7 minute read

Dove trovi Elon Musk e Orietta Berti

Azione 9 del 1 marzo 2021

Clubhouse, il social «esclusivo» basato sulle conversazioni in diretta, prende piede anche alle nostre latitudini. Amato dalle celebrità, in Cina ha aperto spazi di discussione. «Ma attenzione ai lati oscuri», dice Paolo Attivissimo

Romina Borla

In un mondo fiaccato dalla pandemia che ha un estremo bisogno di vicinanza e di comunicare, la parola pronunciata ritorna protagonista con Clubhouse, un social network basato appunto sulle conversazioni in diretta che comincia a diffondersi anche alle nostre latitudini. Esiste da marzo 2020 (alcune fonti dicono aprile), quando è stato lanciato dagli imprenditori della Silicon Valley Paul Davison e Rohan Seth. In Cina è riuscito ad aprire spazi di discussione libera su argomenti tabù, come la sorte degli uiguri o la situazione di Hong Kong e Taiwan. Ma è durato poco: a inizio febbraio il Governo lo ha bloccato.

La piattaforma è organizzata in «stanze», in soldoni delle chat vocali a cui si può partecipare alzando virtualmente la mano, e piace anche a Elon Musk. Infatti il fondatore di Tesla e SpaceX è di recente intervenuto in una room, mandando in tilt il social. L’evento, ritrasmesso in streaming su altri canali, ha fatto volare le quotazioni di Clubhouse. Sempre Musk ha ufficialmente invitato Vladimir Putin a entrare nella comunità. Comunità che comincia ad essere folta anche se il social – come suggerisce il suo stesso nome – è avvolto da una certa aura di esclusività. Come mai? In primo luogo è disponibile solo per iOS (quindi per iPhone e iPad, gli utenti di Adroid sono per il momento tagliati fuori dai giochi), inoltre si entra nel «club» solo se invitati da un membro. Le limitazioni sono dovute anche a fattori tecnici ma – sottolinea il giornalista informatico Paolo Attivissimo – sono soprattutto riconducibili a una strategia di marketing già usata in passato, ad esempio da Google con Gmail (accesso su invito): «Se ti chiedono di entrare in una comunità dove hai la possibilità di interagire con delle celebrità ti senti importante. Sei stimolato a partecipare». Così tanto che per un invito qualcuno è disposto a pagare. Reuters riferisce addirittura di un «mercato degli inviti» su piattaforme quali eBay e Craigslist.

Ma non è tutto oro quello che luccica, osserva l’intervistato. «I gestori del social assicurano che le conversazioni sono protette da un sistema di crittografia e il regolamento formalmente proibisce di registrare le discussioni, però è possibile aggirare facilmente il divieto con qualunque registratore esterno all’applicazione». Notizia di settimana scorsa: un utente è riuscito a catturare i file audio provenienti da alcune «stanze» e li ha trasmessi altrove in streaming.

Inoltre, aggiunge Attivissimo, le norme di privacy di Clubhouse avvisano che Alpha Exploration, l’azienda che lo gestisce, è la prima a registrare tutto temporaneamente per motivi di sicurezza. Attenzione dunque. «Clubhouse non è uno spazio protetto, come del resto nessun social. Le conversazioni non sono per niente private, sono pubbliche. Quindi un conto è parlare del più e del meno, un altro esporsi con argomenti sensibili... La voce identifica le persone con precisione, anche dal punto di vista legale. È sempre possibile negare di aver detto una certa cosa in una chat di testo: “Non sono stato io, mi hanno hackerato il profilo”. In una chat vocale è proprio la vostra voce a dire le cose che vi vengono contestate. Conosco gente finita in tribunale per aver ignorato questa differenza». Un altro elemento su cui riflettere: per accedere a Clubhouse bisogna concedere ai gestori l’accesso alla propria rubrica telefonica. Commenta Attivissimo: «Tutti i social media e i motori di ricerca raccolgono una marea di dati personali per venderli agli inserzionisti. Il loro modello commerciale si fonda totalmente su questo». Oggi – spiega l’esperto – il mondo della pubblicità online si basa su quella che si chiama profilazione degli utenti. Si creano cioè dei profili commerciali con gusti, abitudini e status sociale degli utenti. Questi ultimi verranno poi «stalkerizzati» con pubblicità personalizzate (alle quali hanno dato il loro consenso non troppo informato, accettando senza leggere il regolamento). «C’è chi parla di sorveglianza commerciale. Un meccanismo che può sfociare nella sorveglianza delle opinioni».

I social hanno un potere infinito, che in questo periodo pandemico è cresciuto. Sono capaci di trasmettere e amplificare idee, agitare le masse. Pensiamo a Navalny in Russia oppure ai profili bannati di Trump. I social sono entità potenti, dicevamo, che operano quasi a prescindere dalle frontiere. «È un problema serio», osserva Attivissimo. «Non esiste nessuna autorità transnazionale, tipo l’ONU, in grado di regolamentare la loro attività. E nessuno la vuole. Ogni Stato ha opinioni, limiti e regole differenti che intende difendere. Quello che è accettabile in un Paese è inconcepibile in un altro. Non è possibile mettere tutti d’accordo. Così il potere rimane in mano allo Zuckerberg di turno». È il magnate americano – padrone di Facebook ma anche di Instagram e WhatsApp (tra l’altro approdato su Clubhouse come utente) – a dominare la Rete, insieme a Google. Sono loro gli arbitri delle conversazioni globali. «È un allarme che gli addetti ai lavori lanciano datempo: Internet non è più un luogo aperto a tutti ma è diventato un insieme di giardini privati nei quali qualcuno ti dice cosa puoi dire o fare. E ciò che impone quest’entità non rispetta necessariamente la legge in vigore nel tuo Paese. Ma è così, prendere o lasciare». Nessuna soluzione in vista dunque. Non ci rimane che una cosa da fare, secondo il nostro interlocutore: rendere consapevoli gli utenti, informarli sull’ambiente insidioso in cui si muovono. Saranno poi loro a decidere se la realtà sia accettabile o meno.

Torniamo adesso a Clubhouse e al suo successo trainato dai Vip che lo hanno abbracciato. Non è chiaro il reale numero di membri attivi sul social. Si oscilla fra i due milioni dichiarati dai cofondatori e i quasi cinque milioni stimati ad esempio da piattaforme di analisi come Apptopia (a inizio febbraio). In ogni caso Clubhouse ha già ricevuto offerte di capitalizzazione spaventose. «Intanto Facebook – dice Attivissimo – continua la sue campagne di rinnovamento e di assimilazione degli elementi che potrebbero comprometterne il monopolio. Non mi sorprenderei se avesse già provato ad acquistare anche questo social basato sulle conversazioni».

Dalle chat politiche alle «stanze» a luci rosse

Andiamo in esplorazione. Dopo esserci registrati, spalancando fiduciosi la nostra rubrica e indicando i nostri interessi, entriamo in Clubhouse. Subito appaiono «stanze» in diverse lingue (cinese, russo e arabo compresi) dedicate agli argomenti più disparati, da «Women in business» a «Invidia tra i dipendenti», passando per le room di Amnesty international, benessere, psicologia, politica (ad esempio l’ucraina «Free Sternenko») ecc. Che dire poi di «How to sleep with different men and women» vietato ai minori? Sbirciando tra gli utenti in Ticino e Italia, ne riconosciamo tanti appartenenti al mondo dei media e della comunicazione (ad esempio di recente sulla piattaforma è intervenuto il direttore di «la Repubblica», Maurizio Molinari, per parlare del Governo Draghi e dell’attacco al convoglio italiano in Congo). L’accesso al «club» ci è stato regalato dal luganese Enrico Zamparo, uno che di social se ne intende. Infatti il 46.enne dopo la scoperta di un cancro al colon nel 2019 ha deciso di reagire con tutto l’umorismo di cui era capace, raccontando il suo percorso di guarigione su Facebook, Instagram e YouTube («Tumor with humor»). Adesso, insieme ad alcuni amici, vuole lanciare delle stanze ticinesi su Clubhouse (la prima martedì 2 marzo, alle 21.30, avrà come tema lo sviluppo di idee e talenti nella nostra realtà). Enrico ci fa notare il simbolo della piattaforma: la foto di un utente che ogni tanto cambia, segnalando tra le altre cose un aggiornamento completato. Il giovane ritratto ora nell’icona è Axel Mansoor, un cantautore conosciuto negli Usa, che sul social ha fondato «Lullaby club» dove ogni sera, dalle 21, performer e ascoltatori si uniscono per offrire e godersi musica rilassante. Prima di lui il volto ufficiale del social era un altro musicista: Bomani X. «I suoni ma soprattutto la voce – riprende Enrico – danno la sensazione di essere presenti a un evento e più partecipi rispetto ai messaggini. Entrare in Clubhouse è coinvolgente, ci puoi anche incontrare Elon Musk o altri personaggi interessanti che condividono pensieri (noi on air abbiamo trovato Orietta Berti, ndr.)». Suggestioni che possono anche andare in profondità e, come abbiamo visto in Cina, dare molto fastidio. Il social è la rivincita del contenuto sull’immagine (pensiamo a Instagram e TikTok). Propone tempi lunghi, quelli di una conferenza, a dispetto della velocità del mondo. Vedremo nei prossimi mesi quanto arriverà lontano.

This article is from: