Lezioni complessive
AbellA Le testimonianze, la cittĂ , l'anfiteatro, le necropoli
Le fonti ed i prodotti •
Il territorio di Avella è stato frequentato fin dall'antichità più remota: lo testimoniano i rinvenimenti del periodo neolitico ed eneolitico. L'importanza del luogo era dovuto principalmente alla presenza del fiume Clanio che consentiva il collegamento con il mar Tirreno, attraversando l'intera area avellana. • La nascita di un vero e proprio abitato, chiamato "Moera", viene fatto risalire ai Greci (forse Calcidesi) così come ci tramandano diversi autori antichi (Servio, Giustino). Nella realtà le testimonianze archeologiche si limitano al periodo romano quando l'abitato, col nome di Abella (forse derivato dall'etrusco "ablona", mela), fu distrutto dai Sanniti nell'87 a.C. per essere rimasto fedele a Roma durante la guerra sociale. Fu municipio e poi colonia. Lo stesso Virgilio, che la chiama "Malifera Abella", cioè terra feracissima di mele ed altri frutti, ne parla nell'Eneide ove racconta come il piccolo centro si dimostrò assai coraggioso e si schierò dalla parte di Turno contro Enea. • Altrettanto positivamente ne parlano Silio Italico, Strabone e Tito Livio che ne lodano i prodotti della terra, in special modo le nocciole, che, come ricorda nei suoi testi Plinio, da essa presero il nome di "avellanae".
Quel che resta dell’antica Abella… • Dell'antica Abella restano in vista alcuni monumenti e parte della struttura urbanistica antica. L'asse viario principale, la "plateia massima" è ancora identificabile con il Corso Vittorio Emanuele che collegava i due estremi della città dove troviamo l'Anfiteatro (località San Pietro) e le necropoli (località Casale). Il foro era probabilmente ubicato nell'area della chiesa di San Pietro.
La struttura urbana • Caratteristica romana è la struttura urbana a scacchiera; Avella venne costruita seguendo il principio dei cardi e dei decumani, i primi orientati lungo la direttrice nord-sud ed i secondi lungo quella est-ovest; il "decumano major", oggi identificabile con il Corso Vittorio Emanuele conduce direttamente all'anfiteatro, a doppia arcata e con pianta ellittica, completamente nascosto dalle piantagioni di nocciole e le cui dimensioni lasciano chiaramente immaginare la grandezza che aveva la cittadina in quell'epoca. Anche il ritrovamento lungo la via Popilia di 3 maestosi monumenti funerari risalenti al I sec. a.C. e perfettamente conservati, oltre ai resti dell' acquedotto detto di "San Paolino" lungo il corso dell'alto Clanio sono fondamentale prova dell' importanza assunta dall'antica Abella.
La struttura urbana • Caratteristica romana è la struttura urbana a scacchiera; Avella venne costruita seguendo il principio dei cardi e dei decumani, i primi orientati lungo la direttrice nord-sud ed i secondi lungo quella est-ovest; il "decumano major", oggi identificabile con il Corso Vittorio Emanuele conduce direttamente all'anfiteatro, a doppia arcata e con pianta ellittica, completamente nascosto dalle piantagioni di nocciole e le cui dimensioni lasciano chiaramente immaginare la grandezza che aveva la cittadina in quell'epoca. Anche il ritrovamento lungo la via Popilia di 3 maestosi monumenti funerari risalenti al I sec. a.C. e perfettamente conservati, oltre ai resti dell' acquedotto detto di "San Paolino" lungo il corso dell'alto Clanio sono fondamentale prova dell' importanza assunta dall'antica Abella.
Il cippus Abellanus • Cippus Abellanus", un blocco di pietra con incisa in lingua osca l'attestazione di un accordo stipulato fra Nola ed Abella per l'utilizzo di un territorio comune sul quale sorgeva un santuario dedicato ad Ercole. Il "Cippus Abellanus", del 150 a.C., ritrovato fra le rovine del Castello di Avella è attualmente conservato nel Seminario Vescovile di Nola.
L’ A N F I T E A T R O
L’anfiteatro
•
L’anfiteatro di Avella può essere considerato come uno dei più antichi della Campania. Esso, infatti, fu costruito tra il primo secolo d.C. ed il secondo secolo d.C. nell’odierna località S. Pietro, al posto delle abitazioni distrutte durante la guerra tra Mario e Silla. Annoverato tra gli anfiteatri costruiti su terrapieno e dimensionalmente molto simile a quello di Pompei, l’anfiteatro di Avella fu eretto in "opus reticolarum" di tufo in parte appoggiato all’angolo SE delle mura perimetrali della antica città, in parte ad un pendio naturale ed in parte (lato Sud) a grosse costruzioni a volta.
• Esso sorgeva all’estremità orientale del "Decumano maior" (l’attuale Corso Vittorio Emanuele) all’altro capo del quale era il foro (nelle vicinanze dell’attuale Piazza). A differenza di anfiteatri più recenti come, per esempio, il Colosseo o l’anfiteatro Flavio di Pozzuoli, nel monumento avellano sono totalmente assenti sotterranei e cunicoli.
• Ad essa era possibile accedere attraverso dei "vomitoria" disposti sull’asse maggiore dell’ellisse ("itinera magna"). All’arena, situata al di sotto del piano di calpestio circostante, si accedeva attraverso due porte principali: la "porta triumphalis", orientata in direzione della città, e, dal lato opposto, la "porta libitinensis" dalla quale venivano portati via i gladiatori morti in combattimento. Una terza porta, più piccola nelle dimensioni e, probabilmente, riservata ai giudici, si apre sul lato Ovest; di fronte ad essa si evidenzia un ambiente con tracce di un’edicola riservata ad un dio al quale i gladiatori si "raccomandavano" prima del combattimento.
Il Castello
• Il Castello si erge a nord della città, sulla vetta di una collina e, secondo la tradizione, sorge sulle rovine di un antichissimo tempio pagano dedicato ad Ercole. Tra le sue rovine fu rinvenuto, nel 1685, il "cippus abellanus" (circa 150 a.C.), iscrizione in lingua osca recante la convenzione tra Abella e Nola inerente i terreni in mezzo a cui sorgeva un comune tempio di Eracle, attualmente custodita presso il Seminario Vescovile di Nola. La costruzione sorse ad opera dei Longobardi nel VII secolo d.C.. Fu sede poi del Baroni di Avella, che appartenevano alla dinastia dei Normanni, dei Del Balzo, degli Orsini e dei Doria del Carretto. • Strutturalmente si può dire che il Castello rappresenta un sunto di tutte le tecniche costruttive medioevali: infatti, le torrette all'interno sono longobarde, quelle esterne normanne e il "Maschio" o "Mastio" è svevo-angioino.
l’AntiquArium •
L'Antiquarium Archeologico di Avella, realizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Avellino, raccoglie alcune preziose testimonianzie del ricco passato di questa cittĂ . Infatti in una sintesi espositiva abbastanza esauriente, sono esposti i risultati delle ricerche della Soprintendenza Archeologica di Avellino nell'area della Bassa Irpinia ed in particolare ad Avella. I vasi, gli oggetti votivi, i corredi funerari esposti, puntano ad inquadrare il territorio avellano sotto il profilo geo-morfologico e la frequentazione del territorio a partire dalle prime fasi insediative a quella pre-romana e romana. Interessanti sono i vasi ceramici dipinti esposti e l'attenzione riposta riguardo allo sviluppo dell'iconografia sacra e delle iscrizioni pubbliche. Sono inoltre presenti riproduzioni di manufatti di particolare interesse con didascalie o schede di illustrazione.
Cratere e Lekane a figure rosse
Ciotola d’impasto e bracciali di bronzo
L’ESERCITO ROMANO
L’ordinamento dell’esercito romano (che rimase in vita per tutto il periodo repubblicano, nonostante alcune importanti modificazioni) è antichissimo: si basa sulla divisione dei cittadini in centurie (attribuita dalla tradizione a Servio Tullio) . Far parte dell’esercito romano era un onore, un privilegio, prima che un dovere: il soldato doveva pagare da sé l’equipaggiamento, e il cavaliere il cavallo; i nullatenenti non facevano parte dell’esercito.
I cittadini pi첫 ricchi (18 centurie della I classe) formavano la cavalleria (equitatus)
le prime tre classi formavano la fanteria pesante (pedites)
pedites:
hastati (soldati di prima linea, i piĂš giovani) principes (di seconda linea, di etĂ piĂš matura) triarii (di terza linea, veterani di riserva)
arcieri
equites
velites
hastati
triarii
auxilia leggero
gladiatori velites
cane da guerra
Armi di offesa (tela) di tutta la fanteria pesante La spada corta a due tagli: gladius (pendeva al fianco sinistro per gli ufficiali, al lato destro per i soldati, affinchÊ non fossero impediti dallo scudo che portavano sul braccio sinistro. Era appesa a un cingolo (balteus) o bandoliera di cuoio. Due lance da getto: pila (lunghe fino a 2 m.; si lanciavano a una distanza di 25 m., ma potevano essere lanciate anche per mezzo di una striscia (amentum) e allora la portata era di 60 m.). La lancia da urto: hasta (di legno, con punta di ferro a due tagli). Il verutum, verettone, specie di giavellotto, ma piÚ leggero. Le glandae, piccole palle di piombo lanciate con la fionda dai funditores (frombolieri). La sagitta, freccia di legno che i sagittarii lanciavano con l’arcus.
Armi di difesa (arma o armaturae) Lo scudo: scutum (rettangolare, incurvato, di legno e cuoio, di origine sannitica, II e III classe) clipeus (rotondo, di bronzo, proprio della I classe). L’elmo di cuoio: galea (rinforzato di metallo, con due bande di cuoio (bucculae) annodate sotto il mento). L’elmo di bronzo: cassis (senza visiera). La corazza di bronzo: lorica. Gli schinieri di bronzo: ocreae. La cavalleria aveva le stesse armi, ma per scudo aveva la parma leggera e rotonda.
La fanteria leggera (velites, anticamente rorarii) era composta da cittadini della IV e V classe, che avevano uno scudo rotondo e leggero; fra i velites c’erano anche i funditores (frombolieri). Archi e frecce erano propri delle truppe ausiliarie (auxilia) formate da truppe extraitaliche. La cavalleria era divisa in 10 squadroni (turmae) di 30 uomini ognuno; ogni turma in tre decuriae.
Elmi Galea legionario
Galea centurione
Galea imperiale
Gladius
vagina capulus
Gladio (Londra - British Museum)
Scutum
l’impugnatura
Cingulum
galea
capulus
vagina
balteus
scutum
Humeralia
Lorica
Legio Romolo, fondando Roma, creò la legione ( da legere = scegliere, perchÊ i soldati erano scelti nella leva militare) per difendere la città ; egli ne aveva formata una di 3000 fanti e 300 cavalieri, ma questa crebbe col crescere dello stato (secondo la tradizione, infatti, Romolo divise il popolo nelle tre tribÚ dei Tities, dei Ramnes e dei Luceres, ognuna delle quali doveva fornire 1000 fanti divisi in 10 centurie, e 100 cavalieri); inoltre, alle legioni romane si aggiunsero le cosiddette legioni alleate o socie, composte da alleati (socii) che occupavano, in genere, le ali dello schieramento.
Polibio cosÏ descrive la legione: 4200 fanti: 2100 principi 1200 astati 600 triarii 1200 veliti 300 cavalieri romani 600 cavalieri alleati Tale forza aumentò fino ad arrivare a 6000 uomini, in genere, le ali dello schieramento.
I fanti dei primi tre ordini costituivano i veri legionarii; ogni ordine si divideva in 10 manipoli: i manipoli dei triarii erano di 60 uomini; i manipoli degli hastati e veliti erano di 120 uomini; tutti erano disposti su 10 righe, formavano quindi 6 file i triarii e12 gli altri. Ogni manipolo si divideva poi in 2 centurie, cosicchĂŠ avevano 3 file per centuria i triarii e 6 gli altri; ogni centuria si divideva in decurie, cosĂŹ ogni decuria formava una fila. I veliti erano divisi in 30 drappelli di 40 uomini ed erano addetti ai 30 manipoli dei legionari. I 300 cavalieri erano ripartiti in 10 torme (plotoni) di 30 cavalieri ognuna; ogni torma era divisa in 3 centurie (file).
VELITES si occupavano di aprire lo scontro creando scompiglio tra le linee nemiche. Erano armati di scudo rotondo, lancia e spada.
Questa tabella è stata costruita con le informazioni ricavate da "Lo Specchio dell'Occidente" e dalla "Storia di Roma dalla sua Fondazione" di Tito Livio.
HASTATI
EQUITES proteggevano i fianchi della cavalleria e appoggiavano gli attacchi della fanteria
erano i soldati alle prime armi e sostenevano la parte più grossa dello scontro. Erano armati con lancia (hasta), elmo, scudo rettangolare, cotta di maglia, schinieri e spada. La lancia col tempo si accorciò e diventò un giavellotto (pilum). PRINCIPES originariamente erano i primi a combattere (pincipes=primi), ora intervenivano quando gli hastati erano in difficoltà. Erano armati di elmo, scudo rettangolare, corazza, cotta di maglia, schinieri e spada. TRIARII erano i veterani ed entravano in battaglia quando le sorti della guerra volgevano al peggio. Erano armati di elmo, scudo rettangolare, corazza, cotta di
EQUITES proteggevano i fianchi della cavalleria e appoggiavano gli attacchi della fanteria
L’obbligo del servizio militare andava dai 17 ai 60 anni, ma i Romani prestavano realmente servizio fino a 45 anni (iuniores); i più anziani (seniores) erano addetti ai servzi territoriali. Il servizio non era continuativo ed i Romani erano chiamati alle armi quando occorreva, per mezzo delle leve (dilectus), ed in caso di estrema necessità vi era la leva in massa (tumultus). Per accedere ai servizi pubblici bisognava assolvere al servizio militare: 16 anni per la fanteria, 10 in cavalleria; ma questi tempi furono poi accorciati. Con Mario, Cesare e Augusto furono ammessi anche i cittadini dell’ultima classe, poi i barbari e gli schiavi. Con Augusto l’esercito divenne permanente. Un esercito in armi non poteva entrare in città, tranne per il trionfo.
Della legione facevano parte anche i corpi militari che in battaglia cooperavano con la fanteria, come la cohors fabrorum, operai militari che sotto la guida di un praefectus fabrum ( = fabrorum) riparavano le armi, apprestavano travi, assi e tutto ciò che era necessario alla vita del campo; i suonatori che per mezzo di trombe davano i segnali militari (nella fanteria si usava la tuba, lunga e diritta, nella cavalleria il cornu ricurvo), ed altri corpi specializzati. A capo di tutto l’esercito era il console o il pretore (dux), che in caso di vittoria veniva proclamato imperator. La sua insegna era il paludamentum, di colore bianco o purpureo, che veniva indossato sopra l’armatura. Aveva alle sue dipendenze due o tre luogotenenti (legati), il questore, che aveva funzioni amministrative, il praefectus fabrum, che comandava il genio militare.
Anche i popoli alleati contribuivano a formare l’esercito romano. I contingenti di truppe alleate (socii), forniti dalle città federate, erano organizzati in alae, perché combattevano alle due ali dell’esercito. Ogni ala era formata da un dato numero di cohortes, composte dai soldati di una sola città e comandate da un ufficiale di quella città (praefectus cohortis). Romani erano invece i comandanti delle alae (praefecti sociorum), come romano era il comandante della cavalleria alleata (praefectus equitum). Oltre alle truppe romane e alleate c’erano truppe di popoli che spontaneamente si univano all’esercito romano e che prendevano il nome di auxilia. Vi erano anche i volontari che prendevano il nome di evocati. Un corpo speciale era la cohors praetoria, costituita da soldati provati e fedeli, che erano adibiti a guardia personale del dux.
In età imperiale l’esercito divenne permanente: era un esercito mercenario arruolato per la durata di 25 anni, che veniva mantenuto e stipendiato, e partecipava alla divisione del bottino di guerra. A servizio finito i soldati andavano in congedo (missio), ma, volendo, potevano ancora rimanere nelle file dell’esercito (evocati Augusti). Le legioni sotto Augusto furono 25, sotto Settimio Severo 33; esse avevano un numero e un nome che indicava per lo più il paese dove avevano compiuto notevoli fatti d’arme (ad es.: legio quinta Macedonica).Il comandante della legione si chiamava legatus Augusti pro praetore. Ogni legione mandava qua e là dei distaccamenti (vexillationes), o come guarnigione di qualche città, al comando del praefectus castrorum, o come distaccamento marciante, al comando del praepositus.
Durante l’impero si crearono anche corpi speciali: i praetoriani, guardia imperiale comandata dal praefectus praetorio (o praetorii); le cohortes urbanae, guardia civica, comandata dal praefectus urbi (o urbis); le cohortes vigilum, guardia alle prigioni e vigili del fuoco, al comando del praefectus vigilum.
SIGNA Ogni legione aveva per insegna un’aquila d’oro ad ali spiegate, portata sulla cima di una grande asta dall’aquilifer (alfiere); vi erano anche insegne particolari per ogni corpo della legione (coorte, manipolo o torma); perciò ogni legione ebbe: • l’aquila che simboleggiava l’intera legione; • bandiere (vexilla) per 10 coorti; • 60 bandiere minori (signa) per le 60 centuriie,simili a bandiere minori per le torme.
SIGNA Tali bandiere erano affidate ai migliori soldati (signiferi) ed erano sacre; di fronte ad esse i soldati giuravano; perderle era un delitto punito con rigore. Le turmae di cavalleria avevano uno stendardo (vexillum) portato dal vexillifer. I comandi militari venivano dati a voce (signa vocalia) o con strumenti a fiato (tuba, cornu, bucina, lituus); sempre con la tuba (tromba) ceniva dato il segnale d’attacco (classicum).
LE NAVI ROMANE
LA FLOTTA ROMANA
Era composta da navi che potevano essere a due ordini di remi (biremis), a tre (triremis), a quattro (quadriremis), a cinque (quinqueremis) e che, a seconda della loro velocitĂ e degli usi ai quali erano adibite, si dividevano in: naves longae: di forma allungata e molto veloci, erano le vere navi da guerra; naves actuariae: molto leggere, servivano per ricognizione e trasporto di truppe; naves liburnicae: velocissime, talvolta anche con 10 ordini di remi; naves onerariae: molto ampie, servivano per il trasporto delle merci ed erano generalmente a vela; naves speculatoriae: servivano per spiare le mosse della flotta avversaria; naves tabellariae: piccole navi che servivano per recare dispacci da porto a porto.
Capo della flotta era sempre il dux, che in quanto comandante della flotta prendeva il nome di praefectus classis. Il comandante di una singola nave era il praefectus o magister navis, che aveva come subordinati: il gubernator, cioé il pilota/nocchiero, e i decuriones, cioé i comandanti delle sezioni dei rematori. L’equipaggio era composto di rematori (remiges), reclutati tra gli schiavi, e di marinai (nautae) per lo più proletari o liberti o forniti dagli alleati (socii). C’erano poi i soldati di marina (classiarii). Sotto Augusto la flotta da guerra divenne permanente e fu divisa in due squadre: la flotta del Mediterraneo, con stanza a Miseno, e la flotta dell’Adriatico, con stanza a Ravenna. Altre squadre furono poi costituite quando si fece urgente il problema della difesa dei confini dell’impero: si ebbero così la classis Pontica (sul Mar Nero), la classis Britannica (nel Mare del Nord) e le squadre navali fluviali (sul Reno, sul Danubio ecc.)
DICTATOR Era una carica pubblica del tutto straordinaria, affidata dal senato a persona autorevole in caso di gravi contingenze: durava 6 mesi. Si eleggeva il dittatore anche in tempi di pace per compiere atti particolari politici o religiosi, come, ad esempio, per presiedere i comizi, per solennità religiose e per piantare il chiodo nel tempio di Giove Capitolino, il 13 settembre, cerimonia che serviva per numerare l’anno. Il titolo del dittatore eletto in tempo di pace era dictator imminuto iure, mentre quello del vero dittatore era dictator optimo iure. IMPERATOR Era titolo che spettava al capo supremo dell’esercito; solo al tempo di Augusto il titolo si identificò con princeps e significò “capo supremo dello stato”.
MAGISTER EQUITUM Quando un cittadino era eletto dictator, eleggeva un aiutante: il magister equitum, che non aveva imperium, ma solo potestas consularis. Comandava la cavalleria ed esercitava le funzioni che il dittatore gli delegava; aveva diritto alla sella curulis, alla praetexta, a 6 littori. (Omissis equis: quando il comandante scendeva da cavallo, anche i cavalieri dovevano fare altrettanto).
TRIBUNUS MILITUM A capo di ogni legione vi erano 6 tribuni militari che esercitavano il potere 2 alla volta per 2 mesi: i comandanti si alternavano ogni giorno. Gli ufficiali dell’esercito romano non erano ufficiali di carriera, ma uomini politici che cominciavano a mettersi in luce attraverso il servizio militare.
IMPERIUM L’imperium è l’insieme dei massimi poteri dei magistrati, sia in campo amministrativo sia militare. In origine era il potere esclusivo ed illimitato dei re; durante la repubblica ebbero l’imperium solo i due consoli, i pretori, il dittatore e, eventualmente, il suo magister equitum, l’interrex ed i membri di alcune commissioni speciali. Gli altri magistrati ebbero la potestas, che conferiva il diritto di pubblicare gli edicta, di convocare il popolo o il senato, di infliggere multe. Oltre a questi iura , l’imperium dava il comando degli eserciti, la facoltà di imprigionare, flagellare e mettere a morte i cittadini, la facoltà di tutelare gli interessi privati nei processi. Simboli dell’imperium erano i littori con i fasci e le scuri.
All’interno della città l’imperium era limitato dall’intercessio (diritto di veto di cui ogni magistrato disponeva), dalla provocatio (diritto dei cittadini di appellarsi ai comizi centuriati o tributi) e dal controllo dei tribuni; tali limiti si manifestavano con la deposizione dei fasci con le scuri da parte dei littori. L’imperium era conferito da una legge dei comizi curiati e non poteva essere sottratto a chi lo deteneva; i magistrati abdicavano all’imperium allo scadere della carica.
AUCTORITAS E’ un termine giuridico che assume vari significati (validità, legittimità, autenticità ...). Riferito a persone, indica una posizione di superiorità da cui scaturisce una capacità d’iniziativa, garanzia, tutela verso gli inferiori. Mentre imperium e potestas designano poteri specifici connessi con l’esercizio delle magistrature, l’auctoritas deriva dalla collocazione sociale di un cittadino, dalle sue qualità (il significato, dunque, si confronta con quello di dignitas).
CASTRA
PORTA DECUMANA (LATO POSTERIORE)
FOSSATO
t
t
t
t
t
t
t
t
t
t
t
i
h
i
p p p p p p
d
c
b
a
f
e
d
c
b
a
f
e
d
c
b
a
f
e
d
c
b
a
f
e
d
c
b
a
1° man.
a
b
c
d
e
f
2°
a
b
c
d
e
f
3°
a
b
c
d
e
f
4°
a
b
c
d
e
f
5°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
6°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
7°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
8°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
9°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
a
b
c
d
e
f
10° man.
50 passi
INTERVALLO
100 50
VIA QUINTANA
INTERVALLO
e
PRAETORIA
f
VIA
INTERVALLO
VIA PRINCIPALIS
200
50
l
100
FORUM
100
LARGA (O "CARDO")
100
C t
VACUUM
50
p p p p p p
n
100
h
n
100
i
QUAESTORIUM
n
100
l
200
i
100
n
100
VIA
n
100
n
m
100
n
m
100
n
m
100
n
m
100
n
VACUUM
m
100
m
100
m
200
m
PORTA PRINCIPALIS SINISTRA
m
VIA DECUMANA
m
200
STECCATO
INTERVALLO
PORTA DECUMANA (LATO POSTERIORE)
FOSSATO STECCATO
m
m
m
m
n
n
n
n
n
VACUUM
VIA l
i
h
QUAESTORIUM
p p p p p p
t
t
t
t
t
m
m
m
m
n
n
n
n
n
t
VACUUM
LARGA (O "CARDO")
100
C
200
i
100
m
FORUM t
t
t
t
t
t
l
i
h
i
p p p p p p
e
d
c
b
a
1° man.
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
2°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
3°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
4°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
5°
a
b
c
d
e
f
INTERVALLO
f
PRAETORIA
INTERVALLO
VIA PRINCIPALIS
VIA QUINTANA e
d
c
b
a
6°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
7°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
8°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
9°
a
b
c
d
e
f
f
e
d
c
b
a
a
b
c
d
e
f
VIA
f
10° man.
50 passi
INTERVALLO
PORTA PRAETORIA (LATO FRONTALE) 200
100
50 50
100
100
50 50 50 50 50
100
250 piedi 2150 piedi 635.33 metri
100
50 50 50 50 50
100
100
50 50
100
200
PORTA PRINCIPALIS SINISTRA
m
VIA DECUMANA
INTERVALLO
PORTA PRINCIPALIS DEXTRA
• LEGENDA C - praetorium t - tribuni militari p - prefetti alleati a - cavalieri romani b - triari romani c - principi romani d - astati romani e - cavalieri alleati f - fanti alleati h - cavalieri extraordinarii i - fanti extraordinarii l - volontari m - fanti scelti alleati n - cavalieri scelti alleati 1 piede = 0,2955 m. 1 passo = 5 piedi Dimensioni campo: Larghezza: 2.150 piedi (635.33 m.); Lunghezza: 2.150 piedi (635.33 m.); Area: 403.644,2 mq. Perimetro: 2.541,3 m.
CASTRA Quando l’esercito si fermava, anche per una sola notte, si costruiva l’accampamento. Il dux mandava avanti un distaccamento di exploratores, con un augure, un tribuno e due centurioni. L’augure aveva il compito di trarre gli auspici in modo che il campo fosse tracciato secondo le prescrizioni del rito religioso. Gli agrimensori (gromatici) effettuavano i rilievi, tracciavano il perimetro che veniva fortificato da un terrapieno (agger), alto più di due metri, intorno al quale correva un fossato (fossa), largo poco meno di quattro metri e profondo circa tre metri. Sull’agger si ergeva il vallum, la palizzata.
L’accampamento aveva forma quadrangolare, diviso in 4 parti uguali da due vie che si incrociavano perpendicolarmente al centro. La via che segnava la larghezza dell’accampamento (direzione sud-nord) si chiamava cardo; quella che ne segnava la lunghezza (direzione est-ovest) si chiamava decumanus. Tutte le altre vie erano parallele o al cardo o al decumanus. La via principale di tutto l’accampamento si chiamava decumanus maximus.
Ognuno dei quattro lati dell’accampamento aveva una porta: porta praetoria, di fronte al nemico; porta decumana, quella opposta; porta principalis sinistra; porta principalis dextra. L’interno dell’accampamento era diviso in 7 strade: via principalis che congiungeva le due porte laterali; via quintana, perché larga 5 piedi, parallela alla principale; cinque vie che intersecavano ad angolo retto la via quintana.
Davanti alle quattro porte c’erano i posti di guardia (stationes o procubitores, di notte) e lungo il trinceramento le sentinelle (excubiae, di giorno) che di notte (vigiles o vigiliae) si cambiavano ogni 3 ore (perciò si chiamavano: primae, secundae, tertiae, quartae vigiliae); altre sentinelle erano poste: sui terrapieni (custodiae), presso la tenda del comandante dei tribuni, presso i bagagli ... Vicino alla porta praetoria c’era la tenda del comandante e il suo quartier generale (praetorium), fiancheggiata dal forum, tenda dei due legati, e dal quaestorium, tenda del questore. Subito dopo la via praetoria erano accampati gli equites, poi i triarii, i principes, gli hastati, la cavalleria alleata, la fanteria alleata. Viuzze, dette strigae, correvano fra le varie specie di truppe.
Gli accampamenti potevano essere temporanei o permanenti (castra stativa): questi ultimi potevano essere aestiva, fatti di sole tende, o hiberna, per l’inverno, con baraccamenti di legno. Le tende erano di pelle o di tela: tabernacula erano quelle per gli ufficiali, tentoria quelle per i soldati.
Aquila imperiale romana
TRIUMPHUS Il trionfo era il maggiore onore che si attribuiva al vincitore. Per ottenerlo era necessario avere ucciso almeno 5000 nemici o aver riportato una vittoria decisiva sul nemico. Il trionfo era decretato dal senato che ne stabiliva il giorno. Il vincitore, che indossava vesti di porpora, entrava in Roma dalla Porta Triumphalis su un cocchio dorato, tirato da quattro cavalli bianchi; portava in capo una corona d’alloro; un servus publicus stava alle sue spalle, protendendone sulla testa un’altra d’oro. Precedevano il cocchio i tibicines che suonavano marce militari, soldati che recavano carri col bottino di guerra, cartelli indicanti il nome dei popoli vinti e dei prigionieri più importanti; faceva ala il popolo esultante che gridava verso il vincitore “Io triumphe!”.
Giunto il corteo nel Foro, i prigionieri venivano di solito gettati in carcere e talvolta alcuni erano uccisi; il corteo si dirigeva quindi verso il Campidoglio, dove il trionfatore era atteso dai senatori in veste candida; qui depositava la corona d’oro, una parte del bottino e rendeva
grazie a Giove Capitolino. L’esercito riceveva la preda spettantegli e veniva congedato. Se non c’erano tutte le condizioni richieste per il trionfo, al comandante vittorioso era accordata l’ovatio: egli, che indossava la toga praetexta ed aveva in capo una corona di mirto, avanzava a piedi ed offriva a Giove una pecora (ovis).
MACCHINE MILITARI Le macchine militari servivano principalmente durante gli assedi (obsidiones) , sia per respingere le sortite (eruptiones) degli assediati, sia per prendere d’assalto (oppugnatio) la città assediata. Le macchine erano le seguenti: le catapultae, per lanciare grossi dardi o pietre o palle di piombo contro le mura di una città o sul nemico; le ballistae, che erano simili alle catapultae, ma avevano tiro ad arco, mentre le catapultae avevano tiro diritto; gli onagri o carroballistae, catapulte e balliste più leggere e trasportabili. Le macchine finora elencate si chiamavano tormenta, dal verbo torqueo, perché l’impulso al proiettile veniva dato da corde elastiche. L’aries, l’ariete, lunga e grossa trave, munita all’estremità di un grosso pezzo di ferro a forma di testa d’ariete (da cui il nome), sospesa con catene a una impalcatura (vinea, testudo, arietaria), in modo da poter oscillare per percuotere e sbrecciare le mura o le porte di una città assediata;
le falaricae, macchine per lanciare proiettili costituiti di materiale incendiario; il tolleno, gru con la quale si calava nella città assediata un cesto pieno di soldati; le turres, torri di legno trasportabili, dell’altezza delle mura della città assediata, utilizzate per lo spionaggio e l’osservazione, per combattere gli assediati o per far penetrare nella città assediata i soldati lanciando ponti (exostra) che venivano agganciati alle mura della città; i plutei, parapetti mobili che proteggevano i soldati durante l’avanzata o servivano per nasconderli quando tiravano d’arco o di frombola.
Catapulta del I secolo a.C.
Una ballista è fondamentalmente una grossa balestra
Lo scorpione.
Uno scorpione romano è un'arma tendine-alimentata che assomiglia ad un grande arco posto obliquamente su una struttura. Ha una raggio tremendo e può infilzare un uomo con un singolo colpo!
Onagro
L'onagro è una catapulta scherzosamente chiamata cosÏ per la scossa tremenda che ha quando spara al nemico (un onagro è un asino selvaggio).
I maiali incendiari sono armi “ad un colpoâ€? progettate per spargere il panico ed il terrore fra i nemici, specialmente truppe a cavallo o su elefanti. I maiali sono ricoperti di pece, catrame ed olio e raggruppati verso il nemico. Al giusto momento, ai maiali viene dato fuoco ed essi fuggono via, verso il nemico. Oltre ad cozzare contro chiunque si metta sulla loro strada, i maiali sono immensamente disgregativi per le formazioni nemiche. Incutono inoltre spavento agli elefanti; in particolare questo è il loro impiego principale nella guerra. I maiali possono naturalmente essere utilizzati soltanto una volta durante la battaglia e pochi sopravvivono.
L’ESERCITO IN MARCIA E IN COMBATTIMENTO
L’esercito in marcia (agmen) era preceduto da exploratores e da speculatores (spie); si divideva in avanguardia (primum agmen), grosso (agmen), retroguardia (novissimum agmen). Il primum agmen procedeva con le salmerie (impedimenta) sue proprie e scortato da cavalieri; l’agmen era composto dalle legioni col grosso delle salmerie; il novissimum agmen era seguito da reparti di cavalleria. La marcia ordinaria era di 25 km (iter iustum) e in genere prevedeva una sosta ogni ora; poi vi era una marcia piÚ rapida (iter magnum o maius) di circa 40 km e infine la marcia forzata (iter maximum) che poteva raggiungere anche 50 km, con proseguimento notturno della marcia stessa.
I bagagli personali (sarcina) erano portati a spalla per mezzo di pali a cima forcuta (furca) e pesavano circa 30 kg. Vi erano contenuti i viveri per 15 giorni e gli attrezzi per la costruzione dell’accampamento. Gli altri impedimenta che costituivano il bagaglio più pesante erano portati a mezzo di carriaggi o caricati su bestie da soma (iumenta sarcinaria). Addetti ai bagagli erano i calones. L’esercito in ordine di battaglia (acies) poteva essere disposto o su di una sola linea (acies simplex) o su tre linee (acies triplex); in quest’ultimo caso le truppe erano così disposte: al centro i dieci manipoli degli hastati, sulla prima fila; ai lati la cavalleria romana, le truppe alleate, quelle ausiliarie; in seconda fila, tra gli intervalli della prima linea, c’erano i principes; dietro i manipoli dei principes stavano i triarii che intervenivano in caso estremo.
Prima che si iniziasse il combattimento, si molestava il nemico con truppe leggere, i velites, che si ritiravano appena il combattimento aveva inizio. Questa era la formazionetipo, ma naturalmente spettava al dux, quando il caso lo richiedesse, modificarla secondo i suoi intendimenti tattici.
Gli schieramenti dell’esercito romano
moenia testudo
orbiter cuneum
i ludi glAdiAtorii
I ludi circenses erano di diverso tipo: c'erano le gare di cocchi, predilette dalle signore; c'erano le cacce (venationes), in cui uomini variamente armati affrontavano belve di diverso tipo: tigri, pantere, leoni, orsi, tori; c'erano le esecuzioni ad bestias dei delinquenti, in cui i condannati venivano gettati in pasto alle belve o fatti morire di una morte atroce, di solito con il pretesto della rievocazione di qualche mito o episodio storico. Ma i preferiti erano i ludi gladiatori: il combattimento uomo contro uomo.
• I gladiatori, addestrati fino a divenire vere e proprie macchine da combattimento, gareggiavano uno contro l'altro con armamento uguale o differenziato, cercando di ferirsi o uccidersi a vicenda. In caso di sconfitta la sorte del vinto dipendeva dall'umore del pubblico: se tutti agitavano il fazzoletto, aveva salva la vita, se protendevano il pugno con il pollice all'ingiÚ (nel segno di "pollice verso") era la morte nell'arena. • Gli atleti impiegati in queste gare erano, in genere schiavi.
• Nella Roma imperiale, le corse dei carri, i LUDI CIRCENSES, avvengono nel circo, le rappresentazioni sceniche, LUDI SCAENICI, nel teatro, i combattimenti dei gladiatori, i MUNERA, nell'anfiteatro, gli spettacoli e le gare di atletica nello stadio. Nelle ultime file sta il popolo, mentre le autorità e le persone importanti occupano i posti migliori. Gli spettacoli sono molto costosi e le spese gravano sulle finanze dei magistrati. L'organizzazione dei giochi dei gladiatori si diffonde in tutte le città romane, perché sono per i politici strumento di popolarità. • Fino a Cesare i combattimenti dei gladiatori vengono effettuati nei Fori, in seguito i romani creano l'anfiteatro. i gladiatori dormono in celle nelle caserme e sono sorvegliati da guardie. Si dedica particolare attenzione alla loro efficienza fisica ed alla loro alimentazione, tanto che Seneca scrive: "Mangiano e bevono ciò che dovranno poi restituire con il sangue". Dopo il corteo e il saluto rivolto alle personalità più importanti: "AVE IMPERATOR, MORITURI TE SALUTANT", ha inizio il combattimento al suono di strumenti musicali. Il gladiatore sconfitto cede le armi e chiede la grazia all'organizzazione sollevando la mano sinistra o un dito.
• Se la grazia viene accordata, gli spettatori gridano "MISSUM", cioè libero, in caso contrario con il pollice verso dicono morte e il gladiatore porge la gola alla spada del vincitore. Non minore entusiasmo dello spettacolo dei MUNERA suscita nei romani quello delle VENATIONES, prima nel circo e poi nell'anfiteatro. I combattimenti avvengono o fra animali, leoni contro tigri, elefanti contro tori, o fra uomini e animali. Anche le NAUMACHIE, finte battaglie navali, sono molto apprezzate, ma costano molto e sono poco igieniche per i miasmi delle acque stagnanti.
• Lo spettacolo gladiatorio è sovente anticipato da prolusioni, ossia combattimenti incruenti con armi di legno, o addirittura dai pegnarii, sorta di funamboli (come i globetrotter nel basket) che mettono in scena parodie divertentissime dei combattimenti gladiatori, col fine di sciogliere il ghiaccio tra gli spettatori. Altri combattimenti pseudo gladiatori sono quelli di carattere militare. Gli equites ad esempio (cavalieri), i sagittari (arcieri) o i velites (giavellottisti scudati), non sono morituri destinati al sacrificio religioso, ma cittadini che amano cimentarsi davanti al pubblico (e assai disprezzati dai romani). Questi sono sempre riconoscibili dai morituri poichè indossano sempre una tunica, mentre i veri gladiatori, le voluptatis hostiae publicae (Tertulliano: le gradite vittime pubbliche) sono a petto nudo.
ProvocAtore s I Provocatores si specializzano in una lotta basata sulla collisione violenta dello scudo, usato come una ghigliottina o un'ascia-mannaia,
Marcus affonda di potenza il suo scudo sulla Galea di Leo, per riuscire a fermarne l'impeto
Parmulati vs. Scutati
Lucius affonda la sica supina nella spalla di Kratos
I sec. d.C - Sica supina (rudis in legno da allenamento)
Retiarii vs. Secutores
Lo scissor Antrax strappa il tridente dalle mani del retiarius Hyrpus
Pugilatus Caestis
Antrax apre in guardia probolè aperta, mentre Caius la tiene a pugni serrati
Il pugilato •
•
•
Le prime tracce generiche della pratica pugilistica risalgono al III millenio a.C. in Mesopotamia, e sono di natura rituale. I personaggi della mitologia combattono contro umanoidi con teste di animali, adottando sia tecniche di colpo proprie del pugilato, che di lotta. Dunque il pugilato nascerebbe come specializzazione preliminare di un feroce scontro di carattere rituale, di tipo totale. Come accadde molte volte nella storia, un esercizio propedeutico può diventare sport fine a se stesso e diffondersi nella società (vedi le discipline oplitiche e le olimpiadi antiche). Le tracce del pugilato passano poi alla civiltà minoica, attorno al II millennio a.C, la quale rappresenta sempre i duelli pugilistici tra uomini. Il I millennio a.C, a partire dal VIII secolo con le descrizioni di Omero, e poi con la nascita dei grandi agoni panellenici, è l'era dei greci. Di conseguenza a questi degli etruschi, e infine dei romani, sino al V secolo d.C.
Pugili assirobabilonesi British Museum - II millennio a.C.
Pugili minoici Thera - 1500 a.C.
Alcuni momenti del progetto
fine