AT MAGAZINE
Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 4 - Febbraio 2013
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Versione Italiana
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Viaggi diversi, stessa destinazione
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Monte Bianco, una meraviglia del mondo
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Protections: watercolor on paper
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Scalare l’effimero
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Ilha do sal: tra sport estremo e puro relax
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Salvador de Bahia: la terra del sorriso
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Cavalli e corse. Un mondo da scoprire
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Fil‘e Ferru l’acquavite sarda
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Antichi mestieri del belpaese: “le filandere”
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Diventa imprenditore glocal
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AT Decameron: matita, gomma e mouse...
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Sommario
web: http://it.atmagazine.eu em@il: info@atmagazine.it atpublimedia@atmagazine.it
AT Magazine #1 | 4 febbraio 2013
A sinistra: Trident (Mont Blanc du Tacul) Qui sotto: Trident, dettaglio (Mont Blanc du Tacul) ph. Giampaolo Mocci © AT Photographer
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Sommario
Obiettivo AT
7
Screen shot
a cura di Massimo Cozzolino
Editoriale
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Viaggi diversi, stessa destinazione
a cura di Giampaolo Mocci
Obiettivo AT
10
Screen shot
a cura di Massimo Cozzolino
Outdoor activity
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Monte Bianco, una meraviglia del mondo
a cura di Giampaolo Mocci
AT on canvas
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Protections: watercolor on paper
a cura di Suwong Mano
Outdoor activity
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Scalare l’effimero
a cura di Gianluca Piras
Perchè non vai a...
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Ilha do sal: tra sport estremo e puro relax
a cura di Valentina Morea
40
Salvador de Bahia: la terra del sorriso
a cura di Denise Lai
44
Screen shot
a cura di Massimo Cozzolino
46
Cavalli e corse. Un mondo da scoprire
a cura di Francesca Columbu
52
Fil‘e Ferru l’acquavite sarda
a cura di Giuseppe Giuliani
57
Screen shot
a cura di Marco Valuto
58
Screen shot
a cura di Massimo Cozzolino
AT culturam!
60
Antichi mestieri del belpaese: “le filandere”
a cura di Giuseppe Belli
... il filo di Arianna
62
Diventa imprenditore glocal
a cura di Sabina Contu
Obiettivo AT
64
Screen shot
a cura di Massimo Cozzolino
AT Decameron
65
matita, gomma e mouse...
a cura di Barbara Valuto
Obiettivo AT
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Staff Editor Giampaolo Mocci
Che cos’è un’erbaccia? Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson]. Esistono migliaia di metafore e aforismi che concettualizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppure, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guardare con curiosità e attenzione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.
Andrea Concas
Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondadori). Attualmente dirige “Diario24Notizie”,”2012 Magazine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associazione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giornalisti degli Uffici Stampa.
Shawn Serra
Barbara Valuto
Oscar Migliorini
Flavia Attardi
Sabina Contu
Gianluca Piras
Ho 23 anni e vivo a Carbonia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmente sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari. Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entusiasma e spero di dare un importante contributo.
Da turista occasionale e distratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del classico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conoscere a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, naturalmente, non se ne parla proprio.
Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte integrante di quel che i cinque sensi attribuiti mi permettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consentono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di conoscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!
Sabina Contu classe 1973 Segno zodiacale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comunale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio. Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in particolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto concentrando la mia attenzione negli ultimi anni. Film preferito : C’era una volta l’America. Attori: Cleant Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’arte della guerra” di Sun TZu. Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.
Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsabile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei contenuti del sito istituzionale. Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significativo scherma, calcio, tennistavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Oristano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di amministrazione dal 1996.
Sono Gianluca Piras quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che l’outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al torrentismo, dal trekking alla mountai bike, in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filosofia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo” .
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Stefania Spiga
Marco Lasio
Patrizia Giancola
Grazia Solinas
Ignazio Perniciano
Rosalia Carta
Paola Angelotti
Rinaldo Bonazzo
Stefano Vascotto
Stefania 38 anni, vivo e lavoro nella bella Cagliari, dividendomi tra gli impegni della quotidianità e la ricerca di una dimensione temporale da dedicare alle mie passioni: l’arte contemporanea, la poesia, il buon vino, le giornate di sole e i viaggi. Da 15 anni mi occupo di comunicazione e marketing. Ho collaborato con le più affermate agenzie pubblicitarie di Cagliari curando i progetti web per clienti come Tiscali. Dal 2001 ho accettato di dedicarmi totalmente all’utility Energit con il ruolo di Marketing & Communication Specialist. “Ora mi sento come se stessi aspettando qualcosa che so non arriverà mai... Perché adoro illudermi e sperare, ti senti più vivo mentre lo fai [C. Bukowski].
“Porta itineris dicitur longissima esse”. I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare bisogna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni. Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.
Regnum: Animalia Phylum: Chordata Divisio: Vertebrata Classis: Mammalia Ordo: Primates Familia: Hominidae Genus: Homo Species: sapiens Subspecies: sapiens Sub-subspecies: sardoa Aetas XLIII Sexus: aliquando… Mater lengua: Italica, Sarda campidanensis Aliis: Anglica (C1), Hispanica Castellana(B2), Batava vel Belgica et Hollandica (B1) Facultas: ars pingendi Aliis: ars de computatris programmandis , historia artium et antiquitatis, astronomia et astrologia, occulta philosophia, mythologia, hodierni litterae, ars herbaria (botanica et mycologia), photographia.
Maggio 1985, Perito informatico (ABACUS), laureando in Scienze della comunicazione, appasionato di assemblaggio, programmazione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a conoscere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.
Ho cinquantasei anni e amo definirmi “diversamente giovane”. Ho vissuto buona parte della mia vita aldilà del mare, ma con radici ben salde sulla nostra terra. Sono sentimentalmente legato a una ragazza ben più giovane di me, che non so bene come riesca a sopportarmi. Dopo trentacinque anni di lavoro, in area commerciale nel settore della comunicazione pubblicitaria, faccio ora parte della categoria degli esodati. Coltivo molte passioni fra cui l’elettronica, i motori, il volo, la pesca, il modellismo, i viaggi e la musica. Nei rapporti umani considero imprescindibile il rispetto reciproco e il mio stile di vita è imperniato sull’osservanza di quelle che chiamo “le regole del gioco”.
Over 30 years in the IT world. Passionate about new technology and always open to new solution.
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Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di manager presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere. Il mio motto è: la vida es un carnaval!
Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimento culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.
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Staff Editor Elisabetta Gungui
Vincenzo Boi
Giuseppe Giuliani
Denise Lai
Giuseppe Belli
Francesca Columbu
Marco Cabitza
Angelo Mulas
Valentina Morea
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Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, creativa e simpatica (dicono!). Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studio Scienze della comunicazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni. Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!). Sono appassionata di cinema, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arricchimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis. Le poche righe a disposizione son finite per cui concludo qui la mia brevissima presentazione!
29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e riviste, anche online.
Vincenzo Mario Boi, studente in Scienze della comunicazione a Cagliari. Amante della musica e delle arti in generale, musicista da diversi anni e attualmente arrangiatore in collaborazione con diversi artisti locali. Curioso e aperto a nuove esperienze formative di carattere culturale.
Sono Giuseppe Belli, cinquantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incomprensibile che contraddistingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.
Il mio nome è Angelo e, sono nato 55 anni fa nella zona più bella della Sardegna, la Barbagia. Porto sempre con me, ovunque vada la sua natura, i suoi profumi, i suoi sapori, la visione e l’amore della mia gente che sono uniche. Sono ragioniere, divorziato e padre di una splendida figlia. Adoro il cinema e la musica in tutte le loro forme. Amo la poesia e la magia delle parole: quelle ben cantate, quelle ben recitate e quelle ben parlate. Dalla mia gente ho imparato l’importanza dei rapporti umani, a costo di deludere, a costo di deludersi perché come qualcuno ha detto: non si è mai soli quando qualcuno ti ha lasciato, si è soli quando qualcuno non è mai venuto.
Quattro righe su di me... Giuseppe Giuliani. Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appuntamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lapponia. Invece, vive ad Assemini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)
Classe 1974; Sarda di nascita e di sangue; Attualmente impegnata professionalmente presso l’aeroporto di Cagliari. Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stezzo modo un gratacielo di una grande metropoli. Faccio mia la frase:...[]”Accettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”..e ad oggi credo di avere, ancora, tante sfide da vincere!
Il mio mondo è una valigia. Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini. La sete di novità e l’entusiasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).
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Obiettivo AT
Oceano Atlantico (Bushua, Ghana) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 7
ph. B.Valuto Š AT Photographer
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Editoriale Giampaolo Mocci
Viaggi diversi, stessa destinazione Quanto può essere lungo un viaggio prima che si arrivi a destinazione, ma è questa la parte più importante del nostro viaggiare? Vi parlerò di due vecchi uomini seduti in spiaggia al tramonto… La cornice è quella tipica, nella più classica delle isole esotiche del pacifico, quelle dei dépliant patinati delle agenzie turistiche, l’ora è quella delle più suggestive della giornata, il tramonto. Due vecchi dal passo appesantito dagli anni e il viso segnato dal tempo, camminano quasi all’unisono, provenienti dai margini opposti e diretti verso il centro, a quella palma che spinta dal vento è cresciuta radente la sabbia, formando un comodo posto in prima fila da cui vedere ciò che la natura sta per mettere in scena col tramonto. I due vecchi s’incontrano per la prima volta, ma la cortesia e la voglia di sentirsi parte di quella scena, li vede seduti accanto, su quella palma quasi fosse un appuntamento abituale di tutta una vita. Il saluto è di quelli cordiali e incuranti di qualsiasi formalità cominciano una di quelle conversazioni, dove il senso della vita è l’argomento maestro. “Ho sognato questo momento tutta la vita” disse Mr. Wealthy, un facoltoso esponente della società di oggi “ho trascorso le mie giornate pensando a come sarebbe stato bello trascorre ogni giorno su un’isola, dove fosse la natura a scandire lo scorrere del tempo. Ogni giorno della mia vita ho rinunciato a qualsiasi distrazione mi distogliesse da questo traguardo. Ho iniziato dal nulla, ho lavorato fino allo sfinimento, ho messo a rischio la mia salute, ho trascurato i miei affetti familiari, ma alla fine sono riuscito a realizzare il mio sogno… Ho comprato questa bella villa con piscina, con un giardino che finisce su questa bella spiaggia da dove posso venire ad ammirare, seduto su questa palma, la natura mostrare il meglio di se… Certo sarebbe stato stupendo condividere tutto questo con la mia famiglia, ogni giorno della mia esistenza, ma questa società ci obbliga a rincorrere beni e posizione. Quindi solo ora, da vecchio, posso concedermi questi tramonti… e lei caro amico, cosa ne pensa?”. Mr. Kapayakan scrutò attentamente il viso dell’uomo seduto accanto a se e prima di rispondere rivolse lo sguardo verso il tramonto. Era il momento in cui il sole incendia il mare e i colori rispecchiano colorando il cielo. Poi guardò una piccola casa di legno ai margini della spiaggia con le luci accese e i bimbi giocare nel portico. Con tono di voce calmo e deciso rispose dicendo: “io sono nato lì, quella casa l’ha costruita mio padre. Ho vissuto tutti i giorni della mia vita mangiando ciò che la natura mi ha offerto e avvolto dall’affetto dei miei figli che giocavano al tramonto davanti casa, sostituiti oggi dai miei nipoti. Tutte le sere ho guardato il sole spegnere il giorno e accendere le stelle dando spazio alla notte. Per tutta la vita ho rinunciato a qualsiasi bene superfluo e a qualsiasi posizione mi distogliesse da questo tramonto”.
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Oceano Atlantico (Bushua, Ghana) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 10
Obiettivo AT
A volte ti rendi conto che per cogliere la bellezza di un luogo ,basta sedersi e lasciarsi ammaliare dalle cose ,persone o eventi, che ti si mostrano d’innanzi e stupirsi di quanto può essere meraviglioso osservare una bambina passeggiare sotto la calura, rapita dal “Mareggiare pallido e assortoâ€? (E.Montale), oppure un tronco eroso dalla salsedine e dall‘impetuoso divenire del mare. Massimo Cozzolino
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Obiettivo AT
Oceano Atlantico (Bushua, Ghana) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 13
Obiettivo AT
Oceano Atlantico (Bushua, Ghana) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 14
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Outdoor activity testo e foto di Giampaolo Mocci
Monte Bianco,
una meraviglia del mondo
A volte, ma solo a volte… l’alta montagna non è necessariamente sinonimo di un luogo severo. Contrariamente al nome che porta, la Combe Maudite (Valle Maledetta) è un luogo che t’invoglia a ritornare. Stiamo parlando di una delle valli del massiccio del Monte Bianco e sicuramente una visita non è sufficiente ad ammirare quel paesaggio straordinario, imponente e quasi fiabesco.
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Allora perchĂŠ questo nome? Dal Mont Maudit che si erge a confine e la separa dal selvaggio e inospitale Ghiacciaio della Brenva. Lo stesso ha ereditato il nome dalle leggende, che narrano delle montagne come il regno del demonio.
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La Combe Maudite è facilmente raggiungibile da Courmayeur prendendo la funivia fino al Rifugio Torino (3.329 mt s.l.m.) da cui ha inizio un tranquillo e comodo trekking sul ghiacciaio, che in appena un ora e mezzo raggiunge il Grand Capucin, simbolo della valle.
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La passione per la scalata, ha con se il grande pregio di poter essere praticata nei luoghi che fanno parte dell’immaginario collettivo degli scalatori e non... Il Grand Capucin (3.838 mt s.l.m.) è il più imponente e difficile monolite della valle, il modo più semplice per salire in cima è scalare la celebre “Via degli svizzeri (C.Asper, M.Bron, M.Grossi, M.Morel, 1956. 300 mt di sviluppo, 6b e A0 - solo un passaggio)”. Trattandosi di alta montagna la scalata non è mai scontata e bisogna padroneggiare il 6a (grado di difficoltà nella scala francese) e proteggersi con nuts e friends (protezioni movibili da posizionare nelle fessure e levare dopo la salita). Il tratto più impegnativo (gradazione tecnica: 6b/A0) risulta particolarmente ostico e aereo, per questo meglio non essere troppo emotivi. Accanto al Grand Capucin si erge la Chandelle du Tacul (3.561 mt s.l.m.), più bassa ma sempre ben slanciata, la quale vanta un bel tris di salite del celebre Walter Bonatti. Una di queste (Via Bonatti, W.Bonatti e R.Gallieni, 1960) è divenuta una classica, soprattutto da quando Michel Piola e Pascal Strappazon aprirono nel 1988 la via Tabou, la quale permetteva di evitare la fessura orizzontale da percorrere in artificiale (oppure 7b in arrampicata libera), creando cosi la Bonatti-Tabou.
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Su questa splendida guglia si trova la più impegnativa “Ligne Blanche (J.L.Amstutz, R.Vogler, 1990. 200 mt di sviluppo, 7a+ (6b obbl.)/RS1/II)”. È su questa via che la mia passione per la scalata ha avuto l’opportunità di essere soddisfatta ed è qui che è avvenuto il mio battesimo del Mont Blanc. Scalare e raggiungere la cima della Chandelle du Tacul, una delle più famose guglie, in mezzo ad un ghiacciaio di circa 400 mt di profondità, in una valle considerata una delle meraviglie del mondo, dove nell’aria è palpabile il riecheggiare dei nomi dell’alpinismo che hanno fatto la storia, è sicuramente un’esperienza che può dare emozioni che difficilmente si possono dimenticare.
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Scheda Tecnica Descrizione del percorso da Courmayeur, funivia della P.ta Helbronner, al Rifugio Torino (3.375 mt, phone +39 3402270121). Dal rifugio seguire il sentiero ben visibile fino al Col des Flambeaux, passato il quale si scende in diagonale in direzione del Tour Ronde. Dal colle sono perfettamente visibili le guglie (il Gran Capucin e le altre), quindi orientarsi a vista sino alla base. Dal rifugio al Grand Capucin, tempo di percorrenza 1 h e 15 min (Facile) da Chamonix, funivia dell’Aiguille du Midi, al Rifugio des Cosmiques (3.613 mt, phone +33 (0)450544016). Dal rifugio seguire il sentiero della Vallé Blanche attraversando il Col des Rognos e proseguire seguendo il versante Est del Mont Blanc du Tacul. L’ingresso della Combe Maudite è segnalato in prossimità del Pic Adolphe Rey, poi si risale fino al Grand Capucin. Dal rifugio al Grand Capucin, tempo di percorrenza 2 h (Facile) Avvicinamento su ghiaccio: Anche se il ghiacciaio appare in buone condizioni è importante seguire tutte le norme di sicurezza, quindi procedere legati e a distanza l’uno dall’altro, ramponi, piccozza, chiodi da ghiaccio e il kit per il recupero dai crepacci. Importante indossare l’abbigliamento adeguato all’alta montagna, senza sottovalutare gli improvvisi cambi climatici. Particolare attenzione nel ghiacciaio nei periodi caldi e secchi. Mont Blanc du Tacul - 4.248 mt Aiguilles du Diable
Grand Capucin - 3.838 mt
Petit Capucin - 3.693 mt
Trident - 3.639 mt
Chandelle - 3.561 mt Pointe Adolphe Rey - 3.535 mt
Pyramide du Tacul - 3.468 mt
Courmayeur
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6b
6c
Mont Blanc du Tacul
6b
Chandelle du Tacul (3.561 mt)
Ligne Blanche
J.L.Amstutz - R.Vogler (1990)
200 mt - 7a+ (6b obbl.)/RS1/II
7a+
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AT on canvas
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Protections: watercolor on paper Š 2012, Suwong Mano all rights reserved http://kuikaiart422.ioffer.com/ http://rockclimbing-thailand.blogspot.it/?zx=44f806770034cb6e
It is a story about sport climbing Protections, for how to write a watercolor. Pen and paint... to make it look old and dirty the surface of a rock cliff. 31
Outdoor activity testo e foto di Gianluca Piras
Scalare l’effimero
Inverno… piccole molecole d’acqua si cristallizzano mentre le temperature si abbassano, pian piano con il passare dei giorni diventano sempre di più e sempre più grandi formando piccoli pendagli scintillanti, poi si toccano una contro l’altra e si fondono formando un piccolo muro di ghiaccio lungo le pareti che scendono ripide dalla montagna, sotto l’acqua scorre e alla fine dove c’era una cascata fragorosa il silenzio dettato dal freddo ha reso il fiume una colonna di ghiaccio che
serpeggiando scende per centinaia di metri. Il freddo è pungente e le membra poco abituate a queste temperature si fanno dolenti, indossiamo capi pesanti e impermeabili, cappellino di lana, guanti, non viene voglia di lasciare neanche una piccola strisciolina di pelle nuda a contatto con l’aria. Lasciata la macchina in questa fredda mattina invernale ci incamminiamo sul sentiero che si inoltra nella vallata ancora più fredda.
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I nostri scarponi scricchiolano spezzando la neve dura battuta, il respiro quasi si solidifica, quanto era il termometro? meno venti dice Antonello, mentre un tiepido raggio di sole illumina l’aria gelida di questo ambiente alpino, intorno neve, abeti ricoperti di neve pesante che piega le loro fronde, il sentiero sparisce dopo che la nevicata notturna ha coperto ogni traccia, solo alcuni segni sugli alberi ci indicano il passaggio, si affonda ogni passo giù sino al ginocchio, e si fatica. Non ci crederete ma dopo un’ora e mezza di avvicinamento alla cascata di ghiaccio sento scorrere un rivolo di sudore lungo la schiena. Siamo alla base della cascata ci mettiamo i ramponi che ci permettono di non scivolare più su questa neve mista a ghiaccio, imbrago, chiodi tubolari, casco, guanti, occhiali e ci leghiamo alle corde. Mentre il pendio si fa sempre più ripido prendo la piccozza in mano e la pianto sulla neve dura, ecco che la mia sensazione si fa sempre più forte li davanti maestosa ripida e sbrilluccicante di mille gocce d’acqua gelata la cascata di ghiaccio, è come avvicinare le mani nude alla serpentina di un frigo ancora più freddo ma l’emozione è grande e mi scalda l’anima. Decidiamo dove attaccare la parete gelata, si procede a piccoli passi pianto prima le piccozze a gambe leggermente divaricate talloni bassi, il rampone scricchiola pure lui... Pochi millimetri di acciaio sorreggono il mio peso, sembra quasi impossibile, ma si procede un arto alla volta... Saggio il ghiaccio con la becca della piccozza, che salta via e mi cade rumorosamente sul fianco, ecco il ghiaccio duro... Un colpo secco e la becca si pianta saldamente sulla massa ghiacciata, stringo con forza il manico e sposto i piedi e via sono già a dieci metri dal mio compagno... Appeso su un braccio solo con i piedi ben piantati, armeggio con il chiodo tubolare che non senza difficoltà si infila nel ghiaccio come un cava tappi, ecco sembra buono, moschettone e corda e via ancora si continua ogni 4/6 metri pianto un chiodo, la parete è articolata e stupendamente lavorata... Salgo una quarantina di metri e su un ballatoio sospeso tra stalattiti di ghiaccio e cumuli di neve allestisco una sosta, il ghiaccio è buono altri due chiodi e posso mollare la tensione che mi attanaglia l’avambraccio da quando sono partito, ecco mi appendo sono assicurato, urlo sotto di prepararsi a salire mentre mi appresto ad assicurare il mio compagno. Mi esplode il sangue nel braccio che la tensione aveva tenuto lontano, mille spilli mi si conficcano sull’avambraccio sento le mani bollenti, tanto da non riuscire quasi a stringere la corda di sicura, un paio di minuti e poi passa, sempre la stessa sensazione ogni volta che si scala sul ghiaccio. Mentre recupero corda mi guardo intorno la vallata è cosparsa qua e la di cascate gelate e piccoli puntini colorati si affaticano a salire questi effimeri muri di ghiaccio, come facciamo noi. Un silenzio surreale, scandito solo da qualche gocciolio d’acqua e qualche cumulo di neve che con i primi raggi di sole cadono. Ecco che arriva il mio compagno, gli passo tutta l’attrezzatura, il prossimo tiro è suo, non si ferma che pochi minuti, sorpassa un lieve pendio un risalto e un altra sosta mentre si prepara per recuperarmi vedo che impreca e si 34
lamenta, è la mia stessa sensazione alle braccia. Ma ancora lo raggiungo e di nuovo si sale sin dove la cascata quasi diventa orizzontale. Su una sosta, mentre ci fermiamo un attimo a bere un po’ di te caldo in silenzio, oltre la cascata dove il terreno ghiacciato lascia ancora fuori uscire un po’ di bassa vegetazione ci aspetta una sorpresa inaspettata: un capriolo bruca tranquillo, anzi sono due una femmine con un cucciolo che fiducioso la segue sfidando gravità precipizi e freddo come se fossero in valle, ma questi spettacolari animali adattati perfettamente a queste temperature e condizioni, non badano troppo a noi e saltellando tra un dirupo e un cumulo di neve dura spariscono e ci lasciano ancora soli, ma consapevoli di quanta forza ci sia in questa natura che costruisce questi muri di ghiaccio e neve e fa crescer alberi in posti impensabili e animali adatti a sopravvivere in ogni condizione ambientale. Anche questa è l’arrampicata sulle cascate di ghiaccio, la natura selvaggia e incontrastata dove solo con l’aiuto di piccozze e ramponi noi esseri umani riusciamo ad arrivare dove magari un piccolo camoscio passeggia tranquillo per brucare quello che la natura gli offre. Poi finalmente la cascata finisce, ci piacerebbe fosse più lunga ma forse meglio cosi le braccia pesanti ci ricordano che è meglio non tirare mai troppo la corda e ancora dobbiamo essere belli lucidi per affrontare la discesa con le corde. Che come al solito si rivela più complicata del previsto, due ore dopo siamo alla base della cascata ormai il sole è alto nel cielo terso, l’aria è limpida decisamente meno fresca, un attimo di pausa ancora per rifare su le corde che con il peso della acqua sciolta e rigelata sembrano dei fil di ferro. Mangiamo qualcosa prima di muoverci e riguadagnare il sentiero giù in vallata, ci guardiamo intorno osservando altre cascate con la mente siamo già a domani per un’altra escursione, un’ altra salita, lasciando questo meraviglioso effimero mondo ghiacciato. Ma cosa è veramente l’arrampicata su ghiaccio? Ovviamente è uno sport assolutamente invernale e consiste nello scalare cascate di ghiacciate, formatesi con l’abbassamento della temperatura che gela i torrenti e i fiumiciattoli montani, costruendo dei veri e propri enormi muri di alti anche centinaia di metri, con l’ausilio di speciali attrezzature come i ramponi che differiscono da quelli per camminare, per la struttura decisamente più robusta e rigida, piccozze speciali da arrampicata solitamente con il manico curvo e decisamente più corte delle classiche piccozze da montagna, per la protezione si usano degli speciali chiodi tubolari che non vanno martellati sul ghiaccio ma essendo auto perforanti avvitati nella parete ghiacciata, inoltre dove capita si possono usare le colonne di ghiaccio come protezioni, corde e imbragature moschettoni sono gli stessi sia per questo sport che per la montagna.
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Perchè non vai a ... foto e testo di Valentina Morea
Ilha do SAL: tra sport estremo e puro relax
Servono circa sei ore di volo dall’Italia per raggiungere, Ilha Do Sal, una delle dieci splendide oasi di origine vulcanica a largo dell’Africa occidentale. Un’estensione del deserto del Sahara in mezzo all’Oceano Atlantico, che da marzo in poi offre un clima caldo e mite.
Un viaggio sull’Isola di Sal permette al visitator assaporare le atmosfere africane, la potenza d natura, i colori e i profumi dei mercati. Un’esperie capace di cambiare completamente il proprio orizzo fisico e spirituale, in un mix tra sport e relax.
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re di della enza onte
L’Isola di Sal è la principale porta d’ingresso nell’arcipelago di Capo Verd, in quanto dotata dell’aeroporto internazionale, elemento che l’ha resa facilmente raggiungibile e per questo la più frequentata dai turisti.
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L’isola prende il nome dalla presenza di saline naturali, non molto estesa, con una lunghezza di circa 30 km e una larghezza che oscilla tra i 3 e 12 km, si esplora con grande facilità. Ventosa, pianeggiante e prevalentemente arida, Sal affascina per il suo paesaggio quasi lunare e il silenzio predominante, rocce vulcaniche e distese di sabbia dorata diradano verso le acque cristalline dell’oceano, accarezzate dal soffio continuo dei venti Alisei. Sole, mare, vento: questa è la vera essenza di Capo Verde. Un luogo ideale per disintossicarsi dalla frenesia dei ritmi quotidiani, della vita “in stile occidentale”, riscoprendo la semplice bellezza e l’autenticità dei piccoli gesti. Passeggiare lungo le distese sabbiose di Sal, con l’oceano che lambisce le caviglie e poi si ritira e il vento che rende sopportabile anche il sole più caldo. Oceano e venti costanti creano uno spettacolo di onde meravigliose. E poi c’è la musica, la voce di Cesaria Evora (celebre cantante capoverdiana: http://www.caboverde.com/evora/ evora.htm) che risuona dalle radio nei gazebi di qualche venditore sulla spiaggia e l’immancabile sorriso degli abitanti del luogo con i loro ritmi placidi
e tranquilli, il cui motto è appunto “NO STRESS”. Per gli amanti del vento e del mare, Capo Verde non è solo relax, l’Isola di Sal è un vero e proprio paradiso per coloro che vogliono dedicarsi alla pratica di sport acquatici, dal diving allo snorkeling, pesca d’altura ma soprattutto kytesurf e windsurf. L’isola grazie alla presenza di un vento teso e costante rappresenta il massimo per i patiti della tavola: l’altezza delle onde e la bellezza della sua baia, Fontona, ne fanno una meta obbligata per chi pratica questo sport. Raramente un’altra meta del surf ha attirato così tanti professionisti e campioni mondiali come l’Isola di Sal, che grazie all’acqua poco profonda, al vento forte e alle onde altissime trovano le condizioni ideali per dar sfogo alle loro passioni. Inoltre la baia di Santa Maria e di Ponta Preta, così come la secca di Choclassa e la grande cavità di Buracona, sono per surfisti e sub un’impresa eccitante e avventurosa. Spesso per i turisti fare il bagno nelle acque di Sal diventa una vera e propria sfida; l’obiettivo? Cercare di tenersi in piedi continuando a indossare il proprio costume. Una sfida in apparenza semplice, specie se si osservano i bambini del luogo tuffarsi tra le onde e riemergere divertiti, ma in realtà affrontare la
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forza dell’acqua è molto più complicato di quanto si possa immaginare. Una volta superata la naturale barriera creata dalle correnti marine, là dove il mare sussurra tranquillo, cristallino, lo spettacolo che si presenterà davanti agli occhi non ha eguali. Il fondale marino che lambisce queste isole è ricchissimo di fauna e flora marina, tanto da essere considerate da uno dei più grandi esploratori subacquei, J. Cousteau, come il giardino paradisiaco delle coste Africane bagnate dall’Atlantico. Le isole di Capo Verde sono un paradiso per i sub, con relitti da esplorare ricchi di flora tropicale e una corposa quantità di specie di pesci tra cui banchi di delfini, tartarughe e squali. Un viaggio in questa terra è un’esperienza unica, non si può non restare affascinati dal silenzio del deserto e dalla voce impetuosa dell’oceano, dalle bellezze di una natura ancora incontaminata e selvaggia; non si può non portare con se’ al rientro in patria l’allegria, il colore e il calore del suo popolo.
Questo libro rappresenta un viaggio metaforico alla ricerca di un riscatto, di quegli abbandoni atavici, di padre in figlio, e dell’interruzione drammatica della loro relazione affettiva, che si sublima in “frammenti” di ricordi-diario chiamati a riempire un vuoto. Nel racconto viene fuori una città, Napoli, che ha mantenuto intatte le sue relazioni e che l’autore ci restituisce con emozioni nuove, forse per metabolizzare quelle “solitudini” che si è portato dentro per tanto, troppo tempo. Ines D’Angelo
in vendita presso le migliori librerie 39
Perchè non vai a ... testo e foto di Denise Lai
Salvador de Bahia: la terra del sorriso
Cari viaggiatori di tutto il mondo, febbraio è senza dubbio il mese ideale per una visita dei paesi più caldi e rilassanti. Questo mese voglio portarvi in Sud America, in un luogo estremamente solare e affascinante, tale da suscitare una sana nostalgia al vostro rientro a casa: il Brasile. Qualche anno fa visitai Salvador de Bahia, il paese che per tutto l’anno gode del clima tropicale umido. Per intenderci, la temperatura massima nei mesi di gennaio,
febbraio e marzo, non supera quasi mai i 32 gradi, e la minima non scende al di sotto dei 23. Pensate, però, che anche nei restanti mesi è difficile trovare il freddo al quale siamo abituati, considerando che la temperatura minima non dovrebbe andare sotto i 20 gradi. Quando scesi dall’aereo mi resi immediatamente conto della differenza climatica! E allora via le giacche e i maglioni, via le scarpe e su le infradito, e via anche lo stress: in Brasile si sorride.
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Salvador de Bahia è suddivisa tra la Cidade Alta e la Cidade Baixa, città alta e città bassa, in cui è possibile visitare chiese e monumenti appartenenti alle diverse zone. Nella prima, per esempio, sono inclusi i bairros (quartieri) storici, come Barroquinha, Santo Antonio e il famosissimo Pelourinho. Nella città bassa, collegata a quella alta da un grande ascensore, l’Elevador Lacerda, che rappresenta uno dei simboli turistici di Salvador, è possibile trovare i bairros di Comercio, Ribeira, Calcada, Bonfim e Contorno. Non potete immaginare il panorama spettacolare visibile dalla parte alta, mi auguro che nessuno abbia timore di prendere l’ascensore. Insomma, comprenderei certamente di più una resistenza verso la funivia che porta al Pan di Zucchero di Rio de Janeiro. Ma questa è un’altra storia, torniamo a Bahia! C’è un’altra zona, oltre a quelle descritte, della città di Salvador, la Città Nuova, che partendo da Barra, comprende una serie di quartieri affacciati sul mare. Consiglio una gita al Ilhas dos Frades, l’isola dei Frati, raggiungibile con le caratteristiche imbarcazioni Escunas. Nell’isola è possibile consumare un piatto tipico, immergersi nelle acque cristalline e assistere, il più delle volte, ad originali esibizioni di Capoeira, l’arte marziale brasiliana. Tenete sempre gli occhi aperti quando costeggiate le spiagge, potreste assistere anche ad esibizioni calcistiche fuori dal comune! Non è forse vero che molti dei più grandi
calciatori mondiali provengono dal Brasile? Vidi sia a Rio sia a Bahia ragazzi che, invece del solito campo di calcio al quale siamo abituati, usavano dilettarsi divisi da una rete da pallavolo, calciando il pallone da una parte all’altra del campo. Non vi sto a raccontare i commenti dei ragazzi italiani (tifosi sfegatati di alcune squadre italiane) sulla bravura e la perfezione nel controllare i movimenti della palla da parte dei giovani brasiliani. Toccherà a voi scegliere cosa visitare e dove andare, il mio consiglio è affidarvi ad una guida locale. Oltre ad essere molto preparate, possono svelarvi curiosità del luogo, fornirvi consigli su altre visite o su quello che potete fare la sera. Nella scelta magari includete uno o due forti, costruiti dai portoghesi per la difesa della città (Forte São Diogo, Forte de Santa Maria, Forte de São Marcelo ecc.). Tra i musei e le chiese avete solo l’imbarazzo della scelta. Il Museu Abelardo Rodriguez, per esempio, ha sede nell’antico e bellissimo palazzo Solar do Ferrão, e conserva una grande collezione privata di 800 pezzi d’arte sacra brasiliana. La Catedral Basilica de Salvador è una costruzione barocca del secolo XVII che, dopo il restauro, è tornata a splendere di tutta la sua originaria bellezza. Potete trovarla nel Pelourinho, antica piazza di Salvador situata nel centro storico, che rappresenta il vero cuore della città. In ogni località, i portoghesi avevano un luogo con un palo, il Pelourinho, dove agli schiavi neri venivano inflitte
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dure punizioni a seconda della gravità del reato commesso. Da qui il nome della piazza, un nome che negli anni ha identificato tutto il centro storico di Bahia. Nonostante la dichiarazione, da parte dell’Unesco, come “Bene del Patrimonio Culturale dell’Umanità”, nel 1985, il quartiere divenne sede di degrado e prostituzione, favorita anche dalla polizia locale al fine di meglio controllarla. Fu il governatore Antonio Carlos Magalhães a recuperare il Pelourinho nel 1991, grazie all’opera di restauro degli edifici e all’installazione dei servizi di prima necessità, come l’acqua corrente, l’impianto fognario, la luce e il telefono. E fu così che oggi, grazie all’opera di risanamento, potrete restare a bocca aperta durante la visita di uno dei più famosi centri storici del Brasile. L’opera, infatti, previde anche l’installazione di attività culturali, economiche e di divertimento, come ristoranti, gallerie d’arte, studi di pittori e scultori, negozi di pietre preziose, centri d’artigianato ecc. Il centro storico si rianimò. Pensate che proprio nelle stradine del quartiere potreste
incontrare gruppi di bambini armati di bonghi e tamburi, abilissimi nel produrre musiche afro-brasiliane, delle quali rimarrete affascinati. Fu questa, probabilmente, la cosa che più mi rimase impressa durante la visita. Nonostante la grande maggioranza della popolazione sia costretta a sopravvivere giorno per giorno, ci si accorge di come queste persone non perdono mai la speranza. Sorridono alla vita, al sole di ogni mattina, e ai turisti che ogni giorno incontrano per le strade della loro città. Bahia è musica, calore, gioia. È davvero impossibile non lasciarsi alle spalle i futili problemi del proprio paese davanti alla vera meraviglia che la natura umana può offrire da un altro punto di vista, in un’altra dimensione. Una gioia che, vi assicuro, porterete con voi anche al rientro nelle vostre case, rendendovi conto di quanto, a volte, sia proprio il modo di porsi nei confronti della vita a fare la differenza.
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Il lento scorrere del fiume Bani scandisce il tempo alle azioni della sera, mostrandosi in tutto il suo splendore, specchiando con l’imbrunire magie di luce, fra la eco del vocio dei bambini, le carrette trainate dal bestiame e lo scroscio dei panni strizzati dalle donne. Tutto in uno spazio onirico, dove il tempo a fatica avanza in una natura primordiale. Massimo Cozzolino
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Obiettivo AT
Fiume Bani Djennè (Mali) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 45
Perchè non vai a ... testo e foto di Francesca Columbu
Cavalli e corse. Un mondo da scoprire in Sardegna
La Sardegna, terra dalle forti tradizioni equestri, cerca di riportarsi al centro del circuito nazionale delle corse di cavalli. Ăˆ il 22 dicembre 2012 quando l’ippodromo di Villacidro, trascorsi cinque lunghi anni dalla realizzazione e quattro dalla sua inaugurazione, apre ufficialmente i cancelli alle prime corse del palinsesto ippico nazionale.
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La struttura, di proprietà del comune di Villacidro, è affidata alla gestione del “Consorzio Corse Cavalli Villacidro”. Il suo Direttore, Roberto Sanna, ha dimostrato caparbietà, competenza e capacità organizzative, elementi vincenti che hanno consentito al Consorzio di chiudere le quattro corse in calendario con risultati importanti: montepremi totale di 100.000,00 euro, oltre cento cavalli in gara e migliaia di spettatori entusiasti. Perché andare ad assistere a una corsa di cavalli? La risposta, necessita innanzitutto di presentare il contesto, unico ed emozionante, nel quale questa attività sportiva si colloca. Un palcoscenico naturale tinto dal verde delle piste, condiviso da nobili animali chiamati cavalli, da fantini e allenatori che diventano gli attori principali di questo scenario, capaci di emozionare e far trepidare le loro platee. La prima volta che si entra in un ippodromo come primo impatto ci si trova di fronte una grande distesa verde. La zona dedicata alle corse si presenta come una matrioska di forme ellittiche erbose. Nella parte più esterna si trova la pista principale, a seguire una pista con manto sabbioso, successivamente una terza pista sempre in erba e al suo interno un ampio spazio solitamente utilizzato per gli allenamenti. Se l’intenzione è quella di sfidare la fortuna la prima cosa da fare è consultare il programma della gara, all’interno del quale si potranno trovare i nomi dei cavalli, dei fantini, dei proprietari e degli allenatori, suddivisi per ciascuna corsa. Il passo successivo è dare uno sguardo alle quote - indicatori numerici che permettono allo scommettitore di orientarsi sugli eventuali favoriti. Adesso, con qualche informazione in più possiamo dirigerci verso il “tondino”: uno spazio dove i cavalli, prossimi ad entrare in gara, possono essere visionati dagli scommettitori che potranno farsi un’idea circa il loro stato di forma e scegliere quello sul quale puntare. Una voce invita i fantini ad entrare in pista per dirigersi ai cancelli di partenza. Inizia il gioco: ci dirigiamo ai botteghini, facciamo la nostra scommessa e ritiriamo il tagliando. Una volta seduti in tribuna puntiamo lo sguardo lontano, verso le gabbie di partenza e immediatamente capiamo il perché gli spettatori usano i binocoli … la pista è davvero grande! Qualche minuto di attesa, per permettere ai cavalli di essere introdotti nelle gabbie e la corsa ha inizio. I cancelli si aprono, il pubblico inizia a gridare e incitare il proprio cavallo che in rapida ascesa avanza verso la tribuna. In tanta concitazione, con lo sguardo cerchi il tuo favorito. Credi in lui e nella sua vittoria, quindi gridi con tanta foga come se quell’animale ti appartenesse da sempre. Supera la prima curva e nuovamente si allontana dalla tua visuale verso il rettilineo. Passano i secondi e i cavalli entrano nella seconda e ultima curva che li porta alla dirittura d’arrivo. L’eccitazione sugli spalti è alta, il pubblico è in piedi, il rumore dello scalpitio aumenta sempre di più e il tuo cavallo è lì, stretto in una confusa baruffa che cerca di scattare per uscire dal gruppo. Mancano pochi metri alla conclusione e tu gridi come un pazzo: “dai, dai!”, pochi secondi e i cavalli tagliano il traguardo. Che emozione! Ed è questa eccitazione il motivo per cui vale la pena andare all’ippodromo per assistere ad una corsa. Partecipare come giocatore o semplice spettatore è un’esperienza entusiasmante, allo stesso tempo divertente ed emozionante. 48
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Se hai saputo scegliere, se ti sei fidato dei pronostici e un pizzico di fortuna ti è venuta in aiuto, allora, sarai tra quelli che a braccia alte festeggeranno la vittoria del loro atleta. Purtroppo il mondo dell’ippica italiana non è esente dalla forte crisi che, come tanti altri settori, sta mettendo in ginocchio l’economia della nostra nazione. Servirebbero sovvenzioni statali che non arrivano e sponsor che si fanno fatica a trovare. Ma ognuno di noi in particolare coloro che giocano assiduamente nelle agenzie di scommessa, può nel suo piccolo sostenere questo mondo. Prendiamoci qualche ora di libertà e andiamo a conoscere gli ippodromi italiani e in fine ricordiamoci di tentare la fortuna.
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Perchè non vai a ...
testo di Giuseppe Giuliani foto di Giampaolo Mocci ricetta di Rinaldo Bonazzo
Fil‘e Ferru l’acquavite sarda
Un filo di ferro che spunta dal terreno. Qualche zolla più in là, un altro. All’altro capo del filo, sotto la terra, è legata una zucca. Dentro la zucca, appositamente svuotata e trasformata in contenitore, c’è l’Abbardente.
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Una situazione abbastanza usuale nella Sardegna della seconda metà dell’Ottocento. La distillazione era in quel periodo una vera e propria attività per molti contadini, quando lo Stato decise di regolamentarla e impose le tasse, i contadini continuarono a praticarla di nascosto e per eludere i controlli usavano lo stratagemma del filo di ferro: sotterravano tutto, contenitori e strumenti, e attraverso il filo di ferro potevano rintracciare il nascondiglio. Da questa pratica si ritiene abbia origine il nome fil ‘e ferru, ma è solo una scuola di pensiero, anche se la più accreditata. Fatto sta che Abbardente (acqua che brucia) e fil ‘e ferru (fil di ferro) sono i nomi con i quali è conosciuta l’acquavite in Sardegna. Si tratta di un distillato incolore con alta gradazione alcolica (tra i 45 e 55 gradi) ottenuto dai mosti fermentati o dalle vinacce. Alla vista non mostra differenze con l’acqua, ma basta avvicinare il naso al bicchiere per percepire immediatamente il profumo forte dell’alcol. Si ottiene attraverso un processo di doppia distillazione di vini o vinacce e una volta scartata la testa e la coda, cioè le parti più leggere e pesanti del distillato, il prodotto si conserva in botti di rovere. Il fil ‘e ferru ha funzioni digestive e rappresenta anche il modo tradizionale per chiudere il pranzo in diverse zone dell’Isola, ma è ingrediente fondamentale anche 54
MOMa
Sardinia B&B
per molte ricette. Non c’è zona della Sardegna nella quale non vi sarà proposto un bicchierino di fil ‘e ferru e difficilmente resterete delusi, ma se proprio volete andare a colpo sicuro scegliete l’Ogliastra oppure Santu Lussurgiu nell’oristanese.
MOMa Sardinia B&B Via J. S. Bach, 62 Quartu S. Elena (Ca)
Cell. +39 347 0594340 www.momasardinia.it 55
Crepes Flambé con Fil’e Ferru Preparazione Fase 1 - Preparazione dell’impasto: In una ciottola versare la farina e le uova. Mescolando piano piano aggiungete il latte, il pizzico di sale e lo zucchero vanigliato, il burro sciolto a microonde ed il Fil’e Ferru Mescolate finché ottenette un impasto denso senza grumi. Fase 2 - Lasciare riposare per circa un’ora. Fase 3 - Cuocere le crepes Fatte scaldare la vostra pentola antiaderente una volta calda sciogliere un pezzettino di burro. Versare mezzo mestolo di impasto nella pentola e fatte cuocere 1 o 2 minuti per parte. Adagiate le crepes in un piatto. Nel mentre preparate il liquore per condire le crepes. In un piatto mescolare burro, zuchero, succo d’arancio/mandarino, un po’ di Fil’e Ferru (secondo i vostri gusti) scaldare il tutto a fuoco basso, fare attenzione a che l’alcool non prenda fuoco, si deve evaporare piano piano. Immergere le crepes una ad una nel liquido e piegarle in quattro cospargere con zucchero e mettere al forno (120°C) per 5 minuti. Scaldare il resto del Fil’e Ferru (al microonde) versare sulle crepes e poi accendere l’alcool di fronte ai vostri commensali.
Ingredienti per 8 persone: • 250 gr di farina • 4 uova • mezzo litro di latte • 1 pizzico di sale • 50 gr di burro • 1 bustina di zucchero vanigliato • 1 cucchiaio di Fil’e Ferru • 1 arancio o mandarino a scelta • 50 gr di zucchero • 30 cl di Fil’e Ferru
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Obiettivo AT Carnevale a Venezia (Venezia) ph. Marco Valuto Š AT Photographer
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Obiettivo AT
Fiume Bani Djennè (Mali) ph. Massimo Cozzolino Š AT Photographer 59
AT culturam! testo di Giuseppe Belli illustrazione Barbara Valuto
Antichi mestieri del belpaese: “le filandere” C’era una volta: come l’incipit di una fiaba, potrebbe iniziare così il racconto di quel mondo ormai scomparso degli antichi mestieri animato da figure artigiane che proprio per la loro particolarità e rarità hanno acquisito un aspetto quasi irreale. Figure divenute a dir poco magiche grazie alla loro arte e perciò fiabesche perché appartenenti ad un’epoca in cui la mano dell’uomo la faceva da padrone. Poi, l’avvento dell’industria e l’automazione della stessa hanno estromesso l’uomo dalla produzione diretta, e così, è sparita la tipicità di tanti prodotti. Oggi quasi tutto viene fatto in serie, omologato, registrato. Ma per fortuna nonostante tutto, le professioni più ricercate sono ancora quelle manuali, quelle stesse, che con la loro originalità e creatività, hanno fatto conoscere l’Italia nel mondo. Per cui, pur essendo caduto in disuso portare a riparare qualcosa, gli antichi mestieri non sono del tutto scomparsi. Girando per la nostra penisola possiamo notare subito che oltre alle tante bellezze paesaggistiche cha la caratterizzano, essa, ci colpisce per la peculiarità del suo territorio. Ogni regione esprime una sua cultura e delle tradizioni millenarie che nell’insieme rendono il nostro paese un bellissimo mosaico dove ogni luogo è unico, e il turista non troverà mai un posto simile ad un altro, in contrapposizione all’omologazione e alla globalizzazione mondiale. E questa unicità del territorio molte volte è dovuta soprattutto alle tradizioni che resistono, insieme anche agli antichi mestieri che in molti paesi riescono ancora a caratterizzare e trainare l’economia del posto. E così resistono mestieri come gli spazzacamini in Trentino e Lombardia, gli arrotini in Emilia e i barbieri soprattutto al sud. Poi ci sono gli stagnini, gli accordatori, gli intagliatori, e per gli amanti di cavalli ancora tantissimi maniscalchi sparsi per tutta la penisola. E poi materassai, merlettaie, ricamatrici. Gli unici ad essere quasi scomparsi sono gli ombrellai. Fra alcuni dei più antichi mestieri della mia città, Napoli, mio padre mi ricordava gli “acconciasegge” ovvero gli aggiusta sedie e gli “ ammazzapiecure”, uomini corpulenti che in occasione della Pasqua giravano per le strade offrendosi di ammazzare gli agnelli cresciuti nei 60
cortili delle famiglie benestanti. Viaggiando fra gli antichi mestieri scopriamo che anche i cognomi sono spesso un retaggio di questi. Alcuni paesi, ancora oggi, sono ricordati per le attività che in essi avevano luogo. Partendo dal nord, attraverso un viaggio immaginario in giro per il nostro paese, come prima tappa, potremmo suggerire ai nostri amici turisti che decidessero di venere a trovarci un itinerario nei dintorni della nostra capitale industriale “La Brianza”. Situata a nord di Milano essa rappresenta un’area della Lombardia suddivisa in quattro province che presenta tratti comuni. Al suo interno si individuano due sottoaree: una pianeggiante e una collinare. La Brianza è posta nel pieno centro della zona dei laghi e pur non avendo una sua precisa connotazione politica, fattori culturali oltre che geografici la contraddistinguono in maniera ben precisa. “Le filandere”, a proposito, appartengono alla sua storia. Figure femminili che caratterizzarono il lavoro in Brianza. A partire dal 500 fino al secolo scorso, infatti, l’attività manifatturiera più importante era quella relativa al baco da seta e al suo filato. Mentre gli uomini lavoravano la terra le donne, comprese le bambine, erano impiegate nell’industria della seta. Lavoravano per tutta la giornata e alleviavano con canti quelle ore di duro lavoro mettendo insieme un repertorio che non era altro che uno scadenzario delle sue varie fasi. Sempre nella Brianza, più precisamente a Cantù, la lavorazione dei merletti a fuselli ha rappresentato per secoli un’attività molto diffusa. Quest’arte si diffuse dal capoluogo in tutta la Brianza sostenendo la tradizione della ‘Trina di Milano’, poi, dalla città di Milano la lavorazione del pizzo si trasferì nei conventi e nelle campagne, e anche se Cantù rimase sempre il centro della lavorazione del pizzo si era soliti parlare del “punto Milano”. La diffusione dell’arte del merletto avveniva attraverso le corti, l’insegnamento delle suore e il loro peregrinare da un convento all’altro. La sua produzione si diffuse poi rapidamente sia nel privato che nel pubblico, sia a domicilio che nei laboratori artigiani. Infine, nacquero le prime scuole d’arte che però non furono ben viste dai commercianti di Cantù in quanto si comportavano come normali produttori. Dalla fine degli anni cinquanta in poi, l’arte del pizzo, benché il mercato non avesse più una grande richiesta, ha conservato comunque nella cultura canturina un grande spazio, immortalando in tutte le sue rappresentazioni l’immagine della donna davanti a grande tombolo intenda al suo lavoro. Un tentativo forse di trasformare, col passare degli anni, un’immagine in una icona folcloristica: “Le merlettaie di Cantù.” Il nostro viaggio immaginario fra gli antichi mestieri per il momento si interrompe qui. Giusto il tempo per organizzare nuove tappe alla scoperta di altri suggestivi luoghi e mestieri, nella speranza che questo itinerario a ritroso nel tempo possa emozionarvi più di quanto abbia emozionato me. 61
... il filo di Arianna Cosa, come e perchè a cura di Sabina Contu ... scrivete a sabinacontu@yahoo.it
Diventa imprenditore glocal con le nuove opportunità dei gal Franco Iseppi, presidente del Touring club italiano, in una lezione conclusiva dell’insegnamento di Economia aziendale tenuto da Paolo Congiu nel corso di laurea in Economia e finanza, aCagliari, parlando a studenti del primo anno, ha descritto il turismo nel nostro paese. Esso rappresenta il 3,2% del PIL italiano, e con l’indotto raggiunge il 9%. Ha evidenziato pregi e difetti, sintetizzandone le caratteristiche essenziali. “L’offerta turistica italiana – ha spiegato Iseppi – si basa su un patrimonio culturale che nessuno ha, indiscutibile, attribuibile alla storia del nostro popolo. L’altro aspetto di forza è rappresentato dalle produzioni enogastronomiche: per un terzo dei turisti, è questo il motivo del viaggio”. E poi il paesaggio e la ricchezza della biodiversità: “Se fossimo stati svegli – ha aggiunto – per questa avremmo fatto la stessa catalogazione che abbiamo inventato per i beni culturali, e avremmo fatto una gran cosa”. Quindi analizza le contraddizioni: “Non riusciamo a sfruttare il valore immenso di cui disponiamo”. Lo sguardo dello storico: “L’evoluzione del turismo è stata paragonata a quella della televisione: la tv ha lasciato il passo a quella tematica, e ora a quella sempre più personalizzata. Così per il turismo: quello di massa sta subendo un’erosione, è sempre più una risposta a bisogni sempre più diversificati”. Conclude “La via italiana al turismo è la giusta relazione tra gli strumenti tecnologici oggi a disposizione e i valori di cui siamo portatori”, In Sardegna, in questi giorni sono in scadenza alcuni interessanti bandi ad opera dei Gal. Questi gruppi di azione locale formati dai comuni del territorio che vi aderiscono sono uno strumento efficace su questa direzione. Essi sono raggruppamenti di partner che rappresentano sia le popolazioni rurali, attraverso la presenza degli enti pubblici territoriali (comuni, province e comunità montane), sia le organizzazioni degli operatori economici presenti nel territorio. I GAL attuano gli assi 3 e 4 del PSR nelle aree di competenza attraverso la predisposizione e attuazione dei Programmi di Sviluppo Locale (PSL), ed il perseguimento di due obiettivi prioritari: mantenimento e creazione di nuove opportunità occupazionali in aree rurali; miglioramento dell’attrattività dei territori rurali per le imprese e la popolazione. Essi attuano il Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo rurale 2007-2013ed il Programma di Sviluppo Rurale della Sardegna 2007-2013 dove la zonizzazione regionale, effettuata in base alla metodologia OCSE, classifica le province di Cagliari e Sassari come significativamente rurali e come prevalentemente rurali le restanti province. I bandi in atto trattano la misura 313 che intende contribuire alla diversificazione dell’economia delle aree rurali stimolando la capacità dei sistemi rurali di valorizzare in chiave turistica le risorse locali disponibili, sviluppando prodotti turistici integrati che sappiano coniugare l’offerta ricettiva con l’offerta di prodotti tipici, di opportunità di fruizione naturalistica e, in generale, di qualità della vita rurale. In specifico, l’Azione 4 della Misura 313, risponde al fabbisogno di qualificare l’offerta turistica rurale incrementando i posti letto e le strutture diffuse nel territorio (Affittacamere e B&B) che vadano a integrare le aree rurali nell’offerta turistica tradizionale (marketing territoriale) coerentemente con la politica regionale di promozione dell’offerta turistica. L’Azione 4 della citata Misura contribuisce ad accrescere l’attrattività dell’ambiente rurale, in quanto sarà realizzata in coerenza con le norme per la tutela del territorio, la salvaguardia e la gestione del paesaggio 62
rurale, in quanto elemento di identità del territorio regionale. L’Azione 4 prevede la riqualificazione di immobili nonché l’acquisto di arredi e di attrezzature per lo svolgimento di attività ricettive di piccole dimensioni non classificate come strutture alberghiere, finalizzate all’incremento e/o alla riqualificazione dei servizi di piccola ricettività, così come definiti dalla L.R. 12 agosto 1988, n. 27, limitatamente sostenere la nascita di nuove attività di piccola ricettività, così come definite dagli artt. 5 (affittacamere) e 6 (B&B) della L.R. 12 agosto 1988, n. 27; incentivare il potenziamento di quelle già esistenti. L’offerta di piccola ricettività dovrà prevedere forme organizzative e coordinate di ospitalità, attraverso la creazione di consorzi o aggregazioni di operatori locali almeno a livello di singolo Comune. Il consorzio, o altra forma aggregativa, potrà ricomprendere anche le aziende ricettive alberghiere del paese e/o del territorio di riferimento, in modo da creare dei microsistemi locali di offerta turistica. Sullo sfondo del ragionamento, credo che sia utile descrivere la situazione demografica della Sardegna, con una popolazione di un milione e 632 mila abitanti su un territorio di 24.000 Kmq, presenta attualmente la più bassa densità abitativa del Mezzogiorno, pari a 68,3 abitanti per Kmq. L’indicatore regionale è, peraltro, sensibilmente al di sotto della media nazionale (192,20 abitanti per Kmq) ed europea(2) (114,20 abitanti per Kmq). L’analisi a livello sub-regionale evidenzia una persistente caduta del presidio insediativo nelle zone interne a fronte di spostamenti di interi nuclei familiari verso la costa e le città: in ben 280 Comuni la popolazione continua a diminuire dal 1970 mentre 97 Comuni, localizzati nelle aree costiere delle Province di Sassari, Olbia, Oristano e Cagliari, polarizzano il 70% della popolazione sarda .Nell’area urbana del Comune di Cagliari la popolazione tende a spostarsi nei centri limitrofi ricadenti in aree rurali intermedie che infatti nel periodo 1991-2001 registrano un incremento pari all’8,4%. Nelle aree rurali intermedie delle altre Province si registrano invece andamenti leggermente negativi come risulta nel paragrafo 3.1.4. Il fenomeno dello spopolamento delle zone interne è ulteriormente aggravato dal fenomeno di sostanziale invecchiamento caratterizzante queste aree, evidenziato da un indice di vecchiaia(3) che a livello regionale passa da 43,3 (rilevato nel 1981) a 116,05 (rilevato nel 2001) fino a 130,80 del 2005. In altre parole, la Sardegna, negli ultimi 20 anni ha visto triplicare il numero degli anziani rispetto ai giovani. Per ciò che attiene alla natura giuridica delle imprese, l’analisi della struttura del sistema produttivo della Sardegna mostra che le imprese attive sono rappresentate per il 75,5% da ditte individuali e per il 14,2% da società di persone; solo per l’8% il nostro sistema produttivo è retto da imprese con una tipologia societaria basata non tanto
sulla centralità dell’imprenditore, quanto su quella dei capitali impiegati. Il confronto con il Mezzogiorno mette in luce una situazione analoga: le ditte individuali del Mezzogiorno sono superiori dell’1,7% rispetto a quelle della Sardegna, a scapito delle società di persone, che rappresentano nelle Regioni del sud circa il 12% sul totale. Rispetto al dato italiano, le ditte individuali sarde sono superiori del 7,7%, percentuale che in Italia si distribuisce tra società di persone e di capitali.
Fonti di legge
L.R. 12 agosto 1988, n. 27 Disciplina delle strutture ricettive extra alberghiere, integrazioni e modifiche alla legge regionale 14 maggio 1984, n. 22, concernente: “Norme per la classificazione delle aziende ricettive” e abrogazione della legge regionale 22 aprile 1987, n. 21 http://www.reterurale.it http://www.regione.sardegna.it/speciali/programmasvilupporurale/gal/
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Obiettivo AT
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AT Decameron matita, gomma e mouse... a cura di Barbara Valuto
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AT MAGAZINE Cultura, Sport, Turismo, ecc. TESTATA GIORNALISTICA REGISTRATA PRESSO IL TRIB. DI CAGLIARI nr. 24/12 del 10/10/2012 Luogo e anno della pubblicazione: Cagliari, 2012 ANNO I Dati della società: AT di Giampaolo Mocci Via Tagliamento, 19 0932 - Assemini (CA) PI 03442500926 Editore Giampaolo Mocci Direttore Responsabile: Andrea Concas Per contattare il giornale: Cell. +39 3287289926 E-mail: info@atmagazine.it (per informazioni) redazione@atmagazine.it (per la redazione) Per le inserzioni sul giornale: E-mail: atpublimedia@atmagazine.it Informazioni sullo “stampatore”: Il provider che ospita il giornale è DominioFaiDaTe S.r.l. (società provider autorizzata a fornire al pubblico il servizio internet).
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