Ti voglio bene Prunello

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Ho appoggiato la mano sul tronco, la corteccia era solida e liscia.

Così gli ho fatto una carezza.

Poi un’altra. Poi un’altra ancora. Ma non mi bastava.

L’ho abbracciato forte, come abbraccio mamma e papà.

E gli ho dato un bacio, perché ero felice.

- Ti voglio bene, Prunello!ho gridato.

E l’ho baciato ancora.

Dai rami si è staccato un fiorellino rosa, che mi è finito tra i capelli.

Il mio papà l’ha preso tra le dita e ha commentato: - A quanto pare, anche lui ti vuole bene. Sei soddisfatta? Bene, ora sbrigati, sennò faremo tardi a scuola!

Sono corsa avanti saltellando, col cuore leggero, lungo il viale alberato. Ormai ero proprio sicura che il mio nuovo amico sarebbe stato lì ad aspettarmi, con i suoi fiori ben aperti, come aveva detto papà.

È arrivato anche papà, che ha provato a convincermi con le buone.

- Agata, ascoltami. Ti prometto che...- No!

- Vedrai che tutto s’aggiusta.

- Non è vero!

La gente adesso si fermava, faceva domande.

- Ha ragione la bambinadicevano in tanti.

Sotto i rami del mio amico, adesso, c’è una panchina.

L’ha messa il sindaco, per farsi perdonare.

Io mi siedo lì tutti i giorni, quando torno da scuola.

A Prunello piace la mia compagnia.

So che è molto fiero di me.

Infatti questa primavera mi ha regalato una pioggia di petali ancor più spettacolare.

Ho fatto la danza della felicità sotto quella pioggia. Il signore col cane mi ha detto: - Brava!

Il suo cane ha danzato con me.

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