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Gelato (estratto inedito di Obsidian)
Io e Daemon ci fissammo dai lati opposti del mio portico. Be', io lo fissavo mentre lui sghignazzava. "Posso stare seduto qui tutta la notte," disse, poggiandosi contro la ringhiera come se stesse davvero pianificando di accamparsi la fuori. Mi fece pensare al giorno in cui mi aveva invitato in piscina. Quando veniva provocato, quel ragazzo poteva essere tanto determinato quanto era insopportabile. “Vuoi andare a prendere un gelato, vengo con te.” Le chiavi della macchina premevano contro il mio palmo. "Io non voglio che tu venga con me." "Non. Mi. Importa." Per un secondo, mi deliziai con la visione di me che volavo attraverso il portico e lo colpivo con le mie chiavi - ovviamente non su quel bellissimo volto - come un ninja. Si passò una mano nei capelli, scoprendo la fronte. "L'unica altra opzione è che io chieda a Dee di prendertene un po'." "Se lo mangerebbe tutto prima acora di tornare qui!" Strinse le labbra. "Be', questo è assolutamente vero. Quindi credo che tu porterai il tuo bel culetto" con una mano gesticolò verso la mia porta d'ingresso "di nuovo dentro casa, dove non c'è alcun gelato o sciroppo al cioccolato." Sospirai. Non che non capissi perché non potessi andare in giro da sola. C'era un Arum nei paraggi e io brillavo come una palla da discoteca, ero un bersaglio. Ma avevo raggiunto il limite di sopportazione della presenza di Daemon per quel giorno. "Né confettini del colore dell'arcobaleno," continuò con cattiveria. "Né quei bellissimi cucchiaini che ti danno in quel fantastico negozietto in città." Prendendo un profondo respiro, incrociai le braccia. "Ti sbagli di grosso". "Oh! E non c'è alcuna possibilità di scegliere il gelato cremoso, in casa tua. O dei coni gelato. O del gelato in generale." Grugnii, lottando contro il bisogno di sbattere la testa contro il muro. "Dio, ti odio a
volte." Daemon mi abbagliò con quei suoi denti bianchi. "No che non lo fai." Invece di bisticciare con lui, marciai verso l'auto. "Forza. Andiamo." "Finalmente. Hai decis di ragionare." Prima che potessi rispondere o fare qualunque cosa, mi strappò le chiavi dalla mano. “Ehi!” Gridai. "Cosa credi di fare?" Daemon era già al fianco della mia sedan, aprendo la portiera del guidatore. Odiavo quando usava quella sua super-velocità. Mi laciò uno sguardo innocente. "Scusa. Non mi fido di mettere la mia vita nelle tue mani di guidatrice." Roteai gli occhi, saltando sul sedile del passeggero. “Bene. Guida. Non importa.” Lui ridacchiò e la mia pelle fremette per l'irritazione e per... per qualcos'altro che non riconoscevo. Divertimento? Sì. Nessuno mi faceva impazzire come faceva Daemon. Un momento ero pronta a esplodergli in faccia e quello successivo provavo sentimenti che non avevano alcun senso. Ma mi aveva salvato la vita. Quante volte sino ad allora? Tre? Forse di più se avessi contato l'orso e quando mi aveva difeso con gli altri Luxen. Gesù ero proprio una seccatura. Eppure lui era rimasto con me dopo il ballo. Non perché fosse obbligato, ma perché sapeva che ero spaventata. Nel profondo, Daemon poteva essere un ragazzo decente se solo lo desideva. Litigammo per l'intero tragitto verso il centro: per la stazione radio, il limite di velocità, sul fatto che i miei freni dovessero essere cambiati e sul perché avrei dovuto procurarmi delle catene prima che si fosse messo a nevicare. Quando finalmente arrivammo al Mom and Pop Style Diner, Daemon scese dalla macchina per primo chiudendo le sicure prima che io potessi aprire la portiera. “Argh!” Colpii con forza il bottone della sicura e spalancai lo sportello."Idiota!" Sfoggiando un sorriso malizioso, aprì la porta per me. "Prima le donne." Avanzai cautamente, quasi aspettandomi che lui mi sbattesse la porta in faccia, ma quando non lo fece mormorai un "grazie." La sua risata bassa mandò un brivido sulla mia pelle. "Sembri così sincera,“ disse girandomi attorno. "Allora, cosa ti andrebbe?" Fui colpita da un'improvvisa immagine di lui premuto contro di me, la sua mano sulla pelle nuda della mia pancia. Il mio petto andò in fiamme. Forse stavo pensando a quel momento perché Daemon era addormentato, perciò non poteva aprire la sua insopportabile boccaccia. Daemon si piegò e mormorò "Gelato, Kitty. Sto parlando del gelato." "Lo so." Lo spintonai, ma fu quasi come cercare di spostare una montagna. Lui non si mosse di un centimetro e io rinunciai appena poggiò le sue braccia sulle mie spalle. Mi allontanò dai tavolini giudandomi verso la vetrina su cui era scritto UN GELATO PER OGNI STAGIONE. Nel momento in cui vidi i secchielli pieni di quelle cremose bontà, il mio stomaco brontolò. C'erano così tante scelte. Più che altro gusti autunnali—zucca, pumpkin spice, burro di mele (bleah), torta di noci e così via. Daemon ordinò una combinazione di gusti autunnali che mi fecero rivoltare lo stomaco, mentre io ordinai una coppa di cioccolato e vaniglia. Ovviamente chiedendo alla ragazza dietro il bancone di riempirla con una vagonata di sciroppo e una pioggia di confettini colorati.
Ci sedemmo portando le nostre coppe di gelato a un tavolino vicino alla finestra. C'erano solo altre due persone nel locale e, se non fosse stato per la stazione radio che trasmetteva vecchia musica, il silenzio sarebbe stato insopportabile. Era una situazione molto strana. Mi gettai sul mio gelato come se non mangiassi da settimane. Non ero questa gran mangiatrice di gelato, ma cavolo, quando lo volevo lo volevo da impazzire. E quel gelato era delizioso. Lo sciroppo era come un piccolo lago di cioccolato nella mia coppa. Alzando lo sguardo trovai Daemon fissarmi con gli occhi spalancati. "Che c'è?" Lui si strinse nelle spalle. Io sentii il calore salirmi alle guance. "Mi guardi mentre mangio?" "Sì." Si portò una grossa cucchiaiata di gelato in bocca. "Non che sia strano o altro." Un po' impacciata rimisi il cucchiaino nella coppa. "Ma puoi guardare qualcun altro?" Un lato delle sue labbra si sollevò."Non mi va di guardare quacun altro." Il mio stupido cuore iniziò a battere come se quell'affermazione fosse una dichiarazione d'amore. "Fai sempre quello che vuoi?" Lui tossì una risata. "Non sempre Kitty. E, comunque, non c'è praticamente nessuno qui. Credo che l'altra ragazza abbia più o meno ottantacinque anni. Tu sei sicuramente una visione migliore." "Cavolo. Grazie." "Di nulla." Alzai gli occhi al cielo. Il silenzio calò fra di noi e io mi impegnai per trovare qualcosa di cui parlare. "Vieni qui spesso?" Lui non rispose subito e immediatamente le linee del suo viso si indurirono. "Ci venivamo spesso, sì." Ci volle un momento perché capissi cosa volesse dire e sentii il mio petto stringersi. "Voi ci venivate spesso?" I suoi occhi verdi si fecero distanti e malinconici. "Ci venivamo ogni settimana con... Dawson. Adorava il gelato, proprio come Dee." Guardai altrove, soffendo per lui e Dee. "E tu e Dee non ci venite più?" "No." Forse perché era troppo difficile per loro e io sospettavo che Daemon evitasse qualunque cosa che gli ricordasse del fratello. Mi chiesi perché avesse deciso di andare proprio in quel posto perché dal suo comportamento, era chiaro che i ricordi gli facevano ancora male. Mi morsi il labbro giocherellando con il cucchiaino, non più affamata. Non sapevo come ci si sentisse a perdere un fratello, ma sapevo cosa si provasse a perdere una persona amata. Chiunque abbia detto che il dolore si affievolosce con il tempo, doveva esserne pieno. Di sicuro il senso di perdita non si faceva sentire così spesso, ma quando succedeva era come essere pugnalati nel cuore con un coltello da burro, ogni volta. "Kitty?" "Cosa?" Guardai avanti. Piegandosi verso di me si sporse sul tavolo, la sua mano si mosse in fretta e in un secondo il suo pollice era sul mio labbro inferiore, accarezzandolo dolcemente. Succhiai un respiro secco e il mio stomaco fece una capriola.
Che stava facendo? I nostri sguardi si incrociarono. Mi ordinai di farmi indietro o spingere via la sua mano, ma il mio corpo semplicemente si rifiutò di seguire le regole del buon senso. Decise invece di ricordarmi cosa si provava a svegliarsi con le mani di Daemon su di me, il suo peso una nuova e deliziosa esperienza e come, in quel momento, nulla sembrava importare tranne lui e me. Daemon ammiccò. Il calore m'infiammò le guance. A volte mi domandavo se fosse davvero capace di leggermi la mente e stesse solo mentendo sul fatto che non poteva. Le sue dita indugiarono sul mio mento per qualche secondo di troppo e poi tornò al suo posto, prendendo il cucchiaio. "Avevi del gelato sul labbro." "Oh." Le sue ciglia si abbassarono, ombreggiando i suoi brillanti occhi verdi. "Okay. Ho mentito." Sbattei le palpebre. "Riguardo a cosa?" "Il gelato." Fissandolo, piegai la testa di lato. "Hai mentito sul fatto che ci fosse del gelato sul mio labbro?" Daemon annuì. "Perché?" Il mio labbro inferiore fremette di compiacimento. "Perché no?" Scossi la testa. "Non ha alcun senso." "Ha assolutamente senso." Posò il cucchiaio nella sua coppa vuota e si sedette poggiando la schiena contro il divanetto. Il sorriso diventò un cipiglio e tra le sopracciglia si formò un piccolo solco. "Le tue labbra sono morbide." "Io..." Non avevo alcuna idea di cosa rispondere. Il modo in cui lo disse non sembrò un complimento, quasi come se fosse colpa mia che le mie labbra fossero morbide. "Che c'è? Le preferiresti screpolate e ruvide?" "Sì." "Okay, come ti pare." Spinsi via la mia quasi vuota coppa di gelato. Il mio labbro stava ancora fremendo. "Sono pronta per andare a casa." Quelle assurde e invidiabili ciglia si sollevarono e io fui catturata dall'intensità dei suoi luminosi occhi. L'aria mi sfuggì dalle labbra come accadeva in quegli stupidi film per ragazzine. Chi volevo prendere in giro? Daemon riusciva a trasformare ogni membro del sesso opposto in una stupida ragazzina da film. E, dannazione, il mio labbro stava ancora fremendo. Lui aprì la bocca, ma la richiuse subito. Un muscolo guizzò sulla sua madibola. "Andiamo." Non avendo alcuna idea di cosa avesse fatto cambiare il suo umore, mi accinsi a buttare i miei avanzi, ma Daemon mi battè sul tempo sbarazzandosi di entrambe le coppette. Lo seguii fuori, pensando che stavo per imbattermi in uno stranissimo ritorno a casa. A disagio mi diressi verso il lato guidatore, ma mi ricordai che Daemon aveva le chiavi e che era convinto che io al volante fossi uno strazio. Daemon si fermò e si girò. "Cosa stai —?" Impreparata diedi una spinta all'incredibilmente forte petto di Daemon. Così forte che
inciampai all'indietro. Le sue braccia si tesero, afferrandomi per la vita. Le me mani si alzarono, appoggiandosi al suo petto per ritrovare l'equilibrio. Sentendomi una completa idiota, alzai lo sguardo verso di lui. Tutto attorno a noi si fermò. O, almeno, noi ci fermammo. Non credo neanche che Daemon stesse respirando. Eravamo così vicini che quasi ogni parte dei nostri corpi si toccava, come in quella mattina. Il calore m'invase dalla testa ai piedi. Le sue mani mi accarezzarono i fianchi cingendomi la schiena dove si fermarono, proprio nel punto in cui finivano i miei capelli. Quando si abbassò e le sue labbra accarezzarono il mio orecchio, pensai di aver smarrito la capacià di respirare. "Devi stare più attenta, Kitty." Mi sentii annuire. Daemon non mi lasciò andare. Le sue mani si strinsero sulla mia schiena, afferrando le punte dei miei capelli. Sentii un brivido scuoterlo — o forse scuotere me? Non lo sapevo. Il senso di anticipazione e desiderio confondeva ogni cosa. Il suo mento accarezzò la mia guancia e per un momento pensai che... non so a cosa pensai. E non fu importante, perché lui mi lasciò andare e si fece indietro. Mi sentivo come se fosse ancora lì, con il suo braccio attorno a me e le sue labbra pericolosamente vicine. Era una sensazione che, sapevo, mi avrebbe tormentata, proprio come i sentimenti confusi con cui che riusciva a far affiorare in me ogni volta che eravamo vicini.