Pellegrinaggio

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“Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che solletica la piena partecipazione dei sensi.“

Con il patrocinio e la collaborazione di

Autore della parte escursionistica Giuseppe Cauzzi, nato nel 1963 a Vicenza, dove risiede. Appassionato conoscitore della montagna vicentina nei suoi molteplici aspetti e apprendista conoscitore della montagna veronese. Socio del CAI di Vicenza dal 1995. Coautore del libro “I Sentieri Bambini - 27 itinerari tra Piccole Dolomiti e Massiccio del Grappa” (Cierre Edizioni Verona, 2005). Il libro ha ricevuto il premio “Gerla d’Argento” per il libro di montagna, indetto a Tolmezzo nel 2006 dalla Comunità Montana della Carnia; nello stesso anno è risultato “segnalato dalla giuria” al premio ITAS nell’ambito del Filmfestival della Montagna di Trento.

Basilica Santuario

Madonna della Corona B.I.M.Adige

Verona tutt’intorno

Comune di Soave

Comune di Recoaro Terme

David Le Breton (Il mondo a piedi)

Diocesi di Vicenza Ufficio Diocesano Pellegrinaggi

Comune di Brentino Belluno

Comune di Selva di Progno

Giuseppe Cauzzi

Autori della guida all’ospitalità Alessio Avataneo, Mirko Bezzornia, Lorenzo Bogoncelli, Nicola Dal Bosco, Beniamino Falvo, allievi I.P.S.S.A.R. “A. Berti” di Soave coordinati da Virginio Tino Turco

In collaborazione con

Autori delle foto Andrea Sivero: pag. 8, 9, 13, 14, 15, 17, 19, 22, 24, 25, 26, 27, 31, 33, 34, 35, 37, 40, 41

COOP Veneto

Strada del vino Lessini-Durello

Archivio del Parco Naturale Regionale della Lessinia (P. Parricelli): pag. 12, 18, 21, 29, 75, 78,79

Consorzio di tutela del Monte Veronese dop

Residenza Stella Alpina hotel Spiazzi

Albergo ristorante Belvedere Giazza

Con il patrocinio

Tino Turco: pag. 95 Progetto grafico e impaginazione Piero Bubola - babausign@gmail.com

Parco Naturale Regionale della Lessinia

Club Alpino Italiano sezione Verona

Comune di Dolcè

Strada del vino e dei Prodotti Tipici della Terra dei Forti

Dalle valli vicentine alla Madonna della Corona attraverso l’alta Lessinia

Questa guida vuole accompagnare chi volesse intraprendere il cammino (o semplicemente comprenderlo) che dalle valli vicentine porta al Santuario della Madonna della Corona. Cosa ha spinto e cosa spinge da centinaia di anni molta gente semplice ad intraprendere l’ardito percorso sino all’ultima salita che porta al Santuario? Cinque giovani dell’Alberghiero di Soave, insieme con due docenti e due guide esperte hanno accettato la sfida di provarsi nell’antico sentiero. Hanno registrato le sensazioni provate, hanno tentato di catturare con gli occhi e con la macchina fotografica, per immagini mai esaustive, il “genius loci” di queste montagne, hanno ascoltato la montagna, le testimonianze di pellegrini e della esperta guida Giuseppe Cauzzi. L’autore ha poi pazientemente raccolto il materiale e le storie di molte persone che con i loro gruppi da anni, decenni, ripercorrono i sentieri senza “averne a noia”, per proporci ben 13 affascinanti itinerari escursionistici. I ragazzi dell’Alberghiero hanno poi completato il lavoro con alcune indicazioni per l’ospitalità e il turismo enogastronomico. Noi crediamo fermamente che “la strada, se fatta a piedi, introduce alla sensazione del mondo. E’ un’esperienza piena… è anche immersione nello spazio, non solo sociologia, antropologia, ma anche geografia, meteorologia, ecologia, fisiologia, gastronomia, enologia”1 e infine autentica spiritualità.

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I.P.S.S.A.R. “A. BERTI” - Verona - sede associata di Soave Viale della Vittoria, 93 - 37038 Soave (VR) Tel. 045 7680695 - Fax 045 7681695 E-mail: docenti@bertivrsoave.it - www. bertivrsoave.it

1 David Le Breton a Soave, 31-05-2008 durante il laboratorio scuola territorio “Sulle strade per assaporare il mondo”.


 

Giuseppe Cauzzi

Dalle valli vicentine alla Madonna della Corona attraverso l’alta Lessinia

Con il patrocinio di:

Con la collaborazione di:


Grazie perchè camminando s’è aperto un cammino Questa guida è la prova che incrociare i cammini delle nostre esistenze è la cosa più magica del mondo. Vogliamo ringraziare tutti coloro che abbiamo incontrato in questi due anni di progettazione e di lavoro. Un “grazie” va pertanto all’ing. Andrea Sivero, dirigente della scuola, camminatore sapiente, fotografo e compagno di strada di docenti e allievi. Un ringraziamento speciale all’autore della ricerca, dei testi e delle carte: Giuseppe Cauzzi. Leggendo le sue parole si scopre che in lui si sommano perfettamente ricerca accurata, passione per la montagna e profonda dimensione etica. Vogliamo ringraziare i ragazzi dell’Alberghiero di Soave: Alessio Avataneo, Mirko Bezzornia, Lorenzo Bogoncelli, Nicola Dal Bosco e Beniamino Falvo. Si sono fidati e hanno intrapreso la strada del pellegrinaggio. Hanno avuto modo di provare se stessi, i propri limiti e il proprio coraggio. Desideriamo ringraziare i veri protagonisti del cammino alla Madonna della Corona, coloro cioè che lo praticano (o lo hanno praticato) con grande passione, in particolare i signori Livio Cavaliere di Chiampo, Angelo Ruaro di Monte Magrè, Giacomo Cazzola di Monte di Malo, Antonio Pozza di Montecchio Maggiore, Anacleto Tibaldo di Durlo, Gianni Dalla Costa di Marana, Pietro Caile e Alessandro Brunialti di Recoaro Terme, Giorgio Pizzolato di Arzignano e mons. Giuseppe Ruaro, già cappellano a Monte di Malo. Vogliamo ringraziarli perché, con il loro tempo e la loro ospitalità, hanno reso possibile la realizzazione di queste pagine. Un grazie al prof. Alessandro Ferro per l’impegno organizzativo e tecnico; a Piero Bubola per l’elaborazione grafica; a Pierangelo Miola per i consigli e il sostegno, a Giampaolo Giarolo per lo studio di un futuro film-documentario; ad Alessandra Cauzzi e al prof. Stefano Frighetto per le correzioni. Un grazie sincero alla cooperativa sociale Recoaro Solidale che ci ha offerto gratuitamente i mezzi di trasporto. Non possiamo dimenticare le istituzioni civili, religiose e le realtà produttive che ci hanno dato il loro sostegno economico: consorzio B.I.M. Adige (Comuni Bacino Imbrifero Montano dell’Adige della provincia di Verona), il Consorzio di Promozione e Commercializzazione Turistica Veronatutt’intorno, le Amministrazioni Comunali di Soave, Recoaro Terme, Brentino Belluno, Selva di Progno; la Diocesi di Vicenza – Ufficio Diocesano Pellegrinaggi; il Santuario della Madonna della Corona, la COOP Veneto soc. coop.; la Strada del vino Lessini – Durello; il Consorzio per la tutela del formaggio Monte Veronese; la Residenza Stella Alpina hotel di Spiazzi e l’albergo ristorante Belvedere di Giazza. Per il gentile patrocinio, un ringraziamento anche al Club Alpino Italiano – sezione di Verona, all’Amministrazione Comunale di Dolcè e alla Strada del vino Terra dei Forti. Un grazie speciale al Parco Naturale Regionale della Lessinia che, oltre ad aver offerto il patrocinio, ha messo a disposizione alcune foto di archivio. Il ricavato per la vendita delle copie di questo testo, andrà a costituire un fondo scolastico per la realizzazione di altre iniziative volte alla valorizzazione culturale di questo antico sentiero di pellegrinaggio. 2

Soave, maggio ‘09

Virginio Tino Turco coordinatore del progetto “Strade e incroci magici”


Il cammino si fa camminando Caminante, son tus huellas el camino y nada más; caminante, no hay camino, se hace camino al andar.

Viandante, sono le tue orme il cammino e niente altro; viandante, la strada non c’è, camminando la devi tracciare.

Al andar se hace camino y al volver la vista atrás se ve la senda que nunca se ha de volver a pisar.

Camminando si traccia il cammino e voltandosi a guardare si vede il sentiero che mai si tornerà a calpestare.

Caminante no hay camino sino estelas en la mar…

Viandante, non c’è il cammino ma solo scie nel mare…

A. Machado – Proverbios y cantares XXIX

Camminare porta sempre alla scoperta di una nuova via. Ogni strada che si percorre é un lasciarsi andare nelle direzioni più imprevedibili senza sapere esattamente perché e che cosa ci può far deviare al primo incrocio. Anche se attraversiamo gli stessi luoghi percorsi da altri, quello che vediamo è sicuramente diverso, per la stagione, per l’epoca, per la diversa illuminazione e per mille altri motivi, ma soprattutto per la sensibilità con cui interpretiamo il paesaggio circostante. Quando incontriamo un albero possiamo considerarlo in molti modi diversi: possiamo chiederci quanto vale il suo legno o cercare di comprendere la sua struttura biologica; ma possiamo cercare di capire il suo rapporto con l’ambiente e far esperienza della sua bellezza e della sua unicità. Nel primo caso vediamo un oggetto più o meno inanimato, nel secondo caso ci siamo immedesimati in ciò che osserviamo cercando di scoprire la sua essenza, la sua bellezza, il suo mistero. Nel primo caso abbiamo affermato noi stessi, nel secondo abbiamo preso le distanze dal nostro io per aprirci alla “manifestazione” dell’albero. Abbiamo, per così dire allungato il passo, lasciando indietro noi stessi per ritrovarci successivamente percorrendo un’altra strada. Il cammino come allegoria della vita, un lasciarsi andare per poi ritrovarsi, cambiati dalle esperienze provate: la gioia, la felicità, l’amore, il caldo o il freddo, il sole, la pioggia, il vento, la novità di situazioni sconosciute, la finzione e la bugia, la maleducazione e l’intemperanza ma anche la sofferenza e la morte appaiono improvvisamente con le sembianze delle persone che incontriamo, delle piccole o grandi esperienze che viviamo, dei panorami che ammiriamo lungo il percorso e, come queste, possono dare felicità o tristezza a seconda che garantiscano doni o privazioni. La ricerca di una ragione di vita ha, da sempre, contraddistinto l’esperienza del pellegrino (homo viator) in marcia verso un luogo sacro. Le motivazioni che caratterizzavano questa scelta potevano assumere le sembianze di una prova iniziatica, di un’esperienza penitenziale per le colpe commesse, di una richiesta per ottenere benefici materiali o di un ringraziamento per una grazia ricevuta. E i pellegrini che dalle valli vicentine e dall’alta Lessinia si dirigevano verso il santuario della Madonna della Corona non sfuggivano a

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questa regola. Ma al di là delle motivazioni singole il pellegrinaggio era e rimane, anche per un non credente, un’esperienza autenticamente religiosa. Dove, se non a contatto con la natura, si possono osservare “gli uccelli del cielo” o “i gigli del campo”, contare le stelle del cielo “se le puoi contare”, essere sicuri che “i cieli narrano la gloria di Dio”, apprezzare il grano o l’uva “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”? E anche se sono convinto che un pellegrinaggio non apra la mente alla comprensione dei grandi dogmi di fede o favorisca incontri ravvicinati con un Dio, sono altrettanto convinto che l’esperienza religiosa del pellegrinaggio stia, molto più umanamente, nel comprendere il bisogno di entrare in contatto con gli altri e con la natura abbandonando diffidenze e timori, interessi e convenienze, orgoglio e ostentazione. Ecco allora che il progetto “Strade e Incroci Magici” con la realizzazione di una guida centrata sul recupero di un’antica tradizione religiosa ben si presta per veicolare questa dimensione orizzontale che ci affratella e ci invita a godere della preziosa ed esaltante esperienza della vita fisica che apprezza il mondo con i suoi colori, le forme, i volti e i paesaggi, le passioni e i sentimenti per scoprire un orizzonte senza limiti che parla dell’eternità e dell’infinito. Andrea Sivero Dirigente Scolastico dell’IPSSAR A. BERTI

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Camminare alla scoperta del mistero, della sofferenza e della gioia I pellegrini che alla fine della loro fatica, si siedono per riposarsi e pregare all’interno del santuario, spesso si chiedono il senso della scultura situata nella roccia sopra il tabernacolo. Rappresenta il mistero della Pasqua, che comprende la passione, la morte, la risurrezione e la glorificazione di Cristo a cui è associata la Madonna. Si vede una corona di spine dentro la quale è inserita la statua di Maria SS. Addolorata con sulle ginocchia il suo figlio Gesù morto, per indicare la passione e la morte. Dietro è raffigurato il sole, visibile nei raggi che sporgono ai lati nelle varie direzioni e la corona di angeli che richiamano la luce della risurrezione e la glorificazione. Questa raffigurazione offre a chi ammira un messaggio importante per la vita. Tutti, come la Madonna siamo chiamati a partecipare alla passione di Gesù per condividere un giorno anche la risurrezione e la gloria. Contemplando Maria SS. Addolorata non dobbiamo rattristarci perché sappiamo che la Madonna ha sofferto molto in quel momento estremo, però non si è rattristata, ma ha offerto il suo sacrificio in unione a Gesù per la redenzione dell’umanità, quindi ci indica il modo di affrontare il dolore, cogliendone il significato di redenzione. Gesù Cristo è venuto al mondo non per togliere la sofferenza, ma per darle significato. Impariamo questa lezione dalla testimonianza di Maria Addolorata: il dolore vissuto con amore e per amore porta una serenità nel profondo del cuore, anche quando la sofferenza è grande e apparentemente insostenibile. La serenità e la pace interiore che si può sperimentare nel momento della sofferenza si chiama consolazione ed è motivata dalla speranza. Noi sperimentiamo nei momenti di allegria la gioia della festa, una cosa bella, ma possiamo sperimentare anche la gioia nella prova, proprio perché abbiamo compreso che ci apre ad una prospettiva di felicità eterna, è la gioia della speranza. Tutti possiamo essere sereni, in qualunque situazione, se entriamo nella logica della croce che apre alla gloria, della sofferenza che porta alla gioia che non avrà mai fine. don Pier Giorgio Formenti Rettore del Santuario

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Il pellegrinaggio ritrovato

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Il pellegrinaggio a piedi dalle valli vicentine al santuario della Madonna della Corona ha conosciuto, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, un forte ritorno d’interesse e oramai sono centinaia le persone che ogni anno, in gruppi organizzati o con iniziative spontanee, intraprendono il lungo cammino rafforzando una secolare tradizione che, col mito del boom economico e dell’automobile per tutti, era quasi completamente scomparsa. L’itinerario in assoluto più frequentato è quello che in un paio di giorni, partendo dal Rifugio Cesare Battisti nell’alta Valle dell’Agno, raggiunge San Giorgio attraverso il Passo della Lora, Campobrun e Passo Malera, per poi attraversare l’alta Lessinia e giungere alla meta dopo aver scavalcato il fiume Adige tra Peri e Rivalta, com’è stato descritto in un fascicolo del 1988 dal prof. Claudio Gattera per la sezione CAI di Recoaro Terme. Tuttavia, se l’attraversamento della Lessinia e la salita al santuario avvengono per un tragitto ormai consolidato, non sempre il tratto iniziale è comune a tutti coloro che intraprendono il percorso. Dal Rifugio Battisti, infatti, partono gli escursionisti residenti nella Valle dell’Agno e in gran parte del territorio vicentino. Ma quelli che abitano nella Valle del Chiampo, la più occidentale delle valli vicentine, preferiscono portarsi alle sorgenti del torrente, presso il Rifugio Bepi Bertagnoli, e da lì iniziare il loro cammino. In entrambi i casi si tratta di interpretazioni, per così dire, moderne del pellegrinaggio, che risentono dell’esistenza di rifugi raggiungibili senza problemi con l’automobile per tutto il periodo estivo e anche oltre. Molto spesso i pellegrini si organizzano con amici che guidano un automezzo: queste persone offrono un utile supporto logistico, che può andare dal semplice accompagnamento al luogo di partenza, al sostegno durante l’intero tragitto, al rientro definitivo a casa. Ma una volta non era così. Una volta i pellegrini non avevano l’auto, o l’auto ancora non esisteva. E allora partivano a piedi dalle proprie case e dai sagrati delle chiese, a volte riuniti in gruppi, a volte da soli. Spesso mandati dal prete, dopo un’esortazione o una confessione. La sofferenza fisica dovuta al lungo andare, l’incognita del viaggio in luoghi isolati e il rischio dell’inclemenza del tempo erano, ancor più della preghiera, elementi concreti rappresentativi della fede religiosa di ciascuno. E più lungo era il cammino, più grande era considerata l’efficacia penitenziale, apotropaica e taumaturgica del pellegrinaggio. Ecco perché, accanto a mete devozionali relativamente vicine, ve ne erano altre di più lontane, in particolare la Madonna di Pinè in Trentino e la Madonna della Corona sul Monte Baldo, che venivano raggiunte da quasi tutti i paesi dell’alto Vicentino. Per quanto riguarda la Madonna della Corona, i pellegrini impiegavano mediamente tre giorni per arrivarci, e altri tre per tornare a casa. Ma solo chi abitava a Recoaro – o trovava comodo transitarvi dalla Val Leogra – poteva preferire la salita al Passo della Lora, seguendo all’incirca l’itinerario oggi più diffuso. Tutti gli altri, in particolare i residenti nella Valle del Chiampo, erano soliti transitare più a sud, scegliendo la via più breve ed efficace a seconda dell’esatto punto di partenza, evitando comunque di salire alla Piatta, dov’è attualmente il Rifugio Bertagnoli, per non allungare inutilmente la strada. Tornando ai tempi nostri, è interessante scoprire come, nonostante la facilità d’approccio offerta dai moderni rifugi, questa maniera di compiere la traversata a piedi direttamente dalla porta di casa sia ancora viva. Ed è proprio il fascino di questo ritorno all’antico – partire a piedi dalla propria casa, dalla propria chiesa – che induce a descrivere e raccontare non solo l’ormai consolidato percorso Rifugio Battisti-Madonna della Corona, ma anche una serie di itinerari meno noti, alcuni tuttora praticati, altri caduti in oblio ma ancora possibili, aventi punto d’inizio in diversi luoghi del Vicentino. Certamente le modifiche dovute agli apporti della moderna viabilità rotabile e al decadimento dell’antica rete sentieristica non permetteranno di ricalcare fedelmente le tracce dei nostri padri, ma l’obiettivo di andarci vicino, oltre alla gratificazione di conoscere luoghi bellissimi del nostro piccolo universo, sarà senz’altro raggiunto.


INDICE

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CRONACA Dal Rifugio Battisti alla Madonna della Corona Cronaca di un pellegrinaggio Rifugio Battisti - Passo della Lora Passo della Lora - Malga Campobrun Le genziane blu Malga Campobrun - Rifugio Passo Pertica Rifugio Passo Pertica - San Giorgio I pellegrini della Val Chiampo Strade di pace

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Verso i cordoni Il suono degli alti pascoli Le malghe in Lessinia Malga Lessinia - Passo delle Fittanze Passo delle Fittanze - Fosse Notti paesane Campo neutro Peri - Brentino Salve Regina

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8. Da Chiampo per Campofontana 9. Da Chiampo per Selva di Progno 10. Da San Pietro Mussolino 11. Dal Rifugio Bertagnoli 12. Da Valdagno per Campofontana 13. Da Valdagno per Cima Marana Bibliografia essenziale Cartografia essenziale

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Strutture museali lungo il percorso Altri numeri Bibliografia minima sui prodotti tipici della Lessinia Il Santuario Madonna della Corona

ITINERARI Dalle valli vicentine alla Madonna della Corona Itinerari 1. Dal Rifugio Battisti 2. Da Recoaro Terme 3. Da Monte di Malo 4. Da Monte Magrè 5. Da Schio 6. Da Durlo 7. Da Crespadoro

OSPITALITA’ Guida all’ospitalità Dalle valli dell’Agno e del Leogra... Dalla Valle del Chiampo... ...alla Madonna della Corona Info agriturismo Strade del vino e dei prodotti tipici

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CRONACA


cronaca

Dal Rifugio Battisti alla Madonna della Corona 21-6-2008 Ciao Claudio.

Ti scrivo perché il telefonino è scarico e magari

nemmeno prende. Ma se fosse carico e prendesse, io credo che ti scriverei lo stesso. Perché so che ti piace.

Sono al Rifugio Battisti, sopra Recoaro, e sto partendo per un pellegrinaggio.

Anzi, meglio dire un’escursione: sai, prego poco…

Vado al santuario della Madonna della Corona, quaranta chilometri a piedi, oltre le Piccole Dolomiti, i Lessini e la Val d’Adige. Alla Madonna ho in mente di chiedere la tua guarigione. Porto anche Francesco.

A un figlio di sedici anni, se vuoi farlo stare con suo padre, devi proporgli qualcosa di “fuori”…

Paolo

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cronaca

Cronaca di un pellegrinaggio

Carta 1 Dal Rif. Battisti al Rif. Passo Pertica (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m) La legenda della simbologia delle carte è a pag. 45

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cronaca

Rifugio Battisti Passo della Lora Oggi è un accogliente edificio situato al termine della strada militare costruita nel 1917 dagli italiani per organizzare a miglior difesa l’alta Valle dell’Agno e le crode incombenti, casomai gli austriaci avessero osato avanzare dalla Vallarsa. Ma fino alla prima guerra il Rifugio Battisti era una caserma della Guardia di Finanza posta a controllo delle creste sovrastanti, dove passava il confine con l’Austria. Alla sua destra si trova una cappella eretta in memoria dei caduti in montagna. Paolo e Francesco transitano tra rifugio e chiesetta, e imboccano l’ampio sentiero che s’innalza tra ghiaie e mughi, dirigendosi verso il Passo della Lora. Dopo alcuni

tornanti si portano fin sotto l’erto versante del Monte Plische, con bella visuale sulla conca di Recoaro, sul Sengio Alto con la parete del Baffelan, sui monti Pasubio, Novegno, Summano e sull’Altopiano dei Sette Comuni. Ancora più in alto, lasciano a destra la traccia per il Forcellino Plische e raggiungono il Passo della Lora o delle Tre Croci, nome quest’ultimo che deriverebbe da tre simboli confinari, ora scomparsi, posti tra i territori di Vicenza, Verona e Trento. Rimane invece ben saldo sul terreno, appena al di là del valico, un vecchio cippo di pietra, riferito all’ex confine italo-austriaco, recante incisa la data 1887.

12 Malga Campobrun. Sullo sfondo il Rifugio Scalorbi


cronaca

Soldanella alpina

Passo della Lora Malga Campobrun Vari sentieri s’intrecciano su questo valico, un paio per scendere in Val di Revolto, un terzo, più evidente, per spostarsi in quota sui crinali e intorno alle cime che divergono dal passo. Paolo e Francesco salgono a destra, tra i mughi, e nell’aggirare la spalla meridionale del Monte Plische s’affacciano, come da una balconata, ad ammirare il fondovalle dove appaiono, lungo la strada proveniente da Giazza, i vari rifugi Boschetto, Revolto, Passo Pertica, dominati dalla scarpata orientale dell’Altopiano Lessinico, sul quale più avanti dovranno montare. Il sentiero prosegue scavato nella roccia con tratti in falsopiano, passando sopra il ricovero di una cava dismessa, fino all’intaglio del Passo Plische, che rappresenta il punto più elevato dell’intera escursione. Appena superato il valico, padre e

figlio abbandonano la via principale, irrobustita dai militari della prima guerra e forse anche dai cavatori, e imboccano a sinistra la traccia che discende – tra vallecole erbose, piccoli circhi glaciali e tane di marmotte – il versante sinistro della conca di Campobrun, puntando verso la sottostante pozza d’alpeggio (incrocio col sentiero proveniente da Revolto) e gli edifici della malga omonima.

Primula meravigliosa

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cronaca

Genziana di primavera

Le genziane blu

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“E’ raro trovare qualcuno così di buon’ora da queste parti!” esclama Paolo, salutando una bella signora con la macchina fotografica in mano, intenta a percorrere all’incontrario lo stesso sentiero. “Mi sembra presto anche per voi!” risponde la donna. “E’ presto, sì”, conferma Paolo. “Ma è perché stiamo facendo un’escursione molto lunga: andiamo alla Madonna della Corona”. “Ah, conosco: ci sono stata una volta. Anch’io a piedi, ma da San Giorgio. Ho attraversato la Lessinia, poi sono scesa a Peri. Ma per voi è più lunga: immagino che siate partiti dal Battisti…” “Eh sì, siamo partiti dal Battisti… Lei invece va a far foto, immagino”, cambia discorso Paolo. “Eh sì, fiori”, risponde la signora. “Ah, fiori: mi sembra un bel posto qui…” “E’ un posto ottimo, soprattutto adesso che siamo a metà giugno, e la primavera comincia a farsi sentire anche qua, e ancora l’erba non è calpestata dagli animali al pascolo… Siete scesi di lì?” domanda la donna. “Sì”. “E c’erano fiori, immagino…” “Sì, ma non solo qui a Campobrun.

Dappertutto: anche al Rifugio Battisti, al Passo della Lora... Abbiamo visto per esempio tante genziane blu: la genziana dei calcari e quella di primavera, più piccola. Poi abbiamo trovato il camedrio e il rododendro nano; quello irsuto, invece, non è ancora fiorito. Però c’erano le primule meravigliose, quelle rosse, ha presente no? E sul sentiero che va al Passo Plische c’è una bella pulsatilla bianca, e un gruppo di soldanelle; e se sta attenta, trova anche i piccoli fiori rossi della silene senza gambo: quelli che crescono sul cuscinetto di foglie molto piccole: ha presente, no?” “Sì, ho ben presente: la silene acaule”, precisa la signora. “Però lei se ne intende…” “Bah, ci capisco poco, però sì, qualche fiore lo riconosco”, si schermisce Paolo. “Ho imparato con i libretti, guardando le foto…” “Beh, complimenti… I fiori sono qualcosa di splendido. E lei ne vedrà ancora… Quando sarete sui pendii sopra la Val d’Adige troverete il giglio rosso, il geranio selvatico, la frassinella… Anzi no”, si corregge la bella signora, “pensandoci bene, è tardi: la frassinella, adesso, è già sfiorita”.


cronaca

Genziana dei Calcari

Genziana dei Calcari

Genziana dei Calcari

Malga Campobrun Rifugio Passo Pertica Risalendo il raccordo di servizio alla malga, Paolo e Francesco raggiungono, sul versante opposto, la strada GiazzaCampobrun, che percorrono in discesa, lasciando alle spalle il Rifugio Scalorbi e la chiesetta dedicata ai Morti Alpini. La rotabile intaglia l’ertissimo versante sudest della Costa Media del Carega, tenendosi alta sul Vallone di Campobrun; brevi

tratti di sentiero ne accorciano per tre volte i tornanti: dopo l’attraversamento di un canalone, presso l’imbocco di una galleria, e subito dopo il provvisorio rientro nella carreggiata. Con un ultimo tratto sottoroccia, la strada sfiora quindi il Rifugio Passo Pertica, situato presso l’omonimo valico, punto d’inizio dei sentieri per la Val di Ronchi e il Passo Malera.

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cronaca

Carta 2 dal Rif. Passo Pertica a S. Giorgio (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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cronaca

Rifugio Passo Pertica San Giorgio Il sentiero per il Passo Malera inizia dietro il rifugio e affronta, con una decisa impennata e un successivo allungo nel bosco, l’esile cresta situata tra le valli di Revolto e di Ronchi. Presso un’ampia curva, transita appena sotto un cippo di pietra con incisi i nomi “Regno Lombardo Veneto” da una parte e “Provincia del Tirolo” dall’altra, e la data 1855. Poi il tracciato, che per un certo tratto mostra la tipica lastricatura delle mulattiere di guerra, riceve da sinistra il sentiero proveniente dal Rifugio Revolto e quindi esce allo scoperto sui ghiaioni di Cima Trappola, lambendo la fascia rocciosa dov’è deposta una statua della Vergine, e aprendo la vista sui monti attraversati precedentemente, dal Plische al Passo della Lora e allo Zèvo-

la, ed anche nel fondovalle verso Giazza, l’ultimo abitato della Val d’Illasi, seminascosto dal contrafforte meridionale della Montagna Terrazzo. Poco dopo, lasciando a sinistra il sentiero per il Rifugio Boschetto e seguendo alcune ripide giravolte, Paolo e Francesco guadagnano il Passo Malera, entrando così negli alti pascoli dell’Altopiano Lessinico. Tralasciando l’invitante solco inerbato di un’ex rotabile di guerra, continuano sul sentiero a monte, in leggera salita, e raggiungono la sella situata tra il Castel Malera e Cima Trappola. Quindi, aggirata sulla destra una pozza d’alpeggio, proseguono in costante discesa fino al villaggio turistico di San Giorgio.

I pellegrini della Val Chiampo “Papà, guarda quanta gente c’è lì”, esclama Francesco, notando un gruppo di persone indaffarate attorno a un pulmino, ferme nello slargo dove termina la vecchia strada bianca proveniente dai Pàrpari. “Potrebbe essere che vanno anche loro alla Madonna della Corona”, ipotizza Paolo. “Capita spesso che gruppi organizzati vadano col pulmino al seguito”. E preso dalla curiosità, si avvicina a colui che ha tutta l’aria d’essere il capogruppo. “Madonna della Corona?” chiede a bruciapelo Paolo. “Si vede?” risponde il capogruppo. “Abbastanza. Voi venite da…” “Durlo”. “Ah, Durlo…, Valle del Chiampo… Co-

nosco bene… Anche da voi è tradizione fare questo pellegrinaggio…” “Ah sì, c’è sempre stata. La nostra gente ha sempre visitato la Madonna della Corona. Tanto per dire: se ti capita di venire dalle nostre parti, tu trovi nelle contrade e lungo i sentieri alcune vecchie sculture

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cronaca

dove la Vergine tiene il Figlio morto sulle ginocchia, come fa la Madonna della Corona. Ecco vedi, non è mica un caso: la gente conosceva la Madonna della Corona... Ho in mente la colonnetta della Casarola, per esempio, e anche quelle della Brea e dei Salgari, a San Bortolo. Poi c’è la Pietà della Lobbia, a Campofontana...” “Ah, questa la conosco”, interviene Paolo. “E’ bellissima. Ho sentito dire che è l’abbozzo di un altare incompiuto…” “Mah, dicono…” “Ma a voi di Durlo”, cambia discorso Paolo, “a voi non conviene passare per il Rifugio Battisti…” “Ah no, non avrebbe senso”, conferma il capogruppo. “A noi di Durlo e Crespadoro, ma anche a tutti quelli della Valle del Chiampo, conviene scavalcare subito in Val d’Illasi; noi andiamo per Campofontana e quelli di Chiampo anche per Bolca; poi passiamo per Giazza e montiamo sull’altopiano vicino ai Pàrpari. Non come quelli della valle di là, che montano al Malera!”

Paolo, proveniente dalla “valle di là”, chiede dettagli sul loro itinerario. “Conosci, mi pare, Durlo e Campofontana…”, premette il capogruppo. “Sì, abbastanza…”, conferma Paolo. A questa risposta, il capogruppo si addentra in una descrizione così minuziosa, che solo un buon conoscitore della zona potrebbe comprendere. Si sofferma anche sui luoghi preposti alla preghiera: il Passo Gioiche ad esempio, tra Durlo e Campofontana, dove i pellegrini si raccolgono davanti al “sasso”, cioè alla scultura che ricorda le origini “cimbre” dei due paesi e la devozione ai rispettivi santi patroni, Margherita e Giorgio; e anche la parete rocciosa nel bosco delle Gósse, tra Giazza e i Pàrpari, dove da tempo i devoti hanno infisso l’immagine di una Madonnina. “L’anno prossimo vieni con noi”, esclama il capogruppo, “così impari bene la strada. Ma se per caso vai da solo, basta che segui le indicazioni che ti ho dato”, conclude. “Vedrai: non sbagli neanche se vuoi!”

18 La Pietà della Lobbia a Campofontana


cronaca

19 Colonnetta dell'Addolorata a contrĂ Salgari di San Bortolo


cronaca

Carta 3 da S. Giorgio all’ex Caserma di Finanza di Podestaria (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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L’ex strada di guerra San Giorgio-Podestaria presso Bocca Gaibana

Strade di pace Un vecchio e dimenticato cippo direzionale giace disteso per terra, là dove inizia la strada che passa tra gli ultimi edifici e gli impianti di risalita di San Giorgio, puntando verso il ciglio settentrionale dei Lessini. Divenuta subito sterrata, la strada aggira il dosso di Malga Gaibana, e prima di avvicinarsi sensibilmente al bordo dell’altopiano sfiora una vecchia croce di pietra, ricordo di due giovani morti nel 1919 maneggiando un ordigno inesploso. “Fermiamoci un attimo”, esclama Paolo attirato non solo dalla croce, ma anche dalla presenza di un anziano signore, intento a scrutarne l’iscrizione consunta dal tempo. “Ah, la guerra…”, commenta Paolo dopo aver letto a sua volta le parole sulla pietra. “Eh già, la guerra”, ribadisce l’anziano signore. “La guerra…”, riprende Paolo, “quanti morti deve aver fatto anche qui in Lessinia!”

“Come dice?” interroga il vecchio, fissando lo sconosciuto con uno sguardo carico di perplessità. “Ecco… volevo dire…”, abbozza timidamente Paolo, “mi domandavo se la guerra ha fatto tanti morti anche qui in Lessinia…” “Ma i morti in Lessinia nel quindici-diciotto sono stati pochissimi, o forse nessuno!” sentenzia il vecchio. “Qui non ci furono assalti e l’unico rischio era quello del fuoco delle lontane batterie austriache. Perché vede, le spiego…” E qui l’anziano signore comincia una lunga storia. Parla delle difese approntate presso l’antico confine di stato, e dell’immediata e incruenta avanzata italiana in Vallagarina e Vallarsa, che sottrasse la Lessinia e il Carega ai campi di battaglia; informa sulle ulteriori difese realizzate oltre il vecchio confine, come le cannoniere dei Busoni, le trincee di Castelberto e Scortigara, i capisaldi del Carega e di Cima Levante, l’artiglieria di Cima Mezzogiorno, dalla quale nel 1916 partì il fuoco d’interdizione con-

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tro l’offensiva austriaca in Vallarsa. “Per non parlare delle strade”, esclama poi il vecchio. “Lo sa lei che questa strada fu costruita dai militari italiani durante la guerra: dai Pàrpari a San Giorgio, a Podestaria, fino a Castelberto? E che lo stesso discorso vale per la strada da Bosco Chiesanuova a Podestaria, e anche per quella da Erbezzo a Castelberto?” Paolo vorrebbe rispondere di no, che non sa nulla, ma non fa in tempo ad aprir bocca. “Anche da Giazza, eh”, continua infatti imperterrito il vecchio; “i militari costruirono la carreggiabile da Giazza ai Pàrpari”. “Quella dove passano i pellegrini per la Madonna della Corona?” domanda interessato Paolo. “Sì, credo di sì. I pellegrini che vengono da Vestenanova, da Campofontana, da Giazza stessa…” “E anche da Durlo e da Chiampo”, esclama convinto Paolo, volendo un po’ riparare alla magra figura di prima. “Sì, da Durlo, forse anche da Durlo e da Chiampo… Comunque i militari costruirono... Ma andate alla Madonna della Corona, per caso?” “Esatto. Andiamo proprio lì: ma veniamo

da Recoaro, per Campobrun e Passo Pertica”. “Ah, bene. Allora farete sicuramente la strada che dal bivio del Peòcio va alle Fittanze. Ecco, anche quella è della grande guerra. Ma non dovete mica credere che qui, prima, non ci fossero le strade”, continua il vecchio. “C’erano, eccome: ma erano semplici mulattiere, sentieri per portare gli animali al pascolo o per spostarsi da una valle all’altra. Tra Giazza e i Pàrpari, tanto per restare in argomento, il sentiero c’era già prima della guerra: i soldati lo hanno solo cambiato. Anche sui Cordoni è così: ma voi ci passerete di sicuro sui Cordoni. Io credo che voi non andrete per la strada militare, ma per i Cordoni, dove ci sono i cippi… Beh, se passate sui Cordoni, voi siete sulla vecchia Via Trentina, la mulattiera che andava ad Ala e Trento, e siete in alto, e vedete il panorama verso l’Adige e i monti sempre innevati, vedete… il mondo intero! Sotto invece, a sinistra, di fianco a voi, c’è la strada militare, che sta sempre nascosta sotto i Cordoni, perché i soldati, poveretti, dovevano stare nascosti come talpe. Vedete”, conclude il vecchio dopo un breve silenzio, “la prima strada è di pace, la seconda è di guerra”.

22 Malga S. Nazzaro


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Carta 4 dall’ex Caserma di Finanza di Podestaria a Malga Lessinia (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

Verso i Cordoni La strada bianca continua in lieve salita, aggirando le alture che costituiscono il ciglio settentrionale dell’Altopiano Lessinico, abbreviata due volte da residui tronchi del vecchio tratturo pastorale: il primo a destra, poco dopo Bocca Gaibana; il secondo a sinistra, verso il baito, cioè l’edificio più in alto, di Malga San Nazzaro, con proseguimento a monte dello stesso. Più avanti, subito dopo la diramazione a destra per Cima Mezzogiorno (località Pozza Morta), Paolo e Francesco abbandonano la strada principale diretta al Rifugio Podestaria, e salgono sull’altura di fronte, seguendo la traccia che costeggia a sinistra un filo spinato, tra evidenti resti di trincee di guerra. Ritrovata la strada bianca, proseguono quindi nella medesima direzione lasciando a destra il raccordo per Malga Gasparine di mezzo. Giunti ai ruderi dell’ex

casermetta di finanza, abbandonano nuovamente la via maestra per salire a destra sulla carrareccia che percorre i Cordoni, cioè i dossi di confine allineati sullo spartiacque veneto-trentino, dalla cui sommità la vista spazia sulla Val di Ronchi, sul Monte Zugna e sul Pasubio, e sui lontani gruppi del Brenta e dell’Adamello. E proprio lì, sui Cordoni, s’imbattono in una pietra squadrata di notevoli dimensioni, le due facce incavate, e l’anno 1754 inciso alla base. Rasentando a sinistra il filo spinato, più avanti ne trovano un’altra, poi altre ancora, tutte con la medesima data. Dopo aver incrociato il viottolo per Malga Scortigara di mezzo, risalgono le alture successive, sfiorando altri termini confinari. Quindi, lasciato a sinistra un brevissimo raccordo per la strada sottostante, notano l’ennesimo cippo di pietra.

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Il suono degli alti pascoli

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“Guarda papà, sembra d’essere a scuola”, sussurra Francesco, osservando cinque ragazzi e due uomini seduti sull’erba di fronte al cippo, e un terzo in piedi che sta parlando a voce alta. Padre e figlio tendono l’orecchio verso quella che pare proprio una lezione di storia, e mentre l’uomo in piedi continua a parlare, gli altri due fanno cenno ai nuovi arrivati di accomodarsi pure vicino. “Chi è quello lì?” sussurra Francesco accostando uno dei cinque ragazzi. “E’ il nostro professore di storia”, bisbiglia il giovane portandosi la mano alla bocca. “Con questi professori”, continua sottovoce accennando agli adulti seduti, “stiamo facendo un’escursione per una ricerca, e quello lì ha voluto darci appuntamento per farci una lezione anche qua!” A prescindere dal gradimento, appare subito chiaro che il discorso verte su quei cippi confinari e sul significato delle loro diverse incisioni. “Ora vi faccio una domanda”, esclama infatti il professore. “Sapete dirmi che differenza passa tra i cippi datati 1754, che abbiamo trovato fin qui, e quest’ultimo datato invece 1867?” Profondo silenzio. “Allora, nessuno sa dirmi qualcosa?” incalza il professore. Si spande nell’aria un quieto muggire di animali al pascolo. “Proprio nessuno?” “Beh, io… se posso…”, s’intromette timidamente Paolo, alzando la mano come uno scolaretto. “Dica, dica”, esclama il professore, “non si faccia problemi”.

“Allora”, esordisce Paolo, “i cippi del 1754 segnavano il confine tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Austro-Ungarico, di cui il Trentino faceva parte, mente questo cippo qui, datato 1867, segnava il confine tra l’Impero stesso e il Regno d’Italia. Questo perché nel 1866 il Veneto, dopo la temporanea annessione all’Austria che seguì al crollo della Repubblica Veneziana, entrò definitivamente a far parte del Regno d’Italia. Infatti questo cippo riporta anche le lettere I e A, a significare ‘Italia’ e ‘Austria’”. “La ringrazio molto del suo prezioso e preciso contributo”, esclama il professore, confermando l’esattezza delle informazioni e aggiungendo che solo nel 1918, al termine della prima guerra mondiale, con l’annessione del Trentino al Regno d’Italia, i cippi persero definitivamente la funzione di limite di stato. “Ora ragazzi”, riprende poi rivolto agli studenti, “a proposito di iscrizioni e simboli volti a riconoscere gli stati confinanti, ricorderete che in precedenza abbiamo incontrato, tra quelli datati 1754, un cippo più grande degli altri, il quale presentava due nicchie intagliate su ciascuna facciata. Ricordate ragazzi?” Un sì corale echeggia nell’aria. “Ora ragazzi, qualcuno forse sa dirmi cosa contenessero un tempo quelle due nicchie?” L’aria si riempie di nuovo del suono degli alti pascoli. “Proprio nessuno? Provate a pensare: voglio ricordarvi che a quel tempo esistevano la Repubblica di Venezia e l’Impero Austro-Ungarico…” Suono di campanacci portato dal vento. “Beh, se posso…”, osa ancora Paolo. “Dica, dica…”, risponde il professore, con un tono di voce, stavolta, piuttosto sconsolato. Paolo spiega che quel cippo è un cosiddetto “Termine Territoriale Principale” e

Termine confinario del 1754 lungo i Cordoni


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Gli alti pascoli della Lessinia verso il Monte Castelberto. Sullo sfondo il Monte Baldo

che nelle nicchie stavano sicuramente le due formelle, ora scomparse, con il Leone di San Marco e lo Scudo d’Asburgo. Udito e confermato tutto ciò, il professore si affretta a chiudere e salutare, quando uno dei cinque ragazzi interviene. “Professore”, domanda, “molto prima che lei si unisse a noi, prima di entrare qui sull’altopiano, abbiamo visto un cippo con scritto, se non sbaglio, ‘Provincia del Tirolo’ da una parte e ‘Regno Lombardo Veneto’ dall’altra; e l’anno mi pare fosse il 1855…” “Bravo, bella osservazione”, risponde il professore senza nemmeno farlo finire. Il suo volto appare ora visibilmente rinfrancato, se non altro per lo spirito d’iniziativa mostrato dal giovane. “Ti rispondo subito”, esclama convinto. E racconta del periodo di dominazione austriaca avvenuta tra il 1797, anno della caduta della Serenissima, e il 1866, anno in cui il Lombardo-Veneto fu annesso al Regno d’Italia. “Ora ragazzi”, conclude, “quel cippo dimostra che in tale periodo non esisteva più un confine fra stati diversi, bensì un confine tra due province,

il Lombardo-Veneto e il Tirolo, appartenenti ad un unico stato, l’Impero AustroUngarico”. E dopo queste parole, e poche altre di circostanza, saluta e se ne va, augurando ad allievi e colleghi un buon proseguimento di cammino. “Ma dove andate?” domanda poco dopo Paolo ai due professori rimasti. “Alla Madonna della Corona”, rispondono. “Stiamo studiando l’antico pellegrinaggio dalle valli vicentine alla Madonna della Corona. L’idea è quella, un giorno, di fare un libro”. Tutti proseguono sulla strada bianca fino al bivio di Castelberto, e da qui a sinistra in direzione di Erbezzo. In corrispondenza dell’elettrodotto tagliano due tornanti, e dopo altri seicento metri di sterrato, raggiungono gli stabili di Malga Lessinia e l’area di sosta situata lì accanto. Poi si salutano. Ancora non lo sanno, ma si ritroveranno la sera stessa, nel piccolo abitato di Fosse, alloggiati nello stesso albergo. I giovani incontreranno le ragazze del posto e solo il fermo intervento dei professori li convincerà, alle due di notte, ad andare a dormire.

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Le malghe in Lessinia Oggi è Malga Lessinia, ma il suo nome originario è Malga Peòcio de Sóto. Comunque sia, delle oltre cento malghe (o “montagne”) dell’altopiano, Malga Lessinia è l’unica attualmente dove si produce formaggio. Nelle altre, il latte viene portato via con l’autocisterna, oppure vi pascolano soltanto giovani bovini e vacche asciutte. I principali edifici di una malga sono il baito, cioè il locale dove si lavora il latte e

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trova alloggio il malgaro, e la casara, luogo preposto alla maturazione e conservazione del formaggio. Tuttavia, a causa della diffusa scomparsa della produzione casearia, questi due ambienti sono oggi quasi sempre utilizzati per scopi diversi, ridotti perlopiù a deposito di attrezzi e materiali. Le malghe dell’alta Lessinia, eccetto alcune situate in territorio trentino appartenenti ai comuni di Ala e Avio, sono tutte


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di proprietà privata. Le più note sono senz’altro quelle possedute fino al XIX secolo da alcuni ricchi signori veronesi organizzati nella Nobile Compagnia dei Lessini, un consorzio che amministrava i propri interessi tramite un Podestà. Questa figura era solita svolgere le attività estive, riguardanti i rapporti con gli affittuari dei pascoli, nella cosiddetta Podestaria, cioè l’attuale sede dell’omonimo rifugio.

Numerose malghe, tra cui quelle della Podestaria, si trovano sul tragitto per la Madonna della Corona. Un tempo, quando tutte erano nel pieno delle loro funzioni, capitava che i pellegrini diretti al santuario si accordassero con i malgari per consumare un pasto o pernottare. Si instaurava così una reciproca conoscenza e il desiderio di rincontrarsi sulla via del ritorno o, al più tardi, al successivo pellegrinaggio.

27 Alpeggi in alta Val Fredda. Sullo sfondo il M. Altissimo di Nago


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Carta 5 da MALGA LESSINIA AL PASSO DELLE FITTANZE (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

Malga Lessinia Passo delle Fittanze

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La strada per le Fittanze inizia poco sotto Malga Lessinia, al Bivio del Peòcio, diramandosi a destra dalla principale per Erbezzo. Fu costruita dai soldati italiani durante la prima guerra e, fatto salvo il brevissimo tratto iniziale, per il resto corre sempre a sud del profilo orografico che separa la Lessinia veronese (Vaio dei Falconi) da quella trentina (Val Fredda). Anche qui le necessità strategiche imposero un andamento tortuoso e assai più

lungo di quello del preesistente tratturo, ancor oggi in gran parte identificabile e percorribile. Al termine del primo rettilineo, giusto di fronte a un vecchio cippo chilometrico, inizia a destra, oltre il recinto del pascolo, la carrareccia erbosa che scavalca una modesta altura per poi raggiungere gli stabili di Malga Roccopiano e quindi nuovamente la rotabile per le Fittanze. Dopo un centinaio di metri d’asfalto, alla suc-


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cessiva curva a gomito un sentierino esce a destra sfruttando una cengia erbosa sotto basse roccette. Discesa una valletta, la traccia si perde in un piccolo anfiteatro dove, tra lembi di pascolo degradato, appare, poco più avanti, l’evidente solco di un sentiero pianeggiante. A destra, il tracciato supera un breve tratto di

bosco e poi, in forte discesa, si attesta definitivamente sul crinale spartiacque tra il Vaio dei Falconi e la Val Fredda. Sfiorato un grande termine confinario, il sentiero percorre a saliscendi l’intera dorsale fino al Passo delle Fittanze, attraversato dalla strada provinciale che dall’Altopiano Lessinico mette ad Ala, in Val d’Adige.

29 La dorsale contrà Coste-Fosse dal Corno d’Aquilio


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Carta 6 DAL PASSO DELLE FITTANZE A FOSSE (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Passo delle Fittanze Fosse Già dai declivi del Castelberto avevano notato quella strana costruzione trapezoidale e non pensavano in così breve tempo di esserle ormai addosso. Ora è lì davanti, sulla cima del Monte Cornetto, a dominare il Passo delle Fittanze. Dicono sia un impianto per le telecomunicazioni, ma nessuno sa dire se funziona o se serve più a niente. Paolo e Francesco la osservano ancora una volta, sapendo di doverla aggirare e lasciare alle spalle. Passano a sinistra del monumento ai caduti e risalgono la traccia che affronta direttamente il pendio erboso, raggiungendo così la Casaretta delle Fittanze, un piccolo edificio dai tratti architettonici molto belli, ma oggi purtroppo in rovina. Pochi metri prima del rustico, si portano sulla vicina ex rotabile di guerra, che seguono a destra fino alla sella meridionale del Monte Cornetto, dove la strada descrive una marcata curva. Sfiorando una pozza d’alpeggio, escono a sinistra su traccia erbosa e percorrono la dorsale tra il Vaio dei Falconi e la Valle Liana,

con bella visuale sui paesi della Valpantena e della pianura veronese. Giunti ai piedi del Corno Mozzo, sfiorano un’altra pozza e scendono a destra all’interno di una valletta fino a immettersi nella strada bianca della Valle Liana, che seguono a sinistra. Dopo circa cinquecento metri imboccano a destra l’ampio sentiero che attraversa il fondovalle, lasciano a destra un raccordo per il Corno d’Aquilio, quindi proseguono nel bosco abbassandosi sensibilmente per ritrovare la strada della Valle Liana, ora asfaltata. Ancora in discesa, passano tra le contrade Tommasi, a sinistra, e Coste, in alto a destra. Appena dopo contrà Adamoli, di fronte all’ultimo edificio, deviano a sinistra su sentiero che ben presto diventa stradina; incrociano quindi la via principale, sulla quale ritornano definitivamente più in basso. Con un lungo rettilineo, passando tra due caratteristiche croci, raggiungono infine la chiesetta di Fosse, presso il bivio dove inizia, a destra, la strada per Peri e la Val d’Adige.

31 I tornanti dell’ex rotabile di guerra Passo delle Fittanze-Monte Cornetto


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Carta 7 DA FOSSE A RIVALTA (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

Notti paesane

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“Papà, guarda: c’è uno lì davanti”. “Vedo, vedo…” “Che vada al santuario anche lui?” “Mah…, si potrebbe chiederglielo. Dai che lo prendiamo!” La strada per Peri scende fin da subito, larga e asfaltata, consentendo un celere collegamento tra altopiano e fondovalle e una prova di forza per i numerosi ciclisti che ne affrontano in salita le rampe e i tornanti. Realizzata in tempi recenti, essa ha sostituito un tracciato ben più esiguo ed antico. “Per me è un prete”, sussurra Francesco, ormai poco distante dal solitario camminatore. “Ma come fai a dirlo, che non lo vedi nemmeno in faccia!”

“Perché i preti tu li riconosci dalla faccia?” insiste Francesco. “No…, cioè…, a volte sì. Ma anche dal vestito: di solito hanno la giacca con la crocetta, e vestono di scuro; tu vedi l’insieme… perfino le scarpe…” “Le scarpe? Ma qui un prete avrà gli scarponi, come noi, o no?” “Eh sì, avrà gli scarponi…, come quello lì”, ammette Paolo. “Ecco, appunto”, continua poi, “anche quello lì ha gli scarponi: e allora, come fai a dire che è un prete?” “Dalla corona”, afferma convinto Francesco; “guarda in mano: non vedi che ha la corona, come quella che aveva la nonna, e la sta usando? La vedi là, in mano?” Paolo affina lo sguardo. “Sì, mi pare di sì”, esclama. “La corona del rosario…”


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“Ecco, io ho sempre visto solo donne con la corona”, continua Francesco, “e non ho mai visto uomini normali. Quindi, per me, quello lì è un prete!” Dopo due chilometri, dove un evidente sentiero incrocia la strada, i due raggiungono il camminatore. “Buongiorno”, si fa avanti Paolo. “Buongiorno”, risponde l’uomo. “Anche voi alla Corona, suppongo”. “Eh sì. Anche lei, immagino: alla Corona con la… corona”, azzarda Paolo, indicando il rosario. “Ah, sì: bel gioco di parole. Però lo saprà che hanno significati diversi…” “Sì, mi pare che la parola ‘Corona’, intendo dire il santuario, non voglia dire ‘corona’ come quella lì, e neanche come quella che spesso cinge la testa della Madonna, ma significa piuttosto le rocce, la corona di rocce che abbraccia il santuario”. “Ma lei è ben informato!” esclama l’uomo. “Non è la prima volta che va alla Madonna della Corona…” “No, ci sono già stato. Anche lei, però, non è la prima volta che ci va”, ipotizza Paolo. “Eh sì, ci sono stato più volte, e spesso accompagnando a piedi i miei parroc-

chiani, ma si parla di tanti anni fa”. “Ah, volevo ben dire: lei è un prete!” esclama Paolo, ammiccando al figlio che intanto sta ascoltando tutto. “Sì, sono un prete. Un vecchio prete che, se Dio vuole, tenta ancora una volta il pellegrinaggio a piedi”. “E pare riuscirvi…” “Pare di sì. Ma se mi fossi riposato meglio, stanotte, a Fosse… Anche voi, penso, avete alloggiato a Fosse…” “Sì, anche noi: nell’albergo di fronte alla chiesa”. “Anch’io. Quindi avete sentito anche voi il baccano di tosi e tose fino a tarda notte…” “Sì, mi pare: qualcosa c’è stato…” “Qualcosa? Sembrava, anzi era una festa! Glielo dico io: erano cinque ragazzi che andavano anche loro alla Madonna della Corona e hanno incontrato le ragazze del posto. Li ho visti ieri sera… Comunque guardi che questo succedeva anche con i miei parrocchiani. Parlo dei più giovani naturalmente. Magari in maniera un po’ diversa perché i tempi erano diversi, però quando ci fermavamo qui a Fosse, i più giovani trovavano le ragazze e stavano su fin tardi a far festa”.

33 Geranio selvatico


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Campo neutro Un tempo, quando la penisola italiana era suddivisa in tanti piccoli staterelli, capitava di tanto in tanto che un potente d’Europa decidesse di conquistarne un pezzettino. Se però l’idea veniva non a uno, ma a due potenti, allora questi decidevano di darsi battaglia, ovviamente in “campo neutro”, cioè in quel pezzettino d’Italia. E il modo migliore per arrivarci era quello di percorrere la Val d’Adige. Un corridoio facile facile: tu dal Brennero trovi a un certo punto la Val d’Adige, la discendi tutta, e sbuchi fuori dritto in Pianura Padana. Come in autostrada! Il problema sorgeva quando il primo esercito, il più veloce a giungere in pianura, piazzava uomini e artiglierie tra Rivoli e Ceraino, sopra Verona, dove l’Adige si fa stretto tra pareti di roccia, cosicché passare, per il secondo esercito, diventava un’impresa. Questo capitò nel 1701 quando nel “campo neutro” di Rivoli, territorio della Repubblica di Venezia, l’esercito francospagnolo del maresciallo Catinat aspettava al varco gli austriaci del principe Eugenio di Savoia. Ma quest’ultimo, giunto

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tra Rovereto e Peri, andò personalmente a riconoscere il terreno sui ripidi versanti di sinistra Adige, dove anguste mulattiere salivano in montagna. Oltre che sui sentieri attorno al Pasubio, il principe inviò quindi soldati e manovali a rinforzare il tracciato da Sdruzzinà al Passo delle Fittanze per la Val Fredda, e quello da Peri a Fosse, e per queste vie guidò l’esercito fino a Verona, aggirando così la stretta di Rivoli e prendendo il nemico alle spalle. Il vecchio collegamento Fosse-Peri è oggi un semplice sentiero, in parte danneggiato dagli sbancamenti della nuova strada che lo interrompe più volte. Eppure il raggio dei tornanti e l’ampiezza del sedime, oggi sconnesso e occultato dalla boscaglia, lasciano intendere che si trattasse di un percorso carrabile. Ma quanto resta di quel tracciato settecentesco, che altri uomini ed eserciti, in seguito, avrebbero utilizzato e rimodellato? Quanti sassi di quella massicciata Paolo e Francesco stanno ora calpestando? Dopo esser scesi a destra e aver attraversato tre volte la strada, padre e figlio continuano sul vecchio sedime, che coincide brevemente con il raccordo per una cabina di sollevamento idrico, ma diventa impercorribile appena sotto il quarto incrocio: così il sentiero lo tralascia e, divenuto più ripido e stretto, supera per altre quattro volte l’asfalto. Più sotto, lasciata a destra una deviazione minore, i due si immettono un’altra volta nella provinciale, che seguono per un centinaio di metri in salita. Con un ultimo sentiero a destra, costeggiando una vecchia canaletta per lo scolo delle acque, raggiungono la stradina che affianca la Val Valenassi. Deviando ancora a destra tra le prime case di Peri, poi a sinistra per la chiesa parrocchiale, quindi nuovamente a destra per Via Monte Corno, scendono infine alla strada statale Verona-Brennero.


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Peri - Brentino Sul fondo della Val d’Adige, Paolo e Francesco iniziano il tragitto che li porterà dall’altra parte, sotto il Monte Baldo, senza più altipiani e catene montuose da attraversare, ma con ostacoli ben diversi: la ferrovia, il fiume, l’autostrada e il canale. Per superare i primi due, seguono la statale per cento metri a sinistra, quindi imboccano a destra la strada che sottopassa la ferrovia e scavalca l’Adige, oltre il quale, per una gradinata pedonale, raggiungono il centro di Rivalta, sede amministrativa del comune di Brentino Belluno. Continuando in avanti, tra la chiesa e il municipio, sfiorano una fontanella d’ac-

qua potabile e al successivo stop deviano a sinistra, quindi subito a destra su un viottolo asfaltato che sottopassa l’autostrada e procede, svoltando a sinistra, tra questa e il canale idroelettrico. Raggiunta la strada provinciale di destra Adige, continuano nella medesima direzione, tra il fianco del monte e il fondovalle coltivato. Dopo una piccola area di sosta, imboccano a destra la strada che scavalca il canale per salire ripida fra le case di Brentino, via via restringendosi e piegando a destra fino al piccolo slargo dove una grande fontana, ombreggiata da un secolare ippocastano, segna l’inizio della scalinata per la Madonna della Corona.

35 Frassinella


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Carta 8 da Rivalta alla Madonna della Corona (it. 1) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

Salve Regina

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Lo avevano ritrovato all’inizio della scalinata decisiva, complice la lunga sosta che si erano concessi sotto il grande albero. Lui era sceso verso Peri del suo passo, e del suo passo aveva attraversato la Val d’Adige. Lento ma tenace, all’inizio della scalinata non si sarebbe nemmeno fermato, se Paolo e Francesco non lo avessero invitato a sedersi qualche minuto con loro. Poi in silenzio avevano affrontato insieme le prime rampe ed ora erano fermi di nuovo, vicino a quella croce bianca che domina dall’alto il paese di

Brentino e la Val d’Adige. “Non mi ha detto da dove partiva con i suoi parrocchiani…”, esclama Paolo, come riprendendo un discorso sospeso. “Da un piccolo paese del Vicentino… Conosce il Vicentino?” domanda il prete. “Certo che lo conosco: io sono Vicentino!” afferma Paolo. “Allora saprà dov’è Monte di Malo…” “Ah beh…, Monte di Malo, il Faedo, il Buso della Rana… Ci sono stato dentro, io, al Buso della Rana!” “Ah bene… Allora: noi ci impiegavamo


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Giglio di S. Giovanni o Giglio rosso

tre giorni. Primo giorno: Monte di MaloRifugio Battisti; secondo giorno: Rifugio Battisti-Fosse; terzo giorno: Fosse-Santuario. Ma non è sempre stato così: nei secoli passati la gente della Val Leogra preferiva andare in pellegrinaggio alla Madonna del Summano. Lei saprà anche dov’è il Summano, immagino…” “Beh, ovvio: il monte sopra Schio, Santorso, Piovene… Sopra la pianura vicentina!” “Esatto… Successe però che quel santuario cadde in rovina. Ciò avvenne verso la fine del ‘700 e ci volle un secolo perché fosse ricostruito. Poi i frati Gerolimini, che lo avevano già custodito nei secoli precedenti, tornarono e vi rimasero fino ai primi decenni del ‘900, quando la congregazione si estinse. Fu proprio questa discontinuità a orientare i fedeli della Val Leogra verso la Madonna della Corona. A Vicenza c’era anche la Madonna di Monte Berico, però chissà, forse questa gente di montagna preferiva camminare verso la montagna, tanto più se sapeva di attraversare regioni abitate da popoli affini: non bisogna dimenticare che a Monte di Malo e nelle alte valli vicentine,

fino a qualche secolo fa, la gente parlava tedesco, come a Giazza e in gran parte della Lessinia. Tutti infatti discendevano dai cosiddetti ‘cimbri’, immigrati dalla Baviera dopo l’anno mille”. “I primi si stabilirono nell’Altopiano di Asiago”, interviene Paolo. “Esatto, e da lì nei territori che ho detto, e poi anche in Trentino: a Lavarone, Luserna e Folgaria”. Così discorrendo, i tre riprendono la salita, infilandosi a destra, sotto le rocce, alti sul Vaio dell’Orsa. “Vedete”, riprende il prete quasi commosso, “quest’ultima salita è per me la più emozionante. Con i miei parrocchiani affrontavo lentamente la scalinata: il santuario era lassù e noi ci sentivamo come gli antichi ebrei, che vedevano il tempio di Gerusalemme alto sui monti e si rallegravano, perché il loro pellegrinaggio era ormai giunto al termine. Pregavamo con i salmi ascensionali, cioè quei salmi che i pellegrini ebrei recitavano mentre salivano al tempio. Poi recitavamo il rosario ed entravamo nella corte del santuario cantando Salve Regina”.

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cronaca

22-6-2008 Caro Claudio,

mi trovo qui seduto sulla scalinata davanti all’in-

gresso del santuario. Mi sono appena confessato (da tempo non lo facevo) e sto aspettando l’inizio della

messa. Giro la testa all’insù e vedo sopra di me una grande parete. Io non so cosa c’è sopra il ciglio del

monte, forse il luogo da cui in tempi passati l’argano

muoveva le corde per calare i materiali, prima che esistesse la strada. Ma voglio credere che adesso ci sia una balaustra, una protezione, perché nessun sasso possa smuoversi e cadermi in testa.

Francesco è stato bravo. Abbiamo appena superato le serpentine scavate nella roccia e scavalcato il Ponte del Tiglio. Fra poco saliremo a Spiazzi, per la strada

o per l’ultima gradinata. Poi torneremo a casa e tutto sarà concluso.

Ho camminato tanto e pregato poco. Tu sai che io prego poco. Sono tanto escursionista e poco pel-

legrino. Non come il prete che ho incontrato qui in

ultima. Io credo perfino di averlo disturbato, di averlo distratto a parlare troppo con me.

Tu sai bene che io ero partito per te, per chiedere la tua guarigione. 38


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Ma sono arrivato anche per me, per fare penitenza dei miei comportamenti sbagliati. Ovvio, c’è chi fa peggio di me: i politici privilegiati, per esempio; e anche gli

evasori fiscali. Chissà se i politici privilegiati e gli evasori fiscali salgono contriti alla Madonna della Corona e dicono: “Madonna perdonami, perché ho infranto il settimo comandamento”.

Ma se un giorno tutto questo cambierà, se tu guarirai, se io guarirò, se i politici privilegiati e gli evasori

fiscali intaseranno il sentiero del santuario, allora io

verrò qui, non più per chiedere grazia, ma per dire grazie!

Lungo la strada ho incontrato tanta gente. Del prete ti ho detto. A San Giorgio c’era un gruppo di pellegrini: stavano bene insieme. A Malga Gaibana ho trovato un vecchio: sapeva di guerra e parlava di pace. Sui Cor-

doni c’erano dei giovani: erano felici. A Campobrun, ho incontrato una signora: era bella.

Ciao Claudio. Ti ho scritto perché il telefonino è

scarico e magari nemmeno prende. Ma se fosse carico e prendesse, io credo che ti scriverei lo stesso. Perché sono emozionato.

Paolo

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ITINERARI

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Dalle valli vicentine alla Madonna della Corona attraverso l’alta Lessinia

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ITINERARI Come tanti rivoli concorrono a formare un solo torrente, così diversi percorsi convergono nell’unico tragitto che da San Giorgio, attraverso l’alta Lessina e la Val d’Adige, conduce alla Madonna della Corona. Questi rivoli sono altrettanti sentieri che nascono nelle valli vicentine dell’Agno, del Chiampo e del Leogra, precisamente nei paesi e nelle località di partenza dei pellegrini. Descriviamo qui di seguito tredici itinerari, dei quali forniamo i dati salienti per l’orientamento geografico e una piccola raccolta di testimonianze, lungi dalla pretesa di ricostruire la storia, ma solo proponendo alcuni indizi. Di ciascun itinerario presentiamo inoltre una scheda sintetica corredata da un’ipotetica tabella di marcia, che ogni pellegrino-escursionista potrà eventualmente adattare alle personali esigenze e capacità. Ogni itinerario è supportato da specifiche cartine geografiche in scala 1:25000, rappresentative del percorso descritto e sostanziali sussidi all’orientamento. Notizie precise sui luoghi di pernottamento e ristoro sono riportate nella parte dedicata all’offerta turistico-ricettiva. Le descrizioni degli itinerari sono aggiornate agli anni 2008-2009. Non si esclude però che, col passare del tempo, l’azione della natura e quella, a volte sconsiderata, dell’uomo possano mutare l’ambiente e la viabilità pedonale montana. I fattori di modifica possono essere molteplici: frane, incendi, disboscamenti, crescita incontrollata della vegetazione, apertura di strade silvopastorali, costruzione di impianti e piste da sci… Il periodo migliore per effettuare la traversata è normalmente quello estivo e tardoestivo, compreso tra giugno e ottobre. Bisogna però mettere in conto due variabili: l’eventuale persistenza del manto nevoso in giugno, fattore raro ma non impossibile, che potrebbe rendere pericolosi alcuni passaggi altrimenti innocui, specialmente sulle Piccole Dolomiti nel tratto Rifugio Battisti-Passo Malera; la chiusura di alcuni punti d’appoggio (malghe e rifugi) alle quote più elevate in ottobre, soprattutto nei giorni feriali. Per evitare spiacevoli inconvenienti non ci stanchiamo poi di ripetere alcune raccomandazioni di carattere generale, indispensabili per chi pratica l’escursionismo in montagna. La prima, fondamentale, riguarda l’accessibilità della traversata. Chiarito che gli itinerari non presentano pericoli e difficoltà tecniche rilevanti, va sottolineato che si tratta di escursioni che richiedono allenamento, resistenza fisica e abitudine alla camminata in ambiente alpino. Si tratta di qualità alla portata di qualsiasi persona di età compresa all’incirca tra i dodici e i settant’anni (ma anche oltre), purché dotata di buona volontà e sana costituzione fisica. Gli itinerari si svolgono in zone parzialmente prive d’acqua. A prescindere dai rifugi, dove l’acqua può essere comprata, nelle Piccole Dolomiti e nell’alta Lessinia le sorgenti sono rarissime e non sempre attive. Perciò è bene viaggiare con buona scorta nello zaino. Diversa la situazione nel fondovalle dell’Adige, dov’è possibile fruire, oltre che di luoghi di ristoro, anche di fontanelle d’acqua potabile situate lungo la strada, come a Rivalta, in paese, e a Brentino, all’inizio della scalinata per la Madonna della Corona.

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Gli escursionisti provenienti dalla Val Leogra e dalla Valle del Chiampo possono dissetarsi e rifornirsi, rispettivamente fino a contrà Ebe di Recoaro e fino a Giazza, presso le fontane che allietano le corti delle contrade. Per quanto riguarda l’alimentazione, si consiglia di mangiare poco e spesso, utilizzando apposite brevi soste. Anche il pasto di metà giornata dovrebbe essere sobrio e consumato senza fermarsi a lungo (nelle tabelle di marcia si propongono soste di un’ora). La stessa moderazione è consigliabile per la cena, al contrario della prima colazione che dovrebbe essere abbondante: suggeriamo, nel caso gli escursionisti condividessero questa tesi, di accordarsi preventivamente con i ristoratori, i quali tendono invece a proporre cene abbondanti e colazioni scarse. La scelta delle calzature, di cui si dà precisa indicazione in ogni singolo itinerario a seconda del terreno calpestato, è dettata anche dalla situazione meteorologica. Con tempo piovoso vale la regola di indossare sempre calzature pesanti e impermeabilizzate. La pioggia può costituire il più grande elemento di disagio, specie per chi affronta la traversata senza il supporto logistico di mezzi motorizzati, dovendo quindi portare nello zaino qualsiasi oggetto utile all’escursione. Indumento indispensabile è dunque il poncio impermeabile, protettivo anche dello zaino. Con buone condizioni meteo è opportuno camminare vestendo in modo leggero e riservare i capi pesanti, comunque necessari, per i momenti di sosta e per fronteggiare eventuali cali termici. E’ bene, in caso di giornate assolate, proteggersi con copricapo e prodotti antiscottatura. Altra variabile che può condizionare non poco il cammino è la nebbia, che in montagna può causare serie difficoltà di orientamento. Anche per questo la descrizione degli itinerari insiste il più possibile su tracciati battuti ed evidenti, tralasciando scorciatoie improbabili e tratti privi di sentiero, salvo pochi metri nell’Altopiano Lessinico, tra Malga Roccopiano e Passo delle Fittanze, peraltro coadiuvati da una strada parallela situata poco distante e riscontrabile nella cartina geografica. E’ comunque obbligatorio informarsi sulle previsioni meteo utilizzando il Bollettino per Dolomiti e Prealpi Venete emesso quotidianamente dal Centro Valanghe di Arabba, reperibile al sito www.arpa.veneto.it oppure al numero telefonico 0436 780007. Un problema da risolvere preventivamente è quello riguardante l’organizzazione complessiva dell’eventuale spostamento per recarsi al punto di partenza e il viaggio di ritorno. Le soluzioni sono sostanzialmente quattro: • tornare a piedi per la stessa via, caso poco praticato, ma non impossibile; • farsi dare passaggi in auto da amici o parenti; • far guidare un mezzo di trasporto a un collaboratore per avere supporto logistico non solo alla partenza e all’arrivo, ma anche in luoghi intermedi accessibili, come San Giorgio, Podestaria, Malga Lessinia, Passo delle Fittanze; • utilizzare i mezzi pubblici. In tal caso è bene sapere che non tutti i luoghi di partenza indicati negli itinerari sono serviti da mezzi pubblici, e se lo sono, non sempre ciò avviene con orari adatti alle necessità degli escursionisti. Informazioni dettagliate si possono ottenere presso le società di trasporto pubblico: Ferrovie Tramvie Vicentine (FTV), trasporto su gomma, sito internet www.ftv.vi.it - tel. 0444 223115; Azienda Provinciale Trasporti Verona (APTV), trasporto su gomma, sito internet www.apt.vr.it - tel. 045 8057911; Trenitalia, trasporto su rotaia (stazioni utili: Vicenza, Schio, Verona, Peri), sito internet www.ferroviedellostato.it


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Ricevuta per offerta alla Madonna della Corona in data 19 settembre 1888 - (vedi IT. 2)

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Itinerario 1 dalla Valle dell’Agno

DAL RIFUGIO BATTISTI ALLA MADONNA DELLA CORONA

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Come già accennato, l’itinerario Rifugio Battisti–Madonna della Corona è oggi il più frequentato dai pellegrini che dal territorio vicentino intendono raggiungere il santuario, e per questo motivo è stato “raccontato” in modo specifico nella parte precedente. Aggiungiamo solo che vi sono tre varianti possibili, di cui due alternative tra loro, che consentono di toccare i rifugi Scalorbi o Revolto, e il Rifugio Podestaria. Variante per il Rifugio Scalorbi - Giunti al Passo Plische, anziché scendere direttamente a Malga Campobrun, si prosegue sul tracciato principale in direzione del Rifugio Scalorbi. Da qui, percorrendo a ritroso il tratto terminale della strada Giazza-Campobrun, si continua verso il Passo Pertica ricevendo da sinistra il raccordo di servizio alla malga. Per questa via l’itinerario risulta leggermente più lungo. Variante per il Rifugio Revolto - E’ la variante più significativa, che consente di raccordare direttamente il Passo della Lora con la scarpata dell’Altopiano Lessinico, evitando il giro per Campobrun e Passo Pertica. Oggi poco frequentata – ed obiettivamente meno appagante sotto il profilo estetico – è probabile che in passato rappresentasse la via più utilizzata. Il tragitto per il Rifugio Revolto infatti è più breve e il dislivello, nonostante le apparenze, è pressoché identico. Il Revolto, inoltre, funzionava come osteria già nel settecento, ed era l’unico luogo di conforto della zona, dato che l’edificazione dei rifugi Passo Pertica e Scalorbi risale all’ultimo dopoguerra. Oltretutto, tra il 1866 e il 1915 Campobrun e Passo Pertica si trovavano in Austria e non è detto che gli sconfinamenti dall’Italia, seppur per

motivi di fede, fossero graditi. Due sono i sentieri che attualmente calano in Val di Revolto, uno a destra, l’altro a sinistra dell’affluente Valle del Diavolo. Pur consentendo entrambi di giungere al rifugio, il tracciato più sbrigativo risulta quello di destra, che scende con numerose serpentine prima d’immettersi nella mulattiera di fondo Revolto. Da questo bivio si prosegue a destra, in falsopiano, e dopo settecento metri si prende a sinistra il sentiero che supera il greto del torrente per raggiungere in breve il rifugio. Dal cortile, prima della chiesetta, si sale direttamente alla sovrastante strada bianca, e dopo averla percorsa per qualche metro a destra, si imbocca il sentiero che monta ripido nel bosco, sfiorando un antico cippo confinario. Poco sopra, al bivio col tracciato Passo Pertica-Passo Malera, si devia a sinistra, in quest’ultima direzione. Per questa via l’itinerario è leggermente più breve. Variante per il Rifugio Podestaria - Si tratta di una deviazione significativa in caso di sosta-pranzo in questo rifugio, invece che a Malga Lessinia. Dal bivio della Pozza Morta, anziché salire sul dosso erboso di fronte, si prosegue a sinistra lungo la via maestra, e al successivo bivio con la strada proveniente da Boscochiesanuova si devia a destra. Il rifugio si trova un po’ più avanti, leggermente scostato a sinistra. Per ritornare nell’itinerario principale si prende la strada bianca a sinistra, dirigendosi verso i ruderi dell’ex casermetta di finanza e la linea confinaria dei Cordoni. Questa variante comporta un tempo di percorrenza leggermente più lungo.


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NOTE TECNICHE Punto di partenza: Rifugio Cesare Battisti. Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Valdagno e Recoaro; da qui per il Rifugio Battisti, località Gazza. Durata: 2 giorni (14h 45’ circa – 42 km circa) - Carte: carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Rifugio Battisti-Fosse Durata: 10h15’ circa - Tabella di marcia: Rifugio Battisti: 6,00 – Rifugio Passo Pertica: 8,30 – San Giorgio: 10,15 - Malga Lessinia (sosta): 13,15 / 14,15 – Fosse: 17,15 Lunghezza: 31 km circa - Dislivello in salita: 1350 m circa - Dislivello in discesa: 1700 m circa Calzature consigliate: scarponi fino a San Giorgio; scarpe da ginnastica robuste da San Giorgio a Fosse 2° giorno: Fosse-Madonna della Corona Durata: 4h30’ circa - Tabella di marcia: Fosse: 6,00 – Peri: 8,00 – Rivalta: 8,15 – Brentino: 9,45 – Madonna della Corona: 10,30 – Per la salita a Spiazzi (90 m di dislivello) servono altri 15’ di cammino Lunghezza: 11 km circa - Dislivello in salita: 650 m circa - Dislivello in discesa: 800 m circa Calzature consigliate: scarponi fino a Peri; scarpe da ginnastica robuste da Peri alla Madonna della Corona Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 1° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

Itinerario 2 dalla Valle dell’Agno

DA RECOARO TERME ALLA MADONNA DELLA CORONA Partendo a piedi da Recoaro la via più breve per puntare alla Madonna della Corona rimane quella del Passo della Lora, transitando ovviamente per il Rifugio Battisti, che si raggiunge sfruttando in parte la strada militare del 1917, in parte i segmenti residui dell’antico percorso pedonale. Secondo Pietro Caile, classe 1930, residente a Recoaro, si tratta dello stesso itinerario – ovviamente privo della viabilità di guerra – utilizzato nel 1888 dalla nonna Elisa Spanevello per recarsi a pregare al santuario sul Baldo. Forse non per l’unica volta, ma in quell’anno certamente sì, come attesta la ricevuta per un’offerta di 1,50 lire, che il nipote ancora oggi conserva. Per il tratto specifico Recoaro-Rifugio Battisti, proponiamo due diverse vie, di cui la prima è quella che meglio ricalca il sentiero storico, un percorso molto bello ma poco battuto, perché soppiantato dalla vicina rotabile. Il nostro intento e speranza è che un suo maggiore utilizzo ne favorisca quantomeno la conservazione. Come variante

– dalla percorribilità certa, ma meno avvincente – indichiamo un tragitto che, anche nella parte medio-alta, segue più da vicino la strada asfaltata. Descrizione – Dal centro di Recoaro si percorre la strada asfaltata per il Rifugio Battisti alla Gazza, attraversando contrà Bruni, Stoccheri, Asnicar, Cornale, Storti, Pace, e lasciando a destra la diramazione per contrà Parlati. Al tornante successivo si imbocca a destra la carrareccia che si inoltra nel fondovalle, ma dopo nemmeno cinquanta metri si sale a sinistra sulla traccia che subito intercetta l’antico sentiero. Si raggiungono le case – alcune delle quali assai datate – di contrà Balpese, e dopo aver incrociato la strada asfaltata si riprende il sentiero che prosegue dritto nei prati, allargandosi a carrareccia tra contrà Ebe e il successivo tornante stradale, dal quale si continua su sentiero, senza mai cambiare direzione, sfiorando ancora una volta la strada, poi incrociandola per due volte: a contrà Lambre e presso la centrale idroe-

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Carta 9 da contrà Parlati al Rif. Battisti (it. 2) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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lettrica Gazza. Mentre la strada si avvia ad attraversare il ponte di fondovalle, il sentiero sale decisamente a sinistra, subito assorbito da un viottolo di recente costruzione. Alla prima curva a sinistra si lascia il viottolo per uscire a destra sulla carrareccia che attraversa un immediato solco vallivo. Al bivio seguente si continua a destra, sull’antico sentiero, sfiorando dopo duecento metri un altro rivo d’acqua, e da qui salendo a sinistra su traccia meno evidente per scavalcare poco dopo il ruscello e immettersi così in un più ampio tracciato proveniente dal fondovalle. Con pendenza costante, mantenendosi a poche decine di metri dal greto dell’Agno di Lora – situato in basso a destra – ed ignorando una carrareccia che lo attraversa, dopo un lungo rettilineo si giunge a un evidente tornante sinistrorso. Qui si abbandona il tracciato principale, per prendere a destra il sentiero pianeggiante che attraversa l’Agno e poi guadagna, con un paio di svolte, il sovrastante camminamento-collettore del bacino idroelettrico Marzotto. Dalla presa idrica situata appena a destra, il sentiero – ora più ampio – riprende a salire, al bivio successivo continua a destra,

e con due lunghi traversi raggiunge la carrareccia che, ancora a destra e sempre in salita, guadagna la strada asfaltata poco sotto il Rifugio Battisti. Da qui si prosegue verso il Passo della Lora, come descritto all’itinerario 1. Variante per il Bacino Marzotto – Dai pressi della centrale idroelettrica Gazza si continua lungo la strada asfaltata fino al Rifugio Battisti, accorciando “a vista” i tornanti quando la morfologia del terreno e la vegetazione lo consentono. Dalla curva del bacino idroelettrico Marzotto è comunque possibile ricollegarsi al sentiero storico prendendo a sinistra la carrareccia che contorna l’invaso, e poi proseguendo sul collettore che si addentra pianeggiante nei valloni affluenti dell’Agno di Lora. Dopo duecento metri, presso gli impianti della seconda presa idrica, si devia a destra sull’ampio sentiero per il Rifugio Battisti.


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NOTE TECNICHE Punto di partenza: Recoaro Terme (centro, Via Lelia). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Valdagno e Recoaro Durata: 3 giorni (17h15’ circa – 50 km circa) - Carte: carta 9; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Recoaro Terme-Rifugio Passo Pertica Durata: 5h circa - Tabella di marcia: Recoaro Terme: 13,00 – Rifugio Battisti: 15,30 – Rifugio Passo Pertica: 18,00 Lunghezza: 14 km circa - Dislivello in salita: 1450 m circa - Dislivello in discesa: 400 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste fino a contrà Lambre; scarponi fino al Rifugio Passo Pertica 2° giorno: Rifugio Passo Pertica-Rivalta Durata: 10h circa - Tabella di marcia: Rifugio Passo Pertica: 7,30; San Giorgio: 9,15 – Malga Lessinia (sosta): 12,15 / 13,15 - Fosse: 16,15 – Peri: 18,15 – Rivalta: 18,30 Lunghezza: 31 km circa - Dislivello in salita: 700 m circa - Dislivello in discesa: 2100 m circa Calzature consigliate: scarponi fino a San Giorgio; scarpe da ginnastica robuste da San Giorgio a Fosse; scarponi da Fosse a Rivalta 3° giorno: Rivalta-Madonna della Corona Durata: 2h15’ circa - Tabella di marcia: Rivalta: 8,00 – Brentino: 8,30 – Madonna della Corona: 10,15 – Per la salita a Spiazzi (90 m di dislivello) servono altri 15’ di cammino Lunghezza: 5 km circa - Dislivello in salita: 650 m circa - Dislivello in discesa: 0 m Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste Altri programmi possibili: seguendo le opportune varianti descritte all’itinerario 1, è possibile pernottare, al termine del 1° giorno, al Rifugio Scalorbi o al Rifugio Revolto; adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Fosse o a Peri, anziché a Rivalta

Itinerario 3 dalla Val Leogra

DA MONTE DI MALO ALLA MADONNA DELLA CORONA Monte di Malo è un piccolo paese adagiato in luogo splendido sulle colline prospicienti la pianura alluvionale del Leogra, con vista sull’abitato di Malo – reso famoso dallo scrittore Luigi Meneghello – e sulla città di Schio. Dal 1985 un gruppo di fedeli organizza annualmente il pellegrinaggio alla Madonna della Corona, assecondando un’antica tradizione e prendendo esempio dal gruppo di Monte Magrè, frazione di Schio, che ha riscoperto la traversata ancora nel 1974. Il pellegrinaggio dura tre giorni, di cui il primo viene impiegato per raggiungere il Rifugio Battisti. Descrizione – Dalla chiesa del paese si prende la strada in salita per Faedo, quindi a destra per Monte Magrè, infine a sinistra per contrà Cima. Appena varcato un pon-

ticello, si imbocca a sinistra la carrareccia, presto ridotta a sentiero, che raggiunge il sovrastante tornante stradale. Dallo stesso tornante si sale a sinistra a margine dei prati per ritrovare nuovamente l’asfalto presso contrà Mondini di Sopra. Incrociata la strada, si svolta a sinistra, dietro la prima casa, e poi a destra, sfiorando gli ultimi edifici. Proseguendo a saliscendi, si lascia a destra un rustico semiabbandonato, e si continua tra boschi e prati, ignorando diramazioni secondarie e raggiungendo contrà Chele. Per raccordo asfaltato si sale al bivio di contrà Crocchi, dove si svolta a destra, in lieve discesa, verso contrà Corbara. Alla prima casa si prende a sinistra, in salita, e al bivio della Casara Vecia si prosegue a destra, su sterrata che condu-

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Carta 10 da Monte di Malo a contrà Mondini di sopra (it. 3) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Monte di Malo (chiesa). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Vicenza Ovest, seguire le indicazioni per Schio; giunti a Malo seguire le indicazioni per Priabona, Valdagno; appena fuori Malo prendere a destra per Monte di Malo. Durata: 3 giorni (21h circa – 67 km circa) - Carte: carte 10, 11, 12, 13; carta 9; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Monte di Malo-Rifugio Battisti Durata: 6h15’ circa - Tabella di marcia: Monte di Malo: 12,30 – Passo Zovo: 14,00 – Recoaro Terme: 16,15 – Rifugio Battisti: 18,45 Lunghezza: 25 km circa - Dislivello in salita: 1200 m circa - Dislivello in discesa: 350 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Rifugio Battisti-Fosse (vedi itinerario 1, 1° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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ce alle contrà Bernardi e Dal Soglio, dove la strada termina. Senza salire a sinistra, si prosegue rasente l’ultimo edificio, imboccando il sentiero, inizialmente infossato e delimitato da arbusti, che percorre l’ampia dorsale fra le valli del Leogra e dell’Agno. Dopo duecento metri si abbandona il colmo per discendere, su tracciato via via più ampio, il fianco sinistro di Cima Monte Magrè, guadagnando così il Passo Zovo, dove transita la strada provinciale SchioValdagno. Incrociato l’asfalto, si continua sulla carrareccia che, lasciata a sinistra contrà Zovo, prosegue aggirando a nord il Monte Scandolara. In lieve e costante salita, evitando qualsiasi diramazione latera-

le, si raggiunge il Passo del Colombo, e al bivio successivo si sale a destra per calare poi leggermente sul versante valleogrino. La carrareccia descrive un tornante, incrocia la sterrata della Val dei Mercanti, quindi aggira a nord il Monte Civillina, raggiungendo così il Passo della Camonda, caratterizzato dal capitello-bivacco situato al termine del raccordo asfaltato che conduce alla strada Recoaro-Rovegliana. Da questo bivio, per breve sentiero si scende a contrà Caneva di Sotto, e poi, di nuovo su asfalto, all’innesto nella provinciale di fondovalle. Tenendo a destra si entra in centro a Recoaro, dove inizia la strada per il Rifugio Battisti (itinerario 2).


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Itinerario 4 dalla Val Leogra

DA MONTE MAGRÈ ALLA MADONNA DELLA CORONA

Carta 11 da contrà Mondini di sopra al Passo Zovo (it. 3) da Monte Magrè al Passo Zovo (it. 4) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

Adagiato, come Monte di Malo, sul declivio rivolto alla pianura del Leogra, il piccolo abitato di Monte Magrè, frazione di Schio, riveste un significato particolare nella riscoperta del pellegrinaggio a piedi dalle valli vicentine alla Madonna della Corona. Corre voce in paese – e non solo in paese – di una penitenza imposta ad Angelo Ruaro (Angelin) dal prete confessore,

il quale, non assecondando il proposito di una sana scarpinata alla Madonna di Monte Berico a Vicenza, suggerì invece – forse il peccato era ben grave – l’ancor più lontana Madonna della Corona. Ma si tratta, appunto, solo di voci, messe in giro non si sa bene da chi, perché Angelin, classe 1940, assicura che a spingerlo a recarsi a piedi a quel santuario è stato unicamente il desiderio di rinnova-

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Carta 12 dal Passo Zovo al Passo della Camonda (it. 3) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Monte Magrè (chiesa). Come arrivarci: da Schio, seguire le indicazioni per Magrè, Passo Zovo, Valdagno. Da evitare le indicazioni per Valdagno attraverso il traforo. Monte Magrè si trova prima del Passo Zovo. Durata: 3 giorni (19h45’ circa – 64 km circa) - Carte: carte 11, 12, 13; carta 9; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Monte Magrè-Rifugio Battisti Durata: 5h circa - Tabella di marcia: Monte Magrè: 13,15 – Passo Zovo: 14,00 – Recoaro Terme: 16,15 – Rifugio Battisti: 18,45 Lunghezza: 22 km circa - Dislivello in salita: 1150 m circa - Dislivello in discesa: 250 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Rifugio Battisti-Fosse (vedi itinerario 1, 1° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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re una secolare tradizione andata via via spegnendosi. Erano vive in lui, infatti, le parole della madre, che diceva di aver raggiunto la Madonna della Corona nel 1919, passando per Civillina, Revolto, Po-

destaria, Peri, e di aver oltrepassato l’Adige su un barcone agganciato a una corda tesa fra l’una e l’altra sponda. Dopo un primo tentativo fallito per la scarsa conoscenza dei luoghi, Angelin


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Carta 13 dal Passo della Camonda a Recoaro Terme (it. 3) scala 1:25000 (1 cm = 250 m) riuscì a trovare la giusta via. Era il 1974 e da lì in poi non sarebbe passato anno senza che un gruppo da Monte Magrè non fosse arrivato a piedi al santuario del Monte Baldo, dapprima sulla scorta delle vecchie indicazioni, poi preferendo il giro – tuttora praticato – per il Rifugio Scalorbi e Campobrun, a scapito del Rifugio Revolto. Venne anche meglio distribuita la fatica: dalle prime pionieristiche esperienze, caratterizzate da partenze notturne e da una sola sosta per dormire effettuata alla meno peggio, si passò all’attuale escursione di tre giorni con due confortevoli pernottamenti, accessibile a più persone e non soltanto ai “fenomeni”. Il conseguente aumento del numero dei partecipanti, molti dei quali aggregati dai paesi vicini, favorì la nascita dei gruppi di Monte di Malo e di Priabona, i quali rispettivamente dal 1985 e dal 1988 organizzano pellegrinaggi autonomi. Della traversata del 1974, Angelin ricorda un fatto significativo. Mentre scendeva verso Fosse dalla Valle Liana, tra il Corno d’Aquilio e il Corno Mozzo, un anziano

del posto gli si rivolse dicendo: “Quando riva i pelegrini dal Corno, vol dire che la stagion l’è finìa”. Era settembre, e Angelin capì di aver indovinato non solo il tragitto, ma anche il tempo del pellegrinaggio. In quella frase spontanea c’era il senso della vita governata dalla natura e dal ritmo delle stagioni, che stabilivano, oltre al ciclo del lavoro della terra, anche il momento propizio per recarsi alla Corona, segno tra gli altri di una civiltà contadina ormai scomparsa. Descrizione – Il tratto fino al Passo Zovo, dove avviene l’innesto nell’itinerario 3 da Monte di Malo, è semplice e lineare. Dalla chiesa di Monte Magrè si raggiunge la sovrastante strada provinciale e proseguendo a sinistra, senza mai lasciare l’asfalto, si perviene al valico. Significativo, dopo meno di un chilometro, il passaggio davanti alla lapide collocata in contrà Gecchelini, vicino alla casa di Angelin Ruaro, dove nel 1974 prese il via il primo pellegrinaggio. E’ stata incisa e collocata nel 1993 a ricordo della ventesima traversata.

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Itinerario 5 dalla Val Leogra

DA SCHIO ALLA MADONNA DELLA CORONA Carta 14 da Pievebelvicino al Passo Civillina (it. 5) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Schio (stazione ferroviaria). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Vicenza Ovest, seguire le indicazioni per Schio – dall’autostrada A31 Valdastico, casello di Thiene-Schio, seguire le indicazioni per Schio – da Vicenza per ferrovia. Durata: 3 giorni (20h45’ circa – 64 km circa) - Carte: carta 14; carte 12, 13; carta 9; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Schio-Rifugio Battisti Durata: 6h circa - Tabella di marcia: Schio: 12,45 – Rillaro: 13,30 – Recoaro Terme: 16,15 – Rifugio Battisti: 18,45 Lunghezza: 22 km circa - Dislivello in salita: 1300 m circa - Dislivello in discesa: 250 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Rifugio Battisti-Fosse (vedi itinerario 1, 1° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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A Schio non vi sono attualmente gruppi organizzati che intraprendono il pellegrinaggio a piedi alla Madonna della Corona direttamente dalla città. Si ha notizia di alcuni escursionisti che, in anni recenti e in maniera sporadica, hanno raggiunto il santuario transitando per Valli del Pasubio, Staro, Campogrosso, Bocchetta Fondi, Rifugio Scalorbi, prima di collegarsi all’itinerario proveniente da Recoaro. Si tratta di una via di per sé affascinante, ma priva di attinenza col percorso probabilmente utilizzato in tempi passati. Niente a che vedere cioè, in quanto a linearità ed efficacia, con la traversata verso Recoaro per la Val dei Mercanti, che avviene oggi lungo una stradina ricavata al posto di un preesistente sentiero. Descrizione – Dalla stazione ferroviaria di Schio si prende la strada per Rovereto, che si segue per circa due chilometri fino

alla curva da cui si dirama a sinistra il raccordo per Pievebelvicino. Si procede su questa via fino alla successiva rotatoria, e da qui si continua a destra seguendo le indicazioni per il centro di Torrebelvicino e la zona artigianale. Dopo un lungo rettilineo si scavalca la roggia per raggiungere, a destra, le case di contrà Rillaro. Presso il capitello dedicato alla Vergine si imbocca a sinistra la strada che risale la Val dei Mercanti. A un secondo capitello si devia a destra, quindi al bivio seguente si abbandona l’asfalto per salire a sinistra sulla sterrata che dopo quasi un chilometro lascia il fondovalle per inerpicarsi sul versante orientale del Monte Civillina. Ignorando qualsiasi diramazione secondaria, dopo numerosi tornanti si raggiunge l’incrocio con la carrareccia che, verso destra, conduce al Passo della Camonda, come descritto nell’itinerario 3.

Itinerario 6 dalla Valle del Chiampo

DA DURLO ALLA MADONNA DELLA CORONA

Carta 15 da Durlo a contrà Roncari di Campofontana (it. 6) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Carta 16 da contrĂ Roncari di Campofontana a Giazza (it. 6) da Selva di Progno a Giazza (it. 9) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Assieme a Marana e Campodalbero, Durlo è una delle tre frazioni montane di Crespadoro, il comune più settentrionale della Valle del Chiampo. Di tutti i paesi della vallata, è anche il più prossimo al territorio veronese della Val d’Illasi, e perciò rappresenta, per il pellegrinaggio alla Madonna della Corona, un luogo di partenza ideale. E proprio da Durlo, fin dalla metà degli anni ottanta, un gruppo di fedeli organizza l’annuale traversata a piedi seguendo un tragitto che, pur svolgendosi spesso su moderne strade asfaltate, non si discosta granché da quello utilizzato nei secoli passati. A differenza dell’itinerario proveniente dal Rifugio Battisti e dall’alta Valle dell’Agno, esso punta sull’Altopiano Lessinico e San Giorgio tagliando più a sud, per Campofontana e Giazza, evitando cioè il nodo del Carega. Descrizione – Dalla chiesa di Durlo si segue in salita la strada provinciale per Campofontana, giungendo così, dopo aver scavalcato il Passo Goiche, all’incrocio di contrà Roncari. Tralasciando il tronco proveniente da San Bortolo, si prosegue in avanti sulla stradina per Selva di Progno, e dopo appena cinquanta metri si imbocca a destra il vecchio raccordo per la chiesa di Campofontana. Alla successiva biforcazione si tiene a si-

nistra, in piano, per contrà San Giorgio, dove termina l’asfalto. Passando davanti a un capitello e girando a destra attorno alla prima casa, si transita in mezzo alla contrà, e poi si continua sul viottolo che va a saliscendi fra i recinti dei pascoli, fino a raggiungere un piccolo valico. Qui si abbandona la stradina e si scende a destra sul sentiero per contrà Nais, ora casa-vacanze gestita dalla parrocchia di Chiampo, e per la corte e il successivo raccordo sterrato si esce sulla strada che collega Campofontana a Selva di Progno per il Corno Barìla. Ora a sinistra, passando sotto la parete del Corno, si raggiunge il primo tornante, dove inizia a destra la carrareccia che scende a contrà Gauli e alla provinciale per Giazza. Proseguendo ancora a destra e sfiorando un capitello con l’immagine della Madonna della Corona, si scende infine, a sinistra, nella piazza del paese, dove i torrenti Frasele e Revolto si uniscono a formare il Progno d’Illasi. Dalla piazza si scende ancora, seguendo la scalinata che invita al ponte sul Revolto. Oltrepassato il torrente e lasciata a sinistra la carrareccia che lo costeggia, si rimonta con tre curve l’imminente pendio, fino all’innesto in una stradina cementata. Si prosegue a sinistra, giungendo nei pressi di una casetta: qui si lascia il

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Durlo (chiesa). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo; da qui continuare lungo la strada principale fino a Crespadoro, quindi a sinistra per Durlo Durata: 2 giorni (16h circa – 51 km circa) - Carte: carte 15, 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Durlo-Fosse Durata: 11h30’ circa - Tabella di marcia: Durlo: 5,00 – Roncari di Campofontana: 6,15 – Giazza: 7,45 – San Giorgio 10,30 – Malga Lessinia (sosta) 13,30 / 14,30 – Fosse: 17,30 Lunghezza: 40 km circa - Dislivello in salita: 1600 m circa - Dislivello in discesa: 1550 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 1° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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Carta 17 da Giazza a S. Giorgio (it. 6) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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tracciato pianeggiante per salire a monte dell’edificio, sulla mulattiera che, larga e massiccia, entra definitivamente nel bosco delle Gósse. Dopo una galleria, alcuni ravvicinati tornanti e un ponticello di pietra, e dopo gli incroci con alcune piste

d’esbosco, il tracciato esce sulla strada bianca proveniente dai Pàrpari. Prendendo a destra, con belle vedute sulle cime e i contrafforti del Carega, si raggiunge il bivio di Malga Malera, e da qui, a sinistra, il villaggio turistico di San Giorgio.

Itinerario 7 dalla Valle del Chiampo

DA CRESPADORO ALLA MADONNA DELLA CORONA Partire da Crespadoro, anziché da Durlo, per recarsi a piedi alla Madonna della Corona può sembrare, a prima vista, un inutile aggravio ad un impegno già di per sé lungo e faticoso. Durlo, infatti, trovandosi sulla strada che dal capoluogo sale all’altopiano di Campofontana, rappresenta un punto di passaggio obbligato. La partenza da Crespadoro assume però un significato particolare in quanto permette di seguire abbastanza fedelmente il tratto iniziale di uno dei più antichi collegamenti tra il territorio vicentino occidentale e il Trentino, e quindi il Tirolo. Si

tratta della cosiddetta Via Vicentina, esistente già nel medioevo e forse anche in età romana. Questa via pedonale si staccava dal fondovalle del Chiampo in località Ferrazza, passava per Durlo, per la Montagna Alba sopra Campofontana, per il crinale Cima di Lobbia-Monte Laghetto; toccava quindi i passi della Scagìna, dello Zevola, della Lora, e per il Passo Plische scendeva a Campobrun; da qui, per il Passo Pertica proseguiva verso Ala in Val d’Adige. Dei vari itinerari che dalle valli vicentine conducono alla Madonna della Corona,

Carta 18 da Crespadoro a Durlo (it. 7) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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sono più d’uno quelli che ricalcano, almeno in parte, questo antico tracciato. Oltre al tratto Crespadoro-Durlo per le contrade Pizzolati, Orche, Staudre, Lace, vi è il successivo Durlo-Passo Gioiche: la provinciale per Campofontana è stata infatti tracciata in sovrapposizione, o quasi, all’antica via. L’itinerario proveniente dal Rifugio Bertagnoli coincide con la Via Vicentina nel tratto Passo della ScagìnaPasso della Lora, rimaneggiato nel 1917 dai militari italiani della grande guerra; e anche il tratto successivo, Passo della Lora-Malga Campobrun-Passo Pertica risulta fedele, salvo alcune rettifiche militari, all’antico tracciato. Descrizione – Dalla piazza di Crespadoro si prende la strada che scende verso l’alveo del Chiampo, e poi, seguendo la provinciale, si continua a destra fino a località Ferrazza. Oltrepassato il ponte, si devia a destra per Campodalbero e dopo

il quarto tornante (capitello dell’Addolorata) si imbocca a sinistra il raccordo che sale con un paio di svolte a contrà Pizzolati. Dalla fontana si segue a destra il sentiero che entra presto nella boscaglia per uscire sui sovrastanti pendii erbosi, ampliandosi a carrareccia dal fondo cementato. Dopo aver sfiorato contrà Orche, si continua a destra su stradina asfaltata che termina a contrà Staudri. Si prosegue quindi nella medesima direzione su carrareccia pianeggiante, in vista del paese di Marana, e alla vicina biforcazione si sale a sinistra verso contrà Lace. Dalle case, passando davanti alla fontana coperta, si continua a destra, e al bivio successivo si sale a sinistra per uscire, dopo un tratto nel bosco, nella strada provinciale poco oltre la chiesa di Durlo. Da qui si prosegue a destra, come descritto nell’itinerario 6.

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Crespadoro (chiesa). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo; da qui continuare lungo la strada principale fino a Crespadoro Durata: 3 giorni (18h circa – 57 km circa) - Carte: carta 18; carte 15, 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Crespadoro-Giazza Durata: 4h30’ circa - Tabella di marcia: Crespadoro: 14,00 – Durlo: 15,45 – Roncari di Campofontana: 17,00 – Giazza: 18,30 Lunghezza: 17 km circa - Dislivello in salita: 800 m circa - Dislivello in discesa: 450 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Giazza-Fosse Durata: 9h circa - Tabella di marcia: Giazza: 7,00 – San Giorgio: 9,45 – Malga Lessinia (sosta): 13,00 / 14,00 – Fosse: 17,00 Lunghezza: 29 km circa - Dislivello in salita: 1300 m circa - Dislivello in discesa: 1150 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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Itinerario 8 dalla Valle del Chiampo

DA CHIAMPO ALLA MADONNA DELLA CORONA PER CAMPOFONTANA Situato nella valle omonima, dove le alture ormai si smorzano nella pianura industrializzata, Chiampo rappresenta ancor oggi il punto di partenza per decine di pellegrini che, vincendo la tentazione di salire in auto verso l’alta valle per accorciare il percorso a piedi, intraprendono la traversata alla Madonna della Corona direttamente dalle proprie abitazioni. Gli escursionisti attaccano subito il fianco della montagna, cercando il crinale con la Val d’Alpone e il suo apice rappresentato dalla sella di Bolca, così da poter calare nella contigua Val d’Illasi, non prima di essersi immessi, a Campofontana, nell’itinerario proveniente da Durlo. Descrizione – Dalla piazza centrale di Chiampo, dedicata a Giacomo Zanella, si imbocca la via omonima che prosegue pressoché rettilinea cambiando più volte il nome, fino al bivio in cui inizia, a sinistra, Via Manzoni. Si sale per quest’ultima (in seguito denominata via Fantoni) lasciando ai lati alcune diramazioni secondarie e raggiungendo il trivio dal quale, a destra, si prosegue verso contrà Pardince e l’innesto nella strada ArsoVestenanova, presso il tornante che precede la chiesa di Mistrorighi. Si continua in salita, abbandonando per breve tratto la via principale a vantaggio della più diretta Via Mons. Mistrorigo, raggiungendo così contrà Bacchi, in territorio veronese. Qui si devia a destra sulla sterrata per San Pietro Mussolino, quindi s’imbocca subito a sinistra l’ampia mulattiera che sale ripida tra boscaglia e appezzamenti prativi fino ad immettersi nella stradina cementata discendente, a destra, a contrà Pezzati. Tralasciando questa direzione, si prosegue a sinistra, raggiungendo così la sella spartiacque tra le valli del Chiampo e d’Alpone, nel punto in cui sorge un capitello a S. Antonio. Qui si devia a de-

stra su carrareccia che aggira ad ovest il Monte Castellaro, continua in dorsale tra i prati, quindi sbuca nella stradina che, verso destra, transita a monte di contrà Brusaferri. Subito dopo, lasciata a destra la diramazione per contrà Montanari, si guadagna nuovamento lo spartiacque presso un vecchio termine confinario. Ignorando il breve raccordo per la strada provinciale, si continua a destra sul viottolo (residuo della vecchia carrabile Vestenanova-Bolca) che risale con due tornanti il versante prativo rivolto alla Valle del Chiampo, allungandosi poi fino a ritrovare la strada asfaltata. Ora a destra, passando per contrà Zovo, si raggiunge Bolca, e da qui, seguendo sempre la via principale, la località Due Colonne, situata dopo le diramazioni per Cracchi e Sprea, e così chiamata per la presenza a bordostrada, una di fronte all’altra, di due antiche colonnette di pietra, tipiche espressioni di religiosità popolare della Lessinia orientale. La strada asfaltata continua in dorsale, supera località Finco, e con una marcata curva a sinistra si porta sul versante della Val d’Illasi, verso il paese di San Bortolo. Presso questa curva si esce a destra tra due capitelli, di cui uno, situato accanto all’ingresso di un’azienda agricola, dedicato alla Madonna della Corona. Si sale su ampia mulattiera, con bella visuale sull’alta Valle del Chiampo, sulle contrade di Durlo e il Monte Telegrafo. Dopo aver superato un cancello di delimitazione del pascolo, si esce dalla boscaglia, e aggirando un breve tratto invaso dagli arbusti si sfiora un modesto valico. Restando sempre dalla parte del Chiampo si punta verso l’altura dove sorge una grande croce di pietra. Giunti nei suoi pressi, si retrocede di alcuni passi fino al cancelletto che permette di raggiungerla, quindi si prose-

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Carta 19 da Chiampo a contrĂ Brusaferri (it. 8) da S. Pietro Mussolino a contrĂ Brusaferri (it. 10) 62

scala 1:25000 (1 cm = 250 m)


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gue sulla carrareccia lungo la recinzione, scendendo così nuovamente nella provinciale presso un capitello e una lapide a ricordo di fatti legati alla seconda guerra. Seguendo l’asfalto verso destra, prima sul

versante del Chiampo poi su quello d’Illasi, e aggirando ad ovest il Monte Padella, si giunge all’incrocio di contrà Roncari di Campofontana, punto d’incontro con l’itinerario 6 proveniente da Durlo.

Carta 20 da contrà Brusaferri alle Due Colonne (it. 8) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Chiampo (centro, Piazza G. Zanella). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo Durata: 3 giorni (19h30’ circa – 62 km circa) - Carte: carte 19, 20, 21; carte 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Chiampo-Giazza Durata: 6h circa - Tabella di marcia: Chiampo: 12,30 – Due Colonne: 15,45 – Roncari di Campofontana: 17,00 – Giazza: 18,30 Lunghezza: 22 km circa - Dislivello in salita: 1000 m circa - Dislivello in discesa: 400 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Giazza-Fosse (vedi itinerario 7, 2° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

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Itinerario 9 dalla Valle del Chiampo

DA CHIAMPO ALLA MADONNA DELLA CORONA PER SELVA DI PROGNO Livio Cavaliere, classe 1938, è senz’altro il più esperto conoscitore del pellegrinaggio a piedi da Chiampo alla Madonna della Corona, per averlo praticato decine e decine di volte, ma soprattutto per aver raccolto sull’argomento preziose testimonianze e notizie storiche. Una di queste riguarda l’esatto tragitto che i chiampesi avrebbero utilizzato in passato per recarsi al santuario sul Monte Baldo. Ebbene, sembra proprio che, a differenza di oggi, il tragitto si svolgesse attraverso la media Lessinia, senza minimamente toccare gli alti pascoli, guadagnando l’Altopiano Lessinico grazie allo storico sentiero Selva di Progno-Velo Veronese, e riunendosi agli altri itinerari soltanto dall’abitato di Fosse. Un frate del santuario della Madonna di Chiampo era solito, fin dagli anni precedenti la seconda guerra mondiale, recarsi in pellegrinaggio solitario a piedi alla Madonna della Corona. E a lui si rivolsero alcuni giovani intenzionati a raggiungere la stessa meta. Era il 1958, e fra questi giovani c’era Livio Cavaliere, il quale compì la sua prima traversata. La seconda fu nel 1974, seguendo il fratello che già da alcuni anni affrontava regolarmente il lungo cammino.

Da allora Livio non si è più fermato, accumulando pellegrinaggi su pellegrinaggi, ma sempre prediligendo la via suggerita dal frate, che volle chiamare “delle sette valli”, perché tanti sono i solchi d’acqua attraversati o solo sbirciati dall’alto, senza contare l’iniziale Valle del Chiampo. Essi sono nell’ordine: Val d’Alpone, Val d’Illasi, Vaio di Squaranto, Vaio dell’Anguilla, Vaio dei Falconi, Vaio della Marciora, Val d’Adige. Oggi la memoria di questa via è affidata a Livio e a coloro che si accompagnano a lui. Noi ci limiteremo a proporre il tratto che unisce le prime due valli, e a collegarlo, da Selva di Progno, all’itinerario dell’alta Lessinia. Ma desideriamo anche citare le testimonianze raccolte a Tanara, bella contrada situata in posizione equidistante tra le valli del Chiampo, d’Alpone e d’Illasi. Gli abitanti di contrà Tanara affermano d’aver sempre visto transitare fra le loro case, soprattutto in tempi passati, gruppi di pellegrini provenienti dalla dorsale di Bolca, i quali utilizzavano però un sentiero più diretto, ora impraticabile, rispetto all’attuale carrareccia LevoratiVaio Rocchi-Val Tanara. Gli stessi abitanti assicurano che i pellegrini, subito dopo aver raggiunto la strada discendente

NOTE TECNICHE

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Punto di partenza: Chiampo (centro, Piazza G. Zanella). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo Durata: 3 giorni (19h30’ circa – 63 km circa) - Carte: carte 19, 20, 21, 22; carte 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Chiampo-Giazza Durata: 6h circa - Tabella di marcia: Chiampo: 12,30 – Due Colonne: 15,45 – Selva di Progno: 17,15 – Giazza: 18,30 Lunghezza: 23 km circa - Dislivello in salita: 950 m circa - Dislivello in discesa: 350 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Giazza-Fosse (vedi itinerario 7, 2° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse


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Carta 21 dalle Due Colonne a contrĂ Roncari di Campofontana (it. 8) dalle Due Colonne a contrĂ Tanara (it. 9) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Carta 22 Da contrà Tanara A SELVA DI PROGNO (it. 9) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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da San Bortolo, deviavano a destra per contrà Trèttene, e da qui percorrevano il sentiero in costa che, attraverso contrà Cisamoli, conduce a Selva. Questo tracciato, tuttora esistente, permette di evitare il giro, più lungo sia in distanza che in dislivello, per Sant’Andrea, ma presenta un breve tratto – una trentina di metri ormai prossimi a contrà Cisamoli – che potrebbe risultare ostruito dai rovi. Chi volesse percorrerlo, è quindi invitato a munirsi precauzionalmente di guanti e attrezzi da taglio, oppure di mettere in conto l’eventualità di dover retrocedere a contrà Trèttene e da qui scendere a Sant’Andrea. Descrizione – Da Chiampo si segue l’itinerario 8 fino a località Due Colonne, dove si lascia la provinciale per imboccare a sinistra la sterrata che scende a contrà Carradori. Oltre le case e la fontana, si continua sul successivo raccordo asfaltato, e al bivio seguente, presso un

edificio isolato (Casara dei Carradori), si devia a sinistra verso contrà Levorati. Da qui, oltrepassando un cancello di sbarramento ai mezzi motorizzati, si prosegue sulla carrareccia che scende sul fondo del Vaio Rocchi e poi, costeggiando il torrente, a contrà Tanara. Si procede ora su asfalto, seguendo il fondo di Val Tanara e sfiorando un capitello raffigurante la Madonna della Corona. Raggiunta la strada San BortoloSant’Andrea, si scende a sinistra fino alla vicina diramazione, a destra, per contrà Trèttene. Superate tutte le case e lasciati a sinistra gli ultimi rustici, si prosegue su carrareccia pianeggiante che immette in un terrazzamento prativo, del quale si percorre il margine inferiore. Poco dopo si entra nella boscaglia, ritrovando il sentiero che, a brevi saliscendi, conduce a contrà Cisamoli. Una stradina asfaltata scende quindi alla provinciale della Val d’Illasi, che si segue a destra oltrepassan-


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do Selva di Progno e proseguendo verso l’alta valle, lasciando ai lati le diramazioni per Campofontana e Velo Veronese. Ancora più avanti, subito prima di un tornante, si imbocca a sinistra la stradina che sfiora contrà Ronche, attraversa il torrente, quindi sale a contrà Molinari, e da qui a destra a contrà Parlatoni. Ora su sentiero, si continua nella medesima direzione, sfiorando una casa diroccata. Cinquanta metri più avanti si abbandona il tracciato pianeggiante – più breve ma di percorribilità incerta – per salire,

a sinistra, a un ulteriore bivio. Ignorando la deviazione per Croce del Gallo, si prosegue a destra, tra boschi e radure, fino a contrà Franchetti. Dopo trecento metri di carrareccia, si devia a destra su sentiero in forte discesa, immettendosi così nel tracciato basso proveniente da contrà Parlatoni. Proseguendo a sinistra si arriva a Giazza, al ponte sul Revolto, punto d’inizio, a sinistra, della mulattiera delle Gósse (itinerario 6). Il centro del paese si trova a destra, al vertice di una bella scalinata.

Itinerario 10 dalla Valle del Chiampo

DA SAN PIETRO MUSSOLINO ALLA MADONNA DELLA CORONA Salendo da Chiampo verso l’alta valle, dopo pochi chilometri s’incontra San Pietro Mussolino, piccolo paese situato appena a monte del torrente, dove le concerie e le fabbriche per la lavorazione del marmo vanno sparendo e le acque diventano chiare. Adesso come un tempo, per recarsi a piedi alla Madonna della Corona, i pellegrini di San Pietro Mussolino attaccano subito il pendio verso la Val d’Alpone, e intercet-

tano, in prossimità dello spartiacque, l’itinerario frequentato da quelli di Chiampo. Rispetto al passato, le modeste varianti dovute alla trasformazione di alcune vecchie mulattiere in carrarecce non hanno modificato la sostanza del percorso, che mantiene anzi un certo fascino. Descrizione – Dalla parrocchiale di San Pietro Mussolino – da non confondere con la chiesa di San Pietro Vecchio situata più a monte – si discende Via

NOTE TECNICHE Punto di partenza: San Pietro Mussolino (chiesa). Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo; da qui continuare lungo la strada principale fino a San Pietro Mussolino Durata: 3 giorni (18h30’ circa – 58 km circa) - Carte: carte 19, 20, 21; carte 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: San Pietro Mussolino-Giazza Durata: 5h circa - Tabella di marcia: San Pietro Mussolino: 13,30 – Due Colonne di Bolca: 15,45 – Roncari di Campofontana: 17,00 – Giazza: 18,30 Lunghezza: 18 km circa - Dislivello in salita: 900 m circa - Dislivello in discesa: 400 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Giazza-Fosse (vedi itinerario 7, 2° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse; nel 1° giorno di cammino, da località Due Colonne è possibile seguire, in alternativa, l’itinerario 9 per Selva di Progno (da San Pietro Mussolino: durata 5h circa; lunghezza 19 km circa; dislivello in salita: 850 m circa; dislivello in discesa: 350 m circa)

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Folaore, vicolo asfaltato che raggiunge la provinciale di fondovalle. Incrociata quest’ultima, si prosegue sulla stradina che scavalca il Chiampo per raggiungere subito contrà Lore. Alla prima curva si imbocca a destra la carrareccia che supera un ponticello, descrive un tornante e sale all’evidente bivio caratterizzato da un’area di sosta con tavoli e camini. Qui si abbandona la via principale, che scende a San Pietro Vecchio, e si devia a sinistra su ampio sen-

tiero, ancora in salita, lasciando prima a destra e poi a sinistra due ravvicinate diramazioni e guadagnando, dopo alcune svolte, la sella di contrà Montanari, appena oltre il confine con il territorio veronese. Proseguendo a sinistra sulla stradina d’accesso alla contrada, con belle visuali sui monti che coronano l’alta valle, si arriva al bivio di contrà Brusaferri, dal quale si continua a destra come descritto nell’itinerario 8 proveniente da Chiampo.

Itinerario 11 dalla Valle del Chiampo

DAL RIFUGIO BERTAGNOLI ALLA MADONNA DELLA CORONA E’ il secondo itinerario “moderno”, dopo quello con partenza dal Rifugio Battisti, dal quale differisce solo per il tratto iniziale. E’ utilizzato in genere da chi risiede nella Valle del Chiampo e non può (o non vuole) estendere la traversata a più di due giorni di cammino. Tra il Passo della Scagìna e il Passo della Lora (e in seguito fino al Passo Pertica) si svolge pressappoco sulla traccia dell’antica Via Vicentina. Descrizione – Dal Rifugio Bertagnoli si prende il sentiero che si dirige verso l’alta

valle passando accanto alla chiesetta. Il tracciato, dopo esser sceso con tratto esposto (corda fissa d’acciaio) nel fondovalle, risale a tornanti l’erto vallone della Scagìna; lasciata a destra una diramazione secondaria, raggiunge il valico omonimo e, subito a destra, la sovrastante mulattiera di guerra CampodavantiPasso della Lora. Si prosegue a sinistra, in quest’ultima direzione, contornando i bellissimi pascoli di Val Frasele e sfiorandone la malga, prima di puntare de-

NOTE TECNICHE

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Punto di partenza: Rifugio Bepi Bertagnoli. Come arrivarci: dall’autostrada A4 Serenissima, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Arzignano e Chiampo; da qui continuare lungo la strada principale fino a Crespadoro, quindi a sinistra per Ferrazza e a destra per Campodalbero. Dalla chiesa del paese proseguire fino al rifugio, in località La Piatta Durata: 2 giorni (16h circa – 46 km circa) - Carte: carta 23; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Rifugio Bertagnoli-Fosse Durata: 11h30’ circa - Tabella di marcia: Rifugio Bertagnoli: 6,00 – Rifugio Passo Pertica: 9,30 – San Giorgio: 11,15 – Rifugio Podestaria (sosta): 13,00 / 14,00 – Malga Lessinia: 15,30 – Fosse: 18,30 Lunghezza: 35 km circa - Dislivello in salita: 1450 m circa - Dislivello in discesa: 1800 m circa Calzature consigliate: scarponi fino a San Giorgio; scarpe da ginnastica robuste da San Giorgio a Fosse 2° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 1° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse


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cisamente verso il Passo Zevola. Lasciata a sinistra la deviazione per la Montagna Terrazzo, con un’ultima rampa si guadagna il valico, dal quale si scende poi al Passo della Lora.

Si continua ora in salita, come indicato nell’itinerario 1 proveniente dal Rifugio Battisti. Nel programma ipotizzato (vedi tabella) si prevede la variante per il Rifugio Podestaria.

Carta 23 DAL RIF. BERTAGNOLI AL PASSO DELLA LORA (it. 11) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Itinerario 12 dalla Valle dell’Agno

DA VALDAGNO ALLA MADONNA DELLA CORONA PER CAMPOFONTANA Non sappiamo se e quanti siano oggi i pellegrini che partono a piedi da Valdagno per raggiungere la Madonna della Corona; crediamo però che in passato ve ne fossero molti, i quali, forse per vie diverse, raggiungevano San Giorgio e da lì il santuario. Una maniera poteva consistere nel seguire il fondovalle fino a Recoaro e da lì, per il Passo della Lora e Revolto, montare sull’Altopiano Lessinico. Ma è più probabile che i pellegrini valdagnesi prendessero direttamente la via

del monte, puntando verso il crinale con la Valle del Chiampo, e attraversassero quest’ultima presso le contrà basse di Campodalbero, raccordandosi poi all’itinerario per Campofontana e Giazza utilizzato da coloro che provenivano da Durlo. Ciò avveniva tramite antichi sentieri, ai quali è andata sovrapponendosi, in tempi anche recenti, una rete di stradelle e carrarecce poco o per nulla trafficate. Descrizione – Dal Duomo di San Clemente si imbocca via Manin, e quindi via Castello, ripida stradina che risale il pen-

Carta 24 da contrà Zenere di Sotto a Marana (it. 12) dallo Zovo di Castelvecchio a Cima Marana (it. 13) 70

scala 1:25000 (1 cm = 250 m)


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dio sud del Poggio Miravalle, fino a raggiungere il secondo ed ultimo tornante della strada Valdagno-Marana. Continuando a salire, si sfiorano numerose contrade tra cui Sbricci, Maso e Fontana. A contrà Zenere di Sotto si abbandona la strada principale diretta a Castelvecchio e si devia a destra verso contrà Zovo, punto di valico tra il bacino dell’Agno e quello del Chiampo. Subito dopo, ignorate a sinistra due ravvicinate diramazioni per Altissimo, si continua nel vallone della Brassavalda, raggiungendo

così, a lievi saliscendi, l’abitato di Marana, frazione di Crespadoro. Lasciata a sinistra la strada per il capoluogo, si prosegue in quota, con belle visuali sulla Valle del Chiampo, dirigendosi verso le contrà Cavaliere e Pasquali, quindi scendendo a contrà Cortesani e al ponte sulla Val Bianca. In salita, dopo aver affiancato il torrente della Val Bona, si guadagna la sella degli Zanconati per poi immettersi nella strada Ferrazza-Campodalbero, che si percorre in salita, fino alla vicina contrà Loezzi.

Carta 25 DA MARANA ALLA CASAROLA DI DURLO (it. 12) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

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Da qui, di fronte al capitello, si imbocca la carrareccia che scende a sinistra; alla biforcazione successiva si tiene ancora a sinistra per costeggiare in discesa, e poi scavalcare, il torrente Chiampo. La carrareccia risale quindi il versante opposto lasciando ai lati alcuni sentieri mi-

nori, passa tra le rovine di contrà Gerolin, e dopo un tratto su terreno smosso, esce in località Casarola, sopra Durlo, sulla strada provinciale per Campofontana. Da qui in poi si segue l’itinerario 6 proveniente da Durlo.

NOTE TECNICHE Punto di partenza: Valdagno (Duomo di S. Clemente). Come arrivarci: dall’autostrada A4, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Valdagno Durata: 3 giorni (20h15’ circa – 67 km circa) - Carte: carte 24, 25; carte 15, 16, 17; carte da 3 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Valdagno-Giazza Durata: 6h45’ circa - Tabella di marcia: Valdagno: 12,00 – Marana: 14,15 – Roncari di Campofontana: 17,15 – Giazza: 18,45 Lunghezza: 27 km circa - Dislivello in salita: 1150 m circa - Dislivello in discesa: 650 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste 2° giorno: Giazza-Fosse (vedi itinerario 7, 2° giorno) 3° giorno: Fosse-Madonna della Corona (vedi itinerario 1, 2° giorno) Altri programmi possibili: adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Peri o a Rivalta, anziché a Fosse

Itinerario 13 dalla Valle dell’Agno

DA VALDAGNO ALLA MADONNA DELLA CORONA PER CIMA MARANA

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Un’altra possibile maniera per raggiungere la Madonna della Corona da Valdagno consiste nel percorrere ad alta quota l’intera Catena delle Tre Croci, da Cima Marana al Passo della Lora, prima di collegarsi al sentiero proveniente dal Rifugio Battisti, seguendo un itinerario molto attraente dal punto di vista paesaggistico. Questa via, adatta soprattutto ai valdagnesi, è invece costantemente utilizzata da un gruppo di fedeli residenti a Montecchio Maggiore, nota cittadina ai piedi dei castelli cosiddetti di Giulietta e Romeo. Si tratta di un percorso che sfrutta buona parte della viabilità pedonale realizzata dai soldati italiani nel 1917 sulla Catena delle Tre Croci, in particolare l’ardito tronco Passo del Mèsole-Passo della Scagìna, oggi denominato Sentiero

Milani, ripristinato in tempi abbastanza recenti dopo anni di relativo abbandono. Per quanto riguarda il pellegrinaggio del gruppo di Montecchio Maggiore, sappiamo che questo ha avuto inizio a metà degli anni ottanta su iniziativa di Antonio Pozza, classe 1955, il quale da tempo meditava di recarsi a piedi al santuario sul Monte Baldo, come suo padre gli raccontava facesse il bisnonno, capace di incamminarsi da Montecchio per raggiungere la Madonna della Corona e anche una non meglio identificata “farmacia” di Peri, dove poteva acquistare erbe curative (forse le famose erbe del Baldo). Racconta Antonio Pozza che il suo bisnonno non prendeva la via dei monti, ma quella per Verona, e ciò appare logico, perché Montecchio Maggiore è già in pianura,


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Carta 26 DA CIMA MARANA A BOCCHETTA GABELLELE (it. 13) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

fuori dalle valli prealpine e orientata verso Verona. Inoltre lungo le strade pianeggianti era facile trovar da salire su qualche carretto trainato da animali, così da accorciare tempo e fatica. L’attuale pellegrinaggio da Montecchio Maggiore asseconda invece le esigenze dell’escursionista moderno, il quale tende a schivare il più possibile le strade asfaltate a vantaggio dei sentieri, nel nostro caso evitando persino la via montana più breve – identificabile con l’itinerario di Chiampo – per dirigersi verso i monti recoaresi sfruttando inizialmente gli argini del torrente Agno-Guà. La durata complessiva è di quattro giorni, con pernottamenti a Castelvecchio di Valdagno, al Rifugio Passo Pertica, a Fosse. Da contrà Zovo di Castelvecchio il percorso coincide con la possibile via proveniente da Valdagno che qui si descrive. Descrizione – Dai pressi del Duomo di San Clemente di Valdagno si proce-

de come indicato nell’itinerario 12 fino a contrà Zovo di Castelvecchio, punto di valico tra il bacino dell’Agno e quello del Chiampo. Subito dopo aver lasciato a sinistra i due raccordi per Altissimo, si abbandona la strada principale per salire a destra sulla sterrata di servizio a Malga Rialto. Si supera contrà Sacco e al terzo tornante successivo si imbocca a destra il sentiero che raggiunge il bordo inferiore del pascolo, in vista di una croce. Da qui si devia a sinistra verso l’edificio della malga, oltre il quale inizia il sentiero che guadagna e poi rimonta il sovrastante crinale fino alla Bocchetta di Marana (o Colle del Basto) e alla cima omonima. Dalla croce di vetta, con leggero saliscendi si continua sulla cresta spartiacque Agno-Chiampo, giungendo così alla Sella del Campetto, dove s’incontra la carrareccia che, a sinistra, portandosi alta sul versante del Chiampo, conduce a Malga

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Campodavanti. Per strada bianca si continua nel pascolo per circa un chilometro, cioè fino alla curva di Bocchetta Gabellele, punto d’inizio, a destra, dell’ex mulattiera di guerra che incide ad alta quota l’intera Catena della Tre Croci. Per questo tracciato, ignorando

qualsiasi diramazione minore, si raggiunge la testata della Val Frasele, appena sopra il Passo della Scagìna, dove sale da sinistra il raccordo dal Rifugio Bertagnoli. Procedendo sulla mulattiera di guerra, si continua verso il Passo della Lora, come descritto all’itinerario 11.

Carta 27 DA BOCCHETTA GABELLELE AL PASSO DELLA SCAGINA (it. 13) scala 1:25000 (1 cm = 250 m)

NOTE TECNICHE

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Punto di partenza: Valdagno (Duomo di S. Clemente). Come arrivarci: dall’autostrada A4, casello di Montecchio, seguire le indicazioni per Valdagno Durata: 3 giorni (20h15’ circa – 62 km circa) - Carte di riferimento: carte 24, 26, 27; carta 23; carte da 1 a 8 Programma ipotizzato: 1° giorno: Valdagno-Rifugio Passo Pertica Durata: 8h circa - Tabella di marcia: Valdagno: 8,30 – Cima Marana: 12,00 – Malga Campodavanti (sosta): 13,00 / 14,00 – Rifugio Passo Pertica: 17,30 Lunghezza: 26 km circa - Dislivello in salita: 1800 m circa - Dislivello in discesa: 550 m circa Calzature consigliate: scarpe da ginnastica robuste fino a contrà Zovo di Castelvecchio; scarponi da contrà Zovo al Rifugio Passo Pertica 2° giorno: Rifugio Passo Pertica-Rivalta (vedi itinerario 2, 2° giorno) 3° giorno: Rivalta-Madonna della Corona (vedi itinerario 2, 3° giorno) Altri programmi possibili: seguendo le opportune varianti descritte all’itinerario 1, è possibile pernottare, al termine del 1° giorno, al Rifugio Scalorbi o al Rifugio Revolto; adeguando la tabella di marcia è possibile terminare il cammino del 2° giorno a Fosse o a Peri, anziché a Rivalta


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Il paese di Giazza, punto di passaggio degli it. 6-7-8-9-10-12

Fossile al Museo di Bolca, punto di passaggio degli it. 8-9-10

75 Contrà Gecchelini di Monte Magrè (Schio), estate 1993: la lapide a ricordo dei primi vent’anni di pellegrinaggio è appena stata posata (it. 4)


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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE D. Cervato - La Madonna della Corona: storia del primo santuario mariano della Diocesi di Verona Archivio storico Curia diocesana - Verona, 2005 V. Senatore Gondola - Il Santuario Madonna della Corona: breve storia Diocesi di Verona - Verona, 2006 E. Turri - La Lessinia Edizioni di vita veronese - Verona, 1969 AA.VV. - Lessinia: territorio e cultura Curatorium Cimbricum Veronense - Giazza (VR), 2002 AA.VV. - Gli alti pascoli dei Lessini La Grafica Editrice - Vago di Lavagno (VR), 1991 AA.VV. - Strade in Lessinia Cassa Rurale Bassa Vallagarina - Ala (TN), 2006 I. Laiti, A. Bottegal - Il confine fra la Casa d’Austria e la Repubblica di Venezia sulla Lessinia Comunità Montana della Lessinia, La Grafica Editrice - Vago di Lavagno (VR), 2005 G. Vedovelli, M. Zanetti - Escursioni sul Monte Baldo Cierre Edizioni - Verona, 2006 E. Cipriani - Escursioni in Lessinia Cierre Edizioni - Verona, 1995 R. Chiej Gamacchio - Guida all’Altopiano dei Tredici Comuni Edizioni Panorama - Trento, 1998 G. Pieropan - Guida dei Monti d’Italia: Piccole Dolomiti, Pasubio CAI-TCI - Milano, 1978 G. Sparacino (a cura di) - Colonnette, alto Vicentino e Veronese Curatorium Cimbricum Veronense - Giazza (VR), 2007 AA.VV. - La fede scolpita tra le montagne CAI Valdagno, Comunità Montana Agno-Chiampo - Valdagno (VI), 2003 L. Franzoni - Scultura Popolare dei Lessini Ed. Taucias Gareida - Giazza (VR), 1980 AA.VV. - Le contrade di Selva di Progno CTG Lessinia - Boscochiesanuova (VR), 1996 76


itinerari

R. Mecenero - Tre campanili al vento: folklore e tradizioni di Campodalbero, Durlo e Marana Ed. Taucias Gareida - Giazza (VR), 1985 G. Trivelli - Storia del territorio e delle genti di Recoaro Comune di Recoaro, Istituto Geografico De Agostini - Recoaro Terme (VI), 1991 AA.VV. - Civiltà Rurale di una valle veneta: la Val Leogra Accademia Olimpica Vicenza - Vicenza, 1976 P. Snichelotto - Monte Magrè nella storia Abitanti Monte Magrè Associati - Monte Magrè (VI), 2003 Parrocchia di Monte di Malo - Pellegrinaggio Madonna della Corona: 10° anniversario 1985-1994 inedito - Monte di Malo (VI), 1994 C. Gattera (a cura di), CAI Recoaro Terme - Escursione Recoaro (Rif. Battisti)-Santuario della Madonna della Corona inedito - Recoaro Terme (VI), 1988

CARTOGRAFIA ESSENZIALE Sez. Vicentine del CAI Carta dei Sentieri “Pasubio-Carega” scala 1:25000 (2008) Comitato Gruppi Alpinistici e Naturalistici Veronesi Carta dei Sentieri “Lessinia-Carega” scala 1:20000 Kompass Carta escursionistica e cicloturistica “Monte Baldo Sud” scala 1:25000 Comitato Gruppi Alpinistici e Naturalistici Veronesi Carta dei Sentieri “Sulle colline dalla Val d’Illasi alla Val di Chiampo” scala 1:20000 (1994) Comunità Montane Agno-Chiampo, Leogra-Timonchio, Alto Astico e Posina; Berica Editrice Carta escursionistica “Le Alte Valli Vicentine” scala 1:30000 (2006)

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ITINERARI

OSPITALITA’


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ospitalita

GUIDA ALL’OSPITALITA’ Da sempre il pellegrino sceglie di fare un’esperienza di provvisorietà e spogliazione delle proprie sicurezze domestiche e sociali. Ignaro e sconosciuto, si inoltra nella natura e nel territorio, fiducioso che non gli mancheranno i punti di riferimento: dei volti, un rifugio, un tetto, un albergo. Un testimone degli itinerari della fede, don Giuseppe Ruaro, descrive il proprio cammino, svolto spesso con i giovani della sua parrocchia, ricordando con assoluto piacere i momenti di amicizia e di scambio di prodotti tipici tra malgari e pellegrini. Racconta le notti passate in compagnia, in un malga o in albergo, divenute occasione sia per l’ospite che per l’ospitante di vivere momenti significativi di sincera condivisione e allegra convivialità. Oggi, lungo il percorso del viaggatore, si possono vivere le stesse sensazioni di un tempo e gli itinerari sono costellati di rifugi, malghe, punti di ristoro, agriturismo, alberghi e hotel. Anche se, dal punto di vista della qualità, molti dovrebbero essere gli investimenti da fare, non solo in termini economici ma anche sulla cultura dell’accoglienza, invitiamo gli escursionisti pellegrini a intraprendere l’avventura del cammino come esperienza dei cinque sensi: vedere, odorare, toccare, gustare, sentire il territorio degustando i suoi prodotti (vini, formaggi, piatti tipici). Consigliamo di seguire gli itinerari senza fretta per calarsi pienamente nell’affascinante avventura naturalistica ed etnografica della Lessinia, attraversandone il Parco Naturale Regionale, visitando il Museo dei Fossili di Bolca, il Museo della Cultura Cimbra di Giazza, il Centro di Educazione Ambientale di Selva di Progno, dandosi così il tempo di sperimentare la proverbiale ospitalità della Lessinia e della Val d’Adige.

LEGENDA OSPITALITà Tipicità dei prodotti Qualità

Ricette tradizionali e rivisitate

Eccellenza

Prodotti agroalimentari

Offerta ristorativa

Tipicità del territorio

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Itinerari dei 5 sensi

Paesaggio e geologia

Offerta ospitalità

Storia del territorio

Tradizione, folclore Adesione a rete


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ospitalita

Dalle Valli dell’Agno e del Leogra… Gazza (Recoaro Terme, VI) RIFUGIO CESARE BATTISTI Itinerari: 1-2-3-4-5 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 34 posti letto; 36 posti a tavola Apertura: 15/06 - 15/09 e fine settimana invernali Contatti: tel. 0445 75235 – consolarorita@libero.it Note: menu con minestrone, bigoli al sugo d’anitra, gulasch, polenta e funghi, dolci fatti in casa (crostate con frutti di bosco e con ricotta), sopressa e formaggio Asiago. Per il pernottamento è consigliata la prenotazione

Campodavanti (Recoaro Terme, VI) MALGA CAMPODAVANTI AZIENDA AGRICOLA LEONARDO BAUCE Itinerari: 13 Offerta: ristorazione Apertura: durante l’alpeggio, da giugno a settembre Contatti: cell. 333 8739554 Note: produzione e vendita di formaggio (tipo Asiago e pecorino) e sopressa

Passo Pertica (Ala, TN) RIFUGIO ALPINO PASSO PERTICA Itinerari: 1-2-3-4-5-11-13 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 23 posti letto Apertura: 15/06 - 15/09 Contatti: tel. 045 7847011 – tel. abit. 045 7847119 – cell. 328 9689090 Note: il rifugio offre un ricercato menu: specialità lardo d’Arnaud (lardo speziato tipico della Valle d’Aosta) con pane nero e castagne al miele; carne salà trentina ai ferri (carne tipica trentina conservata sotto spezie); dessert Sospiro del Carega (torta di mele con cioccolato fondente e amaretti), zaleti

Passo Pelegatta (Ala, TN) RIFUGIO POMPEO SCALORBI Itinerari: 1-2-3-4-5-11-13 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 25 posti letto Apertura: 20/05 - 20/09 Contatti: tel. 045 7847029

Revolto, fraz. Giazza (Selva di Progno, VR) RIFUGIO REVOLTO Itinerari: 1-2-3-4-5-11-13 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 25 posti letto Apertura: d’estate, tutti i giorni; da maggio a ottobre solo i fine settimana Contatti: tel. 045 7847039 – cell. 331 4996655 – info@rifugiorevolto.it Note: menu con piatti tipici e cucina casalinga. Per il pernottamento è consigliata la prenotazione

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Dalla Valle del Chiampo… La Piatta, fraz. Campodalbero (Crespadoro, VI) RIFUGIO BEPI BERTAGNOLI Itinerari: 11 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 25 posti letto; 70 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il martedì (non d’estate) Contatti: tel. 0444 429011 – info@rifugiobertagnoli.it Note: menu tipico con minestrone, pasta fatta in casa, carne alla brace, formaggio fritto; dessert: maccafame; amaro della casa: lacrima di faggio

Durlo (Crespadoro, VI), Via Chiesa 15 LA BETULLA Itinerari: 6 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 20 camere con 40 posti letto; 130 posti a tavola Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. e fax 0444 429377 Note: cucina tipica vicentina: pasta casalinga con sugo di colombo e porcini, colombetto con polenta maranea, selvaggina. Possibilità di alloggio anche in residence indipendente

Contrà Zovo (Vestenanova, VR) ZOCCANTE Itinerari: 8-9-10 Offerta: ristorazione Capienza: 300 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso lunedì e martedì sera Contatti: tel. 045 7470003 – fax 045 6563168 – info@ristorantezoccante.com Note: cucina tipica casalinga: specialità ai funghi, tartufo, capriolo con polenta. Locale e parcheggio molto ampi

Bolca (Vestenanova, VR), Via S. Giovanni Battista 68 BAITA CERATO Itinerari: 8-9-10 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 24 posti letto; 120 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il lunedì Contatti: tel. 045 6565061 – fax 045 6560054 – abcerato@virgilio.it Note: cucina tipica a base di capriolo e polenta; gnocchi con la fioretta; pastissada di cavallo; bogoni (periodo invernale). Il locale è situato nei pressi del Museo dei Fossili, di notevole importanza paleontologica

Bolca (Vestenanova, VR), Via Villa Bolca 23 ADELE

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Itinerari: 8-9-10 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 14 camere Apertura: tutto l’anno; chiuso il martedì Contatti: tel. 045 7470004 Note: specialità paella con pesce (su prenotazione); “Foglie d’olivo” con funghi porcini; bigoli all’anitra; polenta e musso; trippe; tagliata di manzo all’erba cipollina


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Contrà Zucchi, fraz. San Bortolo (Selva di Progno, VR) ZUCCHI Itinerari: 8-9-10 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 8 camere Apertura: tutto l’anno; chiuso il martedì Contatti: tel. 045 6513094 Note: cucina casalinga

Monte Padella, fraz. Campofontana (Selva di Progno, VR) NUBE D’ARGENTO Itinerari: 8-9-10 Offerta: ristorazione Capienza: 80 posti a tavola Apertura: 01/07 - 31/08; chiuso il lunedì; altri periodi su prenotazione Contatti: tel. 045 6513030 – cell. 347 4962804 Note: menu con gnocchi sbatui, canederli trentini, risotti, grigliata mista

Selva di Progno (VR), Via Trento 13 OSTERIA DAI PISTORI Itinerari: 9 Offerta: ristorazione Capienza: 50 posti a tavola all’interno, più 50 all’esterno Apertura: tutto l’anno; chiuso il giovedì (d’inverno anche il lunedì) Contatti: tel. 045 7847196 Note: menu tipico a base di polenta, formaggi e funghi, stracotto d’asino, gnocchi con la fioretta

Selva di Progno (VR), Piazza Mons. Cappelletti 13 RISTORANTE E PIZZERIA EDELWEISS Itinerari: 9 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 5 camere doppie Apertura: tutto l’anno; chiuso il lunedì Contatti: tel. 045 7847121 Note: specialità grigliata di pesce

Contrà Ronche, Selva di Progno (VR) OSTERIA ALLA BUSA Itinerari: 9 Offerta: ristorazione Capienza: 60 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il lunedì Contatti: tel. 045 7847041 Note: cucina tipica con lasagnette all’anitra e alla lepre, bigoli, funghi porcini, trote ai ferri

Giazza (Selva di Progno, VR), Via Sagar Ruan 24 PIZZERIA CIMBRA Itinerari: 6-7-8-9-10-12 Offerta: ristorazione Capienza: 135 posti a tavola Apertura: 01/03 - 31/10 Contatti: tel. 045 7847160 Note: specialità pizza cimbra (con ricotta affumicata), tiramisù alle fragole, crostata cimbra, strudel; ampia scelta di birre alla spina

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Giazza (Selva di Progno, VR), Piazza d. D. Mercante 6 LJETZAN Itinerari: 6-7-8-9-10-12 Offerta: ristorazione Capienza: 50 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il martedì e mercoledì; chiuso per ferie dal 20/09 al 20/10 Contatti: tel. 045 7847026 – gboschi@tiscali.it Note: cucina tipica con gnocchetti verdi alla montanara, pasta e fagioli; trote ai ferri e carni cotte su carbone di produzione propria; selvaggina; degustazione dei formaggi del territorio; dolci fatti in casa

Giazza (Selva di Progno, VR), Via di Sopra 143 BELVEDERE Itinerari: 6-7-8-9-10-12 Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 28 camere con doccia con 52 posti letto Apertura: tutto l’anno; da settembre chiuso il lunedì; chiusura per ferie a novembre Contatti: tel. 045 7847020 – fax 045 7847908 – info@belvederealbergo.com – www.belvederealbergo.com Note: cucina tipica con gnocchi alla ricotta; lasagnette con il tartufo; trote. Punto di ristoro capiente e confortevole

… alla Madonna della Corona San Giorgio (Bosco Chiesanuova, VR) SPORTING Itinerari: tutti Offerta: ospitalità Capienza: 17 camere con 50 posti letto Apertura: 19/07 - 23/08 Contatti: tel. 045 6784077 Note: solo pernottamento. Colazione all’italiana

San Giorgio (Bosco Chiesanuova, VR) GENZIANELLA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione Capienza: 100 posti a tavola Apertura: 01/12 - 10/04 e 10/06 - 15/09; il resto dell’anno i fine settimana Contatti: tel. 045 6784005 – cell. 340 3115923 Note: alla sera si riceve solo su prenotazione. Menu con lasagnette ai funghi, gnocchi con la ricotta, tortelli cimbri, lasagne al forno con funghi e tartufo, selvaggina

Podestaria (Bosco Chiesanuova, VR) RIFUGIO PODESTARIA 84

Itinerari: tutti Offerta: ristorazione Contatti: ufficio informazioni turistiche - Bosco Chiesanuova - tel. 045 7050088


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Peocio (Erbezzo, VR) RIFUGIO ALPINO MALGA LESSINIA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e vendita prodotti caseari Capienza: 50 posti a tavola Apertura: 01/07 – 31/08; il resto dell’anno i fine settimana Contatti: tel. 045 7075327 – cell. 368 7348874 Note: menu con gnocchi di malga, polenta, salame fresco, formaggio Monte Veronese dop di Malga (presidio Slow Food)

Passo delle Fittanze (Erbezzo, VR) RIFUGIO PASSO FITTANZE Itinerari: tutti Offerta: ristorazione Capienza: 90 posti a tavola Apertura: 01/07 – 31/08; il resto dell’anno i fine settimana Contatti: non ci sono contatti telefonici diretti. Si può comunque chiamare il cell. 348 3045351 e lasciare messaggio Note: menu con pasta fresca, gnocchi cimbri (patate, ricotta affumicata con burro fuso), tortelloni ripieni di formaggio Monte Veronese dop di Erbezzo

Fosse (S. Anna d’Alfaedo, VR), Via C. Battisti 156 PENSIONE OMBRA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 26 camere con 46 posti letto Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. 045 7519109 – 045 7519031 Note: albergo capiente e completamente rinnovato

Fosse (S. Anna d’Alfaedo, VR), Via C. Battisti 69 VALLENARI Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 12 camere con 24 posti letto Apertura: 01/05 - 31/10 Contatti: tel. 045 7519149 Note: cucina casalinga

Peri (Dolcè, VR), Via Postale Vecchia CASA DI CACCIA – LUPI DELLA VALDADIGE Itinerari: tutti Offerta: ospitalità Capienza: 48 posti letto con 3 docce e 8 servizi Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. 045 7270315 - Responsabile: Vittorio Travagliati, tel. 045 8345781 - casadicaccia@cngeiverona.it Note: l’accogliente casa è al termine del sentiero di discesa da Fosse. E’ di proprietà del comune di Dolcè e gestita dal CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani) di Verona. E’ necessario prendere contatti per tempo. Portare con sé il sacco a pelo. Peri offre anche il collegamento ferroviario con la linea Verona-Rovereto. Per la colazione e la ristorazione si può fare riferimento al Ristorante alla Corte (vedi di seguito)

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Peri (Dolcè, VR), Via Stazione sn RISTORANTE ALLA CORTE Itinerari: tutti Offerta: ristorazione Capienza: 120 posti a tavola all’interno, più 70 all’esterno Apertura: tutto l’anno; chiuso il lunedì Contatti: tel. 045 7270016 – cell. 347 0804942 Note: specialità della cucina veneta e trentina in genere, strangolapreti, trota in saor con polenta, tagliolini ai sapori della Terra dei Forti, polenta, funghi e formaggio Monte Veronese. Dessert: pere al Enantio con gelato alla cannella

Rivalta (Brentino Belluno, VR), Via d. C. Scala 31 ALBERGO BELVEDERE Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 27 posti letto; 100 posti a tavola Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. 045 7270007 – info@belvedererivalta.it Note: cucina tipica con tagliatelle ai funghi e al ragù di coniglio; carne salà, e piatti stagionali

Rivalta (Brentino Belluno, VR), Via d. C. Scala 35 ALBERGO OLIVO Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 14 camere con 39 posti letto; 100 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il martedì Contatti: tel. 045 7270039 – fax 045 7270849 – www.albergo-olivo.it Note: cucina tipica casalinga, specialità al tartufo. È gradita la prenotazione

Rivalta (Brentino Belluno, VR), Piazza Marconi 1 AGRITURISMO PALAZZO Itinerari: tutti Offerta: bad & breakfast Capienza: 30 persone Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. 045 7270223 – cell. 333 8552512 – info@al-palazzo.it Note: colazioni abbondanti, si servono spuntini e piatti freddi. Si produce vino, miele, ciliegie, kiwi. Bike a noleggio. Escursioni con guida C.A.V.

Castel, fraz. Brentino (Brentino Belluno, VR) AL CASTEL – AGRITURISMO

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Itinerari: tutti Offerta: ospitalità e ristorazione Capienza: 15 posti letto; 100 posti a tavola Apertura: tutto l’anno; chiuso il lunedì e martedì Contatti: cell. 333 1753240 – cell. 347 1320423 Note: cucina tipica con pappardelle e bigoli al ragù di coniglio e di cervo; spezzatino di cervo, rotolo di coniglio, carne salà. Suggestiva vista dal fondovalle verso il santuario


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Revena, fraz. Brentino (Brentino Belluno, VR), SP 11 AGRITURISMO REVENA Itinerari: tutti Offerta: bad & breakfast Capienza: 10 camere con 20 posti letto Apertura: tutto l’anno Contatti: cell. 393 9861340 – cell. 335 6172795 – leonardocastelletti@gmail.com – www.revena.it Note: colazione continentale (uovo, prosciutto, formaggi, yogurt, succhi, torte). Servizi attrezzati per camper e campeggio. È gradita la prenotazione.

Spiazzi (Caprino Veronese, VR), Via Centro HOTEL POSTA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 50 posti letto Apertura: 01/03 – 20/12 Contatti: tel. 045 7220003 – fax 045 7220037 – info@hotel-posta.biz – www.hotel-posta.biz Note: cucina casalinga e stagionale. Specialità ai funghi, tartufi e cacciagione

Spiazzi (Caprino Veronese, VR), Via Centro ALBERGO TRATTORIA SPERANZA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 55 posti letto; 120 posti a tavola Apertura: tutto l’anno Contatti: tel. 045 7220087 – cell. 339 8429524 – www.albergo-speranza.it Note: cucina tipica con piatti a base di funghi (se in stagione)

Spiazzi (Caprino Veronese, VR), Via Centro 1 HOTEL AURORA Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 40 posti letto Apertura: 01/04 – 31/10 Contatti: tel. 045 7220026 – www.hotelaurora.it Note: cucina casalinga

Spiazzi (Caprino Veronese, VR), Piazzale Giovanni Paolo II RESIDENZA STELLA ALPINA HOTEL Itinerari: tutti Offerta: ristorazione e ospitalità Capienza: 42 unità abitative per complessivi 90 posti letto Apertura: 01/04 – 31/10 Contatti: tel. 045 6247082 – fax 045 7220090 – info@stellaalpinahotel.it Note: cucina tradizionale veneta e trentina. L’hotel, proprietà del Santuario, offre all’escursionistapellegrino un sicuro punto di appoggio. Totalmente rinnovato e capiente, è adatto anche per una permanenza prolungata in montagna (Monte Baldo)

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Informazioni agrituristiche

PARCO NATURALE DELLA LESSINIA

La Lessinia è il gruppo montuoso delle Prealpi Italiane più ricco di segni nel paesaggio, riferibili a innumerevoli episodi di frequentazione umana e a modalità differenziate di uso delle risorse sin dalla preistoria antica. Ciò si spiega con la combinazione di fattori favorevoli dati dalla posizione geografica, dalla varietà di paesaggi e ambienti naturali e di risorse, come la selce e la pietra. Pertanto la Lessinia rappresenta un laboratorio ideale per un turismo di tipo culturale che da un lato valorizzi il patrimonio e dall’altro favorisca esperienze di nuove scoperte e didattica ambientale. Il Parco della Lessinia promuove il patrimonio territoriale mediante lo sviluppo di questo tipo di turismo. Il Parco si estende per oltre 100 kmq comprendendo le verdi dorsali pascolive degli Alti Lessini e le fasce delle profonde incisioni vallive, detti vaj, della Marciora, dei Falconi e dell’Anguilla, tributari della Valpantena, di Squaranto, di Rivolto e della Val Fraselle. Appartengono inoltre al Parco “isole” di diversa estensione, individuate come aree da sottoporre a regime di protezione per la presenza di emergenze naturalistiche e paesaggistiche di straordinario valore. Si tratta della Val Sorda-Progno di Breonio, del Ponte di Veja, del Covolo di Camposilvano-Valle delle Sfingi, dei Covoli e Purga di Velo Veronese, della “Pesciara” di Bolca-Monte Purga-Monte Postale, degli Strati fossiliferi del territorio di Roncà e dei Basalti colonnari di San Giovanni Ilarione. Il Parco può vantare gioielli naturalistici come il Corno d’Aquilio, la Spluga della Preta, uno degli abissi carsici più famosi d’Italia, e zone di eccezionale pregio ambientale come i SIC (Siti di Interesse Comunitario) destinati alla conservazione della diversità biologica e alla tutela di habitat e di specie animali e vegetali. I comprensori riconosciuti anche come Zone di Protezione Speciale (ZPS) del “Ponte di Veja-Vaio della Marciora“ e dei “Monti Lessini-Pasubio-Piccole Dolomiti Vicentine” (quest’ultimo comprende il Valon del Malera e le Foreste dei Folignani e di Giazza), costituiscono siti di elezione per la nidificazione di numerose interessanti specie d’avifauna selvatica. Il Parco, in collaborazione con le Comunità locali, ha favorito la nascita di un sistema di musei specializzati, i quali approfondiscono temi connessi con elementi del patrimonio e della cultura territoriale. Sono i musei di Roncà sulle conchiglie fossili di un’antica spiaggia vulcanica, di Bolca dedicato soprattutto ai pesci fossili, di San Bortolo delle Montagne, il quale illustra la tradizione dei trombini, fucili con canne a tromba utilizzati per sparare a salve in occasione di festività, di Giazza incentrato sulla cultura cimbra, di Camposilvano dedicato ai fossili e agli ambienti marini della Lessinia, di Bosco Chiesanuova sulle tradizioni ed i rapporti tra l’uomo e l’ambiente, di Sant’Anna d’Alfaedo sui fossili della Scaglia Rossa e sulla preistoria della Lessinia, di Molina sulla flora della Lessinia. Esistono, inoltre, altre sezioni museografiche minori come baiti, mulini e giassare. Pregevole, inoltre, l’area floro-faunistica di Malga Decoron ad Erbezzo, al cui interno si trova un recinto faunistico nel quale sono stati introdotti cervi, caprioli, camosci e marmotte. E’ tutto l’insieme dei paesaggi semi-naturali della Lessinia a costituire un singolare eco-museo prealpino che può aiutare i giovani a comprendere non soltanto le dinamiche degli ambienti naturali, ma anche la storia e le strategie delle comunità umane che ne hanno a più riprese sfruttato le risorse. Pertanto, scopo del Parco non è soltanto quello di gestire al meglio il suo patrimonio, ma anche di stimolare uno sviluppo armonico e sostenibile di tutto il territorio montano ed una valorizzazione delle sue peculiarità ed emergenze in chiave culturale (Ugo Sauro, da La città svelata, periodico di informazione storico-artistica, anno 10 n.37 – dicembre 2007)

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Parco Naturale Regionale della Lessinia Tel. 045 6799211 - Fax 045 6780677 Piazza Borgo, 52 - 37021 Bosco Chiesanuova (VR) www.lessinia.verona.it - E-mail: info@lessinia.verona.it


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Strade del vino e dei prodotti tipici

Strada del Vino Lessini Durello D.O.C.

L’associazione Strada del Vino Lessini Durello opera dal 2000 con istituzioni, comuni, produttori, ristoratori ed artigiani per la valorizzazione e la conoscenza di questo ineguagliabile patrimonio. Il Lessini Durello si ricava da un’uva a bacca bianca tra le più antiche del Veneto. Vero è che la sua antenata era la “Durasena”, citata già nel 1292, la cui prerogativa è l’elevata acidità naturale. Sono le suggestive vallate della Lessinia a caratterizzare il territorio interessato dalla doc Lessini Durello, situate a cavallo delle province di Verona e di Vicenza. Nella parte veronese il territorio interessa l’alta Val d’Illasi, la Valle del Tramigna e i comuni più a nord della Val d’Alpone; nel vicentino invece sono le vallate del Chiampo, del Leogra e dell’Agno a delimitarne i confini. Al visitatore, proprio per la particolare morfologia del territorio, si consigliano diversi tipi di approccio a questi luoghi. Il più accattivante è sicuramente quello che porta a scoprire la freschezza spumeggiante, accattivante e piacevole del vino simbolo di queste zone. Il Durello infatti è aperitivo capace di soddisfare palati esigenti e di accompagnarsi ai vari piatti tipici dei monti Lessini quali: le trote iridee al durello, la frittata ai formaggi malga e Monte Veronese, il risotto con patate, la soppressa e tartufo ed infine il budino di formaggio Monte Veronese con funghi chiodini. E’ proprio la stessa pianta e non il terreno, che anzi è prevalentemente alcalino, a garantire in questo caso la bontà del prodotto. Suolo e sottosuolo di questa area geografica sono infatti soprattutto di origine vulcanica effusiva, con basalti e tufi ricchi di sali ed elementi naturali che contribuiscono a dare identità ed austerità prima all’uva e poi al vino, esaltandone così una sua precisa mineralità. Tutta la vasta zona è comunque caratterizzata da bellezze storiche e ambientali di notevole interesse: dai preziosi fossili di Bolca alle storie legate all’antica presenza dei popoli Cimbri; dalle antiche vie del vino ai misteriosi manieri medievali. Da non dimenticare inoltre la novella di Luigi Da Porto, nata proprio in queste valli, vicenda che tracciò per prima la commovente storia d’amore tra Giulietta e Romeo. E’ per questo che i produttori del Consorzio di Tutela di questo unico vino sono ben decisi a percorrere strade nuove per dare nuova fama e ulteriore lustro al Lessino Durello e alla sua zona di produzione. Il Lessini Durello si esprime al meglio nella versione spumante con fermentazione tradizionale in bottiglia, un vino dalla decisa vitalità con una fisionomia asciutta e persistente. Quando trovate questo spumante stappatelo con gioia, perché vi imbatterete in un vino dalle caratteristiche assolutamente giovanili, simpatiche ed esaltanti, dal gusto tutto nuovo e perfetto anche come aperitivo da degustare, magari lungo la sua “strada del vino”. (testo a cura della Strada del vino Lessini Durello D.O.C.) Associazione Strada del Vino Lessini Durello D.O.C. Casa del Vino - Vicolo A. Mattielli, 11 - 37038 Soave (VR) Tel. 045 7681578 - Fax 045 6190306 E-mail: consorzio@montilessini.com

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IL MONTE VERONESE DOP

Tipico della tradizione casearia della zona montana della provincia di Verona, ed in particolare dei fertili pascoli della Lessinia, il Monte Veronese DOP sembra avere origini risalenti al Medioevo. Infatti, ancora prima dell’anno mille, era considerato una preziosa merce di scambio in sostituzione della moneta. Il termine “Monte” fa probabilmente riferimento alla tecnica di produzione, in cui il latte che veniva cagliato proveniva da più mungiture. La tecnica di produzione si perfezionò un paio di secoli dopo con l’arrivo dei Cimbri, popolazione di provenienza tedesca, che si insediò sui monti della Lessinia, allora disabitati, avviando una florida attività caseario-pastorale, la cui importanza è comprovata dal minuzioso controllo esercitato sulla stessa da chi detenne il potere economico e politico nei secoli successivi, come dimostrano gli statuti del periodo comunale, ovvero gli abati di San Zeno e Santa Maria in Organo prima e la Repubblica di Venezia poi. Il formaggio Monte Veronese dop si può trovare in commercio in tre stagionature diverse. Il Monte Veronese a “latte intero”, raggiunge le sue caratteristiche ottimali a circa 30/40 giorni dalla data di produzione, perché mantiene nell’odore e nel sapore i sentori freschi del latte, dello yogurt e della panna. Il Monte Veronese “d’allevo mezzano” si commercializza obbligatoriamente, come recita il disciplinare di produzione, dai 90 giorni e può arrivare fino ai 6/7 mesi di stagionatura. Il più vecchio, invece, deve avere almeno un anno e può arrivare anche a tre quattro anni di stagionatura. Ma sono rarissime le forme di questa età: il formaggio con questa stagionatura, infatti, molto apprezzato e ricercato, finisce molto prima. Il sapore di questo formaggio con la stagionatura acquista sapidità e dei sentori che ricordano maggiormente il latte maturo, il burro e vegetali come il fieno maturo e la salvia. Con il protrarsi della stagionatura può acquistare sentori piacevolmente piccanti.

Il Monte Veronese DOP “di malga”: Fino a qualche decennio fa si contavano oltre cento malghe sui monti Lessini (Verona), alcune di queste costruite dai Cimbri. Oggi sono case per vacanze oppure alpeggi per bovini da carne. Il latte prodotto in estate veniva portato nei caseifici a valle e qui era mescolato magari con la produzione di latte delle vacche in stalla. Esiste quindi un rischio oggettivo di perdere le malghe, quindi non solo perdere formaggi di alta qualità ma anche mettere a repentaglio l’ecosistema della montagna. Grazie all’appoggio della Regione Veneto e del Consorzio di tutela del Monte Veronese DOP, un Presidio Slow Food, nato nel 2004, ha riunito i caseifici e le malghe disponibili a produrre Monte Veronese d’allevo con latte d’alpeggio, distinguibili dalle altre grazie a un marchio - la M di malga – apposto a fuoco sullo scalzo della forma accanto a quello della Dop. La stagionatura minima deve essere almeno di 90 giorni, ma quella ottimale e di almeno 1 anno. (testo a cura del Consorzio per la tutela del formaggio Monte Veronese D.O.P.) Consorzio tutela formaggio Monte Veronese dop Vicolo Mattielli 11 - 37038 Soave (VR) Per informazioni: Tel. 045 6113916 - Fax 045 6199054 E-mail: info@monteveronese.it www.monteveronese.it

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Vini Valdadige e Terra dei Forti

La Strada del Vino e dei Prodotti Tipici Terradeiforti è un’associazione, nata nel 2003, composta da 20 soci tra aziende vitivinicole, agriturismo, strutture ricettive, laboratori artigianali ed enti. Le aziende socie si posizionano lungo un percorso che si snoda attraverso la Terradeiforti, nei comuni veronesi di Rivoli, Dolcé, Brentino Belluno fino al trentino Avio. Su questo territorio insistono valori naturali e culturali ai quali si ispirano le cantine, le aziende e le strutture ricettive associate. La “Strada” costituisce uno strumento attraverso il quale il territorio a vocazione vinicola e le produzioni tipiche e artigianali possono essere pubblicizzati e proposti sotto forma di offerta turistica. La Strada del Vino e dei Prodotti Tipici Terradeiforti non ha fini di lucro. Il suo obiettivo è la valorizzazione e la tutela del territorio interessato dalla produzione dei vini della D.O.C. Valdadige Terradeiforti. Perchè Terradeiforti? Percorrendo la bassa valle dell’Adige è subito evidente: una serie di otto Forti incombono sulla Chiusa a sud, mentre il Castello medievale di Avio chiude il territorio a nord. Ai lati l’altopiano della Lessinia, la catena del Monte Baldo e il Garda. L’interno è tutto da scoprire. La Valle dell’Adige rappresenta fin dall’epoca romana un’importante via di comunicazione tra il mondo mediterraneo e il mondo alpino. La corona di castelli e di forti, che scorta il solco dell’Adige, è un’affascinante impronta lasciata sul territorio durante secoli di storia. Oltre ai vini Enantio e Casetta Valdadige-Terradeiforti doc, sono ambasciatori del territorio le produzioni tipiche (grissino Valdadige, formaggio affogato all’Enantio, salumi e conserve prodotti dagli agriturismo associati, asparago di Rivoli, kiwi, cioccolatini “Bacio Tardivo”, marmellate d’uva ecc.). L’Enantio è un vitigno autoctono della Terradeiforti. I forti legami filogenetici con le viti selvatiche che si trovano nei boschi della valle dimostrano la provenienza da questi progenitori. Il nome Enantio si richiama agli scritti di Plinio il Vecchio (I secolo d.c.), che nelle sue Naturalis Historiae citava le uve di questa parte della Retia: “la brusca: hoc est vitis silvestris, quod vocatur oenanthium”, una vite selvatica chiamata Enantio. Vino dal colore rosso rubino molto intenso, ha profumo deciso, fine e particolare, con sensazioni balsamiche che si distendono su un fondo di frutta rossa matura e gusto di notevole struttura, con sapidità e tannini ben delineati ed equilibrati. Da abbinare a piatti di arrosti di carne rosse, selvaggina, formaggi di montagna stagionati. Il Casetta è anch’esso un vitigno autoctono della Terradeiforti . Ha rischiato l’estinzione in seguito ad un progressivo abbandono in favore di varietà più richieste e produttive e solo dal 2002 lo si è potuto introdurre tra le varietà ammesse alla coltivazione, in quanto prima risultava sconosciuto. Dal 2006 ha ottenuto la denominazione di origine controllata Terradeiforti-Valdadige. Il suo colore: rosso rubino intenso è accompagnato da un profumo dalla spiccata personalità, riconoscibile per sentori di prugna e marasca. Col procedere dell’evoluzione in bottiglia emergono la cannella e tabacco e note di muschio sottolineano l’origine selvatica. Da giovane si abbina bene a paste all’uovo molto ricche, a carni brasate e al sugo e a formaggi di malga a media stagionatura. Dopo 5/6 anni di maturazione in bottiglia è ottimo con la cacciagione da pelo e gli arrosti. (testo a cura della Strada del vino Terra dei Forti D.O.C.) Strada del vino Terre dei Forti Via Brennero, 30 - 37020 Peri di Dolcé (VR) Tel. 045 7270521 - Fax 045 7270520 - Cell. 393 9566266 E-mail: info@terradeiforti.it www.terradeiforti.it

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Strutture museali lungo il percorso MUSEO DEI FOSSILI loc. Bolca (Vestenanova) tel. e fax 045 6565088 CENTRO DI CULTURA CIMBRA loc. Giazza (Selva di Progno) tel. 045 7847050 CENTRO PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE E PER L’INFORMAZIONE AL TURISTA presso la sede comunale (Selva di Progno) cell. 346 6744011 E-mail: info@doganavecchia.org www.doganavecchia.org MUSEO DEI TROMBINI loc. S. Bortolo (Selva di Progno) Andreetto Franca - tel. 045 6513047 Dal Zovo Agostino - tel. 045 6513079

Altri numeri utili Consorzio di promozione turistica Verona Tutt’intorno Largo Caldera, 11 - 37122 Verona tel. 045 6799211 - fax 045 6780677 E-mail: info@veronatuttintorno.it - www.veronatuttintorno.it UFFICI INFORMAZIONE E ACCOGLIENZA TURISTICA I.A.T. BOSCO CHIESANUOVA Piazza della Chiesa, 34 - tel. e fax 045 7050088 E-mail: iatbosco@provincia.vr.it CAPRINO c/o Comune di Caprino Palazzo Carlotti - Piazza Roma, 6 - tel. 045 6209955 E-mail: iatcaprino@provinciadiveronaturismo.it SOAVE - IAT EST VERONESE Foro Boario, 1 - tel. e fax 045 6190773 E-mail: iat@estveronese.it C.A.I. Boscochiesanuova 37021 Bosco Chiesanuova (VR) - tel. 045 7050972

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C.A.I. Verona Via Santa Toscana, 11 - 37129 Verona - tel. 045 8030555 E-mail: info@caiverona.it


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Bibliografia minima sui prodotti tipici della Lessinia Pubblicazioni della Comunità Montana della Lessinia e del Parco Naturale Regionale I Sapori della Lessinia Qualità alimentare per la qualità della vita Caselle di Sommacampagna, 2008 Itinerari nel Parco Naturale Regionale della Lessinia Natura, storia e sapori del Parco Naturale Regionale della Lessinia Ospitalità in Lessinia Ristorazione, prodotti tipici, feste e manifestazioni, siti di interesse turistico, indirizzi utili Il marchio del Parco 5 speciali televisivi sulla Lessinia e i prodotti del marchio Video Lessini = Magia natura, cultura, storia, tradizione, sapori, sport e tempo libero Video

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Il Santuario Madonna della Corona

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Il santuario della Madonna della Corona si trova in territorio comunale di Ferrara di Monte Baldo, vicino all’abitato di Spiazzi, ed è raggiungibile da quest’ultimo con breve passeggiata, discendendo un’ampia scalinata oppure servendosi della strada e della galleria appositamente costruite nel 1922. Per salire a Spiazzi dalla Val d’Adige si percorre l’autostrada A22 Modena-Brennero fino al casello di Affi-Lago di Garda Sud, e da qui si seguono le indicazioni per Spiazzi e Ferrara di Monte Baldo. Il santuario, come oggi lo vediamo, è il risultato dell’ampliamento avvenuto tra il 1975 e il 1978, e così apparve anche a Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita del 17 aprile 1988. Secondo la tradizione, l’edificio originario sarebbe sorto nel 1522, in seguito al prodigioso rinvenimento, tra le rocce della Corona, di una statua dell’Addolorata, la stessa che si trova collocata dal 1656 sull’altare maggiore. Narra la leggenda che il simulacro sarebbe giunto in modo improvviso e misterioso, guidato da mano angelica, dall’isola di Rodi. Storicamente, invece, nessun documento è in grado di provare l’origine e la data della comparsa della sacra pietà. Gli indizi, non ultima la scritta riportata sul piedistallo, “HOC OPUS FECIT FIERI LODOVICUS D CASTROBARCO D 1432”, farebbero però ritenere che la statua si trovasse alla Corona già dal XV secolo. Di certo, come attestano alcuni documenti medievali, nel sito dell’attuale santuario esisteva fin dal XII secolo un eremitaggio, e dal secolo successivo anche una cappella detta di S. Maria di Montebaldo. Il luogo era retto da frati legati all’Abbazia di San Zeno di Verona ed era raggiungibile dal fondovalle tramite un pericoloso sentiero, oppure dal ciglio sovrastante per mezzo di una fune. Tra il 1434 e il 1437 il monastero di San Zeno cedette la cappella ai Cavalieri di San Giovanni, o del Santo Sepolcro, poi di Rodi e poi ancora di Malta, presenti a Verona dal 1362 come Commenda di San Vitale e Sepolcro, ordine religioso-militare che conservò la proprietà fino allo scioglimento imposto nel 1806 da Napoleone Bonaparte. Si deve alla Commenda, durante i quasi quattro secoli di gestione, la trasformazione della cappella-eremitaggio in santuario. La nuova chiesa venne edificata tra il 1490 e il 1521, data, quest’ultima, quasi coincidente con l’anno fissato dalla


tradizione a proposito della comparsa della statua dell’Addolorata. Sempre nel corso del Cinquecento venne realizzato il primo comodo accesso pedonale da Spiazzi, costituito dalla scalinata che scende al Ponte del Tiglio, e dai successivi gradini che dal ponte salgono alla chiesa, ricavati sullo storico sentiero proveniente dal fondovalle. Si tratta di opere che verranno ulteriormente migliorate nel secolo seguente, assieme al rifacimento in muratura del Ponte del Tiglio, chiamato così perché era in origine una passerella in legno appoggiata sui rami arcuati, appunto, di un tiglio. Nel 1690 iniziarono inoltre i lavori, che durarono più di cinquant’anni, per l’allargamento e la sistemazione del sentiero da Brentino. Il Seicento è però soprattutto il secolo della costruzione di una nuova e più ampia chiesa, segno concreto, assieme alle citate opere connesse, di un continuo incremento del flusso di pellegrini, frutto di una notorietà ormai diffusa, tanto che, alla fine del secolo, alla Corona si celebravano mediamente quindici messe al giorno. Un ulteriore ampliamento avvenne verso la fine dell’Ottocento, sotto la gestione, iniziata agli albori di quel secolo e tuttora in corso, della Diocesi di Verona. Infine – come già accennato – vi furono le opere del 1975-78, riguardanti tutta la fabbrica del santuario. La totale assenza di spazio edificabile esterno indusse ad ampliare la chiesa nell’unico modo possibile, scavando cioè una grande volta nella roccia e utilizzando la roccia stessa come parete del santuario, per un risultato – al di là dell’accresciuta funzionalità – di perfetto e indissolubile abbraccio con la montagna.

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Progetto grafico e impaginazione Piero Bubola Stampa .........


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