Motori ad ogni costo - Vita e opere di Preston Tucker

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Motori ad ogni costo Vita ed opere di Preston Tucker Lorenzo Morello Giugno 2020


Pochi uomini furono più determinati di Preston Tucker nel dedicare la vita ai motori fin dalla più giovane età, reinventandosi, dopo ogni ostacolo incontrato, un futuro nuovo ma sempre orientato in quell’unica direzione, identificandosi così bene nel paradigma del sogno americano. Tucker appare un personaggio affascinante, per il quale, sarà difficile che gli appassionati di motori non provino simpatia, ammirando i suoi sogni e il suo rapido successo e dispiacendosi per il fallimento finale, immeritato sotto molti aspetti e forse frutto di una cospirazione.

Molti non giovanissimi l’avranno già conosciuto nel film di Francis Ford Coppola (Un uomo e il suo sogno) uscito nel 1988 che, tuttavia, anche se abbastanza fedele ai fatti accaduti e curato nei dettagli tecnici e negli oggetti di scena, non rivelava proprio tutto sulle realizzazioni del protagonista. Al culmine della sua breve ma rapida carriera, poteva essere identificato sia in un inventore rivoluzionario, sia in un finanziere forse troppo disinvolto, travolto dagli scandali e dalle accuse di frode, a causa delle quali dovette affrontare anche un processo. Preston Thomas Tucker (1903 – 1956) nacque a Capac, nel Michigan, il baricentro di quella che là è chiamata la cintura della ruggine, per la sua dipendenza dall’estrazione e dalla lavorazione dei materiali ferrosi, patria di Henry Ford, di William Durant e di Walter Chrysler, i fondatori delle Big Three, e dei molti marchi in esse contenuti. Il nome di battesimo del nostro personaggio, forse frutto di compromessi fra parenti, riprendeva il cognome da sposare della madre, una maestra che fu la sua unica guida poiché orfano del padre dal periodo dell’infanzia. Tucker amava automobili e motori già da piccolo, tanto che imparò a guidare a undici anni; a sedici compiuti, avviò la sua prima attività nel settore, acquistando vecchie automobili, riparandole e restaurandole per poi rivenderle. Fu iscritto dalla madre a una scuola professionale per tecnici meccanici ma, poco interessato ai libri, presto preferì abbandonare gli studi per avvicinarsi all’oggetto dei suoi desideri, in questo caso la Cadillac, anche se dovette accontentarsi di un posto da fattorino d’ufficio. All’età di diciannove anni, si fece assumere dalla polizia di Lincoln Park, una cittadina della zona, principalmente per correre a piacimento sulle auto e sulle moto di servizio ma, dopo breve tempo, la

Preston Tucker. (fonte: Wikipedia)

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madre, evidentemente preoccupata, lo fece licenziare, rendendo noto ai suoi superiori che egli aveva falsificato i dati anagrafici per essere arruolato prima di aver compiuto l’età richiesta.

dovette ancora rinunciare; questa volta fu licenziato per aver danneggiato un’auto di servizio, aprendovi un foro nel parafiamma con la fiamma ossidrica, per renderla più confortevole durante i pattugliamenti nel rigido inverno del Michigan. Finalmente riuscì a entrare nel mondo dell’automobile a pieno diritto, come venditore di Studebaker alle dipendenze del concessionario di Detroit; molto presto si dimostrò un ottimo venditore, tanto che gli fu offerta la direzione della concessionaria di Memphis, nel Tennessee. Questo mestiere sembrava averlo finalmente appagato, tanto da praticarlo fino al 1933, occupandosi di marchi diversi, Stutz e Chrysler, a Memphis, Pierce-Arrow a Buffalo e infine Dodge a Detroit.

La linea di assemblaggio della Ford Model T nel 1925 nello stabilimento di Highland Park. (fonte: Ford Media Center)

Tucker non si perse di coraggio e, per non lasciare troppa distanza fra sé e le auto, a vent’anni, appena sposato, prese in affitto un distributore di benzina vicino a casa; questo era gestito dalla moglie nelle ore diurne, mentre lui faceva il meccanico nelle ore serali, dopo aver lavorato tutto il giorno sulla linea di montaggio della Ford di Highland Park.

Harry Miller (a sinistra) e Preston Tucker fotografati a Indianapolis. (fonte: archivio coachbuilt.com)

Tuttavia, questa era solo la facciata, perché già da alcuni anni Tucker, per coltivare il suo interesse per le corse, si trasferiva periodicamente a Indianapolis, ove ebbe anche l’occasione di diventare amico di Harry Miller, allora famosissimo costruttore di motorsport. Miller aveva

Foto di gruppo del Lincoln Park Police Department; Tucker cavalca la moto a destra. (fonte: Lincoln Park Historical Society and Museum)

Poco dopo, riuscì a rientrare in polizia, sempre con le precedenti motivazioni, ma 3


allestito molte auto da corsa, principalmente Duesenberg modificate ma anche auto originali di tipo diverso, convenzionali, a trazione anteriore e integrale, con motori a quattro cilindri e sedici valvole sovralimentati da 1,5 e 2 litri. Le auto cui aveva messo mano avevano conquistato nove vittorie.

In quegli anni molte delle auto da corsa di Indianapolis avevano motori derivati da quelli di serie; poiché la Ford desiderava rafforzare la sua immagine sportiva, Tucker ebbe buon gioco nel convincere Edsel Ford a servirsi della Miller and Tucker Inc. per la costruzione di dieci auto da corsa con motore derivato dal

Una delle sfortunate Tucker-Miller-Ford sulla pista di Indianapolis. (fonte: Museum of American Speed, Indianapolis)

Pur di poter vivere in questo mondo, Tu c k e r s i t r a s f e r ì a I n d i a n a p o l i s accettando di occuparsi dei trasporti per un birrificio locale. A un certo punto Miller fece fallimento e il suo meccanico, l’altrettanto famoso Fred Offenhauser, acquistò il marchio e l’officina, mentre Tucker, con Miller, fondò nel 1935 la Miller and Tucker Inc., per la costruzione di auto da corsa e per lo svolgimento di altre simili attività.

Ford V8 a valvole laterali. Diversamente dall’applicazione di origine, il motore era istallato con il volano rivolto in avanti, per comandare una trasmissione a trazione anteriore con cambio a due sole marce; sull’ovale di Indianapolis non ne servivano di più. Il motore di 3.620 cm 3 fu modificato, applicando nuovi collettori di aspirazione, quattro carburatori e pistoni speciali, che gli fecero raggiungere 150 CV a 5.000 giri/min, partendo dai 90 di origine. La 4


carrozzeria era molto bassa e ben studiata nell’aerodinamica. Per l’ottima tenuta di strada in questo specifico percorso, anche se non molto potente, riuscì a qualificarsi con una velocità media di circa 180 km/h, ma nessuna delle auto qualificate riuscì a completare la corsa a causa di guai alla scatola guida. Anche se l’impresa non ebbe successo, fu utile a Tucker per farsi conoscere nel mondo delle corse e creare una rete di conoscenze che egli sfruttò in seguito, per ottenere apporti professionali adeguati nelle sue successive attività. Nel 1937, la Guerra Civile Spagnola, in pieno svolgimento, e l’aggressione del Giappone alla Cina facevano già prevedere un secondo conflitto mondiale; in questo scenario Tucker maturò l’idea di entrare nel settore degli armamenti, dedicandosi al progetto di un veicolo corazzato veloce.

idonea a muoversi rapidamente anche fuori-strada, sui terreni spesso fangosi dei Paesi Bassi. Si accordò con Miller per adattare alla nuova applicazione il motore V12 a valvole laterali delle automobili di lusso Packard Twin Six, impiegato anche i n a v i a z i o n e , m o d i fi c a n d o l o p e r incrementarne le prestazioni. Il Packard Twin Six, con 67° di angolo fra le bancate, aveva una cilindrata di 7.756 c m 3 e d e r a s t a t o m o d i fi c a t o p e r aumentare la potenza da 160 a 175 CV a 3.400 giri/min, con l’obiettivo di far raggiungere al veicolo almeno 100 mph e superare una pendenza massima del 40%. Era dotato di un cambio meccanico a 5 marce con due retromarce. In anticipo sul più tristemente famoso carro armato tedesco, il veicolo fu battezzato Tiger Tank: era lungo circa 4,2 m, alto 2,4, largo 1,9; pesava, con un equipaggio di tre uomini, armi e rifornimenti, circa 5 tonnellate; la velocità

Due fotografie della Tiger Tank durante le prove ad Aberdeen. (fonte: archivio coachbuilt.com)

Lasciò Indianapolis e tornò nel Michigan, a Ypsilanti, dove, dopo aver ristrutturato il magazzino annesso alla sua nuova casa, vi stabilì con Miller la Ypsilanti Machine and Tool Company, col proposito di arrivare alla costruzione di un prototipo. Dopo essere entrato in contatto con il governo olandese, ottenne una commessa per sviluppare la sua particolare autoblindo, che doveva essere

massima era 114 mph (183 km/h); la velocità di crociera su strada asfaltata raggiungeva 100 mph (161 km/h) e poteva mantenere 78 mph (125 km/h) su terreno pianeggiante fuori strada, invero richiedendo un po’ di coraggio da parte del pilota, come può constatarsi dal filmato girato durante le prove. Possedeva alcune caratteristiche uniche. 5


Aveva uno scafo di lamiera di acciaio da 14 mm, con unioni saldate e non chiodate, come allora si usava fare con le lamiere di grande spessore; nel corso della guerra il nuovo sistema di unione fu adottato anche sui carri armati perché quello precedente si era mostrato molto vulnerabile ai proiettili esplosivi. Anche il fondo dello scafo era blindato per proteggerlo dalle mine anticarro. Grande importanza era stata data alla visibilità di guida, adottando vetri di grandi dimensioni non perforabili, rapidamente sostituibili se fossero stati scheggiati dai proiettili. I proiettori, protetti allo stesso modo, potevano essere orientati a piacimento dal guidatore, che poteva usarli come luci di esplorazione. Nonostante l’altezza imponente e la capacità di passare su ostacoli di 30 cm, le masse interne erano distribuite in modo da impedire il ribaltamento laterale fino a 45° d’inclinazione del terreno. Aveva trazione sull’asse posteriore e, grazie alla possibilità di poter frenare indipendentemente ogni ruota, era possibile superare terreni anche molto fangosi. Il veicolo poteva essere attrezzato, secondo le esigenze, con ruote semplici, gemellate per l’asse posteriore, o con un cingolo avvolto sulle ruote; in questo caso i cambiamenti di direzione erano comandati frenando le ruote dello stesso lato del veicolo. Gli pneumatici erano in grado di sopportare 50 colpi calibro .50, prima di perdere la pressione di gonfiaggio. Il radiatore era formato da elementi modulari a montaggio rapido, sostituibili con facilità in caso di foratura. La torretta, racchiusa in una cupola di vetro antiproiettile, era, già solo per quest’aspetto, particolarmente evoluta e ospitava un cannone da 37 mm, con 100 colpi. Il cannoniere poteva ruotarla manualmente di 360° in orizzontale e 75° in elevazione; con l’uso di servomotori elettrici, la rotazione di 360° avveniva in meno di 5 secondi (per confronto, il carro Sherman riusciva ad eseguire la stessa

manovra in 15 secondi), potendo così continuare a sparare inseguendo obiettivi in movimento e svolgere le funzioni di arma contraerea o controcarro. La torretta aveva un diametro ridotto nonostante il rinculo dell’arma, grazie ad un sistema di puntamento periscopico, che permetteva al cannoniere di sedere al suo lato. Il veicolo era anche armato con una mitragliatrice calibro .50 e due calibro .30 poste sullo scafo. La potenza di sparo combinata era di 2.820 colpi il minuto.

Pagina illustrativa del brevetto US2408707 della torretta prodotta dall’Higgins-Tucker Aviation.

Tuttavia il veicolo non superò mai lo stadio prototipale, perché, nel 1940, l’Olanda fu invasa dalle truppe naziste e non fu più in condizione di onorare gli impegni. Tucker aveva anche offerto il veicolo nel 1938 all’Esercito Americano, che lo valutò nei suoi terreni di prova di 6


Aberdeen, dichiarandosi, tuttavia, non interessato, non per la sua eccessiva velocità, come riportato da alcune fonti, ma per la problematica condotta di guida in marcia fuori strada. Inoltre, aveva già puntato le sue risorse su un veicolo tattico di carattere più economico, che sarebbe poi diventato la famosa Jeep. Un filmato muto (11 min), presente su Youtube, vi permetterà di assistere alla presentazione del Tiger Tank e ad alcuni momenti della sua prova ad Aberdeen. Nonostante la valutazione negativa del veicolo, l’Esercito richiese che qualche dettaglio costruttivo fosse introdotto dall’American Bantam nel progetto della Jeep e la Marina degli Stati Uniti1 si dichiarò interessata alla torretta, per armare i suoi bombardieri B17 e B29. Questa fu effettivamente costruita in una versione modificata con due cannoncini posti ai lati dell’armiere, che aveva così una visione diretta dell’obiettivo, pur rispettando i ridotti limiti d’ingombro. Probabilmente in seguito a questo successo, Tucker aprì una parentesi dedicata all’aviazione; fu fondata la Tucker Aviation Corporation, con l’obiettivo di costruire aeroplani e motori marini; quasi subito riuscì a collocare sul mercato un consistente quantitativo di azioni per imbarcarsi nello sviluppo del caccia XP-57 che, questa volta, suscitò l’interesse dell’Aviazione dell’Esercito. Lo XP-57 fu la risposta di Tucker a un bando di gara per sviluppare aerei da caccia leggeri, da costruirsi con materiali non strategici, concepiti per la difesa del territorio continentale da eventuali bombardamenti aerei, peraltro mai avvenuti. Fu costruito un solo prototipo perché il committente, parallelamente, perse l’interesse per velivoli di questo tipo. La fusoliera era costruita con tubi di acciaio rivestiti da pannelli di alluminio,

mentre le ali erano interamente in legno compensato. Per migliorare la distribuzione dei pesi, il motore era collocato sull’ala, dietro al pilota, che sedeva a cavallo di un albero rotante, per mettere in movimento la doppia elica anteriore.

Schizzi dell’XP-47. (fonte: Wikipedia)

L’XP-57, soprannominato spara piselli, era lungo 8,1 m, aveva un’apertura alare di 8,7 m, con un peso a vuoto di poco più di 1.500 kg; il motore, progettato da Miller, aveva otto cilindri in linea ed erogava 720 CV. La velocità massima era di circa 500 km/h, con un’autonomia di 1.000 km; poteva essere armato con tre

Fino al 1947, quando fu riconosciuta come branca indipendente delle Forse Armate, l’Aviazione Americana era organizzata in due corpi speciali separati, rispettivamente parte dell’Esercito e della Marina. 1

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mitragliatrici calibro .50 o con una sola mitragliatrice e due cannoncini da 20 mm. In questo periodo Tucker entrò in contatto con Andrew Higgins, affermato costruttore di navi della classe Liberty, di motosiluranti e mezzi da sbarco. Questi

propose a Tucker nel 1942 di vendergli la Tucker Aviation Corporation, corrispondendogli, oltre a una consistente somma di denaro, la vicepresidenza della nuova ditta, l’Higgins-Tucker Aviation, cui era assegnato il compito di costruire

Esempio di evoluzione dello stile delle Cadillac fra il 1939 e il 1943.

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torrette girevoli e motori per motosiluranti. Tucker accettò ma, già nel 1943, ritornò a rivolgere gli occhi sulle automobili. Negli USA di quegli anni, l’aspetto e i contenuti delle automobili erano poco diversi da quelli del 1939 poiché l’industria si era dovuta focalizzare sulla produzione bellica. Nelle carrozzerie, il biglietto da visita delle automobili, le forme prevalenti, anche se più avanzate rispetto a quelle europee contemporanee, pur con qualche orpello in più erano ancora caratterizzate da parafanghi e cofani prominenti, anche se un po’ più raccordati alla parte centrale. A guerra terminata, il pubblico avrebbe probabilmente apprezzato un prodotto nuovo o, almeno, nuovo nell’aspetto esterno; negli anni del conflitto, infatti, l’occhio si era abituato ad apprezzare le forme filanti degli aerei, protagonisti di tante imprese di successo, e si aspettava qualcosa di simile anche nelle automobili. I Big Three erano svantaggiati in un’eventuale operazione di rinnovamento, a causa degli enormi investimenti

progettista che aveva fino a quel momento collaborato a definire la linea delle Cord, Auburn e Duesenberg, i prestigiosi marchi del gruppo Cord che costituivano, nell’ordine, le tappe della scalata al successo degli americani più benestanti, amanti della tecnica raffinata. Lo stile quasi definitivo fu presentato l’anno successivo nella cartolina augurale di Natale della Tucker Corporation, con il nome di Tucker 48, prendendo così un impegno formale sulla data di commercializzazione. La forma della carrozzeria, per i suoi aspetti estetici, era protetta da un brevetto concesso in favore di Preston Tucker. Già nel mese di marzo i quotidiani avevano riportato titoli che annunciavano come, dopo 15 anni di ricerche e prove, fosse nata l’auto del futuro. Intanto, Tucker aveva arruolato i suoi diretti collaboratori, cercandoli un po’ dappertutto ma soprattutto a Detroit; mancava ancora, tuttavia, una sede adeguata. L’Aircraft Engine Plant di Cicero, nei pressi di Chicago, gestito fino a quel momento dalla Dodge, era stato eretto dal 1942 al 1944 senza limiti di spesa, per costruire i motori stellari Wright R3350 dei bombardieri B29; era allora il più grande singolo edificio esistente al mondo, occupando quasi 2 km2, circa 30 isolati della città, totalmente serviti da tunnel sotterranei. Aveva prodotto circa 18.000 motori per 3.600 B29; era organizzato così razionalmente da essere riuscito a dimezzare il prezzo di questi motori dal valore iniziale di circa 25.000$ (per riferimento un’auto economica per i parametri americani costava allora circa 1.000$). A guerra finita, all’amministrazione militare si pose il problema di reimpiegare quell’enorme stabilimento; esso fu messo all’asta e Tucker riuscì ad aggiudicarselo, pensando che, in quello spazio, avrebbero potuto costruire le 60.000 auto l’anno (300 auto/giorno) che si proponeva di raggiungere, dopo un periodo di

La cartolina augurale della Tucker Corporation per il Natale 1947 mostra la linea della sua nuova automobile. (fonte: Wikipedia)

coinvolti: un conto era rifare un parafango o una griglia, un conto era costruire una carrozzeria intera completamente diversa dalle precedenti. Alla fine del 1946, per definire lo stile della sua nuova auto in tutti i dettagli, Tucker assunse Alex Temulis, il famoso

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Immagini della Tucker 48 tratte dal brevetto ornamentale USD154192; la forma dei passaruota non è quella definitiva, essendo stati modificati per permettere lo smontaggio delle ruote e allargare la troppo stretta carreggiata anteriore.

avviamento di quattro mesi che avrebbe sfornato mediamente 140 auto/giorno. Doveva però sborsare 15 milioni entro marzo 1947, per cui dovette iniziare a vendere concessioni di vendita in franchising e certificati azionari per 20 milioni. Entrò nello stabilimento solo a settembre, a causa dei molti ricorsi presentati dai concorrenti esclusi. La Tucker 48 era innovativa non solo nell’aspetto ma anche nei contenuti

tecnici; si potrebbe dire troppo, perché molte delle nuove funzioni ipotizzate all’inizio non poterono essere introdotte nell’auto definitiva. Si sarebbe dovuta guidare in modo automatico, agendo solo su acceleratore e freno; la promessa era impegnativa, perché il primo cambio automatico americano, il Dynaflow, fu solo introdotto come optional sulla Buick del 1948. 10


Il motore definitivo della Tucker 48 aveva l’albero a gomiti longitudinale, ancora sei cilindri opposti, una cilindrata di 5.473 cm3 ed erogava 166 CV a 3.800 giri/min. (fonte: Wikipedia)

L’insolito motore posteriore del primo prototipo della Tucker 48 mostra, in primo piano, i 6 attuatori idraulici delle valvole della bancata posteriore, colorati in rosso come i rimanenti componenti del complicato impianto di distribuzione. (fonte: Wikipedia)

Per questo, il motore della Tucker era già il primo elemento rivoluzionario, essendo concepito per fare a meno di un cambio e garantire una marcia elastica e silenziosa, grazie alla cilindrata di quasi 10 litri (589 cuin). Era un motore boxer a sei cilindri con camere emisferiche e valvole in testa, progettato per funzionare fra 100 e 1.800 giri/min, dovendo essere collegato direttamente alle ruote. Per funzionare a velocità così basse, le valvole non erano comandate nel modo convenzionale ma mediante attuatori idraulici brevettati, in grado di variare a piacimento l’alzata e le fasi (qualcosa di simile ma con prestazioni non così esasperate, arrivò sul mercato solo negli anni ’90); il motore mostrava la sua unicità esibendo un intrico di tubi che collegavano ogni valvola al distributore della pompa idraulica. Il motore era sistemato posteriormente, per migliorare l’aerodinamica e aumentare l’aderenza del veicolo, e in posizione trasversale, per collegare le sue due estremità alle ruote, mediante due identici giunti idraulici; a 100 km/h avrebbe dovuto ruotare a circa 1.000 giri/ min e avrebbe dovuto disporre di 200 CV a 1.800 giri/min.

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Si noti che non era prevista la retromarcia; l’inversione del moto sarebbe dovuta avvenire come sulle locomotive a vapore, arrestando il motore e riavviandolo, dopo averne invertito la rotazione, variando gli angoli di fase della distribuzione. Furono costruiti sei prototipi ma solo uno poté essere provato su vettura perché si comprese che l’esotica distribuzione non sarebbe mai stata in grado di funzionare nel modo desiderato. Dopo una lunga messa a punto, non si ottennero più di 90 CV; inoltre l’avviamento era molto difficoltoso, a causa del tempo occorrente a portare l’olio alla pressione necessaria a manovrare le valvole, e questa era spesso insufficiente ad aprirle al minimo, tanto da far arrestare il motore. Abbandonato il tentativo, si dovette ripiegare su un motore Lycoming, anch’esso boxer a sei cilindri, tuttavia, senza riuscire a farlo entrare nello spazio disponibile. La soluzione arrivò ancora da un boxer a sei cilindri raffreddato ad aria, prodotto dall’Air Cooled Motors, in corso di sviluppo per l’elicottero Bell 47, in cui era istallato con l’albero a gomiti in posizione verticale per allinearsi col rotore principale.


Due motopropulsori Tucker 48 smontati; quello in primo piano è equipaggiato con il cambio semi-automatico Bendix-Cord, quello in secondo piano con il cambio automatico TuckerMatic a due giunti idraulici. (fonte: Wikipedia)

Dopo essere stato opportunamente modificato per l’orientamento previsto su vettura, con teste e basamento nuovi, per essere raffreddati ad acqua, fu provato per dimostrarne l’idoneità alla nuova applicazione e approvato. Per assicurarsi la fornitura, Tucker, acquistò l’Air Cooled Motors per 1,8 milioni, annullando tutti i suoi contratti di fornitura già esistenti. Aveva una più modesta cilindrata di 5,5 litri (334 cuin), tuttavia, capace di erogare 166 CV a 3.800 giri/min ma era ora indispensabile trovare anche un cambio che non tradisse gli obiettivi di comfort desiderati. Negli USA esisteva la Cord 810 a trazione anteriore; il suo motore 8V era disposto longitudinalmente, con il cambio davanti a sbalzo, di tipo semiautomatico a quattro rapporti, di cui tre sincronizzati, costruito dalla Bendix. Si manovrava scegliendo la marcia desiderata con un certo anticipo e inserendola nel momento opportuno con un colpo sul pedale della frizione. Non era un cambio automatico ma era apprezzato per la rapidità di manovra, il ridotto sforzo di comando,

simile a quello di un interruttore elettrico, e l’assenza di grattate nei passaggi di marcia. L’architettura del cambio della Cord 810 era proprio ciò che serviva alla Tucker 48, applicata ovviamente all’asse posteriore. La fornitura sarebbe stata assicurata, costituendo una nuova impresa a Ypsilanti, che inizialmente avrebbe modificato i cambi forniti dalla Bendix su disegno Cord, per costruirli direttamente in un secondo tempo; nacquero, tuttavia, problemi di affidabilità, perché la meccanica non era adeguata alla potenza del motore. Anche quest’ultimo problema fu risolto promettendo, a chi avesse saputo proporre un cambio adeguato, un premio di 5.000$; lo vinse Warren Rice, il progettista del cambio Dynaflow della Buick, che ideò una soluzione costruita con due giunti idraulici e un inversore per la retromarcia: finalmente, un cambio automatico; detto TuckerMatic, avrebbe dovuto costituire la soluzione definitiva ma, per le difficoltà in seguito insorte, fu costruito in un solo esemplare. 12


Parte posteriore dell’autotelaio; si notano i longheroni perimetrali per la protezione dagli urti laterali e l’ampio spazio sacrificale lasciato per assorbire i danni da tamponamento; si notano anche le sospensioni indipendenti con elementi in gomma. (fonte: theoldmotors.com)

Il motopropulsore era anche progettato per essere separato dalla carrozzeria in 15 minuti per una rapida sostituzione; si desiderava svolgere le eventuali riparazioni e operazioni di manutenzione senza far attendere il cliente per lungo tempo. L’autotelaio della Tucker 48 era dotato di quattro sospensioni indipendenti con elementi elastici di gomma che, accanto alle loro virtù di progressività e assenza di lubrificazione, crearono un nuovo problema nel fatto che, sollevando l’auto per sostituire una ruota, questa non scendeva verso il suolo a sufficienza per essere estratta dal parafango, a quel tempo parzialmente carenato. Per questo fatto, le Tucker 48 definitive, oltre ad elementi elastici modificati, avevano i

parafanghi più ampi di quelli presentati sul disegno del brevetto. Il primo prototipo aveva freni a disco, una vera primizia per quegli anni, ma scomparvero dalle auto di produzione per problemi di messa a punto. L’autotelaio proteggeva con i suoi l o n g h e r o n i p e r i m e t r a l i i fi a n c h i dell’automobile e offriva ampi spazi sacrificali alle due estremità, per ridurre i danni da collisioni frontali e tamponamenti; inoltre, la scatola guida era montata in posizione molto arretrata per evitare l’intrusione del volante in caso di urto frontale. Ogni pneumatico era del tipo antiscoppio, come sui veicoli da combattimento. La carrozzeria era molto aerodinamica per i parametri di quegli anni, con un cx 13


Due viste di una Tucker 48 in livrea definitiva: si osservino i diversi contorni dei passaruota rispetto al disegno del brevetto; la forma aerodinamica è curata in ogni dettaglio fra cui si nota la lunga coda e l’assenza di canaline sui contorni delle porte.

stimato in 0,3; come l’autotelaio, possedeva dispositivi di sicurezza che si diffusero sulle auto solo trent’anni più tardi, come le cinture per tutti gli occupanti, le protezioni contro gli urti laterali e il ribaltamento e il parabrezza eiettabile in caso d’urto frontale. Inoltre, ogni comando era alla facile portata del guidatore e ogni protuberanza era protetta da imbottiture; infine, il proiettore centrale seguiva i movimenti del volante per meglio illuminare le curve. Fece molta impressione sul pubblico una fotografia che documentava l’aspetto abbastanza integro di una Tucker 48,

uscita di strada a 95 mph nel corso di una prova. Pur capovolgendosi tre volte, il pilota ne era uscito illeso e l’auto, dopo essere stata raddrizzata, era riuscita a ripartire dopo la sostituzione di una sola ruota. L’alquanto insolita specifica di abitabilità richiesta da Tucker era la capacità di ospitare comodamente sei giocatori di american foot-ball normodotati. Il bagagliaio anteriore era di forma molto irregolare e diventava piccolo se si desiderava alloggiare anche una ruota di scorta. 14


suo pieno sfruttamento.La tabella permette di confrontare la Tucker 48, ancora incompiuta, con la Cadillac 62 Sedan dello stesso anno, da considerarsi probabilmente la sua diretta concorrente; nella realtà la Tucker si poneva in una classe a parte. Il vantaggio della Tucker sulla velocità massima, ottenuto con una potenza non molto superiore, confermerebbe la migliore aerodinamica. Una serie di primi piani e una prova su s t r a d a d e l l a Tu c k e r d i p r o p r i e t à dell’Audrain Automobile Museum di Newport (Rhode Island), sono riportati dal filmato in inglese (3 minuti) preparato dal citato museo. Parallelamente alle ultime fasi di sviluppo, iniziarono i primi fastidi di tipo legale. La troppo rapida crescita della Tucker Corporation aveva attirato l’attenzione della U. S. Securities and Exchange Commission; la SEC era stata creata dal Presidente Roosevelt nel 1934, a conclusione della crisi del ’29, per sorvegliare le aziende sulla corretta applicazione delle leggi federali in campo finanziario, per proteggere gli investitori e facilitare la formazione dei capitali. Anche se Tucker non aveva preso un dollaro dallo Stato per far nascere la sua azienda, la SEC stava analizzando alcune sue manovre intese a rastrellare capitali che apparivano un po’ spregiudicate. Fra queste la più appariscente fu il suo programma sugli accessori. Era cosa nota che, all’acquisto di una nuova automobile, ogni acquirente sborsava in media il 30% del prezzo per acquistare accessori; la loro vendita era molto ambita dai concessionari, per l’ottimo margine di profitto. Tucker ebbe l’idea di vendere gli accessori in anticipo sull’inizio della produzione dell’automobile, garantendo in cambio la priorità nell’assegnazione della vettura, che già in quel momento appariva molto richiesta. Gli accessori presentati erano le fodere per i sedili, un’autoradio a otto valvole e un set di

Posto di guida di una Tucker 48 con cambio BendixCord.

Osservando l’abitacolo nella zona

Il bagagliaio anteriore era di forma molto irregolare e diventava piccolo se si desiderava alloggiare anche una ruota di scorta.

anteriore, stupisce l’enorme spazio lasciato per le gambe dei passeggeri, nonostante la presenza di autoradio e condizionatore, e il cruscotto raccolto intorno al volante. Il cambio semiautomatico comportava un minuscolo selettore delle marce a destra del volante e la presenza del pedale della frizione. Nelle vetture col cambio TuckerMatic il selettore era costituito da una leva a tre posizioni, per marcia avanti, indietro e folle. Il bagagliaio non poteva certo dirsi il punto forte di quest’automobile, non tanto per la volumetria, quanto per la forma irregolare che richiedeva una serie di valige opportunamente conformate per il 15


Tucker 48 Sedan

Cadillac 62 Sedan

Architettura

berlina a 6 posti e 4 porte, motore posteriore, trazione posteriore, sospensioni a ruote indipendenti con molle in gomma.

berlina a 6 posti e 4 porte, motore anteriore, trazione posteriore, sospensione ant. indipendente, post. ad assale rigido.

Aerodinamica

Cx: 0,3

Cx : 0,6 (stimato)

Motore

6 cilindri boxer, valvole in testa, 2 alberi 8 cilindri a V, valvole in testa, albero a a camme in testa; camme nel basamento; ales. 114,3 mm, corsa 88,9 mm;

ales. 88,9 mm, corsa 114,3 mm;

cilindrata: 5.473 cm3;

cilindrata: 5.676 cm3;

rapporto comp.: 7:1;

rapporto comp.: 7,25:1;

potenza massima: 166 CV a 3.200 giri/ potenza massima: 152 CV a 3.400 giri/ min; min; coppia massima: 504 Nm a 2.000 giri/ coppia massima: 384 Nm a 1.600 giri/ min. min.

Trasmissione

cambio a preselezione Bendix-Cord a 4 cambio manuale a 3 marce. marce; solo sul telaio 1042: cambio automatico TuckerMatic a 2 marce.

Dimensioni

passo: 330 cm lunghezza: 556 cm larghezza: 201 cm altezza: 152 cm pneumatici: 7.00” x 15”

passo: 320 cm lunghezza: 557 cm larghezza: 205 cm altezza: 169 cm pneumatici: 7.00” x 15”

Peso

1.920 kg

1.896 kg

Accelerazione

da 0 a 100 km/h in 10 s

da 0 a 100 km/h in 15,2 s

Velocità massima

193 km/h

157 km/h

Prezzo

3.000$ (stimato)

2.910$

Confronto Tucker - Cadillac

valige studiato per sfruttare al meglio il volume, non proprio regolare, del bagagliaio anteriore. L’operazione fruttò circa tre milioni, di cui un terzo di utile. I n o l t r e Tu c k e r a v e v a i n i z i a t o a d assegnare le concessioni di vendita in franchising, perfezionando già 2.000 contratti, a prezzi variabili da 7.500 a 30.000$ ciascuno. La SEC iniziò a interessarsi al caso in seguito alle dimissioni, nel settembre 1947, di Harry Toulmin, il Presidente del Consiglio di Amministrazione, motivate con una lettera pubblica, in cui criticava Tucker per il suo spregiudicato utilizzo dei capitali e lo denunciava di voler assumere

la sua carica; inoltre dichiarava che la Tucker 48 non sarebbe mai comparsa sul mercato (era il momento della delusione data dal primo motore). I media diedero ampia risonanza ai fatti negativi senza riferire delle azioni di ricupero in atto; il valore delle azioni della Tucker Corporation iniziò a cadere. Nel mese di giugno del 1948, Tucker fece pubblicare su molti giornali americani una lettera aperta in cui denunciava, senza fare nomi, l’esistenza di una cospirazione per impedire la nascita della Tucker 48, con l’infiltrazione di spie nella fabbrica, la diffusione di voci false, il boicottaggio dei rifornimenti e la distrazione dei quadri 16


aziendali dai loro compiti istituzionali impegnandoli nella difesa dalle accuse. Denunciava apertamente anche episodi d’illegalità, come quando lo Stato aveva messo all’asta un’acciaieria di Cleveland, che interessava alla Tucker per rifornire di lamiera lo stabilimento di Chicago. Due offerte in busta chiusa erano state ricevute; all’apertura delle buste, l’offerta di Tucker, sebbene più elevata, sarebbe stata respinta e l’acciaieria sarebbe stata assegnata al minor offerente, con grave danno all’erario. Fino a quel momento, 1.872 concessionari e 50.000 azionisti avevano contribuito a formare un capitale di 20 milioni che, però, stava svalutandosi. Autonominandosi difensore di sé e degli interessi di tutti quelli che avevano sostenuto la Tucker Corporation, Tucker ipotizzava una grave lesione alla democrazia americana se alcuni gruppi di parte fossero riusciti a piegare le leggi del governo ai loro interessi. Nel 1949, la SEC requisì i libri contabili e, a marzo di quell’anno, la Tucker Corporation fu posta in amministrazione controllata; a giugno, Tucker e altri sette alti dirigenti furono denunciati per violazione delle leggi federali, anche se la relazione della SEC, pur avendo dato origine a dannose fughe di notizie, non fu mai resa pubblica né data in lettura agli avvocati difensori. Il processo iniziò a ottobre, dopo che il Giudice Walter La Buy ordinò la chiusura dello stabilimento quando erano state prodotte solo 37 automobili, dichiarando che Tucker non aveva mai avuto l’intenzione di proseguire. Nonostante l’ordine del giudice, circa 300 dei 1900 dipendenti, ritornarono in fabbrica per completare gratuitamente altre 13 automobili con i materiali già disponibili. Nel corso del dibattito l’accusa presentò testimoni che misero in luce gli incidenti di percorso nello sviluppo, mentre la difesa, soprattutto con le dichiarazioni di Temulis, dichiarò che quanto accaduto era normale nello sviluppo di

un’automobile citando simili incidenti, nel corso dello sviluppo del modello 1942 dell’Oldsmobile, cui aveva direttamente partecipato. Inoltre fu dimostrato che le attrezzature di produzione erano già pronte al 90%, tanto che la produzione sarebbe già stata in corso se non ne fosse stata ordinata l’interruzione. Al momento di presentare le testimonianze di un’avvenuta appropriazione indebita del capitale da parte di Tucker, la SEC non fu in grado di presentare alcuna prova, tanto che il collegio della difesa replicò di non essere in grado di controbattere non avendo ricevuto nessuna accusa. I giurati furono invitati a fare un giro sulla Tucker 48, parcheggiata di fronte al tribunale, prima di emettere il verdetto, per rendersi conto di persona dello stato di sviluppo raggiunto. Alla fine di gennaio 1950, dopo 28 ore di camera di consiglio, i giurati consegnarono un verdetto di non colpevolezza per tutti i capi di accusa. Tu c k e r e r a s a l v o m a l a Tu c k e r Corporation era fallita: l’impianto era fermo e incombevano i debiti e le

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La prima pagina del Sun Times di Chicago del 23 gennaio 1950 riporta l’assoluzione di Tucker e dei suoi collaboratori.


richieste di risarcimento per le molte cause intentate da concessionari e azionisti, che volevano riavere anzitempo i loro soldi. Dopo il processo, i beni della Tucker Corporation furono messi all’asta per pagare i debiti e tutto ciò che rimase a Tucker, furono due automobili, una per sé e una per la madre. Colpito ma non distrutto, si rimise in affari con dei capitalisti brasiliani, per produrre là un’automobile sportiva che si sarebbe chiamata Carioca, poiché anche il marchio Tucker era entrato nel fallimento e acquistato da una ditta di consulenza aziendale. Tucker morì nel 1956 a causa di un cancro ai polmoni e delle fatiche sostenute pendolando fra Stati Uniti e Brasile (a quel tempo, circa venti ore di volo con uno scalo intermedio).

Il primo prototipo, le 50 automobili prodotte e altre otto, costruite successivamente con materiali originali, sono quasi tutti sopravvissuti, custoditi da musei e da collezionisti privati. Fra gli esemplari più facili da vedere si citano quelli dell’Henry Ford Museum di Dearborn (Michigan) e della Smithsonian Institution di Washington D. C. A chi volesse ripercorrere l’intera storia, si propone un documentario in inglese (46 minuti), preparato dalla Dailymotion, che parla di Tucker e delle sue opere, contenente anche alcune testimonianze del figlio.

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