persone, ambiente, scienza, economia
Doppia Piramide 2014 quinta edizione: Stili alimentari e impatto ambientale
6 3-4 Dicembre 2014
Barilla Center for Food & Nutrition PERSONE, AMBIENTE, SCIENZA, ECONOMIA fondazione dal 2014 www.barillacfn.com
Il mondo contemporaneo è attraversato da un’importante emergenza alimentare. Il cibo che scegliamo di mangiare, la filiera con cui lo produciamo, i modi e i luoghi in cui lo consumiamo e la sua distribuzione sbilanciata nelle diverse zone del Pianeta incidono profondamente sui meccanismi che regolano la nostra società e la nostra epoca. Negli ultimi anni è nata l’esigenza di mettere a confronto i diversi punti di vista degli attori coinvolti lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola. Fin dalla sua nascita nel 2009, il Barilla Center for Food & Nutrition si è posto come piattaforma privilegiata per questo dialogo corale e ad ampio raggio sui temi del cibo e della nutrizione. Lo scopo del BCFN è promuovere un’analisi multidiscipli-
nare tra le diverse competenze, offrendo soluzioni e proposte e mettendo la scienza e la ricerca in comunicazione con le decisioni politiche e le azioni governative. Il BCFN dedica un’area di studio e ricerca a ogni tema cruciale legato al cibo e alla nutrizione, per affrontare le sfide attuali e future: dal problema dell’accesso al cibo e della sua distribuzione nel mondo (Food for All) al riequilibrio dell’instabile rapporto tra cibo e salute attraverso corretti stili di vita (Food for Health), dalla riflessione sulla filiera agroalimentare e la valutazione dell’impatto della produzione sull’ambiente (Food for Sustainable Growth) alla storia del rapporto tra l’uomo e il cibo per cercare in essa delle buone soluzioni per l’attualità (Food for Culture).
17 La Doppia Piramide persone, ambiente, scienza, economia
La dieta sostenibile alla portata di tutti
Doppia piramide 2014
L’ALIMENTAZIONE PER LA SALUTE DELLE PERSONE
QUINTA EDIZIONE: STILI ALIMENTARI E IMPATTO AMBIENTALE
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La dieta mediterranea
28 L’importanza dell’alimentazione per la salute viene ogni giorno confermata da nuovi studi. Le ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che quello agroalimentare è uno dei comparti maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra e del consumo di acqua. A fronte di queste evidenze scientifiche, è invece cresciuta molto lentamente la consapevolezza delle persone sul fatto che gli alimenti per i quali i nutrizionisti consigliano un consumo più frequente sono anche quelli che hanno un minor impatto ambientale. La quinta edizione della Doppia Piramide alimentare e ambientale conferma il nostro impegno a promuovere una corretta informazione alimentare, sempre aggiornata e attenta a ricomprendere i risultati delle più recenti ricerche.
La nutrizione per chi cresce
32 Le abitudini alimentari in Europa e negli Stati Uniti
L’alimentazione per il rispetto del pianeta 37
L’analisi del ciclo di vita degli alimenti e gli indicatori ambientali
42 La filiera alimentare e l’ambiente
47 premessa I MESSAGGI DELLA DOPPIA PIRAMIDE
9
Gli elementi rilevanti lungo il ciclo di vita degli alimenti
11
11 Come si è sviluppato il modello della Doppia Piramide
16 L’alimentazione per la salute delle persone L’alimentazione per il rispetto del Pianeta 4
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come PROMUOVERE SCELTE ALIMENTARI SOSTENIBILI
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85 L’ambiente sociale
86 Il marketing delle imprese alimentari
51
89 La comunicazione sociale
95 La ristorazione collettiva
98 Casi editoriali
99 LA DOPPIA PIRAMIDE
51
App per smartphone e tablet
102 Un’analisi esplorativa sui giovani italiani
51 Le basi scientifiche
56 Le tre piramidi ambientali
60 La Doppia Piramide per gli adulti
62
Le raccomandazioni BCFN
105
bibliografia essenziale
106
La Doppia Piramide per chi cresce
La dieta sostenibile alla portata di tutti
65
65 Le diete sostenibili secondo la FAO
69 I menu sostenibili del BCFN
76 Il dibattito scientifico sul costo delle diete
65 5
le infografiche ©bcfn foundation 2014
cronistoria
la piramide nutrizionale
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L’evoluzione della piramide nutrizionale
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lA filiera e l’ambiente
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La Doppia piramiDe aLimentare e ambientaLe
la doppia piramide per gli adulti
In america mangiare sano costa di pi첫?
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il confronto tra i prezzi basato sulle kcal
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scelte alimentari sostenibili
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premessa
I
l modello della Doppia Piramide alimentare e ambientale, presentato dal BCFN per la prima volta nel 2009, nel tempo si è trasformato in una vera e propria linea di ricerca: un percorso di studio che si è arricchito anno dopo anno attraverso nuove tappe e argomenti scientifici che hanno consolidato lo schema iniziale. L’ intuizione che ha portato a costruire la piramide ambientale come immagine capovolta della classica piramide alimentare, comunicando, per la prima volta, la relazione inversa tra alimenti nutrizionalmente raccomandati e impatto ambientale, non è stata quindi il punto di arrivo ma quello di partenza di un progetto sempre più articolato. Nelle edizioni del documento che si sono succedute in questi cinque anni non solo è quasi decuplicata la mole di dati scientifici a supporto e conferma della tesi iniziale, ma sono state proposte alcune declinazioni del modello che tenevano conto delle diverse esigenze nutrizionali, a partire da quelle dei bambini. Si è poi deciso di fare un passo avanti, cercando di capire quali potessero essere le azioni più efficaci per trasformare la nuova consapevolezza rappresentata dalla Doppia Piramide in rinnovati stili alimentari. È evidente infatti che occorre trovare nuovi modi per aiutare le persone a migliorare i propri comportamenti, perché anche le più
consapevoli non sempre sono in grado di modificare le proprie abitudini, in molti casi confermate quotidianamente da pubblicità e altre forme di promozione. Si è inoltre affrontata la questione dei prezzi, che può condizionare le scelte, soprattutto di chi, essendo meno informato, non è in grado di valutare correttamente tutte le alternative di acquisto. In questa prospettiva la famiglia, tradizionalmente depositaria della cultura alimentare e principale attore nel processo di formazione dei giovani, va sostenuta nel suo compito educativo. Ecco perché diventa sempre più necessaria la collaborazione di altri soggetti istituzionali (a partire dalla scuola), e privati, come le imprese alimentari e gli operatori della distribuzione, così come dei media sia nuovi sia tradizionali. Il primo messaggio diffuso dal BCFN in questi anni è che il cibo rappresenta il fattore più rilevante della sostenibilità globale (secondo solo all’industria dell’energia): ridurne l’impatto è una priorità per tutti gli attori della filiera, perché chi non è parte della soluzione è parte del problema. In questo contesto risulta centrale il tema del prezzo perché può condizionare le scelte, soprattutto se si considera quanto per le persone sia difficile comparare il valore reale di cibi diversi e accedere a tutte le alternative di acquisto proposte.
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bcfn
i messaggi della doppia piramide Esiste un modello alimentare che consente di mangiare sano senza spendere di più, mantenendo basso il proprio impatto sull’ambiente
La principale novità presentata nel 2009 dalla Doppia Piramide è la stretta relazione che esiste tra gli aspetti nutrizionali degli alimenti e gli impatti ambientali da essi generati nelle fasi di produzione e consumo. In particolare, adottando un modello alimentare in linea con le raccomandazioni elaborate dai nutrizionisti, come quello della dieta mediterranea, è possibile conciliare la salute della persona con quella dell’ambiente, senza alcun impatto negativo sull’economia.
Come si è sviluppato il moDELLO della Doppia Piramide Il modello concettuale della Doppia Piramide nasce come risposta alla necessità di spiegare in modo efficace l’impatto ambientale delle scelte alimentari. Già dalle prime ricerche del Barilla Center for Food & Nutrition, pubblicate nel 2010, è emerso chiaramente che gli alimenti a minore impatto ambientale sono gli stessi per i quali i
nutrizionisti consigliano un consumo maggiore, mentre quelli che hanno un’impronta ambientale più marcata sul Pianeta sono quelli che andrebbero consumati con moderazione. Sulla base di questa importante scoperta, il BCFN si è posto l’obiettivo di illustrare a istituzioni e consumatori che un corretto stile alimentare ha effetti positivi sia sulla salute delle persone sia sull’ambiente: a questo scopo ha sviluppato uno schema grafico dove alla classica piramide alimentare (per intenderci, quella della dieta mediterranea) si affianca una nuova piramide “ambientale” capovolta, nella quale gli alimenti sono classificati in base alla loro impronta ecologica (Ecological Footprint). Il modello della Doppia Piramide si è poi arricchito nel tempo, come testimoniato dalla pubblicazione di cinque documenti interamente dedicati all’argomento. Il primo, presentato al Museo della Scienza di Milano nel 2010, Doppia Piramide: alimentazione sana per le persone, sostenibile per il Pianeta, proponeva l’innovativa piramide alimentare e ambientale come strumento di educazione per le scelte quotidiane delle persone. 11
cronistoria Come è stato sviluppato e divulgato il modello della Doppia Piramide BCFN
La Doppia Piramide diventa l’icona BCFN Roma Sustainability International Forum
New York World Pasta Day «Pasta is good for the people, the environment and the economy»
La Doppia Piramide viene presentata in pubblico da Guido Barilla
Roma Buono per te, sostenibile per l’ambiente
Università di Siena Footprint Forum
Un villaggio interattivo dedicato all’alimentazione e alla sostenibilità
La Doppia Piramide è presentata in ambito accademico
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Cambiamento climatico, agricultura e alimentazione
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2009
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Università Bocconi, Milano 2nd International Forum on Food and Nutrition
Cambiamento climatico, agricoltura e alimentazione
Dibattito: “Alimentazione e ambiente: sano per te, sostenibile per il Pianeta”
1
Doppia Piramide: alimentazione sana per le persone, sostenibile per il pianeta
Bruxelles, Parlamento UE. Sano per te, sostenibile per il Pianeta
Water Economy
“La Doppia Piramide del Barilla Center for Food & Nutrition”
Doppia Piramide dell’acqua
people, environment, science, economy
divulgativo
Washington BCFN Policy Summit Healthy Food Healthy Planet
4 ALIMENTAZIONE E AMBIENTE
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TUTTE LE PUBBLICAZIONI DEL BCFN SONO DISPONIBILI SU WWW.BARILLACFN.COM
STILI ALIMENTARI SANI PER LE PERSONE E PER IL PIANETA BARILLA CENTER FOR FOOD & NUTRITION
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divulgativo tecnico database
divulgativo tecnico database
Roma Alimentare la terra. Coltivare il futuro Presentazione della Doppia Piramide 2012 all’interno del convegno internazionale su sicurezza alimentare, alimentazione e nutrizione
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2012
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Dibattito: “La Doppia Piramide Alimentare e Ambientale”
Università Bocconi, Milano 6th International Forum on Food and Nutrition
L’acqua che mangiamo
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Università Bocconi, Milano 3rd International Forum on Food and Nutrition
Eating Planet 2012 Università Bocconi, Milano 5th International Forum on Food and Nutrition
Presentato a New York: “How do we feed (and nourish) a planet of 7 billion” Università Bocconi, Milano 4th International Forum on Food and Nutrition
San Francisco LCA FOOD 2014 Presentazione della Doppia Piramide 2014
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Dibattito “Buono per te, sostenibile per il Pianeta: il modello della Doppia Piramide Alimentare e Ambientale”
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divulgativo tecnico database ©BCFN foundation 2014
La Doppia piramiDe aLim La Doppia Piramide del Barilla Center for Food & Nutrition
L’anno successivo, il documento Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti, sostenibile per l’ambiente analizzava le esigenze nutrizionali dei bambini e degli adolescenti con il relativo impatto sull’ambiente. Il terzo documento Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli ha avviato una riflessione sulla sostenibilità economica di una dieta sana e a basso impatto. Nel 2013, il Magazine BCFN Alimentazione e ambiente: stili alimentari sani per le persone e per il Pianeta ha offerto l’ulteriore spunto per continuare a discutere su come ridurre l’impronta del nostro sistema alimentare. Questa quinta edizione presentata 14
all’LCA FOOD 2014 di San Francisco si propone di valutare l’impatto ambientale di diversi stili alimentari, dedicando ampio spazio a quelli americani. Per rimarcare la centralità dei concetti espressi, nel 2011 la Doppia Piramide è stata scelta come icona del BCFN. Questo modello, grazie alla facilità con cui riesce a comunicare in modo sintetico contenuti scientifici complessi, si è rapidamente diffuso, tanto da essere ripreso e ampliato in varie pubblicazioni: Water Economy (BCFN, 2011) approfondisce
mentare e ambientaLe
il concetto di Doppia Piramide idrica in rapporto all’impatto degli alimenti e delle bevande; il libro Eating Planet 2012 – Nutrirsi oggi: una sfida per l’uomo e per il Pianeta (BCFN, 2012) analizza, tra l’altro, gli effetti delle abitudini alimentari individuali sulla salute e sull’ambiente; il volume pubblicato dalla FAO, Sustainable Diets and Biodiversity (FAO, 2012), include un intero capitolo che illustra la Doppia Piramide; il libro L’acqua che mangiamo (Edizioni Ambiente – WWF, 2013) indaga, con un approccio multidisciplinare, la problematica idrica e le sue implicazioni economiche, sociali e politiche, e contiene anche un contributo del BCFN sul concetto di Doppia Pi-
ramide alimentare e idrica, nonché alcuni dati sull’acqua virtuale contenuta nella pasta. Negli anni sono stati organizzati molti eventi per presentare e discutere questi concetti, sia in ambito scientifico e istituzionale sia in contesti orientati al grande pubblico. In particolare, al Forum internazionale su cibo e nutrizione – l’evento annuale organizzato dal BCFN all’università Bocconi di Milano, per promuovere il dibattito sui temi globali legati al cibo e generare proposte concrete per migliorare la sostenibilità in ambito agroalimentare – vengono sempre riservati ampi spazi di discussione al tema delle diete sostenibili e alla Doppia Piramide. 15
l’alimentazione per la salute delle persone
l’alimentazione per il rispetto del pianeta
La piramide alimentare contenuta nella Doppia Piramide è la rappresentazione grafica delle più importanti linee guida nutrizionali a livello internazionale e delle principali indicazioni per la prevenzione delle patologie non trasmissibili (malattie cardiovascolari, diabete, cancro). Si inspira al modello mediterraneo, considerato fra i più coerenti e rappresentativi di una sana alimentazione e un corretto stile di vita, tanto da essere stato riconosciuto dall’UNESCO nel 2010 Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
La piramide ambientale della Doppia Piramide è stata invece elaborata dal BCFN, considerando gli alimenti non più in funzione delle caratteristiche nutrizionali ma rispetto al loro impatto sull’ambiente. Utilizzando come unità di misura i dati di impatto (per chilo o litro) degli stessi prodotti presenti nella piramide alimentare, si ottiene una piramide capovolta che vede gli alimenti a maggior impatto ambientale in alto e quelli a ridotto impatto in basso.
A partire dal 1992 la piramide alimentare, pubblicata per la prima volta dall’U.S. Department of Agriculture, viene riportata in molti documenti utilizzando lo stesso schema grafico. La forma triangolare permette, infatti, di evidenziare che la base della nutrizione è costituita da alimenti di origine vegetale, tipici delle abitudini alimentari mediterranee, ricchi in termini di vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati complessi, acqua e proteine vegetali. Mentre gli alimenti posti verso il vertice sono quelli che vanno consumati con moderazione, in quanto ricchi di grassi e zuccheri semplici. Il valore della piramide alimentare è duplice: da un lato rappresenta un’eccellente sintesi delle principali conoscenze acquisite dalla scienza medica e nutrizionale, indispensabili per chiunque presti attenzione alla propria salute e benessere, dall’altro è un potente strumento di educazione al consumo, grazie soprattutto alla sua grafica semplice e intuitiva.
16
Gli impatti ambientali degli alimenti sono stati valutati con l’analisi del ciclo di vita (LCA), utilizzando i tre indicatori ambientali Carbon Footprint, Water Footprint ed Ecological Footprint. Il BCFN ha scelto di avvalersi unicamente di dati e informazioni di pubblico dominio – banche dati e pubblicazioni scientifiche – così da offrire agli interessati la possibilità di ricostruirne l’origine ed effettuare eventuali approfondimenti. A tale scopo è stato realizzato un database accessibile dal sito internet del BCFN. www.barillacfn.com
la doppia piramide
LA DIETA SOSTENIBILE ALLA PORTATA DI TUTTI
Accostando le due piramidi si ottiene la Doppia Piramide alimentare e ambientale. Osservando la disposizione degli alimenti emerge chiaramente la possibilità di far coincidere in un unico modello alimentare due obiettivi diversi ma ugualmente rilevanti e fra loro connessi: la salute delle persone e la tutela delle risorse del Pianeta. Infatti, è evidente che gli alimenti per i quali è consigliato un consumo maggiore e frequente sono generalmente anche quelli che determinano gli impatti minori sull’ambiente, e viceversa. Pertanto, chiunque decida di assumere un atteggiamento responsabile in termini di stile di vita alimentare finisce per conciliare il proprio benessere (ecologia della persona) con quello dell’ambiente (ecologia del contesto).
Le popolazioni che vivono una fase di difficoltà economica devono prestare particolare attenzione al costo degli alimenti, e alto dovrebbe essere l’impegno dei Paesi per assicurare la sostenibilità sociale delle diete in termini di inclusione delle persone nei modelli alimentari corretti. Così come è stato fatto per l’analisi dei valori ambientali, anche per calcolare questo ulteriore aspetto della sostenibilità il BCFN ha utilizzato le informazioni disponibili sugli impatti economici di alcune “diete tipo” in Italia e ha analizzato quanto la letteratura scientifica ha pubblicato negli Stati Uniti e in altri Paesi europei.
Il BCFN ha selezionato per te pubblicazioni, video, interviste e articoli dedicati alla sostenibilità e alla sicurezza alimentare. www.barillacfn.com/focus-on/world-food-day
Da quest’analisi emerge che, a parità di valore nutrizionale, nei Paesi mediterranei i menu più ricchi di proteine di origine animale (carne e soprattutto pesce) hanno un costo leggermente più elevato. Tuttavia, la stessa ricerca condotta in altre nazioni, tra cui Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, non restituisce risultati univoci. Infatti, in questi Paesi la dieta sostenibile, secondo alcuni studi, è più onerosa per le famiglie, anche se il dato può essere in parte condizionato dai diversi criteri di calcolo adottati e dalle scelte alimentari fatte. In generale, quindi, mangiare sostenibile non vuol dire necessariamente spendere di più, ma certamente richiede uno sforzo aggiuntivo da parte dei singoli e delle famiglie in termini di tempo dedicato alla scelta degli alimenti, privilegiando quelli ad alto valore nutrizionale – come pasta e prodotti a base di cereali, legumi, alcuni tipi di vegetali, frutta fresca e secca – e relativamente a basso costo. In particolare la carne bianca, i latticini a ridotto contenuto di grassi e le uova rappresentano la fonte meno costosa di proteine animali.
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l’alimentazione per la salute delle persone Non esistono per loro natura cibi migliori o peggiori: una dieta equilibrata deve prevedere una varietà di alimenti da assumere nelle giuste quantità, evitando eccessi o mancanze
Il BCFN ha proposto nel corso delle varie edizioni della Doppia Piramide una rilettura dei modelli alimentari adottati nel mondo, ponendo particolare attenzione a quello della dieta mediterranea, riconosciuto come uno dei più coerenti con uno stile di vita equilibrato e “sano”.
La Dieta Mediterranea La dieta tradizionalmente adottata nei Paesi dell’area del Mediterraneo è un modello alimentare che si caratterizza per la sua varietà, oltre che per uno spiccato equilibrio nutrizionale. Prevede un elevato consumo di verdura, legumi, frutta e frutta secca, olio d’oliva e cereali, di questi ultimi un 50% integrali; un moderato consumo di pesce e prodotti caseari (specialmente formaggio e yo-
gurt); un ancor più moderato consumo di carne rossa, carne bianca e dolci.1 Il corretto equilibrio nutrizionale della dieta mediterranea venne dimostrato scientificamente negli anni Settanta dallo Studio dei sette Paesi di Keys2, che metteva a confronto le diete di diverse popolazioni per verificarne i benefici e i punti critici. Da quell’analisi emersero per la prima volta le forti correlazioni tra tipologia di dieta e rischio d’insorgenza di malattie croniche, in particolare quelle cardiovascolari. A partire da quel primo studio, molte altre ricerche hanno approfondito l’analisi dell’associazione tra alimentazione e salute3, confermando che lo stile alimentare mediterraneo contribuisce me19
glio di qualunque altro a prevenire le più diffuse malattie croniche: un’unicità riconosciuta anche dall’UNESCO, che nel 2010 l’ha dichiarato Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Per avviare un’attività di informazione ed educazione alimentare, ispirata proprio alla dieta mediterranea, nel 1992 l’U.S. Department of Agriculture pubblicò la prima edizione della piramide alimentare, riproposta senza modifiche dalla FAO in un documento del 1997, per spiegare con una sintesi efficace come alimentarsi in modo equilibrato. Nel corso degli anni, diverse istituzioni e istituti di ricerca – come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e il CIISCAM (Centro Interuniversitario Internazionale di Studi sulle Culture Alimentari Mediterranee) – hanno elaborato sistemi di comunicazione basati sull’immagine della piramide alimentare. In tutte le varianti, il concetto di base prevede che gli alimenti siano rappresentati su diversi livelli e che, via via che si sale verso la punta della piramide, diminuisca la 20
frequenza relativa di consumo, senza però escludere alcuna categoria, affinché la varietà dei cibi rimanga uno dei principi cardine di una corretta alimentazione. Negli anni sono state pubblicate diverse versioni della piramide nutrizionale. Partendo tutte da una base scientifica comune, ogni piramide adatta il modello originario al pubblico al quale si rivolge, distinguendo ad esempio le diverse fasce di età, il tipo di vita condotta, il momento specifico della vita o le abitudini nutrizionali. Inoltre, in quasi tutte le versioni più recenti della piramide, lo schema viene integrato con ulteriori raccomandazioni che completano il corretto stile di vita (per esempio la quantità di acqua da bere, il tempo da dedicare all’attività fisica, ecc.).
1
Willett et al., 1995
2
Keys et al., 1970; Keys et al., 1980
3
World Cancer Research Fund, 1997; Willett. 1998
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l’evoluzione della
piramide nutrizionale La dieta mediterranea e gli altri modelli nutrizionali nel mondo
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Oldways
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1992
1993
2000
Altri modelli nutrizionali Temel Besin Grupla Turchia
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La Pagoda Cina
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BCFN
2010
2011 «La dieta mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo»
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20/6/05
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Choose My Plate Stati Uniti
Guide to Healthy Eating Australia FUNDED BY THE AUSTRALIAN GOVERNMENT DEPARTMENT OF HEALTH AND AGEING.
funded by the australian government FOUNDATION, department of health and ageing. PREPARED BY THE CHILDREN’S HEALTH DEVELOPMENT SOUTH
Australian Government
prepared by the children’s health development foundation, south
AUSTRALIA, AND DEAKIN UNIVERSITY, VICTORIA, australia, and deakin university,1998. victoria, 1998.
The Food Circle Svezia
©BCFN foundation 2014 23
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la piramide nutrizionale Il valore nutritivo dei suoi alimenti
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Anche la piramide alimentare contenuta nella
origine vegetale, ricchi di vitamine, sali mine-
Doppia Piramide, che deriva dalla messa a fat-
rali, fibre e carboidrati complessi, acqua e pro-
tore comune di diverse linee guida nutrizionali
teine vegetali, tutti tipici delle abitudini medi-
a livello internazionale, è facilmente riconduci-
terranee.
bile alla dieta di tradizione mediterranea.
Mentre gli alimenti posizionati verso il vertice
Il messaggio veicolato è che la base della nu-
della piramide vanno consumati con modera-
trizione deve essere costituita da alimenti di
zione perché ricchi di grassi e zuccheri semplici.
Grassi saturi e insaturi, Zuccheri semplici Vitamina B12, Ferro, Zinco, Proteine, Grassi saturi e monosaturi Grassi saturi e insaturi, Proteine, Aminoacidi essenziali, Vitamina B, Selenio, Rame, Zinco Proteine Grassi saturi e insaturi, Zuccheri semplici Proteine, Grassi saturi, Calcio, Vitamina A Proteine, Grassi saturi, Omega 3
Acqua, Calcio, Proteine, Grassi saturi, Zuccheri, Vitamina A e B, Acido Pantotenico
Vitamina E, Polifenoli, Trigliceridi, Acidi grassi essenziali Vitamine, Sali minerali, Antiossidanti, Grassi insaturi, Omega 3, Omega 6 riso
Amido, Carboidrati Proteine, Fibre, Aminoacidi Essenziali, Vitamina B, Ferro, Zinco
Acqua, Vitamine, Minerali, Fibre, Zuccheri semplici
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LA DIETA MEDITERRANEA: PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL’UMANITÀ UNESCO
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UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) nasce nel 1975 per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree dell’istruzione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Una delle sue missioni è quella di mantenere una lista di “patrimoni dell’umanità”, cioè siti di valore dal punto di vista naturalistico o culturale, la cui conservazione è ritenuta importante per la comunità mondiale. Dal 2001, l’UNESCO ha iniziato anche a stilare una lista di patrimoni culturali immateriali dell’uma-
nità, ovvero antiche tradizioni che spesso non hanno una codificazione “scritta” ma che sono state tramandate oralmente nel corso delle generazioni. Tra questi, nel 2010, è stata inserita anche la dieta mediterranea, infatti secondo l’Organizzazione: «La Dieta Mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello nu-
trizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, abbondante uso di spezie come condimenti, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre nel rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Tuttavia, la dieta mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) è molto più che un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La dieta si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo come nelle zone della Soria in Spagna, Koroni in Grecia, Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco. Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione delle competenze, così come della conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e nella salvaguardia delle tecniche».
La nutrizione per chi cresce Nell’edizione del 2011, il BCFN ha esteso l’analisi della piramide nutrizionale per prendere in considerazione le esigenze di bambini e adolescenti, con l’obiettivo finale di validare il modello della Doppia Piramide anche per gli individui in fase di sviluppo. Durante il periodo della prima infanzia – caratterizzato da una crescita molto rapida – è necessario fornire al bambino una quantità adeguata di energia. Nel primo anno di vita il fabbisogno di energia è notevole, ma si riduce rapidamente: passa, infatti, dal 35% nel primo mese di vita al 5% a un anno. Dopo il primo anno e fino ai 9-10 anni di vita, l’energia spesa giornalmente dal bambino è dovuta per un 50-60% al metabolismo basale, per un 20-40% all’attività fisica, per un 5-8% alla termogenesi e solo per un 2% all’accrescimento. 28
In particolare i grassi assunti attraverso l’alimentazione rappresentano per il bambino una fonte di energia e di acidi grassi essenziali. L’assunzione giornaliera di grassi va ottenuta con alimenti come il pesce e la frutta secca; come condimenti vanno preferiti gli oli vegetali, in particolare quello di oliva, che consente anche un assorbimento ottimale delle vitamine liposolubili (A, D, E, K). Il secondo macronutriente per garantire il corretto e bilanciato apporto di energia al bambino è rappresentato dalle proteine. Fonti ideali di proteine di alta qualità sono carne, pesce, formaggio, latte, uova e alcuni prodotti di origine vegetale, come soia, altri legumi, e i prodotti derivati dal grano. I carboidrati (zuccheri, amidi e fibre) sono la prima e la più importante – in termini quantitativi – fonte energetica dell’organismo e forniscono energia a tutti i tessuti del corpo umano, soprattutto al cervello e ai globuli rossi che usano solamente il glucosio quale “carburante” per le attività cellulari.
Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011.
Accanto ai principali macronutrienti, gli elementi essenziali di una corretta alimentazione per i bambini in età prescolare e scolare sono le vitamine e i minerali. L’adolescenza è il periodo in cui avviene il passaggio dalla condizione prepuberale a quella adulta, caratterizzata dalla comparsa d’importanti cambiamenti a livello fisico, psichico e sociale, accompagnati a maggiori fabbisogni sia quantitativi sia qualitativi di nutrienti, vitamine, sali minerali, fibre e acqua. In questa fase, le più comuni carenze sono quelle di ferro e calcio, al punto che l’anemia dovuta alla mancanza di ferro è tra le più diffuse malattie che si associano a cattive abitudini di tipo alimentare.4 Per ovviare a questi problemi è quindi importante che nella fase adolescenziale vi sia un incremento del consumo di alimenti, come le carni magre e il pesce, i legumi, i vegetali di colore verde scuro, le noci, i cereali arricchiti di ferro. Anche il calcio ricopre una funzione essenziale
nell’organismo dell’adolescente in rapida crescita, perché entra nella composizione delle ossa e dei denti. È dunque importante per i ragazzi alimentarsi con cibi ricchi di calcio, soprattutto per le femmine, che negli anni a venire, con la comparsa della menopausa, saranno più esposte al rischio di osteoporosi. La giovinezza è, infine, il periodo in cui i fabbisogni alimentari diventano sempre più simili a quelli degli adulti. Nonostante i casi particolari appena descritti, la conclusione cui si è giunti è che il modello della Doppia Piramide è valido e fornisce indicazioni utili all’educazione alimentare in tutte le fasce di età.
4
American Academy of Pediatrics, 1999
29
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LE INDICAZIONI PER IL “VIVERE BENE”
A
Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011
l di là delle modalità di rappresentazione grafica dei consigli alimentari, è comunque importante osservare come gran parte delle più autorevoli ricerche scientifiche sulla relazione tra alimentazione e malattie croniche evidenziano che il modello alimentare mediterraneo deve essere considerato il punto di riferimento di una corretta alimentazione, e che ad esso do-
vrebbero essere associati stili di vita “salubri”. Un elemento fondamentale riguarda un’adeguata attività fisica, che dovrebbe sempre essere affiancata alla “sana alimentazione”. L’attività motoria contribuisce, infatti, a bruciare calorie, scaricare tensione e stress, migliorare lo stato dell’umore e del benessere psicologico. La pratica costante di attività fisica e sport apporta notevoli
benefici all’apparato cardiovascolare e al sistema scheletrico oltre che al metabolismo. E favorisce inoltre il mantenimento di un peso adeguato e una composizione corporea ottimale, rende l’adolescente più forte e lo abitua a uno stile di vita che gli consentirà di affrontare più in salute gli anni della maturità.
Sintesi delle macro-linee guida per chi cresce
1.
Adottare una dieta sana ed equilibrata che, alternando quotidianamente tutti i principali alimenti, fornisca tutti i nutrienti e micronutrienti (calcio, ferro, vitamine, ecc.).
getali, che deve essere di uno a uno, di zuccheri semplici e complessi (attraverso l’assunzione di meno dolci, più pane, patate, pasta o riso), di grassi animali e vegetali (utilizzando meno strutto, burro e più olio di oliva).
Evitare l’eccessiva introduzione di calorie, non consumando cibi altamente calorici o con elevate concentrazioni di grassi.
2.
4.
3.
5.
Ripartire in maniera bilanciata i nutrienti nella giornata, assicurando la presenza di un giusto equilibrio tra apporto di proteine animali e ve-
Ridurre al minimo l’apporto aggiuntivo di sale al fine di diminuire i fattori di rischio di sviluppo di ipertensione, soprattutto in età adulta. Distribuire l’assunzione di cibo in cinque momenti della giornata: colazione, spuntino della mattina, pranzo, merenda e cena.
6.
Evitare di consumare cibi al di fuori dei cinque momenti precedentemente individuati.
7.
Svolgere attività fisica per almeno un’ora al giorno, comprensiva sia dell’attività sportiva sia del gioco.
8.
Ridurre il più possibile la vita sedentaria, in particolare quella passata davanti a televisione e computer.
ALIMENTAZIONE E STILE DI VITA sani per tutti
1.
2.
3.
4.
Fare 30 minuti di attività fisica al giorno
Evitare situazioni di sovrappeso e obesità
Evitare l’eccessivo consumo di alcolici
Non fumare
5.
6.
7.
8.
Adottare una dieta equilibrata
Aumentare il consumo di frutta e verdura
Preferire i carboidrati complessi e aumentare il consumo di cereali integrali
Aumentare il consumo di legumi
9.
Fonte: BCFN. Alimentazione e salute, 2009
Consumare 2 o 3 porzioni di pesce alla settimana
13. Limitare il consumo di carne e pollame a 3 o 4 porzioni alla settimana
10. Preferire condimenti di origine vegetale
14. Limitare il consumo aggiuntivo di sale
11. Limitare il consumo di cibi a elevato contenuto di grassi
15. Limitare il consumo di cibi e bevande ad alto contenuto di zuccheri
12. Limitare il consumo di cibo fritto
16. Evitare l’utilizzo quotidiano di integratori alimentari
190
g/giorno il consumo pro capite di carne negli Stati Uniti seguiti da Italia, Francia, Germania e Svezia
le abitudini alimentari in europa e negli stati uniti Per analizzare il reale livello di adozione dei modelli suggeriti, il BCFN ha raccolto e analizzato i principali dati sui consumi alimentari pubblicati dagli istituti di ricerca europei e statunitensi. Le ricerche relative ai consumi italiani sono principalmente quelle basate sulle rilevazioni dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), che negli ultimi vent’anni ha condotto diverse indagini sulle abitudini alimentari della popolazione italiana, finalizzate alla sorveglianza nutrizionale e al monitoraggio della dieta per indirizzare gli interventi di sensibilizzazione al consumo degli alimenti. Lo studio più recente, pubblicato nel 2008, presenta i dati raccolti nel biennio 2005-2006 e fornisce un utile strumento per la valutazione della dieta media italiana.5 I dati relativi agli altri Paesi derivano dall’European Food Safety Authority, che ha sviluppato il progetto The EFSA European Food Consumption Database del quale è stato pubblicato un documento 32
che sintetizza i dati dei consumi alimentari di 22 Stati europei, provenienti per la maggior parte da programmi di monitoraggio di organismi governativi e da studi scientifici. In particolare, per le valutazioni di questo lavoro si è scelto di confrontare le abitudini dei consumatori italiani con quelli di Francia, Germania e Svezia. Analogamente allo studio europeo, negli Stati Uniti l’USDA6 ha condotto una ricerca sulle abitudini alimentari degli americani. Lo studio è riferito agli anni 1994-1996, e il campione considerato comprende tutte le fasce d’età. Pur provenendo da una fonte diversa, e quindi essendo i dati ottenuti con approcci differenti e non del tutto confrontabili, è possibile fare alcune considerazioni di massima. Di seguito sono riportate le quantità medie di cibo consumate in Italia, Francia, Germania, Svezia e Stati Uniti di otto macrocategorie alimentari, confrontate con le quantità consigliate dall’INRAN7: i dati sono basati sulla percentuale di consumatori effettivi di quell’alimento, viene cioè presentata una media reale calcolata sulla sola parte di persone che compongono il campione che consuma l’alimento.
Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli, 2012.
450 400 350 300 250 200
g/giorno
150 100 50
Cereali
Legumi
Ortaggi
Frutta
Carne
Pesce
Latte/Latticini
Consigliati INRAN
330
130
300
450
140
200
407
Italia
252
29
190
169
112
66
227
Francia
214
35
112
108
116
28
258
Germania
209
26
98
159
93
51
220
Svezia
217
15
48
118
76
30
426
Stati Uniti
302
15
189
169
187
10
274
Media reale dei consumi di otto principali categorie alimentari in quattro Paesi europei (fonte: EFSA) cui sono stati aggiunti i consumi degli Stati Uniti (fonte: USDA).
In generale, si nota come, in tutti i Paesi esaminati, i legumi e il pesce siano gli alimenti consumati da una bassa percentuale di popolazione, diversamente da quanto avviene per gli altri alimenti, che normalmente sono consumati da oltre il 90% del campione analizzato. Caso particolare è la Francia, che vanta un’alta percentuale di consumatori per ogni alimento: questo dato sta a significare che la dieta del consumatore francese è molto varia e che, mediamente, gli individui hanno abitudini alimentari che comprendono cibi di tutte le categorie. Gli americani sono i primi consumatori di carne (quasi due etti giornalieri pro capite), seguiti da Italia, Francia, Germania e Svezia, che ne consu-
ma in minor quantità (75 g/giorno). Purtroppo, non disponendo di dati disaggregati sul consumo di carne (bovina, avicola, suina), non è possibile fare ulteriori considerazioni. Il consumo di legumi risulta basso in tutti i Paesi, così come quello di pesce. Un altro dato interessante è l’elevato consumo di latte e latticini in Svezia (più di 400 g/giorno).
5
Leclercq et al., 2008
6
EPA, 2007
7
INRAN, 2003
33
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STATI UNITI: DALLA PIRAMIDE ALIMENTARE A MYPLATE
L
a piramide nutrizionale non è l’unica rappresentazione grafica cui si ricorre per fornire suggerimenti ai consumatori. Negli ultimi decenni, i governi dei vari Paesi hanno sviluppato altre immagini per informare ed educare le persone a mantenere un’alimentazione equilibrata per una vita sana. Ma al di là della forma, è interessante sottolineare come,
nonostante alcune differenze puntuali dovute ad aspetti culturali o alla diffusione di alcune tipologie di cibo, tutti i modelli nutrizionali siano accomunati da alcuni consigli basilari: un maggior consumo di frutta, ortaggi, cereali (in particolare integrali) e legumi, e un ridotto consumo di proteine e grassi animali e zuccheri semplici. La prima piramide alimenta-
re americana è stata rilasciata dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) nel 1992. Questo strumento di educazione alimentare è stato ampiamente riconosciuto nell’ambito scientifico internazionale e ha rappresentato la base per l’evoluzione delle raccomandazioni nutrizionali su tipologie e quantità di alimenti quotidiani. MyPyramid, pubbli-
cata dall’USDA nel 2005, rappresenta l’aggiornamento della prima piramide, ed è stata progettata come strumento di educazione aggiuntivo rispetto alle linee guida Dietary Guidelines for Americans, stilate e aggiornate ogni cinque anni dall’USDA e dal Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS), e indirizzate a tutte le persone (dai due anni in su) che si trovino in normali condizioni di salute. Le raccomandazioni trasmesse da MyPyramid sono riferite soprattutto alle abitudini alimentari (indicano quali cibi è consigliabile consumare e con quale frequenza), ma incoraggiano anche una regolare attività fisica giornaliera come prerequisito essenziale del benessere psicologico e di un peso corporeo corretto. Nel giugno 2011, è stato presentato MyPlate in sostituzione a MyPyramid e come parte di un’iniziativa più ampia di comunicazione basata sulle Dietary Guidelines for Americans del 2010, per aiutare i consumatori a fare scelte alimentari migliori. All’inaugurazione, la first lady Michelle Obama ha affermato: «I genitori non hanno il tempo di pesare esattamente tre grammi di pollo o di guardare quanto è una porzione di riso con i broccoli… però noi abbia-
mo il tempo di dare un’occhiata ai piatti dei nostri bambini, e se loro mangiano le giuste porzioni, se la metà del loro piatto è pieno di frutta e verdura, insieme a proteine magre, cereali integrali e latticini a basso contenuto di grassi, allora va bene. È così semplice!». MyPlate ha ricevuto numerosi elogi, avendo migliorato la precedente MyPyramid, giudicata troppo astratta e confusa. MyPlate rappresenta un piatto e un bicchiere suddivisi in cinque gruppi di alimenti. Quattro sono le sezioni che dividono il piatto: 30% di ortaggi, 30% di cereali, 20% di frutta e 20% di proteine; il bicchiere, rappresentato da un piccolo cerchio, identifica i prodotti caseari, come fosse un bicchiere di latte o di yogurt. La grafica è accompagnata da messaggi sintetici
come: “Make half your plate fruits and vegetables”, “Switch to 1% or skim milk”, “Make at least half your grains whole” e “Vary your protein food choices”. Riassumendo, i nutrizionisti americani raccomandano di seguire una dieta costituita principalmente da frutta, verdura, cereali integrali e prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi. In quantità minori, vanno consumati carne, pesce, legumi, uova e frutta secca, prestando attenzione a cibi già salati o dolcificati e contenenti grassi saturi nonché alle bevande zuccherate. Oltre i consigli nutrizionali, sono raccomandate attività fisica costante e una maggiore attenzione al calcolo del fabbisogno calorico giornaliero.
36
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un’alimentazione che rispetta il pianeta In un’epoca dominata dai cambiamenti climatici, la questione agroalimentare non può essere ricondotta unicamente a una problematica di tipo nutrizionale, ma deve necessariamente tenere conto di tutte le esternalità che essa genera sull’ambiente, dalla fase di produzione a quella del consumo di cibo
La valutazione degli impatti di un qualunque prodotto può essere eseguita con metodi diversi che, a seconda dei casi, si concentrano su aspetti caratteristici della filiera o su specifici indicatori.
L’analisi del ciclo di vita degli alimenti e gli indicatori ambientali Tra tutte le metodologie di valutazione ambientale, l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA), regolata a livello internazionale dallo standard ISO 14040, è probabilmente quella che ha riscosso il maggior interesse in questi anni, perché tiene conto di tutti gli aspetti della filiera.
L’analisi del ciclo di vita di un alimento prevede lo studio di tutti i passaggi, a partire dalla fase agricola (che sta alla base di tutti gli alimenti), per terminare con il trasporto e la distribuzione e, quando necessaria, la fase di cottura. Per rendere facilmente comprensibili e comunicabili i risultati degli studi LCA si utilizzano degli indicatori di sintesi che consentono di rappresentare in modo aggregato e semplice gli impatti ambientali. Nel caso delle filiere agroalimentari risultano significativi: le emissioni di gas serra, il consumo di acqua, e il territorio utilizzato per produrre le risorse.
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Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011
È questa la ragione per cui si è deciso di utilizzare i seguenti indicatori ambientali: Il Carbon Footprint, che identifica le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici, ed è misurato in massa di CO2 equivalente. Il Water Footprint (o virtual water content), che quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche, ed è misurato in volume (litri) di acqua. L’Ecological Footprint, che calcola la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni associate a un sistema produttivo: si misura in m2 o ettari globali.
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È bene osservare che con tali indicatori si fornisce una visione sufficientemente ampia degli impatti, che non ha però la pretesa d’essere esaustiva. Questo è vero soprattutto se si considera la scala locale: esempi di altri impatti che potrebbero essere valutati sono l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura, il rilascio di azoto sul terreno o le emissioni di altri inquinanti in aria. Per esigenza di sintesi la parte ambientale della Doppia Piramide è stata costruita utilizzando solo l’Ecological Footprint; ma per evitare visioni parziali, in questo documento vengono presentate anche le piramidi relative agli indicatori Carbon e Water Footprint.
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GLI INDICATORI UTILIZZATI NELLE PIRAMIDI AMBIENTALI CARBON FOOTPRINT
WATER FOOTPRINT
Il Carbon Footprint, o impronta carbonica, calcola l’impatto, espresso in termini di emissione di anidride carbonica equivalente (CO2eq), associato alla produzione di un bene o di un servizio lungo l’intero ciclo di vita del sistema indagato. Nel calcolarlo vengono sempre considerate le emissioni di tutti i gas a effetto serra, il cui contributo è determinato da due fattori: la quantità emessa e il suo fattore di impatto misurato in termini di Global Warming Potential. Le emissioni, infatti, vengono tutte convertite in un valore di CO2 equivalente, come se dal sistema fosse emessa solo CO2, attraverso parametri fissi definiti dall’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, organismo che opera sotto l’egida delle Nazioni Unite. Per la sua semplicità in termini di comunicazione e comprensione, questo è l’indicatore più usato nelle attività di divulgazione pubblica.
Il Water Footprint è un indicatore che misura, in litri o metri cubi, l’acqua dolce consumata per realizzare un prodotto, sommando tutte le fasi della catena di produzione. è definito anche “contenuto d’acqua virtuale” in quanto tiene conto sia dell’acqua impiegata in fase di produzione (contabilizzata attraverso i consumi diretti), sia di quella utilizzata per produrre le materie prime necessarie (consumi indiretti). Il metodo è stato messo a punto dal Water Footprint Network ed è stato progettato in modo che l’indicatore calcolato tenga conto di tre componenti fondamentali:
www.ipcc.ch
• Green Water, volume di acqua piovana evapotraspirata dal suolo e dalle piante (rappresenta la voce più rilevante nelle filiere agroalimentari); • Blue Water, volume di acqua proveniente da corsi superficiali o falde sotterranee, impiegato lungo la filiera produttiva, che non viene restituito al bacino di prelievo; • Grey Water, volume di acqua inquinata durante il processo di produzione del bene o del prodotto in esame, misurato come il volume di acqua teoricamente richiesto per diluire gli inquinanti e riportare l’acqua stessa agli standard di qualità naturale.
www.waterfootprint.org
CARBON FOOTPRINT
water FOOTPRINT
ecological FOOTPRINT
ECOLOGICAL FOOTPRINT L’Ecological Footprint o impronta ecologica è un indicatore che permette di misurare la superficie terrestre o marina (biologicamente produttiva) necessaria a fornire le risorse consumate e ad assorbire i rifiuti prodotti, in rapporto alla capacità della Terra di rigenerare le risorse naturali. La metodologia è individuata dal Global Footprint Network e prevede di includere nel calcolo le seguenti componenti:
Questi sei componenti vengono sommati dopo essere stati normalizzati utilizzando “fattori di equivalenza” (equivalence factors) e “fattori di rendimento” (yield factors) che tengono conto della differente produttività dei vari terreni rispetto alla produttività media di biomassa primaria globale di un dato anno. I fattori di equivalenza, specifici per ogni tipologia di terreno, sono forniti annualmente dal Global Footprint Network.
• Energy land, ossia il terreno necessario ad assorbire le emissioni di CO2 generate dalla produzione di un bene o servizio; • Crop land, ossia il terreno necessario alla coltivazione dei prodotti agricoli e dei mangimi per l’allevamento; • Grazing land, il terreno necessario a sostenere il pascolo dei capi di allevamento considerati; • Forest land, il terreno utilizzato per la produzione di legno destinato alla realizzazione di materie prime; • Built-up land, il terreno occupato per gli impianti adibiti alle attività produttive; • Fishing ground, l’area necessaria alla riproduzione naturale o all’allevamento dei prodotti ittici.
L’Ecological Footprint è quindi un indicatore composito che misura, tramite fattori di conversione ed equivalenze specifiche, le diverse modalità di utilizzo delle risorse ambientali attraverso un’unica unità di misura: l’ettaro globale (global hectare - gha).
www.footprintnetwork.org
La filiera alimentare e l’ambiente Le filiere agroalimentari sono oggetto di una crescente attenzione, sia per controllare la qualità e la sicurezza del cibo sia per valutare gli impatti che esse generano. In un’epoca dominata dai cambiamenti climatici, la questione agroalimentare non può più essere ricondotta unicamente a una problematica di tipo nutrizionale, ma deve necessariamente tenere conto di tutte le esternalità che essa genera sull’ambiente, dalla fase di produzione a quella del consumo degli alimenti.
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Ed è soprattutto la filiera produttiva a determinare l’intensità degli impatti associati a uno specifico alimento: più la filiera è complessa e la materia prima subisce lavorazioni e trasformazioni per arrivare al consumatore, più l’impatto di quel cibo cresce. Viceversa, un alimento che ha bisogno di lavorazioni minime, come ad esempio un ortaggio o un frutto, avrà un impatto ridotto. In generale, le filiere agroalimentari presentano strutture articolate che possono essere sintetizzate in sette fasi, alle quali sono associati specifici impatti ambientali.
Le sette fasi della filiera agroalimentare Coltivazione delle materie prime La fase agricola è quella in cui si realizzano le materie prime destinate all’alimentazione umana o a diventare mangime per gli animali allevati. Gli impatti derivanti da questa fase sono dovuti a più fattori, i principali sono: la produzione delle sementi, l’utilizzo dei fertilizzanti (sia chimici sia naturali), gli agrofarmaci per proteggere le coltivazioni, il gasolio consumato per le operazioni agricole, l’acqua utilizzata per l’irrigazione. Nella maggior parte dei casi, la fase agricola è, nella filiera, quella in cui si riscontrano gli impatti maggiori. Le tecniche possono influenzarla in modo sostanziale, anche se in molti casi il beneficio è temporalmente differito. Tipico esempio sono le pratiche che prevedono la rotazione colturale, oppure l’agricoltura biologica che, se applicata correttamente, garantisce negli anni significativi vantaggi.
Prima trasformazione Molti prodotti agricoli richiedono una prima trasformazione per poter essere impiegati in un processo produttivo. L’esempio classico è quello dei cereali che per essere utilizzati vanno prima macinati in un mulino.
Trasformazione del prodotto Nella seconda fase della filiera, la materia prima viene trasportata in uno stabilimento per essere trasformata nel prodotto finito. In questa fase, gli impatti derivano dai consumi di energia e acqua dello stabilimento e variano a seconda del volume e del tipo di prodotto trattato, nonché dell’efficienza dell’impianto di trasformazione. I consumi comprendono sia l’energia utilizzata per far funzionare le linee di produzione, sia quella necessaria per garantire la refrigerazione.
Confezionamento del prodotto I materiali utilizzati per l’imballaggio del prodotto finito sono vari e differenti tra loro. Tra i più comuni rientrano la carta e il cartone, la plastica e il vetro. Solitamente l’impatto ambientale del packaging è legato sia alla fase di produzione (quantità e tipologia) sia a quella di smaltimento finale, mentre resta contenuto l’impatto del confezionamento vero e proprio.
Trasporto e Distribuzione In questa fase della filiera il prodotto alimentare è trasferito dallo stabilimento di trasformazione al punto di distribuzione e vendita, con impatti che dipendono dal tipo di mezzo di trasporto utilizzato e dalla quantità di chilometri percorsi. L’impatto dei trasporti è generalmente piuttosto modesto rispetto a quello della fase di coltivazione e di produzione; diventa rilevante solo per gli alimenti a basso impatto complessivo, come ortaggi e frutta, e solamente quando vengono trasportati per lunghi tragitti o con mezzi che hanno emissioni elevate, come nel caso del trasporto aereo.
Cottura Valutare l’impatto associato alla preparazione di un prodotto alimentare è particolarmente complesso, in quanto le tecniche di cottura utilizzate sono molto diverse tra loro così come il loro impatto. Le modalità di preparazione del piatto variano in base al tipo di ricetta, al gusto del consumatore e a seconda che l’alimento sia cucinato in un ambiente casalingo o in una cucina professionale.
Smaltimento degli imballaggi I rifiuti prodotti dagli imballaggi devono essere considerati come parte integrante della filiera di produzione alimentare e, quindi, i loro impatti devono essere correttamente considerati. La valutazione dello smaltimento di un imballaggio a fine vita è particolarmente complessa, in quanto bisogna tener conto sia della quantità e del tipo di materiale che contiene il prodotto, sia del comportamento dell’utilizzatore finale, e dei processi di smaltimento. In particolare, tre sono i destini finali di un imballaggio: riciclo, recupero energetico o discarica.
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La filierA e l’ambiente L’Analisi del Ciclo di Vita di Mele, Pasta e Carne Rossa COLTIVAZIONE
From Farm to Gate
packaging
carne rossa
PASTA
mele
40 g CO2 eq/kg
10 g CO2 eq/kg
20%
5%
COLTIVAZIONE
molitura
packaging
557 g CO2 eq/kg
51 g CO2 eq/kg
100 g CO2 eq/kg
56%
5%
11%
mangime
allevamento
macellazione
3.800 g CO2 eq/kg
16.400 g CO2 eq/kg
2.000 g CO2 eq/kg
16%
71% farm
9%
Per tutti e tre gli alimenti, si riportano le emissioni di CO2 della filiera specifica sia con valore assoluto per un chilo di prodotto sia per mezzo della percentuale relativa alla singola fase del ciclo di vita. Ove prevista, è riportata anche una stima dell’impatto dovuto alla cottura.
LCA 1kg
lavorazione
distribuzione
60 g CO2 eq/kg
90 g CO2 eq/kg Carbon Footprint
45%
30%
200
g CO2 / kg
produzione
distribuzione
199 g CO2 eq/kg
40 g CO2 eq/kg
cottura Carbon Footprint
21%
packaging
lavorazione
distribuzione
200 g CO2 eq/kg
700 g CO2 eq/kg
28 g CO2 eq/kg
0,1%
1.300
cottura elettrica
g CO2-eq
cottura Carbon Footprint
3%
g CO2-eq
950
4%
g CO2 / kg
1%
600
cottura a gas
23.100 g CO2 / kg
500 g CO2-eq
cottura in padella
3.320 cottura in pentola
g CO2-eq
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bcfn
LA CARNE E L’AMBIENTE
L
a filiera di produzione della carne è piuttosto articolata e per questo motivo gli impatti sono generalmente tra i più alti del mondo alimentare. Una prima ragione, abbastanza intuitiva, è quella per cui a differenza dei prodotti di origine agricola è necessario un “doppio passaggio”: prima si coltiva
il foraggio che poi viene dato in pasto agli animali per produrre proteine. Un secondo aspetto, particolarmente importante per le filiere bovine, è rappresentato dagli impatti della fattrice, che viene allevata unicamente allo scopo di partorire vitelli con un ritmo medio di uno l’anno.
Ultimo aspetto, anche in questo caso rilevante in particolar modo per i bovini, è quello legato alla gestione delle deiezioni e alle fermentazioni enteriche, che, generando metano, comportano un impatto significativo, soprattutto in termini di effetto serra.
Gli elementi rilevanti lungo il ciclo di vita degli alimenti Il calcolo dell’impatto ambientale degli alimenti in tutto il loro ciclo di vita deve considerare non solo la fase di produzione e quella agricola o industriale, ma anche le fasi a valle che possono comprendere la catena del freddo (necessaria per la corretta conservazione del prodotto), i trasporti e la fase di cottura. Per alcuni tipi di alimenti, come la frutta e la verdura, l’impatto ambientale può variare anche significativamente se acquistati fuori stagione, perché, per renderli disponibili, vengono coltivati nelle serre o in Paesi lontani. Anche le pratiche agronomiche adottate hanno un ruolo significativo nel determinare gli impatti ambientali della materia prima. E questo è particolarmente vero nella coltivazione dei cereali, della frutta e della verdura.
Tipico esempio è la rotazione colturale. Al riguardo, alcune sperimentazioni sulla coltivazione del grano duro hanno dimostrato che l’alternanza sui terreni, in termini di successione delle specie coltivate, permette di diminuire in modo significativo l’impiego di fertilizzanti, fino a ridurre di un terzo il valore complessivo degli indicatori ambientali. Per quanto riguarda l’agricoltura biologica, gli studi disponibili evidenziano il limite della metodologia LCA. Gli indicatori normalmente utilizzati per valutare gli impatti ambientali non permettono di quantificare in modo esaustivo i benefici delle pratiche biologiche perché i valori di impatto, anche se minori, vengono ripartiti su produzioni che normalmente hanno rese inferiori rispetto a quelle coltivate con metodi intensivi. Il beneficio può essere invece valorizzato utilizzando indicatori propri delle pratiche agronomiche, quali la misura della fertilità dei suoli (soprattutto se determinata su un orizzonte temporale decennale) o la valutazione del livello dell’ecotossicità umana e ambientale.
Le pratiche agronomiche Poiché gran parte degli impatti ambientali degli alimenti è riconducibile alla fase agricola, è bene analizzare le diverse pratiche agronomiche confrontandole sia in termini di qualità della produzione sia dei diversi effetti sull’ambiente. Alcune pratiche messe in atto dagli agricoltori per coltivare le materie prime comprendono tecniche colturali (o agronomiche) che hanno un significativo impatto sull’ambiente, basti pensare all’utilizzo di fertilizzanti (principalmente a base azotata) o al gasolio per i macchinari. L’adozione di migliori pratiche può influenzare notevolmente gli impatti della fase agricola, anche se in molti casi il beneficio è visibile solo nel lungo periodo. Sono sempre di più gli studi tesi a individuare tecniche agronomiche sostenibili, in modo da mantenere alti standard qualitativi dei prodotti, preservando sia i ritorni economici degli agricoltori sia l’ambiente.
Anche la stagionalità incide sugli impatti delle coltivazioni. Dagli studi emerge che le materie prime coltivate “fuori stagione” hanno impatti ambientali maggiori. Ad esempio, l’utilizzo delle serre riscaldate comporta un significativo consumo di energia, e non solo: le rese dei prodotti coltivati “fuori stagione” possono ridursi significativamente, fino a dimezzarsi.
La catena del freddo Lo stesso discorso vale per la catena del freddo, cioè i prodotti refrigerati e surgelati. Per questa fase il calcolo degli impatti ambientali può variare e dipendere sostanzialmente da dove viene stoccato il prodotto (in frigo casalingo o in celle industriali), dalla temperatura di stoccaggio (4°C o -18°C) e dal tempo di conservazione. Dalle valutazioni condotte emerge che la catena del freddo è rilevante solo quando riguarda la 47
surgelazione di prodotti semplici, normalmente a basso impatto ambientale come gli ortaggi, e quando i tempi di conservazione a basse temperature sono relativamente lunghi. Invece, l’impatto della catena del freddo diventa irrilevante per i prodotti “freschissimi”, cioè con tempi di conservazione molto brevi in frigorifero, e per gli alimenti già caratterizzati da un alto impatto ambientale, come la carne. Anche il trasporto refrigerato si può ritenere trascurabile, in quanto l’incremento che comporta sugli impatti ambientali, se comparato all’impatto complessivo del prodotto finito, non è significativo.
Trasporto e distribuzione Il tema della distribuzione del cibo è interessante sia per i risvolti sociali, sia per quelli ambientali. Si sta diffondendo, infatti, il concetto del cibo a “chilometro zero” al quale viene associata la semplice equazione “prodotto a chilometro zero = prodotto a basso impatto ambientale”. 48
Utilizzando l’analisi del ciclo di vita, sono stati messi in relazione gli impatti legati al trasporto degli alimenti con quelli relativi alla loro produzione, a partire dalle materie prime. I risultati indicano che il trasporto incide in modo significativo sugli impatti complessivi solo quando l’alimento è caratterizzato da una filiera semplice e impatti di produzione molto bassi (come ad esempio l’ortofrutta), oppure quando i trasporti superano una certa distanza. Nel caso di alimenti più complessi, come le carni o i formaggi, il carico ambientale associato a trasporto e distribuzione è pressoché irrilevante, considerando gli impatti totali del prodotto finito. Infatti, se è pur vero che l’utilizzo di un camion comporta un’elevata emissione di CO2 per chilometro percorso, va detto che la quantità di merce trasportata è alta, e quindi l’impatto per chilogrammo di prodotto è piuttosto limitato. Diverso è il caso del trasporto aereo. Emerge, quindi, che non è sempre vero che le produzioni a chilometro zero hanno un minor impatto ambientale delle produzioni a distanza, anzi
può accadere il contrario se le seconde sono più efficienti nella fase di produzione delle materie prime e di processo. Da un punto di vista meramente ambientale, ad esempio, può essere più conveniente coltivare un alimento lontano dal luogo di consumo, se ciò avviene in zone che per loro natura (per esempio irrigazione o temperatura media) consentono impatti ambientali minori. Ma è altresì evidente che in termini di sostenibilità le valutazioni dovrebbero essere fatte tenendo conto anche di aspetti economici e sociali, che stanno alla base della produzione e del consumo degli alimenti: per esempio è bene considerare che il consumo di alimenti a chilometro zero genera benefici per l’economia del territorio in cui vengono prodotti.
La cottura Le tecniche di cottura utilizzate per la preparazione dei cibi possono essere molto diverse in base alla ricetta che si vuole preparare, alle abitudini e al gusto del consumatore, e al fatto che l’alimento sia cucinato a casa o con una cucina professionale, pertanto non è semplice quantificare in maniera univoca l’impatto ambientale della cottura. Tuttavia, è importante sottolineare che, soprattutto se domestica, può avere degli impatti ambientali (sostanzialmente emissioni di CO2) anche maggiori rispetto all’intera filiera di produzione e trasporto del prodotto stesso. Gli impatti ambientali del fornello elettrico dipendono fortemente dai mix energetici che caratterizzano il proprio fornitore di energia elettrica (e quindi il Paese o la regione in cui ci si trova) e dalle modalità di cottura che possono influenzare in modo significativo le emissioni di CO2. Tra gli aspetti rilevanti ci sono certamente le fasi di preparazione: nel caso della bollitura, ad esempio, si può ridurre l’impatto complessivo adottando alcune semplici buone pratiche come utilizzare il coperchio durante la fase di riscaldamento dell’acqua. 49
50
bcfn
la doppia piramide L’alimentazione è uno degli ambiti della vita nei quali è possibile conciliare il nostro benessere con quello del Pianeta. Senza dover rinunciare a nulla
Accostando la piramide nutrizionale a quella ambientale, si ottiene la Doppia Piramide BCFN che illustra come in un unico modello alimentare coincidano due obiettivi diversi ma altrettanto importanti: salute delle persone e tutela ambientale. In essa si può osservare che generalmente gli alimenti per i quali è consigliato un consumo maggiore sono anche quelli che determinano gli impatti minori sull’ambiente, e viceversa. Questo vuol dire che ognuno di noi, assumendo un atteggiamento responsabile in termini alimentari, può conciliare il proprio benessere (ecologia della persona) con quello dell’ambiente (l’ecologia del contesto).
Le basi scientifiche Fin dalla prima edizione, gli impatti ambientali degli alimenti sono stati quantificati utilizzando i dati di tre indicatori ambientali (Carbon Foot-
print, Water Footprint ed Ecological Footprint) resi disponibili dalle banche dati a libero accesso e dalle pubblicazioni scientifiche. La scelta fatta dal BCFN per la costruzione del modello è stata improntata alla massima trasparenza, utilizzando unicamente evidenze scientifiche di natura pubblica, in modo da consentire a chiunque di ricostruire l’origine dei dati.
La banca dati del BCFN I dati utilizzati per la redazione delle cinque edizioni della Doppia Piramide sono stati raccolti dal BCFN in un database, nel quale i valori dei tre indicatori ambientali, riferiti a un chilogrammo (o a un litro) di alimento, sono stati calcolati come media aritmetica dei valori resi disponibili dalle diverse ricerche. In tutti i casi, i dati utilizzati fanno riferimento a studi basati sul metodo dell’analisi del ciclo di vita.8 51
1400 Dati: 1180
1200
Fonti: 357
1000
Numero Dati
800 600 400
Dati: 138 Fonti: 35
200
2010
2011
2012
2013
2014
Incremento dei dati utilizzati per il calcolo delle medie degli impatti ambientali degli alimenti dalla prima edizione della Doppia Piramide. La dimensione della sfera indica il numero di fonti, l’altezza il numero di dati.
La copertura statistica La quantità dei dati scientifici utilizzati per il modello della Doppia Piramide è molto aumentata negli anni: da una base di circa 140 valori della prima edizione del 2010, si è arrivati a quasi 1200 dati in questa quinta pubblicazione. La crescente numerosità delle fonti ha rafforzato di anno in anno l’attendibilità delle ipotesi formulate nella prima edizione della Doppia Piramide.
8 La copertura statistica ottenuta e il metodo di aggregazione utilizzato hanno portato negli anni a valori sempre più affidabili. Maggiori informazioni relative al database sono disponibili in un documento a supporto che illustra nel dettaglio come è strutturato il database BCFN della Doppia Piramide. Il database e il documento a supporto sono scaricabili dal sito del BCFN.
www.barillacfn.com
52
È importante sottolineare che la distribuzione percentuale degli studi è diversa per ognuno dei tre indicatori ambientali. La maggior parte delle fonti bibliografiche utilizzate è relativa al Carbon Footprint, seguito da Water ed Ecological Footprint. Questo è dovuto a una combinazione di cause diverse. La prima è certamente il fatto che il Carbon
Footprint è l’indicatore “storicamente” più utilizzato dagli studiosi e, soprattutto, è quello per il quale esistono standard di calcolo più consolidati e diffusi a livello scientifico. Altro aspetto è certamente quello legato alle sempre più numerose iniziative di comunicazione che ruotano attorno al tema delle emissioni di gas serra.
Ecological Footprint
14% Water Footprint
15%
71% Carbon Footprint
Ripartizione delle fonti bibliografiche relative agli impatti ambientali sul totale dei dati.
53
Per ognuno dei tre indicatori ambientali è specificata, nelle figure sottostanti, la distribuzione percentuale delle fonti scientifiche relative alle macrocategorie alimentari che compongono le piramidi ambientali. numero di dati
20
40
60
80
100
51 109
pesce
19 21
riso uova
36
Carne avicola
4 30
olio
16 18
dolci pasta
Carbon Footprint Dati: 842
26
legumi
10
frutta secca
21
biscotti
9
yogurt
3 140
latte
23
patate
48
pane
105
ortaggi di stagionE
61
frutta
numero di dati
5
10
15
20
olio
formaggio
1 2
riso
14
dolci
20
biscotti
7
pasta
3 5
latte
2
yogurt
48
pane
41
frutta
54
45
Dati: 170
legumi
patate
40
water Footprint
3
uova
ortaggi di stagionE
35
10 2 3
burro
cereali da colazione
30
1
frutta secca
margarina
25
3 4
Carne bovina
Carne avicola
180
7
burro Carne suina
Carne suina
160
24
formaggio
margarina
140
61
Carne bovina
cereali da colazione
120
1 2 19
numero di dati Carne bovina pesce burro formaggio margarina Carne suina Carne avicola olio
20
yogurt uova dolci pasta cereali da colazione
100
120
140
160
180
ecological Footprint Dati: 168
27
riso
1 21 22 23
latte pane patate
ortaggi di stagione
80
17 2 4 6 2 6 2
frutta secca
frutta
60
3 1 1 3 3 3 5 4
legumi
biscotti
40
5 168
Le fonti e i dati sono facilmente consultabili nel database della DOPPIA PIRAMIDE scaricabile dal sito www.barillacfn.com
55
le tre piramidi ambientali Gli impatti ambientali degli alimenti sono stati rappresentati in tre differenti piramidi, una per ognuno degli indicatori ambientali presi in considerazione. Ma solo quella relativa all’impronta ecologica è stata poi utilizzata per la costruzione della Doppia Piramide BCFN.
Ăˆ importante sottolineare che le tre piramidi ambientali riportate di seguito sono molto simili a quelle pubblicate nella prima edizione: la maggiore copertura statistica ha cambiato solo marginalmente i valori numerici. Anche per la quinta edizione valgono le considerazioni fat-
te sin dalla prima edizione del documento: carni e formaggi sono gli alimenti caratterizzati dai maggiori impatti per chilogrammo, frutta e verdura quelle con valori di impatto ambientale piĂš contenuti.
bcfn
carbon footprint CARNE BOVINA
20.000
26.170 9245
FORMAGGIO
8000
BURRO
8545
CARNE SUINA
5090
PESCE
4420
RISO
4000
4005
UOVA
3880 3860
CARNE AVICOLA CEREALI DA COLAZIONE
2970
OLIO
2685 2355
DOLCI 2000
PASTA
2325 1970
LEGUMI FRUTTA SECCA
1860
BISCOTTI
Impronta di carbonio degli alimenti gCO2 - eq per kg o litro di cibo
1675
YOGURT
Legenda
valore medio + cottura
1550
MARGARINA
1400 1360
LATTE
cottura
1300
PATATE
min
max
1220
PANE 1000 ORTAGGI DI STAGIONE
1100 820
FRUTTA
475 0
2000
4000
6000
8000
/
25.000
/
45.000
/
60.000
/
70.000
©BCFN foundation 2014
Il Carbon Footprint degli alimenti, l’impronta di carbonio, misura le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dell’alimento, ed è misurato in grammi di CO2 equivalente (gCO2 – eq). Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è il valore medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento si consuma preferibilmente cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media ottenuta determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso. 57
bcfn
water footprint CARNE BOVINA
10.000
18.870
OLIO
7765
CARNE SUINA
7485
FRUTTA SECCA
6245
BURRO
5000
5275 4885
FORMAGGIO CARNE AVICOLA
4000
4805
UOVA
3260 2710 3160
LEGUMI RISO
2585
DOLCI
2000
2435
BISCOTTI
1940
PASTA
1770
MARGARINA
1325
LATTE
1000
1215
YOGURT
1195
PANE
1000
Impronta idrica degli alimenti Litri di acqua per litro o kg di alimento Legenda
valore medio
930
FRUTTA
CEREALI DA COLAZIONE
920
PATATE
555
ORTAGGI DI STAGIONE
310
0
2000
4000
6000
8000
15.000
25.000
©BCFN foundation 2014
Il Water Footprint degli alimenti, l’impronta idrica, quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche, ed è misurata in litri di acqua per chilogrammo di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è il valore medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento si consuma preferibilmente cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media ottenuta determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
58
bcfn
ecological footprint CARNE BOVINA
100
125
PESCE
79
BURRO
74 72
FORMAGGIO MARGARINA
50
66
CARNE SUINA
47
CARNE AVICOLA
43
OLIO
25
43
LEGUMI
21
FRUTTA SECCA
19
19
YOGURT
16
UOVA
16 15
DOLCI
15
PASTA
1315
CEREALI DA COLAZIONE
13 13
RISO BISCOTTI
Legenda
valore medio + cottura
13 11
LATTE 5
Impronta ecologica degli alimenti m2 globali per kg o litro di alimento
13
9 cottura
PANE
min
max
8
PATATE
5 3
FRUTTA 3
ORTAGGI DI STAGIONE
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
/
160
/
210
©BCFN foundation 2014
L’Ecological Footprint degli alimenti, l’impronta ecologica, calcola la capacità della terra di rigenerare le risorse e assorbire le emissioni, ed è misurata in metri quadri globali per chilo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è il valore medio dei dati, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento si consuma preferibilmente cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media ottenuta determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
59
bcfn
la doppia piramide per gli adulti
La Doppia piramiDe aLim
La Doppia Piramide, della quale di seguito vie-
di ciascun alimento, si può dimostrare che gli
ne presentata la quinta revisione, è via via di-
alimenti per cui è raccomandato maggiore
ventata un utile strumento di comunicazione
consumo da parte dei nutrizionisti sono anche
delle diete sostenibili, ricordandoci l’importan-
quelli con un minore impatto ambientale. Così
za che hanno le nostre scelte alimentari in ter-
possiamo scegliere più consapevolmente cosa
mini di salute e ambiente.
mangiare.
Affiancando alla tradizionale piramide alimen-
Il ruolo della Doppia Piramide è quello di sup-
tare, costruita distribuendo gli alimenti secon-
portare la comunicazione volta alla diffusione
do i principi di una dieta equilibrata, una piramidi una dieta sostenibile, rispettosa dell’ambienmentare e ambientaLe de ambientale, che valuta l’impronta ecologica te e della nostra salute.
©BCFN foundation 2014
bcfn
la doppia piramide per chi cresce
Se per gli adulti è ormai risaputa l’esistenza di
Questo il motivo per cui il BCFN ha deciso di
una stretta relazione fra alimentazione scor-
proporre anche una Doppia Piramide per chi
retta, eccessivo peso corporeo e incidenza di
cresce, nella quale vengono mantenute stabili
malattie croniche, la coscienza del fatto che
l’analisi e la classifica degli alimenti dal punto
tale relazione valga anche per i bambini e gli
di vista dell’impatto sull’ecosistema e del loro
adolescenti non è altrettanto diffusa: abitudi-
valore nutrizionale, ma varia la distribuzione
ni alimentari e stili di vita non corretti, adottati
consigliata delle porzioni per adattare i principi
nel periodo di crescita, possono comportare un
della dieta equilibrata alle esigenze dei bambini
significativo aumento del rischio di contrarre
e degli adolescenti che, per una crescita sana,
patologie nel corso della vita, da quelle cardio-
hanno bisogno di un apporto nutritivo differen-
vascolari, al diabete e a diversi tipi di tumore.
te da quello degli individui adulti.
© BCFN Foundation 2014
64
bcfn
LA DIETA SOSTENIBILE ALLA PORTATA DI TUTTI Una giusta combinazione tra la tutela dell’ambiente, la corretta nutrizione e lo sviluppo territoriale lungo tutta la filiera alimentare, dal campo alla tavola
La sostenibilità implica un equilibrio durevole nel tempo su più fronti: ambientale, sociale ed economico. è proprio questo che ha portato da una parte la FAO a sviluppare una definizione più ampia di dieta sostenibile, dall’altra il BCFN a integrare le variabili ambientali con alcune valutazioni riguardanti il costo delle diete.
con questo termine si intendeva l’insieme delle raccomandazioni alimentari in grado di rendere l’ambiente e le persone più sani. Successivamente, l’obiettivo primario di nutrire un mondo affamato ha affievolito l’attenzione verso la sostenibilità, portando a trascurare il concetto di “diete sostenibili” per molti anni.9
Le diete sostenibili secondo la FAO
Con il crescere del degrado ambientale, la progressiva riduzione della biodiversità e con una produzione agricola che in molte zone del mondo ha un impatto eccessivo sull’ecosistema, assistiamo a una rinnovata attenzione per la sostenibilità agroalimentare in tutte le sue forme, comprese le diete.
Nel Novembre 2010, la FAO ha organizzato, insieme a Bioversity International, un simposio scientifico internazionale chiamato Biodiversità e diete sostenibili: uniti contro la fame. Il convegno è servito per riunire i maggiori studiosi dell’argomento affinché definissero cosa si intende per “dieta sostenibile”, e sviluppassero ulteriormente questo concetto in relazione all’accesso al cibo e alla nutrizione. Nei primi anni Ottanta,
Pertanto, la comunità internazionale ha riconosciuto l’esigenza di trovare una definizione e una serie di principi guida per le diete, in modo da affrontare l’accesso al cibo e alla nutrizione, così come le diverse fasi della catena alimentare, nell’ottica della sostenibilità. 65
Questa è la definizione finale presentata e approvata durante il simposio: «Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane». Viene così riconosciuta l’interdipendenza tra la produzione e il consumo di cibo, le esigenze alimentari e le raccomandazioni nutrizionali, e al tempo stesso si ribadisce il concetto che la salute degli esseri umani non può essere slegata da quella degli ecosistemi. Per far fronte anche alle esigenze alimentari e nutrizionali di un mondo più ricco, più urbanizzato, e con una popolazione in crescita, occorre che i sistemi alimentari subiscano trasformazioni radicali verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un consumo di cibo più equo.
nutrizionale. Per promuovere le diete sostenibili, la FAO considera necessario il coinvolgimento della società civile e dei privati nei settori dell’agricoltura, della nutrizione, della salute, dell’ambiente, dell’istruzione, della cultura e del commercio, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. Le istituzioni dovrebbero assumersi al più presto le proprie responsabilità, orientando e sostenendo una produzione e un consumo di cibo appropriato e sostenibile in ogni parte del mondo. Denis Lairon, presidente della Federation of European Nutrition Societies10, propone un’ipotesi di diete sostenibili, che siano a basso input, composte da alimenti locali e stagionali, nonché di reti per il commercio equo a breve distanza. Il patrimonio culturale, la qualità degli alimenti e le abilità culinarie sono altri aspetti chiave che determinano modelli alimentari sostenibili e l’accesso al cibo. Infine, è essenziale favorire e promuovere in tutto il mondo l’educazione nutrizionale per diffondere scelte alimentari appropriate.
9
Dalla prefazione di Barbara Burlingame al libro FAO Sustainable
Diets and Biodiversity, 2010. L’ultimo articolo sul capitolo della dieta
Secondo la FAO le diete sostenibili possono ridurre l’utilizzo di acqua e minimizzare le emissioni di CO2, promuovere la biodiversità alimentare, valorizzare gli alimenti tradizionali e locali, con le loro numerose varietà, ricche anche dal punto di vista 66
mediterranea è dedicato alla Doppia Piramide del Barilla Center for Food and Nutrition [Ciati R., Ruini L. Double Pyramid: Healthy food for people, sustainable food for the planet] 10
Lairon D. Biodiversity and sustainable nutrition in a food-based
approach. In FAO, 2010, p. 31-35
Fonte: FAO, 2010 Rappresentazione schematica delle componenti chiave delle diete sostenibili.
67
consumo
produzione alimentare
agricoltura
Fonte: FAO, 2010
Aspetti ambientali Seguire pratiche agricole sostenibili. Favorire la resilienza dei sistemi produttivi. Sviluppare e mantenere la diversità.
Ridurre l’impatto della produzione, della trasformazione e della commercializzazione.
Ridurre l’impatto ambientale del consumo alimentare.
Aspetti nutrizionali
Aspetti economici
Promuovere diverse varietà di alimenti.
Sviluppare pratiche di coltivazione convenienti.
Produrre alimenti ricchi di elementi nutritivi.
Promuovere l’autosufficienza attraverso produzioni locali.
Preservare i nutrimenti lungo la filiera alimentare.
Promuovere una dieta diversificata, bilanciata e stagionale.
Rafforzare i sistemi alimentari locali. Produrre cibo a prezzi accessibili.
Promuovere l’accessibilità economica a una dieta variegata.
Aspetti socioculturali
Mantenere pratiche agricole tradizionali e promuovere le varietà locali.
Produrre cibo culturalmente accettato.
Salvaguardare le tradizioni alimentari e la cultura. Andare incontro ai gusti e alle preferenze locali.
Un esempio di sistema alimentare sostenibile.
Tra gli esempi di diete sostenibili la FAO cita in particolare la dieta mediterranea i cui pregi vanno anche al di là degli aspetti nutrizionali, perché promuove l’interazione sociale attraverso i pasti comuni sia in casa sia nelle feste collettive. La dieta mediterranea incorpora inoltre un concetto relativamente nuovo: la diversità bioculturale, che deriva dai numerosi modi in cui gli esseri umani hanno interagito con il loro ambiente naturale. La loro co-evoluzione ha generato una conoscenza ecologica locale e alcune pratiche: un serbatoio essenziale di esperienze, metodi e competenze che aiutano le diverse società a gestire le proprie risorse.11 68
Alcuni studiosi dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Montpellier e di Bari sostengono che la dieta mediterranea tradizionale può essere considerata sostenibile per diversi aspetti. In primis, per la sua grande varietà di alimenti che garantiscono la qualità nutrizionale e la biodiversità. Poi per la varietà di pratiche e tecniche di preparazione degli alimenti e per i numerosi cibi di cui è stato dimostrato il beneficio sulla salute, come l’olio d’oliva, il pesce, la frutta e la verdura, i legumi, il latte fermentato, le spezie. E infine per la forte eredità culturale e le tradizioni che ne fanno parte, per il rispetto della natura umana e della stagionalità, per la diversità dei paesaggi che con-
tribuiscono alla qualità della vita, e per essere una dieta a basso impatto ambientale grazie al ridotto consumo di prodotti animali.12 La definizione di “dieta sostenibile” ne mostra la natura multidimensionale: variabili agricole, alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali, culturali ed economiche interagiscono le une con le altre. Si tratta di una combinazione tra la protezione dell’ambiente, della nutrizione e dello sviluppo territoriale con gli aspetti economici e sociali lungo tutta la catena alimentare, dall’agricoltura al consumatore.
I menu sostenibili del BCFN Per rendere semplici e “operativi” i concetti di sostenibilità della dieta, il BCFN ha predisposto una serie di menu equivalenti dal punto di vista nutrizionale (nel senso che tutti rispettano il corretto equilibrio alimentare). Le differenze vanno ricercate nella scelta degli alimenti che forniscono le proprietà necessarie, in particolare le proteine. Questi menu, che possono essere settimanali o giornalieri, vengono regolarmente utilizzati nelle pubblicazioni BCFN per la stima degli impatti ambientali ed economici delle diverse scelte che le persone possono fare. L’impatto ambientale è stato calcolato utilizzando il database della Doppia Piramide, mentre per il calcolo economico si è fatto riferimento ai dati resi disponibili per l’Italia dall’Osservatorio dei Prezzi13 (relativi ai valori medi rilevati nel mese di marzo 2014 nelle città di Milano e Palermo). A differenza delle problematiche ambientali e nutrizionali dove i dati tendono a essere piuttosto coerenti, nel caso dei prezzi le variabili da elaborare sono numerose e complesse. Il prezzo del cibo, infatti, è influenzato sia dalla tipologia del prodotto (ad esempio, carne o verdura) sia da altri aspetti, come la sua qualità (reale o percepita), il punto vendita (ipermercato, supermercato, dettagliante) nel quale lo si acquista, la regione geografica ecc.
Sulla base di questi elementi si è deciso di proporre alcune semplici elaborazioni utili a comprendere quanto le diverse scelte alimentari dei consumatori incidano sull’ambiente e sul portafoglio, in modo da verificare se i modelli di alimentazione equilibrati per le persone siano sostenibili per l’ambiente e anche economicamente accessibili. Questa elaborazione è da ritenersi puramente indicativa, e si basa su alcune delle scelte alimentari prese come esempio dal BCFN per le valutazioni relative agli impatti ambientali. Si ricorda che è bene evitare il confronto diretto tra due alimenti, ma è utile effettuare un’elaborazione che si basa sui diversi mix (in termini di quantità e tipologie) consumati in una giornata o in una settimana.
Il menu giornaliero Per poter stimare in quale misura le scelte alimentari dei singoli incidono sull’impatto ambientale sono stati analizzati due differenti menu giornalieri: entrambi sono equilibrati da un punto di vista nutrizionale, sia in termini di apporto calorico sia di nutrienti (proteine, grassi e carboidrati). Nel primo le proteine sono di origine vegetale (menu vegetariano), mentre nel secondo le proteine sono prevalentemente di origine animale (menu di carne).
11
Petrillo P.L., Biocultural diversity and the Mediterranean Diet. In
FAO, 2010, p. 224-229. 12
Padilla M., Capone R., Palma G., Sustainability of the food chain
from field to plate: the case of the Mediterranean Diet. In FAO, 2010, p. 230-241 13
L’Osservatorio Prezzi e Tariffe, realizzato dal Ministero Italiano
dello Sviluppo Economico. Per i dettagli sui dati completi usati per le elaborazioni si veda il Documento tecnico di supporto alla Doppia Piramide del BCFN
69
Fonte Menu: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011. Elaborazioni aggiornate con i dati Doppia Piramide 2014
Menu Vegetariano
Menu Vegetariano
2.030
15 global m 2.480 g CO 1.810 litri
kcal totali
2
2
- eq proteine
Grassi
carboidrati
14%
30%
56%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Porzione di frutta 4 Fette biscottate
1 Vasetto di yogurt magro 1 Frutto
1 Porzione di pasta con finocchietto 1 Porzione di sformato di zucca e porri
1 Frutto 1 Pacchetto di cracker non salati
1 Porzione di crema alle verdure 1 Porzione di fagiolini e patate al vapore con scaglie di grana
1,7 global m2 135 g CO2 eq 220 litri
2,3 global m2 240 g CO2 eq 240 litri
3,8 global m2 615 g CO2 eq 470 litri
0,7 global m2 99 g CO2 eq 165 litri
7,4 global m2 1.395 g CO2 eq 715 litri
Fonte Menu: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011. Elaborazioni aggiornate con i dati Doppia Piramide 2014
Composizione di un menu vegetariano e relativi impatti ambientali.
Menu con carne
Menu con carne
40 global m 6.500 g CO 4.640 litri
2.140
kcal totali
2
2
- eq proteine
Grassi
carboidrati
15%
25%
60%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bicchiere di latte 4 Biscotti
1 Porzione di frutta
1 Porzione di pizza Margherita 1 Porzione di ortaggi misti crudi
1 Vasetto di yogurt magro
1 Porzione di minestra di pasta e piselli 1 Bistecca di carne rossa 1 Fetta di pane
1,7 global m2 255 g CO2 eq 250 litri
0,7 global m2 95 g CO2 eq 185 litri
12,4 global m2 1.735 g CO2 eq 915 litri
2,0 global m2 195 g CO2 eq 150 litri
21,2 global m2 4.220 g CO2 eq 3.140 litri
Composizione di un menu con carne e relativi impatti ambientali.
70
Il menu di carne ha un impatto due volte e mezzo superiore rispetto a quello vegetariano: un peso molto rilevante nell’impatto quotidiano di un individuo. Sulla base di questi dati si può ipotizzare quale possa essere la riduzione degli impatti ambientali e della spesa per un individuo semplicemente modificando le sue abitudini alimentari. Prendendo come esempio l’alimentazione di una settimana, si può ipotizzare di avere tre regimi alimentari differenti sulla base di quante volte si opta per un menu vegetariano al posto di uno di carne. Limitando la carne a sole due volte alla settimana, in linea con le raccomandazioni dei nutrizionisti, si possono “risparmiare” anche 20 metri quadri globali al giorno.
Come varia l’impatto ambientale in funzione delle scelte alimentari: il primo è calcolato supponendo per l’intera settimana il solo consumo del menu con una portata di carne; quello intermedio in cui per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne e per cinque giorni viene seguito il menu vegetariano; e il terzo che contempla il solo consumo del menu vegetariano.
IMPATTO SETTIMANALE
IMPATTO GIORNALIERO
Carbon Footprint [gCO2eq]
Water Footprint [litri]
Ecological Footprint [global m2]
Carbon Footprint [gCO2eq]
Water Footprint [litri]
Ecological Footprint [global m2]
45.500
32.480
280
6.500
4.640
40
25.200
18.200
140
3.600
2.600
20
17.360
12.670
105
2.480
1.810
15
menu con carne
7
volte
5
menu vegetariano
volte
7
+
2
volte
menu con carne
menu vegetariano
volte
71
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2014
50¤ 45¤ 40¤ 35¤ 30¤ 25¤ 20¤ 15¤ 10¤ 5¤
MILANO
PALERMO
Carne
45,60¤
40,80¤
Vegetariana/Carne
32,00¤
29,10¤
Vegetariana
26,70¤
24,40¤
Il prezzo di tre possibili diete settimanali: il primo calcolato supponendo per l’intera settimana il solo consumo del menu con una portata di carne, quello intermedio in cui per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne e per cinque giorni viene seguito il menu vegetariano; e il terzo che contempla il solo consumo del menu vegetariano.
72
Il menu settimanale Un’ulteriore analisi è stata basata sul calcolo delle caratteristiche di quattro menu settimanali, equilibrati dal punto di vista nutrizionale, ma diversi per quanto riguarda la loro fonte proteica, che può quindi essere animale o vegetale. Il menu sostenibile (o BCFN) comprende sia la carne sia il pesce (predilige la carne bianca), ma prevede un consumo bilanciato di proteine di origine vegetale e animale. Nel menu vegetariano sono ovviamente esclusi carne e pesce, e le fonti proteiche sono di origine animale (formaggio, uova, ecc.) e vegetale (legumi). Infine, il menu di carne e il menu di carne più pesce prevedono un consumo più cospicuo di proteine di origine animale.14 Tra il menu BCFN e quello vegetariano le differenze di impatto sono minime, mentre i due menu più ricchi di carne e pesce presentano valori decisamente più elevati. Dal punto di vista economico, i menu presentano delle differenze, anche se non molto grandi: in particolare, il menu vegetariano e quello sostenibile hanno praticamente gli stessi costi, dovuti all’assenza di carne e pesce nel primo e a una presenza limitata degli stessi nel secondo. I menu che sono più ricchi di proteine di origine animale (carne e pesce soprattutto) hanno un costo leggermente più elevato. Da queste preliminari elaborazioni è possibile affermare che in Italia mangiare sostenibile ha un costo inferiore rispetto a regimi alimentari ricchi di proteine animali (a base di carne o di carne e pesce). Dal punto di vista degli impatti ambientali, i due menu più ricchi di carne e pesce presentano valori maggiori rispetto al menu BCFN e a quello vegetariano.
14
Per i dettagli sui menu completi usati per le elaborazioni si veda
il documento BCFN Documento tecnico di supporto alla Doppia Piramide.
73
kg CO2 eq / settimana 35
31 27
30 25
21
20
Menu BCFN
Menu vegetariano
20 15 10 5
Menu di carne
Menu di carne e pesce
Carbon Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
litri / settimana 24.400
25.000
20.100 20.000
16.900
15.200
15.000
10.000
5.000
Menu BCFN
Menu vegetariano
Menu di carne
Menu di carne e pesce
Water Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
74
global m2 / settimana 250
190
180
200
160 140
150
100
50
Menu BCFN
Menu vegetariano
Menu di carne
Menu di carne e pesce
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2014
Ecological Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
造/settimana MILANO 造/settimana PALERMO 60 50 40
46 40
43
48
47 39
41
42
30 20 10
Menu BCFN
Menu vegetariano
Menu di carne
Menu di carne e pesce
Costo economico dei quattro differenti menu analizzati, tutti nutrizionalmente equilibrati.
75
Il dibattito scientifico sul costo delle diete
Fonte: Frazão et al., 2014
Secondo un recente studio15 la popolazione americana, indipendentemente dalla fascia di reddito, destina la maggior parte del proprio budget alimentare all’acquisto di carne (tra il 20 e il 25%) e dei cibi confezionati a elevato livello di
calorie, sale, grassi e zuccheri (intorno al 35%). Secondo alcuni studiosi16, questa tendenza a sostituire gli alimenti sani, come frutta e verdura, con quelli ritenuti “meno sani”, ad alta densità energetica, sarebbe dovuta al minor prezzo relativo di questi ultimi. Ma sulla questione il dibattito è ancora aperto. Vediamo perché.
40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5%
Frutta e verdura
< $5,000
$5,000 $9,999
Cereali e prodotti da forno
$10,000 $14,999
$15,000 $19,999
Prodotti lattiero caseari
$20,000 $29,999
Carne, pollame, pesce e uova
$30,000 $39,999
Spesa alimentare (in percentuale) per categoria di prodotti, in base al livello di reddito.
76
$40,000 $49,999
Cibi confezionati ad alta densità energetica
$50,000 $69,999
> $70,000
Il confronto tra i prezzi dei diversi alimenti
L’influenza della metrica sulla valutazione del costo delle diete nello studio dell’USDA
La scelta dell’unità di misura è fondamentale per comparare i prezzi dei diversi alimenti. Le metriche utilizzate nelle ricerche sono: il prezzo energetico per caloria, il prezzo per grammo commestibile e il prezzo per porzione media.17
Nel 2012 l’USDA ha effettuato uno studio per valutare se, e a che livello, la stima del costo di una dieta sana sia influenzato dall’unità di misura.20
Il prezzo energetico (prezzo per caloria)
Per uno stesso paniere di beni sono stati calcolati il prezzo per caloria, il prezzo per 100 grammi commestibili e quello per porzione. I risultati mostrano un’ampia variabilità di costo a seconda della metrica utilizzata.
È la metrica più utilizzata nella letteratura scientifica e si calcola come rapporto tra il prezzo per 100 grammi di alimento e il numero di calorie contenute nello stesso peso. Tale misurazione può essere distorsiva18, perché i cibi molto calorici risultano sempre meno costosi di quelli a bassa densità energetica.19 Inoltre, per quanto una dieta più sana abbia un costo per singola caloria maggiore rispetto a una meno sana, questo non si traduce in un maggiore costo totale per pasto giornaliero. Come si nota dall’infografica, il confronto tra prezzi basato sulle calorie non tiene conto della quantità di cibo tipicamente consumato e risulta quindi forviante.
Gli alimenti a basso contenuto calorico come frutta e verdura sono più costosi se il prezzo è calcolato in dollari per 100 calorie. Viceversa, se il prezzo è calcolato in grammi commestibili e in porzione media gli stessi sono più convenienti rispetto ai cibi meno sani (chiamati nello studio moderation foods, ossia gli alimenti che possiedono una quantità di grassi, zuccheri aggiunti o sodio superiore al livello consigliato dalle linee guida alimentari americane).
Il prezzo per grammo commestibile
15
Frazão et al., 2014
16
Tra i quali in particolare Drewnowski
17
Carlson e Frazão, 2012
18
Carlson e Frazão, 2012
19
Lipski. 2009; Rao et al. 2013
20
Carlson et Frazão, 2012
Misura il costo di un determinato alimento, così come si presenta nel piatto. Si basa sulla constatazione che la maggior parte del cibo non trasformato subisce qualche tipo di preparazione, che ne va a modificare il peso e la quantità. Per i consumatori, può risultare utile confrontare il prezzo di alimenti che differiscono nel formato o nel grado di trasformazione. Il prezzo per porzione media Questa misura ha il vantaggio di essere facilmente comunicabile e compresa, tuttavia la sensibilità alla quantità e la rigidità delle porzioni standard rendono il suo utilizzo non sempre adatto a effettuare in modo corretto i confronti.
77
Fonte: Carlson e Frazão, 2012
Il confronto tra prezzi basato sulle Kcal non tiene conto delle quantità di cibo consumato
4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5
$/100 calorie
Verdura
Frutta
$/100 commestibili
Cereali
Latticini
$/porzione media
Proteine
Moderation Foods
I prezzi degli alimenti variano a seconda del metodo di misurazione. I “moderation foods” sono tutti gli alimenti che possiedono una quantità di grassi, zuccheri aggiunti o sodio superiore al livello consigliato dalle “Dietary Guidelines” americane o che contengono alimenti di un altro gruppo alimentare rispetto ai precedenti appena elencati.
bcfn
Nei piatti sono riportate le quantità che forniscono circa 100 calorie di differenti alimenti (broccoli, fragole, pancarrè, patatine e confetti di cioccolato). Come si nota abbiamo una quantità maggiore di frutta e verdura rispetto alle patatine, mentre normalmente si mangiano porzioni meno abbondanti di broccoli e fragole e più abbondanti di patatine. Il confronto tra prezzi basato sulle calorie non tiene conto della quantità di cibo tipicamente consumato e risulta quindi forviante. (Barilla Center for Food & Nutrition, adattato da Carlson e Frazão, 2012)
broccoli 0,93 cent. per 100 kcal
fragole
1,41 cent. per 100 kcal
patatine
pancarrè
confetti
0,16 cent. per 100 kcal
100 kcal
Fonte per i prezzi: USDA National Fruit and Vegetable Retail Report Vol VIII - No. 19 (http://www.ams.usda.gov/mnreports/fvwretail.pdf.) Snacks – average retail price and cost per portion for calorie-dense snack foods) (http://www.ers.usda.gov/datafiles/Fruit_and_Vegetable_Prices/Snack_Substitutions/snackprices.xls.)
©BCFN foundation 2014
L’incidenza del reddito sui consumi Esiste un forte dibattito sulla relazione tra la qualità nutrizionale di una dieta e il costo sostenuto dalle famiglie. La letteratura scientifica sembra dividersi in due filoni: una prima corrente di pensiero, di cui l’epidemiologo Adam Drewnowski è il principale referente, sostiene che vi sia una relazione positiva tra costo e alimenti sani, e che questo spieghi il comportamento d’acquisto dei consumatori, arrivando così a individuare un nesso tra obesità e condizione socioeconomica. Una seconda corrente sostiene invece che il prezzo sia solo una delle varie componenti che influenzano il comportamento d’acquisto, e che le cause sottostanti la diffusione di diete di scarsa qualità siano da ricercarsi in una carente educazione alimentare della popolazione, ossia una mancanza di informazioni necessarie a prendere le corrette decisioni di acquisto e nel perseguire una dieta sana.21 È stata dimostrata22 l’esistenza di una relazione inversa tra la densità energetica di un alimento, il suo costo per caloria e il suo contenuto di micronutrienti. Da tale relazione si deduce che l’associazione tra povertà e obesità è da imputarsi al minore costo relativo del cibo poco sano: ciò permetterebbe di spiegare perché tra le fasce più povere della popolazione si riscontrino una peggiore qualità della dieta e una maggiore insorgenza di patologie legate all’alimentazione rispetto alle persone più abbienti, che hanno una dieta più sana e ricca di sostanze nutritive.23 La relazione tra obesità e status socioeconomico è stata confermata anche da alcune ricerche24: i clienti degli hard discount sono soprattutto persone con un livello socioeconomico più basso e con un tasso di obesità più elevato (27%) rispetto a chi acquista nei supermercati di fascia alta (9%). Tra questi ultimi, inoltre, si registra anche una migliore qualità della dieta in termini di apporto nutrizionale.25 A conferma dell’ipotesi che il cibo sano costa leggermente di più c’è anche un recente studio condotto dal Dipartimento di Public Health dell’uni80
versità di Harvard.26 Gli autori hanno comparato il costo di una scelta “sana” rispetto a una meno salutare, sia in termini di singoli alimenti, sia di regime dietetico in generale. Dai risultati emerge che le opzioni più salutari sono anche le più care. Le differenze maggiori sono state riscontrate per la carne: le opzioni più sane costano in media 0,29 dollari in più a porzione, e 0,47 dollari ogni 200 calorie. La carne di pollo mostra la maggiore variabilità: a parità di calorie, comprare le cosce anziché il petto può costare sino a 0,72 dollari in più. Questa forbice si riversa anche sul prezzo dell’intero regime dietetico: una dieta sana, di tipo mediterraneo, a base di verdura, frutta, cereali e pesce, può costare sino a 1,54 dollari in più al giorno rispetto a una basata su alimenti trasformati, carne e cereali raffinati. Una cifra apparentemente piccola che però si traduce in una maggiorazione di circa 550 dollari l’anno, e può quindi risultare determinante, soprattutto per le famiglie a basso reddito.
Grazie all’educazione le diete sostenibili sono anche meno costose Numerose ricerche dimostrano come sia invece possibile mantenere un regime alimentare in linea con le raccomandazioni nutrizionali, senza incorrere in un aumento dei costi destinati all’alimentazione. Ma tutti questi studi attribuiscono un ruolo fondamentale all’educazione alimentare dei consumatori, in particolare se di basso livello socio economico. I Piani Alimentari (Food Plans) promossi dall’USDA, ad esempio, permettono di sostentare una famiglia di quattro persone con un budget di 640 dollari al mese27, sebbene comportino dei limiti in termini di appetibilità e tempo per la preparazione. Un altro studio28 spiega come, per alcune categorie di alimenti, la versione più “sana” possa costare addirittura meno di quella ad alto contenuto di grassi. Altri29 hanno dimostrato come il passaggio da una dieta ad alta densità energetica a una ricca di frutta, verdura e legumi non abbia un effetto negativo
sulla spesa alimentare. Ciò è confermato anche da due studi sull’adozione della dieta mediterranea da parte della popolazione canadese e americana: se a parità di nutrienti vengono selezionati gli alimenti più economici, il regime che si basa sulla dieta mediterranea risulta non essere più costoso rispetto all’alternativa altamente energetica. In alcuni casi un miglioramento della qualità nutrizionale della dieta può persino tradursi in un risparmio economico. Un’ulteriore ricerca30 ha dimostrato come l’introduzione di tre pasti a settimana a base di verdure, cereali integrali e olio di oliva nella dieta permetta di dimezzare il budget destinato all’alimentazione, oltre a migliorare lo stato generale di salute. L’esperimento ha previsto una serie di lezioni di cucina sulla preparazione di pietanze a base di verdure e cereali integrali, alle quali sono state affiancate lezioni teoriche sui principi base dell’alimentazione e i vantaggi di una dieta bilanciata dal punto di vista nutrizionale. Al termine del programma il 60% dei partecipanti aveva introdotto almeno tre pasti vegetariani a settimana, contro il 5% all’inizio del programma. Tale cambiamento nelle abitudini alimentari è stato accompagnato da una diversa allocazione del budget destinato alla spesa alimentare: i partecipanti hanno diminuito in maniera significativa il consumo di carne, snack, bevande gassate e dolciumi. In particolare, la spesa per la carne è calata del 54% rispetto all’inizio del programma e il costo settimanale della spesa alimentare è sceso del 45%, passando da 67,68 dollari a 37,12 dollari a settimana, il che si traduce in un risparmio mensile di circa 124 dollari. A risultati simili ha portato l’indagine31 sulle abitudini alimentari della popolazione latinoamericana negli Stati Uniti, che ha previsto il coinvolgimento di 20 famiglie latine a basso reddito in un programma intensivo di educazione nutrizionale. Alle famiglie sono stati forniti consigli su come perseguire una corretta alimentazione mantenendo comportamenti budget friendly. Alla fine del programma educativo, i partecipanti sono stati in grado di orientarsi autonomamente verso scelte più sane, adottando una dieta a minore den-
sità energetica e riducendo la spesa alimentare. Dalla letteratura scientifica analizzata emerge che è possibile mangiare sano indipendentemente dal livello di reddito: le diete più “salutari” non presentano necessariamente costi maggiori, anzi. Ma è necessario modificare le proprie abitudini alimentari e qui l’educazione risulta essere il fattore chiave, in modo da rendere disponibili le informazioni necessarie a prendere le giuste decisioni di acquisto per una dieta corretta. Per questo è necessario che le autorità pubbliche intervengano per abbattere tutti quegli ostacoli, di natura sia fisica sia educativa, che possano pregiudicare l’accesso al cibo sano delle fasce più deboli della popolazione.
21
Katz et al. 2011; Frazão et al., 2014
22
2004, 2005, 2012
23
Drewnowski. 2004; Drewnowski et al., 2007
24
Aggarwal et al., 2012
25
Aggarwal et al., 2012
26
Rao et al., 2013
27
Dati aggiornati a Gennaio 2014
28
Katz et al., 2011
29
Mitchell et al., 2000; Raynor et al., 2002; Goulet et al., 2008
30
Flynn et al., 2013
31
Cortés et al., 2013
81
In America mangiare sano costa di pi첫?
me n
rzio ne
c
a
o
o
st
3,1 $ Moderation foods 1,7 $ Frutta
po
1,4 $ Verdura 0,7 $ Cereali pe
r per kg c o
st
a
meno
costo per grammo commestibile
2,6 $ per 100 g Frutta 2,4 $ per 100 g Moderation foods 1,7 $ per 100 g Cereali
r kc al c
1,6 $ per 100 g Verdura
o
pe
Il risultato cambia in funzione del metodo di calcolo
costo per porzione media
st
a
d i pi 첫
costo per Kcal
3,7 $ per 100 Kcal Verdura 2,9 $ per 100 Kcal Frutta 2,3 $ per 100 Kcal Moderation foods 0,5 $ per 100 Kcal Cereali
Costa di più?
Sì
Risultati dell’analisi di 15 studi sul costo delle diete negli USA
5 studi
No
No, scegliendo gli
alimenti meno costosi a parità di nutrienti
68 «L’adozione della dieta mediterranea in America non è più costosa se a parità di nutrienti vengono selezionati gli alimenti economicamente più vantaggiosi» (Goulet, 2008).
No, dopo un
programma di educazione alimentare appropriato
Come si nota nel grafico a destra, «la spesa per la carne è calata del 54% rispetto all’inizio del programma. In totale, il costo settimanale della spesa alimentare è sceso del 45%, passando da 68 a 37 dollari a settimana, il che si traduce in un risparmio mensile di circa 124 dollari» (Flynn, 2013).
5 Studi
ma solo di 1,50$ al giorno
Non è tanto più cara: «Una dieta sana costa 1,54 dollari in più al giorno, circa 550 dollari l’anno» (Rao et al., 2013).
TOT.
-45%
37
TOT.
16
8
PRIMA
DOPO
-54%
124$
SPESA PER LA CARNE
RISPARMIO MENSILE
Relazione inversa tra status socioeconomico e tasso di obesità «Alcuni studi mostrano come nella popolazione maschile il tasso di obesità aumenta all’incrementare del reddito, mentre vi è una tendenza opposta per la popolazione femminile».
Tasso di obesità maschile e femminile
controverso
Sì costa di più,
spesa settimanale
L’importanza dell’educazione emerge da 10 studi
10 studi
©BCFN foundation 2014
84
bcfn
come promuovere scelte alimentari sostenibili La famiglia, da sola, non è più in grado di dare il giusto indirizzo, né di arginare o compensare l’effetto della pubblicità, i cui messaggi sono sempre più spesso poco equilibrati in termini nutrizionali
Affinché i messaggi chiave promossi dalla Doppia Piramide possano produrre un risultato concreto in termini di effettivi comportamenti alimentari delle persone, devono rientrare in un ampio programma informativo ed educativo che coinvolga diversi attori, dal nucleo familiare fino all’intera società. A partire dall’edizione del 2011 della Doppia Piramide, il BCFN ha cercato di individuare i percorsi più efficaci per diffondere la cultura della “dieta sostenibile” tra le persone. Con questo scopo sono state analizzate alcune ricerche sui comportamenti alimentari, al fine di comprendere in che misura la famiglia possa ancora oggi rappresentare il principale strumento per l’educazione al consumo, proponendo alcune considerazioni sul ruolo della pubblicità dei prodotti alimentari e su
altre forme di educazione attraverso i mass media (comunicazione sociale). L’ipotesi è che la famiglia da sola non basti più: per mancanza di tempo, motivazioni e, talvolta, di conoscenze e sensibilità adeguate, i genitori non sono più in grado di dare il giusto indirizzo, né di arginare o compensare l’effetto della pubblicità, i cui messaggi sono inevitabilmente squilibrati in termini nutrizionali.
L’ambiente sociale La famiglia Da sempre i genitori e i parenti stretti sono i primi che spiegano ai bambini i principi basilari della sana alimentazione. La presenza dei genitori durante il pasto serale è legata positivamente al consumo più elevato da parte degli adolescenti di 85
Fonte: Annual Study: Eating Patterns, 2012
% degli intervistati
5
10
15
20
25
30
35
45
45
Non ho tempo per cucinare
31
Convenienza
21
Non so cucinare bene
16
È più gustoso
14
Non mi piace cucinare
13
Vivo da solo
11
Non posso cucinare è più salutare
40
5
Ragioni che spingono le persone a comprare cibi pronti.
frutta e verdura, così come diminuisce tra i giovani la probabilità di saltare la prima colazione, una tra le abitudini più scorrette.32 Risultati ancora migliori si riscontrano nei nuclei familiari allargati nei quali i nonni, più dei genitori, influenzano le abitudini alimentari dei giovanissimi.33 Purtroppo diversi trend globali ci dimostrano come a casa stia aumentando il consumo di snack e cibi pronti e si vada verso una minore rigidità degli orari dei pranzi e delle cene, unita a una generale diminuzione del tempo dedicato ai pasti e a un aumento del loro consumo in movimento.34 A livello globale, l’acquisto dei pasti pronti dal 2006 al 2011 è aumentato del 27%35 e secondo la ricerca condotta da Euromonitor International, questi vengono comprati regolarmente dal 31% delle famiglie. Nel grafico sopra vengono illustrati i motivi addotti dagli intervistati per giustificare questo comportamento. Meno tempo a tavola, meno tempo passato a mangiare con i genitori, meno tempo per cucinare: sono tutte tendenze che rischiano di banalizzare il rito del pasto e fanno perdere, soprattutto tra le nuove generazioni, quelle cono86
scenze in tema di nutrizione che sono alla base di un’alimentazione equilibrata e sana. Gli amici Le nostre scelte alimentari subiscono notevolmente l’influenza dei commensali con i quali condividiamo un pasto. Quando mangiamo con i nostri amici, infatti, tendiamo a perdere la padronanza della situazione e a lasciar prendere agli altri le decisioni in merito alla durata del pasto, alla quantità di portate e alla dimensione delle porzioni36. Emuliamo inconsciamente il comportamento del gruppo cui apparteniamo: quando si è circondati da buone forchette quindi, difficilmente si preferirà una porzione di frutta al dolce. Lo psicologo John De Castro ha dimostrato come la presenza di altre persone a tavola incrementi sia il tempo speso a tavola, sia la quantità di cibo assunta37. Se si mangia con un’altra persona tendenzialmente si mangia il 35% in più di quanto si farebbe da soli. Se si mangia con un gruppo di amici di sette persone o più si tende a mangiare
quasi il doppio (96%). La conferma arriva dall’università di Birmingham, dove è stato dimostrato che il mangiare in compagnia degli amici è spesso responsabile dell’aumento di peso e di scelte alimentari scorrette.38
vita più sani sembra essere importante anche per le aziende, al fine di incidere non solo sul benessere del lavoratore ma anche sul rendimento e la produttività.40
L’ambiente lavorativo Anche l’ambiente lavorativo può favorire l’educazione a uno stile di vita più sano. Un rapporto pubblicato dall’ILO (International Labour Organization) ha analizzato i comportamenti alimentari in diverse parti del mondo e ha dimostrato che un’alimentazione troppo ricca o una troppo scarsa incidono sulla produttività per una perdita pari quasi al 20%39. L’obesità comporta un aumento delle probabilità di assenteismo per malattia, una maggiore difficoltà di movimento all’interno del luogo di lavoro e un affaticamento precoce. Secondo una relazione del National Audit Office del Regno Unito, nel 2001, solo in Inghilterra l’obesità è stata causa di 18 milioni di giorni di malattia e di 30.000 decessi prematuri. Promuovere stili di
32
Videon et Manning, 2003
33
Monash University, 2013
34
Report Euromonitor International, 2012
35
Datamonitor, 2011
36
Robinson et al., 2014
37
De Castro, 1994
38
British Journal of Nutrition, università di Birmingham
39
ILO, 2005
40
Baccolo et al., 2010
87
Il marketing delle imprese alimentari
Le imprese produttrici
Negli ultimi anni le imprese più lungimiranti, sia produttrici che distributrici, si sono impegnate attivamente per promuovere campagne volte a favorire una sana e corretta alimentazione.
Impresa
Nella tabella sottostante vediamo gli esempi più interessanti da parte delle principali imprese alimentari impegnate a promuovere una dieta sostenibile.
gli impegni delle principali aziende alimentari Ha modificato alcuni ingredienti delle sue bevande, riducendone l’apporto di zuccheri, e ha implementato numerosi programmi che mirano all’educazione nutrizionale delle nuove generazioni. Nel 2011 ha lanciato in Belgio il Progetto Bon appétit, bouge ta santé! per coinvolgere gli studenti delle scuole primarie in un percorso ludico ed educativo sull’importanza dell’attività fisica e di una corretta alimentazione. Ha lanciato nel 2010 il Sustainable Living Plan, la sua strategia di business sostenibile, che s’innesta su tre grandi temi: migliorare la salute delle persone promuovendo stili di vita e prodotti sani, proteggere l’ambiente, migliorare le condizioni di vita delle comunità in cui opera. Inoltre, si è impegnata a ridurre il contenuto calorico dei gelati e quello di zuccheri aggiunti delle sue bevande. Non fa campagne pubblicitarie direttamente rivolte ai bambini sotto i 12 anni.
S’impegna a combattere le malattie legate a eccessi o difetti di alimentazione, fornendo le basi di una corretta educazione nutrizionale con programmi di carattere sia scientifico (per migliorare la qualità nutrizionale dei prodotti), sia educativo (per promuovere una corretta alimentazione). Tra questi, di respiro internazionale, vi è il Nestlé Healthy Kids Global Programme, un progetto diretto ai bambini e realizzato in collaborazione con EPODE International Network. Ha fatto dell’educazione nutrizionale il suo punto di forza, implementando campagne educative tramite internet, etichette nutrizionali volontarie e iniziative nelle scuole. Dal 2012 ha fondato kellognutrition.com, un sito destinato ai professionisti del settore nutrizionale, contenente utili informazioni scientifiche sull’alimentazione e sul benessere. Con l’iniziativa Breakfast for Better Days (2012-2013) ha finanziato 98 progetti scolastici per garantire una completa colazione agli studenti. Fa della tutela della salute dei propri consumatori uno degli obiettivi primari della sua missione Nourishing Lives. Dal 2005 ha riformulato le ricette di più di 750 prodotti al fine di migliorarne il profilo nutrizionale. Si è distinta per la campagna pubblicitaria volta a promuovere porzioni ragionevoli di cibo disincentivando consumi eccessivi. Si è impegnata a non instaurare alcun tipo di comunicazione commerciale con le scuole primarie.
Ha lanciato Live Positively, una strategia integrata che riassume tutti gli sforzi intrapresi in tema di sostenibilità. Tra di essi compare Balanced Living, comprendente tutte le azioni intraprese per combattere l’obesità e promuovere uno stile di vita sano. In quest’ambito ha sponsorizzato più di 290 programmi, con strategie che variano per Paese. Ha inoltre fondato Coming Together, un sito dove si possono condividere le proprie idee per combattere l’obesità. Non fa campagne pubblicitarie rivolte ai bambini sotto i 12 anni. Con Kinder + Sport, promuove lo sport per la lotta all’obesità infantile e alla sedentarietà. Sostiene Media Smart, un programma educativo per i ragazzi al fine di instaurare un approccio critico ai programmi televisivi e ai contenuti delle pubblicità.
Ha identificato una strategia di business sostenibile che si basa sul rispetto delle persone e dell’ambiente: Buono per Te, Buono per il Pianeta. Il Gruppo ha adottato il modello della Doppia Piramide alimentare e ambientale come punto di riferimento del suo modo di fare impresa. In quest’ottica, si impegna costantemente a migliorare il profilo nutrizionale dei propri prodotti. Nel 2011, Barilla ha lanciato il progetto Sì.Mediterraneo, finalizzato a incrementare le conoscenze nutrizionali del proprio personale e a promuovere l’adesione a una dieta sostenibile nelle mense aziendali.
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Le insegne della distribuzione Nella fase di distribuzione i punti vendita possono rivestire un ruolo di rilievo per promuovere diete sostenibili, non presentando normalmente conflitti di interesse sulle singole merceologie, tipiche di alcune aziende produttrici.
Impresa
Recentemente diverse catene di distributori al dettaglio hanno messo in atto pratiche di Corporate Social Responsibility per migliorare la propria brand image. Andando ad analizzare le iniziative nei vari Paesi, vediamo i casi più interessanti riassunti nella tabella sottostante.
Le iniziative più interessanti promosse dai grandi distributori Dispone di indicatori di performance misurabili e si è impegnata nell’avere una gamma di prodotti “sani”. Volendo promuovere alimenti più salutari anche nella fase dei cosiddetti “acquisti di impulso”, ha annunciato che entro la fine del 2014 scompariranno snack e cioccolatini dagli scaffali accanto alle casse e saranno sostituiti da prodotti più sani. Ha annunciato una donazione di 9.5 miliardi ad associazioni no profit per promuovere abitudini alimentari sane. I fondi saranno destinati a programmi di educazione nutrizionale, a corsi di cucina e per insegnare ai consumatori a fare una spesa sana utilizzando il budget di cui dispongono. Nel 1992 ha lanciato le sue Quality Lines, alimenti prodotti nel rispetto di criteri ambientali e sociali; nel 1996 ha iniziato la produzione di alimenti senza OGM con il suo brand; nel 1997 ha lanciato la propria linea di prodotti biologici. Ha fondato Passport to Nutrition, un programma nato sul web per educare i bambini, i loro genitori e gli insegnanti a stili di vita sani, includendo lezioni sulla piramide alimentare e l’attività fisica, e sull’imparare a leggere le etichette. Ha avviato un programma di eliminazione dei grassi idrogenati dai propri prodotti e periodicamente controlla i propri alimenti per la riduzione dei grassi in eccesso. Coop Svizzera ha promosso un programma di educazione alimentare usando un bus che, attraversando tutto il Paese, in ogni tappa dava la possibilità di salire a bordo per istruire, attraverso giochi, su consumi biologici e sostenibili. L’impegno di Coop Italia è sfociato nella creazione di una linea ad hoc per i più piccoli con livelli nutrizionali equilibrati – Club 4-10 – e nella stesura di linee guida a una corretta alimentazione dell’infanzia appositamente dedicate. All’interno di ogni supermercato è promosso il consumo di frutta e verdura agendo sia sul prezzo sia sull’assortimento. Ha ridotto l’apporto di sale all’interno dei prodotti a suo marchio. Ha lanciato il progetto Nutrizione e Salute, sviluppato al fine di promuovere un’alimentazione sana, corretta e consapevole. Sono stati messi in luce i prodotti che necessitano di piani d’azione con l’obiettivo di eliminare ingredienti “critici” e di ridefinire nuove ricette che contengano un minore apporto di sale. Offre un’ampia gamma di prodotti a proprio marchio rispettosi di determinati standard ambientali e nutrizionali. NordiConad promuove Mangiando si impara: un progetto specificatamente rivolto ai bambini per educarli a comportamenti alimentari corretti sia dal punto di vista nutrizionale sia ambientale.
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IL RUOLO DELLE ETICHETTE DEI CIBI NEL FAVORIRE SCELTE ALIMENTARI PIÙ SANE
N
on tutti gli studi evidenziano una correlazione positiva tra le informazioni nutrizionali presenti nelle etichette degli alimenti e le scelte di consumo delle persone. È stato dimostrato da un lato che il 91% dei consumatori
non fa caso alle calorie inserite nelle etichette41 e dall’altro che molti consumatori non conoscono bene il significato e le quantità ideali di calorie, grassi e livello di sodio per pasto.42 Non solo, l’introduzione della variante “light” di un prodot-
to in commercio può portare il consumatore a mangiarne più del dovuto.43
41
Borgmeier, I., Westenhoefer, J., 2009
42
Burton, S. et al., 2009
43
Wansink, B., Chandon, P., 2006
La comunicazione sociale Le iniziative di comunicazione sociale promuovono la soluzione di problemi morali, civili ed educativi riguardanti l’intera comunità, attraverso la realizzazione di campagne volte a ottenere un effetto positivo in termini di comportamento delle persone. Per sua natura, la comunicazione sociale ha un basso tasso di successo a causa degli investimenti ridotti rispetto alla tipica comunicazione commerciale alla quale in genere si contrappone, e alla difficoltà nell’individuare il messaggio capace di modificare un comportamento collettivo che in genere risulta essere più naturale o piacevole. Di seguito sono elencate le principali iniziative di campagne sociali a favore di una corretta alimentazione promosse in Italia e all’estero.
di primo grado che, attraverso un lavoro di gruppo, sono stati chiamati a realizzare una pubblicità sui temi della sana alimentazione e della varietà e qualità del nostro patrimonio agroalimentare. I gruppi scolastici finalisti, autori dei migliori annunci, hanno vinto un soggiorno premio in una località italiana significativa per il suo patrimonio agroalimentare.
Europa In Europa esistono diversi sostegni pubblici per la lotta all’obesità infantile. Di recente sono stati lanciati due programmi europei: School Fruit Scheme, per stimolare il consumo di frutta e verdura tra i giovani, e School Milk Schemz, per promuovere latte e latticini quali fonti d’importanti componenti nutritive. Sono numerose le scuole italiane che aderiscono al programma Frutta nelle scuole. Italia Salute al piacere è la campagna di educazione alimentare avviata nel 2012 e promossa dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, dall’Associazione Medici Diabetologi e da Slow Food Italia. Il programma ha lo scopo di approfondire le tematiche del diabete e dell’obesità, fornendo consigli utili per convivere con queste patologie e soprattutto per prevenirle il più possibile, promuovendo uno stile di vita e un’alimentazione salutari. Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali si è rivolto agli adolescenti con il programma Mangia Bene, Cresci Meglio, promosso dal 2007 al 2011. Si è trattato di un concorso per alunni e insegnanti delle scuole secondarie 91
Francia La Francia, attraverso il Programme national nutrition santé (PNNS) partito nel 2001 e prolungato fino al 2006, si è prefissata l’obiettivo di migliorare la salute della popolazione, agendo su una delle sue principali determinanti: la nutrizione. Di recente è stato avviato il PNNS 2011-2015, Manger Bouger, al fine di: ridurre l’obesità e il sovrappeso della popolazione; aumentare l’attività fisica e scoraggiare la sedentarietà a tutte le età, migliorare le abitudini alimentari, diminuire l’incidenza di patologie nutrizionali. Il PNNS è quindi volto a favorire l’accesso a un’alimentazione di qualità, varia e sostenibile, a rendere obbligatorie le etichette informative e a migliorare la conoscenza e la formazione delle persone in merito ai cibi. Gran Bretagna Change4Life è la prima campagna sociale nazionale per ridurre l’obesità. Il payoff di Change4Life è Eat well, move more, live longer (Mangia bene, muoviti di più, vivi più a lungo) e le attività intendono offrire consigli utili a bambini e adulti su come e dove fare sport e sul mangiare meglio. Stati Uniti Negli Stati Uniti Michelle Obama è impegnata attivamente contro l’obesità infantile ed è stata promotrice nel 2010 del programma Let’s Move! un’iniziativa su scala nazionale che si propone di migliorare le abitudini alimentari dei bambini, spingendoli al contempo a fare più movimento. Il programma propone numerosi consigli e mette in atto le metodologie più idonee per incoraggiare i bambini a giocare “attivamente” ogni giorno per almeno un’ora. Per inaugurare il quarto anno consecutivo di Let’s Move!, nel 2014 la First Lady ha prodotto il filmato Show Me How You Move in cui si impegna personalmente in diversi esercizi fisici, dalle flessioni al salto con la corda, invitando gli americani a fare lo stesso, a muoversi e divertirsi e a pubblicare in rete i video delle loro performance.
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IL PROGETTO EUROPEO LIVEWELL
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l WWF-UK ha ideato il programma Livewell 2020. L’iniziativa, messa a punto in collaborazione con il Rowett Institute of Nutrition and Health dell’università di Aberdeen, ha come obiettivo quello di modificare le abitudini alimen-
tari verso una dieta più sostenibile che porterebbe alla riduzione del 25% delle emissioni di gas serra entro il 2020 e a diminuire il consumo pro capite di carne da 79 a 10 chili l’anno. Il progetto si fonda su cinque principi basilari per mangiare in maniera salutare e rispettosa dell’ambiente: • Consumare più frutta e verdura; • Sprecare meno cibo (il 40% del cibo nel mondo è sprecato); • Mangiare meno carne; • Mangiare meno cibo processato (ovvero quei prodotti a
maggiore intensità di risorse); • Mangiare cibi certificati, che seguano uno standard garantito (come MSC per il pesce, RSPO per l’olio di palma o RSPCA Freedom Foods per la carne e le uova). Il programma è partito dapprima in tre Paesi pilota: Francia, Spagna e Svezia. Per ognuno, i ricercatori hanno identificato le specifiche tendenze alimentari e creato un Livewell plate personalizzato, partendo dalle linee guida nazionali. I risultati sono molto incoraggianti e non incidono sul costo sostenuto.
i risultati del programma livewell nei 3 paesi pilota Paese
Emissioni Gas Serra
Riduzione costo medio spesa giornaliera
Francia
– 25 %
Da 4,90 a 4,36 euro
Spagna
– 27 %
Medesimo costo
Svezia
– 25 %
Da 44,64 a 44,07 corone
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I RISULTATI DELLA CAMPAGNA LET’S MOVE!
G
razie alle numerose campagne e iniziative messe in atto negli ultimi anni e al coinvolgimento in prima linea della First Lady, da un’analisi comparata degli ultimi anni è emerso che i bambini in sovrappeso tra i 2 e i 5 anni sono diminuiti del 43%, in particolare il tasso di obesità è sceso dal 14% nel 2003-2004 a poco più dell’8% nel 2011-2012.
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Questo risultato sembra essere stato concretamente raggiunto grazie a un minor consumo complessivo di bevande zuccherate, a un generale aumento dell’allattamento al seno e agli effetti delle iniziative (governative e non) che promuovono l’acquisto di prodotti più sani come frutta e verdura. Ciononostante, l’iniziativa non ha mancato di sollevare alcune
critiche. In particolare, la sostituzione dei pasti scolastici “ordinari” con menu migliori dal punto di vista nutrizionale ha portato a un calo nella partecipazione alle mense scolastiche. Il principale motivo di critica sembra essere “l’appetibilità” dei menu proposti, studiati per avere un ridotto contenuto di calorie e grassi.
La ristorazione collettiva Un altro contesto rilevante è l’alimentazione “fuori casa”. A livello di ristoranti e fast food i trend dimostrano che ultimamente i consumatori sono più attenti alla scelta del menu, prediligendo i piatti meno costosi e diminuendo il consumo di antipasti e dessert. Ma si rileva anche un aumento della domanda per i prodotti in offerta nei ristoranti, come i fast food dove si promuovono spesso cibi a prezzi scontati. Qui di seguito verranno elencate le principali iniziative messe in atto in Italia e all’estero dalla ristorazione collettiva per promuovere una corretta alimentazione. Italia
Stati Uniti La città di New York ha introdotto già nel 2007 regole molto severe per quanto riguarda le pietanze servite nei ristoranti, che non possono contenere più di 0,5 grammi di acidi grassi trans per porzione. È stata poi resa obbligatoria l’indicazione delle calorie sui menu, cosa che ha indotto tutte le grandi catene di fast food a modificare le proprie ricette per rientrare nei nuovi limiti previsti. Riguardo le mense scolastiche, è ancora attivo il progetto Choose MyPlate for Kids: Make Half Your Plate Fruits and Vegetables. Il poster, che presenta l’immagine simbolo del progetto, mostra come il vassoio o il piatto debba essere composto per metà da frutta e verdura. Questa iniziativa rientra nel più ampio progetto MyPlate che vuole insegnare una sana alimentazione usando l’immagine di un piatto come rappresentazione di un pasto.
In Italia sono attivi vari programmi ideati da Slow Food che propone il cibo come fonte di piacere, cultura e convivialità, ricordando che l’atto del mangiare è in grado di influenzare i modi di pensare e le emozioni delle persone. Slow Food a mensa è un programma ideato per rendere concreti questi valori lavorando a diretto contatto con le attività di ristorazione collettiva, gli operatori del servizio e i consumatori. In particolare, vengono spiegati e promossi i due programmi europei appena citati, School Fruit Scheme e School Milk Scheme. Francia In Francia è da citare l’iniziativa Bien manger à la cantine, un progetto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che ha lo scopo di migliorare la qualità dei pasti serviti nelle mense scolastiche e di incoraggiare queste ultime nella progettazione di menu stagionali. È interessante segnalare il blog tenuto da Mary Brighton, Brighton Your Health, che offre consigli su come vivere bene, mangiare sano e consumare pasti equilibrati.
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bcfn
dove e come PROMUOVERE
SCELTE ALIMENTARI SOSTENIBILI
L’educazione alimentare genera consapevolezza…
…che può tradursi in consumi più sostenibili
La crescente obesità preoccupa molti governi. La malnutrizione rappresenta infatti una delle principali minacce per la salute delle persone e, quindi, per le economie. Bcfn, 2014
Cucinare a casa e mangiare in famiglia
«La presenza dei genitori durante il pasto serale
L’importanza degli amici
«Le nostre abitudini alimentari sono influenzate
è legata positivamente a un maggior consumo degli adolescenti di frutta, verdura e latticini» Videon e Manning, 2003.
da quello che mangiano i nostri pari» Robinson et al., 2014.
«Un’alimentazione troppo ricca o troppo scarsa,
Ambiente lavorativo
incide sulla produttività dei lavoratori per una
Scuola
In Italia il programma Frutta nelle scuole ha coinvolto 870.000 bambini in 5.000 scuole
perdita pari a circa il 20%» ILO, 2005.
Industria alimentare - 7 imprese alimentari analizzate
Il marketing delle imprese
Distribuzione - 8 catene distributive analizzate
Ristorazione collettiva - 11 casi analizzati
Campagne istituzionali e comunicazione sociale
Risultati positivi delle campagne di comunicazione sociale: negli Stati Uniti, anche a seguito della campagna Let’s Move promossa da Michelle Obama, i bambini in sovrappeso tra i 2 e i 5 anni sono diminuiti del 43%. Il tasso di obesità è sceso da 14% (20032004) a circa 8% (2011-2012).
©BCFN foundation 2014
Casi editoriali Negli ultimi anni diversi studiosi hanno pubblicato libri sul come promuovere in maniera più efficace una corretta alimentazione.
Casi editoriali
Descrizione
Pollan: In Defense of Food: An Eater’s Manifesto
Michael Pollan nel best-seller In Defense of Food, prende di mira il mondo dei nutrizionisti e critica il modo di sezionare gli alimenti nei singoli nutrienti dimenticando cosa sia il “vero cibo”. Richiama un ritorno alle origini, ai prodotti della natura, con una dieta varia in cui si mangia tutto e in quantitativi minori.
Pollan e Kalman: Food Rules: An Eater’s Manual
Nel suo ultimo libro Food Rules, Michael Pollan sposta l’attenzione su delle semplici regole alimentari per “de-complicare” quelle che sono le decisioni quotidiane in merito all’alimentazione. Nella stesura delle sue 64 regole, ha consultato e coinvolto medici, antropologi, infermieri, nutrizionisti e dietologi, ma anche mamme e nonne.
Wansink: Mindless Eating: Why We Eat More Than We Think
Brian Wansink, nel suo famoso libro Mindless Eating pone l’attenzione sul fatto che spesso mangiamo mentre facciamo altro e non siamo totalmente consapevoli delle quantità e della qualità del cibo che ingeriamo. Da uno studio condotto negli Stati Uniti è emerso che: il 91% degli intervistati quando consuma i pasti a casa generalmente guarda la TV, il 62% è troppo impegnato per aver tempo di sedersi a tavola, il 35% pranza mentre lavora e il 22% mangia mentre guida.
Thaler e Sunstein: Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness
Nudging è il termine con cui si definiscono un insieme di approcci e tecniche volte a dare alle persone un piccolo incentivo verso l’adozione di comportamenti migliori. La metodologia, sviluppata da Thaler e Sunstein, si basa sul concetto del paternalismo “libertario” o “soft”: le persone devono essere guidate nel processo decisionale senza però imporgli determinati comportamenti.
Wansink, Just e Mckendry: Lunch Line Redesign
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Di seguito sono riportati alcuni tra i casi editoriali più interessanti.
Brian Wansink, seguendo la teoria del Nudging, propone una “mensa intelligente” in cui gli studenti sono indotti a cambiare i loro comportamenti alimentari abituali semplicemente attraverso le diverse modalità con cui i cibi vengono proposti.
APP PER SMARTPHONE E TABLET Anche sul fronte delle app per smartphone e tablet, non sono mancate iniziative al fine di pro-
App per smartphone e tablet Nutrino www.nutrino.co/app.php
iFood Pro www.vitobellini.com/ifoodpro/it
Fresh & Local cloudintouch.it/portfolio/fresh-local
Mio Coach miocoach.altervista.org
Fresh Fruit itunes.apple.com/it/app/fresh-fruit/ id323895540?mt=8
GreenApes www.greenapes.com/en
Restaurant Food Game itunes.apple.com/us/app/restaurant-foodgame-eat-well/id604394664?mt=8
Attivo! itunes.apple.com/it/app/attivo!-libro-dacolorare/id863014235?mt=8
muovere stili di vita sani e un’alimentazione equilibrata. Di seguito, una parziale rassegna.
Descrizione È un nutrizionista virtuale che, basandosi sul profilo medico, fisico, abitudini alimentari, obiettivi e preferenze dell’utente, crea un programma alimentare ad hoc.
Conta le calorie assunte e quelle bruciate. Calcola il fabbisogno giornaliero di proteine, grassi e carboidrati in base alle impostazioni personali dell’utente.
Dà consigli per consumare alimenti locali e di stagione. Indicando l’alimento e il suo Paese d’origine, si scopre quanta strada ha percorso l’alimento.
Offre nozioni alla base di uno stile di vita sano. Calcola: BMI, fattori proteici, fabbisogni calorici, metabolismo basale, massa magra e massa grassa. Predispone un personal Wellness Coach a disposizione dell’utente.
Fornisce informazioni su qualsiasi tipologia di frutto. Per ogni alimento è predisposta una tabella con le informazioni essenziali, il Paese d’origine e le proprietà benefiche.
È una community per promuovere il vivere ecosostenibile. L’app suddivide i comportamenti in quattro categorie: cibo, mobilità, casa e shopping. Gli utenti sono in competizione tra di loro: ad ogni azione registrata corrisponde un punteggio.
Propone un gioco per educare i bambini a evitare junk food e a prediligere cibi sani: se si mangia troppo cibo spazzatura si deve ricominciare il gioco dall’inizio.
È un album da colorare per i più piccini per conoscere il mondo della frutta e della verdura giocando.
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LA DIETA FLEXITARIAN
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iminuire drasticamente il consumo di carne a favore di più verdura, frutta e proteine vegetali rappresenta il punto chiave di una dieta Flexitarian o semivegetariana. Quest’ultima è stata sviluppata dalla nutrizionista americana Dawn Jackson
Blatner e si ispira ai principi dell’alimentazione vegetariana, senza però escludere in toto le proteine di origine animale che vengono solo ridotte al minimo. Sulla stessa stregua, un’altra campagna internazionale che promuove la salute delle persone e del Pianeta è Meat-
Less Monday che, lanciata in America nel 2003, consiste nell’eliminare la carne dalle diete una volta alla settimana, con l’obiettivo di ridurne il consumo del 15%. Ad oggi questa iniziativa rappresenta un fenomeno globale che investe 28 Paesi.
La promozione delle diete sostenibili nelle Università Americane Si stanno moltiplicando le iniziative nelle più rinomate università degli Stati Uniti per promuovere le diete sostenibili.
UNIVERSITà dello UTAH
UNIVERSITà del MICHIGAN
UNIVERSITà di YALE
L’università dello Utah gestisce un “Edible Campus Garden”: un orto all’interno del campus i cui frutti vanno ad arricchire le tavole della mensa universitaria. Inoltre, il servizio di ristorazione universitario ha adottato un proprio “codice di condotta sostenibile” che prevede, tra le altre cose, l’uso di uova di galline allevate all’aperto, pesce proveniente da pesca sostenibile, pollo non trattato con antibiotici.
Il Sustainable Food Program dell’università del Michigan si occupa di garantire un sistema di approvvigionamento del cibo sostenibile per l’ambiente universitario. Studenti volontari e personale interno gestiscono un “Campus Farm”, una tenuta in grado di rifornire la mensa universitaria di prodotti freschi, di stagione e a chilometro zero.
L’università di Yale gestisce ben due fattorie, utilizzate per scopi didattici e di ricerca. Gli spazi sono anche utilizzati per organizzare workshop, conferenze e attività mirati ad arricchire le competenze extracurriculari degli studenti.
UNIVERSITà DI HARVARD
UNIVERSITà di EMORY
UNIVERSITà JOHNS HOPKINS
L’università di Emory ha fissato un obiettivo ambizioso per il 2015: garantire che il 75% del cibo destinato ai propri campus e ospedali provenga da fonti sostenibili e a chilometro zero. A tal fine, l’università ha elaborato delle Linee Guida Sostenibili per l’Acquisto di Prodotti Alimentari, valide per le 10 categorie di alimenti acquistati dall’università.
Nel 2003 la Johns Hopkins University ha fondato, in collaborazione con la ONG The Monday Campaigns, la campagna Meatless Monday. L’università ha portato la campagna di sensibilizzazione anche nei propri campus, offrendo ogni lunedì uno squisito menu vegetariano.
L’università di Harvard gestisce numerosi centri e programmi di ricerca inerenti la tematica del cibo e dell’alimentazione, ad esempio: • Healthy Eating Plate: una rappresentazione grafica della corretta composizione di un pasto. Aiuta a creare ricette sane, gustose e nutrizionalmente bilanciate; • Healthy and Sustainable Food program: un progetto mirato a sviluppare campagne di informazione sull’importanza di un’alimentazione sana e sostenibile; • Food Literacy Project: un’iniziativa che fornisce agli studenti di Harvard un’educazione completa in tema di alimentazione, a partire dalle informazioni sulle diverse tipologie di frutta e verdura stagionali ai corsi di cucina, ai consigli pratici per mantenere uno stile di vita sano e sostenibile.
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UN’ANALISI ESPLORATIVA SUI GIOVANI ITALIANI
C
ome si è visto, è fondamentale promuovere comportamenti alimentari sostenibili fin dalla giovane età. Con l’obiettivo di indagare le abitudini alimentari, la conoscenza degli impatti ambientali dei cibi e gli stili di vita degli adolescenti, è stata svolta un’analisi esplorativa in due Istituti superiori, uno del Nord (Modena) ed uno nel Centro Italia (Viterbo). L’analisi, lanciata nella primavera 2014, ha previsto la compilazione di un questionario con domande a risposta chiusa da parte di 291 studenti (69% di sesso femminile e 31% di sesso maschile) di età compresa tra i 14 e i 20 anni. Sotto sono evidenziati i risultati principali.
studenti la mangia quotidianamente (il 14% ben due volte al giorno). Quello di legumi invece risulta basso: circa un terzo degli intervistati ha dichiarato di consumare legumi “meno di una volta a settimana” o “mai”. La presenza di pasta “una volta al giorno” nella dieta è stata dichiarata dal 57% degli intervistati.
Abitudini alimentari a casa
Più smartphone e poca TV
Analizzando le abitudini alimentari di questi ragazzi a casa, circa il 61% ha risposto di fare colazione tutti i giorni, mentre il 12% dei partecipanti all’indagine ha affermato di non farla mai. I livelli dichiarati di consumi di frutta e verdura sono buoni: circa il 45% degli intervistati mangia frutta e verdura almeno due volte al giorno. Il consumo di carne è alto: il 39% degli
Sempre nell’ambito del tempo libero, emerge come ormai l’utilizzo dei telefoni cellulari e di internet abbia superato la televisione. Il 45% dichiara di vedere la televisione meno di un’ora al giorno, mentre il 47% trascorre al cellulare (tra invio di sms o utilizzo di chat, telefonate, navigazione web e applicazioni) oltre tre ore al giorno.
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Abitudini alimentari a scuola Solo il 13% degli intervistati consuma un frutto a merenda a scuola; il 35% mangia uno snack salato e il 27% uno dolce.
Attività fisica Circa 7 studenti su 10 hanno affermato di praticare attività fisica “qualche volta a settimana”.
Buona la conoscenza degli impatti sull’ambiente degli alimenti Quasi il 70% ha affermato correttamente che mangiare frutta e verdura comporta un impatto in termini ambientali estremamente o abbastanza basso. Quasi 7 studenti su 10 pensano che mangiare carne generi un impatto elevato sull’ambiente, mentre solo 1 su 10 è convinto che mangiare carne abbia un impatto “estremamente” o “abbastanza” basso.
Ma pochi agiscono di conseguenza Poco meno del 20% degli studenti è d’accordo con l’affermazione “la mia alimentazione è influenzata dagli impatti che i cibi che mangio potrebbero avere sull’ambiente”.
Il Modello Doppia Piramide è conosciuto dal 33% dei partecipanti all’indagine. Infine, a tutti gli studenti, indipendentemente dalla conoscenza del modello Doppia Piramide, è stato chiesto di indicare tra tre piramidi quale riportasse la corretta scala di impatto ambientale dei cibi. Circa il 70% dei partecipanti ha individuato la piramide corretta.
Il 70% dei ragazzi conosce la corretta scala di impatto degli alimenti, ma pochi agiscono di conseguenza Colazione: se il 61% la fa regolarmente, ancora il 12% non la fa mai.
Merenda a scuola: solo il 13% consuma un frutto.
frutta e verdura: buoni i consumi dichiarati, mentre ancora alti quelli della carne. Pochi legumi: pi첫 del 30% non li mangia mai o li consuma meno di una volta a settimana. smartphone: il 47% dei ragazzi lo usa ormai pi첫 di tre ore al giorno.
Campione di 291 studenti (70% ragazze) in due istituti superiori (Modena e Viterbo).
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Le raccomandazioni BCFN sei ragioni per adottare uno stile alimentare sostenibile Perché quello che decidiamo di mangiare è così importante per noi e per l’ambiente? Scopriamolo insieme.
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Mangiare sano allunga (e migliora) la vita Chi può scegliere cosa mangiare è il primo responsabile della propria salute. Infatti l’obesità e molte altre patologie non trasmissibili, sono spesso la conseguenza di stili di vita scorretti, che uniscono alla ridotta attività fisica una dieta squilibrata. La prevenzione attraverso l’alimentazione deve diventare la prima voce delle politiche sanitarie pubbliche.
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Una corretta alimentazione rende sostenibili anche dal punto di vista ambientale Adottare uno stile alimentare equilibrato non è solo una scelta responsabile nei confronti di se stessi, ma è anche una forma di rispetto verso gli altri. Oggi sappiamo infatti che una dieta nutrizionalmente corretta può ridurre drasticamente il nostro impatto sul Pianeta. Sono già disponibili molte delle conoscenze necessarie per produrre e consumare cibo in modo più sostenibile, per questo il mondo scientifico può essere di grande aiuto.
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L’alimentazione è un pilastro fondamentale dello sviluppo sostenibile: lo devono sapere tutti Aumentare la consapevolezza del grande impatto economico, sociale e ambientale del cibo, specialmente tra le persone più giovani, è una priorità. Le istituzioni devono considerare l’educazione alimentare come il primo strumento per ridurre le spese sanitarie della collettività.
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Mangiare sano non costa necessariamente di più Queste diverse ricerche dimostrerebbero proprio il contrario. Ma per mangiare in modo corretto senza penalizzare il budget familiare occorre avere consapevolezza di quali sono i cibi alternativi a quelli posti al vertice della piramide alimentare. Il presupposto della sostenibilità anche economica della dieta è la diffusione tra le persone di informazioni nutrizionali corrette e il recupero della antica cultura culinaria locale.
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La consapevolezza non basta Convincere le persone a modificare i propri comportamenti, contrastando i trend attuali, richiede il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema agroalimentare. Perché ciò avvenga è necessario definire messaggi, canali e target della comunicazione nell’ambito di una complessiva campagna di marketing sociale. Per indurre al cambiamento occorre che i vari stakeholder mettano in atto una strategia di persuasione, e stanzino i fondi necessari per portarla a termine.
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“Think global act local” ossia è necessario essere Glocal Le linee guida sono essenziali, ma affinché queste siano realmente efficaci vanno declinate tenendo conto della cultura dei diversi Paesi. Le campagne di educazione possono avere successo solo se vengono progettate sulla base di una visione complessiva del territorio, riconoscendone lo stato di salute e di accesso al cibo, la cultura alimentare dominante e le possibilità di spesa. A fronte delle linee guida globali, è compito dei singoli governi trovare la strada della sostenibilità agroalimentare specifica per la singola realtà.
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bibliografia essenziale La bibliografia e la sitografia complete sono contenute nel documento tecnico scaricabile dal sito www.barillacfn.com
Capitolo 1 • Barilla Center for Food & Nutrition. Double Pyramid: healthy food for people, sustainable food for the planet, Parma, 2010. • Barilla Center for Food & Nutrition. Double Pyramid 2011: healthy diet for all and environmentally sustainability, Parma, 2011. • Barilla Center for Food & Nutrition. Double Pyramid 2012: enabling sustainable food choices, Parma, 2012. • Barilla Center for Food & Nutrition. Food and the Environment: diets that are healthy for people and for the Planet, Parma, 2013. • Barilla Center for Food & Nutrition. Eating Planet 2012 – Nutrition today: A challenge for mankind and the Planet, 2012. • Barilla Center for Food & Nutrition. Water Economy, Parma, 2011. • Antonelli, M., F. Greco. The water we eat – What virtual water is and how consume it, Edizioni Ambiente, 2013. Capitolo 2 • American Academy of Pediatrics. Committee on Nutrition, Iron fortification of infant formulas, Pediatrics 104(1 Pt 1):119-23, 1999. • Guidance of EFSA. Use of the EFSA Comprehensive European Food Consumption Database in Exposure Assessment, European Food Safety Authority, EFSA Journal 9(3):2097, 2011. • Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Linee guida per una sana alimentazione italiana, Roma, 2003. • Keys, A. Coronary heart disease in seven countries, Circulation 41(1):186-195, 1970. • Keys, A. Seven Countries: A Multivariate Analysis of Death and Coronary Heart Disease. Harvard University Press: Cambridge, 1980. • Leclercq, C., D. Arcella, R. Piccinelli, S. Sette, C. Le Donne, A. Turrini. The Italian National Food Consumption Survey INRAN-SCAI 2005–06: main results in terms of food consumption, Public Health Nutr 12(12):2504-32, 2008. • US Department of Agriculture, US Department of Health and Human Serviced. Dietary Guidelines for Americans 2010, 2010. • US Environmental Protection Agency. Analysis of total food intake and composition of individual’s diet based on USDA’S 1994-1996, 1998 continuing survey of food intakes by individuals (CSFII), 2007. • Willett, W.C. Diet and coronary heart disease. In: Willett, W. Nutritional epidemiology, 2nd ed, New York: Oxford University Press, 1998. • Willett, W.C., F. Sacks, A. Trichopoulou, G. Drescher, A. Ferro-Luzzi, E. Helsing, D. Trichopoulos. Mediterranean diet pyramid: a cultural model for healthy eating, Am J Clin Nutr 61(6 Suppl):1402S-1406S, 1995. • World Cancer Research Fund. Food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer: a global perspective, Washington, D.C.: American Institute for Cancer Prevention, 2007. 106
Capitolo 3 • International Standards Office. ISO 14020:2000 Environmental management - Life cycle assessment -Principles and framework, Geneva: ISO, 2000. • International Standards Office. ISO 14044:2006 Environmental management - Life cycle assessment -Requirements and guidelines, Geneva: ISO, 2006. Capitolo 4 • Berners-Lee, M., C. Hoolohan, H. Cammack, C.N. Hewitt. The relative greenhouse gas impacts of realistic dietary choices, Energ Policy 43:184–190, 2012. • Blonk, H., A. Kool, B. Luske, J. Scholten. Methodology for assessing carbon footprints of horticultural products A study of methodological issues and solutions for the development of the Dutch carbon footprint protocol for horticultural products, Blonk Milieu Advies BV, March 2010. • Blonk, H., A. Kool, B. Luske, S. de Waart. Environmental effects of protein-rich food products in the Netherlands - Consequences of animal protein substitutes, Blonk consultants, 2008. • Chambers, N., R. Child, N. Jenkin, K. Lewis, G. Vergoulas, M. Whiteley. Ecological Footprint Analysis and Sustainability Assessment. Stepping Forward.A resource flow and ecological footprint analysis of the South West of England, 2005. • Collins, A., R. Fairchild. Sustainable Food Consumption at a Sub-national Level: An Ecological Footprint, Nutritional and Economic Analysis. J Environ Pol Plan 9(1):5–40, 2007. • Corson, M.S., H.M.G. Van der Werf. Book of Abstract of the 8th International Conference on Life Cycle Assessment in the Agri-Food Sector (LCA Food 2012), 1-4 October 2012, Saint Malo, France. Rennes, France: INRA, 2012. • González, A., B. Frostell, A. Carlsson-Kanyama. Protein efficiency per unit energy and per unit greenhouse gas emissions: Potential contribution of diet choices to climate change mitigation, Food Policy 36:562–570, 2011. • Hagemann, M., T. Hemmea, A. Ndambia, O. Alqaisi, N. Sultanaa. Benchmarking of greenhouse gas emissions of bovine milk production systems for 38 countries, Anim Feed Sci Tech 166–167:46–58, 2011. • Hofer, B. How to reduce the environmental footprint of consumer goods: LCA studies on fruit and vegetables production, Coop Switzerland, 37th LCA Discussion Forum, Lausanne, 19th March 2009. • Iribarren, D., I. Vazquez-Rowe, A. Hospido, M.T. Moreira, G. Feijoo. Updating the carbon footprint of the Galician fishing activity (NW Spain), Sci Total Environ 409:1609–1611, 2011. • Mekonnen, M.M., A.Y. Hoekstra. The green, blue and grey water footprint of crops and derived crop products, Hydrol Earth Syst Sci Discuss 8:763–809, 2011. • Notarnicola, B., E. Settanni, G. Tassielli, P. Giungato, Proceedings of the VII International Conference on Life Cycle Assessment in the Agri-Food Sector (LCA Food 2010), 22-24 September 2010, Bari, Italy. Bari, Italy: Università degli studi di Bari Aldo Moro, 2010. • Pathak, H., N. Jain, A. Bhatia, J. Patel, P.K. Aggarwal. Carbon footprints of Indian food items, Agric Ecosys Environ 139:66–72, 2010. • Venkat, K., Comparision of twelve organic and conventional farming system: a life cycle greenhouse gas emissions perspective, J Sustain Agric 36(6):620-649, 2012 • Walsh, C., B. O’Regan, R. Moles. Ireland’s ecological footprint 2003: applying an area-based indicator of sustainable development, Proceedings of ESAI ENVIRON, 2006. • Williams, A.G., E. Audsley, D.L. Sanders. Determining the environmental burdens and resource use in the production of agricultural and horticultural commodities, Main Report, Defra Research project IS0205, Bedford: Cranfield University and Defra, 2006. • Winther, U., F. Ziegler, E. Skontorp Hognes, A. Emanuelsson, V. Sund, H. Ellingsen. Carbon Footprint and energy use of Norwegian seafood products, SINTEF Fisheries and Aquaculture, 2009. • Yoshikawa, N., K. Amano, K. Shimada. Evaluation of environmental load on fruits and vegetables consumption and its reduction potential, Ritsumeikan University. 107
Capitolo 5 • FAO. Sustainable diets and biodiversity, Proceedings of the International Scientific Symposium: Biodiversity and sustainable diets united against hunger, Rome, 3–5 November 2010. • Aggarwal, A., P. Monsivais, A. Drewnowski. Nutrient Intakes Linked to Better Health Outcomes Are Associated with Higher Diet Costs in the US, Plos one 7(5):e375332005, 2012. • Carlson, A., E. Frazão. Are Healthy Foods Really More Expensive? It depends on How You Measure the Price, EIB-96, U.S. Department of Agriculture, Economic Research Service, 2012. • Cortés, D.E, A. Millán-Ferro, K. Schneider R.R. Vega, A.E. Caballero. Food purchasing selection among lowincome, spanish-speaking Latinos, Am J Prev Med 44(3,Suppl. 3):S267–73, 2013. • Drenowski, A., N. Darmon. The economics of obesity: dietary energy density and energy cost, Am J Clin Nutr 82:265S–73, 2005. • Drewnoski, A. Obesity and the food environment: dietary energy density and diet costs, Am J Prev Med 27:154S–62S, 2004. • Drewnowski, A., A. Aggarwal, P.M. Hurvitz, P. Monsivais, A.V. Moudon. Obesity and supermarket access: proximity or price?, Am J Public Health 102(8):e74-80, 2012. • Drewnowski, A., et al., Low energy- density diets are associated with higher diet quality and higher diet costs in French adults, J Am Diet Assoc 107:1028–1032, 2007. • Flynn, M., S. Reinert, A.R. Schiff. A Six-Week Cooking Program of Plant-Based Recipes Improves Food Security, Body Weight, and Food Purchases for Food Pantry Clients. Journal of Hunger & Environmental Nutrition 8:73–84, 2013. • Drewnowski, A. Obesity, diets, and social inequalities. Nutrition Reviews 67(5):S36-S39, 2009. • Frazão, E., A. Carlson, H. Stewart. Energy-Adjusted Food Costs Make Little Economic Sense. American Journal of Clinical Nutrition 93(1), 2011. • Frazão, E. et al., Food costs, diet quality and energy balance in the United States. Physiol Behav, 2014. • Glanz, K., et al., Why Americans eat what they do: taste, nutrition, cost, convenience, and weight control concerns as influences on food consumption. J Am Diet Assoc 98:1118–1126, 1998. • Goulet, J., B. Lamarche, S. Lemieux. A nutritional intervention promoting a Mediterranean food pattern does not affect total daily dietary cost in North American women in free-living conditions. J Nutr 138(1):54–9, 2008. • Jetter, K.M., D.L. Cassady. The availability and cost of healthier food alternatives. Am J Prev Med 30:38–44, 2006. • Katz, D.L., K. Doughty, V. Njike, J.A. Treu, J. Reynolds, J. Walker. A cost comparison of more and less nutritious food choices in US supermarkets. Public Health Nutr 14(9):1693, 2011. • Lipsky, L.M. Are Energy-Dense Foods Really Cheaper? Reexamining the Relation between Food Price and Energy Density. American Journal of Clinical Nutrition 90(5):1397-1401, 2009. • Lipsky, L.M., D.R. Just, T.R. Nansel, D.L. Haynie. Fundamental Misunderstanding of the Relation between Energy Density (Kcal/G) and Energy Cost ($/Ckal). American Journal of Clinical Nutrition 93(4):867-68, 2011. • Liu, S. Intake of refıned carbohydrates and whole grain foods in relation to risk of type 2 diabetes mellitus and coronary heart disease. J Am Coll Nutr 21:298 –306, 2002. • Mitchell, D.C., B.M. Shannon, J. McKenzie, H. Smiciklas-Wright, B.M. Miller, D. Thomas. 990 Lower fat diets for children did not increase food costs. J Nutr Educ 32(2):100–3, 2000. • Ogden, C.L., M.M. Lamb, M.D. Carroll, K.M. Flegal. Obesity and socioeconomic status in adults: United States 1988-1994 and 2005-2008. NCHS data bried no 50. Hyattsville, MD: National Center for Health Statistics, 2010. • Rao, M., et al., Do healthier foods and diet patterns cost more than less healthy options? A systematic review and meta-analysis. BMJ Open 3:e004277. doi:10.1136/bmjopen-2013-004277, 2013. • Raynor, H.A., C.K. Kilanowski, I. Esterlis, L.H. Epstein. A cost-analysis of adopting a healthful diet in a family-based obesity treatment program. J Am Diet Assoc 102(5):645–56. 995, 2002. • Townsend, M.S., G.J. Aaron, P. Monsivais et al., Less energy- dense diets of low-income women in California 108
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DOPPIA PIRAMiDE 2014
le aree di ricerca
le pubblicazioni
la quinta edizione: stili alimentari e impatto ambientale
Food for All
2013
Advisory Board Barbara Buchner, Ellen Gustafson, Danielle Nierenberg, Gabriele Riccardi, Camillo Ricordi, Riccardo Valentini
Consulenza Roberto Ciati, Luca Ruini (BCFN Foundation), Carlo Alberto Pratesi (Università Roma Tre), Ludovica Principato (Università La Sapienza, Roma), Massimo Marino ed Elisabetta Redavid (Life Cycle Engineering) Coordinamento editoriale, redazione, traduzioni, ricerca iconografica, impaginazione
L’accesso al cibo e la malnutrizione: il BCFN riflette su come favorire un migliore sistema alimentare su scala globale e come rendere possibile una più equa distribuzione delle risorse alimentari, incoraggiando il benessere sociale e riducendo l’impatto sull’ambiente.
Food for Health Il rapporto e il delicato equilibrio fra l’alimentazione e la salute: raccogliere le raccomandazioni delle istituzioni scientifiche mondiali e degli esperti più qualificati, raccontare le proposte del BCFN per facilitare l’adozione di uno stile di vita corretto e un’alimentazione sana.
FROM KYOTO TO MILAN
ALIMENTAZIONE E AMBIENTE
5TH INTERNATIONAL FORUM ON FOOD AND NUTRITION: PREPARING TO ACT FOR A HEALTHY PLANET
STILI ALIMENTARI SANI PER LE PERSONE E PER IL PIANETA
GUIDO BARILLA DACIAN CIOLOS DANIELLE NIERENBERG GABRIELE RICCARDI RICCARDO VALENTINI BCFN YES! AL EX RENTON ENRICO CRIPPA
From Kyoto to Milan: 5th Int. Forum on Food and Nutrition: preparing to act for a healthy planet
Contro lo spreCo SCONFIGGERE Il paRadOSSO dEl FOOd waStE
Food for Sustainable Growth Analizzare la filiera alimentare cercando di segnalare le criticità esistenti, valutando l’impatto sull’ambiente di produzione e consumo. Il BCFN propone buone pratiche e raccomanda stili di vita personali e collettivi che siano in grado di incidere positivamente sull’ambiente e sulle risorse.
www.lcengineering.eu
Guido Barilla soledad BlanCo BCFn Yes! BarBara BuCHner andrea seGrè JonatHan Bloom ren WanG roBerto Cavallo tristram stuart FreeGans moreno Cedroni danielle nierenBerG
Contro lo Spreco: sconfiggere il paradosso del food waste
Alimentazione e Ambiente: stili alimentari sani per le persone e per il Pianeta
FOOD FOR HEALTH PARADOSSI ALIMENTARI E CORRETTI STILI DI VITA IN UNA SOCIETÀ CHE CAMBIA
GUIDO BARILLA PAOLA TESTORI COGGI GABRIELE RICCARDI FRANCO SASSI CAMILLO RICORDI ELLEN GUSTAFSON BCFN YES! MICHELLE OBAMA JEAN-MICHEL BORYS ISTITUTO AUXOLOGICO ITALIANO ALBERTO E GIOVANNI SANTINI MASSIMO MONTANARI DANIELLE NIERENBERG
Food for Health: paradossi alimentari e corretti stili di vita in una società che cambia
2012
Food for Culture Consulenza Editoriale
www.codiceedizioni.it
Il rapporto tra l’uomo e il cibo, le sue tappe nella storia e l’analisi della situazione attuale e futura. Il ruolo della mediterraneità nel passato e l’attuale importante compito che, secondo il BCFN e i principali studi scientifici, ricopre: riequilibrare la relazione tra le persone e la loro alimentazione. L’alimentazione nel 2030: tendenze e prospettive
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Agricoltura sostenibile e cambiamento climatico
ISBN 978-887578498-0
Tutte le pubblicazioni del BCFN sono disponibili su www.barillacfn.com
Obesità: gli impatti sulla salute pubblica e sulla società
9 788875 784980 October 2014
110
Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli
Obesità: gli impatti sulla salute pubblica e sulla società
111
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persone, ambiente, scienza, economia
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