Il nonno racconta: <<la GT 17 del bersagliere>> (di Luca Manneschi)
Nei primi anni del 2000 mi si presentò in ospedale un uomo nato nel Novembre del 1918 e per questo chiamato Vittorio, che doveva eseguire un esame endoscopico abbastanza complesso. Quando gli chiesi da chi fosse accompagnato, mi rispose di essere venuto in scooter e da solo, perché senza figli e con una moglie “…che ormai non ci dava più con la testa”. Per stemperare l’ansia e la preoccupazione che vedevo ben evidenti sul suo volto, mi complimentai per il fatto che ad oltre 80 anni guidasse ancora lo scooter. Scuotendo la testa mi rispose che lui aveva avuto motociclette che “…bisognava saperle guidare sul serio, mentre gli scooter di oggi, non si guidano, . . . ma vanno da soli”. Ovviamente avevo subito compreso cosa volesse dire, ma in quel momento era troppo importante farlo parlare, per cui finsi di non aver capito. Iniziò dicendomi di aver combattuto in Africa, come caporalmaggiore portaordini nei bersaglieri motociclisti. “Ahh” lo interruppi ”cosa aveva una GT 17 ?” “Come dottore,” rispose stupito “conosce la GT 17? E’ stato il primo mezzo a motore ad entrare in Addis Abeba il 5 Maggio del “36! . . ma allora Lei è dei nostri!
5 MAGGIO 1936: CONQUISTA DI ADDIS ABEBA
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Quella sigla, pronunciata a bruciapelo, aveva prodotto un effetto portentoso, il suo atteggiamento nei miei confronti passò dal timoroso-rispettoso, al rilassato-affettuoso, ma soprattutto Vittorio partì con una raffica di aneddoti che funzionarono meglio di un’anestesia, tanto che terminammo l’esame senza che quasi se rendesse conto. Tra i tanti aneddoti e racconti che fece, uno mi colpì in maniera particolare. . . . . Siamo nel deserto libico-egiziano a cavallo tra l’Ottobre ed il Novembre 1942, proprio nei giorni della battaglia di el Alamein. Gli inglesi disponevano di una tecnologia superiore agli italo-tedeschi ed erano in grado di intercettare e decifrare le comunicazioni radio; per questo motivo i Comandi utilizzavano in maniera particolare i portaordini motociclisti. Il caporalmaggiore portaordini Vittorio M., del reparto bersaglieri motociclisti, doveva portare dei dispacci importanti da un comando ad un altro, attraversando un lungo tratto di deserto proprio con una Guzzi GT 17. Il tratto da percorrere era superiore all’autonomia della moto, ma in quei giorni le piste erano percorse da numerosi convogli italiani e tedeschi che avevano l’ordine di assistere e rifornire i portaordini incontrati. Quel giorno, nel percorso di ritorno, Vittorio non trovò in quella pista nessuno che potesse rifornirlo; la benzina terminò e “senza benzina non va nemmeno una Guzzi !”
In una situazione simile il Regolamento parlava chiaro: <<abbandonare e rendere inservibile il mezzo e proseguire a piedi>> …sperando di trovare qualcuno.
GT 17: LA 1° MOTO PROGETTATA PER USO MILITARE
In quel drammatico momento: solo, in mezzo al deserto, forse per senso del dovere, molto probabilmente per incoscienza, Vittorio non ebbe paura, ma ciò che non poteva accettare era di <<abbandonare il mezzo>>, dato che, <<il renderlo inservibile>>, non poteva nemmeno prenderlo in considerazione. In quegli anni di guerra aveva sempre avuto la stessa moto che amava e curava più che fosse stata di sua
BMW R 75 SAHARA
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proprietà e con la quale aveva vissuto paure, ansie, ma anche soddisfazioni perché, a suo dire, “. . era la moto più veloce, più stabile e più affidabile di tutta l’Africa” Non volendola abbandonare in mezzo alla pista, la spinse e la appoggiò ad una vicina piccola duna in modo rimanesse dignitosamente in piedi e la coprì con affetto con il telo mimetico in dotazione, dopo di ché proseguì a piedi con l’animo in subbuglio. Dopo un tratto di strada non ben precisato, ma per lui molto lungo, Vittorio trovò, ai lati della pista, una motocarrozzetta BMW R 75, con sopra due tedeschi crivellati dai colpi sparati da un qualche caccia alleato. In quei giorni infatti gli aerei inglesi andavano a caccia, più che di convogli, di staffette portaordini perché considerate strategicamente più importanti. Rimossi i due corpi esaminò la moto: le taniche erano vuote, ma il serbatoio risultò sufficientemente pieno e le parti meccaniche non sembravano compromesse, tanto che dopo due o tre “scalciate” andò in moto. A questo punto Regolamento e buon senso avrebbero imposto la stessa cosa: proseguire il viaggio con la BMW, ma il pensiero della “sua” Guzzi abbandonata in pieno deserto divenne ossessivo. Finalmente due considerazioni: la BMW era “apparentemente” in ordine, mentre la Guzzi lo era “di sicuro”; inoltre “l’elefante” o “l’ippopotamo”, come lo chiamava lui, in caso di insabbiamento sarebbe stato troppo pesante per un uomo solo, mentre la Guzzi con “..una spintarella” se la sarebbe cavata. Questi due argomenti, se pur esili, furono ritenuti da Vittorio più che sufficienti a giustificare lo spreco di tempo e di carburante, per cui, vuotò la borraccia bevendo la poca acqua residua e la riempì di benzina. Successivamente tornò sui suoi passi
fino a ritrovare la Guzzi, che sembrava attenderlo come un cane fedele e, come per dissetarlo, trasferì la benzina. Come da copione la Guzzi andò in moto al primo colpo e partì sicura tra le sabbie del deserto che non sembrava più nemico ed anche la guerra, con il triste epilogo che già era nell’aria, gli sembrava qualcosa di lontano. Raggiunta la BMW completò con scarsa gratitudine il passaggio della benzina tra i due serbatoi e ripartì non degnandola neppure di un ultimo sguardo. Le aveva sempre considerate ingombranti e troppo perfette, proprio come erano gli alleati tedeschi: quindi non potevano che essergli tutti e due antipatici!
Quando arrivò al campo era già stato preceduto dalla notizia, giunta via radio, che la battaglia ad el Alamein era terminata e con essa si stava concludendo, nel peggiore dei modi, l’avventura italiana in Africa. Per tutta la vita l’ex caporalmaggiore portaordini Vittorio M. del reparto bersaglieri motociclisti, si è commosso al pensiero di aver concluso l’ultima sua missione di guerra tornando: sotto la sua Bandiera con la sua fedele GT 17.
NB le immagini inserite sono di repertorio e non riferite al protagonista ed alla storia
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