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Dall’asinello di GesÚ alla papamobile
Rino Rao Settembre 2020
Gesù era un vigoroso camminatore e negli anni del suo magistero visitò più volte, quasi sempre in compagnia dei suoi discepoli, tutta la Palestina, dalla Galilea sino alla Giudea, spingendosi anche in Fenicia. Era un viaggiare povero, senza alcun bene di sorta e che confidava specialmente nell’ospitalità della gente più umile. Domenica 2 aprile, in Giudea era una di quelle radiose mattinate primaverili dense di aromi della campagna quando una folta moltitudine di gente festante s’incamminò sulla strada per Betania per incontrare Gesù che, a sua volta, era già in cammino per Gerusalemme. Egli, seguito dai discepoli, si inerpicò sul fianco destro del Monte degli Ulivi ed appena in vista della vetta svoltò a sinistra e raggiunse un pianoro dal quale si godeva una magnifica vista di Gerusalemme. In quella spianata Egli incontrò la folla infervorata ed osannante che gli era andata incontro. Fu allora che Gesù mandò due dei suo discepoli e disse loro: “andate nel villaggio che vi sta di fronte e subito entrando in esso troverete un puledro legato sul quale nessuno è mai salito. Slegatelo e conducetemelo. E se qualcuno vi dice: < perché fate questo? > Rispondete: il Signore ne ha bisogno e subito lo rimanderà qui…… (i discepoli) condussero il puledro da Gesù e vi gettarono sopra i loro mantelli ed Egli vi montò sopra”. (Marco 11.1-7) Un puledro d’asina, come mai una simile scelta? Non sembra possibile motivarla con semplice stanchezza, giacché il nazareno era un infaticabile camminatore; piuttosto, Egli intendeva dare maggiore solennità al suo ingresso nella capitale giudea e per farlo scelse un modesto asino, simbolo nell’Antico Testamento della pace, della dolcezza e della modestia, così come il cavallo lo era del lusso, dell’arroganza, delle rapine e della guerra. Infine, la scelta di un puledro “sul quale nessuno si fosse ancora seduto” (Luca 19.30) indica chiaramente il carattere messianico di quella scelta anticipata da Zaccaria (19. 30): “ecco a te viene il tuo re giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” . La scelta di Gesù di un umile asinello per solennizzare il suo trionfale ingresso in Gerusalemme ribadiva la sua predilezione per la povertà ed una liturgia non fastosa ma semplice ed umile. Tuttavia, l’esempio di Gesù non fu seguito dai suoi vicari se non, all’alba del cristianesimo, dagli immediati successori di San Pietro. Infatti, malgrado l’imperversare delle persecuzioni, la Chiesa, già all’inizio del II secolo - mentre cercava di stabilizzare l’autorità papale e di organizzare le sue gerarchie - si arricchiva con le donazioni e i lasciti delle ricche famiglie dei patrizi convertiti.1
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Cfr. Eamon Duffy ” La Grande Storia dei Papi” p. 14 e ss, Oscar Mondadori 2000
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Gesù entra a Gerusalemme cavalcando un puledro d’asina (Giotto)
Certamente, nel volgere di quegli anni il Papa aveva abbandonato l’asino in favore di muli e cavalli bianchi e l’umile tonaca per un vestiario sacramentale via via più ricco e ricercato, come testimonia il ritratto di Papa Clemente Romano. L’utilizzo di un bel destriero bianco, montato da un Vicario di Gesù, ci è tramandato da un dipinto che celebra lo storico incontro di Papa Silvestro con l’Imperatore Costantino. In esso possiamo ammirare l’eleganza del Papa con il pallio e la primitiva tiara, simboli del suo potere spirituale e temporale; e secondo la tradizione2, Egli riceverà da Costantino, insieme alla città di Roma, la preziosa tiara triregna, simbolo della superiorità del potere papale su quello imperiale. Ricordiamo che questo riconoscimento che legittimò il potere temporale del Papa - sebbene al tempo di Costantino più formale che sostanziale - fu aspramente criticato da Dante: “ahi
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Smentita con fondati argomenti linguistici, filologici e storici da Lorenzo Valla (14O7-1457), umanista, filologo e accademico, nel suo libretto “De Falso Credita et Ementita Costantini Donazione” pubblicato nel 1517, 60 anni dopo la sua morte.
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Costantin di quanto mal fu madre non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco padre” (Inferno XIX 115-117). Erano appena passati due secoli dal trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme a cavallo di un puledro d’asina, prestato e vestito con una spartana tunica, ricoperta da un modesto mantello, senza alcun segno del suo potere, ma quale solco si era scavato fra quell’umile semplicità del Cristo e lo splendore dei suoi vicari!
L’Imperatore Costantino regge le briglie del cavallo di Papa Silvestro I (Storie di Costantino)
In realtà la Chiesa, trovandosi ben presto ad interagire, per la sua stessa sopravvivenza, con i potenti della terra, fu indotta ad adottare i loro stessi simboli, organizzandosi come una società teandrica, composta da un aspetto divino ed uno umano. E dell’aspetto umano fecero parte le istituzioni, i ruoli, le celebrazioni, i simboli del potere, stabilendo un modus vivendi che ne ha caratterizzato il suo operare, dapprima per salvare la fede, poi per la conquista del potere temporale, sino ad arrivare all’istituzione del Papa-Re. Sin dalle origini, il magistero del Papa fu legato alla necessità di muoversi da un luogo all’altro di Roma e dei suoi possedimenti, patendo anche l’umiliazione degli esili e delle fughe, e in tempi moderni, privato di ogni potere temporale, al pellegrinare per il mondo per testimoniare la fede. Il viaggiare divenne metafora 3
della vita della stessa Chiesa e Giovanni XXIII ebbe a dire “la vita della Chiesa è un pellegrinaggio”. Il banale movimento fra le mura vaticane, i brevi viaggi, il pellegrinare dei Papi, hanno necessitato di mezzi di trasporto che nel tempo si sono evoluti, seguendo la tecnica ed i costumi. Passiamo così dall’asinello di Gesù, ai muli ed ai cavalli del Medio Evo, alle portantine, all’opulenza delle carrozze del XVIII secolo, alle splendide automobili post Concordato, alla papamobile, per ritornare alla sobrietà imposta da Papa Francesco che ha abolito l’uso di automobili lussuose in favore delle utilitarie, giungendo ad inserire nel Museo Vaticano delle Carrozze una bianca Renault 4, come quella che usava a Buenos Aires. Il Papa ha sempre viaggiato; per noi è tempo di riprendere il nostro viaggio attraverso i mezzi che ne sono la testimonianza.
Papa Leone Magno ferma Attila nei pressi di Mantova nel 452. Affresco di Raffaello Sanzio
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L’Antipapa Benedetto XIII (Pietro Luna 1394-1404) impartisce la benedizione mentre cavalca al passo un meraviglioso destriero dal bianco manto, come da tradizione. Autore Agostino Masucci, 1691-1758
Dopo la rappresentazione del bianco destriero montato da Silvestro in occasione del suo incontro con Costantino, numerose testimonianze ci sono pervenute dell’utilizzo papale degli equini - protrattosi, anche dopo l’avvento delle carrozze, sino al secolo XVII - in occasioni drammatiche, come quella di Papa Leone Magno che ferma Attila, o negli spostamenti della normale quotidianità.
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Un disinvolto Papa Clemente XIV (Prospero Lambertini 1740-1758) in equipaggiamento equestre impartisce la benedizione mentre cavalca al passo, nei dintorni di Castelgandolfo, un magnifico destriero riccamente bardato. Autore Giovanni Porta, ritrattista ufficiale di Clemente XIII, Clemente XIV e di Pio VI
In alternativa agli equini, sempre rigorosamente dal mantello bianco, veniva utilizzata la comoda portantina.
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La Sedia Gestatoria fu ancora utilizzata da Papa Giovanni XXIII. Abolita da Giovanni Paolo II, fu riutilizzata proprio da lui, quando negli ultimi anni del suo papato era infermo
Verso la fine del Rinascimento, ed esattamente il 27 novembre 1564, Papa Pio IV (Giovanni Angelo dei Medici3) durante un Concistorio richiamò i Cardinali a non seguire la dilagante moda dei comodi e ricchi cocchi ed a ritornare ai cavalli, un mezzo certamente più virile ed adatto alla dignità dei principi della Chiesa. L’invito papale venne prontamente seguito e, poco prima della sua morte, il Pontefice annunciò solennemente: “Roma trionfava giacché i Cardinali lasciati i cocchi erano tornati ai cavalli”. Gli equini, come vedremo, prima di essere definitivamente abbandonati, si affiancarono per lungo tempo alla carrozza o alla portantina, come avveniva sino al 1869 in occasione della famosa Cavalcata per la Presa di S .Giovanni in Laterano.
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Dei Medici di Milano, detto “Medichetto”,1559-1565. Chiuse il Concilio di Trento 1545-1563, abbellì Roma di monumenti, non volle scomunicare la regina Elisabetta d’Inghilterra.
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La portantina era una comoda alternativa agli equini ed alle carrozze, soprattutto per i brevi spostamenti
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La pedana mobile fu introdotta per consentire a Papa Wojtyla di spostarsi fra le stanze del Vaticano
Rappresentazione della Cavalcata per la presa del Laterano istituita nellâ&#x20AC;&#x2122;858, sospesa durante la cattivitĂ avignonese. Dal 1770, la tradizionale mula bianca montata dal pontefice fu sostituita da una carrozza. La cavalcata, nuovamente sospesa nel 1870 dopo la Breccia di Porta Pia, riprese dopo i Patti Lateranensi, ma con un corteo di automobili
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Si ritiene che l’inizio “ufficiale” del regolare uso della carrozza papale sia avvenuto col rapimento dal Quirinale - organizzato da Napoleone nel 1798 - di Pio VI (Giov. Angelo Braschi) che vecchio ed infermo moriva nel 1800 in esilio a Valenza, nel Delfinato. Dopo quel debutto, le carrozze4 pontificie vennero spesso utilizzate per solennizzare eventi storici come, ad esempio, l’ingresso a Roma di Pio VII, che così rimarcò l’avvenimento: “da Roma hanno portato via il Papa in carrozza, ora il suo successore ritorna in carrozza e la vita della Chiesa riprende” . Risale, tuttavia, al Medio Evo l’utilizzo papale di un carro adattato alla sua dignità. Era il 1271 quando Gregorio X fece il suo trionfale ingresso a Milano, a bordo di una veronese, ossia un carro con cassone chiuso in legno e tela e con finestre di vetro. Ma la più antica carrozza papale custodita oggi nel Padiglione delle Carrozze, fondato da Paolo VI nel 1967, è la meravigliosa Berlina di Gran Gala, il reperto più pregiato della collezione. La sua costruzione, affidata al carrozziere romano Gaetano Peroni, iniziata sotto il pontificato di Leone XII (Annibale della Genga 1823-1829), fu completata da Gregorio XVI (Bartolomeo Cappellari 1831-1846). Apprendiamo dall’inventario delle scuderie, rimesse e sellerie tanto al Quirinale che al Vaticano, redatto nel gennaio 1841, che la “Carrozza di Gran Gala di sua Santità è il pezzo più straordinario della collezione”. L’aquila, stemma di Leone XII, è scolpita a tutto tondo sul frontale della cabina che è predisposta come una sala del trono. All’interno, ricoperto di velluto rosso con decorazioni ricamate con fili d’oro, è posto il trono papale, di fronte a tre sedili per i dignitari. Il cielo è decorato con la colomba dello Spirito Santo in fili d’argento e d’oro e l’imperiale contornato da otto pennacchi, simbolo distintivo della carrozza papale. Interamente realizzata in legno, è magnificamente intagliata e dorata in ogni sua parte. Un sistema di cinghie e balestre rende la carrozza ben ammortizzata e confortevole. Ai lati del vano di viaggio sono scolpite allegorie della Fede Cattolica, della Giustizia, della speranza e della Carità. Nel 1841, tuttavia, Gregorio XVI vi fece apportare dallo stesso Peroni importanti modifiche: per evitare che volgessero le spalle al Papa, sedendo più in alto di Lui, fu eliminata la seduta dei tre cocchieri che avrebbero condotto il tiro a sei, montando i
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Sembra che i primi cocchi, derivati dall’antico carro per trasporto persone mediante la sospensione della sacca per mezzo di cinghie, vennero costruiti a Kocs ed importate in Italia dal Cardinale Ippolito d’Este quando ritornò nella natia Ferrara, prese il nome di carrozze. La trasformazione del carro merci in trasporto persone avvenne gradualmente. Ricordiamo la veronese, ossia un carro chiuso in legno e tela con finestre di vetro montato sugli assi.
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cavalli di volata,5 secondo il coreografico e sicuro schema alla d’Aumont 6. Al posto della seduta, furono inseriti due grandi putti alati che sorreggono una magnifica tiara nelle cui infule è inciso lo stemma di Gregorio.
La seconda versione del 1841 della meravigliosa Carrozza di Gran Gala (1826-1841) è il pezzo più pregiato del Padiglione delle Carrozze dei Musei Vaticani, ricchi della più celebre raccolta del mondo
Durante il suo pontificato, Leone XII fece costruire dagli affermati carrozzieri romani, F.lli Casilini, una stupenda carrozza denominata Berlina di Gala con Trono. Meno grandiosa ed opulenta, ma tecnicamente più evoluta della Berlina di Gran Gala, era predisposta per un più pratico e sicuro tiro a quattro cavalli, con postiglioni sulla seduta. Al suo interno, tappezzato in damasco di seta cremisi, era posizionato il trono, sovrastato da un cielo ricamato a filo d’argento con la colomba dello Spirito Santo al centro di una raggiera d’oro. Costruita in legno e metalli, era mirabilmente decorata con intagli dorati. 5
Negli attacchi multipli - in condizioni normali - i cavalli all’anteriore, detti cavalli di volata, normalmente a briglie sciolte, non dovrebbero tirare, mentre quelli di timone sono in tiro. Tuttavia, quest’equilibrio si rompe quando l’equipaggio opera in condizioni difficili, come ad esempio in salita o con un cocchio pesante, allorché anche i cavalli di volata sono chiamati ad aiutare il traino. In questa situazione si può determinare la rottura della bilancia del timone per eccessiva sollecitazione. Le redini di un tiro a quattro sono otto, ma solo quattro raggiungono la mano del cocchiere. Infatti le lunghe redini dei cavalli di volata (all’anteriore) si raccordano attraverso appositi anelli alle briglie dei cavalli di timone (al posteriore) per raggiungere il postiglione per mezzo di un passa-redini. 6 Luigi Maria Celeste Duca d’Aumont e di Villequier introdusse in Francia questo sistema di conduzione degli attacchi importandolo dall’Inghilterra, dove era stato lanciato da Enrico IV che l’adottò ritenendolo più sicuro per fronteggiare situazioni d’emergenza.
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Particolari delle sospensioni, degli sportelli e dei putti alloggiati al posto della seduta dei postiglioni che conducevano il tiro in groppa ai cavalli (alla d’Aumont)
Quattro balestre ellittiche e quattro alla Polignac assicuravano un buon comfort. L’imperiale, verniciato in nero, era finemente decorato da una fascia a racemi d’acanto monocromi. Il coronamento era arricchito da un fregio in bronzo dorato, con serafini alternati a motivi vegetali . Gli stemmi di Pio IX e Pio X , dipintii sugli sportelli, testimoniano che la carrozza fu utilizzata sino agli inizi del novecento.
1855-57. Carrozza da viaggio, utilizzata da Pio IX per la sua visita in Romagna, passata alla storia come l’ultima di un Papa-Re
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La Berina di Gala con Trono, costruita a Roma nel 1825 nell’atelier di Via Margutta dai f.lli Casalini, meno grandiosa ed opulenta, ma non meno raffinata della sorella maggiore di Gran Gala, era stata progettata per una utilizzazione più intensa e pratica. Era, infatti, trainata da più affidabile tiro a quattro ed i cocchieri erano tradiziomalmene sistemati sulla seduta che, posta troppo in alto, disturbava l’armonia della snella linea della cabina
Questa elegante berlina, costruita in Francia ed assemblata a Roma nel 1868 da Gaetano Peroni, fu donata da Napoleone III al cugino Cardinale Lucien Louis Bonaparte, che successivamente la donò a Leone XIII
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Carrozza per corteo funebre, costruita nel 1915 dai fratelli Casalini per ordine di Benedetto XV ed utilizzata esclusivamente per i cortei dei Cardinali ed alti Prelati della Curia Romana. Poteva trasportare 4 persone ed era priva di freni poichĂŠ procedeva solo a passo dâ&#x20AC;&#x2122;uomo. Completamente verniciata in nero, era decorata solamente con un lieve fregio in bronzo dorato
Un fermo immagine del primo filmato, realizzato nel 1896 entro il sacro recinto del Vaticano, ci mostra Leone XIII, quasi novantenne ma attento ai segni dei tempi, a bordo di una elegante landò aperto con tiro a due cavalli. Sarà il primo Papa ad impartire la benedizione mediatica
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Leone XIII (Giocchino Vincenzo Pecci), passato alla storia per l’enciclica De Rerum Novarum, fu un Pontefice che, pur attento all’evoluzione della scienza, rimase fedele alla politica “ultramontana”7 del suo predecessore Pio IX8. Papa Pecci, durante il suo lungo magistero compiutosi nel 1903, cercò di ammorbidire i toni del confronto con il governo italiano, ma continuò a non riconoscere le Guarentigie e, come il suo predecessore, si chiuse in volontario esilio entro le mura del Vaticano. Anche i suoi successori Pio X e Benedetto XV, seppure con diverse intensità - dovute alla loro estrazione sociale, formazione, temperamento ed incidenza della Curiacontinuarono inutilmente a rivendicare, anche in sede internazionale, l’ ”usurpato” potere temporale. In tutto quel lungo periodo, che va dal 1878 sino al 1922 quando fu eletto Pio XI, i Pontefici continuarono a servirsi, per i loro limitati spostamenti entro le mura del Vaticano, di sobri cocchi, in prevalenza trainati da una pariglia di cavalli.
Vaticano. Pio X si accinge a salire su un sobrio landò ben accoppiato con una pariglia di morelli. Nelle rimesse del Vaticano c’erano già alcune automobili, ma né il Papa “contadino” né il suo successore Benedetto XV ne fecero uso
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Nel medio evo il termine indicava un Papa non italiano eletto ultra montes, che veniva detto papa ultramontano. L’espressione venne riesumata dopo la riforma protestante per indicare le intromissioni del Papa su questioni temporali, interferendo nelle relazioni fra stati in favore di una nazione ed in danno di un’altra. A conclusione Del Concilio Vaticano I, l’ultramontanismo più rigido si affermò nella Chiesa cattolica e per volere di Pio IX fu conclamata, a larga maggioranza, l’infallibilità del Papa e la sua suprema ed universale giurisdizione che, riguardo l’Italia, era inscindibile dal territorio . 8 Pio IX, con l’enciclica “Respicientes Ea”, promulgata, dopo la Breccia di Porta Pia, il 1° novembre 1870, denunziò come < ingiusta, violenta, nulla ed invalida > l’acquisizione di Roma e la fine dello Stato Pontificio
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Infatti, la prima automobile entrata in Vaticano, una Itala 20/30 donata nel 1909 a Pio X dall’Arcivescovo di New York J. Murphy Farley (nominato Cardinale nel 1911 da Pio X), rimase del tutto inutilizzata anche dal suo successore Benedetto XV.
L’Itala 20/30, prima automobile entrata in Vaticano nel 1909, era ua landaulet carrozzato a Torino da Locati & Torretta. La macchina era verniciata in nero con interni in panno bianco
La stessa sorte subirono la Fiat Tipo 2, donata dal Cardinale Bonanzo, e una vettura statunitense che, prima dello scoppio della Grande Guerra, raggiunsero la rimessa papale. D’altra parte, il profilo di Pio X, pubblicato nel 1914 dal giornalista Emilio Zanzi sulla Stampa Sportiva, lo descrisse come un podista e bocciofilo che odiava le automobili: ”il vecchio contadino non volle mai salire sulle carrozze che fanno teufteuf”. Pio XI, uomo dalla poliedrica, forte e coraggiosa personalità, poliglotta e dotato di fine intuito politico, fu il Papa dei 18 Concordati. Ex alpinista di vaglio ed aperto alle conquiste della modernità, soppresse il Servizio Carrozze adottando l’automobile come mezzo di trasporto. La prima automobile di Papa Ratti fu una Bianchi Tipo 15, donata nel 1925 dall’Associazione delle Donne Cattoliche dell’Arcidiocesi di Milano. La Bianchi fu la prima automobile ad essere impiegata in una cerimonia ufficiale con a bordo il Pontefice, il 1 settembre 1925, in occasione del trasporto della statua della Madonna di Loreto da Roma al Santuario. L’auto, scortata da un corteo di vetture, arrivò a destinazione con un ritardo di oltre sei ore. 16
Vaticano, 1 settembre 1925. La Bianchi Tipo 15 con a bordo la statua della Vergine di Loreto, scortata da un corteo di automobili, sta per lasciare il Vaticano per raggiungere il Santuario dove arriverà con grave ritardo all’1.30 di notte. Fu il primo impiego ufficiale di un’automobile con a bordo Pio XI fuori dalle mura del Vaticano
Alla Bianchi Tipo 15, vettura relativamente modesta, l’anno dopo seguì la più evoluta Tipo 20, acquistata direttamente presso il costruttore milanese.9 Anche questa vettura, non particolarmente imponente né lussuosa, ma costruita con materiali di qualità, era adatta agli spostamenti entro il Vaticano.
Settembre 1926, Vaticano, cortile di S.Damaso. La nuova Bianchi Tipo 20 sta per essere presentata a Pio XI dal Direttore Vendite della Casa, Giulio Sirtori, dal Concessionario per Roma e dall’Ing. Mannucci Capo dei Servizi Tecnici del Vaticano. Per quanto dignitosa, la vettura, ammiraglia della Casa milanese, non fu ritenuta adeguata al rango del Papa 9
Era una berlina Weymann, 2292 cc, 4 C valvole in testa, 59 cv a 3000 g/m’, vel. max 100 km/h. Prezzo l.45.000
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Settenbre 1926, Vaticano, Cortile di S.Damaso. Pio XI controlla l’accessibilità ai sedili posteriori della Bianchi Tipo 20 acquistata dalla Casa milanese cui venne rilasciato il primo brevetto di fornitrice di automobili. L’utilizzazione commerciale del brevetto, da parte della Bianchi, fu all’origine della rigida proibizione dello sfruttamento publicitario delle auto donate o fornite al Vaticano.
Una vera gara, per fornire al Papa una vettura di rappresentanza all’altezza del suo potere - forse ancora erroneamente percepito anche come temporale - si scatenò nel 1929, dopo i Patti Lateranensi, fra le più importanti case del mondo, quando già da un anno il Pontefice aveva abolito il Servizio Carrozze e Cavalli, dandone notizia con uno scarno comunicato stampa. L’abolizione fu un necessario allineamento all’evoluzione dei trasporti meccanizzati, divenuti affidabili e veloci, cui certamente il Vaticano non poteva sottrarsi anche in previsione del nuovo ruolo al quale si stava preparando, un ruolo che lo avrebbe affrancato dalla volontaria prigionia, finalmente libero, dopo 70 anni, di esercitare il proprio Magistero in Italia e nel mondo. La risposta entusiasta delle organizzazioni cristiane italiane, per venire incontro alla nuova esigenza di motorizzare la mobilità del pontefice, testimoniò che l’amore per il Santo Padre, malgrado l’esito disastroso dei referendum per l’annessione degli Stati Pontifici, non era venuta meno, soprattutto nelle classi più agiate. Invece, alla base della generosità delle Case costruttrici, certamente non furono estranee considerazioni d’immagine e di marketing. La Fiat fu la più pronta offrendo in dono la sua ammiraglia, un splendida 525 con carrozzeria speciale modificata soprattutto nell’abitacolo - su indicazione del protocollo vaticano - dal reparto Carrozzerie Speciali della Casa, all’epoca diretto da Revelli di Beaumont. La macchina, presentata al Pontefice dal Senatore Agnelli, era verniciata in una bella tonalità di rosso amaranto con parafanghi neri e cerchi dotati di eleganti dischi. Sull’imponente radiatore spiccava lo stemma del Vaticano e sulle portiere posteriori quello di Papa Ratti. L’abitacolo differiva dalla versione di serie 18
per il divisorio che separava lo chauffeur dallo scompartimento posteriore, rivestito in velluto rosso con due poltrocine separate ed arricchite da cuscini di seta in tinta. Gli strapuntini erano stati invertiti nello loro posizione in modo che i dignatari sedessero a “dorso marcia” senza dare le spalle al Pontefice. La cerimonia della presentazione dell’automobile, avvenuta nel cortile di S.Damaso, fu solennizzata, all’apparire del Pontefice, da squilli di tromba, seguiti dall’inno pontificio di Hallmayr, del Corpo Musicale della Guardia Palatina d’Onore. Nel cortile erano presenti 500 operai in rappresentanza delle maestranze. La vettura, spedita a Roma per ferrovia, aveva varcato il Vaticano guidata dal Capo Collaudatore ed ex asso del volante, Felice Nazzaro, che avrebbe dovuto illustrare al Pontefice le caratteristiche tecniche e rispondere ai suoi quesiti; il vecchio campione, fervente cattolico, sopraffatto dall’emozione s’impappinò, ma fu prontamente sostituito da Agnelli.
21 marzo 1929, Vaticano, Cortile di S.Damaso. Dopo la solenne accoglienza con squilli di tromba, seguiti dall’inno Pontificio, del Corpo Musicale della Guardia Palatina d’Onore Vaticana, Pio XI esamina con interesse la stupenda berlina Fiat 525, fa aprire il cofano e chiede alcune delucidazioni tecniche alle quali avrebbe dovuto rispondere il Capo Colladatore e famoso asso del volante Felice Nazzaro che, impappinatosi per l’emozione, viene prontamente sostituito dal Senatore Agnelli, alla dx del Pontefice, mentre Nazzaro, un po' defilato, è alla sua sx
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In queste foto notiamo alcune differenze dell’abitacolo posteriore rispetto alla versione di serie: a sx, in assenza del trono papale, che sarà un must per il futuro, spiccano due comode poltroncine rivestite, come il cielo ed i pannelli degli sportelli, in panno purpureo ed impreziositi da due cuscini in seta, in tono con il velluto del rivestimento. Conformi alla produzione di serie erano, invece, il posto di guida, il volante ed il cruscotto
Erano tracorsi pochi giorni quando il 1° maggio una seconda meravigliosa e regale automobile venne donata al Papa: una Isotta Fraschini 8A carrozzata da Cesare Sala (telaio 1658). Il memorabile evento fu organizzato da Arturo Mercanti, dinamico e popolare Direttore del Reale Automobile Club di Milano, che aprì una sottoscrizione alla quale i milanesi aderirono con generosità, raggiungendo un cifra tale da potere acquistare al costo di L. 120.000 l’autotelaio di una Isotta Fraschini 8°, allestito dalla Carrozzeria Sala, una delle più apprezzate interpreti della celebre Casa milanese. Verniciata di un bel rosso amaranto, aveva i parafanghi di una tonalità più scura. Le maniglie e tutti gli accessori metallici erano dorati e lo stemma papale, fissato alla sbarra di collegamento dei due enormi fari, era inciso sulle maniglie esterne degli sportelli. Lo stemma di Papa Ratti era dipinto sulle portiere posteriori. La vettura era dotata di quattro sportelli e sei finestrini di cui quattro abbassabili, di sei posti di cui due sugli strapuntini usabili sia fronte che retro marcia. L’amplio divano posteriore poteva essere facilmente trasfomato in un’unica poltrona centrale, in funzione di trono papale. Il divano anteriore, separato da un vetro abbassabile, era tappezzato in pelle rossa e quello posteriore in damasco rosso a piegoni. Lo scompartimento posteriore era dotato di un segnalatore elettrico a sette posizioni per dare istruzioni allo chauffeur. Sotto il separatore erano installati due armadietti adibiti l’uno a porta cordiali, l’altro ad un servizio da toilette. Altri piccoli comparti erano adibiti a porta breviario e portasigarette con accendino. La vettura era dotata di numerosi altri
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accessori, come ad esempio il baule rivestito in pelle rossa e dotato di due valigie in cuoio. 10 Per la presentazione al Papa del regale dono, Mercanti organizzò una grandiosa manifestazione denominata “I° Pellegrinaggio Automobilistico in Vaticano” alla quale aderirono 150 macchine, che presero il via in carovana dalla sede del R.A.C.I. il 30 aprile per raggiungere il Vaticano entro le 15.30 del 1° maggio, con l’obbligo di presentarsi in Via delle Fondamenta, dietro il Vaticano, con le vetture toilettate ed in perfetto ordine, mentre gli equipaggi erano stati esentati dall’abito da cerimonia. Al loro arrivo le vetture sarebbero state controllate da un funzionario del R.A.C.I, mentre un Sergente delle Guardie Svizzere avrebbe timbrato le tabelle di marcia, fornite alla partenza da Milano, attribuito un numero ad ogni macchina, che corrispondeva allo stallo assegnato, e consegnato una piantina del cortile di S.Damaso.
L’Isotta Frashini 8A, imponente e regale berlina dalla classe pari, se non superiore, alle ammiraglie della Rolls-Royce e della Hispano Suiza
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Quando venne dismessa, sembra che la magnifica vettura sia stata donata alla Badessa di un noto convento di Grottaferrata (Suor Teresa Casini, fondatrice dell’Ordine delle Suore Oblate del Cuore di Gesù). Nel dopo guerra, convertita a camion, dopo un intenso uso, fu avviata alla rottamazione.
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Alle 16.00 le 123 vetture scrutinate entrarono nel cortile ed aiutate dalla gendarmeria si sistemarono ciascuna nel proprio stallo. Frattanto la 8A era stata sistemata su una pedana ricoperta da un tappeto ai piedi della tribunetta, con il trono papale sovrastato da un baldacchino in velluto rosso decorato. Il Papa, prima di salire sulla tribuna, si soffermò ad ammirare la regale vettura illustrata dal Presidente del R.A.C.I Senatore Silvio Crespi e dal Direttore del Club di Milano Arturo Mercanti, ricevuti poco prima in udienza privata. Finita la visita, il Pontefice raggiunse il suo trono dal quale pronunciò un conciso discorso di ringraziamento, sottolineando come il dono della magnifica automobile assumesse una particolare valenza dopo la Conciliazione fra lo Stato Italiano e la Chiesa, ritornata libera e determinata ad esercitare il suo magistero anche fuori dalle mura del Vaticano. Prima che si chiudesse lâ&#x20AC;&#x2122;anno del Concordato, una terza automobile venne offerta in dono al Pontefice: la Graham- Paige tipo 837, vettura statunitense di gran classe in versione landaulet, realizzata dalla famosa carrozzeria Le Baron. Questa automobile piacque moltissimo per il comfort di marcia, la sobria eleganza ed il tetto decappottabile del sedile posteriore sia a Pio XI che al suo successore Pio XII.
La Graham-Paige Tipo 837 era un lussuoso landaulet, made in USA, carrozzato dal famoso atelier newyorchese Le Baron e fu donato nel 1929 a Papa Ratti dai fratelli Graham, ferventi cattolici e Cavalieri di Colombo. La vettura era vernicata in nero e nero era il suo mantice. Lo scomparto posteriore era dotato di una comoda poltrona centrale in
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funzione di trono. La Casa, specializzata nella produzione di vetture di lusso, sopravvisse alla crisi del ’29, ma fu costretta a chiudere nel ‘41
La vettura ha un’importanza storica per essere stata usata da Papa Ratti quando, il 22 dicembre del ’29, raggiunse il Laterano per celebrare il 50°anniversario del suo sacerdozio e dal successore Pio XII quando, nel dicembre del ’39, salì al Quirinale per rendere visita a Re Vittorio Emanuele III. La possibilità di abbassare il mantice venne molto apprezzata sia da Pio XI che da Pio XII per le passeggiate nei giardini Vaticani e di Castel Gandolfo, nonché per l’opportunità mediatica di esporsi, in determinate occasioni, al pubblico dei fedeli.
Vaticano 1929. Papa Pio XI, accomodato sul trono della Graham-Paige landaulet con mantice abbassato, sta per intraprendere un giro dei Giardini Vaticani. Sotto, l’ elegante versione con mantice chiuso
Una quarta automobile fu donata al Pontefice il 9 giugno del ’30: una Citroën Lictoria Sex, allestita negli stabilimenti milanesi della Casa di Quai d’Orsey e presentata come un dono delle maestranze. La vettura, denominata Lictoria Sex per compiacere il Duce, era verniciata in amaranto ed ostentava una esagerata opulenza sia all’esterno che all’interno.
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La Lictoria Sex era un landaulet e, pur conservando la sobria linea del modello base, era stato appesantito dalle dorature di dubbio gusto che rivestivano tutte le parti metalliche della carrozzeria. Questa ostentazione, poco gradita ai Pontefici, relegò la vettura in rimessa, come testimoniano i 167 km registrati dal suo contachilometri. Sulla sx della Lictoria, appare la Mercedes Nurburg sedan, vettura prediletta sia da Pio XI che dal successore Pio XII
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Nell’abitacolo, in stile veneziano del ‘700, spiccava il trono papale sontuosamente tappezzato in damasco amaranto rabescato a fiorami e sul cielo era stata ricamata in argento, con irradiazioni in oro, la Colomba dello Spirito Santo. L’illuminazione della cabina era assicurata da due lampade simil-ceri sostenute da bracci argentati ai lati del trono. Ovviamente la macchina, a causa del suo stile sfarzoso, non incontrò il favore del Pontefice, già orientato verso allestimenti sobri, come quello della Graham-Paige 738 o della Mercedes Nurburg. Le sortite della Lictoria Sex, mai utilizzata in eventi ufficiali, furono rarissime. La macchina fu esposta nella sezione speciale delle Berline Papali, all’interno del Museo delle Carrozze, istituito nel 1967 e ristrutturato nel 1973 sotto Paolo VI.
Ancora più marcata appariva l’opulenza della Lictoria Sex al suo interno, forse ispirata alla celebre Berlina di Gran Gala dell’800.
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L’imponente Mercedes Nurburg, con trono papale, era dotata di potente ed elastico propulsore di 4918 ad 8 cilindri. Fu la prima auto acquistata dopo la Bianchi Tipo 20 ed incontrò il gradimento di Pio XI e Pio XII che la utilizzarono per molti anni. Per la solenne consegna al Pontefice nel cortile di S.Damaso, intervennero l’AD della Mercedes Hans Nibel ed altri funzionari, tutti in abito da cerimonia
Se con cinque automobili le esigenze del trasporto papale erano ben coperte, non altrettanto poteva dirsi per le necessità della Curia che, ormai soppresso il Servizio Carrozze e Cavalli, era costretta a ricorrere all’autonoleggio. Per sopperire a quel disagio, nel maggio del ’32 vennero acquistate cinque Buick e cinque Cadillac. Durante la II Guerra Mondiale furono rare le uscite dal Vaticano di Papa Pacelli che cercò con la diplomazia di mediare fra l’Asse e le Forze Alleate. Con la ritirata del Reich dall’Italia e l’avvicinarsi a Roma degli Alleati, la Città Eterna non fu risparmiata da massicci bombardamenti che causarono la distruzione di palazzi, monumenti e chiese, dell’Università La Sapienza e del Cimitero del Verano e gravissime perdite umane fra i civili, colpiti anche dalle mitragliatrici. L’obbiettivo della massiccia incursione del 19 luglio - alla quale parteciparono 662 fortezze volanti, scortate da 26
268 caccia - era lo scalo merci di S.Lorenzo insieme ai terminali degli snodi sudorientali , ma ci furono 3.000 morti e 11.000 feriti.
Roma 1939. Pio XII a bordo della Mercedes 290 landaulet Castagna con la quale il 19 luglio del ’43 recherà conforto ed aiuti ai supestiti del massiccio bonbardamento degli Alleati. Un’avaria della 290 costrinse il Papa a fare ritorno in Vaticano sulla Fiat “Topolino” del Conte Pietro Galeazzi che l’aveva scortato sino a S.Lorenzo, distante 8 km dal Vaticano
Il bombardamento non era ancora cessato, quando Papa Pacelli decise all’improvviso di portare conforto ai superstiti del quartiere popolare di S. Lorenzo. Uscito dal Vaticano a bordo della nera Mercedes 290 landaulet Castagna intorno alle 14, senza scorta, ma seguito da una Fiat “Topolino” guidata dal Conte Pietro Galeazzi, carica di generi di prima necessità, ed accompagnato da Monsignor Montini che nella tonaca nascondeva una scorta di denaro, raggiunto il sagrato della Basilica di S.Lorenzo, completamente distrutta, pregò, benedisse e confortò l’immensa folla strettasi intorno a Lui, che fu macchiato del sangue dei feriti. 27
Il Papa, tradito dalla proverbiale teutonica affidabilità della Mercedes, fece ritorno a bordo della “Topolino” del Conte Galeazzi. Questo episodio, come ha dimostrato il quotidiano cosmopolita Metro, per molti anni è stato confuso con un altro di non minore importanza. Infatti, il 13 agosto Pio XII raggiunse la chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio in Laterano per celebrare una Messa in suffragio per le vittime di S.Lorenzo; ma era appena arrivato che inizò la seconda incursione aerea. Il Pontefice aveva raggiunto la chiesa a bordo della Graham-Page e appena sceso dalla vettura, con le braccia spalancate, impartì la benedizione. La scenografica benedizione del Papa fu ripresa da un reporter e per anni venne erroneamente attribuia alla precedente visita del Papa a S.Lorenzo del 19 luglio. Anche il 13 agosto ci fu un’avaria all’auto del Papa che fece ritorno in Vaticano a bordo della Mercedes Nurburg. Papa Pacelli è il coraggioso protagonista dei due eventi, ma un ruolo non secondario l’ebbero le quattro macchine coinvolte: la Mercedes 290, la Graham-Page 837, la Mercedes Nurburg e la modesta, simpatica ed efficiente Fiat “Topolino”. Cessato l’immane conflitto, nel 1947 in Vaticano si provvide a svecchiare la piccola flotta del Pontefice con l’acquisto di due Cadillac, una 75 ed una 49 carrozzate Derham. Le vetture erano gemelle ma la 49 aveva il tettuccio apribile. A queste vetture, nel ’54, si aggiunse una Chrysler Imperial Ghia fornita di tetto trasparente, raramente usata dal Papa, che invece amava la Cadillac 75, con la quale raggiunse, per l’ultima volta, Castel Gandolfo dove morì, gravemente infermo, nell’estate del ’58. Nello stesso anno, Giovanni XXIII succedeva a Pio XII; il suo papato, breve quanto intenso, introdusse nella politica e nella liturgia della Chiesa importanti aperture. Papa Roncalli fu amatissimo e popolarissimo; nelle sue uscite ufficiali dal Vaticano era sempre applaudito con fervente calore dalle oceaniche folle dei fedeli.
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La Cadillac 75 Derham, con tettuccio apribile, con il Papa benedicente, sfila tra una folla oceanica scortata da una Moto Guzzi Falcone della Polizia Stradale. La vettura fa parte della collezione dell’NB Center
Nel ’54 questa Chrysler Imperial Ghia si aggiunse al Garage Vaticano. La vettura era caratterizzata dal tettuccio trasparente che sovrastava il vano posteriore, consentedo al Pontefice di essere visto dai fedeli anche dall’alto, ma senza esporsi alla corrente d’aria dell’auto in movimento
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In quel contesto quale automobile poteva essergli più congeniale della Mercedes 300 landaulet? Era una macchina assolutamente magnifica, di una rara e sobria bellezza, soprattutto con la cappotta abbassata, l’utilizzazione più consona alle cerimonie ed alle uscite ufficiali del Papa. Le finiture del landaulet erano di una eleganza semplice e molto accurata. Il vano posteriore, rivestito in velluto grigio, era occupato dal tronetto papale ed ai suoi lati da una radio e da vari comandi elettrici di regolazione. In entrambi i lati dei sottoporta c’era un predellino a scomparsa, comandato meccanicamente dall’apertura dello sportello. Giovanni XXIII la utilizzò un’ultima volta l’11 maggio del ’63 per recarsi al Quirinale per ritirare il Premio Balzan; sarebbe spirato ventitré giorni dopo. Toccò al suo successore Paolo VI attuare e sviluppare le riforme della Chiesa Cattolica per il mondo intero, cercando dappertutto la conciliazione e cancellando sempre i rigurgiti dell’ultramontanismo. Egli fu per eccellenza Il Papa Pellegrino che dedicò quasi metà del suo magistero a portare la parola di Dio anche nelle terre più lontane.
La Mercede 300 landaulet, macchina eclusiva e molto costosa, era uscita di produzione nel ’58 e da allora veniva costruita solo su richesta accettata dalla Casa. Oltre quella con allestimento speciale donata al Papa il 17 dicembre del ’60, ne furono costruite altre due ritenute dalla Casa che le noleggiava con autista. Nella foto seguente, il mantice abbassato mette in evidenza l’elevata qualità delle finiture ed il comfort dell’abitacolo posteriore
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Il vano posteriore della 300 landaulet con il trono papale rivestito in velluto; ai bordi due mobiletti per l’alloggio di una radio, della cancelleria, del breviario e del porta cordiali. Si nota il pianale piatto ottenuto con il rialzo del trono
In questo scenario, le automobili papali non potevano rimanere le protagoniste dei viaggi del Papa, ma solo le comprimarie, relegate ormai alle trasferte locali. Infatti, il Papa usò l’aereo per raggiungere i più disparati angoli della terra e, una volta in loco, si servì delle automobili, sempre adeguate al suo status di Capo di Stato, messe a disposizione dalle autorità locali. Per la sua prima missione, Papa Montini, accompagnato dal suo segretario Monsignore Macchi, lasciò il Vaticano in piena oscurità, alle 3 del 4 gennaio 1964, per raggiungere a bordo della Mercedes 300 l’aereoporto di Ciampino ed imbarcarsi su un aereo dell’Alitalia, per l’occasione interamente verniciato in bianco e con le insegne papali, destinazione Amman dove sarebbe stato accolto da Re Hussein . Dopo 159 anni, Paolo VI fu il primo Pontefice ad uscire fuori dall’Italia ed il primo ad utilizzare l’aereo. Per tutti i trasferimenti in loco Paolo VI utilizzò una Mercury nera, guidata dal suo autista personale, con la quale raggiunse Isdraele percorrendo circa ottocento chilometri, parte dei quali sulle piste desertiche. Al viaggio in Terrasanta ne seguirono tanti altri, fra i quali ricordiamo quello del dicembre del ’64 in India in occasione del Congresso Eucaristico a Bombay. Il Papa raggiunse la Oval Maiden a bordo di una bianca Chevrolet Bel Air dalla quale scese per salire, per la prima volta, insieme al Cardinale indiano Valeriano Garcia, su un fuoristrada Jeep anch’esso bianco con il quale raggiunse, fra una plaudente folla di oltre 600.000 persone, la sede del Congresso. Il 4 ottobre del ’65 fu a New York in visita pastorale e per pronuziare un solenne discorso al cospetto dell’assemblea dell’O.N.U., presieduta dall’On Fanfani in occasione del XX anno della sua fondazione. Per gli spostamenti il governo mise a disposizione una Lincoln Imperial landaulet scortata da una doppia fila di motociclisti della polizia metropolitana. Il 13 maggio del ’67 andò in Portogallo nel 150° anniversario della Madonna di Fatima. All’aereoporto il Papa fu accolto da un Rolls Royce torpedo d’epoca con la quale, a tetto aperto e sovente all’impiedi, raggiunse la spianata della Basilica di Fatima dove l’attendevano oltre un milione di fedeli. E, ancora: il 25 luglio del ’67, ospite in Turchia solo nella qualità di Capo di Stato, gli fu messa a disposizione una Cadillac; in Bogotà nel ’68 il Pontefice utilizzò per la seconda volta un una Jeep bianca, un veicolo fuori strada che successivamente venne chiamato Papamobile; in Svizzera, a Berna il 10 giugno del ’69 intervenne all’Assemblea Generale dell’Organizzazione del Lavoro nel 50° anniversario della sua 32
fondazione e rese una coraggiosa visita alla sede del Consiglio Ecumenico degli Antipapisti; per gli spostamenti della breve visita, durata un solo giorno, la Nunziatura di Berna gli mise a disposizione una Cadillac Fleetwood sedan. In Uganda, il 2 agosto del ’69 partecipò all’Assemblea Generale dell’Episcopato Africano; per gli spostamenti gli fu assegnata la Licoln Continental landaulet del Presidente Obote. A Manila, nel novembre del ’70, appena sceso dall’aereo, solo grazie alla prontezza del suo segretario Monsignor Macchi sfuggì all’attentato ordito, con un pugnale in una mano ed un crifisso nell’altra, dal pittore boliviano Benjamin Mendoza. Papa Montini, imperterrito, salì subito, insieme al Presidente Marcos, sulla Cadillac Cabriolet per iniziare, all’impiedi, la traversata di Manila fra due ali di festante folla. Nel dicembre del ’70 a Sydney, fu ospitato su una vecchia torpedo Buick e, sulla via del ritorno a Giacarta e Ceylon, raggiunse il campo per la Messa a bordo di una Land Rover, sulla quale era stato montato un baldacchino in stile orentale. Il viaggio nell’emisfero australe fu l’ultimo grande pellegrinaggio di Paolo VI che nei rimanenti anni del suo Pontificato si limitò agli spostamenti tradizionali in Roma e dintorni ed ai ricorrenti viaggi per Castel Gandolfo, dove spirò nell’agosto del ’78. Negli anni del Pontificato di Paolo VI la flotta vaticana si era arrichita di almeno tre veicoli molto interessanti: la Mercedes 600 landaulet, la Checker Marathon e la Toyota Land Cruiser. La grandiosa Mercedes fu donata al Papa dalla Casa tedesca nel settembre del ’65 con una cerimonia organizzata a Castel Gandolfo, alla quale partecipò lo stato maggiore della Casa di Unterturkheim. La vettura, una delle 59 costruite, era imponente e con le sue semplici linee ben rappresentava élégie a l’angle poussée au paroxysme; equipaggiata con un poderoso V8 bialbero di ben 6330 cc della potenza di 250 CV e di cambio automatico, malgrado una massa di 2750 kg poteva, teoricamente, sfiorare i 200 km/h. L’allestimento degli interni, dotato di molte regolazioni elettriche, era sobrio ed accuratissimo. Il landaulet era dotato di tetto rialzato e di un magnifico mantice nero azionabile elettricamente anche in marcia, trono papale contornato da due eleganti mobiletti in radica contenenti una radio e da stipetti per la cancelleria, toilette e cordiali. Come da accordi, la vettura, quando dopo venti anni di servizio fu dismessa, fu restituita alla Casa e sin dal 1986 è esposta nel Museo Mercedes di Unterturkheim.11 11
Cfr. R.W.Schleglmilch-H.Lehbring, Mercedes, Koneman 1997, pp 244/649; 346/651; 428/653
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Lâ&#x20AC;&#x2122;imponenza e la maestositĂ della Mercedes 600 landaulet viene esaltata dal parossismo della sua linea geometrica
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Nel vano posteriore notiamo il comfortevole trono papale, rivestito in velluto grigio . A suoi lati, due eleganti mobiletti alloggiano cancelleria, porta breviario, radio e porta cordiali
E’ interessante notare come anche una vettura minimalista, quale la Checker Marathon, per decisione di Papa Montini, sia entrata a fare parte della flotta vaticana ed oggi fa parte della collezione di 130 vetture statunitensi raccolte dall’NB Center di Roma fondato da Nicola Bulgari. La raccolta dell’NB Center annovera nove auto del Garage Vaticano12che dal 24 al 26 maggio 2019, con la collaborazione del locale Veteran Car Club, sono state esposte a Viterbo di fronte al celebre Palazzo dei Papi. Nella storia della mobilità pontificia un ruolo di primo piano spetta ai fuoristrada. Fu Papa Montini il primo ad apprezzarne l’utilità quando, durante il suo viaggio in India, fu fatto salire su una Jeep bianca per raggiungere sulla sterminata spianata dell’Oval Maiden di Bombay, l’altare per la celebrazione della Santa Messa. Sempre Paolo VI, nel suo peregrinare per il mondo, ebbe ancora modo di apprezzare la visibilità e la sicurezza offerta dai fuoristrada quando li utilizzò in Bogotà ed a Ceylon; non sorprende quindi che sia stato proprio lui ad introdurne l’uso in Vaticano ordinando l’acquisto, nella primavera del ’75, di una bianca Toyota Land Cruiser J 40 che fu frequentemente usata in Piazza S.Pietro, anche in occasioni solenni come il Giubileo del ’75, in sostituzione della Sedia Gestatoria.
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Oltre la Checker Marathon fanno parte della collezione quattro Cadillac, due Packard, e due Buick
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La Checker Marathon, facente parte dll’NB Center, è lo stesso modello reso famoso dal film Taxi Driver con Robert De Niro
Il veicolo, divenuto popolare come la papamobile, incontrò anche il gradimento di Giovanni Paolo II che nel 1980 gli affiancò una Fiat 1107 Nuova Campagnola torpedo, sulla quale il 12 maggio dell’81 subì l’attentato di Alì Agca. Dopo l’attentato furono approntate papamobili più protettive, come la Mercedes 230 e la Land Rover 110, mentre la dismessa Campagnola veniva ospitata nel Museo delle Carrozze. Il nostro viaggio immaginario attraverso la mobilità papale dovrebbe finire qui, con l’avvento della papamobile. Abbiamo evocato i superbi destrieri, le splendide carrozze ed automobili usate dai Papi, ma non possiamo fare a meno di ricordare le quattro ammiraglie donate a Vojtyla - il titanico Papa che liberò la Polonia dalla dittatura marxsista - quali l’originale e modernissima Lancia Giubileo, la prestante BMW 733i, apprezzatissima dal Pontefice che, Vescovo di Cracovia, guidava già una 320i; ed, infine, due Mercedes, la 500 SEL Guard, prima macchina papale totalmente blindata, e la W 140 S 500, l’ennesimo elegantissimo landaulet.
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Piazza S. Pietro, 28 settembre 2004. Giovanni Paolo II, in una delle sue ultime uscite, è a bordo della Fiat Campagnola sulla quale subì l’attentato. Si noti la targa S.C.V. 1 ottenuta nel 2004, di norma riservata alla vettura usata dal Papa. Questa storica papamobile, dismessa nel 2007, è stata accolta nel Museo delle Carrozze
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In alto: l’armonioso frontale della Lancia Giubileo, esemplare unico altamente tecnologico ed innovativo, fu l’evoluzione della concept Dialogos del 1997 e preludio della Thesis del 2001. In basso, Benedetto XVI a bordo della Giubileo, scortato dai Corazzieri, durante la sua visita al Quirinale
Prima di chiudere cercheremo di rispondere ad una domanda: dopo la dismissione dal servizio papale che fine hanno fatto le meravigliose carrozze e automobili che abbiamo illustrato? La risposta è semplice ed esauriente per le carrozze: tutte quelle che abbiamo presentato e descritto, ed altre ancora, sono custodite nello splendido Museo Vaticano delle Carrozze. Complessa, articolata e non esauriente è la risposta riguardo le automobili. Secondo la nostra ricostruzione, delle 17 automobili del Garage Vaticano che abbiamo passato in rassegna fotografica, 6 sono esposte in un’apposita area del Padiglione delle Carrozze: la Citroen Lictoria Sex, la Graham-Page 837 landaulet, la Mercedes Nurburg sedan, la Lancia Giubileo landaulet, , la Fiat Nuova Campagnola, , la Renault 413. Una Cadillac serie 75 e la Checker Marathon presso l’NB Center di Nicola Bulgari; due Mercedes, i landaulet 300 e 600, presso il Museo della Mercedes-Benz di Stoccarda. Non avremmo quindi notizie di sette automobili fra le quali spiccano per importanza la Fiat 525 berlina, la Mercedes 290 landaulet Castagna e la IF 8A berlina Sala della quale abbiamo ipotizzato la sorte (Cfr. nota 10).
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Della collezione esposta nel Padiglione delle Carrozze fanno parte altre auto non citate nel testo come l’ ultima Volkswagen Maggiolino prodotta in Brasile nel 2004, la Mercedes Pulmann Limousine e varie papamobili
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Questo collage rappresenta alcuni momenti istuzionali di Paolo VI e Giovanni Paolo II ed il loro continuo pellegrinare in giro per il mondo, per testimoniare la parola di Dio
Chiudiamo con un doveroso pensiero a Papa Francesco che, cercando di realizzare uno dei suoi proclami ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri 14….basta auto di lusso per la Chiesa15, ha dismesso l’uso delle lussuose auto della flotta papale, preferendo utilizzare, inizialmente, sobrie auto di serie senza emblemi né trono, come la Volkswagen Phaeton, poi modeste utilitarie, quasi a richiamare l’umile asinello di Gesù, con il quale abbiamo iniziato questo reportage, attraverso le testimonianze di 2000 anni di storia, della mobilità pontificia.
Vaticano, 7 settembre 2013. Papa Francesco accetta dal presbitero Don Renzo Zocca, oggi Parroco a S. Lucia del Pescantina (VR), il dono di una Renault 4 come quella che guidava quando era Arcivescovo di Buenos Aires. Il Papa, dopo averla brevemente guidata fra i giardini del Vaticano, l’ ha destinata alla sezione automobilistica del Museo delle Carrozze
L’autore ringrazia per le consulenze Alfio Giuffrida, Pierenzo e Gianfranco Di Giunta, Monica Valente e Salvatore Carcò. Un sentito grazie a Paolo Ciminiello dell’NB Center e, per i contributi iconografici, documentali ed i collage, a Nuccio Rubino. Tutta la mia gratitudine va a Valerio Moretti per avermi regalato una rara copia del suo meraviglioso libro Le Auto dei Papi16, dal quale ho tratto materiale iconografico e documentale.
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Il Papa pronunziò questo auspicio applauditissimo da 6000 persone il 16 marzo 2013 in occasione dell’incontro con i media 15 Cfr. Il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2013 16 Edizioni di Autocritica 1981
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