Raccolta Rivista dei Musei 2020

Page 1

LA RIVISTA DEI MUSEI A CURA DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO

www.asimusei.it www.asimusei.it


Periodico della Commissione Storia e Musei dell’Automotoclub Storico Italiano

COMMISSIONE STORIA E MUSEI Presidente Danilo Castellarin Commissari Stefano Chiminelli Costantino Frontalini Ugo Elio Giacobbe Mariella Mengozzi Giuseppe Valenza Roberto Vellani

MOTORI DI CULTURA Questo fascicolo raccoglie i primi quattro numeri de ‘La Rivista dei Musei’ 2020, realizzati come newsletter dalla Commissione Storia e Musei dell’Automotoclub Storico Italiano. In un anno difficile questo periodico è stato inviato via mail a tutti i Musei, le Collezioni e i Club federati ASI, lanciando un ponte per comunicare con un mondo abituato al silenzio e alla riflessione, quello dei 210 musei motoristici italiani brillantemente descritti nel nostro sito www.asimusei.it Auto, moto e mezzi d’ogni tipo, dopo aver favorito l’incontro e dunque conoscenza e cultura, riposano ora in musei grandi e piccoli che meritano di essere scoperti e visitati da noi tutti. Basta viaggiare in rete su www.asimusei.it o sfogliare queste pagine per comprendere come l’Italia, grazie alla genialità dei suoi progettisti e costruttori ed alla passione e alla perseveranza dei suoi collezionisti, rappresenti meglio di altre nazioni il MIDA, ossia il Museo Italiano Diffuso dell’Automobile. Possa il futuro premiare questo invidiabile primato con incontri, dibattiti, conferenze ma anche con semplici gite in allegria presso queste seducenti sedi museali e collezionistiche. Alberto Scuro Presidente Automotoclub Storico Italiano

Grafica e impaginazione

Stampato nel mese di dicembre 2020 da

per


n. 1 / gennaio 2020

PERIODICO DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO

www.asimusei.it


MUSEI E COLLEZIONI COME “MOTORI DI CULTURA” La “Rivista dei Musei” vuole essere un tributo e un riconoscimento ai Musei e alle Collezioni italiane che interpretano il prestigioso ruolo di custodi della storia del motorismo. La nostra comune passione ha le stesse radici: i musei raccolgono, restaurano e proteggono ciò che l’ASI tutela e promuove. Il patrimonio tecnico e culturale del motorismo storico italiano non ha pari al mondo e noi ci adoperiamo sempre più per non disperderlo e farlo conoscere. Inoltre, la passione che anima questo grande movimento genera un indotto economico che è secondo solo al calcio: il motorismo storico è una vera e propria “industria sociale”, capace di coinvolgere gli ambiti più disparati del quotidiano Alberto Scuro

individuale.

A partire con l’indotto diretto, rappresentato da tutta la filiera professionale che gravita intorno ai veicoli storici con gli addetti dei vari comparti: restauro, carrozzeria, meccanica, selleria, ricambistica, editoria. Nel 2018 è stato stimato in 2,2 miliardi di euro il valore economico annuo generato dal motorismo storico italiano, di cui il 52% deriva dalla gestione e manutenzione dei veicoli, il 22% dalla loro acquisizione e il 26% dal turismo indotto. Inoltre, il 64% degli intervistati ha dichiarato un marcato interesse per il settore e il 68% ha assistito dal vivo ad una manifestazione legata ai veicoli d’epoca. Sono cifre importanti, che collocano il nostro movimento ai primi posti dei valori culturali nazionali, ambito nel quale operano anche – e soprattutto - i musei del motorismo, con dedizione e impegno nonostante le molte difficoltà. Per promuovere la conoscenza delle Vostre realtà ed alimentare un proficuo volano di conoscenza della storia motoristica custodita nel nostro Paese, l’Automotoclub Storico Italiano ha realizzato diverse iniziative, che trovate riassunte nell’editoriale di Danilo Castellarin, presidente della Commissione Storia e Musei e promotore del MIDA, il Museo Italiano Diffuso dell’Automobile, una sola parola per abbracciare tante realtà. Possa questa Rivista - che sarà inviata a tutti i Musei e le Collezioni italiane, agli oltre 300 presidenti di Club federati e aderenti ASI e diffuso ai nostri 150 mila Tesserati - implementare la conoscenza delle Vostre impareggiabili collezioni e diventare una tribuna aperta a Voi tutti per presentare novità, iniziative, appuntamenti, riunioni, raduni, convegni, comunicati e tutto quanto possa contribuire alla divulgazione del valore storico-culturale del patrimonio motoristico. Alberto Scuro Presidente Automotoclub Storico Italiano

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


PRESENTAZIONE DE LA RIVISTA DEI MUSEI La Commissione Storia e Musei dell’ASI ha realizzato il censimento nazionale dei Musei e delle Collezioni motoristiche presenti sull’intero territorio nazionale per offrire una panoramica sulle numerose realtà del nostro Paese, frutto di passione, dedizione, ricerca, sacrificio. Ad oggi sono stati tre i risultati di questi impegnativa ricerca: 1) Il sito internet www.asimusei.it che raccoglie indirizzi, foto, filmati e schede dei musei e delle collezioni italiane con una suddivisione regionale 2) La brochure ‘La Strada dei Musei’ che, in versione cartacea, riassume sinteticamente e in doppia lingua (italiano e inglese) i contenuti di www.asimusei.it 3) Asimuseishow, la giornata nazionale dedicata ai veicoli d’epoca di domenica 29 settembre 2019, durante la quale più di cento musei e collezioni hanno aperto le porte gratuitamente ai soci ASI. Oltre a questi tre importanti risultati sono state organizzate decine di relazioni, incontri, convegni, interviste ad autorevoli testimoni e approfondimenti storico-culturali. Un tributo speciale è stato riconosciuto a Giampaolo Dallara nell’aprile 2019, perché la sua bella mostra chiamata ‘Academy’ ha coinciso con il 200° museo catalogato da ASI. Ma quali sono gli obiettivi della Rivista dei Musei? Ci proponiamo come un anello di collegamento fra le varie realtà collezionistiche e museali motoristiche italiane, per favorirne la conoscenza, promuoverne la diffusione, incoraggiarne la visita da parte di appassionati, turisti e amanti del bello. E diventare una tribuna aperta, volano di iniziative, dibattiti, convegni e approfondimenti storici organizzati presso le Vostre realtà. In una prima fase la Rivista sarà realizzata in formato on-line ed inviata a tutti i musei e le collezioni che potranno intervenire, suggerire la pubblicazione di articoli, notizie, novità che verranno poi divulgate a tutti i Presidenti di Club e, da loro, ai 150 mila Soci Asi.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Perchè sono migliaia le auto, le moto, i camion, i mezzi agricoli e militari, gli aerei ed i natanti conservati o restaurati che meritano di essere scoperti e conosciuti. Tutti sono custoditi in capienti strutture. Alcune più note, dotate di veri e propri musei con bookshop, servizi di ristorazione, aree di documentazione e ricerca. Altre più contenute e meno conosciute, ma in ogni caso preziose testimoni del lungo percorso compiuto dal motorismo. Alcuni musei raccolgono tematiche specifiche e settoriali, altri abbracciano collezioni diversificate, con un respiro più ampio. Tutti possono diventare piacevole meta di una visita, un raduno, una rievocazione storica. Sia per arricchire una vacanza da tempo programmata, sia all’interno di un itinerario appositamente studiato a tavolino per conoscere e visitare una o più collezioni del nostro Paese, presenti in quasi tutte le regioni. Tessere preziose di un mosaico di passione che si fonde in un territorio già ricco di proposte storiche, artistiche e architettoniche che solo l’Italia offre al viaggiatore interessato alla cultura e all’emozione espressa in ogni sua forma. Dunque una proposta in più offerta dall’ASI per valorizzare le nostre realtà. Perché Musei e Collezioni non sono silenziosi segnatempo, ma un caleidoscopio colorato ed affascinante, volano di emozioni e calamita di passioni per il motorismo, che vogliono essere scoperte e raccontate. I visitatori potranno indirizzare la loro scelta ricavando altre informazioni dai rispettivi siti internet di musei e/o collezioni o telefonando nei numeri indicati. L’elenco contenuto in www.asimusei.it è dinamico e per essere aggiornato deve contare sulla collaborazione dei titolari ai quali chiediamo di segnalare novità, ampliamenti, appuntamenti ed iniziative specifiche. Danilo Castellarin Presidente Commissione Storia e Musei Automotoclub Storico Italiano Torino

La Commissione Storia e Musei ASI Danilo Castellarin, Stefano Chiminelli, Ugo Elio Giacobbe, Mariella Mengozzi, Costantino Frontalini, Giuseppe Valenza e Roberto Vellani.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


CONSIGLI UTILI PER MIGLIORARE L’ACCOGLIENZA MUSEALE di Costantino Frontalini Molti direttori di musei motoristici lamentano lo scarso interesse della società nei confronti delle loro raccolte e, più in generale, nei confronti della tecnologia e del motorismo storico. Hanno ragione a lamentarsi! In Italia c’è scarsa attenzione al patrimonio conservato nei musei motoristici e all’eredità che ci hanno lasciato i nostri antenati e che noi dobbiamo trasmettere alle future generazioni. Questa preziosa eredità non va solo custodita ma valorizzata affinché diventi un “motore di cultura”. Fare attività culturale significa trasmettere informazioni e memorie attraverso le nostre collezioni. Ma significa anche contestualizzare i veicoli esposti, raccontarne la storia ed il vissuto, le motivazioni che ne hanno determinato la nascita, il successo o il fallimento. Significa riconoscere i limiti di una motorizzazione esasperata e i potenziali rimedi all’inquinamento che causa sempre maggiori problemi all’ambiente. Ma soprattutto significa riconoscere il debito della nostra società nei confronti dei pionieri del motorismo che hanno consentito lo sviluppo della mobilità umana.

Una grande Vespa per attirare il pubblico e onorare una grande attrice come Claudia Cardinale, qui ritratta insieme a Costantino Frontalini, fondatore del Museo del Sidecar di Cingoli (Macerata) ed esperto di museologia.

Occorre far comprendere che mobilità è sinonimo di libertà: di muoversi, andare al lavoro, fare turismo, prestare soccorso. Questo principio, supremo e inviolabile, viene spesso dimenticato, specialmente nei momenti di crisi economica e sociale. I musei motoristici hanno il compito di rammentare la storia agli adulti ed insegnarla ai più giovani. Ma per farlo devono perfezionare l’accoglienza, specialmente nel caso di collezioni meno conosciute e accessibili.

Per tentare di migliorare la proposta museale si possono percorrere varie strade: una di esse è creare un photo corner, uno spazio all’interno del museo (con la presenza di un veicolo rappresentativo o molto curioso) nel quale i visitatori potranno farsi una foto e diffondere l’esperienza attraverso i vari canali social, creando nel contempo una promozione al museo. Ove possibile è utile collegare la storia di un veicolo ad un’esperienza o un evento già conosciuti dal pubblico. Questo contribuirà a cambiare la prospettiva del visitatore, che si dimenticherà dell’immagine stantia del museo adottandone una più nuova, la percezione di un luogo vivo, dinamico e portatore sano di cultura. Prendendo spunto da questa considerazione decisi di impegnarmi nella ricostruzione della Vespa gigante. Nel 1951, il genio di Corradino d’Ascanio partorì un’altra delle sue invenzioni straordinarie. Egli costruì una Vespa in scala 2:1 per migliorare l’attività promozionale della Piaggio. Dopo che il “Vespone” ebbe partecipato ad un tour europeo, purtroppo nel 1952 se ne persero le tracce. Ma in pochi mesi contribuì alla consacrazione del mito Vespa. Un oggetto gigante impressiona e colpisce, certamente rimane nella memoria collettiva. E’ un modo per far parlare la gente, per emozionarsi, per farsi una foto e condividerla con gli altri. Questi aspetti mi hanno guidato nella ricostruzione di un oggetto “impossibile”. Una volta terminata l’impresa, la Vespa gigante è stata tenuta a battesimo da Claudia Cardinale e questo evento ha contribuito a rendere la storia della sua ricostruzione coinvolgente per il pubblico.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Ogni museo motoristico ha almeno un veicolo “da raccontare”, che genera emozione, interesse, curiosità. Occorre solo dargli il giusto spazio per essere valorizzato. Dalle pagine di questo notiziario proveremo a trasmettere ai musei qualche input preso in prestito dalle materie di studio museale: museologia, museografia e museotecnica. La nostra missione è uniformare per quanto possibile gli standard minimi ed elevare il livello qualitativo dell’offerta museale. Il significato di Museologia è “studio del museo” ma a livello pratico indica tutto quanto è necessario alla migliore organizzazione di un museo; in poche parole è la scienza del museo. E’ una disciplina in continua evoluzione dovendo rispondere ad un sempre maggiore interesse nei confronti dei musei. La Museologia ha il compito di approfondire il ruolo del museo nella società e i metodi di ricerca e conservazione propri del museo medesimo. Lo scopo finale di questa disciplina è trovare le migliori condizioni per documentare lo sviluppo della mobilità e di conseguenza della società. Oltre al recupero del materiale da esporre, che ovviamente è l’aspetto primario, assume sempre maggiore importanza l’attività culturale del museo, ancor più se finalizzata all’intrattenimento del pubblico affinché possa conservare con un buon ricordo dell’esperienza.

Fiat 600 Multipla ambientata in una contestualizzazione storico-sociale che racconta la sua storia in modo gradevole ed efficace.

Affronteremo in seguito l’aspetto culturale e ricreativo del museo ma ora vorrei concentrarmi sul recupero, la valorizzazione e la fruibilità degli oggetti esposti. Trattandosi di una storia relativamente giovane non gli è stata data la necessaria importanza: i mezzi di trasporto erano considerati fino a pochi decenni fa come materiale di scarso valore, quasi da buttare! Solo pochi ebbero la lungimiranza di comprenderne l’importanza e oggi siamo qui a ringraziarli.

Molti veicoli vennero salvati in extremis dalla demolizione, prima che l’incuria umana e l’inclemenza del tempo li distruggessero per sempre. A tale proposito mi vengono in mente i pionieri del Museo dell’Automobile di San Martino in Rio (RE) che salvarono la prima vettura costruita da Enzo Ferrari (Auto Avio Costruzioni 815). Questa vicenda viene splendidamente narrata all’interno del suddetto museo, che ospitò per lungo tempo il prezioso reperto. I pionieri del motorismo storico, dopo aver salvato i veicoli, li hanno conservati con un grande investimento di tempo e denaro. Non ancora appagati da questo risultato, molti collezionisti hanno messo a disposizione del pubblico i loro tesori. Ecco che nasceva, seppure sotto traccia, una forma di Museologia mentre l’Italia si avviava a diventare un enorme “museo diffuso” di veicoli storici. Ognuno di questi precursori ha almeno una storia meravigliosa da raccontare e l’ASI deve necessariamente salvare e custodire queste storie. La Commissione Storia e Musei è nata proprio con questa missione. I curatori dei musei sono diventati, a loro insaputa, i protagonisti delle storie che andremo a raccontare. Vorrei fissare alcuni concetti base riguardo questa prima parte, descrivendoli brevemente:

RECUPERO

VALORIZZAZIONE

FRUIBILITA’

E’ fondamentale che i musei motoristici continuino l’opera di recupero dei veicoli, che siano molto antichi o recenti. Alcuni di questi ultimi meritano infatti di essere custoditi per le future generazioni. Per pianificare al meglio questo aspetto occorre un’analisi aperta ed un progetto condiviso con le principali istituzioni.

Si tratta non solo di custodire i veicoli ma anche di accrescerne il valore storico e culturale. Per far questo occorre inserire il veicolo nel suo contesto storico attraverso immagini, oggettistica o quanto altro utile ad una full immersion del pubblico. Ogni veicolo racconta una storia: bisogna essere bravi a comunicarla ai visitatori.

E’ questo il passaggio che rende una collezione di veicoli un fatto culturale. Se permettiamo agli altri di accedere all’eredità lasciataci dai pionieri del motorismo, contribuiremo ad uno sviluppo generale della cultura motoristica. Ci sarà in parallelo un’attività promozionale diffusa ed un sostegno dell’ASI attraverso vari canali (stampa, convegni, internet, ecc).

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


IL MUSEO DELL’AUTOMOBILE DI SAN MARTINO IN RIO di Roberto Vellani Iniziamo da questo numero una breve rassegna dei musei motoristici italiani. Partiamo col Museo dell’Automobile di San Martino in Rio (RE), non tanto per fama o grandezza, ma perché è il museo privato più antico, nato nel 1956 dalla mente geniale di Domenico Gentile che all’inizio degli anni ’50 iniziò la raccolta di quelli che all’epoca erano considerati “rottami” d’epoca. Gentili era di Bologna, ma un suo fornitore di San Martino in Rio, piccolo paese della bassa reggiana al confine tra le province di Modena e Reggio, tal Giulio Campari, si offrì di ospitare tali ferrivecchi in un capannone “vinicolo” dove le auto potevano stare al coperto tranne nel periodo della vendemmia.

Auto Avio Costruzioni 815, la prima Ferrari realizzata, per anni custodita dal Museo di San Martino in Rio.

I due assoldarono un piccolo “Gatsby” conosciuto più col suo soprannome, Barighin, che col nome di battesimo Emilio Storchi. Barighin aveva l’incarico di girare l’Italia e raccogliere le vecchie auto inutilizzate. Barighin in gioventù fu un discreto calciatore arrivando a giocare in Serie B, ma poi una pleurite lo fece smettere e da quel momento non lavorò mai più. In sua difesa occorre precisare che “lavorare” subito dopo la guerra significava dover svolgere lavori pesanti soprattutto in un piccolo paese a vocazione agricola.

Nei suoi periodici vagabondaggi recuperò una Salmson da corsa presso un deposito di Napoli dove l’auto era stata requisita negli anni ’20 per aver investito un vigile mentre si posizionava sulla linea di partenza, a Palermo acquistò una Rolls Phantom invenduta ed ancora in vetrina presso il venditore. Mi preme sottolineare che molte auto conservano ancora le targhe originali nonostante all’epoca si dovesse cambiare la targa se si cambiava la provincia. Tanta lungimiranza non era dovuta a calcolo, ma semplicemente perché i passaggi di proprietà costavano più dei veicoli stessi. Va ricordato che all’epoca il motorismo storico non aveva nè gli interessi economici nè sociali che riscuote al giorno d’oggi. Nel 1958 fece il colpo della vita, apprese la notizia da uno dei suoi “agenti” (generalmente camionisti che portavano merci su vecchi camion Dodge residuati bellici) che a Milano c’era un auto che molti dicevano essere una Ferrari, ma non aveva il cavallino ed aveva uno strano numero: 815. Prese la sua Aprilia e raggiunse Milano dove, presso un demolitore, giaceva effettivamente questa vettura che era stata messa da parte per recuperare l’alluminio della carrozzeria prima di essere definitivamente rottamata. Dopo breve trattativa portò a casa la Auto Avio Costruzioni 815, prima auto costruita da Enzo Ferrari , pagandola a peso d’alluminio. Non vi era ancora certezza che fosse quella, ma il suo fiuto non lo ingannò. Negli anni ’60 il Museo dell’Auto di San Martino divenne un invidiabile centro culturale. Venivano infatti molti registi per girare film soprattutto per ambientazioni relative alla guerra e San Martino era l’unico posto in Italia dove trovar i veicoli adatti con la possibilità di utilizzarli senza grosse cautele, molti mezzi restavano ammaccati, ma il valore intrinseco che si dava allora a tali veicoli non era certo paragonabile alle precauzioni ossessive che si riservano oggi ai veicoli storici. Sandra Milo, Gloria Guida, Claudia Cardinale e Nilla Pizzi sono solo alcuni dei personaggi ospitati nel nostro Museo. La collezione nel frattempo si era arricchita di altri veicoli, alcuni dei quali ospitati all’esterno, sotto alcune tettoie, raggiungendo quota 200 fra auto, moto, carri funebri.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Sul finire degli anni ’60 il motorismo storico si era decisamente consolidato. Fu così che, grazie al boom economico e al rinnovato interesse per gli oggetti di modernariato e vintage, San Martino diventò la meta di tanti appassionati provenienti da tutta Italia e dall’estero. Alcune Alfa Romeo 1750 del Museo parteciparono alla prima riedizione della Mille Miglia, seppur effettuata in maniera semi ufficiale, organizzata nel 1968 dal padovano Dubbini e sponsorizzata dall’Alfa Romeo che, per l’occasione, presentò la nuova berlina 1750. La favola si interruppe improvvisamente nel 1975 con la improvvisa morte di Barighin e per alcune difficoltà di Gentili che alienò buona parte dei veicoli ad un notissimo collezionista emiliano che non disperse la collezione proveniente da San Martino. Ma ormai il virus della passione aveva contagiato alcuni amici locali che nel 1981 riacquistarono parte del vecchio museo, ampliandolo nel 1993. E pur se alcune auto sportive erano state vendute , rimase una radice profonda della storia dell’automobile, la Zedel della Regina Margherita del 1907. Da segnalare la Ford T, un’ Ansaldo 4H, due Itala, un’Aquila Italiana. Su un totale di 40 auto vetture ed alcune moto. Nel museo sono presenti anche varie memorabilia che richiamano gruppi di appassionati e visitatori di cui buona parte provenienti dall’estero, che spesso profittano delle vicinanza con i due Musei Ferrari di Maranello e Modena per fare una capatina a San Martino in Rio. Nella stessa sede trova posto anche un club Asi con oltre 1000 soci che continua ad essere un importante punto di riferimento per tanti appassionati.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Museo di Torino: un omaggio alla storia La foto di copertina di questo primo numero vuole essere un augurio alla Scuderia Ferrari per la stagione 2020, ormai alle porte. Martedì 11 febbraio verrà presentata la nuova F.1 del Cavallino che tutti si augurano sia competitiva e possa permettere a Sebastian Vettel e Charles Leclerc di battersi per la conquista del titolo mondiale, dopo tredici anni di astinenza. Ricordiamo che l’ultimo campione del mondo su Ferrari è stato il finlanedese Kimi Räikkönen nel 2007. E proprio una di quelle rosse e vincenti monoposto sono fra le protagoniste di una delle immagini più spettacolari del Museo Nazionale dell’Automobile G.Agnelli di Torino, il MAUTO: la sfilata di Formula 1 di tutti i tempi che una coinvolgente scenografia rendono vive. Il Museo di Torino è uno dei più famosi al mondo e conserva una collezione tra le più rare e interessanti nel suo genere, con oltre 200 vetture originali di 80 marche diverse. Il percorso espositivo ripercorre la storia dell’automobile, raccontandone l’evoluzione da mezzo di trasporto a oggetto di culto e riflettendo su come abbia influenzato il costume, il modo di vivere, la ricerca tecnica e scientifica, in un costante slancio innovativo. Grazie alla spettacolare contestualizzazione scenografica creata da Francois Confino, l’esperienza di visita è immersiva e affascinante, ulteriormente arricchita dalle numerose attività organizzate: laboratori didattici e visite teatrali, mostre e incontri con i protagonisti del settore. Il Centro di Documentazione e il Centro di Restauro sono il fiore all’occhiello della struttura, frutto dell’impegno costante nella ricerca e nel recupero della storia delle quattro ruote. La Rivista dei Musei parlerà dettagliatamente di questa bella struttura in uno dei prossimi numeri.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


I MUSEI DELLE CORSE IL FASCINO DELLA TARGA FLORIO prima puntata

di Giuseppe Valenza Il passaggio dall’epoca del trasporto mediato dai cavalli all’ horseless carriage segnava, a fine ‘800, un momento significativo nella storia dell’uomo: iniziava infatti l’era della velocità. Nel 1894 il Petit Journal di Parigi annunziava la prima corsa di automobili su strada: la Parigi-Rouen. Da lì a poco, nonostante il succedersi di eventi tragici che evidenziavano la pericolosità dei nuovi mezzi di trasporto, si organizzarono le più disparate sfide: dal chilometro lanciato a corse su breve distanza, come la Verona-Brescia-Mantova-Verona del marzo 1899 (vinta, nelle due rispettive categorie, da due ragazzi destinati a diventare piuttosto famosi, Giovanni Agnelli ed Ettore Bugatti…) o la Padova-Bovolenta, ma anche su lunghissimi percorsi come la Parigi-Pechino. Francia, Inghilterra, Germania e Italia primeggiarono in questo tipo di eventi. Nel settembre 1899 venne organizzata la Settimana Motoristica Bresciana. Il Sud non era ancora pronto per allestire una corsa d’automobili, mancavano le strade e quei pochi mezzi circolanti venivano adibiti al trasporto di persone facoltose. Nessuno pensava alle corse tranne un personaggio, che seppur giovanissimo, aveva scelto il fascino della velocità come stile e filosofia di vita. Si trattava di Vincenzo Florio che cimentandosi con successo con proprie vetture in alcune competizioni italiane e francesi aspirava al ruolo di corridore di fama internazionale. L’opposizione del fratello Ignazio lo trasformava in competente organizzatore di corse d’automobili. L’idea fu quella di far disputare sulle strade della sua isola una corsa simile a quelle che si svolgevano in Francia o nel nord Italia. Idea suggestiva e al tempo stesso pazzesca per molti. Ma il nostro Vincenzo non era il tipo da tirarsi indietro.

Alfa Romeo 33 schierate davanti ai box della Florio.

Il suo debutto come patron di una corsa di levatura internazionale avvenne nel 1905 con l’istituzione della Coppa Florio a Brescia. Con determinazione pochi mesi dopo (Maggio 1906), con l’appoggio di Henry Desgrange direttore del giornale sportivo L’Auto, nasceva in Sicilia la corsa che diventerà mito mondiale dello sport automobilistico.

Cosa abbia rappresentato la Targa Florio per costruttori, piloti, giornalisti, artisti e, non ultimo, per gli appassionati è scolpito nella memoria storica di molti. La corsa siciliana mostrò sin dall’inizio tutta la sua potenzialità e fascino: non si trattava semplicemente di una competizione ma di una kermesse che aveva il sapore dell’immortalità sin dal suo nascere. Per celebrarne i fasti Vincenzo Florio le dedicò una rivista, Rapiditas, che ne raccontava in quattro lingue le vicende attraverso le immagini ed i fatti salienti; un trofeo, la Targa Florio, incisa dapprima da Lalique e poi da Duilio Gambellotti. Inoltre don Vincenzo invitò illustri pittori perché realizzassero opere che ne esaltassero i più significativi momenti; fece realizzare, anno dopo anno, depliant, poster, biglietti ferroviari, annunci ed annulli postali sui quali risaltava sempre il titolo Targa Florio. Queste “opere” diventarono subito oggetti da collezione. Il tempo, le guerre, i traslochi, sottrazioni o svendite al migliore offerente depauperarono le numerose collezioni che, nel corso di quasi 70 anni, si erano costituite. Fortunatamente, specie a partire dal secondo dopoguerra, non tutto andava perduto, molte cimeli rimanevano ancora nascosti in cantina o in polverosi cassetti. Qualcuno, ritrovandoli, iniziò a venderli, qualche altro a comprarli. Iniziava il culto delle reliquie della Targa Florio. Nei mercatini domenicali si trovò per un po' di tempo qualcosa, ma la febbre della Targa fece sparire, nel corso di poco tempo, gli ultimi reperti di un’epoca irripetibile. Con sapiente lungimiranza soprattutto nei borghi madoniti, come Collesano, Cerda e Campofelice, attraversati dalla corsa, semplici appassionati tenevano ancora gelosamente conservati parecchi cimeli. Cosa bisognava farne se non mostrarli al pubblico? Sul finire degli anni ‘90 Cerda, con le poche risorse disponibili messe in campo da Antonio Catanzaro, divenne capofila di un prodromico progetto museale. Nei box dell’ex Hotel Aurim, che aveva ospitato le officine dell’Autodelta tra gli anni 60-70, venne allestita la prima esposizione dedicata alla Targa Florio ed al suo fondatore, Vincenzo.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Ferrari 512 S alla Targa Florio.

La mancanza di organicità e la non perfetta disposizione degli articoli non deludeva affatto l’attesa di chi era abituato a visitare ben più complesse strutture museali dedicate alle corse automobilistiche. Ma quella originaria e atipica esposizione rispecchiava perfettamente la naturalezza della corsa alla quale era dedicata. L’istituzione del Museo Vincenzo Florio a Cerda suscitava la reazione degli altri borghi madoniti, in special modo Collesano che percepì il sorpasso quasi come un affronto. Collesano, ricca di una storia millenaria legata ad Himera, negletta per secoli dopo la distruzione della città ellenica, risorta in epoca bizantina e poi in quella araba e normanna, per assumere importanza strategica nel XVI e XVII secolo, non accettava l’idea di rimanere esclusa dalla storia della Targa. Collesano si sentiva il cuore di quella corsa. I più appassionati, coloro che avevano accolto con gioia decine di piloti, si misero subito all’opera e quanto era custodito venne messo a disposizione del Palazzo di Città che, governato dall’allora Sindaco Rosario Rotondi, predispose locali e risorse finanziarie per la fondazione di una struttura che si poteva fregiare, grazie alla concessione dell’Automobil Club di Palermo, del titolo ufficiale di Museo Targa Florio. Ai reperti locali si aggiunsero ben presto quelli dei protagonisti, contattati dal curatore Giacinto Gargano. Nel Giugno del 2004 si inaugurava, alla presenza di numerosi attori che resero la Targa Florio un mito, il Museo ufficiale della corsa. Termini e Campofelice non stettero a guardare. La reazione a catena coinvolse di lì a poco anche queste cittadine che si dotarono di locali ove vennero esposti nuovi reperti. La logica avrebbe voluto che le Tribune di Floriopoli, abbandonate purtroppo al degrado, fossero il luogo più appropriato per la fondazione di un museo. Ma nè l’Automobile Club nè la Provincia di Palermo, che acquistava successivamente le strutture dallo stesso Aci Palermo, furono in grado, per i relativi dissesti finanziari, di realizzare a Floriopoli un polo museale. Le strutture di Cerda, Collesano e Termini Imerese continuano nel frattempo la loro meritoria attività, mentre a Campofelice, il Museo Biblioteca Vincenzo Florio, dopo un inizio promettente, è stato chiuso. In compenso, sempre a Campofelice, fioriva l’estro artistico di Serafino Barbera che, ispirato da una fonte impressionante di immagini ed esperienza vissuta sulle strade della Targa, esprimeva il suo talento realizzando in pochi anni 60 tele dedicate ai momenti più significativi della corsa. L’augurio è che un giorno tutto ciò che è sopravvissuto e quanto di nuovo è stato realizzato nel tempo per celebrare i fasti della corsa, possa trovare un’uniFerrari 312PB. ca collocazione ed una esposizione la più completa possibile.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


IL PICCOLO GRANDE MUSEO DI GARLENDA

E’ dedicato a Dante Giacosa e custodisce la storia della Fiat 500 di Ugo Elio Giacobbe e Stefania Ponzone Nella maggior parte dei musei c’è una profonda “divisione” tra i visitatori e i materiali esposti. Non è una questione di accessibilità delle strutture, di soluzioni di allestimento, di interattività: semplicemente, gli oggetti – siano essi opere d’arte, reperti archeologici, ossa di dinosauro piuttosto che navi vichinghe – sono lontani dalla nostra quotidianità. Certo, se si è studiosi o profondi appassionati, i materiali ben allineati dentro le vetrine, alle pareti o sui piedistalli saranno familiari, ma l’esperto di arte non può dire di essere stato nella bottega di Leonardo Da Vinci mentre il maestro lavorava, e il paleontologo non ha certo visto un brontosauro vivo.

Esistono però musei concepiti per preservare e raccontare mondi ben più vicini a noi. Pensiamo ad esempio ai musei etnografici o di civiltà contadina, che raccolgono attrezzi, arredi, oggetti propri della vita di tutti i giorni di cent’anni fa o anche meno. Un vecchio aratro o le lenzuola di lino ricamate a mano fanno già “storia”, anche se in cantina o in soffitta molti di noi ne conservano un esemplare. Parliamo di strutture museali concepite non tanto per l’oggi, quanto per il domani, per quando si sarà persa ogni memoria diretta di tali manufatti, dei loro usi e del loro significato nel relativo contesto sociale. Il Museo Multimediale della 500 di Garlenda (Savona) appartiene a quest’ultima categoria. Le bicilindriche sono più vive e presenti che mai nella vita dei loro appassionati cultori, ma sono state parte dell'esistenza dell’intera popolazione italiana (e non solo). Chiunque venga a visitare il “Dante Giacosa” di Garlenda (SV), dunque, si ritrova in ciò che vede. Ciò non vuol dire che non possa apprendere elementi ulteriori rispetto a ciò che sa già, ma – e questo è l’aspetto più importante – può fornire un contributo all’arricchimento del museo stesso, aggiungendo la propria esperienza e condividendola con il prossimo. Il visitatore non rimane mai indifferente ed il coinvolgimento maggiore si ha da parte di chi, perso per un attimo nei propri ricordi e colto da una profonda nostalgia, si congeda dichiarando: “Quasi quasi me la ricompro... sapete se ce ne sono in vendita?”. Più di uno, in verità, ha compiuto davvero questo passo... AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


A Garlenda, vicino a Savona, il Museo Multimediale della 500 propone molti spunti storici legati all'utilitaria Fiat ed è sede di un grande raduno estivo che ogni anno richiama migliaia di appassionati.

Aperta nel 2007 in occasione del 50° anniversario dell'inizio della produzione della vettura, intitolata naturalmente all'Ing. Dante Giacosa, la struttura è frutto della volontà del Fiat 500 Club Italia di mostrare, anche al di là della cerchia dei patiti dei motori, quanta ricchezza culturale vi sia dietro all'inconfondibile sagoma della piccola utilitaria simbolo del made in Italy. Ampliato con una nuova grande sala un paio di anni fa, il Museo è comunque stato concepito sin dall'inizio per sfruttare al meglio gli spazi non enormi, abbinando elementi “concreti” a quelli multimediali. Partendo dai primi, troviamo naturalmente le auto stesse: ne può ospitare una decina, sempre diverse, messe a disposizione dai soci del Club, tra modelli classici, sportivi, elaborazioni dei carrozzieri (Vignale, Ghia, Moretti, Canta, Ferves...) o con personalizzazioni meccanico-estetiche o addirittura artistiche; alcune si possono fregiare della Targa Oro ASI, altre hanno alle spalle particolari imprese, gare o lunghi ed avventurosi viaggi. Le molte vetrine espongono pezzi di ricambio, accessori di serie o rari, manuali e cataloghi, gadget d'epoca o contemporanei, oggettistica varia ispirata alla vettura, modellini industriali e artigianali, trofei e ricordi di raduni svolti dai Club di tutto il mondo, dal Giappone all'Australia, passando per tutti o quasi i Paesi europei. Due motori – uno della berlina e uno a sogliola della Giardiniera – e varie attrezzature da officina ci riportano a come lavoravano le tute blu degli anni '50-'70, quando l'elettronica era ben lontana dal fare parte delle dotazioni di bordo. Un angolo biblioteca-emeroteca raccoglie pubblicazioni di ogni tipo, dai bollettini delle varie associazioni di appassionati ai saggi di carattere tecnico o di costume, fino alle tesi di molti studenti che hanno approfondito il tema 500 sotto vari aspetti. Numerosi sono poi i disegni, i dipinti, le sculture e le installazioni ad opera di autori italiani e stranieri, che contribuiscono a restituire un'immagine multiforme della vettura, “interpretata” con la sensibilità propria degli artisti. Ed ha molto di artistico – ma soprattutto ha un grande rigore tecnico-storico – il grande pannello di quasi cinque metri di lunghezza che propone i figurini delle oltre 150 versioni della 500 esistenti, comprese quelle che sono rimaste solo a livello di progetto o di prototipo, a dimostrazione di quanto Particolare del Museo 500 di Garlenda. questa macchina abbia ispirato i suoi contemporanei. Due postazioni interattive permettono di visionare filmati storici e moderni, mentre due simulatori di guida, ospitati nei “posteriori” di due veri cinquini, consentono di provare la mitica vetturetta in pista oppure su strada, in questo caso su un percorso educativo che rammenta le norme stradali. La sicurezza di pedoni, ciclisti, motociclisti ed automobilisti è infatti cara al “Dante Giacosa”, che da un decennio, solitamente a maggio, realizza un evento dedicato. Partita con un programma da svolgersi nell'arco di una singola giornata, è negli anni diventata la Settimana dell'Educazione Stradale, con la partecipazione di centinaia di alunni delle scuole di ogni ordine e grado, il coinvolgimento delle forze dell'ordine e di numerosi enti ed associazioni del territorio e persino l'attribuzione del Premio “Crescere Sicuri” a chi si sia distinto nel proprio ambito per la promozione di queste tematiche.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


QUANDO LA STORIA CORRE SU ROTAIE Gabriele Savi

Referente nazionale ASI Settore Ferroviario

Il nostro paese è noto nel mondo per la progettazione di auto e motocicli leggendari. E’ un po' meno noto per il grande patrimonio di primati tecnologici nel settore del trasporto su rotaia. Eppure l’industria ferroviaria nazionale ha prodotto splendidi esempi di rotabili dalla fine dell’800 ad oggi, sperimentando con il loro prodotto quella moltitudine di stili e stilemi (dall’Art-Decò al Razionalismo) che hanno reso celebri locomotive, carri e carrozze agli addetti ai lavori. Breda, Ansaldo, FIAT Ferroviaria, Officine Meccaniche Reggiane, sono solo alcuni dei produttori che si sono avvicendati in oltre 150 anni di storia ferroviaria nazionale.

Locomotore elettrico E.626 FS museo di Lecce

Abbiamo esportato brevetti tecnologici avanzatissimi, poi applicati alle locomotive di altre nazioni, come il preriscaldatore brevetto Franco-Crosti e la distribuzione a valvole del vapore, brevetto di Arturo Caprotti: entrambi i sistemi furono applicati alle locomotive a vapore con significativi incrementi del rendimento globale termico e meccanico. Italiano è il primato mondiale di velocità su rotaia ottenuto dal nostro elettrotreno Breda FS ETR.200 nel 1936, con una velocità di 203 km orari toccata tra Pontenure e Fidenza. E ancora, in tempi più recenti, il sistema di pendolamento attivo della carrozzeria per elettrotreni sviluppato da FIAT Ferroviaria Savigliano, che permetteva un notevole aumento di velocità sulle linee tortuose, e che portò alla costruzione del famoso “Pendolino” ETR.450, poi sviluppato su diversi treni europei. Abbiamo dunque parecchi motivi per essere orgogliosi della nostra storia ferroviaria anche se nel settore museale siamo in ritardo di circa 50 anni rispetto all’Europa. Ricordiamo che la prima linea ferroviaria museo, percorsa da locomotive a vapore, venne istituita nel Regno Unito già nel lontano 1951. Prezioso in questo campo è il lavoro svolto dalla Federazione Italiana delle Ferrovie Turistiche e Museali, creata nel 1995, aderente all’ASI e che raccoglie 30 associazioni che gestiscono in Italia musei ferroviari o linee turistiche percorse da treni storici. I musei ferroviari sono illustrati nel sito www.asimusei.it.

Locomotore Badoni da manovra L.914 museo di Primolano

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


n. 2 / aprile 2020

PERIODICO DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO

MIDA MUSEO ITALIANO DIFFUSO AUTOMOBILE WWW.ASIMUSEI.IT

www.asimusei.it


IL VALORE DELLA SOLIDARIETA’ Ha già superato il milione e mezzo di euro la campagna di solidarietà per fronteggiare l’emergenza sanitaria organizzata dall’Asi. All'iniziativa concorrono Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Unicef. Il coordinamento è affidato a “Benessere Italia” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in stretto collegamento con la Protezione Civile. Il mondo del motorismo storico è fatto di passione e valori positivi e ha messo in moto la solidarietà con un atto concreto finalizzato al bene comune. La nostra donazione sosterrà interventi locali urgenti, come ad esempio l’acquisto di respiratori per le terapie intensive ed altre attività centralizzate. I progetti saranno identificati in un tavolo di lavoro coordinato dai vari protagonisti dell'iniziativa. In questo difficile momento, abbiamo voluto esprimere il nostro senso di responsabilità e di vicinanza alle istituzioni e alla popolazione

Alberto Scuro

italiana. Nel contempo abbiamo sospeso tutte le iniziative in programma nei prossimi mesi. La nostra passione ci porta a tutelare e conservare nei Musei e nelle Collezioni veicoli che sono testimoni della nostra storia ma ci regala anche la sensibilità di capire quanto elevato sia il potenziale del nostro Paese: così piccolo rispetto al resto del mondo, ma ricco come nessun altro di un incredibile patrimonio culturale. Alberto Scuro Presidente Automotoclub Storico Italiano

UN’OCCASIONE PER RIFLETTERE Senza muovervi di casa, per la doverosa prevenzione anti-Covid 19, scoprite sul web i segreti di oltre 200 musei dedicati al motorismo storico italiano. Basta digitare www.asimusei.it e poi cliccare sul tasto blu in alto a destra 'lista musei'. Si aprirà l'elenco delle collezioni e dei musei di auto, moto, camion, treni, aerei, barche, trattori, con migliaia di foto, filmati, schede storiche. L'originale censimento della Commissione Storia e Musei dell'ASI vi farà scoprire dozzine di collezioni grandi e piccole, sparse in tutta la Penisola. In apertura, c'è anche l'elegante numero uno de 'La Rivista dei Musei', con approfondimenti, notizie, curiosità. In questi giorni difficili asimusei.it apre una finestra per scoprire, riflettere, pensare. Loro, i musei, conoscono bene la dimensione del silenzio, della solitudine, della riflessione. Noi invece siamo sempre presi dall’affanno, soggiogati dal tempo che non basta mai, con la vita che corre come su un ‘tapis roulant’ e fa vedere tutto in fretta, talvolta senza meditare.

Danilo Castellarin

Musei e collezioni ci aspettano, pazienti. Ed offriranno a tutti noi, quando la tempesta sarà finalmente passata, tantissime occasioni per scoprire da dove veniamo e dove potremo arrivare. Insieme. Con qualche ghirigoro in meno e qualche consapevolezza in più. Danilo Castellarin Presidente Commissione Storia e Musei

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


QUANDO IL LAVORO DI UNA VITA DIVENTA MUSEO Danilo Castellarin “I musei sono la memoria del futuro perché ci sono troppi ragazzi che ignorano la storia dell’automobile, il genio dei progettisti e la fatica degli operai per conquistare il progresso con la bellezza in movimento”. Parla così Elisabetta Cozzi, direttore del Museo Fratelli Cozzi dedicato alle Alfa Romeo.

La sede è a Legnano dove il padre Pietro ha fondato nel 1955 una delle prime concessionarie del Biscione, a poche decine di chilometri da Arese, sede della casa madre. Ma non si è preoccupato solo del fatturato, di vendere, di fare soldi per fare soldi per fare soldi, come scriveva Giorgio Bocca a proposito della gente lombarda. Ha fatto di più. Ha conservato un’automobile per ogni anno della sua attiività, scegliendo tra i modelli più performanti e di carattere e dando il via a quello che sarà poi il Museo Fratelli Cozzi. En passant ne ha acquistato qualcuna, costruita prima, fra la fine dei Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, come la meravigliosa Super Sport Farina e la Coppa d’Oro, che un giovane venditore d’automobili dell’epoca vedeva come l’Oracolo di Delfi, sacra, solenne, quasi irraggiungibile, riservata a pochissimi. “Invece nel 1960 capitò un cliente che voleva una Giulietta TI”, racconta Elisabetta, laurea in marketing, chiacchiera fluida, orgogliosa del suo lavoro, “ma pose a mio padre la condizione di liberargli il garage per far posto al nuovo acquisto. Il garage era occupato da una 6c 2500 Super Sport Farina Cabriolet. Mio padre non credeva ai suoi occhi. Spiegò che l’auto meritava un accurato restauro, ma il cliente non voleva saperne, così la prese lui e oggi è uno dei gioielli della nostra collezione”. Capita. O forse è meglio dire capitava.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Intanto gli affari di Cozzi vanno bene perché tutti vogliono l’automobile. E’ l’Italia del boom. E Pietro elabora una Giulietta Sprint 1300 e partecipa a gare di regolarità e rally con la Scuderia Castellotti. Nel 2015 la ditta Fratelli Cozzi ha compiuto i suoi primi 60 anni e Pietro ha spento 80 candeline. In famiglia rendono indimenticabile quel traguardo trasformando la collezione privata in un Museo. E lo aprono al pubblico per condividere la strada percorsa insieme. Una buona idea, certo. Che però bisognava realizzare. Come? Trasformando il vecchio deposito sotterraneo in uno scrigno magico. “Ci siamo impegnati per realizzare un contenitore suggestivo, capace di esaltare oggetti preziosi”, sottolinea Elisabetta. Ci pensano gli architetti Oscar e Gabriele Buratti che disegnano spazi, design degli arredi, logo e grafica del museo. E i colori? I progettisti ne suggeriscono tre: Il bianco che amplifica la vocazione espositiva dello showroom. Il rosso che profuma di corse e il nero per far esplodere l’arcobaleno cromatico delle auto esposte. Concetti già adottati dallo scenografo svizzero François Confino al Museo Nazionale dell’Automobile e al Museo del Cinema nella Mole Antonelliana di Torino. Nella vasta area di oltre mille metri quadrati possono essere organizzati eventi. Notevole anche il ‘Cozzi.Lab’, ossia una straordinaria raccolta di opere di Gio Pomodoro, Lucio Fontana, Luciano Minguzzi, Agenore Fabbri, i prestigiosi artisti del Novecento chiamati a suggellare le vittorie dell’Alfa Romeo con le loro opere. Trofei oggi custoditi insieme a riviste d’epoca, modellini e oggettistica dedicata al mondo Alfa Romeo. Notevole l’archivio completo di libri, disegni, documenti, filmati, riviste, insegne, fotografie e oggetti. Oltre 300 poster d’epoca raccontano la comunicazione per immagini firmata Alfa Romeo. Le trasformazioni tecnologiche sono attestate da libretti d’uso e manutenzione, i disegni di prototipi (alcuni mai entrati in produzione), i bozzetti. La documentazione commerciale, custodita con lungimiranza nel corso di 60 anni di attività, racconta la comunicazione e le strategie di marketing Alfa attraverso la seconda metà del ‘900. Se le auto sono il cuore del Museo, il ‘Cozzi.Lab’ ne è il cervello e come tale rappresenta una colorato caleidoscopio. Imminente la pubblicazione online, fruibile a tutti.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


GLI ERRORI DA EVITARE IN UN RESTAURO Roberto Vellani

“Museo, cose morte! Sembrano morte, ma sono invece capaci di farci rivivere un tempo che fu”. Diceva così Vittorio Vicenzi, una delle colonne del Museo di San Martino in Rio e ancora oggi quelle parole rappresentano una delle frasi più significative della funzione museale. I musei racchiudono momenti indimenticabili della nostra storia. Non sempre però quanto esposto è originale ma ha vissuto nel tempo le trasformazioni dovute a restauri eseguiti con canoni diversi dall’epoca di costruzione. Ho vissuto direttamente questa problematica durante il restauro di un’auto probabilmente appartenuta alla Regina Margherita. La riporto in questo scritto a testimonianza di quanto sia difficile una corretta e veritiera ricostruzione storica. Ma procediamo con ordine cronologico. L’auto di cui parlo è un landaulette Zedel modello DB 10HP. Fu immatricolata nel 1928 a Roma (data fuorviante, perché proprio in quell’anno venne istituito il PRA e quindi la traccia amministrativa della immatricolazione) ed acquistata nel 1958 da Domenico Gentili di Bologna, poi da Odetta Bonaretti ed infine dal Museo dell’Automobile di San Martino, dove fu custodita fin dal 1958, per cui da quel momento abbiamo storia certa. L’auto era di colorazione chiara, poi passò al blu e nei primi anni ’70 diventò vinaccia e partecipò al raduno europeo delle Zedel (la marca è di progettazione svizzera, ma costruzione francese per ragioni doganali). In quegli anni i canoni di restauro erano meno severi per cui l’importante era che il veicolo si muovesse, poco importa se l’impianto elettrico era dotato di spinterogeno ed il carburatore fosse di derivazione Fiat degli anni 60. Nei prima anni 2000 l’assemblea dei soci pensò di restaurarla secondo canoni più rigidi, anche in considerazione che lo strato superficiale non andava d’accordo con gli strati inferiori ed avevano creato un effetto “cartina geografica” con distacchi di parte di vernice. Personalmente fui contrario al restauro, ma ero in minoranza. A posteriori sono invece felice del risultato, ma mi dicono che solo gli stolti non cambiano mai idea. La mia contrarietà era dovuta al fatto che la vettura presentava tutte le modifiche che ne testimoniavano la storia nel corso della sua vita, ma soprattutto al fatto che non si sapeva come fosse fatta effettivamente all’inizio. La successiva assemblea decise quindi di procedere al restauro previa indagine storica da parte di un team di cui facevo parte. La Zedel fu una importante fabbrica di bici, moto e poi auto costruite a Pontallier in Francia per ragioni fiscali essendo la Francia il miglior mercato di sbocco. La fabbrica iniziale era svizzera dei soci Zurcher & Luthi le cui iniziali ZL (spelling in tedesco Zet El) divennero poi Zedel. Dopo anni di relativo successo economico nel 1919 si fuse con la Donnet. Ma la documentazione precedente a tale periodo è estremamente scarsa, persino il Club Zedel Europa non aveva dati certi. Ho trovato tracce di tante Zedel con motore monoblocco, la piccola di famiglia, ma nessuna con motore biblocco come quella del Museo di San Martino. Ci rivolgemmo anche a Silvia Nicolis dell’omonimo museo per studiare il modello ivi conservato, più che altro per vedere la tipologia costruttiva della carrozzeria perché la motorizzazione era diversa. Un buon suggerimento arrivò dal bravo Benito Battilani che nel suo libro su Frera aveva ben spiegato come quella Casa fosse concessionaria per l’Italia delle vetture Zedel. Nuovo canale d’indagine che ha portato ad una vecchia pubblicità in cui si decantavano i dati del motore biblocco, della lunghezza del telaio e delle caratteristiche tecniche, quali tipo di carburatore, magnete e tanto altro. AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


L’auto aveva la targhetta del costruttore del body: “Carrozzeria Alessio Torino”, conosciutissima all’epoca, Ulteriori indagini portarono alla scoperta che detta carrozzeria aveva due filiali a Roma ed a Napoli. Nel frattempo siamo riusciti a datare il telaio il cui numero dovrebbe essere stato costruito nel 1909 come riporta una nota del Club Donnet di Francia, nella quale si evince che in Italia arrivò solo il nostro veicolo. Piccola curiosità che tornerà utile poi, il direttore della filiale di Roma era tal Carlo Biscaretti da Ruffia che sarà poi l’ideatore del Museo dell’auto di Torino. Il libretto originale emesso da Circolo Ferroviario di Ispezione con licenza Roma 1906 e relativa targa 45-1906 (45 era il numero di Roma). Grazie all’Aista (Ass, storia targhe automobilistiche) siamo risaliti ad un probabile entrata in servizio del mezzo nel 1911. Qualche anno di differenza tra costruzione ed immatricolazione all’epoca era normale perché i mezzi uscivano dagli stabilimenti solo con l’indicazione del telaio e del motore e successivamente il carrozziere li completava. Nel frattempo sono iniziati il lavori di smontaggio dalla nostra vettura. Prima però un accurato studio aveva evidenziato che il profilo tra l’attacco tra cofano e parafiamma sotto il parabrezza non era tipico dell’epoca come non lo erano i parafanghi che sembravano datati alla seconda metà degli anni ’10. A quel tempo andavano per la maggiore parafanghi tipo baquet, spesso aperti lateralmente e sicuramente non avvolgenti. Si pose la domanda se fosse il caso di cambiare i parafanghi. Le lamiere davano informazioni alternate: la struttura centrale e le portiere erano in lamiere scure, tipiche delle fusioni di inizio secolo con molto carbonio, mentre il posteriore e anteriore avevano lamiere più chiare, tipiche di fusioni successive, quando le tecnologie erano migliorate grazie allo sviluppo portato dalle lavorazioni della prima guerra mondiale. Era dunque facile ipotizzare qualche incidente che avesse obbligato a sostituire le lamiere anteriori e posteriori. Nel procedere con il restauro la parte meccanica presentava meno problemi “storici”, ma ne restavano alcuni pratici. La fortuna vuole che la macchina non avesse subito tanti smontaggi per cui le viti ed i bulloni riportavano ancora le punzonature originali con la Z di Zedel e una lettera con la destinazione del pezzo (M per il motore, F per il cambio, G per il circuito di lubrificazione etc). Ripristinato un magnete dell’epoca, i cinque circuiti di lubrificazione a perdere si è dovuto cambiare la posizione del carburatore perché le attuali benzine sono meno volatili della trementina e non sopportano condotti di aspirazione lunghi e stretti. Si è optato per un carburatore dell’epoca, ma posizionato in alto, più vicino al collettore di aspirazione. Si è provveduto a ripristinare l’extra corsa del pedale della frizione che, essendo del tipo multi-dischi, non garantisce un completo stacco della trasmissione e per questa ragione esiste un freno che, schiacciando a fondo il pedale della frizione, blocca il cambio per permettere l’inserimento della prima marcia senza grattate. E’ bene ricordare che all’epoca i sincronizzatori erano ancora lungi a venire. Per gli interni ci siamo affidati ai consigli di Asi ed in particolare di Umberto Anerdi per le sue conoscenze di storia e di aziende che potevano completare il lavoro. Nell’avanzamento del restauro sono apparsi comici disegni lasciati nel tempo da chi aveva smontato parti, soprattutto in legno, della vettura, una traccia di storia vissuta. Rimaneva il problema dei parafanghi. Finchè, un giorno del 2008, mi capita fra le mani la rivista del RACI e vi trovo l’inserto con i disegni che Biscaretti da Ruffia fece ad inizio secolo e fra i bozzetti appare proprio un disegno tale e quale alla nostra Zedel, col raccordo discendente del cofano fra parabrezza e radiatore e con i parafanghi avvolgenti. Riunione urgente degli addetti ai lavori per decidere che gli “anacronistici” parafanghi sono proprio gli originali. Sostituirli sarebbe stato un errore. Col senno di poi, potrebbe essere che Biscaretti da Ruffia, uno dei primi designer automobilistici, nonché direttore di una importante Carrozzeria, avesse disegnato in anticipo gli stilemi che sarebbero diventati di moda negli anni successivi. Rimaneva sempre il dubbio che la vetture fosse quella della Regina Margherita. Sapevo dell’esistenza di qualche documento nelle scartoffie dell’archivio del Museo dell’Automobile di San Martino. Vittorio Vicenzi (detto Vic con la c dolce) me ne aveva parlato anni prima della sua dipartita. Tra i fogli sani trovo una pubblicazione della Zedel come “Provveditore Reali Case d’Italia” con agente esclusivo per l’Italia Autopalace Alessio e tra i possessori di Zedel risulta S.M. la Regina d’Italia quale unico nome italiano, assieme a vari conti e il Primo Ministro di Francia. Subito dopo rinvengo una lettera che Vic inviò nel 1992 al suo amico Fernando Venturi di Roma che confermava come quel veicolo potesse effettivamente venire da casa Savoia. La morale insegna che non bisogna mai prendere per certa la prima impressione, anche perché si spera che un restauro non sia fatto per un breve tempo, ma rimanga simbolo di una epoca e come mi insegnarono il buon Farneti ed il già citato Battilani: “prima di iniziare restauro bisogna studiare anche la polvere perché potrebbe darci indizi preziosi!”.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


I MUSEI DELLO SPAZIO Giuseppe Valenza Sin dai tempi più remoti l’Uomo, osservando gli uccelli, ha sognato di librarsi nell’aria per raggiungere rapidamente luoghi distanti. La mitologia ci racconta del tragico tentativo di Icaro che si alzò in volo grazie alle ali costruite dal padre Dedalo per consentirgli la fuga da Creta, dove i due si ritrovarono imprigionati da Minosse. L’idea di volare verrà ripresa tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500 dal genio di Leonardo attraverso i suoi studi e disegni descritti nel Codice di Volo degli Uccelli. Il progetto di Leonardo si concretizza soltanto il 17 Dicembre 1903 allorquando i fratelli Orville e Wilbur Wright riescono a Kill Devil Hill a far volare con successo il loro primo aereo a motore. Il XX secolo sarà cruciale. Nel ristrettissimo lasso di tempo di appena 50 anni l’umanità non solo recupera un ritardo più che millenario ma raggiunge mete a dir poco inimmaginabili. Nel 1957 con il lancio dei primi satelliti, gli Sputnik 1 e 2, l’URSS, per prima, iniziava la sua avventura spaziale. Gli Stati Uniti, in piena guerra fredda, risposero nel corso del 1958 con il lancio di ben tre satelliti. Il primo Aprile del 1961, con la missione russa Vostok 1 guidata da Yuri Gagarin, si effettuava il primo volo orbitale attorno la Terra. Dopo appena sette anni, con la missione della NASA Apollo 11, gli americani mettevano piede sulla Luna. La rincorsa per la supremazia spaziale tra russi ed americani proseguiva, a vantaggio dei primi, allorquando, nel Novembre 1970, veniva depositato sul suolo lunare il primo modulo mobile su ruote, il Lunakhod 1. Gli americani recuperavano il gap inviando sulla Luna tra il 1971 ed il 1972, ben tre missioni, l’Apollo 15, 16 e 17, con a bordo astronauti destinati alla guida di altrettanti veicoli mobili, i Lunar Rover, il cui uso ampliava di gran lunga le possibilità di ricerca sul suolo lunare. L’esplorazione dello spazio è andata di pari passo con l’istituzione di musei dedicati. I più importanti di essi si trovano ovviamente negli Stati Uniti, Russia, Cina. E’ noto che l’Italia partecipa attivamente all’esplorazione spaziale attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ed aderisce all’European Space Agency (ESA) e che ha recentemente inviato sull’ISS ben tre astronauti, Paolo Nespoli, Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano, ritagliandosi un ruolo di grande prestigio nel settore. Anche sul piano museale la nostra penisola vanta, da Nord e Sud e nelle isole maggiori, numerosi e frequentati osservatori astrofisici, planetari e spazi museali, alcuni ritagliati all’interno di più complesse strutture. Il loro compito è quello di divulgare la storia dell’esplorazione spaziale, permettere l’osservazione dei pianeti attraverso telescopi; organizzare meeting e seminari e permettere la visione artistica di un viaggio interplanetario. Tra i più rilevanti Musei dello Spazio in Italia citiamo il Museo Nazionale delle Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci a Milano, il padiglione dello Spazio ed Astronomia di Volandia a Malpensa e il Museo dell'Aria e dello Spazio nei dintorni di Padova. Il settore dedicato alla conquista dello Spazio di Volandia è stato inaugurato il 2 marzo 2019 alla presenza dell’astronauta italiano Paolo Nespoli con più di 500 visitatori presenti. In 2000 mq. di esposizione bilingue e con codici QR-code per ogni sala rappresenta il più grande padiglione tematico in Italia e permette di passeggiare nel planetario alla scoperta di stelle e pianeti, osservare la volta celeste con splendidi filmati full- dome a 360°, rivivere tutte le missioni per conquistare lo spazio e proiezioni divulgative e didattiche di Astronomia. Le sale tematiche sono quattordici e cominciano con diorami museali in scala 1:1 sulle osservazioni del cielo di Galileo Galilei nel 1609, del suolo marziano di una grande sala del sistema solare con le sue caratteristiche, le ultime scoperte e una serie di vetrine che espongono meteoriti di ogni tipo come quelle lunari, marziane e fossili di vario tipo e varie epoche. Le sale poi proseguono con i primi precursori dei voli nello spazio, dai cosmonauti russi alla ISS (Stazione Spaziale Internazionale), passando per il programma Apollo, che portò il primo uomo sulla Luna.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Non mancano le imprese italiane per lo spazio, come il progetto San Marco e progetti di satelliti e sonde, fino alla nostra partecipazione alla costruzione della ISS. Inoltre sono esposti i progetti e imprese internazionali che hanno condotto satelliti, sonde e l’uomo nello spazio dalla conquista della Luna fino ai giorni nostri. Narrate anche le storie dei famosi astronauti, esposte le loro tute in un’apposita scenografia museale in scala 1:1 della zona di atterraggio dell’ Apollo 11, le ricostruzioni dei lanciatori Saturn V e Soyuz ricostruiti in scala 1:10, non manca il primo satellite artificiale russo lo Sputnik e del primo Americano l’Explorer 1 in scala 1:1 e il primo satellite italiano San Marco sempre in scala 1:1, la sonda Giotto in scala 1:2 e i satelliti italiani Italsat F1-F2 in scala 1:10 e COSMO-SkyMed quattro satelliti radar di osservazione terrestre in scala 1:2, infine è stato allestito all’esterno con la sua rampa di lancio il lanciatore italiano VEGA in scala 1:3. Nella sala dove è esposto il Saturno V è stata allestita una parete lunga 25 mt. dove sono esposti trenta modelli realizzati da IPMS Legnano.

Le ultime due sale sono dedicate alla ISS e al futuro dell’uomo nello spazio con una scenografia d’immaginazione di una futura stazione spaziale al cui centro c’è un grande monitor con domande e risposte che mettono alla prova le conoscenze acquisite durante la visita al padiglione. Infine sono esposti diorami costruiti in Lego dei quali i più grandi sono quello del Saturno V da 3x1mt. con oltre 3.000 mattoncini e di uno Spazio Porto da 4,5 x 3,5 mt. con più di 35.000 tra mattoncini e figure. Il padiglione ha una nuovissima sala per conferenze eventi e manifestazioni da 80 posti a sedere gestito dal responsabile e coordinatore delle attività Roberto Crippa, in collaborazione con il responsabile scientifico Luigi Bignami, i volontari di Volandia e gli appassionati di Astronomia e Astronautica. Il contenuto divulgativo è completato dalle nuove proposte di lezioni e laboratori didattici di astronomia ed astronautica che portano più di 7.000 studenti all’anno di ogni ordine e grado, guidati dai volontari. Importante è la collaborazione con le scuole per l’alternanza scuola-lavoro, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’European Space Agency, la NASA e la Leonardo S.p.A.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Nel Museo Nazionale delle Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci a Milano esiste un settore dedicato all’Astronomia ed allo Spazio. La prima parte dell’esposizione racconta l’osservazione del Cosmo dalla Terra, dove sono esposti oggetti storici fra cui l'importante collezione dell’Osservatorio astronomico di Brera, quali il grande telescopio rifrattore Merz - Repsold, finanziato nel 1878 dal Parlamento italiano, grazie al quale il celebre astronomo Giovanni Schiaparelli tra il 1886 e il 1890 osservò e descrisse la superficie di Marte; il Telescopio Settore equatoriale di Jeremiah Sisson del 1774 con cui Schiaparelli scoprì l'asteroide denominato Esperia; il modello originale in legno fatto costruire da Ruggero Giuseppe Boscovich (1711-1787) per illustrare al rettore del Collegio dei Gesuiti di Brera il suo progetto per il costituendo Osservatorio Astronomico; una coppia di globi che rappresentano la Terra e i corpi celesti del 1688 del celebre cartografo Vincenzo Maria Coronelli; la replica fedele di uno dei cannocchiali progettati e costruiti da Galileo Galilei ed un modello in scala 1:1 del lanciatore Vega, aggiunto nel 2019. Nella seconda parte è raccontata la conquista dello Spazio, dalla conquista della Luna testimoniata dal frammento di Luna raccolto dal comandante dell’Apollo 17, Eugene Cernan, nel dicembre 1972, e donato all'Italia nel 1973 dal presidente Richard Nixon, fino all'attività della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Nella scenografica ambientazione del Castello di San Pelagio, in località frazione Due Carrare (Padova) è ospitato il Museo dell'Aria e dello Spazio inaugurato il 20 settembre 1980. Qui un'apposita sezione ricorda i primi tentativi di volo spaziale ad opera dell’Unione Sovietica – che mandò in orbita il primo cosmonauta Yuri Alexeievich Gagarin (1961) – e il successo della missione statunitense dell’Apollo 11 che portò Neil Armstrong a posare per primo i piedi sulla Luna (1969). Sono esposti anche un oblò e una chiavetta d’accensione di uno Soyuz sovietico e un modello in scala del LEM, il mezzo utilizzato per sbarcare sulla Luna. Molte le foto e le documentazioni e un'interessante riproduzione di uno Shuttle. Oltre queste citate realtà sulla penisola italiana da nord a sud si trovano, come anticipato, anche numerosi osservatori astrofisici e planetari. Fra quest’ultimi si menziona Il Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche Gal Hassin ad Isnello. Il Centro include un planetario digitale con una capienza di 70 posti; una terrazza d’osservazione con cupola mobile; una struttura museale interattiva; aule didattiche; un radiotelescopio; il parco del tempo e dello spazio; un laboratorio solare all’aperto ed uno astronomico. In un prossimo futuro è prevista l’istallazione del più potente telescopio europeo in grado di scoprire e seguire le traiettorie degli asteroidi.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


UN RICORDO DI GIANCARLO MORBIDELLI Paolo Marchinelli

(Registro Storico Benelli)

A metà degli anni Cinquanta Giancarlo Morbidelli inizia a costruire macchine automatiche per la lavorazione del legno e negli anni Settanta la sua azienda contava già oltre 250 dipendenti e soprattutto una certa notorietà per l’efficienza delle proprie macchine. Morbidelli non aveva lavorato nel settore motociclistico ma le motociclette erano una passione oltre ad un hobby, e la sua genialità lo porterà ad elaborare sulla fine degli anni Sessanta dei modelli da competizione. Nel 1969, con la collaborazione del tecnico e pilota milanese Franco Ringhini, nasce la prima moto interamente progettata e costruita in casa Morbidelli, una 50 cc due tempi portata in pista nelle competizioni valide per il titolo mondiale anche dal giovane pilota pesarese Eugenio Lazzarini. Fu l’inizio di un periodo travolgente fatto di vittorie e sconfitte, di gioie ma anche di dolori, tra cui la morte del pilota triestino Gilberto Parlotti al Tourist Trophy dell’Isola di Man nel 1972 quando sembrava già dopo 4 gare destinato all’alloro mondiale con la Morbidelli 125.

Rally FIVA al Museo Morbidelli, 2012.

La squadra corse di Giancarlo Morbidelli parteciperà ininterrottamente al circus mondiale per oltre 10 anni e vincerà quattro titoli mondiali: tre nella categoria 125 dal 1975 al 1977 con i piloti Paolo Pileri e Pier Paolo Bianchi e uno nella categoria 250 nel 1977 con Mario Lega. Nel 1976 l’accordo fra Morbidelli e la Benelli Armi permetterà la costruzione in serie di motociclette da corsa (MBA dalle iniziali della due aziende) che monopolizzeranno per diversi anni la categoria 125. Anche il papà di Valentino Rossi, Graziano, salirà in sella alle Morbidelli da competizione e con la 250 contenderà l‘alloro mondiale fino alla fine del campionato alle Kawasaki ufficiali. Per Morbidelli un grosso rammarico: gravi errori tecnici di inizio stagione vedranno sfumare il sogno di un binomio pesarese sulla vetta del mondo motociclistico.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Morbidelli allestirà anche una 350 e addirittura una 500 quattro cilindri due tempi che non saranno però in grado di ripetere le imprese vincenti delle piccole cilindrate. Negli anni Ottanta Giancarlo Morbidelli si staccherà dalle competizioni per seguire più da vicino il figlio Gianni che con i go-kart inizierà la sua brillante carriera di pilota delle quattro ruote fino alla formula uno dove correrà con la Minardi, la Footwork Arrows e una gara con la Ferrari in Australia nel 1991; oltre ad essere collaudatore ufficiale della Ferrari.

Giancarlo Morbidelli e lo storico Augusto Farneti al Museo Benelli.

Sul finire degli anni Ottanta cede definitivamente l’azienda di macchine del legno, probabilmente quando la stessa è leader nel mondo, per dedicarsi a tempo pieno ad un suo sogno: Museo di moto.

Giancarlo Morbidelli grazie ai concessionari della sua azienda aveva raccolto per oltre vent’anni motociclette in ogni angolo del mondo. Era arrivato il momento di restaurare quelle motociclette e di trovare una collocazione. Facile, il reparto corse diventava reparto di restauro e parte dell’azienda, circa 3000 metri quadrati, veniva trasformata in esposizione. E che esposizione, sul finire degli anni 90 circa 350 motociclette di tutte le marche del mondo posizionate su eleganti piedistalli facevano bella mostra con tanto di espositori pieni di cataloghi, disegni e fotografie. Fino a due anni fa, quando nonostante la malattia riusciva a stare con le sue amate motociclette, Giancarlo Morbidelli era nel suo museo a fare da guida e a raccontare non solo la meccanica della motocicletta ma anche la sua storia per il restauro. Inutile dire che il tutto era affascinante perché il modo di raccontare di Giancarlo era piacevolissimo e coinvolgente. Dalle moto americane a quelle inglesi, dalle moto francesi a quelle tedesche e nel salone dedicate alle Morbidelli da competizione con i numerosi trofei delle vittorie capivi perché Giancarlo Morbidelli era definito il “Genio della Meccanica”. Fra l’altro nel 1989 Giancarlo Morbidelli assieme a Paolo Prosperi, Luciano Battisti e Augusto Farneti dava vita al registro storico Benelli, club ASI nell’ anno 2000 e non risparmierà consigli proprio quando al club si apriranno le porte del vecchio edificio Benelli di viale Mameli nella zona centro-porto di Pesaro per allestire un museo dedicato appunto alle moto Benelli e MotoBi. I due Musei di Pesaro avevano avviato un piano di collaborazione e gli scambi di gruppi erano frequenti. Al Museo Morbidelli di via Fermo erano esposte anche alcune sue creazioni, che lui definiva “i miei giochi da bambino adulto”, nate dai suoi lampi di genio e dalla voglia di mettersi in gioco. La Ducati 60 trasformata a monoalbero in testa e la Laverda 100 trasformata Bialbero. Con entrambe le moto partecipò alle rievocazioni del Motogiro d’Italia. In esposizione anche una Moto Morini Corsarino che venne trasformata con un sistema di alimentazione bialbero in testa, comandato a cinghia e con valvole a ghigliottina. La Morbidelli 850 V 8 cilindri, unica nel panorama motociclistico mondiale che, non a caso, è esposta nei più grandi musei del mondo. La sua mente era un vulcano dal quale uscivano sempre idee che, per gran parte di noi “poveri mortali”, potevano sembrare assurde, ma non per un genio come Giancarlo. Purtroppo, a causa della sua malattia, non è riuscito ad ultimare l’ultima “Pazza idea”: un motore 12 cilindri a V, talmente compatto da poter essere montato su di un telaio di una moto 4 cilindri. Un vero capolavoro di ingegneria, e forse l’unico “sogno” che non è riuscito a portare a termine. Oggi sappiamo tutti la situazione, le moto non sono a Pesaro, ma gli appassionati vogliono pensare che le oltre trecento motociclette possano riprendere la strada per ritornare dove erano rinate, grazie a Giancarlo Morbidelli.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


LA COLLEZIONE AZZINI RACCONTA LA STORIA DELLA BICICLETTA Alfredo Azzini

La Collezione dei velocipedi e delle biciclette antiche prende avvio nel 2005 dalla passione per la storia e per la meccanica di Alfredo e Carlo Azzini, padre e figlio. Dal 2014 hanno ordinato a Soresina (Cremona) la loro raccolta di velocipedi dando luogo ad una bellissima mostra aperta al pubblico gratuitamente che rappresenta, in rigoroso ordine filologico, la storia dei velocipedi dal 1817 al 1950.Nella collezione sono oggi presenti oltre 200 velocipedi e biciclette che coprono più di 150 anni di storia: dalla draisina del 1817 alle bici da corsa che parteciparono al Giro d’Italia dei tempi eroici del ciclismo. La collezione è suddivisa in dieci sezioni: le origini, le classiche, i freni a leva rovescia, le curiosità, le bici da bambino, da lavoro, da corsa, i tricicli, le Taurus e l’antica officina. Tra i molti pezzi significativi vale la pena ricordare la Bianchi modello B del 1888, uno dei più antichi velocipedi conosciuti di questa marca. Importante anche la presenza dei tricicli dal primo Coventry Rotary di Starley del 1877, all’Howe con differenziale del 1881 , al triciclo Cripper, da corsa del 1889, unico in Italia è poi il triciclo Double seat della Singer del 1884. Importante il gruppo delle biciclette a cardano costruite tra il 1896 ed il 1910. Molto particolare anche la Giraffe dell’inglese Humber la prima bicicletta la mondo con telaio trapezioidale regolare del 1893, la Quadrant del 1889 ed una rarissima Overman modello Victor del 1889 con la forcella anteriore ammortizzata. Nel “reparto corse” sono custoditi degli autentici gioielli unici quali la FB (Fratelli Brivio) di Milano del 1925 realizzata in pochissimi esemplari per il Giro d’Italia di quell’anno. Ma anche molte biciclette da pista tra cui spicca la Dei Pista del 1928, che si è aggiudicata molti riconoscimenti anche all’estero, per il suo stato di conservazione che la fa sembrare appena uscita dalla fabbrica. La rappresentanza delle marche italiane di importanza nazionale è pressoché totale con Bianchi, Atala, Dei, Frera, Stucchi, Legnano, Monterosa, Biks, Maino, Cinelli, Frejus, Gloria, Cimatti, Masi, Velox, Fiat, Ganna, Ligier e tante altre ancora. Un’intera sezione è stata dedicata alla Taurus, casa nata nel 1908. Questo marchio si è sempre distinto per l’eccellenza meccanica e l’impiego di materiali d’avanguardia come il duralluminio. Di questo brand è presente pressoché tutta la produzione tra cui spiccano tre rari modelli 25 che rappresentano tutte le varianti di produzione. Ed un modello Superlautal da turismo in alluminio avional che pesa meno di 10 Kg. compresa di parafanghi, carter cambio. Suggestiva ed appropriata la cornice in cui è situata la collezione: il centralissimo Palazzo Vertua-Robbiani costruito nei primissimi anni dell’800 e situato esattamente a metà strada tra la centrale piazza Garibaldi e la chiesa prepositurale. La collezione è sempre visitabile nei fine settimana su appuntamento (tel 0374/344250 –ore ufficio o mail a info@velobicinantiche.it) per gruppi di minimo cinque persone. Inoltre è fissato un calendario di aperture al pubblico senza bisogno di prenotazione che potete trovare sul sito velobiciantiche.it assieme a tutte le altre notizie della collezione. Le visite sono sempre guidate e gratuite. La segreteria della collezione è inoltre a disposizione per agevolare il tour cittadino con la visita al vicino Teatro Sociale (1840) e all’interessante sito dei Canali Irrigui detta delle Tombe morte (1245-1893).

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


NASTRO ROSA AL MUSEO BONFANTI-VIMAR Stefano Chiminelli

E’ arrivata in questi giorni, ad arricchire il patrimonio museale, una specialissima, anzi unica, Volkswagen Scirocco GSI 1800 del 1983. L’autovettura e’ stata donata dagli eredi del conte Giangirolamo Capra, per tutti “Momo”, che la acquistò a fine stagione ’83 dalla RAS Sport di Chatelet (B), a cui era affidata la preparazione delle auto ufficiali che la Volkswagen schierò nel Campionato Europeo Turismo, vincendone la classe. “Momo” la utilizzò ad inizio del campionato Europeo “84, salvo poi sostituirla con la più competitiva AUDI 80. Da allora la vettura è sempre stata conservata nella barchessa della villa del suo copilota di allora fino a che non e’ stata donata al nostro museo. Ma chi e’ questo affascinante proprietario/pilota? Il conte Giangirolamo “Momo” Capra , vicentino di antica e nobile famiglia, esordisce non piu’ giovanissimo nel 1955 con una Fiat 1100/103 al XV Giro di Sicilia.

Poi non smette piu per 40 anni, sino al 1995 quando appende il casco al chiodo dopo oltre 400 gare disputate con ogni tipo di vettura. Dalla Fiat 1100/103 dell’esordio, all’Alfa Romeo 1900 TI e ancora 1100 Zagato, Abarth 700 bialbero, Giulietta SZ, Giulia TZ1, Lancia Fulvia HF e Zagato, Alfa Romeo Duetto, Renault Alpine A 110, Porsche nelle versioni 911 2000 S, 2200, 2400, RS 2800, RSR 3000, 934 Turbo e inoltre Ford RSI 1600 e 2000, VW Scirocco GSI 1800, AUDI 80, BMW 635. Ha corso in Italia ed all’estero, in salita e su pista, gare minori ed altre famose come la Targa Florio, la 1000 Miglia, le salite del Mont Ventoux, Gaisberger, Ollon-Villars, la 1000 Chilometri del Nürburgring, il circuito del Mugello, la 6 Ore di Zeltweg, la Coppa Intereuropa a Monza, la 6 ore di Silverstone, la 500 Chilometri di Monza e di Vallelunga.

Ha spesso raggiunto la parte alta delle classifiche, giungendo molte volte sul podio (anche con una gamba ingessata … e nascosta !) , ha corso spesso da solo e a volte , sulle gare di durata, in coppia con il conte Giovanni da Schio, figlio di un suo fraterno amico, che e’ stato il geloso custode di alcune sue auto, tra cui la Scirocco, fino ai giorni nostri. Nel mondo dell’automobilismo sportivo “Momo” Capra ha lasciato un segno indelebile, grazie alla sua passione genuina per questo sport e per la sua rettitudine sportiva assolutamente cristallina. Sin dall’inizio è stato vicino al Museo dell’Auto “Bonfanti-Vimar”, che frequentava assiduamente, con lunghe chiacchierate con chi, debuttante, aveva il piacere di incontrarlo. E’ venuto a mancare nella sua Vicenza nel 1997, dopo aver donato al Museo vari suoi cimeli che fanno parte della Galleria del Motorismo Veneto. Ora, dopo circa 25 anni, e’ arrivata questa Scirocco, per raccontare un’altra pagina di passione senza confini. E pare non sarà l’unica.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


CONSIGLI UTILI PER MIGLIORARE L’ACCOGLIENZA MUSEALE (parte seconda) Costantino Frontalini Nel primo numero della Rivista dei Musei ho accennato a qualche accorgimento per migliorare le proposte museali. In aggiunta a quanto detto vorrei ora suggerire qualche consiglio che i direttori di musei potrebbero valutare: non si tratta di una dissertazione ma di proposte leggere, quasi giocose, per riflettere un po’. Ho stilato una sorta di dizionario provvisorio che ognuno può arricchire secondo la propria esperienza.

GLOSSARIO ABBATTERE le barriere psicologiche, oltre a quelle architettoniche. Le donne pensano che il museo motoristico sia una cosa per uomini, i bambini pensano che sia per gli adulti, i non appassionati pensano che siano cose che non li riguardano. Riuscire a coinvolgere queste categorie rappresenterebbe un enorme successo. Scherzando si può dire che portare una donna vale doppio (perché coinvolgerebbe il marito, il fidanzato, un amico) mentre il bambino vale triplo (coinvolgendo i genitori o i nonni). ALLESTIRE, ove possibile, un “baby corner”: uno spazio dedicato ai bambini. Può essere un forte elemento di attrazione, specialmente in presenza di giochi a tema. APPROFONDIRE la storia dei trasporti. Se il direttore o la guida hanno conoscenza approfondita della storia della mobilità umana sapranno collocare perfettamente i veicoli esposti all’interno del contesto storico generale. Potranno pertanto trasmettere messaggi corretti e proporre una visita coinvolgente. CONSENTIRE al visitatore di approfondire un suo interesse personale. Ognuno dovrebbe trovare argomenti validi e soddisfare la propria curiosità. Non esiste infatti un solo pubblico ma molti pubblici, dei quali occorre individuare i gusti e le aspettative. CONSIDERARE il museo come un prodotto dell’attitudine umana a raccogliere beni di particolare interesse o rilevanza. I visitatori riconoscono il loro passato ed appagano l’istinto vitale di superare la precarietà umana. CREARE insieme ad altre eccellenze locali un polo di attrazione turistica nel territorio. Una delle missioni principali del museo è qualificare un luogo o una comunità. FACILITARE il processo mentale che porta il visitatore alla ricostruzione storica: il veicolo, da solo, non è sufficiente ma occorrono foto, filmati, diorama. Si possono affrescare pareti che fanno da sfondo al veicolo esposto stimolando maggiormente l’aspetto emotivo. FAVORIRE la comprensione di alcuni concetti-chiave. Se vediamo il visitatore prendere cognizione di ciò che vede abbiamo centrato l’obbiettivo. INDIVIDUARE il punto di incontro tra il collezionista che sa “tutto di poco” ed il comunicatore che sa “poco di tutto”. Questo può servire per facilitare la divulgazione, catturare l’attenzione e raggiungere l’immediatezza espressiva.

INTERAGIRE con i visitatori. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il modo di informare il pubblico che può immergersi completamente dentro il museo, ascoltarlo, esplorarlo. Il visitatore che partecipa attivamente all’esperienza museale è inevitabilmente più coinvolto. INTERESSARE le scuole. I direttori dei musei possono fare lezioni raccontando la storia dei trasporti nelle scuole di ogni ordine e grado, ovviamente utilizzando formule diverse a seconda del pubblico. INTRATTENERE il pubblico, ricercare quello che gli inglesi chiamano “entertainment”, ossia la base di ogni attività a cui ci dedichiamo nel tempo libero. Parallelamente si cerca di EDUCARE il pubblico. Dalle parole “education” ed “entertainment” nasce la parola che sintetizza l’attività ideale di ogni museo: l’EDUTAINMENT, educare divertendo. IPOTIZZARE e gestire trasformazioni radicali. Ora si può mostrare il museo anche attraverso i nuovi sistemi di comunicazione. La sempre maggiore diffusione di nuove applicazioni o di nuovi social media suggeriscono la scelta del “museo virtuale” accanto a quello tradizionale. Già oggi i visitatori “virtuali” sono molti di più di quelli reali. Tale differenza è destinata ad aumentare nel corso degli anni. ORGANIZZARE eventi collaterali (la Giornata del Museo, la Giornata dell’educazione stradale, proiezioni di film a soggetto motoristico, mostre tematiche, raduni, convegni, incontri con le scuole, ecc.). PREDISPORRE sistemi analogici, a costo zero, che possano aiutare il visitatore a comprendere meglio il singolo oggetto (inserire alcuni dati relativi al veicolo: una scheda con l’anno di produzione ed il costo, un confronto con veicoli simili, il parere degli esperti, i principali avvenimenti accaduti all’epoca, il suo rapporto con la Storia). PROPORRE riferimenti con discipline diverse (Tecnica, Storia, Geografia, Arte, Economia, ecc.). Solo inserendo la nostra storia tra le altre discipline possiamo aspirare al posto di rilievo che ci spetta. Un veicolo non è solo un oggetto e non fornisce un messaggio unico; rappresenta invece uno stadio dell’evoluzione umana dal punto di vista tecnico, stilistico, economico, sociale, sportivo, e come tale va proposto. SFRUTTARE pienamente i collegamenti telematici per riunire ricercatori, utenti, appassionati, visitatori occasionali. I nuovi social consentono una diffusione a livello mondiale in pochissimo tempo.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


CARLO BISCARETTI DI RUFFIA, UN RACCONTO A MOTORE Ilaria Pani

Matteo Brandolini

Come si può racchiudere una vita intera, con tutte le sue gioie, le difficoltà e i colpi di genio, nel breve spazio di pochi minuti? Il collezionista – o il curatore - che aspiri a coinvolgere il visitatore deve possedere capacità molto simili a quelle del buon sceneggiatore.

Sono trascorsi 140 anni dalla nascita di Carlo Biscaretti di Ruffia, e il MAUTO ha deciso di inaugurare – nel settembre 2019 – un nuovo spazio espositivo permanente dedicato al suo fondatore, dove sviluppare un viaggio a ritroso nel tempo fino ai primi, coraggiosi anni in cui ebbe inizio una delle imprese più romantiche della storia dell’automobile: la nascita della collezione del museo, raccolta quasi interamente attraverso le donazioni dei proprietari e delle case automobilistiche dell’epoca, come Lancia, Ferrari, Maserati, Fiat, Itala, e tante altre, grazie alla passione contagiosa con cui Biscaretti si dedicò a questa sua missione. La protagonista indiscussa della vita di Carlo Biscaretti è certamente l’automobile: è stata il primo amore di un ragazzo emozionato dalla scoperta dell’invenzione che avrebbe cambiato il mondo, compagna nelle sue esperienze di giovane pilota negli anni eroici fatti di polvere e di rischi senza fine, in seguito sua musa ispiratrice per pubblicità ironiche e sagaci vignette umoristiche, e al centro di una prolifica attività scientifica quando, ormai in età matura, Biscaretti si dedica all’attività di divulgatore della storia dell’industria automobilistica. AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Come riuscire a trasmettere al visitatore il significato di una collezione così importante e la passione del suo fondatore? Inizialmente si prese in considerazione la realizzazione di un filmato che narrasse la storia di Biscaretti e la sua epoca, da proporre ai visitatori all’ingresso del museo. Tuttavia, questo strumento apparve limitato rispetto ai tanti contenuti da illustrare; inoltre, la collocazione dello schermo e la fruizione del filmato da parte dei visitatori, soprattutto se in gruppi numerosi, si rivelarono criticità di non facile soluzione. Le riflessioni del gruppo di lavoro portarono infine a progettare una vera e propria installazione all’interno della sezione Genesi - la prima del percorso: una nuova sezione espositiva, in cui il fondatore “in persona” dia il benvenuto al visitatore, lo introduca alla sorprendente storia di come è nato il Museo dell’Automobile, modernamente pensato sin dal principio come spazio vivo per la città, di formazione e divulgazione. La sfida era rappresentata dall’inserimento della nuova installazione in uno spazio complesso (un atrio con ascensore, colonne e vano scala, già connotato da un allestimento precedente), dalla necessità di mantenere un linguaggio coerente con l’intero percorso espositivo del museo, caratterizzato da ambientazioni immersive e di grande impatto visivo, e riuscire a intrattenere il visitatore per 5-10 minuti prima ancora che la visita vera e propria abbia inizio. La scelta è stata quella di presentare Carlo Biscaretti attraverso il suo ologramma, in modo che sia lui stesso a raccontare alcuni momenti fondamentali della sua vita, creando una relazione empatica con il visitatore che dia una nuova prospettiva a tutta la visita del museo. L’installazione, ideata e realizzata da Frame Communication, oltre alla proiezione tridimensionale del fondatore comprende: - lo sviluppo grafico dell’intero spazio, incentrato su frasi e scritti originali di Biscaretti, per enfatizzare il ruolo determinante della sua passione e della relazione personale che riusciva a instaurare con i donatori delle vetture; - la proiezione di un filmato che contestualizza il racconto dell’ologramma, attraverso la ricostruzione dell’epoca in cui Biscaretti ha vissuto e la narrazione degli eventi storici più significativi che hanno attraversato il suo cammino; - l’ambientazione dell’ologramma nello studio, un luogo accogliente dove il fondatore amava dedicarsi alla sua grande passione, il disegno, mai abbandonata neanche quando l’impegno del Museo lo costrinse a lasciare la sua professione di pubblicitario; - un triciclo De Dion e Bouton, esposto nella sala come elemento chiave per raccontare la stagione di pioniere dell’automobilismo sportivo; - l’esposizione di alcune opere grafiche di Biscaretti, ironiche e delicate, espressione imprescindibile della sua personalità, selezionate con cura tra le centinaia conservate presso il Centro di Documentazione, di cui alcune sottoposte a restauro per ripristinare la nitidezza del tratto a china e i luminosi colori delle tempere e degli acquerelli. Una particolare teca protettiva è stata realizzata da Arteria per l’Incidente, un’opera lunga oltre 5 metri, per assicurarne l’ottimale stato di conservazione. Il compito cruciale di ridare voce al personaggio e alla sua storia è stato affidato a un gruppo di brillanti studenti della Scuola Holden di Torino, specializzata nell’insegnamento delle forme di narrazione contemporanee. Ai giovani autori si sono spalancate le porte del Centro di Documentazione del MAUTO, che conserva proprio nell’Archivio Biscaretti una raccolta documentaria capace di restituire la giusta complessità alla personalità del suo fondatore. Gli studenti hanno così avuto a disposizione la corrispondenza sia pubblica sia privata di Biscaretti (commoventi e divertentissime sono le lettere indirizzate all’amato figlio Rodolfo, spesso arricchite da piccole illustrazioni e vignette), suoi articoli e pubblicazioni di argomento prevalentemente automobilistico, splendide opere grafiche da lui realizzate e numerose fotografie che lo ritraggono in età differenti. Ispirati da questi materiali, e affiancati dallo staff del museo, gli autori hanno potuto seguire da vicino la traccia indelebile lasciata da Biscaretti e sono riusciti nell’impresa di decidere quali parti della storia raccontare: dall’innamoramento per l’automobile, avvenuto grazie a un elegante triciclo a motore De Dion Bouton portato a casa dal padre, alle ricerche dei primi esemplari per la collezione del museo, in polverosi pagliai sperduti nelle campagne piemontesi e italiane, fino alla donazione da parte di Enzo Ferrari della prima monoposto Campione del Mondo di Formula 1 nel 1952. Hanno quindi elaborato i due progetti narrativi, relativi all’ologramma e al filmato storico – indipendenti ma complementari - che costituiscono il nucleo tematico del nuovo allestimento. La ricetta per fare un museo? Ecco come risponderebbe ancora oggi Carlo Biscaretti, sicuro delle proprie capacità, alla domanda che più di ogni altra gli è sempre stata a cuore: “È un’impresa che trascende le modeste possibilità dell’uomo qualunque e richiede doti eccezionali, quali il cervello di un veggente, il cuore di un artista, la tenacia di un animo temprato ad ogni battaglia, la superba fede di un pioniere.” AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


n. 3 / agosto 2020

PERIODICO DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO

MIDA MUSEO ITALIANO DIFFUSO AUTOMOBILE WWW.ASIMUSEI.IT

www.asimusei.it


LE MOTO MILITARI DEL MUSEO DELLA GUERRA DI ROVERETO Davide Zendri

L’uso bellico dei motocicli fu una delle innovazioni tecnologiche introdotte all’inizio del XX secolo. Come per molti altri mezzi a motore, la guerra italo-turca si può considerare la prima occasione di utilizzo bellico delle motociclette. L’Italia impiegò sul fronte libico un piccolo contingente di motociclette prodotte dallo Stabilimento Italiano Applicazioni Meccaniche di Torino al seguito del Corpo di Spedizione. Nata nel 1907, la 2¼ HP aveva una cilindrata di 262 cm³ e pesava 35 Kg. L’agile moto venne destinata al collegamento fra i reparti e, successivamente, a operazioni di avanguardia ed esplorazione. Durante la I^ Guerra mondiale le moto vennero impiegate prevalentemente come mezzo porta-ordini. Dopo la Grande Guerra le potenze alleate istituirono veri e propri reparti mobili su motocicli per utilizzarli in ricognizione. All’inizio del conflitto la nazione che sfruttò in maniera più massiccia i motocicli fu la Germania che schierò addirittura una compagnia mobile (su due ruote o sidecar) per ogni divisione, all’interno del battaglione esplorante. Anche il Regio Esercito utilizzò in maniera diffusa le motociclette commissionandone migliaia di esemplari a Guzzi, Bianchi, Gilera e Benelli, che furono impiegate su ogni fronte di combattimento.

Aereo Nieuport-Macchi Ni-10 prodotto nel 1918

Nonostante si fosse cercato di installare sulle motociclette militari delle armi automatiche, come mitragliatrici e fucili mitragliatori, ci si rese presto conto che ciò ne limitava molto le caratteristiche di agilità e mobilità aumentandone l’ingombro e il peso. Il mezzo inoltre non permetteva nessuna protezione ai soldati a bordo perciò raramente le moto furono utilizzate in combattimento. Ai motocicli da ricognizione, soprattutto da parte degli anglo-americani, furono preferiti mezzi a quattro ruote leggeri come la famosa “Jeep”. Tali mezzi garantivano una migliore stabilità fuori strada e una maggiore capacità di carico. Leggerezza e compattezza invece furono le peculiarità di alcuni motocicli, concepiti durante la guerra, che andarono ad equipaggiare le truppe aviotrasportate. AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Questo è il caso della Welbike prodotta in poche migliaia di esemplari dalla Excelsior Motor Company di Birmingham per i paracadutisti inglesi. I motocicli durante il periodo bellico furono largamente diffusi anche nelle retrovie come ad esempio nei complessi militari, nelle grandi basi e negli aeroporti dove garantivano collegamenti e sorveglianza. Dopo la II^ Guerra mondiale si cercò di migliorarne le caratteristiche di moto fuori strada alleggerendole e semplificandone la manutenzione. Nonostante le migliorie apportate verso la fine del XX secolo il ruolo tattico delle moto militari andò comunque ad esaurirsi. Oggi l’Esercito Italiano mantiene in organico la moto Cagiva 350 con compiti essenzialmente esplorativi. I reggimenti logistici le utilizzano invece in maniera più intensa per la scorta alle colonne e la gestione del traffico. I reggimenti di cavalleria sono quelli che utilizzano maggiormente i motocicli all’interno delle compagnie blindo-esploranti, in combinazione con mezzi ad otto, sei e a quattro ruote. Il reggimento Savoia Cavalleria, come i reggimenti paracadutisti, utilizzano la Cagiva 350 negli aviolanci. Dopo il secondo dopoguerra se nell’esercito i mezzi su due ruote vedono un progressivo ridimensionamento, il loro utilizzo da parte degli altri corpi armati dello Stato invece si accentua. Le caratteristiche di mobilità dalle grandi arterie stradali ai sentieri di montagna rendono ancora le moto particolarmente utili agli specialisti della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Forestale.

Bianchi 500M

Ospitato nel Castello di Rovereto, il Museo Storico Italiano della Guerra dalla sua inaugurazione nel 1921 è uno dei principali musei italiani dedicati alla I^ Guerra mondiale. Le sue collezioni hanno cominciato a formarsi attraverso la raccolta di materiale bellico donato da reduci, famigliari di caduti e privati cittadini. Negli anni successivi sono pervenute nuove donazioni da istituzioni nazionali e governi stranieri. Nel tempo il Museo ha esteso i propri interessi e le proprie raccolte anche ad altri conflitti, dall’età moderna alle guerre coloniali, alla Seconda guerra mondiale, alla Guerra fredda.I materiali esposti e quelli conservati comprendono armi, uniformi e dotazioni dei soldati, materiale tecnico, oggetti militari di uso quotidiano, manufatti artistici, onorificenze, manifesti e cartoline, diari e lettere. Particolarmente ricca anche la collezione di mezzi militari che, grazie a recenti donazioni, ha raggiunto i sessanta veicoli: camion, autoveicoli, mezzi corazzati, aerei, fotoelettriche e motoveicoli.

Vista Castello Rovereto

Fino a pochi anni fa il Museo della Guerra conservava solamente tre motocicli acquisiti negli anni ’90 del secolo scorso e risalenti alla Seconda guerra mondiale. La situazione è cambiata in maniera sostanziale dal 2016, quando un collezionista di Colle Val d’Elsa (SI), Vanni Bertini, decise di donare le moto militari di sua proprietà. Grande appassionato di motociclette, Bertini durante la sua vita ha raccolto decine di esemplari, formando così un’importante collezione che abbraccia la storia del motociclismo europeo fra gli anni ’30 e gli anni ’80 del ‘900. La parte non marginale della raccolta costituita dai motocicli d’impiego militare sono stati ceduti al Museo in due differenti donazioni nel 2016 e nel 2019. Si tratta di undici motocicli italiani e inglesi risalenti alla Seconda guerra mondiale e ai decenni immediatamente successivi. A corredo della donazione è stata versata anche un’importante selezione di taniche di carburante, alcune radio e altri materiali d’equipaggiamento. Nonostante le condizioni di conservazione di alcune moto non siano ottimali, il corpus dei materiali riveste un grande interesse collezionistico e storico. Alcuni pezzi, dopo una pulizia e una sistemazione da parte di un’officina specializzata, sono stati esposti nella mostra temporanea “La pelle del soldato” e all’entrata del Museo, dimostrando la versatilità e l’adattabilità di questa tipologia di mezzi militari in un’ottica espositiva. La collezione di mezzi a due ruote del Museo, se consideriamo anche le biciclette conservate, abbraccia tutto il Novecento e ci permette di documentare l’evoluzione dell’uso bellico, soprattutto da parte del soldato italiano, di questi importanti mezzi di trasporto. Fondamentale, per la futura valorizzazione di questo patrimonio, sarà la collaborazione con enti pubblici e privati. Un primo passo in questa direzione è stato compiuto con questo breve articolo al quale hanno contribuito alcuni soci del Museo, come Alberto Trinco delle Officine Trinco e Vincenzo Migliaccio, capitano in forza al 2° Reggimento Genio Guastatori di Trento, ma anche altri appassionati e “amici” del Museo, come Maurizio Italiani dell’Automotoclub Storico Italiano, Giuseppe Lo Gaglio delle associazioni Vestigia Belli – Bunker Soratte e Fabio Temeroli dell’Associazione Raggruppamento SPA.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Moto Guzzi Alce

I MOTOCICLI CHE COMPONGONO LA COLLEZIONE

Gilera Marte

Welbike Parascooter

Motociclisti italiani verso il fronte 1915-1918

Motocicletta Bianchi mod. 500 M

Italia

1937-1944

Motocicletta Steyr-Daimler Puch mod. S125

Germania

1942

Motocicletta Welbike Parascooter

Gran Bretagna

1943

Motocicletta Moto Guzzi Alce

Italia

1940

Motocicletta Matchless W39/G3

Gran Bretagna

1939-1941

Motocicletta Moto Guzzi Nuovo Falcone

Italia

1970

Motociclo Gilera 175

Italia

1956-1960

Motociclo Moto Guzzi Stornello 160

Italia

1968-1974

Motocicletta Triumph 3HW

Gran Bretagna

1942-1945

Motocicletta BSA Model M20

Gran Bretagna

1939-1945

Motocicletta Royal Enfield Model WD/C

Gran Bretagna

1942-1945

Motociclo Tattico Bianchi MT61

Italia

1961-1963

Motocarrozzetta Gilera Marte

Italia

1941-1943

Motocicletta Moto Guzzi Superalce

Italia

1948-1957

Dov’è il Museo della Guerra Via Castelbarco 7 Rovereto (TN) Tel. 0464438100 www.museodellaguerra.it

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


LA PUBBLICITA’ FORMATO SEGNALIBRO Alex Merseburger

Figura 1

Figura 1b

Le nostre automobili saranno presto equipaggiate con motori elettrici rendendo l'utilizzo della benzina inutile? Oppure le auto ibride elettriche conquisteranno il mercato delle automobili? In questo caso ci sarà ancora necessità del carburante per alimentare parzialmente i nostri veicoli. A prescindere da quello che il futuro ha in serbo per noi, questo articolo si incentra sui segnalibri che, nel corso dei decenni, le industrie del petrolio hanno distribuito per promuovere le loro benzine e lubrificanti con particolare enfasi ai pezzi storici. Per iniziare vediamo i pezzi che Shell ed Esso, due delle Oil and Gas supermajor o per dirla con Enrico Mattei due delle Sette Sorelle, ci hanno lasciato. Ambedue hanno una presenza che copre l’intero globo e non è una sorpresa vedere segnalibri provenienti da continenti differenti. Royal Dutch Shell PLC, comunemente conosciuta come Shell, è un’azienda anglo-olandese. Costituita nel 1907, registrata nel Regno Unito e con quartier generale nei Paesi Bassi, nel 2018 è stata la terza compagnia più grande del mondo per fatturato. Shell nel 2013 è stata l’azienda leader nella classifica Fortune Global 500; in quell’anno i suoi ricavi sono stati equivalenti al 84% del prodotto interno lordo olandese. Opera in più di 70 paesi con 85.000 dipendenti e possiede in tutto il mondo 44.000 stazioni di servizio che distribuiscono i suoi prodotti. Guardiamo i segnalibri disponibili partendo dal più vecchio. L’inconfondibile conchiglia come logo appare nel piccolo riquadro sotto le zampe del leone (figure 1-1b).

L’altro lato di questo segnalibro fa riferimento ai Giochi Olimpici tenutisi ad Amsterdam nel 1928. Bataafsche Petroleum Maatschappij (olandese per Batavian Oil Company), la compagnia sponsor dei giochi, era la filiale della Shell nelle Indie Orientali Olandesi e successivamente in Indonesia. Al 1929, solo un anno dopo, risale un bel calendario-segnalibro emesso dalla Shell italiana. Sul fronte un ragazzino felicemente orgoglioso ha dipinto su un muro nome e logo con lo slogan che recita: i colori della Marca di fiducia! Sul retro vi appaiono il secondo semestre, l’immagine di una pompa di benzina e le frasi qualità purissima e di fianco misura visibile. Il calendario del 1931 presenta il retro identico, mentre sul fronte fa bella mostra un’illustrazione del famoso artista pubblicitario Marcello Dudovich. Un’automobile, un motoscafo e un aeroplano denotano che tutti i loro motori beneficiano dei carburanti Shell e Aureola (figura 3). Attraversando l’oceano è giunto a noi un segnalibro del 1935 (figura 4) sul quale al retro è sovrastampato il programma degli incontri di Fresno State (oggi California State University) il team universitario che partecipava al campionato di football americano. In conclusione, provenienti dagli anni Sessanta, possiamo mostrare una serie di segnalibri britannici. Tutti questi sono destinati agli inglesi che viaggiavano in auto all’estero, prevalentemente per turismo. Su uno di essi, sorprendentemente, compare questa frase: Dovunque tu possa viaggiare in Europa occidentale, eccetto la Spagna… Mi chiedo: perché Shell ha scelto di non operare in Spagna?

Figura 3

Figura 4

Exxonmobil Corporation deriva dalla Standard Oil, fondata nel 1870, di John D. Rockefeller e attualmente, con le sue 37 raffinerie sparse in 21 nazioni, è il più grande raffinatore del mondo. Esso è il nome commerciale per la Exxonmobil e le sue aziende collegate. È stata fondata nel 1912 e in gran parte del mondo Esso (che deriva da Eastern States Standard Oil) e Mobil sono le marche principali della Exxonmobil Corp. Per completezza d’informazione, oggi il marchio commerciale Exxon è utilizzato solamente negli USA.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Della Esso possiamo mostrare tre bei segnalibri britannici (figure 9-10-11) che senza dubbio sono stati usati come segnapagina, perché tale era l’indicazione e possiedono un taglio che permette di incastrarli sulla pagina del libro. Sul loro retro appaiono gli indirizzi di stazioni di servizio locali. Esso si è stabilita in Italia nel 1891 e due segnalibri del Ventesimo secolo (figure 12-13) non promuovono la sua benzina, ma i lubrificanti. Sul primo c’è scritto: Attenzione al sotto 0° mentre sul secondo: Lubrificanti per auto e industria. Per quanto riguarda Mobil, è giunto fino a noi un solo segnalibro, proveniente del Regno Unito (figura 14). Il suo simbolo, un cavallo alato rosso, risale al diciannovesimo secolo ed è uno dei più antichi marchi industriali ancora in uso. Sul retro, oltre alla benzina, Mobil Gas promuove anche il suo olio lubrificante. A seguire ora c’è una miscellanea di segnalibri italiani e australiani di diversi produttori.

Figura 10

Figura 12

Figura 13

Figura 14

11 Figura 9

Figura 11

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Figura 15

Figura 16

Figura 15b

Figura 17

Agip acronimo di Azienda Generale Italiana Petroli, fondata nel 1926 è stata un’azienda statale e oggi appartiene all’Eni. Durante il ventennio fascista Agip ha prodotto un bel segnalibro fustellato (figure 15-15b) per la promozione di due delle sue benzine: Littoria il super carburante di sicuro rendimento e Victoria la benzina degli Italiani. Più recente (figura 16) è un altro piccolo segnalibro fustellato e dotato di nastrino dove, oltre al carburante, sono pubblicizzati gli Olii per auto Italoil. Aquila, raffineria di petrolio minerale, era una marca di benzina con sede a Trieste che, nel 1936, raffinava un quinto del consumo totale di petrolio italiano. Ci ha lasciato un segnalibro interessante (figura 17). Non sono una novità l’immagine della pompa di benzina e la lista dei prodotti offerti; è particolare il cordoncino che termina con un bottone cartaceo dove, su un lato abbiamo l’immagine di San Cristoforo che trasporta il piccolo Gesù attraverso il fiume in piena. Noi cattolici lo consideriamo il Santo protettore dei viaggiatori e spesso gli autisti posizionano piccole sue icone magnetiche sul cruscotto dei loro veicoli. L’azienda automobilistica Fiat vendeva anche prodotti per la manutenzione. Questo segnalibro fustellato a forma di lattina di lubrificante (figura 18) è datato 1965. Il retro non necessita di traduzione perché è scritto in cinque lingue. Dall’Australia arriva il segnalibro Atlantic Union Oil Company (figura 19) una raffineria di benzina che, nel 1933, fu assorbita dalla Standard Oil e che successivamente diventò Exxon. (Vedi anche TBS News 2020-36, Bookmark Society)

Figura 18

Figura 19

Curiosamente, la parola inglese petrol in italiano significa benzina, mentre il nostro petrolio si traduce con oil, creando possibili fraintendimenti. Lo scrivente è particolarmente conscio di ciò essendo stato involontario protagonista di un divertente episodio che mi capitò a Milano, negli anni Ottanta. Da neolaureato, ero stato assunto nella filiale italiana di una multinazionale svedese. A tavola, con alcuni colleghi provenienti dalla sede di Stoccolma, in qualità di padrone di casa, educatamente chiesi loro se qualcuno desiderasse aggiungere dell’olio di oliva a crudo. Tradussi così, dall’italiano all’inglese: “Would you like to add some drops of crude oil on your food?” Il significato, malauguratamente per me, era questo: “Gradite aggiungere alla vostra pietanza qualche goccia di petrolio greggio?”. Non serve aggiungere che tutti scoppiarono in una fragorosa risata. Non capii e dovettero spiegarmi il motivo delle loro risate…a.m.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


A TUTTO VAPORE

In ricordo di Franco Risi Mino Faralli

Costantino Frontalini

Nel 1997, quando venne istituita in seno all’ASI la Commissione Tecnica “Macchine Agricole & Industriali” il mondo del vapore era poco valorizzato rispetto ai trattori dotati di motore a scoppio, anche se entrambi avevano alleviato la fatica di uomini e donne nelle popolose campagne. In questo panorama di relativa indifferenza, una persona umile e schiva riscopriva i segreti del vapore e delle sue gigan-tesche macchine ormai inutili, ingombranti e pericolose, delle quali si erano persi la memoria ed il senso logico. Il vapore, in pressione, è una forza eccezionale e temibile ma Franco Risi è riuscito a domarla. La rivoluzione introdotta dal vapore fu travolgente in tutti i settori, in particolare quello agricolo. Si potevano arare campi immensi in poco tempo gra-zie all’aratura funicolare, realizzata utilizzando due locomobili ed un aratro che si muoveva tra di esse tirato da un cavo. Le locomobili a vapore vennero utilizzare anche per azionare le trebbiatrici e consentire la battitura meccanica del grano. Nel 1980 Franco Risi restaurò finalmente, realizzando il “sogno vapore”, la prima locomobile, una Hofher Schrantz Clayton Shuttleworth, oggi esposta al museo e presentata con orgoglio dalla moglie Bruna e dai figli Sauro e Sandro. Fu proprio dai suggerimenti di Risi, in accordo con l’allora Presidente di Commissione Mino Faralli, che l’ASI modificò il nome della Commissione Tecnica Nazionale da “Trattori storici” in “Macchine Agricole & Industriali”. Risi non volle la nomina a Commissario Tecnico per la sua naturale riservatezza, ma collaborò sempre da “esterno” con passione e competenza.

La vita

Il fascino negli occhi e la fantasia del bambino gli fanno realizzare, in miniatura, a 14 anni, una locomobile perfettamente funzionante: nasce una passione che non si spegnerà più e che lo farà gioire e soffrire, stando lontano da questa disciplina per esigenze di lavoro e formazione e crescita della famiglia, fino agli anni Settanta, quando potrà cominciare la ricerca e il restauro delle sue amate. Locomobili, locomotive, rulli compressori, ma anche motori stazionari, quelli che nelle aziende o nelle industrie “facevano girare il sistema industriale o aziendale … una azienda o una indu-stria si presentava dichiarando la potenza installata. A metà dello scorso maggio, nella stagione in cui si preparavano le macchine per le trebbiature e arature funicolari, dopo una lunga malattia Franco ci ha consegnato le chiavi del museo e il prezioso carteggio storico acquisito; ad 85 anni.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI

Mino Mino Faralli Faralli con con la la famiglia famiglia Risi Risi all’interno all’interno del del museo museo


Il Museo

Dai rottami o esemplari incompleti ritrovati e salvati, sia in Italia che all’estero, anche in pessime condizioni oggi sono esposte nel percorso museale oltre una ventina di macchine: a prima vista può sembrare un numero esiguo ma considerando le dimensioni dei motori a vapore è una collezione notevolissima. Siamo stati accolti dalla moglie, che candidamente ci ha confidato “gli ho voluto comunque molto bene!”. Quel “comunque” ci racconta perfettamente dei numerosi sacrifici che ogni collezionista deve fronteggiare, arrivando talvolta a coinvolgere i rapporti familiari. Gli auto-ri, la Commissione Storia e Musei e l’ASI ringraziano, anche a nome delle generazioni future.

Uno scorcio del museo

Contatti

Il Museo si trova a San Giovanni in Persiceto (BO) in via Biancolina n. 4 ed è aperto tutto l’anno, previo preavviso, con possibilità di visite guidate da parte dei figli Sandro e Sauro. Ingresso libero. Tel. 051.823093 - 347.8778586 - www.museodelvapore.it

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


COLLEZIONE BENITO RENZO BATTILANI Raccogliere e aggiustare “ferri vecchi”, come ama chiamarli Benito Renzo Battilani, lo hanno portato a creare nella sua casa una collezione che percorre la storia della motocicletta dalle origini fino alla seconda guerra mondiale.

Non poteva essere diversamente se pensiamo che fin da bambino, negli anni duri del dopoguerra, con i pochi soldi racimolati anziché comprare le caramelle si recava da un vicino rigattiere a rovistare nella ferraglia per cercare oggettini contorti che accendessero la sua fantasia, per poi studiare come poter realizzare un motorino in miniatura in grado di dargli movimento. Arrivò il periodo della scuola; per frequentarla doveva spostarsi in bicicletta per una cinquantina di chilometri sognando una moto. I soldi erano pochi ma l’idea di realizzare il suo sogno era sempre presente. Decise di fare ogni genere di lavoretto e, con un amico nelle sue stesse condizioni, si impegnarono a lavorare e risparmiare su tutto finché il sogno si avverò con l’acquisto di una vecchia Harley Davidson monocilindrica pagata a un prezzo da strozzino, considerando che le moto del momento erano tutt’altra cosa. La portarono dal meccanico del paese ma questo era già passato alle moto moderne e alla vista della Harley li cacciò dicendo che non avrebbe mai messo mano su un vecchio catorcio. Portata la moto da uno zio compiacente si improvvisarono meccanici e ci presero anche gusto; tutti gli sforzi furono premiati e alla fine la moto partì, e partì anche il tarlo che avrebbe portato Battilani alla collezione che oggi possiamo ammirare. Era la fine degli anni Cinquanta e quelli che andavano a caccia di vecchie moto erano pochi, e ancor meno quelli che avevano voglia e tempo di metterci le mani; non esistevano ancora il restauro e il collezionismo.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Battilani riceve personalmente i visitatori e dopo il benvenuto si raccomanda di fare domande per il piacere di soddisfare le curiosità che portano inevitabilmente a concentrarsi sulla storia e sulla tecnica di quei periodi storici. Si apre la visita alla collezione con un bel colpo d’occhio nella prima sala dove le moto sono suddivise per tematiche. Un angolo è riservato alle pioniere dove spicca la moto più anziana, una Adler del 1902 seguita da una Wanderer del 1905 ecc. Interessante la parete delle sportive con prestigiose moto da corsa degli anni Venti sia italiane che straniere, dalle raffinate Borgo dotate di soluzioni tecniche inusuali per l’epoca alla Triumph Ricardo, alla AJS Big Port, alle Sunbeam, ecc.

La zona centrale contiene una parata di quattro cilindri, le moto che rappresentano la storia e l’evoluzione tecnica: si passa dalla FN del 1905, alle americane Henderson, Ace, Indian, fino alla caratteristica Nimbus Stovepipe emblema della Danimarca. Scelta non casuale rispecchia la parete delle Harley Davidson con i prestigiosi modelli della casa di Milwaukee dal 1916 al 1930: non a caso Battilani ritiene che sotto il profilo tecnologico fossero avanti dieci anni rispetto alle europee. Completa la sala una serie di moto rare specialmente italiane perché ritiene doveroso salvare la nostra produzione che è stata di servizio quasi esclusivamente in patria e pertanto non così conosciuta da tanti appassionati. A conferma del suo desiderio di salvare la nostra storia si entra in una sala interamente dedicata a una marca, la Frera, la marca più importante dell’Italia dall’inizio del Novecento fino agli anni Trenta, fornitrice del Regio Esercito durante la Grande Guerra; sfoggiano in bella vista manifesti, fotografie e cimeli che raccontano la storia della casa costruttrice. Si scende poi in un locale dove si trovano le moto con sidecar e l'officina dove si respira l’aria del lavoro lungo, paziente e minuzioso del Battilani per riportare gli esemplari all’antico splendore, una gioia per tutti gli appassionati di meccanica. Tante altre curiosità portano i visitatori a disperdersi fra vetrinette con pezzi di ricambio, moto ancora in attesa di restauro, una raccolta di vecchie candele in attesa di sistemazione, ecc., sempre col Battilani pronto ad esaudire le eventuali richieste con l’entusiasmo che lo contraddistingue. Nota di orgoglio è per lui l’assegnazione nel 2017 del “Grifo di Cristallo” da parte della Città di Imola, un riconoscimento che la città offre al suo cittadino per essersi distinto per la diffusione della cultura motoristica anche attraverso l’ampia documentazione del suo archivio a disposizione di chi è interessato.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


MUSEO NICOLIS: VENT’ANNI DI STORIA L’inaugurazione avvenne nell’autunno del 2000 e richiamò una grande folla Danilo Castellarin

Una piccola parte delle auto in mostra al Nicolis

Non credeva ai suoi occhi Luciano Nicolis, l’industriale veronese che il 9 settembre 2000, giusto vent’anni fa, inaugurò un sogno diventato realtà: il museo dedicato alle auto, le moto, gli aerei e la tecnologia nella bella Villafranca, alle porte di Verona. Per il vernissage la folla che arrivò all’ingresso fu così numerosa che la festa venne prolungata al giorno successivo. Fu il coronamento di un lungo lavoro di ricerca e restauro portato avanti con infinita passione, caparbietà e determinazione e che il fondatore riuscì a godersi fino all’aprile 2012, quando morì a 78 anni. Madrina dell’inaugurazione fu Ludina Barzini che tagliò il nastro insieme a Piera Detassis, che collaborò alla realizzazione di una mostra tematica sulle auto nei film, ancora oggi suggestiva quinta di molte auto esposte. Da molte regioni d’Italia e anche dall’estero arrivarono a Villafranca appassionati e collezionisti, i più coraggiosi al volante di auto d’epoca. Silvia Nicolis, oggi presidente del Museo, ricorda nitidamente la riunione familiare degli anni Novanta, quando suo padre chiamò la famiglia intorno a sè per illustrare il progetto del museo. “Aveva già deciso, ma ci teneva alla nostra approvazione”, sorride oggi. Da vent’anni questa importante realtà culturale scaligera racconta l’evoluzione dei mezzi di trasporto degli ultimi due secoli, il ruolo delle auto nella scoperta di territori e nell’incontro di culture. Ma c’è molto di più. E serve qualche cifra per capire meglio. Le collezioni sono 10, le auto 200, le moto 105, le bici 120, più 120 strumenti musicali, 100 macchine per scrivere e 500 macchine fotografiche. C’è anche una collezione di 106 volanti di Formula Uno, in gran parte legati a prestigiosi piloti, come quello di Michael Luciano e Silvia Nicolis e la mitica Coppa Vanderbilt, uno Schumacher nel 1994, primo di sette allori. dei tesori del Museo di Villafranca, alle porte di Verona

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Veduta esterna del Museo Nicolis

Ora, dopo il fantastico settimo titolo di Lewis Hamilton, ci vorrebbe anche il suo volante per completare la raccolta. La storia imprenditoriale di Luciano Nicolis inizia nel 1934 quando Francesco, suo padre, sensibile ad ogni forma di risparmio e dotato di acuta intelligenza, decide di raccogliere ciò che gli altri gettavano via, prima fra tutte la carta da macero. Con l’aiuto dei figli, l’attività si espande velocemente e in pochi anni, Luciano riesce a dare un ulteriore slancio trasformando l’azienda in un gruppo leader in Europa, la Lamacart. Fra le perle esposte, la “Motrice Pia”, il primo motore a benzina brevettato dal veronese Enrico Bernardi nel 1882, la Isotta Fraschini del 1929 (identica all’auto protagonista nel celeberrimo film ‘Viale del Tramonto’ e a quelle possedute dallo Zar Alessandro, Rodolfo Valentino e Isadora Duncan), la Lancia Astura 1000 Miglia costruita appositamente per Luigi Villoresi, e tantissime altre. Oggi al timone di questa modernissima struttura in cristallo ed acciaio c’è la figlia Silvia, che nel frattempo è diventata vicepresidente nazionale di Museimpresa, (l’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa che riunisce musei e archivi di grandi, medie e piccole imprese italiane) ed è componente ufficiale del Gruppo Tecnico Cultura di Confindustria.

Dove, come e quando Museo Nicolis Viale Postumia, Villafranca, Verona Telefono: 045 6303289 Internet: www.museonicolis.com E mail: info@museonicolis.com

Luciano e Silvia Nicolis e la mitica Coppa Luciano e Silvia Nicolis e la mitica Coppa Vanderbilt, uno uno dei tesori del Museo di di Vanderbilt, dei tesori del Museo Villafranca, alle porte di Verona Villafranca, alle porte di Verona

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


LA GUARDIA DI FINANZA PORTA AL MAUTO LE AUTO SEQUESTRATE

Il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ha esposto nel cuore dell’estate una “particolare” collezione di veicoli d’epoca e di lusso. Auto e moto provengono infatti dal sequestro portato a termine dalla Guardia di Finanza a Genova nell’ambito di un’operazione internazionale denominata “Rien ne va plus”. L’organizzazione criminale aveva destinato auto e moto ad essere commercializzati in diversi Paesi, anche attraverso rinomate case d’asta. La Procura della Repubblica di Genova li ha recentemente affidati in custodia al Mauto, dove potranno essere ammirati dagli appassionati e conservati in modo adeguato. La collezione comprendeva complessivamente 20 unità, per un valore di oltre 1 milione di euro. Al Mauto sono arrivati 17 dei modelli sequestrati, di cui 14 automobili e 3 motociclette, tra cui Ferrari Testarossa, Lamborghini Diablo, Chevrolet Corvette. L’obiettivo, in accordo con la Procura della Repubblica di Genova ed il Museo dell’automobile, è quello di coniugare la corretta conservazione e valorizzazione della collezione e dall’altra di rendere disponibile i pezzi pregiati che la Guardia di Finanza ha recuperato a beneficio dell’erario e della collettività. Dall’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova, è emerso come l’intera collezione era riconducibile ad un soggetto privato genovese che esercitava abitualmente il commercio di auto di lusso e storiche e che aveva accumulato quattro milioni e mezzo di euro di debiti con il fisco. Proprio per tale esposizione economica con l’erario, il disinvolto commerciante si era spogliato di tutti i beni a lui intestati, attribuendoli fittiziamente ai parenti della propria compagna -tutti sprovvisti di redditoed altri soggetti compiacenti, tra i quali due italiani -un torinese ed un lodigiano- oggi residenti a Montecarlo, anche attraverso reimmatricolazioni nel Principato di Monaco e configurando in tal modo il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Bixio, Tomei, Camerana, Mengozzi

Chevrolet Corvette

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Ferrari 360

Ferrari Testarossa

Il giro d’affari sommerso aveva portato alla vendita tra il 2015 e il 2018 di 25 autovetture di grande valore, quali Maserati, Lamborghini, Porsche, Bentley e diverse Ferrari, tra cu la “166 inter” del 1948 venduta per 1 milione di dollari ad un collezionista statunitense. L’operazione è nata a maggio 2018 a seguito dell’apertura di una verifica fiscale nei confronti del principale indagato, selezionato attraverso un esame degli indici di rischio. L’analisi forense condotta sullo smartphone dell’indagato ha portato alla luce numerosi documenti, attestanti l’interposizione fittizia di ben otto prestanome per le auto poi sottoposte a sequestro. Successivamente all’apertura della verifica, il titolare effettivo di tutta la collezione si stava adoperando per procedere alla vendita all’asta in due blasonati eventi internazionali (il “Classic & Sport Cars” di Montecarlo ed il prestigioso “Goodwood Festival of Speed” nel Regno Unito) di otto tra le autovetture della sua collezione, tra cui tre Ferrari, una Corvette di altissimo valore collezionistico e una Lamborghini Murcielago, esemplare nr.26 delle 185 complessivamente prodotte, che aveva lasciato l’Italia alla volta dei salotti britannici. Vista l’imminente vendita all’incanto, la Procura della Repubblica di Genova ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, con procedura d’urgenza, che è stato immediatamente eseguito dai militari del I Gruppo Genova, i quali sono riusciti a recuperare - in un’operazione durata una settimana - le autovetture in Italia e all’estero ed hanno bloccato -grazie all’utilizzo dei canali di cooperazione internazionale attivati dal II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza- la vendita all’asta nel Regno Unito e nel Principato di Monaco Il prosieguo delle indagini ha poi consentito di individuare e porre sotto sequestro ulteriori alcuni beni immobili di pregio siti in Genova tra cui un attico di 300 metri quadrati.

Fiat 500 Gamine Vignale

Harley Davidson FL3 Road King

LE MOSTRE AL MAUTO Fino al 27 settembre: Lancia Aurelia – Mito senza tempo Dal 3 dicembre, fino a maggio 2021, le automobili della Fondazione Gino Macaluso per l’Auto Storica saranno protagoniste di “The Golden Age of Rally - Le grandi sfide”, una grande mostra sulla storia dei campionati mondiali di rally. Fino al 29 settembre, presso lo Spazio Museale di San Francesco a Cuneo, è visitabile la grande mostra “Quei temerari delle strade bianche Nuvolari, Varzi, Campari e altri eroi alla Cuneo - Colle della Maddalena”. Realizzata dal MAUTO insieme al Comune di Cuneo, affianca alle spettacolari immagini dell'archivio del fotografo Adriano Scoffone le auto che parteciparono alla leggendaria corsa tra il 1925 e il 1930, documenti, scenografie e musiche originali. La mostra arriverà a Torino nel 2021.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


UN AMORE DI LAMBRETTA A Caserta la collezione di Carlo Miniero Danilo Castellarin

Rari esemplari della Collezione Miniero

A volte le collezioni nascono da passioni sbocciate nell’infanzia o nell’adolescenza, come il Museo della Lambretta del dottor Carlo Miniero, farmacista a Caserta. Non sempre però i ricordi sono lieti e spensierati. Per Miniero tutto iniziò da una brutta epidemia che, proprio come il Coronavirus, si diffuse in Italia nel Dopoguerra, mietendo molte vittime fra bimbi e ragazzi. Si trattava della poliomelite, un virus che colpiva il sistema nervoso e i neuroni motori portando a debolezza muscolare e paralisi asimmetrica. A seconda dei nervi coinvolti, potevano presentarsi diversi tipi di paralisi. La polio spinale era la forma più comune, caratterizzata da paralisi alle gambe. Capitò così anche a Carlo, alla tenera età di due anni, nel 1946. “Qualche anno dopo”, racconta Miniero, “cercai un mezzo che mi permettesse di muovermi nonostante la mia invalidità e lo trovai nello scooter Lambretta perché la Vespa era troppo bombata”.

Nacque così una simpatia viscerale per lo scooter lombardo che ha portato questo simpatico esponente dell’Asi a realizzare una bella collezione dedicate al marchio di Lambrate. La raccolta propone un’interessante retrospettiva, partendo dal rarissimo modello A del 1948 fino ad arrivare dall’elegante e sinuoso ‘Lui’ disegnato da Bertone, attraversando così l’intera storia della Lambretta, lo scooter per antonomasia che, insieme alla Vespa, contribuì a motorizzare il nostro Paese. La collezione Miniero annovera anche una ricca dote di pubblicazione tematiche, riviste, libri, cataloghi, foto. “E questo perché”, spiega Miniero, “trenta o quarant’anni fa non esisteva internet e tutte le informazioni andavano cercate su cataloghi, riviste, libretti di uso e manutenzione di cui oggi posseggo una raccolta pressochè completa, a disposizione dei soci Asi per consultazione”. Nella collezione Miniero rientrano anche alcuni rari pezzi di Lambretta-NSU perché dal 1950 al 1955 le Lambrette destinate al mercato tedesco venivano montate alla NSU con alcune differenze tecniche, oggi assai apprezzate dai collezionisti, quali bobine, targhette identificative e selle di gomma piena. “Le Lambrette tedesche avevano anche l’orologio di serie”, aggiunge Miniero, “che in Italia era solo optional e le ultime 150 montavano l’avviamento elettrico, particolarità diffusa dal 1954 anche sul mercato italiano sui modelli 125 e 150”. Se la Germania montava le Lambretta, l’Inghilterra le importava direttamente dal nostro Paese già montate dalla casa. “La Gran Bretagna è stato il volano della continuazione del mercato Lambretta anche Museo Lambretta Miniero dopo il 1971, quando Innocenti chiuse i battenti, vendendo la catena di Via Marchesiello, 98 - Caserta montaggio all’India”, sottolinea Miniero, precisando che “ancora oggi molte Telefono: 340-6049891 Lambrette sono diffuse in Cambogia, provenienti dal mercato indiano”.

Dove, come e quando

Panoramica del Museo Lambretta di Caserta

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


n. 4 / dicembre 2020

PERIODICO DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO

MIDA MUSEO ITALIANO DIFFUSO AUTOMOBILE WWW.ASIMUSEI.IT

www.asimusei.it


UN MUSEO CHE GUARDA AL FUTURO Non solo reperti, ma laboratori didattici per diffondere la prevenzione. Danilo Castellarin

Panoramica del museo

I musei si possono realizzare per passione, nostalgia, memoria storica. Michele Guerra ha fondato il Museo Storico dei Pompieri e della Croce Rossa di Manfredonia (Foggia) dopo un tragico episodio del quale fu testimone nel lontano 1968. “All’epoca lavoravo alla catena di montaggio delle officine n° 17 della Fiat Mirafiori di Torino e una notte, mentre ero addetto alla produzione delle carrozzerie dei modelli 850 e 128, assistetti all’atroce fine di due giovani operatori addetti alla manutenzione delle presse che persero la vita. Fu in quel preciso momento che nacque in me l’esigenza di tutelare meglio le condizioni di sicurezza e di salute dei lavoratori”. Guerra fonda negli anni Ottanta l’azienda Euroambiente che punta sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. In breve tempo, questa piccola eccellenza locale varca i confini del territorio per espandersi in tutta Italia. Il 1° luglio 2017 Michele Guerra”, inaugura la “Cittadella della Sicurezza e della Formazione”, che ospita al suo interno la sede centrale di Euroambiente e il Museo Storico dei Pompieri e della Croce Rossa Italiana. Se in un primo momento il Museo aveva come scopo principale quello didattico e veniva utilizzato per istruire le figure preposte alla prevenzione di incendi e soccorso presenti obbligatoriamente in tutte le aziende, oggi è un importante luogo di memoria che racconta la storia di questi due gloriosi Corpi. La visita si estende in oltre 2500 mq. Di superficie espositiva con veicoli dei pompieri dalla fine del 1700 alla metà del 1900 oltre a divise, documenti, laboratori didattici. Il Museo dispone anche di aree ludiche e si sviluppa in quattro padiglioni con migliaia di reperti.

Michele Guerra, fondatore del museo

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Fra i mezzi più significativi una pompa a vapore, l'autopompa Fiat 501 del 1919 (Torpedo), l'autopompa Fiat 503 del 1927, l'autopompa Fiat 521 del 1928 e la Moto Guzzi PE238 del 1938. Oltre 3000 pezzi - perfettamente conservati - raccontano come un tempo funzionava il servizio di soccorso in caso d'incendio: dalla chiamata fino al rientro. Ogni luogo è stato meticolosamente progettato dal titolare e ricostruito dal maestro d'ascia Antonio Berardinetti. All’interno vi è anche una sezione dedicata ai Vigili del Fuoco impegnati per anni nella controversa vicenda dell’Enichem e dei suoi numerosi incidenti. “Obiettivo di questa realizzazione”, sottolinea Guerra, “non è solamente la testimonianza storica ma anche la diffusione di una mentalità sociale più attenta alla sicurezza e alla salute, uno stimolo alla cittadinanza per promuovere la prevenzione e il senso civico”. Fra i tanti scopi di questa interessante struttura la lotta alla piaga degli incendi estivi che sfregiano il territorio. “Conoscere le gesta eroiche dei Pompieri e della Croce Rossa Italiana rappresenta una preziosa testimonianza dell’opera di intervento e soccorso a servizio della gente”, conclude Guerra.

Fiat 521 del 1928 - Pompieri Rosarno Reggio Calabria

Fiat 503F del 1927 - Pompieri Milano

Ricostruzione scenario soccorsi del 1943

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Nuovo Falcone Guzzi del 1970

Moto Guzzi PE 238 del 1938

Fiat 626 del 1947

Dove, come e quando

Il Museo si trova in via Antonio Meucci Manfredonia (FG) ed è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30. Il sabato e la domenica su prenotazione per gruppi di almeno sei persone. Telefoni: 0884-541995 e 340-0852706 Internet: www.museostoricopompieri.it Email: info@museostoricopompieri.it

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


I MEZZI DEL MUSEO DELLE FORZE ARMATE 1914-45 DI MONTECCHIO MAGGIORE Stefano Guderzo

Direttore Museo Forze Armate Montecchio Maggiore

Uno degli scopi del Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (VI) è offrire ai visitatori un percorso museale vario che possa stimolare la curiosità e far riflettere sui molti aspetti che hanno caratterizzato le vicende della prima metà del Novecento. La meccanizzazione militare ed il suo sviluppo è raccontata dalla collezione dei veicoli, (motocicli, jeep, camion, blindati e corazzati), che abbraccia l’ampio periodo che va dalla Grande Guerra fino agli anni Cinquanta.

Sidecar tedesco BMW R75 Seconda Guerra Mondiale

L’esposizione conta complessivamente una trentina di mezzi tra cui due importanti testimoni della Prima Guerra Mondiale: un Fiat 18 BL, impiegato anche in prestigiose produzioni cinematografiche e un trattore d’artiglieria Pavesi Tolotti tipo B (quest’ultimo di proprietà dell’Ass. Raggruppamento SPA). Altri veicoli italiani visibili sono i trattori d’artiglieria SPA TL37 e TM40 che assieme al carro veloce L3-35 (proprietà dell’Ass. Museale W. Rama) completano al momento l’esposizione dei mezzi del Regio Esercito. Le forze dell’Asse sono rappresentate anche dai quattro sidecar tedeschi (due BMW R75 e due Zundapp KS, una 600 e l’altra 750) oltre che da un semicingolato OT-810 cecoslovacco con livrea della Wehrmacht.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


La maggior parte dei mezzi raccolti però sono statunitensi, comprese diverse Jeep e veicoli logistici, tattici e da combattimento (come lo Scout Car White M3A1 ed il semicingolato M16A1 con quadrinata Maxtron). Diversificata è anche l’esposizione di mezzi post bellici, dalle jeep (Ford M151 MUTT, Fiat Campagnola, Alfa Matta) ai cingolati porta mortaio M106. I veicoli, grazie alla passione del presidente Giancarlo Marin che ne ha curato il restauro, sono oggi tutti marcianti e negli anni hanno partecipato a numerosi eventi culturali e commemorativi.Ricordiamo che il Museo sarà anche la casa dell’ormai concluso carro armato pesante FIAT 2000, progettato durante la Grande Guerra e ricostruito grazie ad una comunione d’intenti tra Museo delle Forze Armate, ANCI e Fiat BL 18 utilizzato nella Prima Guerra Mondiale

Raggruppamento SPA.

Ingresso del Museo Forze Armate di Montecchio

Trattore artiglieria pesante SPA TM 40, usato nella II Guerra Mondiale

Fiat 2000

Dove, come e quando

Museo delle Forze Armate 1914-45 Via del Lavoro 66, 36075, Montecchio Maggiore (Vicenza) Sito internet: www.museostorico.com Email: museoforzearmate@gmail.com Tel. 340 5978913 (anche whatsapp)

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Musei delle Corse

LA MEFISTOFELE CHE SPUTAVA FIAMME Giuseppe Valenza Uno dei più interessanti Musei dedicati alle auto è sicuramente quello del Centro Storico Fiat che ancora oggi ricorda le imprese sportive compiute dalla casa torinese nel secolo scorso. Emblematico e unico veicolo di origine italiana nella storia del record assoluto di velocità è la Mefistofele del 1924. Basata sul telaio Fiat SB-4 del 1908 e con motore aeronautico Fiat A12bis fu costruita da Ernest Eldridge in Inghilterra e acquistata dalla Fiat nel 1970.

Ernest Eldridge, con John Ames quale meccanico di bordo, si prepara alla partenza la mattina del 12 luglio 1924 sul rettilineo di Arpajon. Si noti il pressostato del cronometraggio elettrico davanti alle ruote anteriori.

Costruita a Torino nel 1908 con la sigla SB-4, l’auto venne pilotata da Felice Nazzaro nella sfida vittoriosa contro l’inglese Napier sulla pista di Brooklands. Nel 1921 venne acquistata da John Duff, che la schierò in qualche corsa dimostrando subito una buona capacità di guida che, unita alla potenza (175 CV) e alla velocità della Fiat gli fecero assegnare handicap piuttosto pesanti. Per ricavarne ancora più potenza e velocità, John Duff, oltre a migliorare la forma della carrozzeria, fece elaborare il motore a Henri Ricardo che, pare, sostituì i pistoni e aumentò il rapporto di compressione. Dopo un terzo posto in una corsa di 100 miglia, il motore ormai inesorabilmente invecchiato esplose: un paio di cilindri si staccarono dal basamento e uscirono dal cofano. Fortunatamente, John rimase illeso.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


A fine 1921 il rottame venne acquistato da Ernest Eldridge, buon pilota inglese e progettista-costruttore geniale pur non essendo ingegnere laureato. Il suo obiettivo era farne un superbolide con motore aeronautico, quale allora si vedevano correre a Brooklands e servivano anche per il record di velocità sul miglio lanciato. Eldridge modificò il telaio allugandolo con parti, dice la leggenda, prese da un autobus di Londra per alloggiare un motore aeronautico Fiat A12bis, sei cilindri, 21.706 cc, 300 CV (teorici). Così lungo, dipinto di nero, il veicolo aveva l’aspetto di un serpente dalla lingua di fuoco. In accelerazione sbandava vistosamente per la grande potenza ed era molto difficile da guidare. Era quasi impossibile controllarlo anche sulle grandi curve sopraelevate di Brooklands ed Eldridge decise di focalizzarlo al record di velocità in linea retta.

La Fiat “Mefistofele” posa sul rettilineo di Arpajon prima del record. Da notare l’assenza dei freni anteriori e la trasmissione finale a catena. Il motore era un A12bis aeronautico, sei cilindri, 21,7 litri di cilindrata, 350 CV a 1.800 giri/minuto, costruito dalla Fiat nella prima guerra mondiale.

A inizio luglio 1924 l’inglese accettò la sfida del francese René Thomas che, sulla Delage V12, molto più moderna ed evoluta, puntava al record sulla strada rettilinea da Arpajon a Etampes, nei pressi di Parigi. Domando quella belva scatenata su quella strada stretta, contornata da alberi, Eldridge il 6 luglio 1924 conquistò il titolo di più veloce in terra coprendo il miglio lanciato a 236,314 km/h, superando di 21,17 km/h il primato esistente. Thomas inoltrò reclamo perché il veicolo di Eldridge non aveva la retromarcia, allora obbligatoria su tutte le auto da corsa e record: il primato di Eldridge venne annullato. Lo stesso 6 luglio, Thomas si prese il record ufficiale spingendo la sua Delage a 230,643 km/h. La Delage festeggiò il successo esponendo la vettura del record nel suo salone sugli Champs Elysée a Parigi. Eldridge riuscì a montare la retromarcia e il 12 luglio si ripresentò ad Arpajon per dimostrare che il più veloce del mondo era lui: percorse il miglio lanciato a 234,791 km/h e si prese anche i primati sul km lanciato (234,980 km/h) e sul km da fermo (137,562 km/h). I giornalisti descrissero le corse di Eldridge quale spettacolo spaventoso, degno di un mostro infernale. Forse da qui Il lungo rettilineo compreso tra le cittadine nacque il nome faustiano di “Mefistofele” con il quale il veicolo è passato alla storia. di trasolo le periferie nord di Quello fu l’ultimo record di velocità stabilito con il meccanico a bordo e su di una strada. Poi si francesi usarono spiagge eEtampe laghi e quella sud di Arpajon sul quale, il 24 Luglio 1924, si prosciugati e coperti di sale o fango essiccati. disputava la doppia sfida sul kilometro lanciato Eldridge, tornando a Parigi, parcheggiò il suo veicolo davanti al salone Delage e poi lo mise in mostraednel salonedaFiat per rimarcare il kilometro fermo tra la FIAT Mefistofele di Ernest Eldridge e la Delage di René Thomas. agli sportivi francesi l’eccezionale risultato da lui raggiunto. La Mefistofele fu ritrovata nel 1947 in Inghilterra e il nuovo proprietario la mantenne funzionante fino agli anni Sessanta. Ridipinta in rosso e tolti gli ingranaggi della retromarcia, subì piccole modifiche nella forma della coda e fu vista per la prima volta in Italia, Autodromo di Monza, il 27 maggio 1962. La Fiat nel 1970 riuscì meritoriamente ad acquistarla per esporla nel suo Centro Storico a Torino. Rimessa in condizioni di marcia, fu portata al Festival of Speed 2001 a Goodwood (Inghilterra) dove si incontrò nuovamente con la Delage V12 come 77 anni prima. La Fiat Mefistofele è l’unico veicolo italiano, telaio e motore, nella lunga lista del record di velocità sul miglio lanciato. Pochi mesi dopo Arpajon, il 25 settembre 1924 a Pendine Sands nel Galles, Malcolm Campbell batté il record di Eldridge al volante della sua Sunbeam 350 HP alla velocità di 235,220 km/h.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


La Mefistofele esposta al Centro Storico FIAT di Torino.

La coda è stata cambiata dopo il record del 1924: in origine era più corta e arrotondata. La registrazione e i bolli dei Festival of Speed sono aggiunte recenti.

Sulla fiancata è stato aggiunto negli ultimi anni il nome “Mefistofele”. La carrozzeria, nera in origine, era stata ridipinta in rosso probabilmente dopo il 1947 in Inghilterra.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


IL PAESE DEI BALOCCHI

Un museo di antichi giocattoli realizzato in Baviera da Hans-Peter Porsche Aldo Zana

Un paradiso in terra. Nel sud della Baviera, al limite delle prime elevazioni delle Alpi. Un edificio moderno di 2.500 mq, un museo inaugurato nel 2016, razionale, acculturato, intelligente. Non offre solo curiosità: per chi capisce il valore culturale, formativo, insostituibile del gioco espresso nell’arte e nell’intelligenza del giocattolo questo museo è veramente il paradiso in terra.

L’auto da corsa Gordon Bennet della Günthermann nel 1910, uno degli esemplari in lamierino litografato di soggetto automobilistico tra i più famosi e ricercati. La bellezza della riproduzione del veicolo è potenziata dalle figurine, in piombo, di pilota e meccanico piegati in avanti per ridurre la resistenza aerodinamica.

E’ il “Traumwerk” (traducibile con un po’ di libertà, ma con perfetta aderenza in: “La realtà del sogno”): sogno realizzato di Hans-Peter Porsche, 80 anni, ingegnere, terzo dei quattro figli di Ferry (1909-1998), nipote del professore Ferdinand (1875-1951). Con quel cognome non poteva che realizzare qualcosa di eccezionale, unico, se pure laterale rispetto al focus della famiglia. Il suo sogno sono sempre stati i giocattoli. Giocattoli storici, intelligenti, pieni di cultura, prodotti dell’abilità e competenza di persone e aziende specializzate. Capolavori costruiti in un centinaio di anni tra Ottocento e Novecento, dopo il legno e prima della plastica. Tutti in lamierino di acciaio sagomato e dipinto o litografato. Oltre 2.000 gli esemplari in esposizione.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Fiat BL 18 utilizzato nella Prima Guerra Mondiale

L’auto da corsa costruita con una delle scatole di montaggio Märklin presentate nel 1936. Erano disponibili, sullo stesso telaio con motore a orologeria, le carrozzerie berlina aerodinamica, limousine quattro porte in due varianti, autocisterna “Standard”, autocarro a pianale con sponde basse, autoblinda con colorazione mimetica.

Giocattoli “meccanici”: auto, treni, navi, aerei. Niente bambole e pelouches. Il Museo presenta qualche auto vera, come è logico visto il nome di famiglia: dalla Volkswagen “Maggiolino”, progettata dal nonno, alle prime 356, costruite dal padre, agli esemplari più recenti della serie 911. Sono in una grande sala accanto alla reception, che viene affittata per matrimoni e feste private. Al primo piano del bell’edificio, nuovo, moderno, elegante, funzionale, si entra nel sogno diventato realtà. Tutti i giocattoli sono esposti in grandi vetrine di cristallo pulitissime. La luce è bassa per preservare smalti, litografie, colori vecchi di oltre un secolo. Cristalli e semioscurità bloccano la stupida mania dei selfie e le orribili foto con il telefonino, che sono oggi la ragione di visita (e vita) dei turisti di ogni età e provenienza.

Autofurgone prodotto da Bing circa 1930. Il carico in primo piano era venduto assieme al modello.

La Germania della seconda metà dell’Ottocento e dei primi decenni del secolo scorso è stata leader mondiale nei giocattoli di metallo: nomi quali Märklin, Fleischmann, Bing, Carette, Günthermann e poi Schuco, Distler, Hausser, Gama hanno fatto la storia del giocattolo. Nonostante le vicissitudini e le tragedie attraversate da Germania ed Europa nel secolo scorso, parecchi esemplari si sono salvati in condizioni d’origine: nulla di restaurato è qui esposto. Il progresso dell’automobile è ben raccontato da diecine di esemplari, quasi tutti abbastanza precisi per l‘epoca, costruiti dai grandi produttori tedeschi. Dalle riproduzioni delle vetture vis-á-vis di fine Ottocento si arriva rapidamente alla prime berline a guida interna, le cui forme squadrate facilitavano lo stampaggio del modello.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Molti esemplari sono corredati da figurini di chauffeur e passeggeri e vengono presentati in mini-diorami con accessori d’epoca: autorimesse, lampioni, stazioni di servizio. Le scatole di montaggio di auto e camion Märklin del 1936 sono ben rappresentate, comprese un paio di confezioni perfette nella scatola originale.

Non solo giocattoli. Ecco due gioielli firmati Porsche esposti al Museo: una 356 argento e una 904 rossa della svizzera Scuderia Filipinetti.

Limousine prodotta da Carette nel 1908. Come tutti i pezzi in esposizione, anche questo è in perfette condizioni originali, stupefacenti dopo oltre un secolo.

“Motorwagen” (veicolo a motore) prodotto da Märklin nel 1904. La produzione Märklin dei primi anni del secolo scorso seguiva fedelmente l’evoluzione dell’automobile.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


Sicuramente frutto di una scelta a priori è la scarsa presenza di veicoli militari, cannoni, carri armati, soldatini, peraltro importanti nei cataloghi dei produttori. I soggetti in esposizione variano negli anni e se qualche pezzo può mancare, ne vengono aggiunti altri altrettanto importanti e affascinanti. Nei primi anni di apertura del Museo, grandi vetrine erano dedicate alle marche iconiche dell’automodellismo: Schuco, Gama e anche Dinky Toys. Poi sono sparite, forse ritenute troppo commerciali e, nell’ultimo caso, senza lo spirito e la cultura teutonica del giocattolo. C’era anche una grande pista slot-racing Carrera in scala 1:24 (tedesca), ma è sparita Il Blue Bird 1931, auto da record di Malcolm Campbell, prodotto dalla Günthermann nello stesso anno. Motore a orologeria, lunghezza mm 515. Tutti gli esemplari in lamierino litografato in perché del tutto insignificante per i bambini di esposizione (quasi tutti di produzione tedesca ante-1940) hanno lunghezze di diecine di centimetri. oggi, cresciuti a videogames e realtà virtuale. Ogni anno viene organizzata un’esposizione temporanea a tema: nel 2020 era dedicata ai 50 anni dalla prima vittoria Porsche a Le Mans attraverso modelli in scala 1:43 e in dimensioni più grandi, tutti reperibili in commercio.

L’ingresso del Museo Hans-Peter Porsche ad Aufham, Baviera, Germania. L’edificio è stato progettato dall’architetto berlinese Volker Staub con grande razionalità e rispetto delle esigenze e comodità dei visitatori. Copre una superficie di 2.500 metri quadri organizzati su due piani espositivi oltre a un ristorante, uno shop ricco di ottime proposte, un favoloso plastico ferroviario in scala H0, una sala per eventi ed esposizioni, normalmente dedicata alle auto Porsche.

Dove, come e quando

Il Museo (www.hanspeterporsche.com) si trova ad Aufham, paesino accanto ad Anger nel Berchtesgadener Land. L’uscita autostradale più vicina (5 km) è Bad Reichenall, cittadina termale prima del confine austriaco verso Salisburgo, che dista una quindicina di chilometri. Il Museo è aperto tutti i giorni escluso lunedì. Ottimo il bar-ristorante e rilassante il vasto parco verde di 20.000 mq. attrezzato con giochi per i più piccoli.

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI


I PIU’ GIOVANI SCELGONO IL MUSEO PIU’ VECCHIO E le donne prestano più attenzione alla storia del motorismo d’epoca. Roberto Vellani

Ragazzi di Brescello in vista al Museo

Il Museo dell’Automobile di San Martino in Rio vanta un primato eccezionale, quello di essere la prima raccolta d’auto d’Italia, in sostanza il primo museo del Paese. Oggi fa piacere rilevare che il museo più vecchio è apprezzato dal pubblico più giovane. Grazie all’esperienza pluriennale in visite guidate, ho notato che le domande più competenti vengono poste dal mondo giovane e femminile. E confesso che la constatazione di questa mutata realtà mi ha stupito non poco considerato che l’ambiente collezionistico, storico e museale è prevalentemente coniugato al maschile. Tale tendenza ha avuto conferma nelle due manifestazioni che si sono potute svolgere in autunno, la Motor Gallery di Modena del 26-27 Settembre e Automotodepoca di Padova del 22-25 Ottobre. Nel primo caso abbiamo esposte tre auto centenarie (Zedel DB, Aquila Italiana e Ford T), nel secondo una Matra Djet da corsa, una Aquila Italiana del 1910 e la De Lorean GMC protagonista del film di Zemeckis “Ritorno al Futuro”. Il pubblico è stato principalmente di persone under 40, probabilmente gli “over” hanno risentito del timore contagio. Ma ciò che mi ha stupito di più è stato il rilevare che a porre domande erano principalmente coppie di ragazzi dove lui chiedeva qualche dato tecnico e la ragazza era interessata alla storia, agli aneddoti, allo stile di vita dell’epoca. Questa tendenza si sovrappone perfettamente con le visite guidate al Museo di San Martino in Rio dove il metro dell’interessamento viene misurato con le domande che vengono fatte e dalla percentuale di visitatori che resistono fino alla fine della visita (alcune ricerche Anna ammira un' Aquila Italiana del primo Novecento confermano che la soglia di attenzione in un adulto difficilmente supera i 20 minuti, soprattutto se postprandiali, mentre gli studenti arrivano a 35). Sempre più spesso i “resistenti” sono la parte femminile del gruppo. Spesso le giovani coppie, conoscendo bene le auto youngtimer, vedono per la prima volta le ancêtres d’anteguerra e rimangono ammirate dalle soluzioni tecniche ed estetiche, degne di autentiche opere d’arte. Se questa tendenza proseguirà nei prossimi anni ci troveremo davanti ad una nuova e rinnovata stagione per il motorismo storico. D’altronde, come disse D’Annunzio, l’Automobile è femmina!

AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO COMMISSIONE STORIA E MUSEI



LA RIVISTA DEI MUSEI A CURA DELLA COMMISSIONE STORIA E MUSEI DELL’AUTOMOTOCLUB STORICO ITALIANO


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.