupposto necessario per trasferire con successo le buone pratiche; - la buona pratica non può essere riprodotta fedelmente, ma deve adattarsi alle specificità del contesto nella quale si applica; - l’incontro tra il modello di buona pratica da adottare e le specifiche esigenze locali è di grande importanza per garantire il successo del processo di trasferimento; - la volontà delle istituzioni locali delle città di destinazione e dell’insieme di strutture formali e informali di adattarsi o di aprirsi per importare modelli di successo da altre località è la più importante condizione per favorire il successo del processo di trasferimento; - il processo di trasferimento può avere maggiori risultati o essere favorito anche grazie al coinvolgimento attivo delle istituzioni della città da cui ha origine la Buona Pratica da trasferire.
Elementi di Sostenibilità Coinvolgimento di autorità pubbliche, comunità di migranti, associazioni no-profit e diversi stakeholder locali sia pubblici che privati che continuano a cooperare anche dopo la chiusura del Progetto, grazie a partenariati e tavoli tecnici istituiti attraverso il Progetto LeCiM.
Scheda 10
126
127 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità È attualmente in corso il Progetto MiStra, un’ulteriore evoluzione del Progetto LeCiM, della stessa linea di finanziamento, che vede il trasferimento di altre buone pratiche in 4 differenti città target proprio sulla base dell’esperienza maturata. Il Progetto dunque è trasferibile e riproducibile in diversi contesti e per diversi target, coinvolgendo differenti buone pratiche, poiché ha sviluppato esperienze, raccomandazioni, metodologie e strumenti proprio sulla trasferibilità con tutte le declinazioni e variabili del caso.
SCHEDA 11 Titolo Progetto
Progetto abitare: STRANIERI E CASA
Ente Promotore - Rete di Partenariato CICSENE (Capofila) Rete di Partner: Fondazione Don Mario Operti – Confcooperative - Consorzio Kairos - Consorzio Copea – Synergica Stranaidea Membri della Rete: Comune di Torino, Provincia di Torino – ATC – UPPI – SICET – Ufficio Pastorale Migranti Diocesano ASS. Fratellanza Italia Marocco - ASS. PROMOZIONE SOCIALE E CULTURALE FRATIA - ASS. CULTURALE CRISTIANA MI PERU’ - ASS. ITALO ALBANESE VATRA FONDAZIONE XENAGOS
Destinatari dell’intervento Immigrati – Famiglie – Persone Disagiate - Operatori che operano nell’ambito dell’inserimento abitativo
Fonte finanziamento Progetto co-finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Interno Italiano, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, nel quadro del Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di paesi terzi – Annualità 2011
Ambito territoriale Provincia di Torino
Periodo di realizzazione 24/09/2012 - 30/06/2013
Sito web di riferimento /
Scheda 10
Scheda 11
128
129 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto abitare: STRANIERI E CASA è la prosecuzione di un percorso intrapreso nel 2011 con il Progetto FORM-AZIONE CASA, il cui obiettivo era quello di agevolare il percorso di inserimento, permanenza e integrazione abitativa sul territorio provinciale torinese dei soggetti di origine straniera, contribuendo a garantire loro migliori condizioni di accesso e migliore risposta nella relazione con i servizi. Nel corso del Progetto FORM-AZIONE CASA si sono organizzati dei workshop tematici in materia di integrazione abitativa, condotti con rappresentanti delle 4 comunità straniere più numerose sul territorio (romena, marocchina, albanese e peruviana), e un Tavolo di lavoro tematico a cui hanno preso parte l’Assessorato alle Politiche per la Casa del Comune di Torino, l’Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino (ATC), il Sindacato Inquilini Casa e Territorio (SICET) e l’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari (UPPI) per analizzare le difficoltà dell’utenza straniera nell’inserimento abitativo. Da questa riflessione è emersa la difficoltà degli stranieri ad orientarsi nella complicata normativa riguardante la casa e soprattutto nel trovare l’informazione giusta, dalla persona e nel momento giusto, per evitare di commettere errori o di essere mandati da un ufficio all’altro senza una risposta. Inoltre è stato organizzato un corso di formazione sui temi dell’abitare rivolto agli operatori del settore pubblico e privato (volontari, assistenti sociali, funzionari, operatori di associazioni) essendo essi i primi a dover guidare gli stranieri aiutandoli ad integrarsi nel nostro territorio, rispondendo alle loro domande in modo semplice e chiaro ed indirizzandoli a chi, sul territorio, li possa veramente aiutare. Avendo il corso riscosso un grande successo (i partecipanti sono stati 155) si è compreso che sussiste nel territorio un forte bisogno di informazione ed orientamento in materia abitativa. In questo quadro va ad inserirsi il “Progetto Abitare: STRANIERI E CASA” che, sulla base dell’analisi delle problematiche emerse nel Progetto “FORM-AZIONE CASA”, ha cercato di dare una risposta al problema dell’inserimento abitativo degli stranieri sul territorio provinciale torinese affrontando il tema della complessità in materia abitativa. I destinatari diretti del Progetto sono stati 300 uomini e/o donne, di età compresa tra i 19 e i 65 anni, in nuclei familiari con minori (anche monoparentali), cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia, che sono stati orientati e accompagnati nell’accesso all’alloggio. Essi sono stati orientati alle differenti opportunità di accesso all’abitare presenti sul territorio (affitto semplice e a riscatto, acquisto, forme di co-housing, etc.), sperimentando anche formule di accesso all’alloggio innovative nel tentativo di valorizzare il patrimonio invenduto delle cooperative edilizie. Obiettivo generale del Progetto è stato quello di favorire l’accesso all’alloggio per i cittadini stranieri, ponendoli al centro di un sistema di servizi di informazione, orientamento ed accompagnamento a livello locale. Obiettivi specifici sono stati: • Sperimentare servizi innovativi e individualizzati di mediazione sociale finalizzati all’orientamento e all’accompagnamento dei cittadini stranieri nella ricerca dell’alloggio e nello svolgimento delle pratiche amministrative e contrattuali; • Creare ed implementare il “SISTEMA ABITARE TORINO e area metropolitana” – una rete di stakeholder: enti locali, banche e associazioni – per la promozione dell’accesso all’alloggio; • Rafforzare le competenze degli operatori della rete e dei referenti per l’immigrazione sul territorio con particolare attenzione agli strumenti in materia di integrazione abitativa di qualità; • Agevolare l’integrazione, nell’attività ordinaria della città di Torino, delle pratiche innovative sperimentate con il Progetto. Il Progetto Abitare si è articolato nelle seguenti Fasi ed Azioni: FASE 1: CREAZIONE DEL SISTEMA ABITARE TORINO Azione 1. Costituzione del “SISTEMA ABITARE TORINO e area metropolitana” con lo scopo di mettere a sistema l’esistente, condividere valori, obiettivi di lavoro, principi, buone prassi, strumenti operativi e di sottoscrivere insieme un protocollo di intesa che formalizzi il lavorare per obiettivi condivisi. Azione 2. Realizzazione di un catalogo (software) di tutte le informazioni dell’accesso all’alloggio, consultabile dagli operatori. Azione 3. Produzione di un kit di accoglienza abitativa - brochure multilingue, fac-simile contratti, procedure di intervento, norme da rispettare, soggetti a cui rivolgersi - attraverso l’impiego di nuovi strumenti di comunicazione (video, web, social network). Azione 4. Attivazione di antenne sia all’interno del Sistema Abitare che all’esterno, tra le associazioni e le 13 comunità immigrate facenti capo all’Ufficio Pastorale Migranti Diocesano di Torino. Azione 5. Realizzazione di un percorso formativo certificato per 100 operatori di settore dentro e fuori la rete, i tutor abitativi, che informano, orientano e accompagnano all’accesso all’alloggio.
Scheda 11
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
FASE 2: AZIONI SPERIMENTALI DI ACCESSO ALL’ALLOGGIO Azione 6. Accoglienza del beneficiario e identificazione del progetto abitativo. Azione 7. Accompagnamento al percorso abitativo che si concretizza, in alcuni casi, in progetti di abitare temporaneo; accompagnamento verso le cooperative edilizie che locano a canoni convenzionati; accompagnamento all’acquisto o alla locazione dell’abitazione sul mercato privato. Azione 8. Individuazione di soggetti interessati ad accedere al patrimonio invenduto delle cooperative edilizie secondo formule differenti (affitto a riscatto) e valutazione del bisogno in relazione alle loro caratteristiche socio-economiche. Azione 9. Definizione di strumenti finanziari nuovi e più adatti attraverso la ricerca di forme giuridiche per facilitare l’accesso all’alloggio. Obiettivo del Progetto era che i 300 destinatari che avessero beneficiato dei servizi innovativi di informazione, orientamento ed accompagnamento, fossero in grado di muoversi in modo autonomo tra i servizi pubblici e privati per individuare possibilità di accesso all’alloggio a seconda delle proprie necessità e possibilità. Tutti i beneficiari hanno potuto trasversalmente usufruire singolarmente o in gruppo dei seguenti servizi: azioni di accompagnamento tecnico per visionare alloggio, stipulare il contratto, realizzare l’inserimento abitativo, azioni di accompagnamento al mantenimento della stabilità abitativa (percorsi di sostegno sociale ed educativo/tutor abitativo), azioni di accompagnamento/traduzione in lingua del rogito notarile, azioni di accompagnamento/traduzione in lingua di pratiche per la richiesta di un mutuo, azioni di orientamento agli strumenti di agevolazione per l’acquisto della prima casa, supporto nell’espletamento di pratiche burocratiche relative alla voltura delle utenze, ai tributi relativi all’abitazione e normativa condominiale, mediazione e gestione dei conflitti nel complesso abitativo (vicinato, proprietari, spazi comuni). I partners hanno costituito la rete “Sistema Abitare Torino e area metropolitana” insieme agli stakeholder e siglato un protocollo di intesa, uniformando le modalità di lavoro nell’erogare informazione, orientamento e accompagnamento all’accesso all’alloggio. La rete ha definito un marchio di qualità per i processi di accompagnamento all’accesso all’alloggio di qualità, riconosciuto dal Comune di Torino, e ha realizzato un catalogo consultabile dai tutor abitativi e dalle antenne, contenente tutte le informazioni legate all’accesso all’alloggio, aumentando la capacità di garantire risposte individualizzate e puntuali alle esigenze di ciascuno dei destinatari.
Descrizione della Buona Pratica realizzata L’iniziativa progettuale presentata si identifica quale Buona Pratica secondo diversi aspetti quali: Modalità di gestione, Metodologia operativa, Attività promosse, Output previsti e Rete partenariale attivata. L’iniziativa ha consolidato e valorizzato la collaborazione tra attori profit e no-profit, tra settore pubblico e privato, a contatto con le fasce deboli del territorio torinese nell’ambito dell’inserimento abitativo. Punto di partenza è stata la presa di coscienza e l’analisi delle difficoltà degli stranieri ad orientarsi nella complicata normativa riguardante la casa e soprattutto nell’ottenere l’informazione giusta, dalla persona e nel momento giusto, per evitare di commettere errori o di essere mandati da un ufficio all’altro senza una risposta. A partire da tale analisi sono state elaborate alcune linee di intervento utili. Si è proceduto all’avvio, tra il 2011 e il 2012, di un corso di formazione nell’ambito del Progetto “FORM-AZIONE CASA” finanziato dalla Provincia di Torino, avente come destinatari gli operatori del settore pubblico e privato (volontari, assistenti sociali, funzionari, operatori di associazioni). Il corso ha inteso uniformare l’informazione abitativa esistente sul territorio al fine di trasmetterle in modo chiaro e inequivocabile all’utenza straniera cercando di semplificare il percorso di accesso all’alloggio. Funzionale a questo è stata la creazione di un manuale per operatori e di 6 versioni linguistiche di una sintetica brochure per stranieri. Nel manuale i temi sono stati trattati in modo sintetico e chiaro per evitare di creare confusione interpretativa. Inoltre, si sono identificati per ogni argomento oggetto di approfondimento (affitto, acquisto, sfratto, etc.) i soggetti più efficaci del territorio a cui rivolgersi, segnalandone i contatti. L’iniziativa ha dato buoni risultati e il corso ha registrato un’elevata affluenza. E pertanto il percorso intrapreso è proseguito e si è ampliato coinvolgendo nuovi attori del territorio e andando a costituire così una rete multi-stakeholder di soggetti attivi in materia abitativa: l’idea sistematizzare, integrare, capitalizzare e porre in forma di dialogo e collaborazione strutturata i diversi soggetti locali attivi in materia di housing, attraverso la creazione del “Sistema Abitare Torino e Area Metropolitana” dotato di un Coordinamento e di un Protocollo. Strumento innovativo, correlato
Scheda 11
130
131 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
al Sistema, è un software accessibile dal web attraverso il quale gli operatori e i singoli soggetti, inserendo i propri dati e la tipologia di soluzione abitativa ricercata, possono conoscere quali sono i progetti/opportunità attivi sul territorio ai quali si possono rivolgere. Protocollo e Sistema abitare si collocano nell’ambito del “Progetto abitare: STRANIERI E CASA” co-finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Interno italiano, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, nel quadro del Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di paesi terzi 2011. Il protocollo è nato con l’intento di: dare agli enti sottoscrittori dello stesso un marchio in grado di certificare la qualità del proprio agire; diffondere degli strumenti formativi, informativi ed operativi validati; accrescere le competenze e le conoscenze dei sottoscrittori in materia di abitare; costituire una rete di soggetti attivi sul tema abitare. Riassumendo, la Buona Pratica che si è creata e consolidata nel tempo è caratterizzata da: - una formazione permanente e continua sul tema della casa e sulle opportunità offerte sul territorio piemontese; - un servizio di accoglienza e di accompagnamento per gli stranieri alla ricerca di un alloggio; - la creazione del Sistema Abitare inteso come rete di enti diversi tra loro (Enti locali, Fondazioni, Associazioni, Cooperative, Soggetti privati profit e no-profit, Agenzie immobiliari) attivi nell’inserimento abitativo delle fasce deboli; - la creazione di un Protocollo d’intesa volto a: • garantire un approccio informativo ed operativo uniforme e condiviso tra i soggetti sottoscrittori ed attivi sul territorio; • garantire trasparenza di operato dei soggetti sottoscrittori; • certificare la qualità dell’agire dei soggetti sottoscrittori del Protocollo, offrendo loro un marchio di qualità riconosciuto all’esterno; • offrire uno strumento che tuteli la sicurezza urbana dei soggetti che si rivolgono agli enti aderenti. Di seguito si specificano i risultati raggiunti dal Progetto: - 137 persone hanno partecipato alla seconda edizione del corso di formazione per operatori; - 300 persone hanno usufruito dei servizi di accoglienza e accompagnamento all’abitare, nonché del materiali informativo (kit di accoglienza); - 300 copie del manuali per operatori e 1500 copie del kit di accoglienza sono stati distribuiti; - 100 persone di origine straniera hanno partecipato al percorso di sensibilizzazione e orientamento al corretto abitare; - Messa a punto del Sistema Abitare, dotatosi un organo di Coordinamento; - Messa a punto e sottoscrizione del Protocollo d’intesa; - Creazione del software del Sistema Abitare con possibilità di accesso sia ai singoli individui sia agli operatori; - Accompagnamento alla sperimentazione di nuove modalità di accesso all’alloggio tramite la valorizzazione del patrimonio invenduto delle cooperative.
Elementi di Innovatività La connessione tra soggetti pubblici e privati, profit e no-profit, secondo un approccio dialogico, paritetico e complementare, costituisce un’innovazione nella risoluzione della problematica abitativa. A dare un valore aggiunto a tale iniziativa è stata la creazione di un Protocollo d’intesa - finora inesistente sul territorio piemontese, tra i vari soggetti coinvolti e tra chi sceglierà liberamente di aderire – strumento che permette di dare una certificazione sintetizzata dal logo del Sistema Abitare, ben riconoscibile all’esterno e in grado di garantire all’utenza di individuare facilmente i soggetti di “qualità” impegnati nell’inserimento abitativo. Inoltre, l’attività progettuale sopra descritta ha consolidato un percorso formativo aggiornato, che diffonde le informazioni di base sul tema abitativo e offre indicazioni precise ai dubbi degli operatori a cui si rivolge l’utenza straniera. Il suddetto percorso ha inoltre valorizzato e rafforzato le risorse attive nelle diverse comunità di stranieri nell’ottica di diffondere gli strumenti messi a disposizione dal Sistema Abitare. Questo ha portato al coinvolgimento di un maggior numero di stranieri, favorendo una più fluida e capillare comunicazione, nonché una migliore comprensione da parte dell’utenza della complessa informativa sul tema casa. Innovativi anche i corsi di sensibilizzazione al corretto abitare rivolti a un gruppo di 100 stranieri residenti nel territorio torinese sperimentati nel Progetto e volti a dare un quadro delle buone pratiche da adottare nella convivenza e nella manutenzione di un alloggio. Nello specifico i temi trattati sono stati: la gestione del
Scheda 11
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
budget familiare; la cura e l’igiene domestica; il risparmio energetico e l’autoproduzione; la raccolta riciclata e l’ecosostenibilità; le regole condominiali; la gestione dei conflitti con la proprietà e con il vicinato; gli adempimenti e le regole contrattuali; i diritti e i doveri degli inquilini. L’iniziativa ha inteso fornire informazioni di base sugli argomenti primari causa di conflittualità nei quartieri spesso per disinformazione.
Elementi di Sostenibilità La sostenibilità futura del Progetto è garantita a diversi livelli. La costituzione del SISTEMA ABITARE TORINO e Area Metropolitana, che capitalizza le risorse dei partecipanti alla rete, ha l’obiettivo di avviare un processo di auto-sostenibilità. La condivisione e la sottoscrizione congiunta di un protocollo di intesa tra i partner del Progetto ed i membri della rete, insieme all’identificazione di un marchio di processo che garantisce la qualità delle modalità operative, dimostrano l’impegno condiviso nella prosecuzione delle prassi avviate con il “Progetto abitare: STRANIERI E CASA”. Sul piano metodologico il Progetto si inserisce all’interno di un percorso di collaborazione che la Città di Torino, la partnership e la rete di Progetto hanno avviato nel corso degli ultimi anni e che si impegnano a proseguire nel tempo: il coinvolgimento stesso della Città di Torino, in veste di partner, e della Provincia di Torino nella rete, quale ente di coordinamento di prossimità, rappresentano chiaramente la volontà politica di istituzionalizzare e perpetuare il sistema creato. Ciascun soggetto partner o membro della rete si è impegnato a fare propri e sistematizzare i contenuti condivisi, ad implementarli nella propria operatività futura e a trasmetterli ai propri operatori entro le specifiche strutture di riferimento. La formazione ha consentito di ampliare la rete di operatori qualificati sul territorio ed insieme alle antenne (si tratta delle risorse delle diverse comunità straniere presenti nel territorio torinese di cui si è accennato sopra) si sono moltiplicati e diffusi i contenuti condivisi in modo capillare, rivolgendosi a numeri sempre più elevati di destinatari. Il catalogo-software costituito, relativo all’offerta dell’accesso all’alloggio, è uno strumento in continuo aggiornamento e a disposizione di tutti gli operatori del settore. L’adesione alle iniziative, a partire dal 2009, intraprese in questo settore da parte di un numero significativo di soggetti del territorio provinciale torinese operanti in materia di integrazione abitativa, testimonia l’interesse per le azioni proposte e soprattutto rafforza la dinamica partecipativa dei progetti sopra menzionati, dando garanzia della loro sostenibilità sul medio e lungo termine. Il coinvolgimento delle associazioni e delle comunità di migranti facenti capo all’Ufficio Pastorale Migranti Diocesano rappresenta inoltre una leva di mobilitazione e di approvazione di un’ampia parte di nuovi cittadini. La loro partecipazione diretta costituisce un elemento di sostenibilità sociale poiché instaurerà nuovi processi di dialogo e collaborazione tra tutte le comunità straniere del territorio.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità La pratica presentata - nello scenario attuale di crisi che genera l’emergere di nuove povertà a cui il Welfare non riesce a fornire una risposta a causa delle ridotte risorse economiche a disposizione - può essere un percorso replicabile per tentare di fronteggiare in modo sistemico i problemi connessi all’accesso all’alloggio per le fasce deboli. In altri contesti, sia provinciali sia regionali, la creazione di un’analoga rete di soggetti attivi in materia abitativa potrebbe essere replicabile e permetterebbe di fronteggiare alcune necessità legate alla carenza di risorse economiche. “L’alleanza” contro la crisi abitativa porta alla creazione di un protocollo d’intesa che prevede una serie di regole adattate al contesto in cui va ad incidere l’attività lavorativa dei soggetti che lo sottoscriveranno. Sarà praticabile, inoltre, la creazione di un software analogo a quello del Sistema abitare anche in altri territori, in seguito ad una mappatura delle soluzioni abitative presenti sul territorio d’interesse. Inoltre, saranno riproducibili dei corsi di formazione per operatori che vanno a interfacciarsi con l’utenza straniera in qualsiasi territorio producendo - in seguito allo studio delle normative vigenti nell’area progettuale in tema di casa e all’individuazione dei servizi abitativi offerti – materiali informativi (manuale per operatori e kit di accoglienza).
Scheda 11
132
133 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 12 Titolo Progetto
Impresa Etica
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. costituita da: Associazione Santa Chiara (in qualità di Soggetto Capofila) CESIE Centro Studi ed Iniziative Europeo Associazione Libera Palermo Associazioni, nomi e numeri contro le mafie Centro Internazionale delle Culture Ubuntu
Destinatari dell’intervento Immigrati
Fonte finanziamento REGIONE SICILIANA - ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO - DIPARTIMENTO REGIONALE DELLA FAMIGLIA E DELLE POLITICHE SOCIALI
Ambito territoriale Provincia di Palermo
Periodo di realizzazione 07/06/2012 - 07/06/2014
Sito web di riferimento www.progettoimpresaetica.it
Scheda 12
134
135 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto L’immigrazione è un fenomeno storico, politico, economico e sociale che investe tutti ed è pertanto necessario riuscire a promuovere relazioni capaci di produrre integrazione nel rispetto delle persone e della legge. Educare alla legalità significa diffondere quei valori della democrazia che tengano in considerazione l’integrazione multiculturale, l’inclusione sociale e l’uguaglianza dei diritti come fondanti il senso e il significato della legalità stessa. I giovani migranti devono comprendere che democrazia e legalità “convengono” (questa deve essere la motivazione più forte) e che solo a partire da ciò sono possibili vere opportunità di sviluppo e di giustizia. In tale processo di presa di consapevolezza, il lavoro è il miglior veicolo possibile per l’inclusione sociale e per allontanare i migranti dall’interesse della malavita. È a partire da tale analisi che la rete del Progetto “lmpresa Etica” si è attivata per individuare le competenze acquisite, i bisogni emergenti a livello formativo e professionale dei migranti che vivono a Palermo e costruire un percorso di orientamento attento che possa canalizzare al meglio le esigenze e capacità dei migranti. I destinatari diretti del Progetto sono 19 migranti (uomini e donne), disoccupati e inoccupati/e, senza limiti di partecipazione determinati dal livello d’istruzione conseguito (laurea/diploma/assenza di un particolare titolo di studio). Destinataria indiretta delle azioni progettuali proposte è stata l’intera collettività. Gli obiettivi che il Progetto intende raggiungere sono: - Creazione di profili non facilmente reperibili nei corsi professionali comuni e quindi indirizzati a specifici segmenti del mercato del lavoro bisognosi di tecnici ad alta specializzazione che non richiedano una cultura universitaria; - Sviluppo di comportamenti di responsabilità, di autonomia, di iniziativa personale; - Motivazione al lavoro attraverso la presa di coscienza dell’importanza dei contenuti formativi acquisiti in un’esperienza di lavoro; - Atteggiamento positivo verso l’assunzione di iniziative, l’elaborazione di progetti professionali personalizzati e la concreta verifica durante la Work Experience; - Capacità di valutare le opportunità economiche, sociali e professionali; - Presa di contatto con le problematiche delle realtà operative della lotta alla criminalità organizzata. Altri obiettivi del Progetto sono: favorire l’accesso all’attività economica e sociale, sia in termini di lavoro dipendente che di lavoro autonomo e creazione di impresa; prevenire la disoccupazione di lunga durata e il lavoro precario e sommerso; accompagnare i beneficiari dell’iniziativa nell’elaborazione e nella realizzazione del loro progetto professionale, sostenendoli e aiutandoli all’inserimento nel mercato del lavoro e nel sistema socio-economico; incentivare e sostenere l’inserimento occupazionale e/o uno spirito imprenditoriale. Per il positivo raggiungimento di tali obiettivi il Progetto propone la realizzazione delle seguenti fasi: Fase 1 - Attività di ricerca, analisi del territorio, delle esigenze formative. Fase 2 - Orientamento, attività di alfabetizzazione e Formazione educativo-professionalizzante. Fase 3 - Work Experience. Fase 4 - Azioni di inserimento lavorativo e di sostegno per la creazione di lavoro autonomo e/o dipendente. Il Progetto è stato sostenuto da teorie costruttiviste e si connota per l’attenzione ai contesti di apprendimento e alla definizione di azioni di scaffolding corredate da molteplici dispositivi (tecnologici, interpersonali, motivazionali, maieutici). Si intendono fornire strumenti cognitivi e operativi capaci di agire nelle “zone di sviluppo prossimale” del soggetto in apprendimento. La conoscenza è intesa come prodotto di costruzione sociale e quindi situata e ancorata al contesto e derivante da collaborazione. Questo impianto metodologico strutturalmente e pedagogicamente innovativo si ritiene idoneo ad avviare la modifica di stereotipie relative alla staticità del setting didattico. I risultati attesi che il Progetto si propone di realizzare sono stati: • Partecipazione alla fase di formazione di 19 migranti, • Miglioramento delle competenze linguistiche, • Miglioramento delle competenze professionali, • Raggiungimento della qualifica professionale da parte di ciascun partecipante, • Maggiore conoscenza da parte dei migranti del contesto sociale in cui vivono, • Migliore possibilità di inserimento lavorativo. Altri risultati attesi sono: la creazione di specifiche professionalità da immettere nel mercato del lavoro; la creazione di nuove opportunità di lavoro attraverso il miglioramento del sistema di incontro tra domanda e offerta; la creazione di nuove imprese e attività di lavoro autonomo.
Scheda 12
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Descrizione della Buona Pratica realizzata I punti prioritari su cui ruota la Buona Prassi adottata si basano, oltre che sulla metodologia già descritta, sulla Valorizzazione della Responsabilità sociale delle imprese, sul fatto che si consente al target di destinatari di beneficiare del sostegno di diversi attori locali, sul riconoscimento del diritto-dovere alla formazione e al lavoro sia di uomini che di donne laureate, diplomate e prive di un particolare titolo di studio, disoccupati e inoccupati/e che vivono sul nostro territorio. L’obiettivo è quello di fare acquisire loro: • abilità nella ricerca del lavoro; • nuovi atteggiamenti sociali; • capacità di orientamento personale e lavorativo; • acquisizione di competenze professionali e trasversali; • acquisizione di competenze auto-imprenditoriali rispettose dell’ambiente quale risorsa da tutelare e da valorizzare al fine di essere competitivi nel mercato del lavoro; Promuovendo inoltre: • il rafforzamento della governance in materia di pari opportunità per garantire un presidio istituzionale che consenta un monitoraggio costante delle criticità e dei punti di forza della strategia basata sulla trasversalità; • il potenziamento della dotazione di infrastrutture e servizi di conciliazione per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Elementi di Innovatività Nel presente Progetto si registra un grado di innovazione sia nei sistemi e nelle procedure all’interno dell’attività lavorativa dei soggetti ospitanti, sia a livello metodologico di trasferimento delle conoscenze-competenze al target di riferimento. Rispetto ai destinatari si è ricorso a percorsi personalizzati di orientamento e reinserimento nel mercato del lavoro di figure specializzate che contribuiscono alla crescita sociale e allo sviluppo e promozione delle valenze dell’intera area territoriale. La parte formativa non ha utilizzato solo lezioni frontali, ma ha organizzato le lezioni ricorrendo a metodologie partecipative. A dispense e libri, che rappresentano materiali didattici tradizionali, vengono ad affiancarsi documenti elettronici, ipertesti, filmati e presentazioni al fine di fornire al discente una varietà di supporti didattici di riferimento. La learning organization è basata sulla responsabilizzazione individuale, sulla capacità attiva di ciascun individuo di problem solving, sulla partecipazione, sulla realizzazione di un’organizzazione “a misura d’uomo” per promuovere il “fattore umano”, dando a ciascuno ampie possibilità di realizzare il proprio potenziale. Il processo di empowerment avviato ha messo in causa le competenze attive della persona che la rendono in grado di esercitare un ‘realistico’ controllo sugli eventi e sulle situazioni in cui è coinvolta, di far fronte ai cambiamenti che vi intercorrono e di produrre essa stessa delle condizioni di cambiamento.
Elementi di Sostenibilità L’intervento individua lo stretto rapporto tra cultura della legalità, partecipazione dal basso, formazione e misure di accompagnamento, capaci di aiutare i partecipanti a diventare impresari innanzitutto di sé, per costruire il senso dell’impresa e della qualità come motore di un maggiore guadagno e di soddisfazione interiore che non permetta di demordere al primo scoglio incontrato e induca a perseguire una via praticabile, capace di dare dignità al sé, agli altri e al lavoro e di raggiungere obiettivi economici e sociali chiari e condivisi. Gli elementi che rendono l’azione sostenibile, riproducibile ed eventualmente estendibile, sono la metodologia partecipativa, la formazione e le Best Practice delle cooperative di Libera Terra nella gestione dei beni confiscati e delle aziende in essi avviate. Questi fattori permettono ai partecipanti di utilizzare le capacità di autogestione e di iniziativa apprese e di farsi carico di nuove proposte.
Scheda 12
136
137 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’approccio metodologico adottato e l’alternanza tra azione formativa educativo/professionalizzante ed esperienza pratica in azienda attraverso l’esperienza di Work Experience permette ai soggetti di cogliere appieno i benefici di tale esperienza e di misurarsi efficacemente in un reale contesto di vita e di lavoro, in una dimensione interculturale. Tale approccio è riproducibile e trasferibile, con le dovute variazioni, in diversificati contesti e a beneficio di differenziati target per promuovere lo spirito di iniziativa, l’atteggiamento positivo verso le esperienze e il protagonismo di ciascun destinatario.
SCHEDA 13 Titolo Progetto
CLARITY - Clear Language Actions Responding with Information for migranTs in employment
Ente Promotore - Rete di Partenariato Consorzio internazionale con partner associati e membri del Forum Clarity a livello locale: Point Europa www.pointeuropa.org (UK) Applicant Piste Solidaire www.pistes-solidaires.fr (FR) TREBAG Property and Project Management Ltd. www.trebag.hu (HU) CESIE Centro Studi ed Iniziative Europeo www. cesie.org (IT) Volkshilfe Steiermark (AT) SEC Soros Educational Center Foundation www. sec.ro (RO) Ariadne HESS www.ariadne.ch (CH) Partner silente Centro Astalli, Palermo (IT) Partner associato
Destinatari dell’intervento Immigrati
Fonte finanziamento EACEA, Agenzia Nazionale LLP (UK), Leonardo da Vinci, Trasferimento dell’Innovazione (TOI)
Ambito territoriale Comune di Palermo - Europeo
Periodo di realizzazione 01/10/2009 - 30/09/2011
Sito web di riferimento www.clarity-project.org/Italy/main.html
Scheda 12
Scheda 13
138
139 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Ogni anno in Italia, su strade e autostrade italiane, i cittadini stranieri coinvolti in sinistri mortali, o comunque gravi, sono circa il 20% del totale, con picchi che toccano il 25%. Visto che nel nostro paese gli immigrati regolari e non raggiungono una percentuale del 10% circa, gli stranieri coinvolti nell’incidentalità sono in proporzione almeno il doppio rispetto alla popolazione italiana. Il conseguimento della patente di guida è sicuramente uno dei fattori che, oltre a consentire un’autonomia sugli spostamenti, aumenta la possibilità di ottenimento del posto di lavoro, in particolare per i migranti, ai quali, dovendo svolgere spesso la mansione di badanti e di accompagnatori di anziani, viene richiesto appunto il possesso di tale requisito. La legislazione vigente consente, solo in casi particolari, la conversione della patente conseguita nei paesi di origine in un documento valido in Italia. Inoltre, nel nostro Paese non esistono realtà istituzionali che si occupano di supportare il migrante in tali percorsi. È il mondo dell’associazionismo che si prende il carico di tali necessità, cercando in primo luogo di colmare lacune a livello linguistico. Rimane così un approccio all’insegnamento non attento alle peculiarità culturali e linguistiche dell’utente che si traduce nelle difficoltà di apprendimento sopracitate. Inoltre, quando manca una comprensione comune di base possono emergere anche rischi e pericoli. Avere una consapevolezza interculturale è pressoché un obbligo per poter assicurare la comunicazione efficace tra lo staff, ma anche tra la dirigenza e il personale. Se vengono stabilite delle direttive chiare sulla comunicazione interculturale, le aziende avranno meno problemi e vedranno invece un incremento della produttività. La conoscenza interculturale è un mezzo per stabilire delle relazioni migliori e per promuovere delle prospettive di lavoro più sane, attraverso la riduzione delle possibilità di malintesi che possono sorgere quando vi sono delle differenze interculturali. Gli obiettivi generali che il Progetto CLARITY si è proposto di realizzare sono stati: 1. Comprendere le esigenze formative dei datori di lavoro dei migranti e il livello di non conformità per mancanza di competenze linguistiche. 2. Reclutare, valutare e formare i migranti adatti a diventare formatori di propria lingua nei settori chiave. Valutare questa formazione e la produzione di un dettagliato Manuale di Train Trainers (CLARITY A). 3. Tradurre e fornire i piani di studio di formazione di base individuati dai datori di lavoro e la legge sulla sicurezza nei posti di lavoro. Valutare questo lavoro pilota e pubblicare i risultati (CLARITY B). Di seguito si riportano gli Obiettivi Specifici proposti: OS1. (Acquisizione di supporto/utilizzo di conoscenze, competenze per lo sviluppo personale). CLARITY A ha avuto l’obiettivo di consentire direttamente ai migranti di diventare formatori, quindi migliorare la loro occupabilità e lo sviluppo personale, attraverso il rafforzamento dell’autostima e il riconoscimento delle competenze acquisite previamente. CLARITY B ha fornito una nuova possibilità di formazione per gli immigrati senza/con ridotte abilità linguistiche del paese ospitante. Questo è un fattore chiave per attrarre un gran numero di nuovi discenti che, a causa della barriera linguistica, hanno difficoltà nell’approccio alla formazione. L’innovazione risiede nella metodologia, non tanto sul contenuto della formazione (nel caso specifico la sicurezza stradale), per generare un trasferimento di quanto sperimentato nell’ambito del Progetto a un campo più ampio e un settore e/o target diverso. OS2. (Sostenere il miglioramento della qualità/innovazione nella formazione professionale). CLARITY ha individuato la necessità significativa nel richiedere una soluzione formativa innovativa. La formazione sui posti di lavoro, obbligatoria o volontaria, come strutturata attualmente, non raggiunge un gran numero di lavoratori. Il Progetto si è basato quindi su una prassi di trasferimento di competenze interamente testato per (i) reclutare migranti, (ii) promuovere e (iii) promuovere formazione a un gruppo target che solitamente viene raggiunto con consistenti difficoltà. OS3. (Migliorare la qualità e la cooperazione in Europa). I contenuti formativi specifici variano da Paese a Paese (es. Francia: igiene e sicurezza del cibo), ma il bisogno d’apprendimento complessivo è comune per gli istituti di formazione, imprese e agenzie di supporto che impiegano personale di origine immigrata. Il Progetto si declina in tutte le lingue dei migranti che partecipano alla formazione, consentendo una struttura pan-europea. OS4. (Agevolare le pratiche innovative/trasferimento in formazione professionale, anche dei paesi partecipanti verso altri). Il modello CLARITY è trasferibile, ove si riscontra un bisogno di formazione, su settori professionali altri. Si tratta di un corso pratico, libero e validato in modo da offrire eccellenti credenziali per lo valorizzazione e la replica.
Scheda 13
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
OS5. (L’aumento dei livelli di competenza dei gruppi a rischio). CLARITY si è focalizzato sull’accrescimento di competenze reali e spendibili sia per i migranti, che per datori di lavoro e formatori. CLARITY non è assolutamente un invito a smettere di insegnare e apprendere l’italiano che resta fondamentale per ragioni di integrazione, sviluppo professionale e di accesso ad opportunità di lavoro efficienti. Il Progetto ha previsto lo sviluppo delle attività di seguito indicate: - Formazione rivolta ad un numero ridotto di immigrati (n.3) che hanno svolto il ruolo di moltiplicatori delle conoscenze acquisite – CLARITY A. La formazione si è basata su due aspetti tematici: la Sicurezza stradale (15 sessioni) e le Metodologie didattiche (20 sessioni) che hanno tenuto conto delle peculiarità culturali oltre che del loro background di appartenenza. La durata complessiva del corso è stata di 35 moduli (tra 60/120 minuti ognuno). - Esame del livello di applicabilità e traduzione (verso le lingue dei migranti) dei corsi di formazione esistenti - Identificazione delle modalità attraverso cui fornire la formazione di base in lingua madre, in più lingue e su luoghi di lavoro di settori altri. - I “neo-formatori” immigrati hanno pianificato con il supporto del formatore un corso di formazione di due pomeriggi per trasferire a 50 persone di lingua francofona il materiale didattico tradotto. PEER to PEER – CLARITY B Le attività sono state svolte in un contesto laboratoriale, attraverso l’apprendimento collaborativo, centrato sull’imparare facendo unito alla valorizzazione dei codici linguistici e di comunicazione specifici degli automobilisti, al fine di insegnare ai neo-formatori le tecniche principali per il trasferimento delle nuove conoscenze tecniche acquisite, quali Brainstorming, Giochi di Ruolo, Simulazioni, Casi di studio, Strategie di problem-solving e metodi narrativi. Lo svolgimento dei moduli è stato finalizzato ad un doppio livello di formazione. Un primo livello diretto al piccolo gruppo, in quanto composto da soggetti che dovevano apprendere conoscenze personali da trasformare in abilità, ed un secondo, in quanto soggetti che dovevano apprendere le modalità attraverso le quali trasferire queste conoscenze e divenire veicolo di sensibilizzazione di adeguati comportamenti sulla strada. Il punto di partenza è stato rappresentato dall’integrazione tra Tecnica, in quanto strumento operativo, e Cultura, intesa sia come veicolo di valori, vissuti, esperienze, linguaggi e codici di comunicazione (la cui conoscenza ha diretto la scelta delle metodologie e tecniche da utilizzare sia per i processi di apprendimento riferiti al primo livello che al secondo), che come veicolo di differenze tra Stati, a volte anche portatrici di rischi per la sicurezza stradale. I risultati ottenuti sono stati: CLARITY A - 3 migranti formati come formatori che potranno sfruttare opportunità lavorative future direttamente riconducibili alle ipotesi di seguito descritte: 1. Proporre alle autoscuole private l’utilizzo di tali formatori prospettando loro la possibilità di interessare un segmento di mercato più ampio. È infatti probabile che un immigrato si rivolga più facilmente ad un autoscuola attenta alle sue difficoltà, piuttosto che ad una dove incontra difficoltà di comunicazione. 2. Proporre agli uffici della motorizzazione la presenza di queste figure innovative (mediatore stradale) a supporto dei migranti, anche attraverso l’utilizzo di finanziamenti regionali. 3. Sostenere i migranti in percorsi di creazione di impresa, con o senza l’accesso a finaziamenti pubblici. La creazione di reti con Centri per l’impiego, Sportello unico per l’immigrazione, Centri di accoglienza per immigrati, Autoscuole, Uffici della motorizzazione e del Comune, Centri di formazione professionale rappresenta un requisito essenziale per raggiungere gli obiettivi del Progetto. CLARITY B - Risultato dell’azione formativa realizzata è stato l’avere effettivamente formato n.50 immigrati nello specifico ambito di intervento, contribuendo quindi all’acquisizione di specifiche competenze da un lato, al miglioramento delle loro abilità linguistiche dall’altro. Risultato indiretto è stato quindi anche il miglioramento dell’inserimento sociale dei destinatari privilegiati del Progetto CLARITY.
Descrizione della Buona Pratica realizzata La Buona Pratica che è possibile individuare nel Progetto CLARITY si ricollega alla specifica logica promossa nei Progetti Transfer of Innovation promossi nell’ambito del Programma LLP. In questo specifico caso, si intende agevolare le pratiche innovative e promuovere il trasferimento in formazione professionale. CLARITY è trasferibile, ove si riscontra un bisogno di formazione, su settori professionali altri. È un corso pratico, libero e
Scheda 13
140
141 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
validato, che può offrire eccellenti credenziali per lo valorizzazione e la replica. Il Progetto CLARITY ha trasferito i risultati di un precedente Progetto multilaterale Leonardo da Vinci, chiamato “MUTUAL”. Il Progetto precedente aveva creato ed applicato una metodologia per aiutare i migranti nei servizi per l’educazione e la cura della prima infanzia (Servizi ECEC). Con la valutazione dell’apprendimento pregresso, l’analisi delle lacune formative, la consapevolezza delle differenze culturali e la formazione approfondita dei servizi ECEC, CLARITY si concentra oggi sulla metodologia e non sul contenuto della formazione, per effettuare, quindi, un trasferimento della struttura formativa di successo ad un campo professionale molto più esteso. Il Progetto ha anche usato il materiale, l’esperienza e le idee del Progetto CONVEX, applicato nel Regno Unito. Questo è stato un Progetto coordinato dal partner inglese volto a coinvolgere lavoratori migranti in percorsi formativi nel loro nuovo paese, attraverso la sensibilizzazione e l’insegnamento della lingua inglese. Obiettivo di quest’ultimo era di dare delle lezioni in lingua ai migranti provenienti dall’Est Europa, ma anche per molte altre nazionalità. Lo staff del Progetto è stato formato per dare informazioni, orientamento e consigli ed ha usato CONVEX per offrire un supporto generale per la formazione e i contatti. Nel corso della sua durata, CONVEX è riuscito a svolgere un servizio di consulenza e supporto linguistico per oltre 400 lavoratori migranti. Le parti più rilevanti del Progetto, soprattutto il suo approccio mirato al coinvolgimento dei migranti, sono stati usati come risorse per arricchire CLARITY. Il Progetto ha prodotti i seguenti output: • Il Manuale CLARITY*, una guida completa per creare un corso di formazione CLARITY (totale di 84 pagine). • Il Materiale formativo, Promozione della Salute e tecniche di prevenzione INCIDENTI STRADALI per adulti stranieri FRANCOFONI residenti in Italia ideato, creato e redatto dai partecipanti CLARITY. • Il Manuale CLARITY. • Il CLARITY CD, comprensivo di tutti il materiale prodotto (presentazioni, rapporto analisi dei bisogni Italia e comparativo transnazionale tra i Paesi partner, strumenti/schede di valutazione, metodologia, materiale divulgativo, visibilità, immagini del corso). *Il Progetto e la relativa pubblicazione è stata finanziata dalla Commissione Europea - DG Educazione e Cultura, Programma settoriale Leonardo da Vinci. Copyright - Il partenariato offre gratuitamente questo materiale, senza alcuna restrizione sul copyright, nella speranza che possa essere utile per i migranti e per tutti coloro che cercano di aiutarli. Qualora il materiale fosse usato, chiediamo cortesemente che il presente lavoro sia citato dagli utenti e che venga inviata una notifica, e idealmente degli esempi dei nuovi usi, all’indirizzo luisa.ardizzone@cesie.org.
Elementi di Innovatività Il principale elemento di innovazione è il Riconoscimento dell’apprendimento pregresso (Identification of Prior Learning - IPL). CLARITY ha usato le conoscenze che i migranti avevano già acquisito e che portavano con sé nel nuovo paese. La premessa di base è stata che coloro che migrano, o si trasferiscono da paesi con diverso assetto culturale, portano con sé una ricchezza di esperienze maturate durante le loro precedenti opportunità di apprendimento, formale e non formale. CLARITY ha cercato di individuare e riconoscere, progettando, verificando e valutando l’apprendimento pregresso usando un approccio sistematico e quantificabile. Considerato che i sistemi ECVET e l’adeguamento dei sistemi nazionali di riconoscimento delle qualifiche rispetto al sistema europeo sono ancora in fase pionieristica e i livelli sono molto diversi tra loro nei vari stati membri, si è evitato di considerare questo come un sistema per l’accreditamento degli esiti dell’apprendimento. Tutta l’Europa è caratterizzata infatti da una situazione particolare, dovuta al fatto di non aver ancora stabilito un sistema univoco di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (VET). Quello che si è cercato di conseguire dunque è stato un riconoscimento dell’apprendimento pregresso con i seguenti obiettivi: • definire le conoscenze acquisite per quanto riguarda le esperienze dell’apprendimento, evidenziandone le competenze; • fornire uno strumento di inserimento per tracciare l’esperienza precedente di qualcuno, formale e non formale che sia. IPL (Identification of Prior Learning) non è un termine ufficialmente accettato per riconoscere l’apprendimento pregresso. Ad ogni modo, mira a dare una visione d’insieme soprattutto per i candidati, per raccogliere le loro esperienze precedenti e per essere consapevoli di quello che sono in grado di fare, e a raccogliere tutta la documentazione e le prove che potrebbero essere importanti per la candidatura per un lavoro futuro o
Scheda 13
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
per eventuali studi. È anche uno strumento che sta alla base dell’aspetto fondamentale dei metodi di insegnamento CLARITY, considerando che l’obiettivo principale è stato quello di usare un approccio costruttivo e creare un’atmosfera centrata sul discente, in cui le nuove conoscenze potessero essere costruite su esperienze, competenze e capacità acquisite precedentemente. In tandem con questo concetto, l’obiettivo con l’IPL è stato anche quello di pre-identificare le aspettative e l’entità di conoscenza con cui il formatore si è presentato al corso. Ciò ha aiutato i facilitatori a pianificare il corso in base a queste informazioni. L’IPL ha potuto aiutare i formandi a considerare le loro precedenti attività che potevano includere: l’esperienza di apprendimento acquisito con un lavoro retribuito, non retribuito o volontario; l’esperienza di apprendimento acquisito con un’attività di svago; l’apprendimento non certificato di studi da autodidatta; l’apprendimento certificato all’estero; l’apprendimento certificato da altre istituzioni di formazione dei paesi di pertinenza; la certificazione d’apprendimento sul lavoro. Ultimo ma non meno importante elemento di innovatività è l’applicabilità di nuovi approcci didattici e alla formazione dei migranti sulla base delle esperienze realizzate con il Progetto europeo MUTUAL (www.mutual-eu.com), coordinato da People’s Aid e sviluppato nel periodo 2004-2007, e di CONVEX, applicato nel Regno Unito. Trasferendo i risultati di MUTUAL, che ha prodotto nuovi materiali didattici e metodi per sviluppare e accrescere il ruolo dei migranti nei centri di assistenza multiculturali all’infanzia, e di CONVEX, che promuove classi di lingua inglese per lavoratori immigranti, CLARITY ha fornito nuovo materiale formativo a sostegno delle condizioni di base dei lavoratori immigrati da tradurre nella loro lingua d’origine.
Elementi di Sostenibilità Oltre alla partecipazione al seminario finale da parte del Direttore dell’Agenzia Regionale per l’Impiego Dott.ssa Di Liberti e del Responsabile del Dipartimento Regionale Formazione Dott. Tosi, il CESIE ha fatto richiesta di accreditamento e di valorizzazione e quindi di rendere scaricabile online dai loro siti web istituzionali i report dei risultati e dei materiali per assicurare sostenibilità al Progetto CLARITY, presso: - Comune di Palermo - Assessorato Politiche Sociali e per l’Immigrazione - Regione Sicilia - Assessorato Regionale dell’Istruzione e della formazione professionale - Regione Sicilia - Agenzia Regionale per l’impiego, l’orientamento, i servizi e le attività formative - Regione Sicilia - Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità - AIES Sicilia - Associazione Italiana Educazione Sanitaria - CIPES - Confederazione Italiana Promozione della Salute con sede a Torino e Bruxelles - CERDES - Centro regionale di documentazione per l’educazione sanitaria. Il CESIE trasferisce alcuni dei moduli CLARITY verso altri tipi di progetti ed attività con lo stesso target, ad esempio nell’ambito del Progetto “Impresa Etica” (Progetto n. (CIP) 2007.IT.051.PO.003/III/G/F/6.2.1/0093) Cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, dalla Regione Siciliana, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali selezionato nel Quadro del Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007-2013 Fondo Sociale Europeo, Regione Siciliana Asse III – Inclusione Sociale, di cui il CESIE è Partner.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità La trasformazione di un curriculum formativo, creato in un paese “x” ed indirizzato ad un’utenza di un paese “y”, richiede molto più della semplice traduzione letteraria. Il formatore deve avere quindi la capacità di analizzare e comprendere il materiale da trasferire, anche se probabilmente non ha conoscenza alcuna rispetto ai contenuti in quel campo specifico. Avrà bisogno di specifiche abilità nella preparazione del materiale formativo e di ricevere alcune raccomandazioni sui metodi d’insegnamento e sul loro trasferimento. Per questo è importante offrire ai formandi la possibilità di usare metodi centrati sul discente, per sostituirli ai metodi tradizionali del passato centrati sull’insegnante. Tra le competenze CLARITY che il formatore necessita per trasformare il materiale da utilizzare per la formazione è possibile trovare quelle di seguito elencate:
Scheda 13
142
143 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
• Comprendere i requisiti della formazione per il posto di lavoro: leggi nazionali e regionali e i contenuti base del corso necessari per soddisfare i requisiti di queste leggi. • Trovare adeguate risorse per la formazione: la struttura nazionale per la formazione sul posto di lavoro, dove trovare il pacchetto per la formazione adatto, come ricevere consigli dalle Federazioni Commerciali, agenzie di supporto, etc. • Tradurre il materiale dalla lingua del paese ospitante a quella dei migranti. • Analizzare la legislazione e le pratiche comuni sia del paese ospitante che di origine ed evidenziarne le differenze. • Individuare ed enfatizzare i maggiori fattori di rischio. • Individuare e preparare informazioni aggiuntive per parole/frasi/concetti cruciali, che differiscono da quelli del paese di origine. • Applicare le conoscenze in modo dettagliato sul posto di lavoro specifico.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 14 Titolo Progetto
Progetto Maddalena
Ente Promotore - Rete di Partenariato Associazione Casa dei Giovani
Destinatari dell’intervento Immigrati e Donne vittime di tratta
Fonte finanziamento Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità Caritas Diocesana Palermo
Ambito territoriale Provinciale e Sovra provinciale – Palermo e Trapani
Periodo di realizzazione 2001 – in corso
Sito web di riferimento www.casadeigiovani.it
Scheda 13
Scheda 14
144
145 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto Maddalena si occupa della protezione sociale delle donne e minori vittime della tratta e dello sfruttamento. Tale fenomeno, che ha subito un’accelerazione a partire dagli anni ’90 anche in connessione con il fenomeno di Cosa nostra, necessitava di un’azione strategica a favore dei soggetti caduti nella rete dello sfruttamento. L’idea era appunto quella di creare una struttura che potesse rappresentare un porto sicuro e di assistenza per i soggetti bisognosi di aiuto e di rifugio. Gli obiettivi che il Progetto Maddalena infatti si propone di raggiungere sono quelli di contenere e liberare dalla schiavitù e dallo sfruttamento le donne vittime di tratta ed offrire loro uno “spazio” sicuro, rendendole autonome e svincolate da ogni forma di controllo e coercizione. Le attività realizzate nell’ambito del Progetto sono di seguito elencate: • sostegno scolastico; • prima alfabetizzazione; • corsi di formazione promossi da CIRS di Palermo, Centro Studi Aurora di Bagheria e ENAIP di Trapani; • supporto per promuovere l’emersione e la regolarizzazione; • assistenza per lo sviluppo delle pratiche relative al permesso di soggiorno o ad altri documenti; • orientamento; • assistenza all’inserimento lavorativo; • assistenza sanitaria; • rimpatrio assistito. I servizi attivati nell’ambito del Progetto sono: ACCOGLIENZA E SEGRETARIATO SOCIALE fornisce consulenza sociale, sanitaria, medica, psicologica, ginecologia, infettivologa e accompagnamenti ai servizi sanitari. Inoltre offre accoglienza di emergenza per un breve tempo, in prospettiva di un trasferimento, alle donne che necessitano di un allontanamento dal luogo. UNITÀ MOBILE DI STRADA offre assistenza alle donne direttamente in strada con finalità di prevenzione e riduzione al danno e funge da collegamento con i servizi nel caso in cui venga espressa una richiesta di aiuto. STRUTTURA DI ACCOGLIENZA offre la possibilità a donne vittime della tratta che abbiano deciso di fuggire dalla condizione di sfruttamento di aderire ad un programma di reinserimento. Alle utenti residenti viene garantito vitto, alloggio, supporto psicologico, sanitario e legale, nonché l’elaborazione di programmi individualizzati per un equilibrato e funzionale reinserimento nel tessuto sociale.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Innovatività Rappresenta elemento di innovatività della Buona Pratica illustrata, l’attività di promozione realizzata e incentrata sul problema della tratta umana e dello sfruttamento al fine di promuovere: • Lo sviluppo di una nuova conoscenza sociale sul tema; • L’emersione della clandestinità; • La prevenzione del fenomeno. Risulta inoltre collegata all’azione di promozione l’organizzazione di incontri periodici con gli Enti Pubblici preposti e l’Organizzazione di Tavoli Tecnici e Tematici tra le parti coinvolte nelle attività previste dal Progetto. Un secondo elemento di innovativa è rappresentato dallo Sportello Legale attivato nell’ambito del Progetto.
Elementi di Sostenibilità La sostenibilità dell’intervento si basa proprio sul sistema di relazioni, di scambio e di attivazione di Protocolli di intesa a livello locale con soggetti pubblici e privati, con Enti di Volontariato ed Agenzie Sociali che diano forza, garantiscano continuità all’intervento e promuovano lo sviluppo di attività collaterali quali ad esempio la promozione dell’inserimento lavorativo.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’analisi dei risultati che il Progetto fa registrare orienta verso la valorizzazione di due aspetti fondamentali che lo contraddistinguono e che meritano di essere riprodotti come garanzia dell’efficacia di azioni progettuali da porre in essere soprattutto in casi di utenza così delicata quale quella di cui trattasi: la forte rete partnerariale ed il coinvolgimento attivo degli stakeholder, considerato come un processo che crea un contesto dinamico di interazione, rispetto reciproco (mutual respect), dialogo e cambiamento, funzionale e necessario al raggiungimento di risultati concreti; la rosa diversificata e variegata di servizi a tutto tondo che il Progetto ha voluto porgere alle destinatarie privilegiate per raggiungere gli scopi per cui era stato disegnato.
Descrizione della Buona Pratica realizzata La progettualità presentata si configura quale Buona Pratica per i seguenti ambiti: Rete Partenariale - Il Progetto vanta una rete partenariale forte sul territorio, per rendere maggiormente efficace ed effettiva la sua azione operativa, composta da: • Caritas Diocesana – Curia; • Ministero Pari Opportunità; • Comune di Palermo; • Procura generale di Palermo; • Questura di Palermo; • Questura di Trapani; • Policlinico Universitario di Palermo; • I.N.M.P. Ospedale Civico; • A.C.L.I. per promuovere l’inserimento lavorativo. L’attivazione di tali sinergie e la presenza di molteplici attori specializzati in ambiti settoriali specifici ha permesso di delineare strategie di intervento comuni, di attivare un processo operativo di tipo cooperativo e condiviso e di avviare la ricerca di risorse territoriali alternative. Promozione - Uno degli elementi centrali della progettualità presentata è rappresentato dalla realizzazione di una campagna di comunicazione ad ampio raggio dedicata alla cittadinanza per focalizzare l’attenzione e fare emergere il fenomeno della tratta degli esseri umani e prendere consapevolezza sulla pericolosità di tali azioni.
Scheda 14
Scheda 14
146
147 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 15 Titolo Progetto
Non uno di meno ma ognuno a suo modo. Network scuole-associazioniistituzioni-comunità contro la dispersione scolastica e per la promozione dell’attenzione a percorsi educativi personalizzati
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. tra Istituti Scolastici e Associazioni come di seguito indicato: 1. Cooperazione Internazionale Sud Sud – CISS (Palermo) - (Soggetto Promotore) 2. ICS Madre Teresa di Calcutta (Palermo) 3. Liceo Scientifico Statale Benedetto Croce (Palermo) 4. Scuola Media Statale “Antonio Sogliano” (Napoli); 5. Liceo Linguistico e Istituto Tecnico Economico Statale “MARCO POLO (Bari) 6. Scuola Secondaria di 1° Grado “T. FIORE” (Bari); 7. ASSOCIAZIONE INTERCULTURALE NARRAMONDI ONLUS (Palermo) 8. Associazione Photofficine ONLUS (Palermo); 9. L.E.S.S. – Centro studi e iniziative di Lotta all’Esclusione Sociale per lo Sviluppo (Napoli); 10. chi rom e … chi no (Napoli) 11. Camera a Sud Società Cooperativa (Bari); 12. Associazione di Promozione Sociole “Gargantua e Pantagruel” Onlus (Bari) 13. Osservatorio di Area 10 già Centro Storico città di Palermo (Palermo)
Destinatari dell’intervento Scuole, Minori, Immigrati e Famiglie
Fonte finanziamento FONDAZIONE PER IL SUD
Ambito territoriale Nazionale – Il Progetto si realizza nelle provincie di Palermo, Napoli e Bari, tre città del Sud Italia in cui il CISS (Soggetto Promotore) ha sede, e che presentano i dati più allarmanti circa la dispersione scolastica e i fenomeni di esclusione sociale
Periodo di realizzazione 11/04/2011 – 30/09/2013
Sito web di riferimento www.cissong.org/it/progetti/non-uno-dimeno-ma-ognuno-a-suo-modo
Scheda 15
148
149 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto L’iniziativa progettuale è nata dalla consapevolezza che la dispersione scolastica sui tre territori obiettivo è un’emergenza. Sulla base dei bisogni rilevati, il Progetto ha inteso realizzare attività combinate scolastiche, extrascolastiche e del tempo libero, così da offrire ai ragazzi un supporto al tempo stesso globale (perché offre stimoli su diversi livelli) e differenziato (perché personalizzato in base alle esigenze di ognuno). Per tutti la scuola diventa un luogo importante di crescita civile e culturale, per genitori e insegnanti in particolare essa è anche un luogo dove realizzare l’incontro delle reciproche esigenze educative, dove mettere insieme le proprie energie. Alla scuola si chiede di: rappresentare un luogo di aggregazione; favorire il contenimento dei fenomeni di disagio e di svantaggio socioculturale con percorsi educativi efficaci; garantire il successo formativo e la personalizzazione dei percorsi didattici; offrire la certezza di un clima sereno e di un ambiente positivo per la crescita affettiva, relazionale e psicofisica degli alunni. Il Progetto si è proposto il raggiungimento dei seguenti obiettivi: 1 - combattere la dispersione scolastica (sia in termini di abbandono che di assenze ripetute che causano bocciature pluriennali). 2 - aumentare il coinvolgimento della comunità nella vita della scuola. 3 - favorire l’integrazione sociale e promuovere la legalità. Sono state realizzate: Attività scolastiche: counselling e supervisione, consulenza orientativa. Attività extrascolastiche: Costituzione di un Coordinamento Tecnico territoriale per la dispersione scolastica in ogni città e un Consiglio tecnico interregionale; Attività di formazione/tutoraggio rivolta agli insegnanti; Laboratori di lingua e cittadinanza per adulti migranti genitori; Laboratori L2 bambini; Video partecipato basato sui temi di denuncia e legalità; “MentiAttive” Laboratorio di educazione alla cittadinanza attiva, al volontariato e alla cooperazione culturale; Evento conclusivo e “FESTIVAL DELLE RISCRITTURE CREATIVE”; Laboratorio narrazione con i genitori; Laboratorio narrazione con gli studenti; Realizzazione e distribuzione della Ricerca. Attività di tempo libero: Pittura creativa, Tatuaggio simbolico, Origami, Agility dog, etc. I risultati prefissati sono: • Aumento e continuazione ciclo di studi; • Aumento presenze; • Diminuzione numero di abbandoni; • Diminuzione numero di bocciati; • Aumento della partecipazione dei genitori nella vita scolastica dei propri figli; • Aumento delle occasioni concrete di scambio e di collaborazione tra le scuole e le associazioni del territorio; • Miglioramento della conoscenza reciproca tra scuole e associazioni in merito alle buone pratiche messe in atto; • Miglioramento delle competenze comunicative e relazionali; • Aumento dell’attenzione alle potenzialità, alle inclinazioni e ai desideri individuali; • Diminuzione episodi di violenza e bullismo all’interno delle scuole coinvolte.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Nell’ambito dell’iniziativa progettuale il Soggetto Promotore ha individuato come Buona Pratica la Rete partenariale e più specificatamente la Costituzione di un Coordinamento Tecnico territoriale per la dispersione scolastica in ogni città. La partnership e il Progetto sono partiti da più bisogni: offrire un supporto alle scuole interagendo con esse, mettere in rete i soggetti rappresentativi dei territori destinatari dell’intervento, affiancare competenze e professionalità differenti, ma adeguate alla realizzazione dell’iniziativa. Le associazioni, le scuole e gli Enti che hanno composto la partnership di questo Progetto avevano alle spalle diverse collaborazioni sui temi oggetto della presente proposta e una comunanza di intenti e di approcci già più volte sperimentata. Con questo Progetto si è voluto rendere tale collaborazione più strutturata. Il percorso ha previsto, infatti, la costruzione di reti territoriali integrate e di una rete interregionale, come strumento che potesse migliorare la condizione spesso di solitudine delle istituzioni scolastiche nella battaglia per il successo formativo, contro la dispersione scolastica e nel lavoro per l’inclusione di alunni migranti e/o con difficoltà di inserimento.
Scheda 15
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
In ogni città è stato attivato un Coordinamento tecnico territoriale per la dispersione composto da n.1 Coordinatore territoriale di Progetto, n.2 Delegati dei docenti referenti di ciascuna scuola per il Progetto (attivi anche come tutor individuali), n.1 Educatore supervisore dei servizi di orientamento, counselling e tutoraggio, n.1 Operatore referente dell’associazione che si occuperà del laboratorio Video, n.1 Operatore referente dell’associazione che si occuperà del laboratorio di narrazione, n. 2 Presidi delle scuole coinvolte (1 nel caso di Napoli), n.4 rappresentanti dei genitori. I Coordinamenti tecnici territoriali hanno monitorato i risultati del Progetto, con particolare attenzione ai casi personali individuati (circa 10 per scuola). I tutor individuali, coadiuvati dall’educatore supervisore, hanno riportato infatti al Coordinamento l’andamento del proprio tutoring e insieme sono state apportate eventuali modifiche in itinere. La pratica adottata ha permesso quindi ai diversi attori coinvolti (operatori di associazioni, docenti e dirigenti di scuole, genitori, etc.) di lavorare insieme in modo sistematico e di avviare una consultazione e un lavoro continuo di scambio di punti di vista e di supporto reciproco nella gestione delle criticità. Tra i risultati raggiunti dalla Buona Pratica attivata emergono i seguenti: • Gli attori coinvolti hanno avuto uno spazio in cui confrontarsi e mettere in comune le proprie difficoltà per raggiungere soluzioni condivise. • Le associazioni hanno avuto la possibilità di conoscere i reali bisogni delle scuole, migliorando l’efficacia del loro intervento e di future progettualità. • I docenti si sono confrontati con colleghi ed esperti (lo psicologo, l’educatore, etc.) su questioni particolari. • Tutti i partecipanti al Consiglio hanno sentito di avere un importante ruolo e un obiettivo comune.
Elementi di Innovatività La caratteristica innovativa riguarda le modalità e la messa a sistema di un modello di consultazione e lavoro congiunto che, se lasciato al caso e alla buona volontà dei singoli, rischia di non funzionare. I diversi attori coinvolti hanno avuto bisogno l’uno del lavoro dell’altro; dalla messa in rete hanno potuto trarre soltanto vantaggi, in prima persona sul proprio lavoro e in secondo luogo, ma non meno importante, hanno potuto migliorare la loro relazione con gli studenti e la vita di questi ultimi.
Elementi di Sostenibilità L’azione ha voluto fornire alle scuole e agli insegnanti un approccio e una serie di competenze specifiche che li rendessero in grado di riproporre negli anni successivi almeno alcune delle attività del Progetto. I Coordinamenti tecnici territoriali continueranno ad esistere anche dopo la fine del Progetto contando sul lavoro volontario di alcuni suoi membri. Le scuole e le associazioni hanno sperimentato una nuova interazione, basata non sul singolo evento, ma su un lavoro continuo e a lungo termine. Ovviamente lavorare sul rafforzamento del capitale sociale significa lavorare su un capitale ‘fragile’, perché non è comune la propensione ad investire intenzionalmente in una risorsa la cui potenziale utilità non è divisibile ed appropriabile. Un lavoro del genere produce empowerment, competenze, conoscenze e interazioni.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità La riproducibilità del modello è già realizzata nell’ambito delle attività in quanto il Progetto ha previsto la sperimentazione in tre regioni diverse (Sicilia, Puglia e Campania). Ciò è stato possibile grazie alla rete di relazioni che il CISS (presente in tutte e tre le regioni con sedi operative e personale) ha intessuto nel corso degli ultimi venti anni. Le scuole con cui il CISS collabora sulle tre regioni sono tante e sarebbe sicuramente interessante riproporlo ad altre scuole sui tre territori regionali e/o altrove.
Scheda 15
150
151 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 16 Titolo Progetto
Guichets Antiviolence pour les mineurs
Ente Promotore - Rete di Partenariato C.R.E.S.M. Centro di Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione - Capofila di Partnership Rete partenariale composto da: - Gruppo Abele - SICCDA - Consorzio Interuniversitario CINECA - MEDIANTE - Provincia di Trapani
Destinatari dell’intervento Minori – Famiglie - Insegnanti e Operatori Scolastici
Fonte finanziamento Commissione Europea – DG Justice Programma Europeo «Daphne III»
Ambito territoriale Europeo - Sicilia occidentale (Provincia di Trapani) e quartieri a rischio di Dublino
Periodo di realizzazione 10/02/2011 - 09/02/2013
Sito web di riferimento www.guichetsantiviolencepourlesmineurs.eu
Scheda 16
152
153 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Le scuole operano su un modello che lascia poco spazio per l’istituzionalizzazione del conflitto. Il Progetto Guichets Antiviolences pour les mineurs fa parte di un programma di azione per creare nuovi luoghi, strutture, istruzione (luoghi di ascolto, di mediazione, di apprendimento di ascolto, comunicazione, etc.) e ha coinvolto tutti i membri della comunità educativa (docenti, studenti, genitori degli studenti), ma anche professionisti sociali, la magistratura e la polizia con lo scopo di contribuire alla creazione di strutture intermedie per la lotta contro il processo di atomizzazione della comunità scolastica e soprattutto per creare una nuova solidarietà tra gli studenti, ma anche all’interno della comunità educativa. Il Progetto si è realizzato in due aree geografiche ben distinte, la Sicilia occidentale, e in particolare la provincia di Trapani, e i quartieri a rischio di Dublino, dove questo approccio era sconosciuto e in particolar modo in quelle scuole in cui la violenza e il bullismo erano più numerosi e il problema della dispersione scolastica più frequente. Questi fenomeni rivelano un disagio diffuso soprattutto tra i bambini le cui famiglie hanno un basso livello di istruzione, un basso reddito, i genitori spesso separati, i padri detenuti, etc. L’obiettivo generale del Progetto è stato la sensibilizzazione alla cultura della non violenza e il recupero di valori solidaristici all’interno delle scuole. Pertanto sono state realizzate: - attività di sensibilizzazione alla cultura della non violenza; - formazione degli studenti e degli insegnanti attraverso corsi specifici di peer mediation; - creazione di luoghi di ascolto e di mediazione nelle scuole; - formazione degli operatori 3D: studenti, insegnanti e altri hanno risolto conflitti attraverso nuove strategie. Attraverso l’utilizzo di metodologie specifiche quali la peer mediation, la Formazione 3D, l’organizzazione di Incontri e di atelier tematici, il Progetto ha previsto la realizzazione all’interno delle scuole di sportelli anti-violenza che utilizzano la mediazione, la gestione dei conflitti e l’apprendimento di ascolto e di comunicazione coinvolgendo tutti i membri della comunità educativa (docenti, studenti, genitori degli studenti), ma anche i professionisti del sociale, giudiziaria e di polizia. Il Progetto ha previsto lo sviluppo delle seguenti attività: • Attività di coordinamento nazionale e transnazionale per assicurare la gestione complessiva del Progetto e il coordinamento delle attività connesse, attraverso incontri periodici con i partner. • Attività di sensibilizzazione (convegni, atelier e seminari) per sviluppare la consapevolezza e la conoscenza della cultura del rispetto per “l’altro” e per esporre gli strumenti di prevenzione e di protezione delle vittime di violenza. • Organizzazione di corsi di formazione allo scopo di diffondere la mediazione considerando il conflitto come processo naturale che, se ben affrontato, può diventare percorso di crescita e risorsa trasformativa. La formazione si è rivolta agli alunni e agli insegnanti delle scuole pilota. Sono stati inoltre realizzati corsi di formazione per gli operatori 3D e corsi di formazione per gli insegnanti che hanno sperimentato le tecniche dell’attività di mediazione all’interno di un ambiente virtuale, utilizzando una piattaforma simile a Second Life, un ambiente sicuro e protetto per i minori. Più specificatamente il Progetto ha previsto la realizzazione di workshop, seminari, conferenze e dibattiti per far conoscere i fenomeni della violenza, degli abusi domestici, delle dinamiche di bullismo nelle scuole e della mediazione pacifica dei conflitti. Il Progetto comprendeva anche strumenti operativi, di lingua, di networking multimediale e sociale, esperimenti virtuali 3D, metodi open-source, emozioni di alfabetizzazione e l’identificazione dei metodi di insegnamento specifici sulla mediazione, la mediazione, la giustizia riparativa e le istituzioni private. Le attività del Progetto hanno portato alla realizzazione dei seguenti risultati: • l’apertura di 9 sportelli anti-violenza nelle scuole a Dublino e nella provincia di Trapani, gestite direttamente dagli studenti; • la formazione di 225 giovani mediatori fra pari; • la firma di 2 accordi sulla sicurezza locale a Dublino e a Trapani coinvolgendo le scuole, i servizi sociali, la polizia locale, etc.; • la formazione dei mediatori sociali; • la realizzazione di Giochi di ruolo in OpenSimulator; • una piattaforma che ha creato un ambiente virtuale simile a Second Life.
Scheda 16
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Descrizione della Buona Pratica realizzata La Buona Pratica sperimentata nell’ambito della progettualità presentata fa riferimento alla metodologia ed ai destinatari dell’intervento ed è rappresentata dalla formazione degli studenti e degli insegnanti attraverso corsi specifici di peer mediation. Il modello di mediazione “tra pari” proposto nel Progetto ha avuto come campo d’azione i conflitti tra coetanei e non quelli in cui è era coinvolta una persona adulta (insegnante o genitore). Pertanto, in tale processo sono stati coinvolti direttamente i ragazzi come mediatori. Le situazioni che generalmente si affrontano con la mediazione “tra pari” sono quelle riguardanti il bullismo, le liti, le incomprensioni e gli scontri in generale. Si è pensato di utilizzare tale modello poiché l’esperienza di progetti analoghi, sia sul territorio siciliano che in altre città italiane e straniere, ha evidenziato come la richiesta d’aiuto, per i giovani che vivono un conflitto, sia più frequentemente rivolta ai coetanei piuttosto che agli adulti. Ciò per i seguenti motivi: - I coetanei condividono lo stesso ambiente e sono quindi più facilmente reperibili. - La comunicazione è più facile perché si utilizza lo stesso linguaggio. - Non ci sono posizioni di potere. I coetanei sono quindi più facilmente accettati dalle parti ed hanno meno potere sanzionatorio degli adulti. - I pari capiscono più facilmente l’importanza che il conflitto riveste nella vita dei compagni.
Elementi di Innovatività L’innovatività del Progetto è costituita dall’utilizzo dell’approccio della peer mediation nella formazione degli studenti e degli insegnanti. La mediazione “tra pari” si rivela uno strumento efficace per la gestione dei conflitti, in quanto la responsabilizzazione all’interno della scuola un gruppo di mediatori pari aumenta l’autonomia degli allievi e, inoltre, spesso le competenze acquisite spesso sono applicate in altri contesti quali la famiglia e il quartiere. Per raggiungere tra i giovani il maggior livello di efficacia dell’intervento tra pari, soprattutto in un tema così delicato come quello della non violenza, è importante che la proposta di partecipazione al corso di formazione da parte dello studente avvenga in maniera del tutto spontanea.
Elementi di Sostenibilità I principali elementi di sostenibilità sono rappresentati da: • La firma di un patto di sicurezza urbana a favore dei minori; • La creazione di una rete internazionale che ha coinvolto 10 stati dell’unione europea; • L’inserimento delle attività nei POF (Piano dell’Offerta Formativa).
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il modello proposto, il cui l’obiettivo è stato quello di ripristinare le relazioni in antitesi alla cultura della vendetta, è riproducibile in tutte le scuole a rischio.
Scheda 16
154
155 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 17 Titolo Progetto
Comunità Terapeutica Residenziale
Ente Promotore - Rete di Partenariato Associazione Casa dei Giovani
Destinatari dell’intervento Famiglie, Detenuti, Tossicodipendenti
In partenariato con: - S.S.R. - S.S.N.
Fonte finanziamento Sistema Sanitario Nazionale – Assessorato Regionale Sanità
Ambito territoriale Pluriregionale – Regione Sicilia, Regione Basilicata, Regione Puglia
Periodo di realizzazione 27/12/1983 – in corso di realizzazione
Sito web di riferimento www.casadeigiovani.it
Scheda 17
156
157 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto La Comunità Terapeutica “Casa dei Giovani” è un’associazione senza fine di lucro (O.N.L.U.S.) che opera sin dal 1983 e che ha come scopo prioritario quello di dare a tutti i suoi utenti i supporti umani e psicosociali atti alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione dei tossicodipendenti. Essa è presente sul territorio con tre Centri Residenziali e cinque Centri di Accoglienza. L’azione dell’Associazione nasce dal progressivo disagio legato ai fenomeni della tossicodipendenza (giovanile e non) che ha iniziato a svilupparsi negli anni ’80 invadendo il mondo dei giovani in modo dirompente, creando conseguenze negative per il sistema familiare e il sistema sociale. Il Progetto proposto dall’Associazione si inserisce nello specifico contesto del mondo della tossicomania, in stretta collaborazione con il Servizio Pubblico Sanitario e le Agenzie proposte come i Ser.T. e le Carceri. L’obiettivo principale che la Comunità si propone di raggiungere è quello di liberare il giovane da ogni forma di dipendenza da sostanze stupefacenti e di promuovere il loro re-inserimento nel mondo sociale e familiare di provenienza. Caratteristica impostazione dei Centri della Casa dei Giovani è quella di iniziare la terapia di disintossicazione dei soggetti che si rivolgono già dal primo incontro nei Centri di Accoglienza. In questi Centri, che fungono da primo filtro, vengono valutate le motivazioni dei soggetti all’uso delle sostanze stupefacenti; si cerca così di individuare l’intervento psicologico e pratico-comportamentale più adeguato per i giovani portatori di sintomo. I soggetti presi in trattamento partecipano quotidianamente a gruppi di terapia dinamica che hanno lo scopo di renderli coscienti delle loro problematiche ed indirizzarli ad un adeguato cambiamento. I principali destinatari delle attività proposte sono persone affette da tossicodipendenze, detenuti, ma anche Famiglie. La Comunità riserva infatti grande attenzione ai nuclei familiari di origine dei soggetti tossicodipendenti e a tal fine si interviene anche sulle dinamiche familiari attraverso interventi psicoterapeutici ispirati al modello sistemico. L’équipe dei Centri di Accoglienza si occupa inoltre della disamina del decorso delle disintossicazioni fisiche attuate mediante ospedalizzazione o terapie domiciliari in stretta collaborazione con i Ser.T. Successivamente, laddove è ritenuto opportuno un inserimento in un Centro Residenziale, i soggetti con esperienza di tossicomania vengono avviati alla vita comunitaria, esperienza molto intensa, partecipata e formativa unita ad uno specifico intervento psicoterapico sia individuale che di gruppo. La permanenza in Comunità (il programma terapeutico dura in media 24 mesi per soggetto) è caratterizzata dal supporto di una équipe di operatori: Psicologi, Assistenti Sociali ed Animatori ex tossicodipendenti. Momento importante della terapia che si svolge in Comunità è il lavoro; questo per consentire ai giovani residenti una responsabilizzazione graduale ed in alcuni casi una vera e propria formazione lavorativa. Il risultato verso il quale si tende è quello di promuovere il re-inserimento sociale e lavorativo (ove possibile) in collaborazione con le agenzie pubbliche proposte (Ser.T, Comuni, Province, Regione, etc.) dei soggetti che usufruiscono del servizio.
Descrizione della Buona Pratica realizzata La progettualità presentata si configura quale Buona Pratica per i seguenti ambiti: Modalità di gestione e Output – La vita comunitaria è basata su tre perni fondamentali: il lavoro, lo studio e la terapia. 1) Il lavoro in Comunità, o ergoterapia, è uno strumento a valenza squisitamente terapeutica utilizzato al fine di ricostruire la personalità del soggetto tossicodipendente; migliora la capacità del paziente di svolgere compiti nel loro ambiente di vita e di lavoro. 2) Lo studio, attuato anche qui mediante corsi che consentono agli ospiti di ottenere diversificate qualifiche (informatiche, agrarie, artigianali, etc.) a conclusione della scuola dell’obbligo, favorisce l’avviamento al lavoro una volta fuori dalla Comunità. 3) La terapia è articolata in individuale e di gruppo. Il programma terapeutico della Comunità Terapeutica “Casa dei Giovani” ha una durata complessiva di 24 mesi e prevede tre fasi: La prima fase del programma ha come obiettivi primari: · il coinvolgimento nella realtà comunitaria; · eventuali trattamenti farmacologici sostitutivi;
Scheda 17
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
· il distacco critico e graduale dallo stile di vita precedente; · la rivalutazione della propria storia personale e familiare; · il confronto su nuove proposte di vita. La seconda fase (complessivamente dai 6 ai 18 mesi) è mirata invece: · alla crescita dei soggetti nell’auto-definizione di libertà da sostanze e nell’attuazione consapevole di un programma riabilitativo; · all’accompagnamento del soggetto ad una conoscenza più realistica di se stesso; · alla rivisitazione delle relazioni più significative legate alla propria esistenza di vita. La terza fase (dai 18 ai 24 mesi), infine, ha come obiettivi cardine: · una progressiva presa in carico, da parte del soggetto, delle proprie responsabilità; · il reinserimento sociale e lavorativo. Nell’arco di queste tre fasi sono stati previsti regolari e cadenzati periodi di VERIFICA che prevedono il ritorno del soggetto, per un lasso di tempo che va da una a due settimane (a seconda della fase del programma terapeutico) nel suo ambiente familiare e sociale, al fine di comprendere meglio le dinamiche alla luce dei nuovi strumenti acquisiti e valutare quali sono le reali difficoltà che successivamente rielaborerà nel gruppo e con gli operatori. Promozione – Per dare la massima visibilità e il maggior rilievo possibile alle attività realizzate all’interno della Comunità è stata definita una specifica strategia di comunicazione, che prevede: · la presentazione del Progetto “Casa dei Giovani” attraverso seminari e incontri pubblici; · l’avvio di attività promozionali con gli Enti Pubblici; · la condivisione di incontri pubblici di monitoraggio; · la cooperazione tra l’Associazione e i Ser.T territoriali per condividere percorsi individuali mirati alla riabilitazione del problema; · l’avvio di un’Azione Paritetica con gli Operatori Pubblici.
Elementi di Innovatività Si identificano quali elementi di innovatività: IL PROGRAMMA DI ATTIVITÀ PROPOSTO ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ che fa leva sul protagonismo e sull’operatività del giovane. Le attività realizzate sono di seguito indicate: · Ergoterapia · Psicoterapia · Colloqui individuali · Gruppi di auto-aiuto · Verifiche periodiche presso la famiglia · Corsi di formazione ANFE · Graduale re-inserimento lavorativo L’AZIONE SINERGICA E RELAZIONALE CON IL TERRITORIO (Ser.T. Territoriali, Enti Locali, altre agenzie sociali e di volontariato, Caritas Diocesana, etc.).
Elementi di Sostenibilità La sostenibilità dell’intervento si basa proprio sul sistema di relazioni e di scambio attivati a livello locale con soggetti pubblici e privati che danno forza e garantiscono continuità all’intervento.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’intervento proposto è stato attivato a partire dagli anni ’80 ed è tutt’oggi attivo.
Scheda 17
158
159 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 18 Titolo Progetto
Programma straordinario a contrasto della crisi economica
Ente Promotore - Rete di Partenariato Comune di Ferrara
Destinatari dell’intervento Persone disagiate – nuove povertà - perdita del lavoro dal mese di gennaio dell’anno 2010 a causa della crisi economica
Fonte finanziamento Comune di Ferrara
Ambito territoriale Comune e Provincia di Ferrara
Periodo di realizzazione 01/06/2012 - 01/09/2013
Sito web di riferimento /
Scheda 18
160
161 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Programma straordinario a contrasto della crisi economica promosso dal Comune di Ferrara è nato dall’esigenza di dare supporto e nuove opportunità di reinserimento lavorativo a persone che hanno perso il lavoro a partire dal mese gennaio dell’anno 2010 a causa della crisi economica. Il territorio ferrarese è fortemente in crisi a causa della chiusura di piccole e medie industrie minate dalla crisi economica nazionale e internazionale che ad oggi ha investito l’intero territorio nazionale e non solo. In questo ambito, le Cooperative Sociali sono in grado di fornire una reale risposta di accoglienza. Il Programma ha previsto l’offerta di contratti a tempo determinato (tre mesi), part-time di 20 ore settimanali, per coloro che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica, con particolare attenzione alle persone seguite dai Servizi e/o associazioni del territorio con dei progetti di aiuto. Le attività previste dal Programma hanno riguardato l’inserimento lavorativo delle persone segnalate a seguito di un Colloquio con l’ufficio personale di Cooperative e di aziende ospitanti precedentemente individuate e la realizzazione di un Bilancio di Competenze per un incrocio con la mansione offerta. A supporto di tale iniziativa è stata attivata una rete partenariale di supporto formale/informale composta da: - Il Comune di Ferrara, - L’ASP – Centro Servizi alla Persona di Ferrara (Servizio Sociale Adulti – Area Disagio-SIL), - L’AUSL – Azienda Unità Sanitaria Locale, - Il Consorzio Coop “Impronte Sociali”, - Alcune Associazioni di volontariato presenti sul territorio , - I Sindacati. Per lo sviluppo e l’implementazione del Programma è stato quindi attivato un gruppo di lavoro interistituzionale che si è occupato di raccogliere i nominativi dei candidati, di predisporre un elenco nominativi di soggetti idonei a far parte del programma, di realizzare la selezione tenendo conto dei criteri prioritari, di realizzare l’incrocio tra persona ed Azienda ospitante e di curare la mediazione con il tutor. Il Comune, facente parte della rete progettuale, si è occupato inoltre di procedere alla individuazione di eventuali lavori in appalto da assegnare alle Cooperative coinvolte finalizzati all’impegno delle persone. I risultati attesi dall’implementazione di tale Programma sono stati: - la realizzazione di contratti a tempo determinato; - l’offerta di una opportunità di accesso al mondo del lavoro per favorire l’autonomia; - la facilitazione economica nell’ambito di progettualità seguite dai Servizi territoriali. Al momento della compilazione della presente Scheda le assunzioni sono state complessivamente 22/25.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Tale approccio operativo si è basato in particolare sulla disponibilità delle Cooperative sensibili alle problematiche che operano nell’ambito dei lavori di pubblica utilità, nonché su attività direttamente gestite dalle Coop. Rete partenariale Il Programma ha offerto la possibilità di attivare le sinergie sia tra gli attori del settore pubblico che del no-profit, associazionismo (terzo settore) particolarmente attento ai bisogni della collettività. L’attivazione di tale sinergia può realmente rappresentare la strategia vincente per promuovere nuovi percorsi di sviluppo locale (sociale, culturale, del lavoro, etc.) in risposta al particolare momento di congiuntura che il Paese nel suo complesso sta attraversando. Il Progetto ha ottenuto una buona adesione da parte di tutti i partner grazie ai rapporti già consolidati per il costante lavoro portato avanti in maniera congiunta.
Elementi di Innovatività Il Programma proposto dal Comune di Ferrara presenta un forte grado di innovatività poichè propone soluzioni alternative per offrire, a quanti si trovano in una condizione di disagio a causa della crisi economica, l’opportunità di inserirsi sul Mercato del lavoro attraverso reali assunzioni (anche se a tempo determinato), offrendo anche il proprio contributo alla gestione dei servizi locali (quali ad es. manutenzione del verde, gestione dell’arredo urbano, cura degli spazi, pulizia, custodia, accompagnamento sociale, etc.).
Elementi di Sostenibilità L’operazione in oggetto è completamente sostenuta da fondi già stanziati e disponibili. Se verranno stanziati nuovi fondi e ulteriori finanziamenti sarà possibile dare continuità al Progetto, valutandone eventuali miglioramenti nelle prassi esecutive. L’alternativa al fine di generare nuove risorse potrebbe essere quella di potenziare i rapporti di scambio con la cooperazione locale.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Programma straordinario a contrasto della crisi economica promosso dal Comune di Ferrara si configura quale Buona Pratica in termini di:
Il Programma è al primo anno di sperimentazione e, se finanziabile, facilmente riproducibile e trasferibile in contesti diversi e in relazione a differenti target di utenza. Un valore aggiunto è stata la possibilità (da parte di alcune Cooperative) di estendere il periodo di contratto a persone inserite nel Progetto.
Metodologia operativa Il Programma ha previsto che, attraverso il supporto delle Circoscrizioni e degli Assessorati, venisse effettuata una mappatura degli interventi di manutenzione necessari per la città, non più finanziati o non compresi nei contratti di servizio, ad esempio piccoli interventi sul verde, l’arredo urbano, la cura degli spazi, la pulizia, la custodia, l’accompagnamento sociale. A seguito di tale ricognizione si è provveduto ad assegnare gli interventi alle Cooperative precedentemente individuate, che hanno contribuito alla realizzazione di tale iniziativa consentendo l’inserimento delle persone estromesse dal lavoro a causa della crisi. Un’apposita Commissione ha proceduto alla raccolta e alla valutazione delle persone proposte e alla formulazione di un apposito elenco. Il referente della Commissione, sentiti gli Enti segnalanti, ha compilato l’elenco delle proposte prioritarie e ha fornito indicazioni utili a coniugare la domanda e l’offerta di lavoro. Le Cooperative, attraverso gli operatori specializzati, hanno realizzato la selezione e i Colloqui motivazionali e hanno individuato le persone segnalate in base alle opportunità lavorative offerte per realizzare le assunzioni a tempo determinato, mentre l’Asp ha versato alle Cooperative i costi inerenti le assunzioni.
Scheda 18
Scheda 18
162
163 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 19 Titolo Progetto
Mo.L.E.S. (Modello Lotta Esclusione Sociale)
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: - Fondazione Piazza dei Mestieri (Capofila) - Centro di Solidarietà della Compagnia delle Opere - Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo
Destinatari dell’intervento Persone in condizione di svantaggio a causa di: • mancanza di una qualifica professionale; • provenienza da situazioni famigliari difficoltose e/o “pericolose” (es. presenza di uno dei due genitori agli arresti domiciliari, bambini a carico di uno solo dei due genitori); • situazioni reddituali al di sotto della soglia di povertà (ISEE al di sotto dei 10.000 €); • difficoltà nell’esposizione corretta in lingua italiana in particolare per gli stranieri
Fonte finanziamento Fondazione Telecom Italia
Ambito territoriale Provinciale – Provincia di Torino
Periodo di realizzazione 01/10/2010 - 31/05/2012
Sito web di riferimento /
Scheda 19
164
165 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il lavoro è un aspetto fondamentale nella vita dell’uomo e costituisce un elemento importante di promozione del cambiamento sociale. La disoccupazione, soprattutto quella di lungo periodo, rappresenta una delle principali cause di povertà e disagio. Spesso è collegata a una scarsa formazione di base o a competenze professionali non adeguate. La nuova struttura del mercato del lavoro, che introduce forti elementi di flessibilità, e il contesto congiunturale attuale, caratterizzato da una significativa crisi economica e finanziaria, hanno poi reso la situazione ulteriormente complessa. Partendo da tali dati di scenario la Fondazione Piazza dei Mestieri, insieme all’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo e al Centro di Solidarietà della CDO, ha presentato una proposta finalizzata a combattere l’esclusione sociale di soggetti svantaggiati e creare una rete sinergica di intervento fra realtà del Territorio Torinese impegnate nella lotta all’esclusione sociale. Il Progetto si è rivolto a 30 beneficiari che versavano in particolari situazioni di disagio già identificate tramite la rete di contatti sul territorio. Si trattava di persone con forti difficoltà nell’inserimento lavorativo autonomo a causa di: • mancanza di una qualifica professionale; • provenienza da situazioni famigliari difficoltose e/o “pericolose” (es. presenza di uno dei due genitori agli arresti domiciliari, bambini a carico di uno solo dei due genitori); • situazioni reddituali al di sotto della soglia di povertà (ISEE al di sotto dei 10.000 €); • difficoltà nell’esposizione corretta in lingua italiana, in particolare per gli stranieri. Più specificatamente il Progetto ha individuato come destinatari diretti le seguenti tipologie di soggetti: • giovani con meno di 25 anni o che abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e ancora in cerca di primo impiego; • lavoratori migranti in cerca di lavoro nell’Unione Europea; • appartenenti ad una minoranza etnica di uno Stato membro UE che debbano migliorare le conoscenze linguistiche, la formazione professionale o l’esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un’occupazione stabile; • persone che abbiano lasciato il lavoro a causa della difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare e che vogliano reinserirsi nel Mercato del Lavoro; • persone sole con uno o più figli a carico; • persone prive di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; • persone con più di 50 anni prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; • disoccupati di lungo periodo: disoccupati per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone con meno di 25 anni; • persone riconosciute affette, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; • persone che non abbiano ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente dopo essere state sottoposte a una pena detentiva o a un’altra sanzione penale; • donne appartenenti ad un’area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell’area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti. Il Progetto è stato strutturato in 4 fasi centrali: promozione e selezione pei partecipanti; formazione in aula e laboratorio; inserimento in stage; accompagnamento all’inserimento lavorativo. Attraverso la presa in carico personale del soggetto, l’orientamento, i Mestieri in prova, la formazione e l’inserimento in tirocinio, il Progetto si è proposto il completo recupero dei beneficiari attraverso lo sviluppo di specifiche competenze e l’inserimento nel mercato del lavoro. Gli obiettivi di risultato che il Progetto ha inteso raggiungere sono stati: - il completamento del percorso formativo e di orientamento da parte del 75% dei beneficiari, - l’inserimento lavorativo con contratto almeno a tempo determinato della durata di 12 mesi per il 50% dei beneficiari che hanno portato a termine il percorso formativo.
Scheda 19
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto Mo.L.E.S. si configura quale Buona Pratica in termini di: Metodologia operativa Il Progetto ha previsto l’erogazione simultanea dei servizi di recupero, formazione, ascolto, orientamento e tutoraggio secondo le reali necessità del beneficiario. I tutor hanno avuto la responsabilità di integrare efficacemente le differenti attività, modulando gli interventi sulle necessità del momento. Il percorso ha attuato una “presa in carico” personale del soggetto per accompagnarlo lungo tutto il percorso di inserimento nel mondo del lavoro. Fondamentale importanza nell’iter progettuale ha rivestito la fase di orientamento divisa in tre momenti: • sviluppo del Bilancio di Competenze e definizione del progetto lavorativo personale; • avvio ad un percorso di orientamento attivo in azienda MIP (Mestiere In Prova) dedicato all’osservazione del futuro lavoro in una realtà produttiva esistente, così da focalizzare punti di forza e debolezza e permettere al beneficiario di compiere una scelta consapevole del percorso formativo e del conseguente inserimento lavorativo; • restituzione dell’esperienza con l’orientatore, per confermare o meno la scelta fatta. Attraverso la metodologia “Mestieri in prova” gli utenti hanno dovuto mostrare le proprie attitudini, sia dal punto di vista disciplinare che dal punto di vista lavorativo, in un ambiente similare a quello di svolgimento del corso formativo e del training. Per quanto riguarda i risultati raggiunti, il 65% degli allievi ha frequentato almeno il 70% delle ore di formazione pianificate e 20 partecipanti (sui 31 ammessi) hanno completato il periodo di stage di 400 ore. A ciascuno di loro sono stati erogati 900€ di rimborso spese. Il 75% dei partecipanti sono ancora oggi in contatto con la sede; 15 di loro sono stati inseriti al lavoro con diverse tipologie di contratto e comunque il possesso di strumenti e competenze acquisite durante il Progetto sta permettendo loro di essere attivi nella ricerca e tenuta del lavoro. Rete partenariale I partner del Progetto hanno composto il nucleo rappresentativo di una rete territoriale più vasta che si basava sulle relazioni che ciascuno di essi ha da sempre sul territorio cittadino. La Piazza dei Mestieri ha sviluppato una collaborazione sia con le istituzioni civili e bancarie (Regione Piemonte, Comune di Torino, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT), sia con il vasto tessuto dei soggetti che intercettano il bisogno dei giovani quali il Centro di Solidarietà. Grazie a Convenzioni, Protocolli d’Intesa e Accordi di partenariato l’Ufficio Pio ha attuato una sussidiarietà operativa sul territorio. Sono numerose le istituzioni pubbliche e i soggetti del Terzo Settore con i quali l’Ufficio Pio collabora e costituisce reti per il sostegno dei cittadini in difficoltà. Il CDS ha sviluppato la propria attività creando relazioni stabili con l’Ufficio Pio, i servizi sociali territoriali e con i Centri di Ascolto delle Parrocchie, soprattutto in funzione dei bisogni espressi da un’utenza sempre più ampia e caratterizzata da bisogni che fanno riferimento a disagi relativi a situazioni di immigrazione, di disagio adulto (esclusione dal mondo del lavoro, problemi nel reperimento di risorse primarie quali alimenti, vestiti, incapacità di riorientarsi in un mutato scenario produttivo), di povertà grigie (nuclei monofamigliari, anziani soli, donne immigrate rimaste senza coniuge e con figli a carico). Il rafforzamento della rete locale e lo sviluppo di nuove relazioni sono alla base dell’efficacia di iniziative progettuali rivolte all’utenza locale. Attraverso i rapporti di rete è stato possibile realizzare un’azione di Mainstreaming Orizzontale e diffondere la metodologia dell’intervento e i suoi risultati. In questo modo Enti quali Fondazioni, Associazioni, Servizi Sociali, in grado di promuovere iniziative, inseriranno questa metodologia, peraltro già sperimentata in alcuni progetti legati alla Piazza dei Mestieri, tra le proposte di interventi di politiche attive per l’inserimento al lavoro. Il Progetto ha inoltre favorito la crescita umana e professionale degli operatori coinvolti e ha permesso di acquisire competenze nella relazione con soggetti spesso con problemi e disagi; tale crescita ha arricchito sia la Fondazione Piazza dei Mestieri che i partner mettendoli in condizione di sviluppare altri progetti che in parte mutuano l’esperienza acquisita con la realizzazione di Mo.L.E.S.
Scheda 19
166
167 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Innovatività
SCHEDA 20
Il Progetto ha permesso di sperimentare con successo una modalità di accompagnamento all’inserimento lavorativo che fin dal momento della selezione tendeva a scoprire le attitudini e le potenzialità dei candidati per poter investire su queste e per dare una possibilità concreta di inserimento lavorativo. Il beneficiario riconosceva l’attenzione che gli veniva riservata e il luogo (non solo fisico ma anche le persone) del Progetto diventano per lui riferimento cui ricorrere ogni qualvolta ne sentisse la necessità.
Ente Promotore - Rete di Partenariato Elementi di Sostenibilità La definizione di un modello metodologico e organizzativo efficace per gli interventi di contrasto al disagio diffuso tra la popolazione più debole presente sul territorio cittadino, legato soprattutto alla mancanza di occupazione stabile, è stata una tra le linee di intervento fondamentali e si è trattato di un asset strategico prioritario per i partner del Progetto. La Fondazione Piazza dei Mestieri ha stretti rapporti di collaborazione con gli enti locali territoriali e durante la definizione dell’idea progettuale, diversi partner hanno ritenuto apprezzabile l’intervento proposto manifestando interesse e dando sostegno formale. È pertanto ipotizzabile dare continuità all’azione sperimentata attraverso un partenariato composto da più soggetti che co-finanzi la riedizione insieme alla Fondazione Piazza dei Mestieri stessa. Quest’ultima continuerà ad ospitare al suo interno le ulteriori edizioni mettendo a disposizione la propria struttura logistica e l’esperienza dei propri operatori. Inoltre, la Piazza dei Mestieri ha attivato dal 2011 un servizio di Job Center rivolto ai giovani ed adulti che frequentano corsi e progetti della Piazza; in questa ottica anche i partecipanti al Progetto Mo.L.E.S. sono stati contattati ed inseriti tra gli utenti del servizio del Job Center, in modo da offrire anche a loro opportunità ed occasioni di inserimento lavorativo. Tale attività prosegue autonomamente rispetto al Progetto Mo.L.E.S.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Elementi trasferibili e riproducibili di questa pratica sono: • l’attivazione contemporanea dei servizi di recupero, formazione, ascolto, orientamento e tutoraggio; • la personalizzazione dell’intervento legata alla presenza di un tutor dedicato alla persona; • la realizzazione delle azioni di orientamento attraverso il Mestiere in Prova, cioè inserendo il beneficiario in un contesto lavorativo reale, per breve tempo (tre giorni al massimo) e sottoponendolo all’ “esame” di professionisti di settore, Chef, MaÎtre di Sala, Maestri panettieri e pasticcieri, presenti durante le giornate di prova.
CENTRO DI ACCOGLIENZA PADRE NOSTRO ONLUS in qualità di soggetto proponente unico. La rete di partenariato che ha sostenuto a vario titolo le attività del servizio offerto si può distinguere in rete di soggetti pubblici e rete di soggetti privati, come di seguito indicato. Soggetti Pubblici (tutti aventi sede a Palermo): S.M.S. S. Quasimodo I.C.S. «Renato Guttuso» Scuola dell’infanzia paritaria – Ada Negri Distretto14 - Osservatorio Dispersione Scolastica Unità Operativa Tutela Minori - Settore Servizi Socio-assistenziali - Comune Palermo Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio di Esecuzione Penale Esterna - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Comune di Palermo – Ufficio Assistenza Sociale – Unità Organizzativa III Circoscrizione - Servizio Sociale Territoriale Comune di Palermo – Ufficio Assistenza Sociale – Unità Organizzativa II Circoscrizione - Servizio Sociale Territoriale Azienda A.S.P. 6- Consultorio Villagrazia Falsomiele SER.T. Servizio Tossicodipendenze- Distretto 14 Liceo Socio-Psico pedagogico Danilo Dolci ICS Padre Pino Puglisi - Istituzione Scolastica statale E.S.I.S Ente Siciliano di Servizio Sociale (Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo) - Università D.D.S. Francesco Orestano Parrocchia San Gaetano Maria S.S. Divino Amore U.O. Neuropsichiatria Infantile - A.S.P. 6 Palermo Soggetti Privati (tutti aventi sede a Palermo): Centro Assistenza Legale - Associazione di promozione sociale Endo-Fap - Ente Don Orione – Formaz. Agg. Profess. Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia Sicilia Associazione Gruppo S.A.L.I. - Associazione No profit Associazione Auxilium Associazione Culturale Ziggurat – No profit Associazione I Praticabili - No profit Associazione Laboratori Riuniti Altrove - No profit Associazione Ideando - Associazione Onlus Associazione G.R.E.E.N
Scheda 19
Titolo Progetto
HOLDING
Destinatari dell’intervento Minori – Famiglie – Persone con disagio economico-socio-culturale
Fonte finanziamento Comune di Palermo-Settore Servizi Socio-assistenziali- Piano Infanzia Adolescenza ex Lege 285/97
Ambito territoriale Comune di Palermo
Periodo di realizzazione 14/12/2007 – 31/12/2008
Sito web di riferimento /
Scheda 20
168
169 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto Holding, a partire da una capillare analisi del territorio obiettivo sul quale agisce, è nato dalla necessità di offrire risposta ai bisogni rilevati nel corso di quasi 20 anni di esperienza del Centro di Accoglienza Padre Nostro. Il contesto geografico, sociale, economico e politico in cui nasce e si sviluppa il Progetto riguarda il quartiere Brancaccio, nel territorio della II Circoscrizione del Comune di Palermo che rappresenta una delle sacche di disagio multifattoriale ed estremamente complesso. Gran parte della popolazione è portatrice infatti di una cultura propria, spesso caratterizzata da dis-valori, quali prevaricazione e violenza. Un nucleo considerevole di abitanti non ha lavoro stabile e vi è una grande percentuale di soggetti dediti a lavori irregolari, quali straccivendoli, manovali e venditori ambulanti. Considerato il grande disagio economico in cui versano molti nuclei familiari, i minori sono spesso obbligati a contribuire all’economia familiare, dedicandosi a lavori illegali, pericolosi e diseducativi, comunque non adeguati alle loro capacità psico-fisiche (venditori di merce di contrabbando, spacciatori di sostanze stupefacenti, garzoni, etc.). L’unico spazio verde del territorio è rappresentato dal Centro Polivalente Sportivo Padre Pino Puglisi e Massimiliano Kolbe sito in Via San Ciro, inaugurato dal Centro Padre Nostro nel Maggio del 2011, a 20 anni dalla fondazione del Centro Padre Nostro. L’organizzazione del tempo libero, specie dei minori, è affidata dunque quasi esclusivamente al privato sociale. Nel quartiere non vi sono asili nido, mentre sono presenti una scuola elementare e materna, una scuola media inferiore e due scuole medie superiori. Numerose famiglie sono caratterizzate da multiproblematicità, condizioni di marginalità sociale, miseria culturale e valoriale, oltre che economica e materiale. Numerosi fattori determinano la disparità di cui le donne sono vittima nel contesto considerato e impediscono un maggiore equilibrio tra vita privata e vita professionale. Gli obiettivi generali che ha perseguito il Progetto sono stati: • offrire un supporto ed un sostegno quotidiano alle famiglie, consentendo loro di portare avanti gli impegni lavorativi e/o domestici; • creare un clima favorevole alla soddisfazione dei bisogni materiali e di identificazione, di costruzione dell’identità, di appartenenza, di libera espressione del bambino; • costruire un “ponte” tra gli spazi e i tempi che separano il piccolo dai genitori; • creare un rapporto di fiducia con le famiglie; • dare continuità alla funzione di accoglienza, contenimento e cura che i genitori svolgono nella relazione con i loro figli. Gli obiettivi specifici del Progetto sono stati determinati in base alle peculiari caratteristiche della fascia d’età dei destinatari cui esso è stato rivolto e sono legati alla necessità di promuovere lo sviluppo del minore nei suoi aspetti fisiologici, psicomotori, cognitivi, emotivo-affettivi e relazionali. Gli obiettivi specifici, come si legge di seguito, non hanno riguardato soltanto il minore ma anche la famiglia e le mamme in particolare: • favorire lo sviluppo del controllo delle funzioni fisiologiche (regolazione della fame, della sete, del controllo sfinterico, etc.); • favorire la graduale costruzione dello schema corporeo e del senso di identità corporea; • creare le condizioni necessarie perché possa svilupparsi la capacità di affidarsi ad una figura adulta significativa diversa dai genitori; • favorire lo sviluppo di competenze pro-sociali, nonché la costituzione di modalità relazionali positive tra bambini ed adulti e tra pari (quest’ultimo aspetto comincia infatti ad acquisire maggior peso man mano che l’età del bambino aumenta); • sollecitare la collaborazione dei genitori nella gestione delle attività promuovendo un modello positivo di comunicazione tra adulti e bambini, adulti e adulti, cittadinanza ed istituzioni; • coinvolgere le famiglie in percorsi di riflessione, programmazione e gestione insieme allo staff operante presso il servizio. Il Progetto HOLDING ha previsto lo sviluppo di diverse fasi di seguito individuate: Una fase preliminare in cui è stata rivolta particolare attenzione: - all’avvio di un percorso Formativo rivolto agli educatori della durata di 20 ore; - al consolidamento dei rapporti con le istituzioni e le associazioni presenti sul territorio, - al reperimento dell’utenza attraverso le modalità di coinvolgimento dei destinatari stabilite. Una fase centrale che ha previsto la realizzazione delle azioni progettuali programmate. Una fase conclusiva strutturata prevalentemente in azioni di raccolta dati, monitoraggio e valutazione in itinere e finale degli interventi.
Scheda 20
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
È stata inoltre realizzata un’azione trasversale consistente nel continuo raccordo con le istituzioni presenti sul territorio e nella stesura delle relazioni sull’andamento delle attività. Il complesso delle specifiche attività previste per la realizzazione del Servizio socio-educativo per minori è stato organizzato come di seguito descritto: 1. attività di sostegno materiale e psicologico dei minori e di cura personale; 2. attività volte alla valorizzazione della dimensione ludica (attività e giochi adeguati alle diverse fasce d’età); 3. attività di nutrimento dei bambini (merenda); 4. attività di routine: si tratta di momenti che si ripetono in maniera costante e ricorrente e che infondono sicurezza e serenità al bambino. In particolare ci si riferisce ai seguenti aspetti: l’accoglienza e il saluto all’uscita dal Servizio; l’igiene; la merenda; 5. attività strutturate (progettate, proposte e guidate dalle educatrici) in diversi campi d’esperienza, quali: • l’area manipolativa con la proposta di attività quali: pasta di sale, argilla, travasi con farine, etc.; • l’area espressiva con l’utilizzo di differenti linguaggi tra i quali quelli sonori ritmici musicali, quello artistico mediante diversi materiali: forbici, carta, pennelli, tempere, colori a dita, pastelli, gessetti; • l’area motoria con la proposta di percorsi e varie attività di movimento (palle, corde, cerchi, etc.); • l’area del linguaggio con le favole, le canzoncine, le filastrocche e la scoperta delle parole giocando; • l’area cognitiva con le costruzioni e varie tipologie di gioco euristico e gioco libero (le educatrici hanno avuto un ruolo di osservazione empatica e rispettosa dell’attività spontanea del bambino). Gli esiti raggiunti hanno riguardato tutti i livelli di intervento coinvolti: il bambino, la famiglia, la comunità locale e si riportano di seguito: • garantire, attraverso il servizio socio-educativo promosso, un sostegno quotidiano ad un consistente numero di famiglie nel corso dell’annualità (circa 50 famiglie); • promuovere azioni di sostegno materiale e psicologico e di cura personale dei minori accolti nel corso dell’annualità (complessivamente circa 50 bambini); • sviluppare azioni finalizzate alla valorizzazione di un adeguato ruolo genitoriale, nel riconoscimento della necessità di un impegno lavorativo; • cementare e diffondere la cultura socio-sanitaria; • consolidare, incentivare e diffondere lo scambio di buone prassi che garantiscano la gestione unitaria dei servizi alle persone; • formare e consolidare una équipe di lavoro specializzata nella gestione di Servizi per la Prima Infanzia; • accogliere richieste e contatti superiori al n. di iscrizioni: i contatti registrati presso il Servizio Sociale dell’Ente nell’arco dei 12 mesi hanno raggiunto le 120-150 unità; • sensibilizzare n. 2 aree circoscrizionali raggiunte dalla campagna informativa; • instaurare contatti e collaborazioni con Enti Pubblici e Privati trasversalmente raggiunti dall’intervento: almeno 15 tra Istituti Scolastici, Parrocchie, Servizi Socio-sanitari, Dip.Salute Mentale, Medici Pediatri, etc.
Descrizione della Buona Pratica realizzata La Buona Pratica individuata è stata centrata sulla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti nella gestione del servizio al progetto educativo: l’Ente gestore, gli Educatori, i genitori, il territorio. Ha dunque riguardato principalmente la modalità di gestione e la metodologia operativa. Elemento cardine del sistema di management è stata la partecipazione al progetto educativo. Per realizzare un progetto educativo condiviso dalle famiglie e da tutti gli operatori lo “Spazio Holding”, ha attivato un sistema di partecipazione che ha consentito a tutte le componenti coinvolte di svolgere un ruolo attivo reciprocamente arricchente e di contribuire a una migliore qualità del servizio. Tale partecipazione attiva si è realizzata attraverso: a) incontri di formazione, aggiornamento e supervisione degli educatori; b) incontri tra il Coordinatore del Servizio e gli educatori; c) incontri tra il Coordinatore del Servizio , gli educatori e i genitori. Dal punto di vista metodologico il presente Progetto si è incentrato su alcune dimensioni: - la complicità educativa tra la famiglia e gli educatori; - la quotidianità, intesa sia come pianificazione giornaliera delle attività, ma anche come condivisione delle vicende di ogni giorno;
Scheda 20
170
171 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
- la cura, realizzata attraverso la creazione di un ambiente adeguato alla soddisfazione dei bisogni dei bambini (materiali, affettivo-relazionali); - la transitorietà, intesa come possibilità offerta alle famiglie di usufruire del servizio per periodi brevi e/o in situazioni di necessità; - l’attivazione di percorsi educativi individualizzati e flessibili, sulla base delle esigenze e delle specificità di ogni minore e dei suoi genitori; - il lavoro di équipe tra gli operatori, il supervisore e le famiglie, oltre che con gli enti e le istituzioni del territorio, teso a costruire una “comunità educante”. La complicità educativa, la condivisione di un progetto comune (che non ha il minore iscritto come unico protagonista) hanno costituito gli aspetti salienti, dando vita alla possibilità di coinvolgimento di alcune mamme come volontarie del Centro Padre Nostro, trasformando il loro ruolo da fruitrici a promotrici del Servizio. Il progetto educativo dello “Spazio Holding” ha infatti accompagnato costantemente ed integrato l’opera della famiglia in un rapporto continuo con questa, promuovendo esperienze di partecipazione dei genitori alla vita del servizio, del territorio ed alle iniziative rivolte alle donne che l’Ente proponente ha attivato in quel periodo, sviluppando occasioni di affermazione di sé ed emancipazione personale aprendo la strada ad eventuali sbocchi occupazionali per le stesse mamme. A puro titolo di esempio citiamo: Licenza Media per adulti: n. 5 mamme hanno conseguito il diploma; Corso per Parrucchiere ed Estetiste: n. 20 donne hanno conseguito il titolo professionale; Corso per Addetti alle Pulizie: n. 20 donne hanno conseguito il titolo. Ad oggi n. 3 mamme del territorio offrono il proprio contributo volontario presso lo Spazio Gioco “La Coperta di Linus”, finanziato dal Comune di Palermo ex lege 285/ 97 e realizzato in ATS con l’Ass. Immagininaria Ragazzi.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
tieri (San Filippo Neri): - Dal 2004 al 2009: l’intervento previsto dal Progetto Holding è stato realizzato sin dall’anno 2004 in II Circoscrizione nel quartiere Brancaccio con fondi ex lege 285/97. - Anno 2010-2011: Servizio Baby Sitting-Servizio Educativo 0-5 anni con il sostegno della Fondazione con il Sud- Progetto G.Zen Net-Quartiere San Filippo Neri, realizzato dal Centro di Accoglienza Padre Nostro, c/o l’ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE -“L. SCIASCIA” - Palermo. - Anno 2011: Baby Sitting-Servizio Educativo 0-5 anni con il sostegno della Fondazione Prog. Aiutare i Bambini, realizzato dal Centro di Accoglienza Padre Nostro, Quartiere San Filippo Neri, c/o l’ ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE -“L. SCIASCIA” -Palermo; - Anno 2012-2013: Progetto“LA COPERTA DI LINUS”- SPAZIO GIOCO 0-5- finanziato dal Comune di Palermo, fondi ex lege 285/97 , c/o la sede di Brancaccio sita in Via San Ciro 23/B, Palermo, attività in corso avviata in data 01/10/2012-durata annuale. Inoltre si specifica che le innovazioni sperimentate sono state recepite dagli organismi coinvolti nel Progetto sia nello specifico ambito di intervento che in ambiti analoghi, pertanto la tipologia di mainstreaming realizzato è stata di tipo orizzontale. La strategia adottata si è focalizzata sullo scambio ed il confronto tra le diverse parti coinvolte nell’azione e sulla sensibilizzazione di vari Enti pubblici e privati all’iniziativa, attraverso la promozione di incontri tra educatori, genitori ed operatori dell’Ente e di altri Enti impegnati nel sociale, di incontri interistituzionali e quanto di interesse diretto relativamente all’area dell’infanzia e della genitorialità.
Elementi di Innovatività Per dei quartieri in cui il disagio economico, sociale e culturale è particolarmente elevato (come Brancaccio e San Filippo Neri) l’innovatività consiste nel consolidamento, attivato nel corso degli anni, di quei presupposti necessari per la creazione di movimenti denominati Tagesmutter (mamma di giorno), in cui si prevede la collaborazione attiva all’interno del servizio di giovani mamme del quartiere, riducendo in tal modo l’emarginazione ed il disagio sociale e favorendo l’acquisizione di una formazione adeguata alla gestione di attività analoghe.
Elementi di Sostenibilità La sostenibilità del Servizio può tenere conto di una parte delle risorse volontarie dell’Ente proponente e della disponibilità espressa dagli Enti partner. In considerazione infatti della necessità di un Servizio che garantisca continuità agli utenti, il Centro Padre Nostro, anche nelle esperienze pregresse, ha garantito l’apertura del servizio anche nei periodi in cui l’Ente era in attesa di approvazione dei finanziamenti: in tal modo grazie alla disponibilità dei Volontari le attività non sono state sospese. Tale iniziativa ha consentito nel tempo di limitare i rischi insiti nelle progettualità che prevedono una durata limitata. La sostenibilità che ad oggi si ritiene di poter garantire consiste nella realizzazione delle attività grazie: - alle risorse volontarie dell’Ente; - alla promozione di percorsi formativi a favore di giovani mamme del quartiere che pongano le basi per la creazione di movimenti denominati Tagesmutter, in cui si prevede la collaborazione attiva all’interno del servizio di giovani mamme del quartiere , riducendo in tal modo i costi di gestione dello stesso; - ai partner che il Centro e le Associazioni partner hanno nel tempo sensibilizzato; - a Fondazioni ed Enti che operano a sostegno delle donne e dei minori; - a fonti provenienti dal 5x1000.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Per quanto attiene la riproducibilità, si può affermare che la stessa iniziativa è già stata sperimentata negli anni (sin dal 2004) attraverso i seguenti progetti realizzati nello stesso quartiere (Brancaccio) ed in altri quar-
Scheda 20
Scheda 20
172
173 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 21 Titolo Progetto
Solidarietà nel Verde
Ente Promotore - Rete di Partenariato Consorzio Solidalia (Soggetto proponente unico) Rete di Partenariato: A.U.S.L n.9 Trapani DIPARTIMENTO DIPENDENZE PATOLOGICHE DAP - UEPE CIA- CONF. ITALIANA AGRICOLTORI CONFCOLTIVATORI FEDERAZIONE PROV. COL DIRETTI LEGACOOP/AGRO-ALIMENTARE SOAT- Sportello per l’innovazione in agricoltura/ Assessorato regionale all’agricoltura PORRACCHIO E VULPITTA SRL ASSOCIAZIONE “SENZA SPONDE” ASSOCIAZIONE “UN LEGALE PER TUTTI I.P.S.S.A.R “1 e V Florio” di Erice Casa Santa PORRACCHIO E VULPITTA SRL ASSOCIAZIONE “SENZA SPONDE” ASSOCIAZIONE “UN LEGALE PER TUTTI. I.P.S.S.A.R “1 e V Florio” di Erice Casa Santa ACU - Associazione consumatori e utenti UNCI - Ente di formazione Coop. Sociale ARIANNA Coop. Sociale ALBATROS Coop. Sociale Madre Teresa di Calcutta Coop. Sociale NUOVI ORIZZONTI Coop. Sociale LA FENICE
Destinatari dell’intervento Soggetti in condizione disagiata a causa di: • appartenenza a nuclei familiari monoreddito, in cui il soggetto percettore del reddito, per cause indipendenti dalla sua volontà, abbia perso il lavoro; • maltrattamenti (donne vittime di maltrattamenti prese in carico dai servizi sociali e sanitari); • condizioni di vita marginali, come l’assenza di una dimora stabile, l’assenza di sostegno parentale, giovani tra i 18 e i 25 anni, già in carico da minorenni ai Servizi Sociali
Fonte finanziamento Zona Distretto Socio Sanitario D50 – Legge 328/2000
Ambito territoriale Provinciale – Provincia di Trapani
Periodo di realizzazione 22/03/2010 - in corso di realizzazione
Sito web di riferimento www.solidalia.net/coopzabbara.asp
Scheda 21
174
175 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto “Solidarietà nel verde” si propone come un intervento formativo e come proposta lavorativa che strategicamente promuove lo sviluppo individuale e professionale per i soggetti disagiati che, come descrivono le ultime statistiche, presentano maggiori criticità nel rapporto con il mondo del lavoro. Il Progetto “Solidarietà nel verde” è centrato su una strategia di successo basata sulla utilizzazione di cinque impianti serricoli messi a disposizione dal Consorzio Solidalia, costituendo sia un avviamento alla coltivazione a tutto campo di prodotti agricoli tipici locali che una sperimentazione del lavoro all’interno di cicli di produzione innovativi, quali gli impianti serricoli. Il Progetto “Solidarietà nel verde” sviluppa le seguenti strategie operative: • il potenziamento delle risorse personali e professionali funzionali allo sviluppo dell’autonomia lavorativa; • la costituzione di un lavoro di rete tra l’organismo gestore e i partner Federazione provinciale CIA - Confederazione italiana agricoltori, Federazione provinciale Col diretti, Lega Coop/Agroalimentare Provinciale, Unione provinciale agricoltori/Confagricoltura, SOAT- Sportello per l’innovazione in agricoltura, Assessorato agricoltura e foreste che sono chiamati nella fase di avvio del Progetto a pianificare un lavoro di rete tra i vari operatori del territorio al fine di innescare strategie di condivisione degli obiettivi e dei messaggi educativi nei confronti della popolazione target segnalata; • la creazione di un LABORATORIO FORMATIVO ED ESPERIENZIALE che, attraverso esercitazioni pratiche di tecniche di produzione, sviluppi nei destinatari competenze ed abilità lavorative finalizzate a “fare impresa”. Nello specifico si intende realizzare una iniziativa imprenditoriale a lungo termine che permetta ai destinatari di acquisire le competenze basilari nel settore agricolo ed al contempo di promuovere modalità relazionali idonee a favorire una integrazione tra gli stessi partecipanti. Con l’ausilio di formatori e professionisti specializzati, si potrà dunque garantire un supporto sostanziale ai soggetti in difficoltà segnalati dai Comuni, che non sia limitato temporalmente ed incida positivamente sul loro percorso di crescita personale e professionale. Il Progetto vuole difatti abbandonare la logica assistenzialistica e creare le condizioni necessarie affinché si divenga protagonista attivi del proprio cambiamento nell’ottica di promozione di uno sviluppo locale imprenditoriale. A livello generale, il Progetto “Solidarietà nel verde” intende ridurre il fenomeno della disoccupazione e favorire l’inclusione sociale attraverso la creazione di percorsi formativi finalizzati a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di categorie svantaggiate (disoccupati di lunga durata, immigrati, etc). Inoltre, intende fornire ai soggetti in difficoltà strategie di empowerment per favorire la comprensione di se stessi e della realtà in cui vivono, l’acquisizione di competenze personali e professionali con un atteggiamento emancipatorio che permetta loro di poter gestire meglio la propria vita relazionale, di gruppo e di comunità. A livello specifico il Progetto si propone di perseguire i seguenti obiettivi: • attivare interventi di formazione sul campo per supportare le categorie disagiate nello sviluppo di competenze specifiche nel settore agricolo che consentano al lavoratore di poter espletare le proprie funzioni dando un contributo utile alla crescita dell’azienda in cui lavora; • promuovere progetti di inserimento socio-lavorativo nell’ambito dell’agricoltura attraverso la sperimentazione di tecniche per la coltivazione a tutto campo ed in serra di prodotti agricoli tipici locali; • sperimentare la trasformazione del prodotto agricolo attraverso laboratori pratici di lavorazione e preparazione di conserve; • commercializzare e posizionare il prodotto agricolo sul mercato; • attivare percorsi di orientamento ed accompagnamento al lavoro attraverso la stesura del bilancio delle competenze di ogni partecipante, al fine di elaborare profili personali e professionali che consentano agli utenti di rivalutare in generale il proprio progetto di vita; • attivare laboratori esperienziali in gruppo in cui gli utenti possano confrontarsi sulla comunicazione, sulla gestione dei conflitti e sulla motivazione al lavoro; • sostenere il reddito familiare; • attivare percorsi di sviluppo locale e accompagnamento all’impresa per fornire indicazioni e competenze in relazione al mondo imprenditoriale ed alle possibilità connesse alla creazione di un lavoro autonomo; • incrementare le abilità di osservazione e comprensione delle procedure e delle tecniche di lavorazione, ma anche degli aspetti organizzativi e gestionali; • stimolare nei partecipanti capacità creativa, incrementare le capacità di problem solving e decision making per abituare i destinatari all’assunzione di ruoli di responsabilità.
Scheda 21
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Il Progetto individua come destinatari delle attività: • soggetti appartenenti a nuclei familiari monoreddito, in cui il soggetto percettore del reddito, per cause indipendenti dalla sua volontà, abbia perso il lavoro; • donne vittime di maltrattamenti prese in carico dai Servizi Sociali e Sanitari; • persone con modalità di vita marginali, come l’assenza di una dimora stabile, prive di sostegno parentale; • giovani e adulti che presentano situazioni di disagio psichico; • giovani tra i 18 e i 25 anni, già in carico da minorenni ai Servizi Sociali. Le attività che il Progetto propone sono: Formazione pratica: attivazione di moduli formativi finalizzati all’acquisizione del sapere, saper fare e saper essere per un operaio specializzato nella coltivazione e produzione in serra e a tutto campo di prodotti agricoli tipici locali; Avvio e accompagnamento al lavoro: gli utenti sono accompagnati durante il percorso lavorativo dall’educatore che ha funzioni di tutoring e di raccolta dei fabbisogni e delle esigenze lavorative degli utenti; Sviluppo locale e creazione d’impresa: attraverso i partner e l’azione formativa i destinatari sono orientati a forme di lavoro subordinato o alla costituzione di cooperative. Nello specifico si intende realizzare una iniziativa imprenditoriale (Cooperativa sociale di tipo B nel settore agricolo) a lungo termine che permetta ai destinatari di acquisire le competenze basilari nel settore agricolo ed al contempo di promuovere modalità relazionali idonee a favorire una integrazione tra gli stessi partecipanti.
Descrizione della Buona Pratica realizzata L’Ente Promotore individua all’interno del Progetto due differenti tipologie di Buone Pratiche a livello di Metodologia operativa e di Rete Partenariale. Grande importanza è stata data alla metodologia operativa adottata durante l’iter progettuale. Durante la fase iniziale delle attività si è posto l’obiettivo della fondazione del gruppo, in considerazione del fatto che il gruppo dei partecipanti era eterogeneo per caratteristiche, storie, sesso, personalità, difficoltà, appartenenza sociale ed economica. Per tale azione sono state utilizzate modalità sia verbali sia espressivo-relazionali, in grado di facilitare le dinamiche gruppali, orientandole verso la creazione di un clima favorevole alla conoscenza dell’altro sufficiente per la realizzazione di un gruppo di lavoro efficace ed efficiente. In particolare, sono stati svolti lavori di presentazione verbale ed espressiva, attraverso la tecnica del disegno individuale e di gruppo, il brainstorming, i giochi con associazioni del linguaggio, etc. Sono stati trattati temi quali la fiducia, la progettualità relativa alle dimensioni temporali passato-presente-futuro, la soggettività e l’oggettività, la possibilità della scelta, la connessione tra la vita personale e quella sociale, la responsabilità, le potenzialità ed i limiti, la diversità. Relativamente alla Rete Partenariale, si è avviata anche una proficua collaborazione con il SOAT di Buseto Palizzolo, al fine di acquisire maggiori competenze ed informazioni relativamente a tutto ciò che si muove nel mondo dell’agroalimentare, attraverso consulenze tecniche, formazione professionale e scambio di contatti utili. Per quanto riguarda l’attenzione alle difficoltà individuali dei partecipanti a “Solidarietà nel Verde”, lungo l’iter progettuale sono stati realizzati dei colloqui individuali con un équipe costituita da una psicoterapeuta ed uno psicologo, ponendo l’attenzione in modo particolare su alcuni soggetti del gruppo, che richiedevano, oltre alla consultazione psicologica, anche un sostegno nella gestione delle proprie attività di “cura del benessere”, al di là della presenza negli spazi del Progetto (ad esempio visite in ospedale, servizi di cura, medico curante). Sono continuati, inoltre, il dialogo e la collaborazione con i Servizi Sociali di riferimento, con il Servizio di Psicologia e la Psichiatria dell’Asp di Trapani.
Elementi di Innovatività Gli aspetti innovativi del Progetto sono i seguenti: • L’importanza del riconoscimento del soggetto a rischio di esclusione sociale come soggetto protagonista del proprio cambiamento, a partire dal facilitare occasioni di partecipazione e possibilità di esserci con modalità diverse;
Scheda 21
176
177 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
• L’importanza del lavoro di rete, del suo riconoscimento per il valore che assume come centro della vita sociale; • Un servizio che costruisca progetti individualizzati che rispettino i ritmi di vita dell’utenza a partire dalle risorse e dalle capacità già presenti in questa iniziativa; • II raccordo e l’integrazione territoriale quale strumento metodologico indispensabile per lo sviluppo di azioni concrete e continue nel tempo volte a favorire percorsi di crescita di qualità. Pertanto fondamentale è la collaborazione diretta con enti firmatari dei protocolli d’intesa e i servizi del territorio; • La stipula di protocolli d’intesa con le varie realtà sociali ed imprenditoriali presenti nel territorio al fine di formalizzare la rete costruita intorno all’utente; • L’utilizzo delle risorse della rete consortile.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 22 Titolo Progetto
R.I.S.E Rete Inclusione Socio-Economica Azione 11 del Piano di zona DDS 42 Elementi di Sostenibilità La sostenibilità della Buona Pratica e la disponibilità o la capacità di generare nuove risorse viene garantita dalla costituzione della Cooperativa “A Zabbara”. Il Progetto “A Zabbara” costituisce un potenziamento delle azioni mirate al raggiungimento degli obiettivi di “Solidarietà nel Verde”, relativi alla creazione di una Cooperativa Sociale di tipo B operante prevalentemente nel settore agricolo. La proposta progettuale ha l’obiettivo di ridurre il fenomeno della disoccupazione e favorire l’inclusione sociale attraverso la creazione di percorsi formativi finalizzati a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di categorie svantaggiate; inoltre intende fornire ai soggetti in difficoltà strategie di empowerment per favorire la comprensione di se stessi e della realtà in cui vivono, l’acquisizione di competenze personali e professionali con un atteggiamento emancipatorio che permetta loro di poter gestire meglio la propria vita relazionale, di gruppo e di comunità.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’approccio metodologico adottato e il modello di rete creato rappresentano due elementi potenzialmente trasferibili e riproducibili in altri contesti e a favore di differenziate categorie di utenze, poiché mettono in risalto la centralità e il protagonismo dell’individuo promuovendo un percorso di progressivo rafforzamento di competenze ed empowerment in grado di promuovere e rafforzare il reinserimento sociale e professionale dell’individuo che versa in condizione di svantaggio. Tale modello, con i dovuti accorgimenti, può quindi risultare foriero di nuovi potenziali sviluppi.
Ente Promotore - Rete di Partenariato Accordo di Cooperazione tra: Comune di Palermo Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM) di Palermo Ufficio Esecuzione Penale Esterna (UEPE) di Palermo Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Palermo Associazione “Inventare Insieme (onlus)” Associazione CRESM (Centro Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione) Cooperativa Sociale Al Azis Cooperativa Sociale Azzurra ARCI Palermo Associazione Le Onde
Destinatari dell’intervento Minori – Detenuti - Tossicodipendenti in fase di remissione in carico ai SERT da almeno 6 mesi - Donne vittime di abusi e/o maltrattamento - Famiglie
Fonte finanziamento Comune di Palermo - Settore Servizi Socio Assistenziali - Ufficio Piano Legge 328/00
Ambito territoriale DISTRETTO SOCIO SANITARIO DDS 42 Comune Capofila: Comune di Palermo Altri comuni: Monreale, Piana degli Albanesi, Belmonte Mezzagno, Santa Cristina Gela, Villabate, Altofonte, Lampedusa e Linosa
Periodo di realizzazione 10/01/2011 - 10/04/2013
Sito web di riferimento /
Scheda 21
Scheda 22
178
179 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto L’Azione R.I.S.E. è nata nell’ottica di un Welfare di tipo comunitario in cui il territorio, oltre a essere portatore di quei bisogni che hanno determinato la nascita del Progetto, ha assunto una valenza attiva e propositiva in cui le risorse vengono connesse tra loro e rese fruibili. Il territorio è quindi inteso, non solo come spazio fisico nel quale ricadono gli interventi programmati, ma anche come luogo nel quale le soggettività presenti, le istituzioni, le imprese, le associazioni sindacali, il volontariato possono condividere progetti di sviluppo, concertare le loro azioni, ripartire consensualmente le azioni da svolgere e, secondo gli ambiti di propria competenza, stipulare accordi. L’esigenza di un coordinamento locale degli interventi, di aggregazione dei soggetti produttivi presenti in aree determinate, di ricerca degli strumenti di promozione dello sviluppo locale, attraverso rapporti collaborativi che rientrano nello sviluppo di un modello di Welfare municipale o di comunità garantiscono l’erogazione dei servizi, l’attivazione di processi di partecipazione solidale e di cittadinanza attiva, oltre a una infrastrutturazione sociale fortemente connessa alla rilevazione diretta del bisogno della persona, della famiglia e della comunità locale. Il Progetto ha costituito una significativa sperimentazione dei capisaldi fondativi della legge 328/2000 in tema di sussidiarietà verticale ed orizzontale, di integrazione tra pubblico e privato, tra le politiche sociali, le politiche sanitarie, le politiche attive del lavoro e quelle della formazione professionale e continua degli adulti, promuovendo un sistema di Welfare comunitario attento e rispondente ai bisogni del singolo cittadino, della famiglia e della comunità. L’azione ha costituito pertanto, a livello distrettuale, un valido Sistema Locale per l’Inclusione Lavorativa per “fasce di cittadini deboli e svantaggiati”, che gestisce servizi, attiva sistemi ed orienta le politiche del territorio alle esigenze sociali (connesse ai bisogni dei cittadini target dell’azione) ed istituzionali (connesse al mandato istituzionale degli enti promotori dell’azione). La finalità generale del Progetto è stata quella di promuovere lo sviluppo di politiche sociali innovative, fondate sul policentrismo di interventi e attuate mediante lo sviluppo di partenariati territoriali, favorendo in tal modo azioni di contrasto all’esclusione sociale e la promozione di pari opportunità di accesso alla vita produttiva ed al benessere sociale. Ciò è stato perseguito mediante la strutturazione di una risposta organizzata all’esclusione sociale tramitela cooperazione integrata tra pubblico (Comune di Palermo, USSM, UEPE e ASP) e privato sociale, associazioni e cooperative sociali che hanno co-progettato e co-gestito l’azione sin dalla fase sperimentale avviata nel 2005. L’azione progettuale si è avvalsa di 3 Centri di Iniziativa Settoriali, attivati nel 2004 attraverso il Progetto “Equal” “SOLE – Sistema Orientamento Lavoro Esclusi” e strutturati a supporto degli Uffici di Servizio Sociale della Giustizia Minorile, dell’Esecuzione Penale Esterna per gli Adulti e dell’Azienda Sanitaria Provinciale. I tre Centri di iniziativa si sono rivolti in forma specialistica a cittadini del distretto. Nello specifico: • Il Centro di Iniziativa “SOLE Giovani” è rivolto a minori e giovani sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile e/o a rischio di coinvolgimento in attività criminose (dai 14 ai 21 anni); • Il centro di Iniziativa “SOLE Giustizia” è rivolto a persone adulte sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria; • Il Centro di Iniziativa “SOLE Salute” è rivolto a persone adulte in situazione di Dipendenza patologica e Donne vittime di maltrattamento e abuso. Ciascuno dei tre Centri di Iniziativa è stato impegnato a realizzare le seguenti finalità generali: • promozione dell’inclusione socio-lavorativa mediante il riconoscimento dei diritti di cittadinanza e la promozione della cittadinanza attiva dei beneficiari dell’azione; • promozione di un’idea e di una esperienza di sicurezza sociale che si fondi sull’abbassamento delle soglie di esclusione sociale e lavorativa; • costruzione di una rete di sostegno all’inclusione sociale mediante l’integrazione e/o la collaborazione con gli altri servizi di Welfare della città. Nello specifico è stato attivato un sistema/servizio innovativo e sperimentale di mentoring, in ciascuno dei tre Centri di Iniziativa Settoriale; • Sperimentazione e consolidamento dell’esperienza di istituzione sociale tra pubblico e privato sociale nella ideazione e gestione di un servizio sociale integrato per responsabilità e funzioni. I servizi attivati nell’ambito del Progetto R.I.S.E. sono stati: A. Il SISL (Servizio di Inclusione Socio-Lavorativa) che svolge compiti connessi ad: accoglienza, segnalazioni, orientamento, matching (incrocio tra domanda ed offerta e proposta di opportunità di inserimento), individuazione di eventuali forme di sostegno e facilitazione dell’inserimento (voucher, accompagnamento educativo);
Scheda 22
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
B. Il SAL (Servizio di Accompagnamento al Lavoro) che svolge compiti connessi a: selezione tirocinanti (accoglienza segnalazioni SISL e individuazione dei beneficiari); orientamento e progettazione individualizzata; ricerca e contatto azienda (sensibilizzazione, individuazione, convenzione); gestione tirocini formativi (avvio, tutoraggio, monitoraggio e valutazione); C. Il Servizio Innovativo e sperimentale di Mentoring che si impernia sulle prestazioni di persona reclutati tra persone interne o esterne al mondo del lavoro sociale e di aiuto, che danno la disponibilità a lavorare sui processi di empowerment dei beneficiari del Progetto. I mentor saranno supportati da training specifici e dedicheranno alle persone “prese in carico” uno o due incontri settimanali di un’ora o due ore ciascuna, per l’intera durata del percorso di accoglienza.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto R.I.S.E. si identifica quale Buona Pratica a livello di Modalità di Gestione, Metodologia Operativa, Rete Partenariale, poiché è frutto della co-progettazione e del cofinanziamento degli Enti sia pubblici sia privati, che operano all’interno di R.I.S.E.. Il cofinanziamento degli enti del privato sociale partner con il Comune di Palermo e con gli Enti istituzionali coinvolti nell’azione (USSM, UEPE ed ASP) si sostanzia attraverso la capitalizzazione del lavoro volontario svolto dai mentor. La Co-progettazione sociale è una tra le modalità più innovative che l’Ente Pubblico ha oggi a disposizione per l’erogazione dei servizi sociali, in alternativa alla tradizionale gara d’appalto. Co-progettare significa rispondere alla domanda di interventi sociali proveniente dal territorio, non tanto o non solo in termini di predisposizione ed erogazione di servizi, quanto di costruzione di una nuova contrattualità condivisa. Significa coniugare positivamente le diverse risorse culturali, professionali ed economiche presenti nella comunità locale con la capacità dell’Ente Pubblico di promuovere sul territorio i necessari sistemi di protezione sociale e di miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Elemento chiave dello strumento di Co-progettazione sociale è la funzione di responsabilità e garanzia esercitata dall’Ente Pubblico/Enti Pubblici coinvolti nelle azioni, nell’individuazione di interlocutori qualificati ed affidabili. La Co-progettazione sociale mette, dunque, in gioco diversi ruoli e richiede l’uso di una variegata disciplina giuridica, sia sul piano dei riassetti organizzativi, sia soprattutto rispetto alle modalità di azione, che devono necessariamente convergere verso una gestione unitaria delle varie attività, che possa portare alla nascita di “istituzioni sociali” intesi come luoghi di concertazione e di co-gestione di servizi comunitari integrati tra istituzioni pubbliche e terzo settore competente e radicato nei contesti locali.
Elementi di Innovatività Il Progetto R.I.S.E. si è caratterizzato per la capacità d’integrazione che ha coinvolto soggetti pubblici e privati, che nell’arco di questo triennio, hanno contribuito alla crescita del Progetto medesimo. L’integrazione tra il pubblico e il privato si configura come una peculiarità che è diventata elemento portante del Progetto. La condivisione degli obiettivi e l’individuazione degli spazi operativi di ciascun soggetto coinvolto hanno reso la collaborazione fluida e priva di conflitti.
Elementi di Sostenibilità Il Progetto R.I.S.E. si fa portatore di azioni di mainstreaming sia orizzontale che verticale. Mainstreaming orizzontale (a livello di progetto) Lo sviluppo di nuove modalità e di nuove metodologie d’intervento consentono di definire degli standard qualitativi dei servizi di inclusione socio-lavorativa che favoriscono l’implementazione di un sistema di accreditamento delle risorse e contestualmente la “qualità del sistema” e l’individuazione di Buone Pratiche da consolidare nel sistema. Mainstreaming verticale (a livello di politiche) L’attuazione del Progetto e la sperimentazione prevista offre l’occasione di effettuare una “mappatura”
Scheda 22
180
181 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
del sistema normativo che regola il sistema di inclusione socio lavorativo del target di riferimento. La “verifica” del sistema R.I.S.E. offre al sistema di Welfare locale e regionale l’opportunità di individuare i “punti critici del processo” e soprattutto di “aprire” nuovi percorsi e di individuare nuove strategie utili al raggiungimento degli obiettivi occupazionali e di inclusione. L’Amministrazione Comunale, in collaborazione con gli uffici regionali di riferimento a cui compete l’indirizzo e la programmazione, può recepire e rendere ordinarie le azioni sperimentate nell’ambito del Progetto. A tal fine, il ruolo di coordinamento del Comune, all’interno del partenariato progettuale, porta un plus valore al Progetto, per monitorare da vicino l’applicazione dei modelli innovativi, recepire in itinere le buone prassi sperimentate, partecipare alla loro diffusione ed al loro trasferimento in altri ambiti e ad altri soggetti svantaggiati.
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 23 Titolo Progetto
M.E.N.T.I.S Movimento Empowerment Nuovi tentativi di Inclusione Sociale
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il modello di intervento e la logica di rete proposta dal Progetto R.I.S.E., incentrata sull’azione di Coordinamento e governance tecnica svolta dal Comune capofila e il coinvolgimento e il supporto diretto a cura degli Enti Istituzionali (USSM, UEPE, ASP/Sert) e delle Organizzazioni del privato sociale coinvolte nella co-progettazione rappresenta un modello ottimale di cui si auspica la riproducibilità e la replicabilità a vari livelli e in diversificati ambiti. Tale modello di intervento permette, infatti, di condividere procedure e metodologie, sperimentare modelli operativi innovativi, mettere in connessione e rafforzare la relazione tra enti pubblici e organizzazioni del privato sociale locale in un sistema organizzativo funzionale per rispondere efficacemente ai bisogni degli individui e promuovere il miglioramento delle loro condizioni sociali, personali e professionali.
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: Cooperativa Nido d’Argento (Soggetto Capofila); ASTERISCO - Associazione per lo sviluppo socioeconomico; Società Cooperativa Sociale LIFE; Società Cooperativa Sociale Antropos
Destinatari dell’intervento n. 20 cittadini residenti nei comuni del distretto Socio Sanitario 41 (Partinico, Balestrate, Borgetto, Trappeto, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Giardinello, Montelepre e Camporeale), che si trovano in condizione di disagio ed esclusione sociale a causa di povertà estrema
Fonte finanziamento Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007-2013, Fondo Sociale Europeo, Regione Siciliana – Asse III - Inclusione Sociale – Avviso Pubblico n. 1/2011 per la realizzazione di progetti volti all’inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizioni di disagio ed esclusione sociale
Ambito territoriale Provincia di Palermo - Distretto Socio Sanitario 41 (Partinico, Balestrate, Borgetto, Trappeto, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Giardinello, Montelepre e Camporeale)
Periodo di realizzazione 2012 - 2014
Sito web di riferimento mentis.nidodargento.it
Scheda 22
Scheda 23
182
183 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto M.E.N.T.I.S. intende promuovere ed attivare un percorso integrato della durata complessiva di 24 mesi, rivolto a n. 20 soggetti in povertà estrema che vedrà il suo culmine nella creazione di impresa sociale. Il Progetto prevede infatti la formazione, teorica e on the job, di 20 soggetti per il successivo inserimento nel mondo del lavoro attraverso l’accompagnamento alla creazione di impresa nel settore florovivaistico e ortofrutticolo. L’attivazione dell’impresa proietta l’azione progettuale oltre il ciclo di vita del Progetto e rappresenta il vero punto di inizio del processo di inclusione che si intende attivare. Le attività del Progetto consistono nello studio ed analisi del territorio mirato ad una puntuale articolazione della formazione, funzionale a fornire le competenze, le capacità e le conoscenze necessarie ad un futuro inserimento in azienda o alla creazione di nuove realtà lavorative. In relazione a ciò sono state previste anche Work Experience in azienda ed accompagnamento all’attività lavorativa autonoma. Nello specifico l’iniziativa permette ai 20 destinatari di sapersi occupare di: • cura e manutenzione dell’arredo verde pubblico; • recupero e ripristino alla coltivazione di terreni in stato di abbandono per impiantarvi colture orticole e arboree; • potatura, innestatura, messa a dimora e manutenzione di piante da orto, da frutto e ornamentali. Le fasi del Progetto sono: FASE 1 - Ricerca sul territorio - Analisi del territorio - Selezione - Analisi fabbisogni formativi - Animazione e sensibilizzazione. FASE 2 - Formazione - Orientamento - Bilancio competenze FASE 3 - Work Experience - Accompagnamento creazione impresa. FASE 4 - Inserimento lavorativo - sostegno creazione impresa. FASE TRASVERSALE - Direzione, Coordinamento e Monitoraggio. FASE 5 - Comunicazione e Diffusione.
Descrizione della Buona Pratica realizzata All’interno del Progetto M.E.N.T.I.S. la Buona Pratica che viene rilevata è la definizione di un cammino innovativo capace di promuovere nuove opportunità di inclusione e occupazione attraverso un rilancio dell’attività di Agricoltura sociale, ed attività ad essa correlate, e di rappresentare un’effettiva opportunità lavorativa per persone in stato di estrema povertà residenti nelle territorio di riferimento. Il Progetto M.E.N.T.I.S. propone infatti un modello innovativo, potenzialmente replicabile e trasferibile in altri territori, di percorso esperienziale di tipo inclusivo che va oltre le tradizionali impostazioni didattiche e valorizza invece contesti di apprendimento operativo e di tipo non formale, individuando quale momento formativo di importanza primaria l’esperienza on the job. La Fase 1 (Attività di Ricerca - Mappatura del territorio e Animazione e Sensibilizzazione) e la Fase 2 (Formazione) rappresentano, infatti, due momenti preparatori e funzionali alla ottimizzazione della successiva Esperienza diretta sul campo (Fase 3 - Azione di Accompagnamento - WE), che costituisce, invece, il momento di apprendimento principale sul campo per i destinatari del percorso; la WE contribuisce: a sviluppare operativamente le conoscenze e le abilità connesse al ruolo da ricoprire, un sapere tecnico-pratico utile a migliorare e semplificare il primo e/o i successivi approcci con la realtà lavorativa locale; ad agevolare la comprensione dei meccanismi che regolano il mondo del lavoro; a facilitare il passaggio, mentale e operativo verso un contesto lavorativo-professionale. Particolarmente interessante risulta inoltre il settore sul quale si è deciso di puntare: l’Agricoltura Sociale. Attraverso essa si intende dare occupazione a persone in età lavorativa, escluse dal mercato del lavoro e in stato di povertà e sperimentare, sostenere e stabilizzare nel territorio un sistema di nuove opportunità lavorative e di sviluppo economico che può divenire un modello riproponibile, contribuendo altresì a rilanciare nel territorio programmi di riqualificazione urbana. Infatti, l’ambito operativo tanto delle Work Experience promosse nell’ambito del Progetto quanto dell’Impresa costituita nella fase finale è quello della Gestione del Verde urbano.
Scheda 23
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Elementi di Innovatività All’interno del modello di intervento proposto dal Progetto M.E.N.T.I.S. è possibile individuare due elementi innovativi centrali: il primo è la sperimentazione di un modello di Economia Sociale volto all’inclusione dei soggetti marginalizzati. L’esperienza di creazione di impresa cui il Progetto M.E.N.T.I.S. darà vita, rientra nell’ambito del fenomeno dell’Economia sociale che già da alcuni anni si va diffondendo sul territorio nazionale ed europeo con grandi e interessanti risultati, soprattutto in ambito Agricolo e di Gestione del Verde. Anche se a livello nazionale il termine Agricoltura Sociale non ha ancora ricevuto un riferimento giuridico normativo univoco, sono ormai ampiamente diffuse e variegate le esperienze e le attività che permettono a persone provate da diverse forme di svantaggio e disagio di trovare nel settore agricolo in generale una chance per dare un nuovo significato alla propria vita, dare un senso alle proprie capacità attraverso percorsi di inclusione sociale e lavorativa nonché di servizi educativi, terapeutici e riabilitativi. In tale direzione si colloca anche il Programma di Sviluppo Rurale Sicilia (PSR 2007 – 2013) che promuove lo sviluppo di “nuove attività di diversificazione (ricreative, culturali, didattiche, faunistiche, cinologiche, escursionistiche, sportive, ippoturismo, onoterapia, fruizione del territorio e valorizzazione delle tradizioni, vendita diretta dei prodotti tipici, adozione animali, raccolta diretta, trasformazione/commercializzazione, etc.) rivolte a soddisfare sia la domanda rurale tradizionale che quella innovativa, ivi inclusa l’agricoltura sociale”, incoraggiando l’idea di un’agricoltura che ospita, accoglie e coinvolge “soggetti svantaggiati” e “fasce deboli” della popolazione e rende un servizio di utilità sociale. La testimonianza diretta di operatori che lavorano in tale ambito e le diverse indagini condotte sia a livello nazionale che a livello di singole realtà locali, evidenziano che questo approccio etico e solidale all’Agricoltura ed alle sue ramificazioni ha trovato una nuova forza espansiva anche a seguito dell’evolversi della crisi economica che spinge sempre più persone sotto la soglia di povertà e non garantisce le fasce più disagiate e deboli. A livello di comunità locali, di amministrazioni, di imprese, si fa sempre più strada la consapevolezza che qualificare l’agricoltura e le attività che ruotano intorno ad essa, significa offrire ai sistemi sociali ed economici una occasione di sviluppo e di rilancio, nuove opportunità di occupazione e, più in generale, garantire un miglioramento della qualità della vita delle popolazioni locali. Alla luce di tali elementi il modello di intervento ha inteso sperimentare e radicare sul territorio locale un nuovo modello di economia etica, di tipo responsabile, multifunzionale ed ecosostenibile in grado di coltivare non solo prodotti, ma anche valori e risorse, quelle umane, ed in grado di animare il territorio e generare una sinergia tra comunità locale, sistema imprenditoriale e soggetti socialmente deboli e svantaggiati. Passando attraverso il risanamento e la riappropriazione del territorio da parte dei cittadini e promuovendo la creazione sul territorio di attività di gestione del verde pubblico, il Progetto contribuisce a: potenziare le risorse umane e relazionali interne alla comunità locale; attivare un collegamento con le realtà del terzo settore e del volontariato attive in ambito sociale; implementare un modello innovativo di fare Welfare; attivare un processo produttivo eco-sostenibile e rispettoso dell’ambiente e del paesaggio. Il secondo elemento innovativo è la sperimentazione di nuovo modello di percorso incluso incentrato essenzialmente sul carattere esperienziale. La Work Experience che rappresenta il momento centrale di apprendimento on the job offre ai destinatari l’opportunità di rivestire un ruolo da protagonista esclusivo nel definire il proprio ruolo. Durante la Work Experience sono utilizzate metodologie attive e di apprendimento non formale per favorire la crescita personale e professionale del destinatario e la progressiva presa di consapevolezza delle proprie capacità e delle proprie attitudini; il soggetto “in formazione”, giorno dopo giorno, consolida un bagaglio conoscitivo ed esperienziale di qualità grazie alla continua interazione con il gruppo di lavoro interno alla struttura ospitante e mediante il supporto operativo delle figure dei tutor che rivestono un ruolo di facilitatori dell’apprendimento.
Elementi di Sostenibilità L’elemento progettuale che garantisce la sostenibilità del Progetto M.E.N.T.I.S. è costituito dalla specifica azione di creazione di impresa. A seguito della WE i destinatari sono protagonisti della creazione di impresa sociale che prevede la gestione del Verde Urbano. I destinatari avranno così l’opportunità di sperimentare direttamente la realizzazione di un’attività imprenditoriale a finalità sociale e mettere in pratica le capacità e le abilità maturate durante il periodo di formazione on the job. L’effettiva creazione dell’impresa avviene
Scheda 23
184
185 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
con il supporto consulenziale di esperti che accompagnano e agevolano la fase iniziale degli adempimenti connessi all’avvio, nonché l’attività di promozione e marketing necessaria allo start up finalizzata a supportare l’impresa nell’attivazione di rapporti, collegamenti e contatti privilegiati con il MdL locale. L’attivazione di questa nuova realtà proietta quindi i risultati e le azioni di Progetto oltre il naturale ciclo di vita del Progetto. In virtù di tali considerazioni, il modello proposto opera in linea con il concetto di “sostenibilità” intervenendo nel settore della lotta all’inoccupazione attraverso l’inclusione sociale e il trasferimento di competenze atte a garantire spazi di vita futura.
SCHEDA 24 Titolo Progetto
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità
CRIS
Il modello di intervento proposto dal Progetto M.E.N.T.I.S. è potenzialmente sfruttabile in altri contesti e con altre tipologie di utenze poiché propone un percorso integrato di formazione, Work Experience e supporto alla creazione di impresa che si presta facilmente ad essere riproposto e sperimentato in svariati settori al fine di promuovere e favorire l’inclusione socio – lavorativa dei destinatari privilegiati.
Ente Promotore - Rete di Partenariato ASTERISCO Associazione per lo sviluppo socioeconomico
Destinatari dell’intervento Il percorso formativo è rivolto a n. 10 soggetti svantaggiati – DIS (giovani e gli adulti che non hanno completato gli studi o che vivono situazioni lavorative precarie, gli immigrati, le donne giovani ed adulte che necessitano di azioni di riconversione, promozione, reinserimento, i soggetti appartenenti a fasce socialmente deboli a rischio di emarginazione, gli ex detenuti o i soggetti in condizione di detenzione domiciliare, i soggetti che praticano terapie riabilitative, le ragazze madri etc.), residenti nella Regione Sicilia, che abbiano conseguito almeno la Licenza Elementare
Fonte finanziamento Piano Regionale dell’Offerta Formativa P.R.O.F. 2011 - Ambito FAS - FORMAZIONE AMBITI SPECIALI
Ambito territoriale Provincia di Palermo
Periodo di realizzazione 2011
Sito web di riferimento www.asterisco.sicilia.it
Scheda 23
Scheda 24
186
187 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto Il Progetto CRIS (Creazione di Innovazione Sociale) ha proposto il percorso di qualificazione professionale in ASSISTENTE DOMICILIARE E DEI SERVIZI TUTELARI, della durata complessiva di 648 ore, rivolto a soggetti che vivono una particolare condizione di svantaggio (DIS - Disadattati Sociali). La finalità generale dell’ambito FAS è stata quella di realizzare interventi formativi volti a favorire l’inclusione socio-professionale dei soggetti che versano in una situazione di disadattamento sociale (ad es. immigrati; giovani ed adulti che non completato gli studi o che vivono situazioni lavorative precarie; donne giovani ed adulte che necessitano di riconversione, promozione, reinserimento; soggetti appartenenti a fasce socialmente deboli a rischio di emarginazione; ex detenuti o soggetti in condizione di detenzione domiciliare; soggetti che praticano terapie riabilitative; ragazze madri, etc.). Il Progetto CRIS, attraverso il trasferimento di skill di qualità e l’utilizzo di metodologie didattiche innovative e diversificate, ha voluto superare le diverse forme di disagio ed avviare il recupero del processo socializzante e inclusivo nella società e nel contesto economico – professionale di appartenenza dei soggetti portatori di svantaggio. La proposta progettuale intendeva quindi perseguire gli obiettivi di seguito indicati: 1) offrire esperienze formative complete e altamente qualificanti nel settore individuato; 2) sostenere il rapido ed efficace inserimento professionale dei neoformati nel tessuto produttivo locale; 3) favorire l’accesso delle donne al mercato del lavoro e l’occupazione femminile nello specifico settore di intervento; 4) agevolare processi di aggiornamento e/o ampliamento del capitale conoscitivo professionale e supportare il percorso di inserimento nel mercato dei soggetti svantaggiati. Il percorso di qualifica ha avuto una durata complessiva di 648 ore suddivise in n. 498 ore di formazione teorico – pratica in aula, 126 ore di stage. L’efficacia dell’azione formativa è stata rafforzata ed arricchita grazie a specifiche azioni di supporto (per complessive 24 ore a partecipante) di seguito specificate: Azione di Orientamento: 20 ore di consulenza orientativa interna a partecipante (il totale delle ore dedicate all’attività di orientamento sarà pari a 56 ore), che ha favorito un processo di crescita personale sul piano culturale e sociale dei destinatari diretti del percorso, ed è stato realizzato in tre momenti fondamentali dell’iter progettuale, con obiettivi e contenuti diversificati (in ingresso 2 ore a partecipante per un totale di 20 ore di consulenza, in itinere 16 ore in assetto gruppale e in uscita 2ore a partecipante per un totale di 20 ore di consulenza). Azione di Supporto Personalizzato: Colloqui motivazionali in itinere: 4 ore di supporto personalizzato individuale per un totale di 40 ore di consulenza con lo specifico obiettivo di individuare, prevenire e/o risolvere eventuali problemi di tenuta motivazionale degli allievi in formazione.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Il Progetto CRIS ha proposto al territorio e alla collettività locale un percorso formativo con l’obiettivo di trasferire ai soggetti svantaggiati un insieme di competenze specialistiche spendibili sul mercato e un insieme di conoscenze e strumenti indispensabili per agevolare e favorire la piena e completa integrazione socio-economico-professionale della persona. Il percorso infatti si presentava come intervento integrato di orientamento (in ingresso, in itinere e in uscita), formazione, stage, visite didattiche e un’azione di supporto personalizzato (colloqui motivazionali in itinere). In tale percorso l’azione centrale e fondamentale, la formazione (624 ore erogate nell’arco di 8 mensilità) veniva integrata da specifiche azioni di Orientamento e di Supporto Personalizzato - Colloqui motivazionali in itinere. L’approccio metodologico utilizzato, con il supporto di un orientatore – psicologo, durante tale fase è stato la Reconnaissance des Acquis, che letteralmente significa “riconoscimento delle competenze acquisite”. Tale approccio si realizza attraverso percorsi individuali e collettivi di lettura e decodifica degli apprendimenti, finalizzati a far riconoscere all’individuo le competenze acquisite nel corso della vita attraverso diverse esperienze, per poterle scoprire, valutare e reinvestire in un progetto. Sulla base di tale analisi i destinatari sono stati supportati in un processo articolato su due livelli: • l’inventario delle risorse: un momento fondamentale del percorso che porta il soggetto ad identificare e decodificare il sistema di competenze informali di cui è in possesso.
Scheda 24
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
• la presa di coscienza dei processi individuali, individuali, di acquisizione e messa in opera, delle proprie dinamiche. In tal modo attraverso l’analisi delle proprie esperienze e attraverso un lavoro di interiorizzazione e coscientizzazione da parte della persona che agisce è stato possibile procedere alla valorizzazione delle competenze informali a livello personale sociale e professionale, poiché tali competenze esperienziali si identificano come l’insieme di competenze, conoscenze, capacità e comportamenti di un individuo che determinano il suo saper agire in una determinata situazione, in un determinato contesto, allo scopo di conseguire una performance, saper combinare diverse risorse, per gestire o affrontare in maniera efficace delle situazioni in un contesto dato.
Elementi di Innovatività L’elemento innovativo che caratterizza il Progetto CRIS è la previsione, a completamento ed integrazione del processo di qualificazione, di una specifica azione di orientamento e supporto personalizzato con l’obiettivo specifico di rendere i destinatari consapevoli del percorso professionale intrapreso e delle opportunità presenti sul mercato. Durante le attività didattiche (in ingresso, in itinere e in uscita dal percorso formativo) sono stati organizzati dei momenti di riflessione e sensibilizzazione orientativa finalizzati a promuovere il coinvolgimento degli allievi, ad avviare il processo di aggregazione tra i partecipanti, a favorire un processo di crescita personale sul piano culturale e sociale dei destinatari diretti del percorso, a prevenire e/o risolvere eventuali problematiche di tenuta motivazionale degli allievi in formazione, a creare un atteggiamento positivo necessario ad un efficace apprendimento e a realizzare un’analisi specifica del profilo, delle competenze acquisite e della spendibilità della professione e supportare gli allievi nell’attivazione di rapporti e contatti con il mondo del lavoro. Tale azione consulenziale condotta da un operatore preparato con tecniche di coinvolgimento attivo (Reconnaissance des Acquis) ha permesso ai soggetti destinatari del percorso di compiere un percorso di autoanalisi sulle proprie preferenze e sulle molteplici aspettative in uscita dal percorso al fine di superare gli ostacoli connessi alla loro condizione di marginalità.
Elementi di Sostenibilità Grazie all’implementazione di queste specifiche azioni, e alla sperimentazione dell’approccio metodologico innovativo proposto, i soggetti in formazione hanno avuto l’opportunità di avviare e di percorrere un percorso di riflessione sulle proprie capacità e sul proprio saper fare. I destinatari dell’intervento hanno così potuto ridefinire le aspettative iniziali rispetto al percorso formativo intrapreso e un nuovo percorso di vita e professionale, incentrato sulle specifiche esigenze e sui propri desideri, immettendosi in maniera consapevole, fiduciosa e attiva nel circuito della ricerca di nuove opportunità di lavoro.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità L’inserimento all’interno di un percorso formativo di azioni di orientamento e di supporto consulenziale e l’adozione di approcci innovativi come la Reconnaissance des Acquis non fanno altro che valorizzare l’esperienza formativa a 360°, proponendo agli allievi in formazione un percorso di identificazione, recupero e valorizzazione delle competenze informali già possedute e/o conseguite in vari ambiti quali rete familiare, amicale, lavorativa, etc. Pertanto è auspicabile che tutti i processi formativi, di qualifica e di aggiornamento per lavoratori, giovani, stranieri, etc. prevedano una specifica fase durante la quale con il supporto di esperti orientatori - accompagnatori, vengano guidati verso un percorso di autoanalisi, al fine di riconoscere e valorizzare il sistema di competenze esperienziali e le risorse di cui ciascuno è dotato per eseguire un compito, risolvere una problematica, etc.
Scheda 24
188
189 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
SCHEDA 25 Titolo Progetto
IN.E.S. Inclusione Empowerment Solidarietà
Ente Promotore - Rete di Partenariato A.T.S. composta da: ASSOCIAZIONE SVILUPPO E SOLIDARIETA’ 2005 ONLUS (nel ruolo di Capofila); JOB&SERVICE SOCIETA’ COOPERATIVA (nel ruolo di Partner); FORMA.NET (nel ruolo di Partner); Universo e Ambiente Cooperativa Sociale (nel ruolo di Partner)
Destinatari dell’intervento Beneficiari diretti dell’intervento progettuale saranno 20 soggetti, uomini e donne di età compresa fra i 18 e i 40 anni, selezionati fra coloro che, nell’ambito dell’area territoriale di riferimento, sono esclusi dal mercato del lavoro e versano in condizioni di disagio sociale
Fonte finanziamento Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007-2013, Fondo Sociale Europeo, Regione Siciliana – Asse III- Inclusione Sociale – Avviso Pubblico n. 1/2011 per la realizzazione di progetti volti all’inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizioni di disagio ed esclusione sociale
Ambito territoriale Provincia di Messina - Distretto Socio Sanitario D-27, comprendente i 13 Comuni di Milazzo (comune Capofila), San Filippo del Mela, Condrò, Gualtieri Sicaminò, Monforte San Giorgio, Pace del Mela, Roccavaldina, Santa Lucia del Mela, San Pieri Niceto, Spatafora, Torregrotta, Valdina, Venetico
Periodo di realizzazione 2012 - 2014
Sito web di riferimento www.progettoines.it
Scheda 25
190
191 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
Sintesi del Progetto IN.E.S. è l’acronimo di “Inclusione Empowerment Solidarietà”, termini nei quali si racchiude e sintetizza il senso e l’obiettivo dell’intervento che il Progetto intende realizzare: favorire e incoraggiare, grazie alla messa in campo di azioni integrate e all’apporto congiunto di attori diversi, una maggiore partecipazione dei soggetti svantaggiati ad una opportunità formativa e occupazionale per offrire loro la possibilità di acquisire competenze tecniche e ridurre i fenomeni di discriminazione sul mercato del lavoro e gli ostacoli al processo di inserimento sociale e professionale. Perché ciò sia possibile, il Progetto propone la sperimentazione, in un’area corrispondente al Distretto Socio-Sanitario “D27” della Provincia di Messina, di un modello d’intervento innovativo, finalizzato a promuovere e sostenere la piena ed effettiva partecipazione al mercato del lavoro locale di soggetti marginalizzati, grazie ad un percorso di empowerment finalizzato all’avvio di un’iniziativa imprenditoriale per la gestione di un Orto Sociale, da realizzare nel Comune di Gualtieri Sicaminò. Il Progetto prevede lo sviluppo delle seguenti Fasi: Fase 1 – Attività di Ricerca – Mappatura del territorio, Animazione e Sensibilizzazione: con il duplice obiettivo di individuare le aziende che ospitano le Work Experience e quelle che possono usufruire dei servizi della costituenda cooperativa e di centrare l’attenzione sul grado di conoscenza, sensibilità e diffusione sulle tematiche di Responsabilità Sociale di Impresa, promuovendo all’interno del mondo imprenditoriale la piena consapevolezza e l’impegno concreto per realizzare percorsi inclusivi e di lotta all’emarginazione; Fase 2 – Attività di Orientamento e Counselling: volta a stimolare e supportare i singoli partecipanti nel processo di riconoscimento delle competenze e capacità acquisite nel corso della vita, anche al di fuori di contesti formali di apprendimento, e di valorizzarle in funzione del proprio progetto lavorativo; Fase 3 – Azione di Accompagnamento – Work Experience: con il preciso intento di consentire ai partecipanti di sperimentare, in maniera guidata e protetta, la dimensione lavorativa e l’addestramento a funzioni e compiti funzionali all’operato della costituenda Cooperativa agricola; Fase 4 – Azione di inserimento lavorativo e di sostegno per la creazione di lavoro autonomo, mirante a sostenere un inserimento stabile e di qualità dei destinatari nel mondo del lavoro e accompagnare il processo di costituzione e avvio della Cooperativa agricola; Fase 5 – Diffusione dei risultati volta a promuovere ampia sensibilizzazione rispetto alle tematiche affrontate ma nel contempo porgere dei modelli possibili di inclusione lavorativa e sociale a vantaggio dei più deboli. Fase trasversale - Management – Monitoraggio e Valutazione con lo scopo di garantire lo sviluppo armonico dell’azione progettuale ed il buon esito dell’iniziativa proposta.
Descrizione della Buona Pratica realizzata Nell’ambito del Progetto IN.E.S. la Buona Pratica rilevata è direttamente connessa all’azione di Ricerca e Mappatura prevista nell’architettura progettuale. Tale Fase del Progetto ha infatti previsto il raggiungimento di tre obiettivi strategici. Il primo è stato quello di avviare e rafforzare sul territorio regionale un’azione di animazione e sensibilizzazione, rivolta al sistema produttivo locale e alla opinione pubblica, sui concetti di solidarietà, inclusione e Responsabilità Sociale di Impresa sui quali si fonda l’intera sperimentazione del Progetto IN.E.S., il cui acronimo è appunto quello di Inclusione Empowerment Solidarietà. Il secondo obiettivo centrale che l’azione di Ricerca intendeva perseguire è quello di raggiungere il più elevato numero possibile di Aziende attive nel settore florovivaistico del sistema produttivo locale, promuovendo il coinvolgimento diretto delle aziende secondo due direttrici fondamentali: da una parte favorendo la partecipazione delle aziende del settore florovivaistico localizzate nell’intero territorio regionale all’Indagine conoscitiva condotta nell’ambito della RSI (Responsabilità Sociale di Impresa), attraverso la compilazione di un questionario ad hoc predisposto; dall’altro lato promuovendo l’adesione delle aziende localizzate nel Distretto D-27 di Messina alla Rete IN.E.S., in qualità di soggetto ospitante la Work Experience di uno o più destinatari privilegiati del Progetto, esperienza da realizzare durante la Fase 3 del Progetto IN.E.S. Azione di Accompagnamento - Work Experience con una durata complessiva di 9 mesi. Infine l’azione di Ricerca ha offerto un sostanziale contributo alla creazione di un terreno di curiosità, inte-
Scheda 25
Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
resse e disponibilità a beneficio della Cooperativa Sociale costituenda; l’impresa sociale, che dimostra di essere un modello adatto per impiegare soggetti svantaggiati e vulnerabili come donne, persone disabili, tossicodipendenti ed ex detenuti, che tendono spesso ad essere esclusi dalle imprese, è proposta in questo percorso sperimentale quale fulcro centrale attraverso il quale: • promuovere percorsi di socialità quale punto di partenza per la risoluzione delle problematiche di emarginazione a favore di particolari categorie di soggetti che vivono in una condizioni di disagio; • contribuire al risanamento urbano in una logica di sostenibilità ambientale, poichè la creazione di un Orto sociale porta con sè numerosi risvolti positivi per la comunità locale, primo fra tutti il recupero di aree degradate e abbandonate della città e la loro riconversione in aree verdi. Attraverso la creazione della Cooperativa sociale è quindi possibile porgere un buon esempio di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. L’Attività di Ricerca ha previsto lo sviluppo di quattro azioni fondamentali: 1 - La costruzione di un database di aziende operanti sul territorio regionale nel settore Agricolo e Florovivaistico. 2 - La costruzione di uno strumento di rilevazione ad hoc, il Questionario da somministrare alle Aziende. 3 - L’elaborazione di un testo di Convezione per formalizzare la disponibilità delle aziende localizzate nel Distretto D-27 di Messina ad ospitare uno o più destinatari per lo sviluppo della Work Experience. 4 - L’azione di contatto diretto delle Aziende, attraverso l’utilizzo di strumenti tradizionali (contatto ed intervista telefonica) e informatici (e-mail). Il Report sull’Attività di RICERCA - MAPPATURA DEL TERRITORIO - ANIMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE del Progetto “IN.E.S.” è pubblicato sul sito www.progettoines.it.
Elementi di Innovatività Purtroppo recenti indagini condotte sul tema della diffusione e della sensibilizzazione rispetto alla Responsabilità Sociale di Impresa, tendono a confermare una conoscenza ancora poco diffusa e poco interiorizzata dalle aziende e in particolare dalle Piccole e Medie Imprese (PMI). Ecco perché in linea con quanto promosso a livello sia europeo che nazionale è necessario innanzitutto investire sulla promozione della conoscenza a livello di sistema produttivo locale, diffondendo ad ampio raggio un’informativa efficace e completa sull’importanza e sulla necessità di adottare pratiche socialmente responsabili che rispondano ad obiettivi comuni. Proprio partendo da tale necessità, prendeva spunto nella fase progettuale del Progetto IN.E.S., l’idea di porre in essere una indagine ad hoc sulla RSI per offrire l’opportunità di riflettere sullo stato dell’arte e di proporre nuovi scenari di intervento al fine di promuovere processi inclusivi in grado di coinvolgere e rendere protagoniste anche le imprese del sistema territoriale. Le pratiche di RSI, inoltre, possono essere considerate in modo più esteso, come Responsabilità Sociale Territoriale (RST), al fine di creare e qualificare i rapporti tra “le imprese verso il territorio” e “il territorio verso le imprese”, come scambio di pratiche di innovazione gestionale, in grado di contribuire a migliorare le politiche di sviluppo territoriale, di settore e di Welfare, per affrontare in modo maggiormente sostenibile e innovativo ed uscire dalla situazioni di crisi del distretto Agricolo e Florovivaistico.
Elementi di Sostenibilità L’elemento che garantisce la sostenibilità del Progetto IN.E.S. è costituito dall’azione di creazione di un’impresa sociale, che di fatto acquisisce sin dalla sua nascita l’approccio della RSI, che prevede l’attivazione di un Orto Sociale a gestione diretta da parte dei destinatari: la concessione di un terreno incolto per la creazione della futura Cooperativa rende possibile da un lato la creazione dell’impresa di agricoltura sociale, ma nel contempo un programma di riqualificazione urbana di elevatissimo valore sociale. I destinatari, supportati dall’azione consulenziale di esperti che accompagnano e agevolano la fase iniziale degli adempimenti connessi all’avvio della neocooperativa, hanno così l’opportunità di sperimentare direttamente la realizzazione di un’attività imprenditoriale a finalità sociale e mettere in pratica le capacità e le abilità maturate durante il periodo di formazione on the job realizzato durante la WE.
Scheda 25
192 Progetto MENTIS - Catalogo Di Buone Pratiche - SEZIONE 2
L’attivazione di questa nuova realtà proietterà quindi i risultati e le azioni di Progetto oltre il suo naturale ciclo di vita. Inoltre la specifica azione di Ricerca condotta sul tema RSI ha l’obiettivo di avvicinare e sensibilizzare il contesto produttivo locale rispetto alla valorizzazione delle potenzialità, dei vantaggi e dei benefici che gli approcci di RSI comportano in termini di migliore gestione organizzativa, valorizzazione dell’immagine aziendale e della reputazione dell’impresa all’interno e all’esterno del settore di riferimento. In virtù di tali considerazioni, il modello proposto opera in linea con il concetto di “sostenibilità” intervenendo nel settore della lotta all’inoccupazione attraverso l’inclusione sociale e il trasferimento di competenze atte a garantire spazi di vita futura.
Elementi di Riproducibilità e di Trasferibilità Il modello di intervento proposto dal Progetto IN.E.S. è potenzialmente riproducibile e trasferibile in altri contesti e con altre tipologie di utenze poiché propone un percorso integrato di formazione, Work Experience e supporto alla creazione di impresa che si presta facilmente ad essere riproposto e sperimentato in altri settori al fine di promuovere e favorire l’inclusione socio – lavorativa dei destinatari privilegiati.
Scheda 25
PROGETTO “M.E.N.T.I.S” Movimento Empowerment Nuovi tentativi di Inclusione Sociale CIP: 2007.IT.003/III/G/F/6.2.1/0096 - CUP G85E11000100009 D.D. N. 472 del 13/03/2012 Finanziato ai sensi dell’Avviso Pubblico n°1/2011 per la realizzazione di progetti volti all’inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizioni di disagio ed esclusione sociale - Assessorato Regionale alla Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro, Dipartimento Regionale della Famiglia e delle Politiche sociali - Programma Operativo Regionale Sicilia Obiettivo Convergenza Fondo Sociale Europeo 2007-2013 Asse III - Inclusione Sociale
INVESTIAMO PER IL VOSTRO FUTURO
Unione Europea Fondo Sociale Europeo
Regione Siciliana
Fondo Sociale Europeo
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Fondo Sociale Europeo Sicilia Programma operativo 2007-2013