Ancora cinque minuti

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DA SOLO

c’ero stato parecchie volte, perché la mamma era sempre al lavoro.

Non avevo un computer perché non potevamo permettercelo.

Quindi passavo molto tempo in compagnia di me stesso. In quel periodo ciò che mi mancava di più era MIO PADRE.

UNA MATTINA

uno sconosciuto si fermò davanti alla porta del nostro appartamento. Non si trattava affatto di quel tipo di straniero che incute paura. Indossava un buffo cappellino a scacchi, e dal suo viso percepii immediatamente una sorta di

SIMPATIA E CALORE.

IL PICCOLO

CORRIDOIO

del nostro condominio si era trasformato nel palcoscenico delle nostre avventure.

Con Jules Verne e con il pensiero viaggiavamo per tutto il mondo.

E per l’universo. Ma c’erano conversazioni

più spinose di altre.

«Perché alcuni genitori abbandonano i loro figli?», gli chiesi mentre stavamo mettendo la sua vecchia locomotiva a vapore sui binari di legno.

Notai che zio Fornaio si era improvvisamente rattristato.

«Alcuni genitori amano immensamente i loro figli, ma non sanno come prendersene cura.

A volte è troppo doloroso, quindi preferiscono ALLONTANARSI».

ARRIVAVA

con un tavolo da campeggio pieghevole e due sgabelli.

«Se non provi, non puoi sapere che i picnic nel corridoio sono qualcosa di speciale. Non dobbiamo preoccuparci del tempo e possiamo dedicarci l’uno all’altro», mi spiegò zio Fornaio al nostro ennesimo appuntamento.

«E agli spaghetti di Dora», aggiunse con un profondo inchino alla nostra vicina di casa, che quasi ogni giorno ci serviva qualcosa di buono.

IL MOMENTO DEL CONGEDO

era lo stesso ogni giorno. Sentivamo la mancanza l’uno dell’altro ancor prima di esserci salutati. E alla fine di ogni incontro, zio Fornaio pronunciava sempre quelle poche, magiche parole: «ANCORA CINQUE MINUTI, PER FAVORE».

E QUEL GIORNO È GIUNTO, naturalmente.

Zio Fornaio non ha parlato molto.

Ci siamo fissati a lungo, come se volessimo memorizzare ogni minimo dettaglio. Poi lui ha sussurrato:

«Ancora cinque minuti, per favore».

Infine, si è tolto il berretto a scacchi, ha fatto uno dei suoi indimenticabili inchini e ha concluso definitivamente:

«È STATO UN ONORE».

«Anche per me, re», ho gridato io, quasi piangendo.

MIO PADRE

ha illuminato la mia infanzia, perché ha fatto tutto il possibile per farmi dono di una parte della sua vita.

Perché c’è stato un giorno in cui davvero il tempo mi ha portato la risposta.

Non ci siamo mai più incontrati.

Sono cresciuto, sono diventato un re e ho realizzato i sogni della mia infanzia. Ma avrei rinunciato a molti di essi, per vederlo ancora una volta, anche SOLO PER CINQUE MINUTI.

16,00 €

Passavo molto tempo in compagnia di me stesso.

In quel periodo ciò che mi mancava di più era mio padre.

Un bambino cresciuto senza papà trascorre la sua infanzia solitaria domandandosi perché alcuni genitori non si prendono cura dei propri figli e li abbandonano. Il tempo non tarderà a dargli una risposta.

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