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Dsa, Veronese (psicologa Aulss 17 Veneto): +4% in 9 anni

Qual è il panorama attuale? «La situazione è abbastanza variegata, spiega Cinque. In tema di apprendimento attivo, la famigerata Didattica a distanza (Dad) non ha fatto altro che mettere sotto la lente di ingrandimento problemi già presenti, in particolare nel sistema scolastico italiano, ma anche in altri, cioè quelli di una didattica meramente trasmissiva. Si è quindi riportato on-line quello che si faceva in classe, dove in molti casi la modalità era passiva. Questo lo abbiamo visto in molti gradi di scuola, soprattutto in quelli delle superiori. Infatti, se noi pensiamo alla scuola dell’infanzia e alla primaria, ci sono già delle buone pratiche di apprendimento attivo. A mano a mano che saliamo nei livelli scolastici, invece, la modalità è prevalentemente trasmissiva». Quali sono dunque le possibili soluzioni, alternative e innovative, per portare la didattica a coinvolgere e, quindi, interessare maggiormente alunni e studenti? «Tra i vari modelli didattici sperimentati che sto studiando, distinguiamo la didattica in attiva, costruttiva, interattiva e quella meramente passiva, in cui gli studenti sono poco coinvolti, illustra la pedagogista. La didattica attiva può essere anche individuale, per cui si chiede allo studente di fare un esercizio o un esperimento. Sicuramente ha un’efficacia maggiore rispetto alla didattica passiva, ma lo studente può essere da solo. Nella didattica costruttiva si chiede agli studenti di costruire delle conoscenze ed è spesso, ma non necessariamente, in gruppo. La didattica interattiva può basarsi anche su piccole interazioni, in presenza o a distanza, ma è quella in cui gli studenti si confrontano di più con i pari e, dagli studi effettuati, sembra essere la didattica più efficace, perché è attraverso le interazioni che si struttura il pensiero». Applicare nuovi modelli didattici al sistema scolastico tradizionale porta inevitabilmente a confrontarsi con lacune e ritardi. «C’è un progetto, in fase di conclusione, in cui abbiamo sperimentato tecniche di apprendimento attivo solo su classi grandi, quindi classi universitarie e di liceo molto numerose. La sperimentazione era partita in presenza, con la pandemia è passata on-line e ci siamo accorti che, con opportuni accorgimenti, alcune di queste metodologie di insegnamento attive e interattive possono essere attuate con efficacia anche on-line. Tuttavia, ci siamo anche accorti che esistono dei gap dal punto di vista della preparazione degli insegnanti, del supporto tecnologico e tecnico e proprio per superarli abbiamo avviato un progetto denominato Holistic on-line Teaching Support (Hotsup). Il gap più importante – precisa Cinque – è quello pedagogico-didattico. Strumenti ce ne sono tanti e a livello empirico ognuno di noi sa utilizzarli, ma è importante capire qual è la finalità per cui si utilizza quello strumento e che risultato di apprendimento voglio ottenere». Rispetto poi al temuto calo degli apprendimenti causato dal ricorso prolungato alla didattica a distanza, la docente della Lumsa ritiene che il rischio sia, piuttosto, la perdita di altre competenze: «Guardiamo, per esempio, ai ragazzi con disabilità o con bisogni educativi speciali per i quali il vantaggio di frequentare la scuola non è solo negli apprendimenti. Grazie a un sistema scolastico inclusivo come quello italiano, loro sono immersi in un contesto di socialità e di diversità, così da imparare a interagire con altre persone e acquisire competenze in termini di autonomia. Quella della pandemia e della didattica a distanza sarà sicuramente un’eredità difficile per tutti gli studenti, non solo per quelli con disabilità», sostiene Cinque, secondo la quale per capire quanto si sia perso in termini di apprendimenti «bisogna aspettare, ma sarà anche il settore nel quale il recupero sarà più rapido. Più difficile sarà recuperare nell’ambito delle competenze trasversali». L’esperienza della Dad va però considerata in prospettiva futura come un’opportunità, uno strumento didattico in più per il recupero degli apprendimenti, per esempio, «sempre a sostegno e non in sostituzione di quella in presenza». Un modello di didattica potrebbe, infine, diventare un riferimento per un nuovo modello di didattica interattiva: la flipped classroom (classe rovesciata). «Si tratta di un modello che capovolge la didattica tradizionale. Quest’ultima ha il momento di trasmissione dei contenuti in classe e di apprendimento dei contenuti a casa. Nella classe rovesciata avviene il contrario: il momento di apprendimento attraverso esercitazioni, confronto e dibattito avvengono in classe. Ci sono scuole e università che hanno adottato questo modello». L’esperta tiene a precisare che quello della flipped classroom è «un cappello sotto il quale possono esserci varie modalità di capovolgimento e di interazione. Per esempio esiste il modello di double flipped classroom in cui anche il materiale fornito agli studenti per il momento antecedente la lezione, che normalmente viene prodotto dal docente, viene invece prodotto dagli studenti stessi. In questo modo il docente ha un ruolo ancora più complesso di progettazione, accompagnamento alla trasmissione e all’apprendimento dei concetti», conclude.

Vichi (IdO): Attenzione a componente affettiva nel trattamento

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«Una popolazione in continua espansione: i bambini e i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Sono numerosi e solo in parte ne conosciamo l’entità, la distribuzione e il tasso di crescita. È una popolazione formata da coloro che hanno ricevuto la diagnosi di DSA. C’è anche una categoria residuale rappresentata da quanti non sono né disabili né DSAe che in ambito scolastico e sociosanitario vengono identificati come Bes (Bisogni educativi speciali), acronimo introdotto nel 2012 da una direttiva ministeriale». Inizia con queste parole Giuliana Veronese, psicologa e psicoterapeuta dell’Aulss 17 della Regione Veneto (Padova), la seconda sessione della terza giornata di lavori del convegno per celebrare i 50 anni dell’Istituto di Ortofonologia (IdO). La psicoterapeuta porta subito l’attenzione sul quadro epidemiologico: «Il report dell’Istat del 9 dicembre 2020 fa sapere che gli alunni Bes, non compresi nella legge 104, ammontano a quasi il 9% degli alunni iscritti. Per quanto riguarda, invece,

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