Europa
Amedeo Ricucci
Uno strano continente nemico di se stesso Sarà pure un paradosso ma l’Europa è molto spesso la peggior nemica di se stessa. Come se non bastassero infatti gli egoismi, lo sciovinismo e le rivalità fra gli Stati membri - che di fatto ne indeboliscono le proiezioni sulla scena politica internazionale - anche il processo di costruzione della “casa comune” procede fra troppi scossoni e contraddizioni, senza che riesca ad emergere un progetto di Unione chiaro e condiviso. Certo, va riconosciuto agli Stati nazionali del XX secolo di aver vissuto in pace fra loro per un lungo periodo, dopo il 1945 e due guerre mondiali. Ma è anche vero che questa pace si è accompagnata ad una netta divisione fra Est ed Ovest del continente, con la guerra fredda fra questi due mondi contrapposti: il mondo del capitalismo e quello del socialismo. Crollato il mondo del socialismo e ritrovata l’unità del continente, sono ricominciati i conflitti e le guerre, da quelle nella ex-Iugoslavia a quelle nel Caucaso. In questo contesto, ha fatto molto discutere la sentenza con cui il 22 luglio 2010 la Corte Internazionale dell’Aja ha riconosciuto in
pratica l’indipendenza del Kosovo, che si era auto-proclamato Repubblica nel febbraio 2008, nonostante la decisa opposizione della Serbia, appoggiata dalla Russia. Il motivo delle polemiche è presto detto. Stabilendo che nessuna legge proibiva questa dichiarazione unilaterale di sovranità nazionale - ergo,legittimandola - il massimo organo giudiziario dell’Onu ha ridato fiato ai diversi micro-nazionalismi sparsi per l’Europa, creando un precedente pericoloso, che potrebbe determinare un effetto domino. È il caso ad esempio di Cipro, dove la comunità turca potrebbe impugnare proprio questa sentenza per chiedere il riconoscimento della Repubblica Turca di Cipro del Nord, anch’essa auto-proclamata dopo l’intervento militare di Ankara nell’isola, nel lontano 1974. Ma è una sentenza che potrebbe avere riflessi anche su Catalogna, Corsica e nei Paesi Baschi, per non parlare di Abkazia e Ossezia del Sud, nonchè a catena in tutte le realtà regionali in cui da tempo soffia il vento dell’indipendentismo, sia pure a fasi alterne. Eppure, nella vicenda del Kosovo la Ue non è stata in grado di trovare una posizione unitaria né tanto meno è stata in grado di frenare la pronta ed entusiastica adesione degli Usa alle ambizioni kosovare - fin dai tempi dell’intervento militare della Nato, nel 1999 - e questo pur trattandosi di una questione tutta interna all’Europa. D’altronde, non bisogna dimenticare che alcuni paesi europei, Germania in testa, vanno ritenuti in un certo senso corresponsabili nel processo di disgregazione violenta della exIugoslavia, nella prima metà degli anni ’90, per avere riconosciuto troppo in fretta e troppo alla leggera il distacco e l’indipendenza di Slovenia e Croazia, da cui presero il via le drammatiche guerre balcaniche di fine secolo. Insomma, l’Europa è un soggetto politico ancora debole, che spesso e volentieri non riesce a scegliere e a decidere sui conflitti in corso, perché paralizzata dagli interessi contrapposti dei suoi stati-membri più forti. E di conseguenza, la Ue si ritrova a non avere le idee chiare su quello che vuole essere e su come vuole preservare l’identità dell’Unione e degli Stati membri. Chiarissima è invece la posizione della Russia, che della Ue resta un interlocutore privilegiato e che nella vicenda del Kosovo ha sempre avuto una sola voce, di netto rifiuto rispetto alle pretese indipendentiste. La Russia d’altra parte è una Repubblica federale e come tale - visto anche la delicata situazione in Cecenia - non poteva esprimersi diversamente; salvo poi appoggiare senza riserve la dichiarazione di indipendenza di Abkazia e Ossezia del Sud, con