persone, ambiente, scienza, economia
Doppia Piramide 2015 Le raccomandazioni per un’alimentazione sostenibile
Barilla Center for Food & Nutrition PERSONE, AMBIENTE, SCIENZA, ECONOMIA www.barillacfn.com
Il mondo contemporaneo è attraversato da un’importante emergenza alimentare. Il cibo che scegliamo di mangiare, la filiera con cui lo produciamo, i modi e i luoghi in cui lo consumiamo e la sua distribuzione sbilanciata nelle diverse zone del Pianeta incidono profondamente sui meccanismi che regolano la nostra società e la nostra epoca. Negli ultimi anni è nata l’esigenza di mettere a confronto i diversi punti di vista degli attori coinvolti lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola. Fin dalla sua nascita nel 2009, il Barilla Center for Food & Nutrition si è posto come piattaforma privilegiata per questo dialogo corale e ad ampio raggio sui temi del cibo e della nutrizione. Lo scopo del BCFN è promuovere un’analisi multidiscipli-
nare tra le diverse competenze, offrendo soluzioni e proposte e mettendo la scienza e la ricerca in comunicazione con le decisioni politiche e le azioni governative. Il BCFN dedica un’area di studio e ricerca a ogni tema cruciale legato al cibo e alla nutrizione, per affrontare le sfide attuali e future: dal problema dell’accesso al cibo e della sua distribuzione nel mondo (Food for All) al riequilibrio dell’instabile rapporto tra cibo e salute attraverso corretti stili di vita (Food for Health), dalla riflessione sulla filiera agroalimentare e la valutazione dell’impatto della produzione sull’ambiente (Food for Sustainable Growth) alla storia del rapporto tra l’uomo e il cibo per cercare in essa delle buone soluzioni per l’attualità (Food for Culture).
La Doppia Piramide
17 La dieta sostenibile alla portata di tutti
persone, ambiente, scienza, economia
Doppia piramide 2015
Le politiche alimentari a favore della salute e dell’ambiente
Le raccomandazioni per un’alimentazione sostenibile
L’ALIMENTAZIONE PER LA SALUTE DELLE PERSONE
L’importanza dell’alimentazione per la salute viene ogni giorno confermata da nuovi studi. Le ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che l’agroalimentare è uno dei comparti maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra e del consumo di acqua. La novità comunicata dalla Doppia Piramide BCFN è che gli alimenti per i quali i nutrizionisti consigliano un consumo più frequente sono anche quelli che hanno un minor impatto ambientale. La sesta edizione della Doppia Piramide alimentare e ambientale conferma il nostro impegno a promuovere una corretta informazione alimentare, sempre aggiornata e attenta a ricomprendere i risultati delle più recenti ricerche.
La dieta mediterranea
19
Mangiare meglio migliorerà la tua salute e quella del Pianeta
26 La nutrizione per chi cresce
28 Le abitudini alimentari in Europa e negli Stati Uniti
un’alimentazione che rispetta il pianeta
L’analisi del ciclo di vita degli alimenti e gli indicatori ambientali
La filiera alimentare e l’ambiente
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IL LEGAME TRA CIBO E AMBIENTE
11
53 Gli elementi rilevanti lungo il ciclo di vita degli alimenti
14 La Doppia Piramide della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition
16 L’alimentazione per la salute delle persone L’alimentazione per il rispetto del Pianeta
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41
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La Doppia Piramide: Un modello di riferimento
2
19
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Il costo delle diete sostenibili
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100 Il prezzo dei diversi menu in Italia
104 Il dibattito scientifico sul costo delle diete
57 LA DOPPIA PIRAMIDE 2015
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108 Il costo delle diete negli Stati Uniti
112 Il costo delle diete in Europa
Le politiche alimentari a favore della salute e dell’ambiente
119
120 L’importanza di assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili della popolazione
Le basi scientifiche
62 La Doppia Piramide per gli adulti
127
64
Regolamentazione del food marketing indirizzato ai bambini
La Doppia Piramide per chi cresce
Accesso al cibo e cambiamento climatico
66
131
Le tre piramidi ambientali
Diete sostenibili: una soluzione al cambiamento climatico
Linee guida per un’alimentazione sana e sostenibile
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73 Cosa sono le diete sostenibili?
80 Consumi alimentari e cambiamento climatico
137 Etichettatura ambientale
Le raccomandazioni BCFN
140
bibliografia essenziale
142
84 Cambiare dieta può fare la differenza? I menu del BCFN
73 3
le infografiche ©bcfn foundation 2015
L’evoluzione della doppia piramide
12
L’evoluzione della piramide nutrizionale
la piramide nutrizionale
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lA filiera e l’ambiente
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la doppia piramide per gli adulti
62
L’impatto ambientale delle diete
broccoli 0,93 cent. per 100 kcal
il confronto tra i prezzi basato sulle kcal
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fragole 1,41 cent. per
100 kcal
pancarrè 0.40 cent. per 100 kcal
confetti
patatine
0.17 cent. per 100 kcal
0,16 cent. per 100 kcal
100 kcal
In america mangiare sano costa di piĂš?
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food POLICY
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Mangiare meglio migliorerà la tua salute e quella del Pianeta O gni giorno l’importanza dell’alimentazione per la salute delle persone viene confermata da nuovi studi e oggi sappiamo anche che il comparto agroalimentare è uno tra quelli con l’impatto ambientale più rilevante. Inoltre, secondo il modello della Doppia Piramide alimentare e ambientale del BCFN, siamo consapevoli che gli alimenti dei quali i nutrizionisti consigliano un consumo più frequente sono proprio quelli che determinano meno emissioni di CO2 , consumo di acqua e impronta ecologica.
Tale modello, presentato per la prima volta nel 2009, nel tempo si è trasformato in una vera e propria linea di ricerca: un percorso di studio che si è arricchito attraverso nuove tappe e argomenti scientifici che hanno consolidato lo schema iniziale. In sei anni, è più che duplicata la mole di dati a supporto e conferma della tesi iniziale e sono state proposte alcune declinazioni del modello che tengono conto delle diverse esigenze nutrizionali (a partire da quelle dei bambini). In aggiunta, è stata affrontata la questione dei prezzi, che può condizionare le scelte soprattutto di chi, essendo meno informato, non è in grado di valutare correttamente tutte le alternative di acquisto in relazione alle proprie scelte alimentari. In questa nuova edizione della Doppia Piramide alimentare e ambientale si è posta particolare enfasi sulle principali policy alimentari promosse da organizzazioni pubbliche e private, individuando nei vari Paesi le esperienze più interessanti e i modelli più facili da replicare. A questo proposito, si registra la crescente attenzione dei Paesi presenti a Expo 2015 per la soste-
nibilità; una nuova sensibilità istituzionale come nel caso degli Stati Uniti dove un gruppo di consulenti del governo, formato da medici ed esperti in alimentazione, per la prima volta dal 1980 ha messo in relazione l’alimentazione con la sostenibilità, affermando che una dieta di origine vegetale è buona sia per la salute, sia per l’ambiente.
Nella speranza che la Carta di Milano (che sintetizza i contenuti di Expo) non resti un elenco di buone e condivisibili intenzioni, la Fondazione BCFN persegue il suo obiettivo di aiutare le persone a migliorare i propri comportamenti alimentari. Perché talvolta anche i consumatori più informati non sono in grado di modificare le proprie abitudini e in molti casi i comportamenti errati invece di migliorare si rafforzano, non solo per l’esposizione alla pubblicità o ad altre forme di promozione, ma anche per i contesti culturali e sociali nei quali si vive. In questo quadro la famiglia – tradizionalmente depositaria della cultura alimentare e principale attore nel processo di formazione dei giovani – nel suo compito educativo ha sempre più bisogno della collaborazione e del sostegno di tutti i soggetti istituzionali, pubblici o privati. Il messaggio della Doppia Piramide vuole favorire una consapevolezza diffusa che il cibo rappresenta uno dei fattori rilevanti della sostenibilità globale: migliorare l’impatto che ha sull’ambiente e sulla salute deve essere una priorità per tutti gli attori della filiera agroalimentare. Mangiare meglio migliorerà la tua salute e quella del Pianeta.
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La Doppia Piramide: Un modello di riferimento
L
’ intuizione che cinque anni fa ha portato a
realizzazione di questo documento che ne rap-
costruire la piramide ambientale come im-
presenta la migliore sintesi.
magine capovolta della classica piramide
Come si potrà apprezzare nelle pagine seguenti,
alimentare comunicando, per la prima volta, la
è stato mantenuto lo stesso approccio adottato
relazione inversa tra alimenti nutrizionalmente
nei lavori precedenti, e uno stile che concilia il
raccomandati e impatto ambientale, non è stata
rigore scientifico delle fonti con un taglio divulga-
il punto di arrivo ma quello di partenza di un pro-
tivo adatto anche a un pubblico più ampio.
getto sempre più articolato. Chi ha fatto parte del nutrito gruppo di lavoro delInfatti, l’ impegno della fondazione BCFN nel
la Doppia Piramide si augura che questo ulteriore
mettere a fattore comune il meglio della ricerca
passo avanti possa favorire la collaborazione tra
internazionale è aumentato negli ultimi tempi di
la Fondazione BCFN e tutti gli altri soggetti isti-
pari passo con l’ interesse crescente delle perso-
tuzionali (a partire dalla scuola) e privati, come
ne per i temi della nutrizione, con la sempre più
le imprese alimentari e gli operatori della distri-
consapevole preoccupazione per gli effetti dan-
buzione, i media sia nuovi sia tradizionali. Nella
nosi delle emissioni di CO2 causate dalle attività
consapevolezza che solo un impegno costante
umane (agricoltura in primis) e, più in generale,
e collettivo potrà condurci verso la soluzione dei
con l’attenzione verso tutto ciò che può favorire
paradossi che ancora oggi rendono insostenibile
la sostenibilità agroalimentare.
il modo in cui produciamo, distribuiamo e consu-
Tale percorso ha condotto, anche per il 2015, alla
miamo il cibo.
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IL LEGAME TRA CIBO E AMBIENTE Un modello alimentare che consente di mangiare sano senza necessariamente spendere di più, mantenendo basso il proprio impatto sull’ambiente
La principale novità della Doppia Piramide, presentata nel 2009, è stata dimostrare la stretta relazione che esiste tra gli aspetti nutrizionali degli alimenti e gli impatti ambientali da essi generati nelle fasi di produzione e consumo. In particolare, adottando un modello alimentare in linea con le raccomandazioni elaborate dai nutrizionisti, come quello della dieta mediterranea, è possibile conciliare la salute della persona con quella dell’ambiente, senza alcun impatto negativo sull’economia. D’altronde, come sostiene Timothy Lang, professore esperto di politiche alimentari, gli obiettivi di salute pubblica e i vincoli degli ecosistemi convergono. Mangiare senza eccessi, ridurre il consumo di carne e latticini e aumentare quello di frutta e verdura apporta non solo benefici alle persone ma anche all’ambiente in cui viviamo1. Il modello concettuale della Doppia Piramide nasce come risposta alla necessità di comunicare
in modo efficace l’impatto ambientale delle scelte alimentari. Già dalle prime ricerche del Barilla Center for Food & Nutrition, pubblicate poi nel 2010, è emerso chiaramente che gli alimenti a minore impatto ambientale sono gli stessi per i quali i nutrizionisti consigliano un consumo maggiore, mentre quelli con un’impronta ambientale più marcata sul Pianeta vanno consumati con moderazione. Sulla base di questa importante scoperta, il BCFN si è posto l’obiettivo di illustrare a istituzioni e consumatori che un corretto stile alimentare ha effetti positivi sia sulla salute sia sull’ambiente e, a questo scopo, ha sviluppato uno schema grafico in cui alla classica piramide alimentare (per intenderci, quella della dieta mediterranea) ha affiancato una nuova piramide “ambientale” capovolta, nella quale gli alimenti sono stati classificati in base alla loro impronta ecologica (Ecological Footprint).
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L’evoluzione della doppia piramide 2
La Doppia Piramide diventa l’icona BCFN
«Pasta is good for the people, the environment and the economy»
divulgativo tecnico database
Roma Buono per te, sostenibile per l’ambiente
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2012
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2011
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Dibattito: “La Doppia Piramide Alimentare e Ambientale” aprile
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2010
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2009
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nasce il
Università Bocconi, Milano 3rd International Forum on Food and Nutrition
Un villaggio interattivo dedicato all’alimentazione e alla sostenibilità
La Doppia Piramide è presentata in ambito accademico
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Università di Siena Footprint Forum
lugli
Viene presentata la Doppia Piramide per la prima volta
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New York World Pasta Day
ag
Rome Sustainability International Forum
Eating Planet 2012
Cambiamento climatico, agricultura e alimentazione
Università Bocconi, Milano 2nd International Forum on Food and Nutrition
Presentato a New York: “How do we feed (and nourish) a planet of 7 billion”
Dibattito: “Alimentazione e ambiente: sano per te, sostenibile per il Pianeta”
1
divulgativo
Bruxelles, Parlamento UE. Sano per te, sostenibile per il Pianeta
Water Economy
“La Doppia Piramide del Barilla Center for Food & Nutrition”
Doppia Piramide dell’acqua
3 Washington BCFN Policy Summit Healthy Food Healthy Planet
divulgativo tecnico database
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Buenos Aires World Pasta Day
Biodiversità e Diete Sostenibili
Roma Alimentare la terra. Coltivare il futuro
Bruxelles Parlamento UE Diete Sostenibili
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mar
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Università Bocconi, Milano th 5 International Forum on Food and Nutrition
2014
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2013
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L’acqua che mangiamo
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divulgativo tecnico database
Università Bocconi, Milano 6th International Forum on Food and Nutrition
Presentazione della Doppia Piramide 2012 all’interno del convegno internazionale su sicurezza alimentare, alimentazione e nutrizione
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«Pasta & Sustainability»
divulgativo tecnico database
San Francisco LCA FOOD 2014 Presentazione della Doppia Piramide 2014
Università Bocconi, Milano 4th International Forum on Food and Nutrition
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Roma Commissione Agricoltura del Senato sul Disegno di Legge sulla Dieta Mediterranea Audizione del BCFN
Dibattito “Buono per te, sostenibile per il Pianeta: il modello della Doppia Piramide Alimentare e Ambientale”
divulgativo tecnico database
©BCFN foundation 2015
La Doppia Piramide
LA DOPPIA PIRAMIDE DELLA FONDAZIONE BARILLA CENTER FOR FOOD & NUTRITION Il modello della Doppia Piramide si è arricchito nel tempo, come testimoniato dalla pubblicazione di sei documenti interamente dedicati all’argomento. Il primo, presentato al Museo della Scienza di Milano nel 2010, Doppia Piramide: alimentazione sana per le persone, sostenibile per il Pianeta, proponeva l’innovativa piramide alimentare e ambientale come strumento di educazione per le scelte quotidiane delle persone. L’anno successivo, il documento Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti, sostenibile per l’ambiente analizzava le esigenze nutrizionali dei 14
bambini e degli adolescenti con il relativo impatto sull’ambiente. Nello stesso anno, per rimarcare la centralità dei concetti espressi, la Doppia Piramide è stata scelta come icona del BCFN. Il terzo documento, Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli, ha avviato una riflessione sulla sostenibilità economica di una dieta sana e a basso impatto. Nel 2013, il Magazine BCFN Alimentazione e ambiente: stili alimentari sani per le persone e per il Pianeta ha offerto l’ulteriore spunto per continuare a discutere su come ridurre l’impronta del nostro sistema alimentare. Nella quinta edizione, presentata all’LCA FOOD 2014 di San Francisco, ci si è proposti di valutare l’impatto ambientale di diversi stili alimentari, dedicando ampio spazio a quelli americani. In
©BCFN foundation 2015
questa sesta edizione si affronta il tema delle politiche alimentari messe in atto dalle istituzioni, e del loro ruolo fondamentale nel promuovere un’alimentazione sostenibile. Il modello della Doppia Piramide, grazie alla facilità con cui riesce a comunicare in modo sintetico concetti scientifici complessi, si è rapidamente diffuso, tanto da essere ripreso e ampliato in varie pubblicazioni: Water Economy (BCFN, 2011) approfondisce il concetto di Doppia Piramide idrica in rapporto all’impatto degli alimenti e delle bevande; il libro Eating Planet 2012 – Nutrirsi oggi: una sfida per l’uomo e per il Pianeta (BCFN, 2012) analizza, tra l’altro, gli effetti delle abitudini alimentari individuali sulla salute e sull’ambiente; il volume pubblicato dalla FAO, Sustainable Diets and Biodiversity (FAO,
2012), include un intero capitolo che illustra la Doppia Piramide; il libro L’acqua che mangiamo (Edizioni Ambiente – WWF, 2013)2 indaga, con un approccio multidisciplinare, l’impronta idrica degli alimenti e le sue implicazioni economiche, sociali e politiche, e presenta anche un contributo del BCFN sul concetto di Doppia Piramide alimentare e idrica, nonché il calcolo dell’acqua virtuale contenuta nella pasta.
Timothy Lang, 2012. Recentemente tradotto anche in inglese: The Water We Eat: Combining Virtual Water and Water Footprints (Springer Water Edition, 2015).
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Negli anni, sono stati organizzati molti eventi per presentare e discutere questi concetti, sia in ambito scientifico e istituzionale, sia in contesti dedicati al grande pubblico. In particolare, al Forum internazionale su cibo e nutrizione – l’evento annuale organizzato dal BCFN all’università Bocconi di Milano, per promuovere il dibattito sui temi globali legati al cibo e generare proposte concrete per migliorare la sostenibilità in ambito agroalimentare – ogni anno vengono riservati ampi spazi di discussione al tema delle diete sostenibili e alla Doppia Piramide.
L’alimentazione per il rispetto del Pianeta
La componente ambientale della Doppia Piramide è stata invece elaborata dal BCFN, considerando gli alimenti non più in funzione delle caratteristiche nutrizionali ma rispetto al loro impatto sull’ambiente. Utilizzando come unità di misura i dati di impatto (per chilogrammo o litro) degli stessi prodotti presenti nella piramide alimentare, si ottiene una piramide capovolta, che vede gli alimenti a maggior impatto ambientale in alto e quelli a ridotto impatto in basso.
L’alimentazione per la salute delle persone
La piramide alimentare contenuta nella Doppia Piramide è la rappresentazione grafica delle più importanti linee guida nutrizionali a livello internazionale3 e delle principali indicazioni per la prevenzione delle patologie non trasmissibili (malattie cardiovascolari, diabete, cancro). Si ispira al modello mediterraneo, considerato fra i più coerenti e rappresentativi di una sana alimentazione e un corretto stile di vita. A partire dal 1992 la piramide alimentare, pubblicata per la prima volta dall’U.S. Department of Agriculture, viene riportata in molti documenti utilizzando lo stesso schema grafico. La forma triangolare permette, infatti, di evidenziare che la base della nutrizione è costituita da alimenti di origine vegetale, tipici delle abitudini alimentari mediterranee, ricchi in termini di vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati complessi, acqua e proteine vegetali. Gli alimenti posti verso il vertice, invece, sono quelli che vanno consumati con moderazione, in quanto ricchi di grassi e zuccheri semplici. Il valore della piramide alimentare è duplice: da un lato rappresenta un’eccellente sintesi delle principali conoscenze acquisite dalla scienza medica e nutrizionale, indispensabili per chiunque presti attenzione alla propria salute e benessere, dall’altro grazie alla sua grafica semplice e intuitiva è un potente strumento di educazione al consumo.
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Gli impatti ambientali degli alimenti sono stati valutati con l’analisi del ciclo di vita (LCA), utilizzando i tre indicatori ambientali Carbon Footprint, Water Footprint ed Ecological Footprint. Il BCFN ha scelto di avvalersi unicamente di dati e informazioni di pubblico dominio – banche dati e pubblicazioni scientifiche4 – così da offrire agli interessati la possibilità di ricostruirne l’origine ed effettuare eventuali approfondimenti. A marzo 2015 è stata anche lanciata una specifica call for data pubblica per arricchire ulteriormente il database. Per rendere disponibile in modo strutturato e organico tutte le fonti utilizzate è stata realizzata una banca dati accessibile dal sito del BCFN (www. barillacfn.com): il Database della Doppia Piramide, che compie il suo quinto anno di vita. La Doppia Piramide
Accostando le due piramidi si ottiene la Doppia Piramide alimentare e ambientale. Dalla disposizione degli alimenti emerge chiaramente la possibilità di far coincidere in un unico modello alimentare due obiettivi diversi ma ugualmente rilevanti e fra loro connessi: la salute delle persone e la tutela delle risorse del Pianeta. Infatti, è evidente che gli alimenti per i quali vie-
ne consigliato un consumo maggiore e frequente spesso sono anche quelli che determinano gli impatti minori sull’ambiente, e viceversa. Pertanto, chiunque decida di assumere un atteggiamento responsabile in termini di stile di vita alimentare finisce per conciliare il proprio benessere (ecologia della persona) con quello dell’ambiente (ecologia del contesto). La dieta sostenibile alla portata di tutti
In periodi di crisi economica, e soprattutto per i Paesi a basso reddito, è importante prestare particolare attenzione alla sostenibilità sociale della dieta, evitando che il costo eccessivo di alcuni cibi suggeriti possa frenare le persone dall’adottare modelli alimentari corretti. Così com’è stato fatto per l’analisi dei valori ambientali, anche per valutare questo ulteriore aspetto della sostenibilità il BCFN ha utilizzato le informazioni disponibili sugli impatti economici di alcune “diete tipo” in Italia, negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei. Da quest’analisi emerge che nei Paesi mediterranei i menu più ricchi di proteine di origine animale (carne e soprattutto pesce) hanno un costo leggermente più elevato. Tuttavia, la stessa ricerca condotta in altre nazioni, tra cui Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, non restituisce risultati univoci. Da alcuni studi, infatti, emerge che in questi Paesi la dieta sostenibile sia più onerosa per le famiglie, anche se questo dato può essere in parte condizionato dai diversi criteri di calcolo adottati e dalle scelte alimentari considerate. In generale, quindi, mangiare sostenibile non vuol dire spendere necessariamente di più, anche se richiede uno sforzo aggiuntivo da parte dei singoli e delle famiglie in termini di tempo dedicato alla scelta degli alimenti, per privilegiare quelli ad alto valore nutrizionale – come pasta e prodotti a base di cereali, legumi, alcuni tipi di vegetali, frutta fresca e secca – e relativamente a basso costo.
In particolare la carne bianca, i latticini a ridotto contenuto di grassi e le uova rappresentano la fonte più economica di proteine animali. Le politiche alimentari a favore della salute e dell’ambiente
I governi e le istituzioni sia nazionali sia internazionali hanno un ruolo fondamentale nel proporre e attuare norme, incentivi, tasse e campagne di informazione su cosa, quando e come si mangia, nonché sulle relative conseguenze economiche, sociali e ambientali del comparto agroalimentare. La novità di questa edizione è un capitolo dedicato ad analizzare le principali politiche alimentari che incidono sulla salute delle persone tenendo, al contempo, in considerazione gli impatti sul Pianeta. In particolare, verranno illustrati alcuni casi emblematici di attività istituzionali tese ad assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili della popolazione; le politiche per ridurre l’obesità e il sovrappeso; la regolamentazione del food marketing rivolto ai bambini; le politiche che collegano l’accesso al cibo ai cambiamenti climatici; le linee guida emergenti per un’alimentazione sostenibile; e, infine, l’evoluzione delle etichette ambientali nel settore alimentare. Lungo questo percorso saranno evidenziati alcuni argomenti controversi che coinvolgono attori con interessi potenzialmente divergenti, o temi complessi su cui è spesso difficile regolamentare.
3 Tra le altre: Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), Linee guida per una sana alimentazione italiana, Roma, 2003; World Health Organization Europe, Food Based Dietary Guidelines in the WHO European Region, Copenhagen, 2003; HHS and USDA, Dietary Guidelines for Americans, 2010; Institute of Medicine of the National Academies, Dietary Reference Intakes, Washington D.C., 2006; Ancel e Margaret Keys, Eat Well and Stay Well, The Mediterranean Way, Doubleday, 1975. 4 In particolare da: Environdec Database; LCA Food Database; Water Footprint Network Database; Global Footprint Network Database; Andersson K., LCA of Food Products and Production Systems, International Journal of LCA (4), pp. 239-248 (2000); Baroni L. et al., Evaluating the Environmental Impact of Various Dietary Patterns Combined with Different Food Production Systems, European Journal of Clinical Nutrition, 1-8 (2006).
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l’alimentazione per la salute delle persone Non esistono per natura cibi migliori o peggiori: una dieta equilibrata deve prevedere una varietà di alimenti da assumere nelle giuste quantità, evitando eccessi o carenze
Il BCFN ha proposto, nel corso delle varie edizioni della Doppia Piramide, una rilettura dei modelli alimentari adottati nel mondo, con particolare attenzione a quello della dieta mediterranea, riconosciuto come uno dei più coerenti quando associato a uno stile di vita equilibrato e “sano”.
La dieta mediterranea La dieta tradizionalmente adottata nei Paesi dell’area del Mediterraneo è un modello alimentare che si caratterizza per la sua varietà, oltre che per uno spiccato equilibrio nutrizionale. Prevede un elevato consumo di verdura, legumi, frutta fresca e secca, olio d’oliva e cereali (per un 50% integrali); un moderato consumo di pesce e prodotti caseari (specialmente formaggio e yogurt); un ancora più moderato consumo di carne rossa, carne bianca e dolci5.
Il corretto equilibrio nutrizionale della dieta mediterranea è stato dimostrato scientificamente negli anni Settanta dallo Studio dei sette Paesi di Ancel Keys6, che metteva a confronto le diete di diverse popolazioni per verificarne i benefici e i punti critici. Da quell’analisi emersero per la prima volta le forti correlazioni tra tipologia di dieta e rischio d’insorgenza di malattie croniche, in particolare quelle cardiovascolari. A partire da quel primo studio, molte altre ricerche hanno approfondito l’analisi dell’associazione tra alimentazione e salute, confermando che l’adozione di un regime alimentare di tipo mediterraneo è collegata a un basso tasso di mortalità7, una minore incidenza di malattie cardiovascolari8, di disfunzioni metaboliche9 e di certe tipologie di tumori10.
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Secondo alcuni studi recenti, inoltre, la dieta mediterranea garantirebbe longevità: è infatti collegata a una maggiore lunghezza dei telomeri – le piccole porzioni di DNA che si trovano alle estremità dei cromosomi – che a sua volta è connessa ai processi di invecchiamento11. Un’unicità riconosciuta anche dall’UNESCO, che nel 2010 l’ha dichiarata Patrimonio Immateriale dell’Umanità12. Per avviare un’attività di informazione ed educazione alimentare, ispirata proprio alla dieta mediterranea, nel 1992 l’U.S. Department of Agriculture pubblicò la prima edizione della piramide alimentare13, riproposta senza modifiche dalla FAO in un documento del 199714, per spiegare attraverso una sintesi efficace come alimentarsi in modo equilibrato. Nel corso degli anni, diverse istituzioni e centri di ricerca – come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), il CIISCAM (Centro Interuniversitario Internazionale di Studi sulle Culture Alimentari Mediterranee) e la Harvard School of Public Health – hanno elaborato sistemi di comunicazione basati sull’immagine della piramide alimentare15. Il concetto di base prevede che gli alimenti siano rappresentati su diversi livelli e che, via via che si sale verso la punta della piramide, diminuisca la
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frequenza relativa di consumo, senza però escludere alcuna categoria, affinché la varietà dei cibi rimanga uno dei principi cardine di una corretta alimentazione. Negli anni sono state pubblicate diverse versioni della piramide alimentare16. Partendo da una base scientifica comune, ogni piramide adatta il modello originario allo specifico pubblico al quale si rivolge, distinguendo per esempio le diverse fasce di età, il tipo di vita condotta, il momento specifico o le abitudini nutrizionali. Inoltre, in quasi tutte le versioni più recenti della piramide lo schema è integrato a ulteriori raccomandazioni per un corretto stile di vita (per esempio la quantità di acqua da bere, il tempo da dedicare all’attività fisica, ecc.).
Trichopoulou et al., 2003. Keys et al., 1970; Keys et al., 1980. 7 Trichopoulou et al., 2003. 8 Fung et al., 2009; Lopez-Garcia et al., 2014, Estruch et al., 2013. 9 Babio et al., 2014. 10 Couto et al., 2014. 11 Cros-Bou et al., 2014; B. Sears, C. Ricordi, 2011. 12 Saulle e La Torre, 2010. 13 USDA, 1992. 14 FAO/WHO, 1997. 15 OMS, 2000; CIISCAM, 2009; Harvard School of Public Health, 2011. 16 EUFIC, 2009; FAO 2014. 5
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l’evoluzione della
piramide nutrizionale dal 1992 ad oggi La dieta mediterranea e gli altri modelli nutrizionali nel mondo
usda
oms
my pyramid
oldways
HSPH
1992
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2005
2008
2008
Altri modelli nutrizionali
Temel Besin Grupla Turchia
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La Pagoda Cina
Choose My Plate Stati Uniti
Guide to Healthy Eating Australia
BCFN 2009 «La dieta mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo»
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ciiscam
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The Food Circle Svezia
Food Bicycle Corea
Food Spinning Top Giappone
The Food Rainbow Canada
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la piramide nutrizionale Consumi suggeriti per un’alimentazione corretta
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La piramide nutrizionale del BCFN, derivante dalla messa a fattore comune di diverse linee guida nutrizionali a livello internazionale, è facilmente riconducibile alla dieta di tradizione mediterranea. Il messaggio veicolato è che la base della nutrizione deve essere costituita da alimenti di origine vegetale, ricchi di vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati complessi, acqua e proteine vegetali, tutti tipici delle abitudini mediterranee. Mentre gli alimenti posizionati verso il vertice della piramide vanno consumati con moderazione perché ricchi di grassi e zuccheri semplici.
Grassi saturi e insaturi, Carboidrati semplici (zuccheri) Vitamina B12, Ferro, Zinco, Proteine, Grassi saturi e monosaturi Grassi saturi e insaturi, Proteine, Aminoacidi essenziali, Vitamina B, Selenio, Rame, Zinco Proteine Grassi saturi e insaturi, Carboidrati semplici (zuccheri) Proteine, Grassi saturi, Calcio, Vitamina A Proteine, Grassi saturi, Omega 3 Acqua, Calcio, Proteine, Grassi saturi, Carboidrati semplici (zuccheri), Vitamina A e B, Acido Pantotenico
Vitamina E, Polifenoli, Trigliceridi, Acidi grassi essenziali Vitamine, Sali minerali, Antiossidanti, Grassi insaturi, Omega 3, Omega 6 riso
Carboidrati complessi (amido) Proteine, Fibre, Aminoacidi essenziali, Vitamina B, Ferro, Zinco
Acqua, Vitamine, Minerali, Fibre, Carboidrati semplici (zuccheri)
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La nutrizione per chi cresce Nell’edizione del 2011, il BCFN ha esteso l’analisi prendendo in considerazione le esigenze nutrizionali di bambini e adolescenti, con l’obiettivo finale di validare il modello della Doppia Piramide anche per gli individui in fase di sviluppo. Durante il periodo della prima infanzia – caratterizzato da una crescita molto rapida e dalla sintesi di nuovi tessuti – è necessario fornire al bambino una quantità adeguata di energia. Nel primo anno di vita il fabbisogno di energia è notevole, ma si riduce rapidamente: passa, infatti, dal 35% nel primo mese di vita al 5% a un anno. Dal primo anno e fino ai 9-10 anni di vita, giornalmente il 50-60% dell’energia del bambino è speso dal metabolismo basale, il 20-40% dall’attività fisica, il 5-8% dalla termogenesi e solo un 2% dall’accrescimento17. I carboidrati (amidi e zuccheri) costituiscono, in termini quantitativi, la prima e più importante fonte energetica dell’organismo; forniscono energia a tutti i tessuti del corpo umano, soprattutto al cervello e ai globuli rossi, che usano solamente il
26
glucosio come “carburante” per le attività cellulari. La fibra alimentare18 è costituita da carboidrati non digeribili delle piante e determina effetti fisiologici benefici, come il rallentato svuotamento gastrico, il maggiore senso di sazietà, l’aumento del transito intestinale, la ridotta glicemia postprandiale e assorbimento di colesterolo e acidi grassi. I grassi rappresentano per il bambino una fonte di energia e di acidi grassi essenziali. La loro assunzione giornaliera va ottenuta con alimenti come il pesce e la frutta secca; come condimenti vanno preferiti gli oli vegetali, in particolare quello di oliva che consente anche un assorbimento ottimale delle vitamine liposolubili (A, D, E, K). Le proteine sono il principale componente strutturale di tutte le cellule del corpo19. Funzionano da enzimi, membrane, trasportatori e ormoni; gli amminoacidi compongono le proteine e sono precursori di acidi nucleici, ormoni, vitamine e altre molecole importanti. Fonti ottimali di proteine di alta qualità sono carne, pesce, formaggio, latte, uova e alcuni prodotti di origine vegetale,
Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente, 2011.
come soia, legumi e i prodotti derivati dal grano. Accanto ai principali macronutrienti, gli elementi essenziali di una corretta alimentazione per i bambini in età prescolare e scolare sono le vitamine e i minerali. L’adolescenza è il periodo in cui avviene il passaggio dalla condizione prepuberale a quella adulta ed è caratterizzata dalla comparsa di importanti cambiamenti a livello fisico, psichico e sociale, accompagnati da maggiori fabbisogni sia quantitativi sia qualitativi di nutrienti, vitamine, sali minerali, fibre e acqua. In questa fase, le più comuni carenze sono quelle di ferro e calcio. I livelli di ferro sono il risultato del bilancio tra entrate (dieta, alimenti fortificati e integratori) e uscite, che nel caso dei bambini e degli adolescenti aumentano con la crescita, le infezioni e l’inizio delle mestruazioni nelle adolescenti20. Per un corretto bilancio è quindi importante che nella fase adolescenziale vi sia un incremento del consumo di alimenti ricchi di ferro, come le carni magre e il pesce, i legumi, i vegetali di colore
verde scuro, le noci, i cereali arricchiti di ferro. Anche il calcio ricopre una funzione essenziale nell’organismo dell’adolescente in rapida crescita, perché entra nella composizione delle ossa e dei denti. È dunque importante per i ragazzi alimentarsi con cibi ricchi di calcio e vitamina D, soprattutto per le femmine che, negli anni a venire e con la comparsa della menopausa, saranno più esposte al rischio di osteoporosi. Questo è, infine, il periodo in cui i fabbisogni alimentari diventano più simili a quelli degli adulti. In conclusione, nonostante i casi particolari appena descritti, il modello della Doppia Piramide è valido e fornisce indicazioni utili all’educazione alimentare in tutte le fasce di età.
FAO, 2004. Institute of Medicine of the National Academic Press, 2005. 19 Institute of Medicine of the National Academic Press, 2005. 20 U. Ramakrishnan, R. Yip, 2002. 17
18
27
190
g/giorno il consumo pro capite di carne negli Stati Uniti seguiti da Italia, Francia, Germania e Svezia
Le abitudini alimentari in Europa e negli Stati Uniti Per verificare il reale livello di adozione dei modelli suggeriti, il BCFN ha raccolto e analizzato i dati principali sui consumi alimentari pubblicati dagli istituti di ricerca europei e statunitensi. Le ricerche sui consumi italiani si sono basate principalmente sulle rilevazioni dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (l’INRAN ora CRA-NUT, Centro di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), che negli ultimi vent’anni ha condotto diverse indagini complete sulle abitudini alimentari della popolazione, per sorvegliare e monitorare la dieta al fine di ideare specifici interventi di sensibilizzazione. Lo studio più recente, pubblicato nel 2008, presenta i dati raccolti nel biennio 2005-2006 e fornisce un utile strumento per la valutazione della dieta media italiana21. I dati relativi agli altri Paesi provengono dall’European Food Safety Authority, che ha sviluppato
28
il progetto “The EFSA European Food Consumption Database” del quale è stato pubblicato un documento che sintetizza i dati dei consumi alimentari di 22 Stati europei, provenienti per la maggior parte da programmi di monitoraggio di organismi governativi e da studi scientifici. In particolare, per le valutazioni di questo lavoro si è scelto di confrontare le abitudini dei consumatori italiani con quelle di Francia, Germania e Svezia. Analogamente allo studio europeo, negli Stati Uniti l’USDA22 ha condotto una ricerca sulle abitudini degli americani. Lo studio è riferito agli anni 1994-96 e il campione considerato comprende tutte le fasce d’età. Anche se i dati provengono da fonti diverse e sono ottenuti con approcci differenti e non del tutto confrontabili, è possibile fare alcune considerazioni di massima. Di seguito è riportata la quantità media consumata in Italia, Francia, Germania, Svezia e Stati Uniti di otto macrocategorie alimentari23: i dati tengono conto del solo consumo effettivo di quell’alimento24.
450
350 300 g/giorno
Fonte: Elaborazione BCFN, 2012
400
250 200 150 100 50
Cereali
Legumi
Ortaggi
Frutta
Carne
Pesce
Latte/Latticini
Italia
252
29
190
169
112
66
227
Francia
214
35
112
108
116
28
258
Germania
209
26
98
159
93
51
220
Svezia
217
15
48
118
76
30
426
Stati Uniti
302
15
189
169
187
10
274
Consumi medi delle principali categorie alimentari in quattro Paesi europei (fonte: EFSA) e negli Stati Uniti (fonte: USDA)
In generale, si nota come in tutti i Paesi esaminati i legumi e il pesce siano consumati da una bassa percentuale di popolazione, diversamente dagli altri alimenti, consumati da oltre il 90% del campione analizzato. Caso particolare è la Francia, che vanta un’alta percentuale di consumatori per ogni alimento: ciò significa che la dieta del Paese è molto varia e che, mediamente, vengono adottate abitudini alimentari che includono cibi di tutte le categorie. Gli americani sono i primi per il consumo di carne (quasi due etti giornalieri pro capite), seguiti da Italia, Francia, Germania e Svezia, che ne
consuma la quantità minore (75 g/giorno). Non disponendo di dati disaggregati sul consumo di carne (bovina, avicola, suina), non è possibile fare ulteriori considerazioni. Il consumo di legumi è basso in tutti i Paesi, così come quello di pesce. Un altro dato particolare è l’elevato consumo di latte e latticini in Svezia (più di 400 g/giorno). Leclercq et al., 2009. EPA, 2007. 23 La categoria cereali comprende pane, pasta e riso. 24 I dati riportati rappresentano una media reale, ossia calcolata non su tutto il campione di consumatori, ma solamente su chi effettivamente ha consumato l’alimento. Questo serve a evitare che il consumo pro capite risulti più basso rispetto al consumo reale. 21
22
29
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LA DIETA MEDITERRANEA: PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL’UMANITÀ
L
’UNESCO nasce nel 1975 per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree dell’istruzione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Una delle sue missioni è mantenere una lista di “patrimoni dell’umanità”, siti di valore dal punto di vista naturalistico o culturale, la cui conservazione sia ritenuta importante per la comunità mondiale. Dal 2001, l’UNESCO ha iniziato anche a stilare una lista di patrimoni culturali immateriali dell’umanità, antiche tradizioni (rappresentazioni, conoscenze, oggetti, strumenti) che le comunità riconoscono come parte del loro patrimonio culturale e che spesso sono state tramandate oralmente nel corso delle generazioni.
Tra questi, nel 2010, è stata inserita anche la dieta mediterranea, in quanto25 «rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Tuttavia, la dieta (dal
greco diaita, o stile di vita) mediterranea è molto più che un semplice alimento: promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei suoi costumi sociali e delle festività condivise, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Questa dieta si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, così come nelle zone della Soria in Spagna, di Koroni in Grecia, del Cilento in Italia e di Chefchaouen in Marocco. Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione delle competenze, della conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e nella salvaguardia delle tecniche».26
25 UNESCO, Commissione Nazionale Italiana, archivio News. “La Dieta Mediterranea è patrimonio immateriale dell’Umanità”. http://www.unesco.it/cni/index.php/ archivio-news/174-la-dieta-mediterraneae-patrimonio-immateriale-dellumanita. 26 Per maggiori informazioni, si vedano: Saulle e La Torre 2010; Bach Faig et al., 2011.
31
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LE INDICAZIONI PER IL “VIVERE BENE”
A
l di là delle modalità di rappresentazione grafica dei consigli alimentari, è importante osservare come gran parte delle più autorevoli ricerche scientifiche sulla relazione tra alimentazione e malattie croniche evidenzino che il modello alimentare mediterraneo deve essere considerato il punto di riferimento di una corretta alimentazione, e che ad esso dovrebbero essere
associati stili di vita “salubri”. Un elemento fondamentale è un’adeguata attività fisica, che dovrebbe sempre essere affiancata a una sana alimentazione. L’attività motoria contribuisce, infatti, a bruciare calorie, scaricare tensione e stress, migliorare lo stato dell’umore e del benessere psicologico. La pratica costante di attività fisica e sport apporta notevoli benefici all’apparato cardiova-
scolare e al sistema scheletrico, oltre che al metabolismo. E favorisce il mantenimento di un peso adeguato e una composizione corporea ottimale, rende l’adolescente più forte e lo abitua a uno stile di vita che gli consentirà di affrontare più in salute gli anni della maturità.
Sintesi delle linee guida per chi cresce
1.
Adottare una dieta sana ed equilibrata che, alternando quotidianamente i principali alimenti, fornisca tutti i nutrienti e micronutrienti (vitamine e sali minerali).
traverso l’assunzione di meno dolci, più pane, patate, pasta o riso), di grassi animali e vegetali (utilizzando meno strutto e burro e più olio di oliva).
2.
4.
3.
5.
Evitare l’eccessiva introduzione di calorie, bilanciando l’alimentazione con l’attività fisica. Ripartire in maniera bilanciata i nutrienti nella giornata, assicurando un giusto equilibrio tra apporto di proteine animali e vegetali, di zuccheri semplici e complessi (at-
32
Ridurre al minimo l’apporto aggiuntivo di sale al fine di diminuire i fattori di rischio di sviluppo di ipertensione. Distribuire l’assunzione di cibo in cinque momenti della giornata: colazione, spuntino della mattina, pranzo, merenda e cena.
6.
Evitare di consumare cibi al di fuori dei cinque momenti individuati.
7.
Svolgere attività fisica per almeno un’ora al giorno, che comprenda attività sportiva o gioco.
8.
Ridurre il più possibile la vita sedentaria, in particolare quella passata davanti a televisione e computer.
ALIMENTAZIONE E STILE DI VITA sani per tutti
1.
2.
3.
Fare almeno 30 minuti di attivitĂ fisica al giorno
Evitare di raggiungere condizioni di sovrappeso e obesitĂ
Evitare l’eccessivo consumo di alcolici
Non fumare
5.
6.
7.
8.
Adottare una dieta equilibrata
Aumentare il consumo di frutta e verdura
Preferire i carboidrati complessi e aumentare il consumo di cereali integrali
Aumentare il consumo di legumi
11.
12.
Limitare il consumo di cibi a elevato contenuto di grassi
Limitare il consumo di cibo fritto
Fonte: BCFN. Alimentazione e salute, 2009
9.
10.
Consumare 2 o 3 porzioni di pesce alla settimana
Preferire condimenti di origine vegetale
13.
14.
Limitare il consumo di carne e pollame a 3 o 4 porzioni alla settimana
Limitare il consumo aggiuntivo di sale
4.
15. Limitare il consumo di cibi e bevande ad alto contenuto di zuccheri
33
34
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L’ambiente nelle linee guida NUTRIZIONALI Degli stati uNiti
27
O
gni cinque anni, negli Stati Uniti il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HSS) e il Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) cooperano per aggiornare le linee guida nutrizionali statunitensi (Dietary Guidelines for Americans), mantenendole al passo con le ultime ricerche scientifiche. Il processo di aggiornamento inizia con il lavoro dell’Advisory Committee, un gruppo di quindici esperti che sottopone le linee guida a un rigoroso processo di revisione e pubblica un report scientifico con i suggerimenti per formularne di nuove. All’USDA spetta, dopo una fase di consultazione pubblica, il compito di tradurre il contenuto scientifico del report in raccomandazioni divulgative. Il 15 febbraio 2015, l’Advisory Committee ha reso pubblico il report28 di revisione che costituirà la base delle nuove Dietary Guidelines, la cui pubblicazione è prevista per la fine del 2015. Le nuove linee guida segneranno un decisivo punto di
svolta rispetto alle indicazioni nutrizionali pubblicate fino a questo momento: per la prima volta, infatti, si parlerà anche di sostenibilità, introducendo considerazioni di tipo ambientale in un ambito, quello della salute pubblica, tradizionalmente considerato da un punto di vista strettamente “medico”. Il report parte dalla constatazione che la dieta media della popolazione americana è molto sbilanciata dal punto di vista nutrizionale: troppo ricca di calorie, grassi saturi, cereali raffinati e zuccheri semplici. Circa i due terzi degli americani adulti sono in sovrappeso e molti soffrono la mancanza di nutrienti importanti (potassio, fibre, calcio, vitamina D) per lo scarso consumo di frutta, verdura e latticini. Per formulare le raccomandazioni nutrizionali, l’Advisory Committee è partito delineando le caratteristiche comuni delle diete “sane” sulla base di una revisione della letteratura scientifica che tratta la relazione tra specifici regimi alimentari
(ad esempio la dieta mediterranea, vegetariana e la dieta contro l’ipertensione denominata “DASH”29) e le varie malattie connesse all’alimentazione. Le categorie considerate sono molte: dall’impatto sull’obesità al diabete, dalle malattie cardiovascolari fino all’Alzheimer e alle malattie neuro-degenerative. Questo processo ha permesso di identificare gli alimenti (o i gruppi alimentari) che hanno effetti “benefici” sulla salute e quelli che dovrebbero essere consumati con più moderazione. In particolare, dallo studio emerge che: «Le diete più sane sono accomunate dal fatto di prevedere un elevato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, latticini scremati, pesce, legumi e noci, con un consumo molto ridotto di carne rossa, insaccati, cereali raffinati, dolci e bevande zuccherate»30.
Le indicazioni qui riportate provengono dal report dell’Advisory Committee pubblicato nel febbraio 2015 e sono da considerarsi solo come un’indicazione preliminare sul contenuto e l’orientamento delle Dietary Guidelines 2015, che saranno pubblicate a fine anno a seguito delle revisioni definite da una consultazione pubblica. 28 Dietary Guidelines Advisory Committee, 2015. 29 DASH o Dietary Approachers to Stop Hypertension è un regime alimentare ideato dall’Istituto di Salute Pubblica degli Stati Uniti (US National Institute of Health), con l’obiettivo di ridurre la pressione sanguigna senza ricorrere a medicinali. 30 Dietary Guidelines Advisory Committee, 2015, Parte D, capitolo 2, p. 41. 27
35
Una delle novità dell’ultimo report di revisione è rappresentata dalla constatazione che «sono molte le vie che conducono a una dieta sana», e che pertanto le linee guida debbano offrire vari esempi di regimi alimentari bilanciati, in modo da andare incontro alle differenti esigenze della popolazione. Per questo motivo, anziché proporre un solo tipo di regime alimentare, le nuove Dietary Guidelines ne proporranno diversi: la dieta americana (sana), la dieta mediterranea, e la dieta vegetariana. La scelta di elevare la dieta mediterranea e quella vegetariana a modelli di riferimento nutrizionale si deve ai
36
numerosi studi scientifici che ne hanno dimostrato i benefici. Oltre a soffermarsi sulle caratteristiche nutrizionali dei vari modelli proposti, l’Advisory Committee ne valuta anche l’impatto ambientale. In generale, riconosce che nella società americana una dieta a base prevalentemente vegetale (con un ridotto apporto di prodotti di origine animale e meno calorica rispetto alla dieta attuale) porterebbe un beneficio tangibile alla salute dei consumatori e del Pianeta. Viene così ufficialmente riconosciuta la relazione tra le scelte alimentari del singolo e l’impatto ambientale in termini di emissioni di
gas serra e consumo di risorse naturali. Ancora una volta, la dieta mediterranea è annoverata tra gli esempi di dieta sostenibile e l’Advisory Committe le dedica un paragrafo specifico nel capitolo sulla sostenibilità. Le evidenze scientifiche confermano che questo regime alimentare ha un impatto ambientale inferiore rispetto alla dieta attuale della popolazione americana. Dal punto di vista nutrizionale, queste linee guida introducono ulteriori significative novità:
L’ambiente nelle linee guida NUTRIZIONALI Degli stati uNiti
1.
Focus sugli alimenti, non sui nutrienti Dal momento che le persone consumano alimenti complessi e non singoli nutrienti, le raccomandazioni devono essere espresse in termini di porzioni o corredate da esempi pratici che riportino il parere scientifico in un messaggio facilmente comprensibile.
2.
Più verdura, frutta e noci Tutti gli studi esaminati concordano che il consumo di frutta e verdura apporta svariati benefici sulla salute, soprattutto in termini di ridotto rischio di malattie cardiovascolari, obesità, diabete.
3.
Meno calorie “vuote” Con questo termine il report si riferisce agli zuccheri aggiunti e ai grassi saturi, dei quali si consiglia una netta riduzione. Gli zuccheri aggiunti (non quelli derivati dalla frutta, ma quelli contenuti in dolciumi e bevande zuccherate) non dovrebbero apportare più del 10% delle calorie giornaliere. Stesso discorso per i grassi saturi.
4.
Sostituire, non ridurre Per adottare una dieta sana e bilanciata, l’obiettivo non dovrebbe essere solo di ridurre gli alimenti ricchi di sale, zucchero e grassi saturi, ma di sostituirli con delle alternative. Al posto di alimenti ricchi di grassi saturi è bene consumare fonti di grassi insaturi, mentre gli zuccheri aggiunti non dovrebbero essere sostituiti da dolcificanti artificiali (il cui impatto sulla salute non è del tutto chiaro) ma da quelli contenuti nella frutta.
5.
No alla “carbofobia” Il report prende in considerazione le evidenze scientifiche sull’efficacia delle diete iperproteiche e a basso tenore di carboidrati (low-carb) per perdere peso. Gli autori concludono che nel lungo periodo (ossia superiore ai 12 mesi) non ci sono sufficienti evidenze sul fatto che una dieta low-carb e iperproteica favorisca il dimagrimento e riduca il rischio di obesità. Se la dieta è corretta e bilanciata, la proporzione di macronutrienti consumata ogni giorno è ininfluente sulla perdita di peso.
6.
Più cereali integrali Almeno la metà dei cereali consumati ogni giorno dovrebbe essere integrale.
7.
Il colesterolo non è (più) un problema Un’altra novità è la “riabilitazione” di alcuni alimenti dall’alto profilo nutrizionale, come le uova e i frutti di mare, di cui fino a poco fa si consigliava un consumo moderato a causa dell’alto contenuto di colesterolo. Nuove ricerche hanno dimostrato che il colesterolo alimentare non costituisce una preoccupazione rilevante.
8.
Consumo moderato di carne rossa e insaccati Ci sono alcune evidenze sul fatto che un consumo molto elevato di carne rossa e insaccati sia connesso a un maggiore rischio di cancro al colon-retto.
9.
L’ambiente conta Una dieta a base prevalentemente vegetale, come quella mediterranea, ha un impatto ambientale inferiore rispetto a quella media americana, sia in termini di emissioni di CO2 sia di consumo di risorse naturali. Per tradurre in pratica le indicazioni nutrizionali e adattarle alle esigenze di diversi gruppi di popolazione, la nuova versione delle Dietary Guidelines conterrà ben tre diversi esempi di menu settimanali, uno per ciascun modello alimentare di riferimento (americano, mediterraneo e vegetariano). Ognuno fornisce l’indicazione delle porzioni settimanali consigliate per ciascun gruppo alimentare per mantenere un’alimentazione bilanciata e salutare31.
Non è ancora noto se all’aggiornamento delle linee guida si accompagnerà anche una modifica di MyPlate, la rappresentazione grafica tradizionalmente utilizzata per mostrare come dovrebbe essere composto un pasto bilanciato dal punto di vista nutrizionale.
31
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STATI UNITI: DALLA PIRAMIDE NUTRIZIONALE A HEALTHY EATING PLATE
L
a piramide nutrizionale non è l’unica rappresentazione grafica cui si ricorre per fornire suggerimenti ai consumatori. Negli ultimi decenni, i governi dei vari Paesi hanno sviluppato altri strumenti per informare ed educare le persone a mantenere un’alimentazione equilibrata per una vita sana. Al di là dell’aspetto grafico, è interessante sottolineare come, nonostante alcune differenze puntuali dovute ad aspetti culturali o alla diffusione di alcune tipologie di alimenti, tutti i mo-
Fonte: USDA Food Guide Pyramid 1992
38
delli nutrizionali sono accumunati da alcuni consigli basilari: un maggiore consumo di frutta, ortaggi, cereali (in particolare integrali) e legumi, e un ridotto consumo di proteine e grassi animali e zuccheri semplici. La prima piramide alimentare americana è stata rilasciata dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) nel 1992. Questo strumento di educazione alimentare è stato ampiamente riconosciuto nell’ambito scientifico internazionale e ha rappresentato la base per l’evoluzione delle rac-
comandazioni nutrizionali su tipologie e quantità di alimenti da mangiare ogni giorno. MyPyramid, pubblicata dall’USDA nel 2005, rappresenta l’aggiornamento della prima piramide, ed è stata progettata come strumento di educazione in aggiunta alle linee guida Dietary Guidelines for Americans32, stilate e aggiornate ogni cinque anni dall’USDA e dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS), e indirizzate a tutte le persone (a partire dai 2 anni) in normali condizioni di salute.
Fonte: www.mypyramid.gov
Le raccomandazioni trasmesse da MyPyramid sono riferite soprattutto alle abitudini alimentari (indicano quali cibi è consigliabile consumare e con quale frequenza), ma incoraggiano anche una regolare attività fisica giornaliera, come prerequisito essenziale del benessere psicologico e di un peso corporeo corretto. Nel giugno 2011, in sostituzione di MyPyramid, è stato presentato MyPlate come parte di un’iniziativa più ampia di comunicazione basata sulle Dietary Guidelines for Americans33 del 2010, per aiutare i consumatori a fare scelte alimentari migliori. All’inaugurazione, la first lady Michelle Obama ha affermato: «I genitori non hanno il tempo di pesare esattamente tre grammi di pollo o di guardare quanto è una porzione di riso con i broccoli… però noi abbiamo il tempo di dare un’occhiata ai piatti dei nostri bambini, e se loro mangiano le giuste porzioni, se la metà del loro piatto è piena di frutta e verdure, in-
Fonte: www.choosemyplate.gov
sieme a proteine magre, cereali integrali e latticini a basso contenuto di grassi, allora va bene. È così semplice!». MyPlate ha ricevuto numerosi elogi, avendo contribuito a migliorare la precedente MyPyramid, giudicata troppo astratta e confusa. MyPlate rappresenta attraverso un piatto e un bicchiere cinque gruppi di alimenti. Il piatto è diviso in quattro sezioni: 30% di ortaggi, 30% di cereali, 20% di frutta e 20% di proteine; in più c’è un piccolo cerchio – come se fosse un bicchiere di latte o uno yogurt – che rappresenta i prodotti caseari. La grafica è accompagnata da messaggi sintetici come: «Make half your plate fruits and vegetables», «Switch to 1% or skim milk», «Make at least half your grains whole», e «Vary your protein food choices». L’inclusione dei latticini a ogni pasto ha sollevato le critiche della Harvard School of Public Health, che nel 2011 ha pubblicato la variante del piatto nutrizionale Healthy Eating Plate. A
differenza di MyPlate, questa variante prevede un bicchiere con acqua, e l’inserimento dei latticini tra le fonti proteiche. Inoltre, si consiglia esplicitamente di preferire i cereali integrali a quelli raffinati, e di utilizzare oli vegetali “sani” come l’olio extravergine di oliva. Riassumendo, i nutrizionisti americani raccomandano di seguire una dieta costituita principalmente da frutta, verdura, cereali integrali e prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi. In quantità minori, vanno consumati carne, pesce, legumi, uova e frutta secca, prestando attenzione a cibi già salati o dolcificati e contenenti grassi saturi, nonché alle bevande zuccherate. Oltre ai consigli nutrizionali, sono raccomandate attività fisica costante e una maggiore attenzione al calcolo del fabbisogno calorico giornaliero.
U.S.D.A. e U.S.D.H.H.S. Dietary Guidelines for Americans, 2005. 33 U.S.D.A. e U.S.D.H.H.S. Dietary Guidelines for Americans, 2010. 32
Fonte: http://www.health.harvard.edu/healthy-eating-plate, 2011
39
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un’alimentazione che rispetta il pianeta In un’epoca dominata dai cambiamenti climatici, la questione agroalimentare va oltre l’aspetto nutrizionale. Vanno considerate anche le ricadute che il cibo genera sull’ambiente, dalla fase di produzione a quella di consumo
La valutazione degli impatti di un qualunque prodotto può essere eseguita con metodi diversi che, a seconda dei casi, si concentrano su aspetti caratteristici della filiera o su specifici indicatori.
L’analisi del ciclo di vita di un alimento prevede lo studio di tutti i passaggi, a partire dalla fase agricola fino alla distribuzione e al consumo, che contempla, se necessaria, anche la cottura.
L’analisi del ciclo di vita degli alimenti e gli indicatori ambientali
Per rendere facilmente comprensibili e comunicabili i risultati degli studi LCA si utilizzano degli indicatori di sintesi che consentono di rappresentare in modo aggregato e semplice gli impatti ambientali. Nel caso delle filiere agroalimentari risultano significativi: le emissioni di gas serra, il consumo di acqua e il territorio utilizzato per produrre le risorse.
Tra tutte le metodologie di valutazione, l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA)34 è probabilmente quella che ha riscosso il maggior interesse negli ultimi anni, perché tiene conto di tutti gli aspetti della filiera.
41
Fonte: BCFN. Doppia Piramide, 2011. Una rappresentazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA) di un alimento.
È questa la ragione per cui si è deciso di utilizzare i seguenti indicatori ambientali: Il Carbon Footprint identifica le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici, ed è misurato in massa di CO2 equivalente. Il Water Footprint calcola, lungo le diverse fasi della filiera, il volume di acqua dolce utilizzato per produrre un alimento. Non considera solo la quantità e il tipo di fonte d’acqua utilizzata o inquinata, ma anche il luogo in cui è avvenuto il prelievo35. L’Ecological Footprint calcola la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni associate a un sistema produttivo: si misura in metri quadri o ettari globali. 42
È bene osservare che con tali indicatori si fornisce una visione ampia degli impatti, che non ha però la pretesa di essere esaustiva. Questo è vero soprattutto se si considera la scala locale, dove hanno effetti significativi l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura e il rilascio di azoto sul terreno. Per esigenza di sintesi la parte ambientale della Doppia Piramide è stata costruita utilizzando solo l’Ecological Footprint; ma, per evitare visioni parziali, in questo documento vengono presentate anche le piramidi relative agli indicatori Carbon e Water Footprint.
Regolata a livello internazionale dagli standard UNI EN ISO 14040:2006 e 14044:2006. 35 Hoekstra, 2013. 34
43
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GLI INDICATORI UTILIZZATI NELLA DOPPIA PIRAMIDe CARBON FOOTPRINT
Water Footprint
Il Carbon Footprint, o impronta carbonica, calcola l’impatto – espresso in termini di emissione di anidride carbonica equivalente (CO2 eq) – associato alla produzione di un bene o di un servizio lungo l’intero ciclo di vita del sistema indagato36. Nel calcolarlo si considerano le emissioni di tutti i gas a effetto serra, il cui contributo è determinato da due fattori: la quantità emessa e il suo fattore di impatto misurato in termini di Global Warming Potential (GWP). Le emissioni, infatti, sono tutte convertite in un valore di CO2 equivalente, come se dal sistema fosse emessa solo CO2, attraverso parametri fissi definiti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC37), organismo che opera sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Il Water Footprint o impronta idrica è un indicatore che misura, in litri o metri cubi, l’acqua dolce consumata per produrre un alimento, sommando tutte le fasi della catena. Indica il “contenuto d’acqua virtuale” di un prodotto, ovvero l’acqua impiegata in fase di produzione (contabilizzata attraverso i consumi diretti), quella utilizzata per produrre le materie prime necessarie (consumi indiretti) e la fonte in cui è avvenuto il prelievo. Il metodo è stato messo a punto dal Water Footprint Network38, in modo che l’indicatore calcolato tenga conto di tre componenti fondamentali: • Green Water Footprint, è il volume di acqua piovana evapotraspirata dal suolo e dalle piante (rappresenta la voce più rilevante nelle filiere agroalimentari e si tratta dell’acqua che passa allo stato di vapore attraverso la traspirazione dalle piante o l’evaporazione dal suolo); • Blue Water Footprint, è il volume di acqua dolce proveniente da corsi superficiali o falde sotterranee impiegato lungo la filiera produttiva e che non viene restituito al bacino di prelievo; • Grey Water Footprint, è il volume di acqua inquinata durante il processo di produzione, misurato come il volume di acqua necessario a diluire gli inquinanti e riportare l’acqua al di sopra degli standard condivisi di qualità.
www.ipcc.ch
www.waterfootprint.org
44
Ecological Footprint L’Ecological Footprint o impronta ecologica è un indicatore che permette di misurare la superficie terrestre o marina (biologicamente produttiva) necessaria a fornire le risorse consumate e ad assorbire i rifiuti prodotti, in rapporto alla capacità della Terra di rigenerare le risorse naturali. La metodologia è individuata dal Global Footprint Network39 e prevede di includere nel calcolo le seguenti superfici: • Energy land, il terreno necessario ad assorbire le emissioni di CO2 generate dalla produzione di un bene o servizio; • Crop land, il terreno necessario alla coltivazione dei prodotti agricoli e dei mangimi per l’allevamento; • Grazing land, il terreno necessario a sostenere il pascolo dei capi di allevamento considerati; • Forest land, il terreno utilizzato per la produzione di legno destinato alla realizzazione di materie prime; • Built-up land, il terreno occupato per gli impianti adibiti alle attività produttive; • Fishing ground, l’area necessaria alla riproduzione naturale o all’allevamento dei prodotti ittici.
CARBON FOOTPRINT
water FOOTPRINT
ecological FOOTPRINT
Questi sei componenti vengono sommati dopo essere stati normalizzati utilizzando “fattori di equivalenza” (equivalence factors) e “fattori di rendimento” (yield factors) che tengono conto della differente produttività dei vari terreni rispetto alla produttività media di biomassa primaria globale di un dato anno. I fattori di equivalenza, specifici per ogni tipologia di terreno, sono forniti annualmente dal Global Footprint Network. L’Ecological Footprint è quindi un indicatore composito che misura, tramite fattori di conversione ed equivalenze specifiche, le diverse modalità di utilizzo delle risorse ambientali attraverso un’unica unità di misura: l’ettaro globale (global hectar – gha).
36 Per il calcolo del Carbon Footprint di prodotto, nel 2013 è stato pubblicato il nuovo riferimento normativo univoco a livello internazionale: la ISO 14067. 37 La versione più recente è stata pubblicata nel 2013 (IPCC, 2013). 38 Il database è disponibile per la consultazione e il download all’indirizzo www.waterfootprintnetwork.org. 39 Per i dettagli delle ipotesi si veda www.footprintnetwork.org.
www.footprintnetwork.org
45
bcfn
Il water footprint: un indicatore in evoluzione per MISURARE GLI impatti locali Introdotto per la prima volta da Tony Allan nel 199740, il concetto di Virtual Water Content e la sua diffusione hanno giocato, negli anni passati, un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso aspetti talvolta dimenticati: l’importanza della tutela della risorsa idrica, il suo ruolo rilevante nella produzione agroalimentare41 e l’impatto delle scelte alimentari di ognuno di noi. Come per tutti gli indicatori è necessario apprezzarne i vantaggi e conoscerne i limiti, soprattutto ai fini della comunicazione. Il suo punto di forza è quello di essere misurato in litri d’acqua, risultando così molto intuitivo: tutti sanno a quanto corrispondono uno, dieci e anche cento litri di acqua. Il suo limite è però quello di non fornire, da solo, alcuna informazione sugli effetti locali. È facile capire, infatti, che prelevare la medesima quantità d’acqua in un’area in cui ve ne è naturale abbondanza (ad esempio uno dei grandi fiumi) causerà un impatto inferiore rispetto al prelievo in un’area in cui la risorsa è scarsa (come una zona desertica). Così com’è importante distinguere il “colore”, ossia la fonte dell’acqua che si sta utilizzando, specificando se si tratta di acqua di origine piovana (green) o di falda (blue). Perché un cereale, coltivato in 46
una località dove non serve irrigare e basta l’acqua piovana, ha un impatto ben diverso da uno che ha bisogno d’essere irrigato (con un dispiego significativo di blue water proveniente da falda). Anche in questo caso l’impatto locale sarà diverso. Il dibattito scientifico sta procedendo verso una comprensione maggiore degli impatti dell’uso dell’acqua e ha recentemente sviluppato i concetti di Water Footprint caps (riferito ai bacini idrici), Water Footprint benchmarks (per i prodotti) e fair Water Footprint of communities42. Per questo, la norma ISO 1404643 approvata solo nel 2014, ha proposto un nuovo metodo di calcolo del Water Footprint che considera non solo l’utilizzo di acqua ma anche i potenziali impatti ambientali locali associati al consumo (tenendo conto, ad esempio, dei limiti massimi relativi alla fonte in cui avviene il prelievo).
J.A. Allan (1997). I principali attori in questo senso sono Hoekstra e Mekonnen, fondatori del Water Footprint Network. In una pubblicazione del 2012, ad esempio, hanno stimato che la filiera agroalimentare contribuisca al Water Footprint globale (inteso come virtual water content) per il 92%. (Mekonnen, Hoekstra, 2012; Hoekstra, 2014). 42 Hoekstra, 2014. 43 La norma è stata pubblicata il 01/08/2014. 40 41
47
La filiera alimentare e l’ambiente Negli ultimi anni, le filiere agroalimentari sono diventate oggetto di un crescente interesse, e questo principalmente per due motivi: la qualità e la sicurezza del cibo e la valutazione degli impatti che le stesse generano. È soprattutto la struttura della filiera produttiva a determinare l’intensità degli impatti associati a
48
uno specifico alimento: più la filiera è complessa e la materia prima subisce trasformazioni, più l’impatto cresce. Viceversa, un alimento che ha bisogno di lavorazioni minime, come ad esempio un ortaggio o un frutto, avrà normalmente un impatto ridotto. In generale, le filiere agroalimentari presentano strutture articolate che possono essere sintetizzate in sette fasi differenti, a ognuna delle quali sono associati specifici impatti ambientali.
Le sette fasi della filiera agroalimentare Coltivazione Nella fase agricola si coltivano le materie prime destinate alla nostra alimentazione o a diventare mangime per gli animali allevati. Gli impatti derivanti da questa fase sono dovuti a più fattori, i principali sono: la produzione delle sementi, l’utilizzo dei fertilizzanti (sia chimici sia naturali), gli agrofarmaci per proteggere le coltivazioni, il gasolio consumato per le operazioni agricole, l’acqua utilizzata per l’irrigazione. Nella maggior parte dei casi, la fase agricola è quella in cui si riscontrano gli impatti ambientali maggiori. Le tecniche colturali hanno un ruolo importante anche se in molti casi il beneficio è temporalmente differito: tipico esempio sono le pratiche che prevedono la rotazione colturale, oppure l’agricoltura biologica che, se applicata correttamente, garantisce negli anni significativi vantaggi sulla fertilità dei suoli e sulla biodiversità dell’ecosistema.
Prima trasformazione Molti prodotti agricoli richiedono una prima trasformazione per essere impiegati in un processo produttivo. L’esempio classico è quello dei cereali che vanno prima macinati in un mulino.
Trasformazione del prodotto Nella seconda fase della filiera, la materia prima viene trasportata allo stabilimento per essere trasformata nel prodotto finito. Gli impatti derivano dai consumi di energia e acqua dello stabilimento, e variano in base al volume e al tipo di prodotto trattato, nonché all’efficienza dell’impianto di trasformazione. I consumi comprendono sia l’energia utilizzata per far funzionare le linee di produzione, sia quella necessaria per garantire la refrigerazione.
Confezionamento del prodotto I materiali utilizzati per l’imballaggio del prodotto finito sono vari e differenti tra loro. Tra i più comuni rientrano la carta e il cartone, la plastica e il vetro. Solitamente l’impatto ambientale del packaging è legato sia alla fase di produzione (tipologia e quantità) sia a quella di smaltimento finale, mentre resta contenuto l’impatto dell’attività vera e propria di confezionamento del prodotto in stabilimento.
Distribuzione e vendita In questa fase della filiera il prodotto alimentare è trasferito dallo stabilimento di trasformazione al punto di distribuzione e vendita. Gli impatti dipendono dal tipo di mezzo di trasporto utilizzato e dalla quantità di chilometri percorsi. Il contributo di questa fase all’impatto totale di solito è piuttosto modesto; diventa rilevante solo per gli alimenti a basso impatto complessivo, come ortaggi e frutta, ma solo quando questi vengono trasportati per lunghi tragitti o con mezzi di trasporto che hanno emissioni elevate, come nel caso del trasporto aereo.
Preparazione e cottura Valutare l’impatto associato alla preparazione di un prodotto alimentare è particolarmente complesso perché le tecniche di cottura utilizzate sono molto diverse tra loro, così come il loro impatto. La preparazione del piatto varia con il tipo di ricetta, il gusto del consumatore e a seconda che l’alimento sia cucinato in un ambiente casalingo o con una cucina professionale.
Smaltimento degli imballaggi I rifiuti prodotti dagli imballaggi devono essere considerati come parte integrante della filiera di produzione alimentare e, quindi, i loro impatti devono essere correttamente calcolati. La valutazione dello smaltimento di un imballaggio a fine vita è particolarmente complessa, in quanto bisogna tener conto sia della quantità e del tipo di materiale che contiene il prodotto, sia del comportamento dell’utilizzatore finale, e dei processi di smaltimento. In particolare, tre sono i destini finali di un imballaggio: riciclo, recupero energetico o discarica.
49
La filierA e l’ambiente L’Analisi del Ciclo di Vita di Mele, Pasta e Carne Rossa
COLTIVAZIONE
From Farm to Gate
packaging
carne rossa
PASTA
mele
30 g CO2 eq/kg
10 g CO2 eq/kg
16%
5%
COLTIVAZIONE
molitura
packaging
520 g CO2 eq/kg
90 g CO2 eq/kg
110 g CO2 eq/kg
51%
9%
11%
mangime
allevamento
macellazione
3900 g CO2 eq/kg
17.000 g CO2 eq/kg
1600 g CO2 eq/kg
17%
73% farm
7%
Per tutti e tre gli alimenti si riportano le emissioni di CO2 della filiera specifica sia con valore assoluto per un chilo di prodotto sia per mezzo della percentuale relativa alla singola fase del ciclo di vita. Ove prevista, è riportata anche una stima dell’impatto dovuto alla cottura.
lavorazione
distribuzione
60 g CO2 eq/kg
90 g CO2 eq/kg
LCA 1kg
Carbon Footprint
47%
32%
190
g CO2 eq/ kg
produzione
distribuzione
220 g CO2 eq/kg
75 g CO2 eq/kg
cottura Carbon Footprint
1015
8%
22%
g CO2eq/ kg
packaging
lavorazione
distribuzione
200 g CO2 eq/kg
700 g CO2 eq/kg
30 g CO2 eq/kg
3%
0,1%
cottura elettrica
cottura Carbon Footprint
1%
cottura a gas
g CO2eq
1950 g CO2eq
500 cottura in padella
23.430 g CO2eq / kg
730
g CO2eq
3320 cottura in pentola
g CO2eq
©BCFN foundation 2015
bcfn
LA CARNE E L’AMBIENTE
L
a filiera di produzione della carne è piuttosto articolata e per questo motivo gli impatti sono generalmente tra i più alti nel mondo alimentare. Una prima ragione, abbastanza intuitiva, è quella per cui, a differenza dei prodotti di origine agricola, è necessario un “doppio passag-
52
gio”: prima si coltiva il foraggio, che poi viene dato in pasto agli animali per produrre proteine. Un secondo aspetto, particolarmente importante per le filiere bovine, è rappresentato dagli impatti della fattrice, allevata unicamente allo scopo di partorire vitelli con un ritmo medio di uno all’anno.
Ultimo aspetto, anche in questo caso rilevante in particolar modo per i bovini, è quello legato alla gestione delle deiezioni e alle fermentazioni enteriche, che generano metano e comportano un impatto significativo, soprattutto in termini di effetto serra.
Gli elementi rilevanti lungo il ciclo di vita degli alimenti Il calcolo dell’impatto ambientale degli alimenti in tutto il loro ciclo di vita deve considerare non solo la fase di produzione agricola o industriale, ma anche le fasi a valle, come la catena del freddo (necessaria per la corretta conservazione del prodotto), il trasporto e la fase di cottura. Vediamo perché.
Le pratiche agronomiche Le tecniche agronomiche adottate hanno un ruolo significativo nel determinare gli impatti ambientali della materia prima. E questo è particolarmente vero nella coltivazione dei cereali, della frutta e della verdura. Poiché gran parte degli impatti ambientali degli alimenti è riconducibile alla fase agricola, è bene analizzare le diverse pratiche agronomiche confrontandole sia in termini di qualità della produzione sia dei diversi effetti sull’ambiente. Alcune pratiche messe in atto dagli agricoltori per coltivare le materie prime comprendono tecniche colturali (o agronomiche) che hanno un significativo impatto sull’ambiente, basti pensare all’utilizzo di fertilizzanti (principalmente a base azotata) o al gasolio per le macchine agricole. L’adozione di migliori pratiche può influenzare molto gli impatti della fase agricola, anche se spesso il beneficio è visibile solo nel lungo periodo. Sono sempre di più gli studi tesi a individuare tecniche agronomiche sostenibili, in modo da mantenere alti standard qualitativi dei prodotti, preservando sia i ritorni economici degli agricoltori sia l’ambiente. Tipico esempio è la rotazione colturale. Al riguardo, alcune sperimentazioni sulla coltivazione del grano duro hanno dimostrato che l’alternanza sui terreni, in termini di successione delle specie coltivate, permette di diminuire l’impiego di fertilizzanti, fino a ridurre di un terzo il valore complessivo degli indicatori ambientali.
Per quanto riguarda l’agricoltura biologica, gli studi disponibili evidenziano il limite della metodologia LCA. Gli indicatori normalmente utilizzati per valutare gli impatti ambientali non permettono di quantificare in modo esaustivo i benefici delle pratiche biologiche perché i valori di impatto, anche se minori, vengono ripartiti su produzioni che normalmente hanno rese inferiori rispetto a quelle coltivate con metodi intensivi. Il beneficio può essere invece valorizzato utilizzando indicatori, propri delle pratiche agronomiche, quali la misura della fertilità dei suoli (soprattutto se determinata su un orizzonte temporale decennale), la valutazione della tossicità per l’uomo e per l’ambiente, il livello di biodiversità degli ecosistemi. Anche la stagionalità incide sugli impatti delle coltivazioni. Dagli studi emerge che le materie prime coltivate fuori stagione hanno impatti ambientali maggiori. Ad esempio, l’utilizzo delle serre riscaldate comporta un grande consumo di energia, e non solo: le rese di questi prodotti possono ridursi significativamente, fino a dimezzarsi.
La catena del freddo Il calcolo degli impatti ambientali per la catena del freddo, cioè i prodotti refrigerati e surgelati, dipende sostanzialmente dai seguenti elementi: dove viene stoccato il prodotto (in un frigo casalingo o in celle industriali), dalla temperatura di stoccaggio (4°C o -18°C) e dal tempo di conservazione. Dalle valutazioni condotte emerge che la catena del freddo è rilevante solo quando riguarda la surgelazione di prodotti semplici e a basso impatto ambientale come gli ortaggi, e quando i tempi di conservazione a basse temperature sono relativamente lunghi.
53
Invece, l’impatto della catena del freddo diventa irrilevante per i prodotti “freschissimi”, cioè con tempi di conservazione molto brevi in frigorifero, e per gli alimenti già di per sé caratterizzati da un alto impatto ambientale, come la carne. Anche il trasporto refrigerato si può ritenere trascurabile, in quanto l’incremento che comporta sugli impatti ambientali, se comparato all’impatto complessivo, non è significativo.
prime. I risultati indicano che la fase della distribuzione incide in modo significativo sugli impatti complessivi solo quando l’alimento è caratterizzato da una filiera semplice e impatti di produzione molto bassi (come ad esempio l’ortofrutta), o quando il trasporto supera una certa distanza. Nel caso di alimenti più complessi, come le carni o i formaggi, il carico ambientale associato a trasporto e distribuzione è pressoché irrilevante sul totale.
Trasporto e distribuzione Il tema della distribuzione del cibo è interessante sia per i risvolti sociali, sia per quelli ambientali. Si è ormai diffuso, infatti, il concetto del cibo a chilometro zero al quale viene associata la semplice equazione: prodotto a chilometro zero = prodotto a basso impatto ambientale. Utilizzando l’analisi del ciclo di vita, sono stati messi in relazione gli impatti legati al trasporto degli alimenti con quelli relativi alla loro produzione, a partire dalla coltivazione delle materie
54
Infatti, se è pur vero che l’utilizzo di un camion comporta un’elevata emissione di CO2 per chilometro percorso, va detto che la quantità di merce trasportata è alta, e quindi l’impatto per chilogrammo di prodotto è piuttosto limitato. Diverso è il caso del trasporto aereo. Emerge, quindi, che non è sempre vero che le produzioni a chilometro zero hanno un minor impatto ambientale di quelle a distanza; anzi, può accadere il contrario se le seconde sono più efficienti nella fase di coltivazione e trasformazione.
Da un punto di vista meramente ambientale può essere più conveniente coltivare un alimento lontano dal luogo di consumo se ciò avviene in zone che per propria natura (per esempio umidità intrinseca del terreno o temperatura media) consentono delle pratiche agrarie meno invasive, che generano impatti ambientali minori. Ma è altresì evidente che in termini di sostenibilità le valutazioni dovrebbero essere fatte tenendo conto anche di aspetti economici e sociali, che stanno alla base della produzione e del consumo degli alimenti: per esempio è bene considerare che il consumo di alimenti a chilometro zero genera benefici per l’economia del territorio circostante.
La cottura Le tecniche di cottura utilizzate per la preparazione dei cibi possono essere molto diverse in base alla ricetta che si vuole preparare, alle abitudini e al gusto del consumatore, e al fatto che l’alimento sia cucinato a casa o con una cucina professionale: pertanto non è semplice quantificare in maniera univoca l’impatto ambientale della cottura. Tuttavia, è importante sottolineare che, soprattutto se domestica, la cottura può risultare la fase a maggiore impatto ambientale (sostanzialmente misurato in emissioni di CO2 equivalente). Gli impatti ambientali del fornello elettrico dipendono dai mix energetici che caratterizzano il proprio fornitore di energia elettrica (e quindi il Paese o la regione in cui ci si trova) e dalle modalità di cottura che possono influenzare in modo rilevante le emissioni di CO2. Rilevanti sono la durata delle fasi di preparazione e i tempi di cottura. L’impegno personale può aiutare a ridurre l’impatto (come tutti sappiamo nel caso della bollitura, ad esempio, la buona e semplice pratica è utilizzare il coperchio durante la fase di riscaldamento dell’acqua).
55
56
bcfn
la doppia piramide 2015 L’alimentazione è uno degli ambiti della vita nei quali è possibile conciliare il proprio benessere con quello del Pianeta. Senza dover rinunciare a nulla
Accostando la piramide nutrizionale a quella ambientale, si ottiene la Doppia Piramide BCFN, che illustra come in un unico modello alimentare coincidano due obiettivi diversi ma altrettanto importanti: salute delle persone e tutela ambientale. In essa si può osservare che generalmente gli alimenti per i quali è consigliato un consumo maggiore sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori sull’ambiente, e viceversa. Questo vuol dire che ognuno di noi, assumendo un atteggiamento responsabile in termini alimentari, può conciliare il proprio benessere (ecologia della persona) con quello dell’ambiente (ecologia del contesto).
Le basi scientifiche Fin dalla prima edizione del 2010, gli impatti ambientali degli alimenti sono stati quantificati utilizzando i dati di tre indicatori ambientali (Carbon Footprint, Water Footprint ed Ecological Footprint) resi disponibili dalle banche dati a li-
bero accesso e dalle pubblicazioni scientifiche. La scelta fatta dal BCFN per la costruzione del modello è stata improntata alla massima trasparenza, utilizzando unicamente evidenze scientifiche di natura pubblica, in modo da consentire a chiunque di ricostruire l’origine dei dati.
Il database del BCFN I dati utilizzati per la redazione delle sei edizioni della Doppia Piramide sono stati raccolti dalla Fondazione BCFN in un database, nel quale i valori dei tre indicatori ambientali, riferiti a un chilogrammo (o a un litro) di alimento, sono stati calcolati come media aritmetica dei valori resi disponibili dalle ricerche. In tutti i casi, i dati utilizzati fanno riferimento a studi basati sul metodo dell’analisi del ciclo di vita e consentono quindi di quantificare in prima approssimazione gli impatti complessivi dei singoli alimenti44.
57
1400
Numero Dati
1200 1000 800 600 400
1a edizione: Dati: 140
6a edizione:
Fonti: 35
Dati: 1222 Fonti: 385
200
2010
2011
2012
2013
2014
2015
Dati: Singoli valori di impatto Fonte: materiale bibliografico da cui derivano i dati Incremento dei dati utilizzati per il calcolo delle medie degli impatti ambientali degli alimenti dalla prima edizione della Doppia Piramide ad oggi. La dimensione della sfera indica il numero di fonti, l’altezza il numero di dati.
La copertura statistica Il numero dei dati scientifici utilizzati per il modello della Doppia Piramide è molto aumentato negli anni: da una base di circa 140 valori della prima edizione del 2010, si è arrivati a più di 1200 dati in questa sesta pubblicazione. La crescita delle fonti ha rafforzato di anno in anno l’attendibilità delle ipotesi formulate nella prima edizione della Doppia Piramide, confermandone la validità scientifica.
Questo lavoro non ha la pretesa di fornire valori validi in assoluto né di sostituirsi alle pubblicazioni scientifiche più rigorose; tuttavia, la copertura statistica ottenuta (1222 dati provenienti da 385 fonti) e il metodo di aggregazione utilizzato portano valori sempre più affidabili. Maggiori informazioni sono disponibili in un documento a supporto, che illustra nel dettaglio come è strutturato il database BCFN della Doppia Piramide. Il database e il relativo documento sono scaricabili dal sito del BCFN: www.barillacfn.com.
44
58
È importante sottolineare che la distribuzione percentuale degli studi è diversa per ognuno dei tre indicatori ambientali. La maggior parte delle fonti bibliografiche utilizzate è relativa al Carbon Footprint, seguito da Water ed Ecological Footprint. Questo è dovuto a una combinazione di cause diverse. La prima è certamente il fatto che il Carbon
Footprint è l’indicatore “storicamente” più utilizzato dagli studiosi e, soprattutto, è quello per il quale esistono standard di calcolo più consolidati e diffusi a livello scientifico. Altro aspetto è quello legato alle sempre più numerose iniziative di comunicazione che ruotano attorno al tema delle emissioni di gas serra.
Ecological Footprint
14% Water Footprint
15% Carbon Footprint
71%
Ripartizione delle fonti bibliografiche relative agli impatti ambientali sul totale dei dati 2015.
59
Per ognuno dei tre indicatori ambientali è specificata, nelle figure sottostanti, la distribuzione percentuale delle fonti scientifiche relative alle macrocategorie alimentari che compongono le piramidi ambientali. numero di dati
20
40
60
80
100
140
160
180
67
Carne bovina
25
formaggio
7
burro
53
Carne suina
112
pesce
33
Carne avicola
18 22
riso uova
3
cereali da colazione
19 16 13 19 10 19 20
olio dolci frutta secca pasta yogurt legumi biscotti margarina
120
Carbon Footprint Dati: 862
3 150
latte
22
patate
53
pane
107
ortaggi di stagionE
71
frutta
Numero di dati relativi al Carbon Footprint.
numero di dati Carne bovina olio Carne suina formaggio frutta secca burro Carne avicola uova legumi riso
20
pasta yogurt
7 30
pane
41
frutta
patate
1 2
ortaggi di stagionE
Numero di dati relativi al Water Footprint.
60
100
120
140
Dati: 176
1
latte
80
160
water Footprint
14 19 10 2
dolci
cereali da colazione
60
3 2 1 4 5 1 1 3 8 2
biscotti
margarina
40
19
180
numero di dati Carne bovina pesce burro margarina formaggio Carne suina olio Carne avicola frutta secca legumi uova
20 7 2 2 1 3 4 2 3 1 4 4
yogurt
riso latte
100
120
140
160
180
9 1 2 7 30
pane patate
80
Dati: 166
1 2
pasta biscotti
60
ecological Footprint
16
dolci cereali da colazione
40
5 21 20
frutta ortaggi di stagione
Numero di dati relativi all’Ecological Footprint.
Le fonti e i dati sono facilmente consultabili nel Database della Doppia Piramide scaricabile dal sito www.barillacfn.com
61
bcfn
la doppia piramide per gli adulti
La Doppia Piramide, della quale viene qui pre-
tare, costruita distribuendo gli alimenti secondo
sentata la sesta revisione, è via via diventata
i principi di una dieta mediterranea, una pirami-
un utile strumento di comunicazione delle die-
de ambientale, che valuta l’impronta ecologica
te sostenibili, ricordandoci l’importanza che
di ciascun alimento, si può dimostrare che gli
hanno le nostre scelte alimentari in termini di
alimenti per cui è raccomandato un maggior
salute e ambiente.
consumo da parte dei nutrizionisti sono anche
Affiancando alla tradizionale piramide alimen-
quelli con un minor impatto ambientale.
©BCFN foundation 2015
bcfn
la doppia piramide per chi cresce
Se per gli adulti è ormai risaputa l’esistenza di una stretta relazione fra alimentazione scorretta, eccessivo peso corporeo e incidenza di malattie croniche, la coscienza del fatto che tale relazione valga anche per i bambini e gli adolescenti non è altrettanto diffusa: abitudini alimentari e stili di vita non corretti, adottati nel periodo di crescita, possono comportare un significativo aumento del rischio di contrarre patologie nel corso della vita, da quelle cardiovascolari, al diabete e a diversi tipi di tumore.
Questo il motivo per cui il BCFN ha deciso di proporre anche una Doppia Piramide per chi cresce, nella quale viene mantenuta stabile l’analisi degli alimenti dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente e del loro valore nutrizionale, ma varia la distribuzione consigliata delle porzioni per adattare i principi della dieta equilibrata alle esigenze dei bambini e degli adolescenti che, per una crescita sana, hanno bisogno di un apporto nutritivo differente da quello degli adulti.
© BCFN Foundation 2015
le tre piramidi ambientali Gli impatti ambientali degli alimenti sono stati rappresentati in tre diverse piramidi, una per ognuno degli indicatori ambientali presi in considerazione. Ma solo quella relativa all’impronta ecologica è stata poi utilizzata per la costruzione della Doppia Piramide BCFN.
66
Ăˆ importante sottolineare che le tre piramidi ambientali riportate di seguito sono rimaste molto simili a quelle pubblicate nella prima edizione: la maggiore copertura statistica ha cambiato solo marginalmente i valori numerici. Pertanto, anche per la sesta edizione
valgono le considerazioni fatte sin dalla prima edizione del documento: carni e formaggi sono gli alimenti caratterizzati dai maggiori impatti per chilogrammo, frutta e verdure quelle con valori di impatto ambientale piĂš contenuti.
bcfn
carbon footprint 26.230
CARNE BOVINA
20.000
9250
FORMAGGIO BURRO
8000
8305 5130
CARNE SUINA PESCE
4405
CARNE AVICOLA
4000
4025
RISO
3830
UOVA
3810
CEREALI DA COLAZIONE
3420
OLIO 2000
3115 2235
DOLCI FRUTTA SECCA
1905
PASTA YOGURT
1735
LEGUMI
Legenda
valore medio + cottura
1695
BISCOTTI
1610
MARGARINA
cottura
min
max
1400 1360
LATTE
1240
PATATE 1000
Impronta di carbonio degli alimenti gCO2 - eq per kg o litro di cibo
1900
1210
PANE
1125 815
ORTAGGI DI STAGIONE FRUTTA
495 0
2000
4000
6000
8000
/
25.000
/
45.000
/
60.000
/
©BCFN foundation 2015
L’impronta di carbonio misura le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dell’alimento ed è calcolata in grammi di CO2 equivalente (gCO2 eq) per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è quello medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento normalmente si consuma cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media ottenuta determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
67
70.000
bcfn
water footprint 19.525
CARNE BOVINA
10.000
OLIO
9650 7485
CARNE SUINA
6260
FORMAGGIO
6245
FRUTTA SECCA 5555
BURRO
5000
CARNE AVICOLA
4000
4805 3260
UOVA
2710 3160
LEGUMI 2585
RISO
2410
DOLCI 2075
BISCOTTI
2000
1710
PASTA YOGURT
1500
MARGARINA LATTE 1000
Impronta idrica degli alimenti Litri di acqua per litro o kg di alimento
1325
Legenda
1280
PANE
valore medio
1090 930
FRUTTA CEREALI DA COLAZIONE
920
PATATE
555
ORTAGGI DI STAGIONE
335
0
2000
4000
6000
8000
15.000
26.000
©BCFN foundation 2015
L’impronta idrica quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche, ed è misurata in litri di acqua per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è quello medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento preferibilmente si consuma cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
68
bcfn
ecological footprint CARNE BOVINA
100
127
PESCE
79
BURRO
74
MARGARINA
66
FORMAGGIO
50
61
CARNE SUINA
48
OLIO
45
CARNE AVICOLA
25
44
FRUTTA SECCA
19
LEGUMI
18
UOVA
15
16 14
DOLCI CEREALI DA COLAZIONE
13 13
YOGURT
13
PASTA
13
BISCOTTI
13 11
RISO
Legenda
valore medio + cottura
10
LATTE 5
Impronta ecologica degli alimenti m2 globali per kg o litro di alimento
cottura
8
PANE
min
max
8 5
PATATE
3
FRUTTA ORTAGGI DI STAGIONE
3
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
/
160
/
210
©BCFN foundation 2015
L’impronta ecologica calcola la capacità della terra di rigenerare le risorse e assorbire le emissioni, ed è misurata in metri quadri globali per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato è quello medio dei dati, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento preferibilmente si consuma cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
69
Il modello della Clessidra Ambientale Il modello della clessidra Nel novembre 2013, COOP Italia ha pubblicato il rapporto sulla sostenibilità delle carni bovine commercializzate con il proprio marchio. In quell’occasione gli impatti ambientali degli alimenti, calcolati usando le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nazionali italiane per una dieta sana ed equilibrata, hanno permesso di pubblicare per la prima volta la clessidra ambientale, che rappresenta l’impatto ambientale (Carbon Footprint) di una settimana di dieta mediterranea. A partire dal 2012, parallelamente a questa iniziativa, un gruppo di operatori del settore zootecnico ha avviato il progetto Carni Sostenibili che ha
www.carnisostenibili.it 70
portato, nell’ottobre 2014, alla pubblicazione di un rapporto relativo alla sostenibilità delle carni italiane e all’aggiornamento della clessidra ambientale. Com’è fatta la clessidra La clessidra rappresenta il Carbon Footprint settimanale di una persona che segue le indicazioni della dieta mediterranea contenute nelle linee guida dell’INRAN. In esse si raccomanda di limitare il consumo di carne rossa a 2 porzioni da 70 grammi (per un totale di 140 grammi) alla settimana e si invita a un consumo più frequente di pesce, con 3 porzioni da 100 grammi alla settimana. Inoltre, si consiglia il consumo di legumi secchi, con 3 porzioni da 30 grammi (90
grammi alla settimana), attualmente poco presenti sulla tavola degli italiani, e di 52 porzioni tra pane biscotti, pasta, riso e patate. La Doppia Piramide e la Clessidra sono in antitesi? Entrambi i modelli valorizzano la dieta mediterranea come abitudine alimentare sostenibile anche per l’ambiente. La Doppia Piramide fornisce gli impatti ambientali degli alimenti per chilogrammo che, se moltiplicati per le quantità consumate, permettono di valutare l’impatto ambientale di quanto abbiamo consumato. Un maggiore consumo comporta di per sé un maggiore impatto. La clessidra ambientale parte invece dal presupposto che siano seguite le indicazioni del CRA-NUT (ex INRAN): questa impostazione è ovviamente valida quando le quantità suggerite vengono rispettate (nello specifico, non più di 140 grammi di carne alla settimana), cosa che purtroppo non sempre accade, rischiando di sottostimare gli impatti.
72
bcfn
diete sostenibili: UNA SOLUZIONE al cambiamento climatico Dal campo alla tavola: combinare la tutela dell’ambiente, la corretta nutrizione e lo sviluppo economico del territorio, lungo tutta la filiera agroalimentare
La sostenibilità implica un equilibrio durevole nel tempo su più fronti: ambientale, sociale ed economico. È proprio questo che ha portato da una parte la FAO a sviluppare una definizione più ampia di dieta sostenibile, dall’altra il BCFN ad approfondire gli impatti ambientali degli alimenti.
Cosa sono le diete sostenibili? Nel novembre 2010, la FAO ha organizzato insieme a Bioversity International un simposio scientifico internazionale dal titolo “Biodiversità e diete sostenibili: uniti contro la fame”. Il convegno ha riunito i maggiori studiosi dell’argomento per definire cosa si intende per “dieta sostenibile” in relazione ad accesso al cibo e biodiversità.
Nei primi anni Ottanta con questo termine ci si riferiva all’insieme delle raccomandazioni alimentari in grado di rendere l’ambiente e le persone più sani. Successivamente, l’obiettivo primario di nutrire un mondo affamato ha tolto attenzione alla sostenibilità, portando a trascurare il concetto di “diete sostenibili” per molti anni45. Con il crescere del degrado ambientale e della riduzione della biodiversità e con una produzione agricola che in molte zone del mondo ha un impatto eccessivo sull’ecosistema, però, abbiamo assistito a una rinnovata attenzione per la sostenibilità agroalimentare in tutte le sue forme, comprese le diete. Pertanto, la comunità internazionale ha riconosciuto l’esigenza di trovare una definizione e una serie di principi guida per le diete sostenibili.
73
Questa è la definizione presentata e approvata durante il simposio della FAO: «Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane». Viene così riconosciuta l’interdipendenza tra la produzione e il consumo di cibo, le esigenze alimentari e le raccomandazioni nutrizionali, ma al tempo stesso si ribadisce il concetto che la salute degli esseri umani non può essere slegata da quella degli ecosistemi. Per far fronte anche alle esigenze alimentari e nutrizionali di un mondo più ricco, più urbanizzato, e con una popolazione in crescita, occorre che i sistemi alimentari subiscano trasformazioni radicali verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un consumo di cibo più equo. Secondo la FAO le diete sostenibili possono ridurre l’utilizzo di acqua e minimizzare le emissioni di CO2, promuovere la biodiversità alimentare, valorizzare gli alimenti tradizionali e locali, con le loro numerose varietà, ricche anche dal punto di vista nutrizionale.
74
Per promuovere le diete sostenibili, la FAO considera necessario il coinvolgimento della società civile e dei privati nei settori dell’agricoltura, della nutrizione, della salute, dell’ambiente, dell’istruzione, della cultura e del commercio, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. La definizione di dieta sostenibile proposta dalla FAO ne sottolinea così la natura multidimensionale, considerando le correlazioni esistenti tra le variabili alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali, politiche ed economiche46. Tra gli esempi di diete sostenibili la FAO cita in particolare la dieta mediterranea, i cui pregi vanno oltre gli aspetti nutrizionali, perché promuove l’interazione sociale attraverso la condivisione dei pasti (sia in casa sia durante le feste tradizionali)47. La dieta mediterranea incorpora inoltre un concetto relativamente nuovo: la diversità bioculturale, che deriva dai numerosi modi in cui gli esseri umani hanno interagito con il loro ambiente naturale48. La loro co-evoluzione ha generato una conoscenza ecologica locale: un serbatoio essenziale di esperienze, metodi e competenze che aiutano le comunità locali a gestire le proprie risorse.
Gussow e Clancy, 1968. T. Lang, 2012. 47 Petrillo in FAO, 2010. 48 ibidem. 45
46
Fonte: FAO, 2010 Rappresentazione schematica delle componenti chiave delle diete sostenibili.
75
consumo
produzione alimentare
agricoltura
Fonte: FAO, 2010
Aspetti ambientali Seguire pratiche agricole sostenibili. Favorire la resilienza dei sistemi produttivi. Sviluppare e mantenere la diversità.
Ridurre l’impatto della produzione, della trasformazione e della commercializzazione.
Ridurre l’impatto ambientale del consumo alimentare.
Aspetti nutrizionali
Aspetti economici
Promuovere diverse varietà di alimenti.
Sviluppare pratiche di coltivazione convenienti.
Produrre alimenti ricchi di elementi nutritivi.
Promuovere l’autosufficienza attraverso produzioni locali.
Preservare i nutrimenti lungo la catena alimentare.
Promuovere una dieta diversificata, bilanciata e stagionale.
Rafforzare i sistemi alimentari locali. Produrre cibo a prezzi accessibili.
Promuovere l’accessibilità economica a una dieta variegata.
Aspetti socioculturali
Mantenere pratiche agricole tradizionali e promuovere le varietà locali.
Produrre cibo culturalmente accettato.
Salvaguardare le tradizioni alimentari e la cultura. Andare incontro ai gusti e alle preferenze locali.
Caratteristiche di un sistema alimentare sostenibile.
Anche alcuni studiosi dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Montpellier e di quello di Bari49 sostengono che la dieta mediterranea tradizionale può essere considerata sostenibile per diversi aspetti. In primis, per la sua grande varietà di alimenti che, di fatto, promuove la biodiversità. Poi per la varietà di pratiche e tecniche di preparazione degli alimenti e per i numerosi cibi di cui è stato dimostrato il beneficio sulla salute, come olio d’oliva, pesce, frutta e verdura, legumi, latte fermentato, spezie ecc. E infine per la forte eredità culturale e le tradizioni che ne fanno parte, per il rispetto della natura umana e della stagionalità, per la diversità dei paesaggi che contribuiscono
76
alla qualità della vita, e per essere una dieta a basso impatto ambientale grazie al ridotto consumo di prodotti animali. La definizione di “dieta sostenibile” ne mostra la natura multidimensionale: variabili agricole, alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali, culturali ed economiche interagiscono le une con le altre. Si tratta di una combinazione che mette insieme la protezione dell’ambiente, la nutrizione e lo sviluppo del territorio con gli aspetti economici e sociali lungo tutta la filiera alimentare.
49
Padilla et al,. in FAO, 2010.
77
bcfn
I negoziati sul clima e l’impegno per una riduzione delle emissioni di gas serra Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide ambientali che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni: l’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, la maggiore frequenza degli episodi metereologici estremi sono tra i segnali che il clima del nostro Pianeta sta cambiando, e con una rapidità mai registrata prima. Gli scienziati sono d’accordo nel ritenere che all’origine di tali cambiamenti vi siano le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’attività umana, il cui costante aumento ha fatto salire la temperatura globale. I primi tentativi di creare una strategia internazionale per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e porre un
78
freno all’aumento delle temperature risalgono ai primi anni Novanta, in particolare al 1992, quando venne firmata la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCC), il primo trattato ambientale internazionale per la riduzione dei gas a effetto serra e la mitigazione del cambiamento climatico. Da quel momento le Nazioni firmatarie si sono incontrate annualmente nella Conferenza delle Parti (COP), per analizzare i progressi nell’affrontare il cambiamento climatico. A oggi l’esito più noto di questa iniziativa è stato il Protocollo di Kyoto, il trattato che ha stabilito degli impegni vincolanti per i Paesi sviluppati per ridurre le loro emissioni di
gas serra. La COP 21, che si terrà a Parigi dal 30 novembre al 1 dicembre 2015, ha l’ambizioso obiettivo di concludere, per la prima volta, un accordo vincolante e universale sul clima, che sia accettato da tutte le nazioni. La COP 21 arriva in un momento di profonda incertezza per quanto riguarda l’equilibrio ecologico del nostro Pianeta. Le stime della FAO prevedono che, per soddisfare le esigenze nutrizionali di un mondo che nel 2050 sarà popolato da nove miliardi e mezzo di abitanti, occorrerà incrementare la produzione di cibo del 70% rispetto ai livelli attuali, migliorando le rese e mettendo a coltura nuove terre. E questo, se non si interverrà, provocherà un aumento
dell’80% di emissioni di gas serra50, andando ad aggravare una condizione di già forte pressione sulle risorse naturali. Per evitare l’aggravarsi della situazione e contrastare il cambiamento climatico, molti Paesi hanno preso impegni ed elaborato strategie di medio-lungo periodo per la riduzione delle proprie emissioni. Molte di queste comprendono anche azioni volte a migliorare la sostenibilità e l’efficienza del settore agroalimentare che, infatti, è responsabile di circa un terzo delle emissioni provocate dall’uomo, oltre a rappresentare una delle cause principali di deforestazione, degrado del suolo e perdita di biodiversità51. Per questo, anche se in ritardo rispetto ad altri comparti dell’economia, il settore agroalimentare è stato coinvolto nelle politiche per la lotta al cambiamento climatico. L’Unione europea ha fissato nella “Roadmap to 2050” l’obiettivo di ridurre dell’80% le emissioni di CO2 prodotte dagli Stati membri: un obiettivo ambizioso ma indispensabile per garantire un futuro sereno alle nuove
generazioni. Per raggiungerlo, l’UE ha evidenziato la necessità di costruire sistemi alimentari più efficienti e sostenibili; ma ciò non è sufficiente: occorrerà anche modificare le nostre abitudini alimentari, cercando di ridurre il consumo di proteine animali e basare la nostra dieta su alimenti a più basso impatto ambientale52. Un riconoscimento del ruolo decisivo dei consumi alimentari nella lotta al cambiamento climatico viene anche dal Dipartimento delle Politiche per l’Energia e il Cambiamento Climatico (DECC) del Regno Unito. Nel report Prosperous living for the world in 2050: insights from the Global Calculator il DECC nel 2015 ha individuato una serie di scenari per dimostrare che è possibile ridurre l’aumento delle temperature pur mantenendo un’elevata qualità della vita53. Nel report, gli autori valutano il potenziale di riduzione di diverse azioni e arrivano a definire le pratiche quotidiane che la popolazione mondiale dovrebbe adottare per evitare un pericoloso aumento della temperatura globale. Se
nel 2050 tutta la popolazione mondiale adeguasse i propri consumi alimentari a una dieta basata su un apporto calorico di 2100 calorie giornaliere (di cui solo 160 derivanti dal consumo di carne) – come suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità –, sarebbe possibile risparmiare circa 15 gigatonnellate di CO2 equivalente, un ammontare pari a un terzo di quelle che sono state le emissioni globali di gas serra nel 201154. Infine, di recente, anche l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha preso in esame le potenzialità espresse dalla modifica dei consumi alimentari per la lotta al cambiamento climatico, concludendo che i comportamenti delle famiglie giocano un ruolo fondamentale per la riduzione delle emissioni di gas serra55.
Bajželj et al., 2014. Garnett, 2014. 52 European Commission, 2011. 53 Department for Energy and Climate Change, 2015. 54 ibidem. 55 IPCC, 2014, capitolo 11: Agriculture, Forestry and Other Land Use (AFOLU). 50 51
79
Consumi alimentari e cambiamento climatico
effetto serra, eutrofizzazione, acidificazione delle acque e riduzione dello strato di ozono dell’atmosfera.
La maggior parte delle persone è consapevole che l’utilizzo di mezzi di trasporto, il riscaldamento degli edifici e l’utilizzo di energia elettrica, emettendo gas a effetto serra, sono responsabili del cambiamento climatico. Su di essi ognuno può facilmente agire con piccoli gesti quotidiani: spegnere le luci nelle stanze vuote, abbassare la temperatura, andare al lavoro a piedi o in bicicletta, e così via.
Lo studio ha rilevato che il comparto di alimenti e bevande determina circa il 30% dell’impatto ambientale sul totale di tutti gli indicatori considerati, una quota di poco inferiore a quella rappresentata dal riscaldamento degli edifici (35%). Il settore dei trasporti è il terzo maggiore contribuente, determinando il 15% degli impatti totali.
È invece meno noto che in Occidente il consumo di alimenti provochi circa il 30% delle emissioni, una percentuale superiore a quella generata dall’intero settore sia dei trasporti sia della produzione elettrica, tanto che il cibo finisce per rappresentare una delle principali cause del cambiamento climatico.
Se consideriamo però come unico indicatore le emissioni di gas a effetto serra, la situazione si inverte: in questo caso è il cibo a contribuire maggiormente al cambiamento climatico (31%), superando di gran lunga il riscaldamento (23,6%) e le diverse modalità di trasporto (18,5%).
Nel 2006, alcuni ricercatori56 hanno effettuato uno studio sull’impatto ambientale dei prodotti e servizi di uso comune nell’Unione europea. La ricerca, che ancora oggi è citata come una tra le più autorevoli in materia, ha adottato un approccio sistemico alla misurazione, prendendo in considerazione 12 comparti di beni e servizi e 8 indicatori di pressione ambientale, tra cui emissioni di gas a
80
56
Tukker e Jansen, 2006.
Fonte: Elaborazione BCFN su Tukker et al, 2006
12,4% carne e derivati
18% trasporti
24% riscaldamento
CO2 eq
31%
5,1% latticini
alimenti 1,9% prodotti ortofrutticoli 1,4% cereali/pane 1,3% oli e grassi
27%
1,8% bevande 1% snack dolci e salati 0,6% pesce
altri settori
5,6% altro *dati arrotondati
Settori determinanti le emissioni di gas serra delle famiglie europee.
Un ruolo preponderante è quello del consumo di carne, che rappresenta circa il 12% delle emissioni complessive. I prodotti lattiero-caseari concorrono al 5% delle emissioni di CO2, mentre i prodotti ortofrutticoli, compresi quelli surgelati, danno un apporto di circa il 2%. Infine, il consumo di cereali e derivati (sfarinati, pane, paste alimentari, prodotti da forno ecc.) influisce per poco più dell’1% sul totale delle emissioni complessive.
Riassumendo, a livello aggregato i nostri consumi alimentari hanno un forte impatto sull’ambiente, addirittura più alto rispetto ad altri settori (come quello dei trasporti) che tradizionalmente sono identificati come i più “inquinanti”. Resta da valutare se, scegliendo giudiziosamente cosa mangiare, possiamo ridurre questo impatto. È la domanda alla quale i menu del BCFN, illustrati di seguito, tentano di rispondere.
81
bcfn
L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE DIETE 35 STUDI SCIENTIFICI PUBBLICATI NEGLI ULTIMI 12 ANNI
Più dei 2/3 pubblicati in EU e USA a partire dal 2011. Gli studi concordano nel dire che una dieta varia e prevalentemente vegetale fa bene alla salute.
13 10 6
4 2
2002
2005 2006
2008 2009 2010
2011
2012
2013
Elaborazione BCFN su dati: Auestad et al. 2015, Tillman & Clark 2015; Van Doreen et al. 2013, Thorsen et al. 2012, Jordbruksverket 2013.
82
2014
DI QUANTO possiamo ridurre IL NOSTRO IMPATTO CAMBIANDO DIETA?
-50% di CO2 eq Adottando una dieta vegana
-25% di CO2 eq Adottando una dieta vegetariana Meier & Christen 2013
-25% di CO2 eq Adottando una dieta LiveWell for LIFE, rispettosa delle abitudini e delle tradizioni alimentari della popolazione
Mac Diarmid et al. 2012; Thompson et al., 2013
-23% di CO2 eq
Seguendo le linee guida alimentari nazionali Thorsen et al., 2013
-750kg di CO2 eq
All’anno a persona mangiando sano Pari a percorrere 5600 km con un’auto di media cilindrata, ossia un viaggio a/r da Milano a Mosca Elaborazione BCFN su dati Jordbruksverket 2013
©BCFN foundation 2015
83
Cambiare dieta può fare la differenza? I menu del BCFN Per rendere semplici e “operativi” i concetti di sostenibilità della dieta, il BCFN ha predisposto una serie di menu equivalenti dal punto di vista nutrizionale (quindi tutti bilanciati in proteine, carboidrati e grassi) ma diversi nella scelta degli ingredienti che forniscono i necessari nutrienti, in particolare le proteine. Questi menu, che possono essere settimanali o giornalieri, vengono regolarmente utilizzati nelle pubblicazioni BCFN per stimare gli impatti ambientali delle scelte che le persone possono fare, con il database della Doppia Piramide. Si è deciso di proporre alcune semplici elaborazioni utili a comprendere quanto le diverse scelte dei consumatori incidano sull’ambiente, per verificare se e quanto i modelli di alimentazione equilibrati per loro siano sostenibili anche per l’ambiente57. Si ricorda che è bene evitare il semplice confronto diretto tra due alimenti, ed è preferibile un’elaborazione che si basi sull’insieme delle portate (in termini di quantità e tipologie) consumate in una giornata o in una settimana.
Come si può notare, il menu vegano e quello vegetariano hanno un impatto pressoché simile. Il menu con carne, invece, ha un impatto mediamente due volte superiore rispetto a quello vegetariano: un peso rilevante sull’impatto quotidiano di una persona. Sulla base di questi dati si può calcolare la riduzione degli impatti ambientali di un individuo semplicemente modificando le sue abitudini alimentari. Prendendo come esempio l’alimentazione di una persona per una settimana, si possono ipotizzare tre diversi regimi alimentari in base a quante volte si opta per un menu vegetariano al posto di uno di carne. Limitando la carne a sole due volte alla settimana, in linea con le raccomandazioni dei nutrizionisti, si possono “risparmiare” anche 10 metri quadri globali al giorno.
Il menu giornaliero Per stimare in quale misura le scelte alimentari dei singoli incidono sull’impatto ambientale sono stati analizzati tre differenti menu giornalieri, equilibrati da un punto di vista nutrizionale, sia in termini di apporto calorico sia di nutrienti. Nel primo (menu vegano) le proteine sono unicamente di origine vegetale: sono pertanto esclusi qualsiasi tipo di carne e di derivati animali (come latticini e uova). Nel secondo, (menu vegetariano) è esclusa la carne, ma è previsto il consumo di latticini e uova. Il terzo, infine (menu con carne) è onnivoro, con proteine prevalentemente di origine animale58.
84
Questa elaborazione è da ritenersi puramente indicativa e si basa su alcune delle scelte alimentari prese come esempio dal BCFN per le valutazioni relative agli impatti ambientali. 58 Per il dettaglio delle ricette utilizzate nei menu si veda il documento tecnico di supporto. 57
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IMPATTO Menu VEGANO
13,2 global m 1891 g CO eq 2496 litri
Menu VEGANO
2109
kcal totali
2
2
proteine
Grassi
carboidrati
13%
30%
58%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bevanda di soia 5 Fette biscottate Marmellata
1 Frutto 1 Pacchetto di Cracker
1 Porzione pasta e fagioli 1 Porzione di ortaggi crudi Olio 1 Frutto
1 Frutto Mandorle
1 Porzione Crema di verdure & Risoni 1 Porzione Hummus di ceci Olio Pane
0,6 global m2 212 g CO2 eq 151 litri
0,7 global m2 108 g CO2 eq 172 litri
5,1 global m2 575 g CO2 eq 913 litri
1,1 global m2 131 g CO2 eq 327 litri
5,7 global m2 864 g CO2 eq 934 litri
Composizione di un menu vegano e relativi impatti ambientali.
86
IMPATTO Menu Vegetariano
17,3 global m 2549 g CO 2793 litri
Menu Vegetariano
2016
kcal totali
2
2
eq proteine
Grassi
carboidrati
14%
32%
55%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bicchiere di latte 5 Fette biscottate Marmellata
1 Frutto 1 Pacchetto di Cracker
1 Porzione di Casarecce Siciliane con finocchietto Sformato di zucca e porri 1 Porzione di ortaggi crudi Olio Pane
1 Frutto
1 Porzione di crema di ceci 1 Porzione di Fagiolini e patate al vapore con scaglie di grana 1 Frutto
2,2 global m2 338 g CO2 eq 348 litri
0,7 global m2 108 g CO2 eq 172 litri
4,2 global m2 766 g CO2 eq 668 litri
0,5 global m2 74 g CO2 eq 140 litri
9,7 global m2 1.262 g CO2 eq 1466 litri
Composizione di un menu vegetariano e relativi impatti ambientali.
IMPATTO Menu con carne
30,9 5803 4672
Menu con carne
2031
kcal totali
global m2 g CO2 eq litri
proteine
Grassi
carboidrati
15%
27%
58%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bicchiere di latte 5 Fette biscottate Marmellata
1 Frutta
1 Pizza pomodoro e mozzarella 1 Porzione di ortaggi crudi Olio
1 Frutto
1 Filetto di manzo Olio 1 Porzione di insalata rucola e pomodori 1 Frutto Pane
2,2 global m2 338 g CO2 eq 348 litri
0,5 global m2 74 g CO2 eq 140 litri
6,6 global m2 1.129 g CO2 eq 697 litri
0,5 global m2 74 g CO2 eq 140 litri
21 global m2 4.187 g CO2 eq 3349 litri
Composizione di un menu con carne e relativi impatti ambientali.
87
7 gg menu con carne 5 gg vegetariano + 2 gg carne 7 gg vegetariano 50.000
35.000
250
32.700 45.000
215
30.000
40.620 40.000
200 25.000
35.000 30.000
23.300 150
150
19.550
20.000
24.400
25.000
120 15.000
20.000
100
17.840
15.000
10.000
10.000
50 5000
5000 0
0 Carbon Footprint [gCO2eq/settimana]
0 water Footprint [litri/settimana]
ecological Footprint [global m2/settimana]
IMPATTO SETTIMANALE
IMPATTO GIORNALIERO
Carbon Footprint [gCO2eq]
Water Footprint [litri]
Ecological Footprint [global m2]
Carbon Footprint [gCO2eq]
Water Footprint [litri]
Ecological Footprint [global m2]
40.620
32.700
215
5800
4670
30
24.400
23.300
150
3500
3300
20
17.840
19.550
120
2550
2790
15
menu con carne
7
volte
5
menu vegetariano
volte
7
+
2
volte
menu con carne
menu vegetariano
volte
*Nota: eventuali discordanze tra i valori sono dovute ad arrotondamenti effettuati per permettere una migliore comprensione.
Come varia l’impatto ambientale in funzione delle scelte alimentari: il primo è calcolato supponendo per l’intera settimana il solo consumo del menu con una portata di carne; in questo intermedio per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne e per cinque giorni viene seguito il menu vegetariano; il terzo contempla il solo consumo del menu vegetariano.
88
Il menu settimanale L’analisi dei diversi menu giornalieri, come visto, conferma che l’impatto ambientale della nostra alimentazione può variare, anche in modo significativo, a seconda di quello che mettiamo nel piatto. Partendo da questa considerazione, il BCFN ha deciso di analizzare gli impatti di quattro menu settimanali, anche questi equilibrati dal punto di vista nutrizionale e con un contenuto calorico equivalente. Il menu sostenibile BCFN comprende sia la carne (prediligendo quella bianca) sia il pesce, ma prevede un consumo bilanciato di proteine di origine vegetale e animale. Nel menu ve-
getariano sono esclusi carne e pesce, e le fonti proteiche sono di origine vegetale (legumi) mentre quelle di origine animale derivano da formaggio, latticini in generale e uova. Nel menu vegano sono escluse tutte le fonti proteiche di origine animale (anche uova e formaggi). Infine, il menu con carne contempla un consumo piĂš cospicuo di proteine di origine animale59.
59 Per il dettaglio delle ricette utilizzate nei menu si veda il documento tecnico di supporto.
89
1. MENU VEGANO
PRANZO
SPUNTINO
COLAZIONE
LUNEDÌ 1 Tazza di Latte di soia
1 Tazza 200 di Latte di soia
g
1 Porzione 150 di frutta
2 Cucchiaini di 20 marmellata
TOTALE 382 1 Bicchiere di Frullato 1 Vasetto di frutta 200 di Yogurt e latte di soia di soia 1 Porzione di frutta
MERCOLEDÌ
1 Bicchiere 200 di spremuta di agrumi
2 Fette di pane integrale
50
10
352
1 Porzione 150 di frutta
2 Cucchiaini di marmellata
270
1 Tazza 200 di Latte di soia 6 Biscotti secchi
20 270
g
VENERDÌ
230
125
1 Pacchetto 30 di Cracker
150
2 Fette biscottate
16
1 Porzione 150 1 Porzione di frutta di frutta
150
180
275
200 Olio
Olio
10
508 1 Bicchiere di Frullato 1 Porzione 200 di frutta di Frutta secca e latte di soia 1 Porzione di frutta 200
141
1 Vasetto di Yogurt di soia
195
30
150
180
1 Porzione 1 Vasetto 125 di frutta 150 di Yogurt di soia
150
125
125
Polpette fagioli 170 Pasta al ragu 303 di rossi di lenticchie con piselli
280
80
Ceci
150 Spinaci
Finocchi 200 Ortaggi misti crudi 200 al gratin
270
10
2 Fette di pane integrale
50
10
Olio
20
282 30
150
Olio
1 Pacchetto 30 di Cracker
2 Fette biscottate
Olio
10
216
150
Frittata 260 di ceci ai carciofi
Pizza marinara 181 con verdure miste
520
80
Patate Rucola 200 fagiolini e pomodori al vapore
2 Fette di pane integrale
50
2 Fette di pane integrale
50
Fagioli borlotti 150
2 Fette di pane integrale
50
Olio
10
1 Porzione di frutta
150
Olio
Olio
10
TOTALE
595
520
2 Fette di pane integrale
550 150
16
180
Insalata verde
520
50
513 430 1 Bicchiere 1 Porzione di Frullato 1 Porzione 1 Porzione 150 200 150 di frutta di frutta e di frutta di frutta latte di soia
180
10
2 Fette di pane integrale
420
Peperoni Ceci 200 215 alla griglia al pomodoro
90
DOMENICA
Insalata mista Pasta con cetrioli 200 e fagioli e pomodori
Zuppa di piselli con minestra
665
g
192
280
Minestrone 250
SABATO
270
Farfalle in Crema di Verdure
335
g
1 Bicchiere Frullato 200 1diVasetto Biscotti 200 di Yogurt 125 6 di frutta e secchi di soia latte di soia 2 Fette di 2 Fette 30 pane 50 di pane 50 1diPorzione frutta integrale integrale 2 2 Cucchiaini di 20 Cucchiaini 20 di marmellata marmellata
1 Vasetto di Yogurt di soia
Finocchi crudi
180
GIOVEDÌ
125
1 Pacchetto 30 di Cracker TOTALE Crema di fagioli rossi con crostini alle erbe
g
2 Fette di pane 50 integrale
TOTALE 200 275 Spaghetti Penne integrali con pomodoro 220 Risotto con 262 al mele fresco broccoli e mandorle e basilico e pinoli Frittata Zucchine Ortaggi di farina 78 80 al prezzemolo misti crudi di ceci alle erbe
TOTALE SPUNTINO
MARTEDÌ
4 Fette biscottate 32
Olio
CENA
g
150 Bruschette al pomodoro
243
310
Hummus di ceci
190
50
Pinzimonio
200
2 Fette di pane 50 integrale 541
520
683
2. MENU VEgetariano
COLAZIONE
LUNEDÌ 1 Tazza di latte
g 200
4 Fette 32 biscottate
PRANZO
SPUNTINO
1 Porzione 150 di frutta
MARTEDÌ 1 Tazza di latte
382 1 Bicchiere 1 Vasetto di Frullato 200 di Yogurt di frutta magro e latte 1 Porzione di frutta
1 Brioche
270
g
GIOVEDÌ
212
1 Porzione 150 di frutta
1 Bicchiere di Frullato di frutta e latte
g
200
1 Tazza di latte
50
6 Biscotti 30 secchi
250
200
VENERDÌ
g
1 Bicchiere di Frullato 200 di frutta e latte 1 Brioche
230
50
1 Vasetto di Yogurt magro
125
1 Pacchetto 30 di Cracker
1 Vasetto di Yogurt magro
150
2 Fette biscottate
16
1 Porzione 150 di frutta
1 Porzione 150 di frutta
10
273
625
282
200
1 Pacchetto 30 di Cracker
Olio
180
1 Vasetto di Yogurt magro
125
g 125
2 Fette di pane 50 integrale 2 Cucchiaini di 20 marmellata
DOMENICA 1 Brioche
50
1 Porzione di frutta
150
195 1 Porzione 150 di frutta
275
g
200 1 Vasetto di Yogurt magro
125
125
150
200
Pasta e fagioli
303
Omelette alle erbe
150
Spinaci
200
Ortaggi Finocchi 200 misti crudi al gratin
270
50
Olio
10
2 Fette di pane integrale
50
10
513
Olio
10
20 420
1 Porzione 30 di Frutta secca
1 Porzione 150 di frutta
1 Porzione di frutta
1 Pacchetto 30 di Cracker
150
SABATO
250
125
TOTALE 200 275 141 Spaghetti Penne Insalata Risotto integrali al pomodoro mista con 112 220 con le mele 183 cacio fresco pomodori e parmigiano e pepe e basilico e cetrioli Ortaggi Tortino Zucchine misti 80 patate 195 80 Ceci al prezzemolo crudi e spinaci 2 Fette Finocchi Olio 20 200 Olio 10 di pane crudi integrale
TOTALE SPUNTINO
MERCOLEDÌ
1 Bicchiere 200 di spremuta di agrumi
2 Fette di pane 50 integrale 2 Cucchiaini di 20 marmellata
Olio
CENA
g
76
Pasta al ragu 280 di lenticchie
Olio
513 336 1 Bicchiere di Frullato 1 Porzione 1 Porzione 200 150 di frutta di frutta di frutta e latte 2 Fette biscottate
150
16
TOTALE 180 200 180 Crema di fagioli Farfalle rossi con 335 Minestrone 250 in Crema 280 crostini di Verdure alle erbe Insalata verde Peperoni 200 Caprese di pomodoro 335 con 170 alla griglia e mozzarella mozzarelline
260
Asparagi alla Bismarck
155
Rucola e 200 pomodori
Patate fagiolini al vapore
310
Hummus di ceci
190
2 Fette di pane 50 integrale
2 Fette di pane integrale
50
2 Fette di pane integrale
50
Pinzimonio
200
Olio
10
2 Fette di pane integrale
50
Olio
10
TOTALE
585
2 Fette di pane integrale
50
1 Porzione di frutta
150
785
Olio
20
470
180
560
Zuppa di piselli con minestra
520
216
515
150
150
Pizza margherita 361
Bruschette 243 al pomodoro
361
693
91
3. MENU sostenibile BCFN
COLAZIONE
LUNEDÌ
g
SPUNTINO
g
MERCOLEDÌ
g
VENERDÌ
g
SABATO
g
DOMENICA
g
1 Tazza di latte
1 Bicchiere 200 di spremuta di agrumi
200
1 Bicchiere 1 Tazza di di Frullato 200 200 latte di frutta e latte
1 Vasetto di Yogurt magro
125
1 Brioche
50
4 Fette biscottate
32
2 Fette di pane integrale
50
50
6 Biscotti 30 secchi
2 Fette di pane integrale
50
1 Porzione di frutta
150
2 Cucchiaini 20 di marmellata
1 Vasetto 125 di Yogurt magro
125
1 Pacchetto 30 di Cracker
1 Vasetto di Yogurt magro
Fette 150 2biscottate
16
1 Porzione 150 di frutta
1 Porzione 150 di frutta
200
275
141
180
275
112
Penne Cotoletta al pomodoro 220 di Tacchino fresco con Salvia e basilico e Limone
115
Caprese di pomodoro e 335 mozzarella
Casarecce con sarde 183 e finocchietto
Pasta con i broccoli
2 Fette di Pane integrale
50
Sformato di Zucca e Porri
Straccetti di pollo con verdure 370 miste
Olio
20
Salmone con pure di carciofi
315 Zucchine al prezzemolo 80 1 Fetta di Pane 50 integrale
10
Olio 202
1 Porzione 150 di frutta
535 1 Bicchiere di Frullato di frutta e latte
230
125
150
1 Porzione 150 di frutta 275
200
180
Omelette alle erbe
76
Farfalle 303 in Crema di Verdure
Zuppa di 280 verdure e 270 riso
Bietoline e patate al vapore
300 Ortaggi misti crudi
2 Fette di Pane integrale
50
Olio
10
80
Ortaggi misti crudi
50
Carpaccio di manzo, 265 rucola e pomodorini
2 Fette di Pane integrale
50
Prosciutto
50
Olio
Olio
10
2 Fette di pane 50 integrale Olio
TOTALE
92
436
443
178
1 Porzione di frutta
150
1 Vasetto di Yogurt magro
150
125
125
Gnocchi 200 di patate 389 al pomodoro
360
Branzino al Forno
160
10
570
639
1 Porzione 150 di frutta
1 Bicchiere di Frullato di frutta e latte
200 1diPorzione frutta
150
1 Pacchetto 30 di Cracker
2 Fette biscottate
16
180 Crema di ceci
310
Pizza margherita
216
150
361
Bruschette 243 al pomodoro
Fagiolini e Patate al vapore 310 con Scaglie di Grana
10
10 440
200
Ortaggi misti 80 crudi
405 1 Vasetto di Yogurt magro
180 Pasta e fagioli
125
195
Olio
255
1 Porzione di frutta
232
10
200 1diPorzione Frutta secca 30
1 Pacchetto 30 di Cracker TOTALE
32
250
Ortaggi misti crudi 80
TOTALE
4 Fette biscottate
270
1 Porzione di frutta
Olio
1 Brioche
2 Cucchiaini 20 di marmellata
TOTALE 382 1 Bicchiere di Frullato 200 1diVasetto Yogurt di frutta magro e latte
Spaghetti integrali cacio e pepe
SPUNTINO
GIOVEDÌ
200
TOTALE
CENA
g
1 Tazza di latte
1 Porzione 150 di frutta
PRANZO
MARTEDÌ
Hummus di ceci
190
Pinzimonio
50
2 Fette di pane integrale
50 10
545
620
361
543
4. Menu con proteine animali
COLAZIONE
LUNEDÌ
g
1 Tazza di latte
200 1diTazza latte
4 Fette biscottate
32
SPUNTINO
1 Porzione 150 di frutta
PRANZO
1 Bicchiere 200 di spremuta di agrumi 1 Brioche
g
GIOVEDÌ
200 1diTazza latte 50
g
VENERDÌ
g
1 Bicchiere Frullato 200 200 di di frutta e latte
6 Biscotti 30 secchi
4 Fette biscottate
32
SABATO
g
DOMENICA
g
1 Vasetto di Yogurt
125
1 Brioche
50
2 Fette pane integrale
50
1 Porzione di frutta
150
2 Cucchiaini di 20 marmellata
270
250
1 Vasetto 125 di Yogurt magro
125
Insalata 225 con finocchi e carote
232
195
200
1 Pacchetto 30 di Cracker
1 Vasetto di Yogurt magro
1 Porzione 150 di frutta
1 Porzione 150 di frutta
141
180
275
150
100
Salmone 290 con pure di carciofi
315
Pasta con i broccoli
Gnocchi 200 di patate 389 al pomodoro
50
Polpette di manzo 160 con piselli
Costolette d'agnello
112
Fette biscot- 16 150 2tate
275 Penne al pomodoro 220 Involtini bresaola fresco e stracchino e basilico
230
Pasta al ragù
Sformato 200 di zucca e porri
2 Fette pane integrale
125
1 Porzione 150 di frutta
1 Vasetto di Yogurt magro
125
125
Ortaggi misti crudi 80
Arrosto di vitello
Olio
Zucchine al 80 prezzemolo
2 Fette pane integrale
50
Ortaggi misti crudi 50
Peperoni alla griglia
200
Olio
Olio
10
Olio
Olio
10
totale SPUNTINO
112
MERCOLEDÌ
2 Cucchiaini di 20 marmellata
1 Porzione di frutta 200
g
2 Fette pane 50 integrale
totale 382 1 Bicchiere di Frullato 200 1diVasetto Yogurt di frutta magro e latte
totale Spaghetti integrali cacio e pepe
CENA
MARTEDÌ
10
202
1 Porzione 150 di frutta
10 535
1 Bicchiere di Frullato di frutta e latte
360
200 1diPorzione Frutta secca 30
1 Pacchetto 30 di Cracker
1 Porzione di frutta
totale
180
Omelette alle erbe
76
Bietoline e patate al vapore
300 Ortaggi misti crudi
2 Fette pane integrale
50
Olio
10
Pasta e fagioli
178
468 1 Vasetto di Yogurt
125
180
Farfalle 303 in Crema di Verdure
Zuppa 280 di verdure 270 e riso
125
Carpaccio di manzo, 265 rucola e pomodorini
Involtini di manzo alla salvia
125
2 Fette pane 50 integrale
Spinaci
200 Olio
Olio
Olio
10
10
1 Porzione 150 di frutta 1 Pacchetto 30 di Cracker
150
200
80
365
20
Crema di ceci
10
420 1 Bicchiere di Frullato 200 1 Porzione di frutta di frutta e latte 2 Fette biscottate
436
443
615
150
16
180
216
150
310
Pizza Margherita 361
Bruschette 243 al pomodoro
Fagiolini e Patate al vapore 310 con Scaglie di Grana
Hummus di ceci
190
Olio
Pinzimonio
200
10
2 Fette pane 50 integrale Olio
totale
711
555
630
361
10 693
93
kg CO2 eq / settimana 35 30
29 19
25 20
15
15
12 Carbon
10
Footprint
5
Menu con carne
Menu sostenibile BCFN
Menu vegetariano
Menu vegano
Carbon Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
litri / settimana
25.300 25.000
20.000
17.300
16.100
15.000
13.800 water
10.000
Footprint
5000
Menu con carne
Menu sostenibile BCFN
Menu vegetariano
Menu vegano
Water Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
94
global m2 / settimana 250
200
170 140
150
100
100
80
ecological Footprint
50
Menu con carne
Menu sostenibile BCFN
Menu vegetariano
Menu vegano
Ecological Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
Tra il menu sostenibile BCFN e quello vegetariano le differenze sono limitate, mentre il menu con carne presenta valori decisamente più elevati. Al contrario, il menu vegano è quello associato al minore impatto ambientale: questo risultato è concorde con molte ricerche scientifiche, che hanno dimostrato i benefici ambientali di una dieta esclusivamente vegetale(60-64). Ciononostante, secondo alcuni studiosi la dieta vegana non può essere considerata una dieta “sostenibile” secondo l’accezione data dalla FAO, in quanto la sostenibilità dipende non solo dall’impatto ambientale ma anche da una serie di altri fattori, tra i quali l’accettabilità culturale e la capacità di assimilare tramite gli alimenti tutti i nutrienti necessari a mantenersi in buona salute. Sebbene una dieta vegana possa essere bilanciata dal punto di vista nutrizionale, la sua adozione richiede una serie di accorgimenti e co-
noscenze che potrebbero renderla difficilmente accettabile ai più. Inoltre, questo regime richiede molta attenzione nella preparazione dei singoli pasti, per evitare che a lungo andare insorgano carenze nutritive. Una dieta di tipo mediterraneo (come quella definita nel menu sostenibile BCFN) potrebbe essere l’alternativa perfetta per coloro che vogliono stare attenti alla propria salute e a quella dell’ambiente, senza rinunciare ad alcun alimento o modificare troppo le proprie abitudini.
60-64 Tilman e Clark, 2014; Sáez-Almendros et al., 2014; Westhoek et al., 2014; Van Dooren et al., 2014; Baroni et al., 2006; Van Dooren et al., 2014.
95
bcfn
Praticare la sostenibilità: Cambiare dieta o usare meno l’auto?
66
Ciò che decidiamo di mettere nel piatto influenza, oltre alla nostra salute, anche quella dell’ambiente. Ma cosa vuol dire, in sostanza, ridurre la nostra impronta di carbonio di 10, 30, 60 chilogrammi al mese? Per dare un’idea immediata, può essere utile confrontare i risultati delle nostre elaborazioni con le variazioni di CO2 che si otterrebbero applicando varie altre misure di risparmio ambientale, magari più note a tutti: il minore uso dell’auto, un consumo più parco dell’energia elettrica, ecc. Si consideri ad esempio che: • se una persona non mangiasse carne per due giorni a settimana, si avrebbe un risparmio di 310 chilogrammi di CO2 all’anno, pari alla CO2 emessa guidando un’automobile per 2400 chilometri (equivalente alla tratta Roma-Siviglia, in Spagna); • se una famiglia di quattro persone adottasse per un intero anno un menu sostenibile, come quello consigliato dal BCFN, si otterrebbe un risparmio di 3,7 tonnellate, pari alla CO2 emessa guidando 25.950 chilometri o al consumo biennale di gas della stessa famiglia; • se tutti i cittadini italiani non mangiassero carne per un giorno la settimana, si avrebbe un risparmio totale annuo di 197.550 tonnel-
96
late di CO2, pari al consumo elettrico di quasi 105.000 famiglie o a 1,5 miliardi di chilometri in auto. Praticamente, un piatto di carne in meno alla settimana permetterebbe, in un anno, di togliere dalla strada 3 milioni e mezzo di auto67. Da questo confronto, si capisce bene quanto il cambiamento delle nostre abitudini alimentari sia più potente rispetto agli altri accorgimenti applicabili. Infatti, se modificare il consumo di alcuni prodotti (come per esempio le tipiche fonti di proteine animali) lungo la settimana è un’opzione alla portata di tutti, rinunciare al riscaldamento o alla macchina non sempre potrebbe essere possibile. Se consideriamo poi che il cambiamento di dieta non ha solo ripercussioni positive sulle emissioni di CO2, ma anche sulla scarsità di acqua, l’utilizzo di terreno e, non per ultimo, sulla nostra salute, è facile comprendere che adottare una dieta sostenibile porta tanti vantaggi, senza costi.
66 Elaborazioni BCFN effettuate sulla base dei dati degli impatti ambientali dei menu giornalieri, descritti nel capitolo 5. Per i dettagli si veda il documento tecnico di supporto. 67 Elaborazione BCFN considerando un’automobile che percorre in media 20.000 chilometri all’anno (dato: US Department of transportation).
97
98
bcfn
IL COSTO DELLE DIETE SOSTENIBILI Mangiare sano non costa necessariamente di più. Se si dedica la giusta attenzione alla scelta dei cibi si può addirittura risparmiare
Come abbiamo visto, la sostenibilità implica un equilibrio durevole nel tempo su più fronti; per questo motivo, anche in questa edizione della Doppia Piramide, il BCFN ha deciso di trattare il tema in maniera articolata, integrando le variabili nutrizionali e ambientali con gli aspetti economici. In particolare, si è cercato di comprendere quanto incidano sul portafoglio le diverse scelte alimentari, in modo da verificare se le diete sane per le persone e sostenibili per l’ambiente siano anche economicamente accessibili. Secondo
molti studiosi, infatti, il prezzo (reale o percepito) è uno dei principali elementi che influenzano gli acquisti alimentari: se si vuole promuovere un’alimentazione sana e sostenibile per la popolazione, non si può prescindere dal considerarne anche il costo68. In queste pagine si approfondisce la questione del costo della dieta sostenibile in diversi Paesi. In Italia, l’analisi è stata condotta direttamente dal BCFN utilizzando dati statistici ufficiali, mentre negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti, si è partiti dalla letteratura scientifica disponibile.
99
Il prezzo dei diversi menu in Italia Sulla base dei menu usati per le valutazioni degli impatti ambientali, si è deciso di proporre alcune elaborazioni utili a comprendere come le scelte delle persone influenzino il loro potere d’acquisto. Per il calcolo economico ci si è basati sulle informazioni della banca dati dell’Osservatorio dei prezzi69. Occorre fare una premessa: le variabili che influenzano il valore dei prezzi sono numerose e complesse. Il prezzo di un alimento, infatti, deriva non solo dalla tipologia del prodotto (ad esempio, carne o verdura), ma anche da fattori come la qualità (reale o percepita), il punto vendita scelto (supermercato o negozio al dettaglio), l’origine geografica, la località in cui viene acquistato, ecc. Partendo dai prezzi rilevati in differenti periodi dell’anno e su diverse città, sono state fatte delle stime, decidendo poi di utilizzare il risultato relativo alle sole città di Milano e Napoli (rispettivamente le due più grandi del Nord e del Sud),
100
usando i prezzi medi del mese di aprile 2015 70. Come per gli impatti ambientali, per andare oltre il confronto diretto tra due differenti alimenti, sono stati analizzati alcuni menu giornalieri e settimanali, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
Il menu giornaliero Per stimare in quale misura le scelte alimentari dei singoli, oltre a incidere sull’ambiente, abbiano una ricaduta sul portafoglio delle persone, si sono analizzati i tre menu giornalieri descritti nel capitolo precedente71. Nel primo (menu vegano) le proteine sono solamente di origine vegetale; nel secondo, (menu vegetariano) è esclusa la carne ma non latticini e uova, mentre il terzo (menu con carne) è onnivoro, con proteine prevalentemente di origine animale. Come si evince dal grafico, il menu vegano72 e quello vegetariano presentano un costo pressoché equivalente tra loro in entrambe le città. Il menu a base di carne, invece, è più caro di oltre 0,85 euro al giorno.
Menu giornalieri
MILANO
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
NAPOLI 7¤
g/giorno
6¤ 5¤
6,43 5,53
5,57
4,40
5,13 4,27
4¤ 3¤ 2¤ 1¤
Menu vegano
Menu vegetariano
Menu con carne
Prezzo dei tre menu nelle due città considerate: Milano e Napoli.
WWF, 2012. L’Osservatorio Prezzi e Tariffe, costituito dal Ministero Italiano dello Sviluppo Economico. Per i dettagli sui dati completi usati per le elaborazioni si veda: BCFN, Documento tecnico di supporto alla Doppia Piramide. 70 Per le elaborazioni sono stati valutati i prezzi delle cinque maggiori città italiane nei mesi di ottobre 2014 e aprile 2015, in modo da avere una rappresentatività geografica e stagionale. Sono state scelte Milano e Napoli come città campione per le elaborazioni finali in quanto sono risultate le due città con i prezzi rispettivamente più alti e più bassi. È stato scelto aprile 2015 come mese campione per le elaborazioni finali poiché, non essendo risultate differenze significative dovute alla stagionalità degli alimenti, si è preferito usare i prezzi più recenti e, quindi, aggiornati. Per il dettaglio delle elaborazioni si veda il Documento Tecnico di supporto. 71 I menu completi possono essere consultati nel capitolo 5. 72 Nell’elaborazione del menu, però, non sono stati considerati alimenti sostitutivi della carne, come seitan e prodotti di soia, il cui prezzo in Italia può essere piuttosto elevato. 68 69
101
Menu settimanali Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
50¤ 45¤ 40¤ 35¤ 30¤ 25¤ 20¤ 15¤ 10¤ 5¤
MILANO
NAPOLI
7 gg Menu con Carne
45¤
36¤
5 gg Menu Vegetariano + 2 gg Menu con Carne
41¤
32¤
7 gg Menu Vegetariano
39¤
30¤
Il prezzo di tre possibili diete settimanali: il primo è calcolato supponendo per l’intera settimana il solo consumo del menu con una portata di carne; in quello intermedio, per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne e per cinque giorni viene seguito il menu vegetariano; il terzo contempla il solo consumo del menu vegetariano.
Per capire quanto queste cifre possano incidere, si è provato a combinare il menu con carne e quello vegetariano, ipotizzando tre tipologie di diete settimanali73. Menu con carne tutti i giorni; menu vegetariano tutti i giorni e una combinazione dei due menu, che prevede cinque giorni di menu vegetariano e due giorni con carne. I risultati mostrano che limitando il consumo di carne a due volte ogni sette giorni si arriva a risparmiare quasi 4,50 euro alla settimana, più di
102
230 euro all’anno. Una cifra non trascurabile, specie in un momento storico di crisi economica.
Il menu settimanale Anche in questo caso, si è partiti dai quattro menu già descritti per valutare le differenze d’impatto ambientale: sono menu equilibrati dal punto di vista nutrizionale ma diversi per la fonte proteica, che può essere animale o vegetale. Dal punto di vista economico, i menu analizzati
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
Menu settimanali 50¤ 45¤ 40¤ 35¤ 30¤ 25¤ 20¤ 15¤ 10¤ 5¤
MILANO
NAPOLI
Menu con Carne
43¤
34¤
Menu Sostenibile BCFN
40¤
32¤
Menu Vegetariano
35¤
28¤
Menu Vegano
33¤
26¤
Costo economico dei quattro differenti menu analizzati, tutti nutrizionalmente equilibrati.
presentano delle differenze, anche se non così marcate come nel caso ambientale: meno cari sono i due menu a base vegetale (cioè quello vegano74 e quello vegetariano), seguiti dal menu sostenibile BCFN; il menu più ricco di proteine di origine animale presenta costi più alti. Sulla base di questi dati è quindi possibile affermare che in Italia una dieta sostenibile di tipo mediterraneo non ha solo un minore impatto ambientale, ma anche un costo inferiore rispetto a
regimi alimentari più ricchi di proteine animali (carne e/o pesce).
Lo stesso esercizio è stato fatto per gli impatti ambientali, e i risultati sono riportati nel capitolo 5. 74 Nell’elaborazione del menu non sono stati considerati alimenti sostituti della carne, come seitan e prodotti di soia, il cui prezzo in Italia può essere piuttosto elevato. 73
103
Il dibattito scientifico sul costo delle diete In Italia, patria della buona cucina e della dieta mediterranea, mangiare bene potrebbe essere alla portata di tutti; e adottando una dieta sostenibile si potrebbe anche risparmiare. In altri Paesi, però, la questione è più complessa. Alcuni studi dimostrano una relazione inversa tra livello socioeconomico e tasso di obesità, evidenziando una presenza maggiore di individui in sovrappeso tra le persone con un reddito basso e un minore livello di istruzione75. Nel dibattito sui fattori che determinano l’obesità, e in generale malattie connesse all’alimentazione, i prezzi degli alimenti finiscono spesso sul banco degli imputati con l’accusa di essere troppo elevati per i cibi sani (frutta, verdura, cereali integrali e prodotti scremati), e soprattutto troppo bassi per quelli “meno sani”. Districarsi attraverso dati scientifici non è semplice, perché come vedremo, le ricerche portano spesso a conclusioni tra loro contrastanti.
Le metriche utilizzabili per comparare il prezzo dei diversi alimenti Dall’analisi della letteratura scientifica emerge il ruolo fondamentale dell’unità di misura per comparare i prezzi degli alimenti. Nelle diverse ricerche i dati sono riconducibili a tre variabili: prezzo per caloria, prezzo per grammo commestibile e prezzo per porzione media. Il prezzo per caloria È l’unità di misura più utilizzata e si calcola come rapporto tra il prezzo per 100 grammi di alimento e il numero di calorie. Tale misurazione può essere fuorviante76, perché i cibi molto calorici risultano sempre meno costosi di quelli a bassa densità energetica77. Inoltre, per quanto una dieta più sana abbia un costo per singola caloria maggiore rispetto a una meno sana, questo non si traduce in un costo totale maggiore del pasto giornaliero. Come evidenziato dall’infografica, il confronto tra prezzi basato sulle calorie non tiene conto della
104
quantità di cibo consumato (maggiore nel caso di alimenti ad alta densità energetica) e quindi rischia di non essere preciso. Il prezzo per grammo commestibile Misura il costo di un determinato alimento così come si presenta nel piatto. Si basa sulla constatazione che la maggior parte del cibo non trasformato subisce qualche tipo di preparazione, che ne va a modificare il peso e la quantità. Per i consumatori, può essere utile confrontare il prezzo di alimenti che differiscono nel formato o nel grado di trasformazione. Il prezzo per porzione media Questa misura ha il vantaggio di essere facilmente comunicabile, tuttavia la sensibilità alla quantità e la rigidità delle porzioni standard rendono il suo utilizzo non sempre adatto ai confronti, soprattutto quando le porzioni realmente consumate sono differenti da quelle standard.
L’influenza della metrica sulla valutazione del costo delle diete Nel 2012, l’USDA (United States Department of Agriculture) ha compiuto uno studio per valutare se, e a che livello, la stima del costo di una dieta sana sia influenzata anche dall’unità di misura selezionata78. Per uno stesso paniere di alimenti sono stati calcolati: il prezzo per caloria, quello per 100 grammi commestibili e quello per porzione. I risultati mostrano un’ampia variabilità di costo proprio in base all’unità di misura utilizzata. Gli alimenti a basso contenuto calorico, come frutta e verdura, sono più costosi se il prezzo è calcolato in dollari per 100 calorie. Viceversa, se il prezzo è calcolato in grammi commestibili e in porzione media, sono più convenienti rispetto ai cibi meno sani, definiti moderation foods – ossia alimenti che, possedendo una quantità di grassi, zuccheri aggiunti o sodio superiore al livello consigliato dalle linee guida alimentari americane, dovrebbero essere consumati con moderazione.
L’incidenza del reddito sui consumi Esiste un forte dibattito sulla relazione tra la qualità nutrizionale di una dieta e il costo sostenuto dalle famiglie. La letteratura scientifica sembra dividersi in due filoni: una prima corrente di pensiero, di cui l’epidemiologo Adam Drewnowski è il principale referente, sostiene che vi sia una relazione positiva tra costo e alimenti sani e che questo spieghi il comportamento d’acquisto dei consumatori, arrivando di conseguenza a individuare un nesso tra obesità e condizione socioeconomica. Una seconda corrente sostiene invece che il prezzo sia solo una delle varie componenti che influenzano il comportamento d’acquisto, e che le cause sottostanti la diffusione di diete di scarsa qualità siano da ricercarsi in una carente educazione alimentare della popolazione, ossia una mancanza di informazioni necessarie a prendere le corrette decisioni di acquisto e perseguire una dieta sana79. È stata dimostrata l’esistenza di una relazione
inversa tra la densità energetica di un alimento, il suo costo per caloria e il suo contenuto di micronutrienti80. Da tale relazione si deduce che l’associazione tra povertà e obesità è da imputarsi al minore costo relativo del cibo poco sano: ciò permetterebbe di spiegare perché tra le fasce più povere della popolazione si riscontrino una peggiore qualità della dieta e una maggiore insorgenza di patologie legate all’alimentazione rispetto alle persone più abbienti, che hanno una dieta più sana e ricca di sostanze nutritive81.
A. Drewnowski, 2009. Carlson e Frazão, 2012. 77 Lipski, 2009; Rao et al., 2013. 78 Carlson e Frazão, 2012. 79 Frazão et al., 2014. 80 Drewnowski 2004, 2005, 2007. 81 Drewnowski 2004; Drewnowski et al., 2007. 75
76
105
Fonte: Carlson e Frazão, 2012
Il confronto tra prezzi basato sulle Kcal non tiene conto delle quantità di cibo consumato
4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5
$/100 calorie
Verdura
Frutta
$/100 commestibili
Cereali
Latticini
$/porzione media
Proteine
Moderation Foods
I prezzi degli alimenti variano a seconda del metodo di misurazione. I “moderation foods” sono tutti gli alimenti che possiedono una quantità di grassi, zuccheri aggiunti o sodio superiore al livello consigliato dalle “Dietary Guidelines” americane o che contengono alimenti di un altro gruppo alimentare rispetto ai precedenti appena elencati.
bcfn
Nei piatti sono riportate le quantità che forniscono circa 100 calorie di differenti alimenti (broccoli, fragole, pancarrè, patatine e confetti di cioccolato). Come si nota abbiamo una quantità maggiore di frutta e verdura rispetto alle patatine, mentre normalmente si mangiano porzioni meno abbondanti di broccoli e fragole e più abbondanti di patatine. Il confronto tra prezzi basato sulle calorie non tiene conto della quantità di cibo tipicamente consumato e risulta quindi forviante. (Barilla Center for Food & Nutrition, adattato da Carlson e Frazão, 2012)
broccoli
0,93 cent. per 100 kcal
fragole
1,41 cent. per 100 kcal
pancarrè 0,40 cent. per 100 kcal
confetti
patatine
0,17 cent. per 100 kcal
0,16 cent. per 100 kcal
100 kcal
Fonte per i prezzi: USDA National Fruit and Vegetable Retail Report Vol VIII - No. 19; prezzi in dollari. (http://www.ams.usda.gov/mnreports/fvwretail.pdf.) Snacks – average retail price and cost per portion for calorie-dense snack foods) (http://www.ers.usda.gov/datafiles/Fruit_and_Vegetable_Prices/Snack_Substitutions/snackprices.xls.)
©BCFN foundation 2015
Il costo delle diete negli Stati Uniti La relazione tra obesità e status socioeconomico è stata confermata anche da alcune ricerche: i clienti dei discount sono principalmente persone con un livello socioeconomico più basso e con un tasso di obesità più elevato (27%) rispetto a chi fa i propri acquisti nei supermercati di fascia alta (9%)82, che dimostra anche una migliore qualità delle scelte in termini di apporto nutrizionale. A conferma dell’ipotesi che il cibo sano costi leggermente di più, c’è anche un recente studio condotto dal Dipartimento di Public Health dell’Università di Harvard83. Gli autori hanno comparato il costo di una scelta “sana” rispetto a una meno salutare, sia in termini di singoli alimenti, sia di regime dietetico in generale. Dai risultati emerge che le scelte più salutari sono anche le più care. Le differenze maggiori sono state riscontrate per la carne: le opzioni più sane costano in media 0,29 dollari in più a porzione e 0,47 dollari ogni 200 calorie. La carne di pollo mostra la maggiore variabilità: a parità di calorie, comprare le cosce anziché il petto può costare sino a 0,72 dollari in più. Questa forbice si riversa anche sul prezzo dell’intero regime alimentare: una dieta sana, di tipo
108
mediterraneo, a base di verdura, frutta, cereali e pesce, può costare sino a 1,54 dollari in più al giorno rispetto a una basata su alimenti trasformati, carne e cereali raffinati. Una cifra apparentemente piccola che però si traduce in una maggiorazione di circa 550 dollari l’anno; può quindi risultare determinante, soprattutto per le famiglie a basso reddito.
Grazie all’educazione le diete sostenibili sono anche meno costose Numerose ricerche dimostrano come sia invece possibile mantenere un regime alimentare in linea con le raccomandazioni nutrizionali, senza incorrere in un aumento dei costi destinati all’alimentazione. Ma tutti questi studi attribuiscono un ruolo fondamentale all’educazione alimentare, in particolare se si fa riferimento a un basso livello socioeconomico. I Piani Alimentari (Food Plans) promossi dall’USDA84, ad esempio, permettono di sostentare una famiglia di quattro persone con un budget mensile inferiore ai 600 dollari85, sebbene con dei limiti in termini di appetibilità e tempo di preparazione. Altri86 hanno dimostrato come il passaggio da una dieta ad alta densità energetica a una ricca di frutta, verdura e legumi non
abbia un effetto negativo sulla spesa alimentare, a patto che a parità di nutrienti vengano selezionati gli alimenti più economici. Un regime alimentare che si basa sui principi della dieta mediterranea non è più costoso, anzi: in alcuni casi un miglioramento della qualità nutrizionale della dieta può persino tradursi in un risparmio economico. Un’ulteriore ricerca87 ha dimostrato come l’introduzione nella dieta di tre pasti a settimana a base di verdure, cereali integrali e olio extravergine di oliva permetta di dimezzare il budget, oltre a migliorare lo stato generale di salute. Lo studio ha previsto una serie di lezioni di cucina sulla preparazione di pietanze a base di verdure e cereali integrali, alle quali sono state affiancate lezioni teoriche sui principi base dell’alimentazione e i vantaggi di una dieta bilanciata. Al termine del programma, il 60% dei partecipanti aveva introdotto almeno tre pasti vegetariani a
settimana, contro il 5% dell’inizio del programma. Tale cambiamento nelle abitudini alimentari è stato accompagnato da una diversa allocazione del budget destinato alla spesa alimentare: i partecipanti hanno diminuito in maniera significativa il consumo di carne, snack, bevande gassate e dolciumi. In particolare, la spesa per la carne è calata del 54% rispetto all’inizio del programma e il costo settimanale della spesa alimentare è sceso del 45%, passando da 67 a 37 dollari a settimana: un risparmio mensile di circa 124 dollari.
Aggarwal et al., 2012. Rao et al., 2013. 84 USDA Food Plans: Cost of Food report http://www.cnpp.usda. gov/sites/default/files/CostofFoodJan2015.pdf. 85 Dati aggiornati a gennaio 2015. 86 Mitchell et al., 2000; Raynor et al., 2002; Goulet et al., 2008. 87 Flynn et al., 2013. 82 83
109
o
st
a
men o
1,7 $ Frutta 1,4 $ Verdura 0,7 $ Cereali
r per kg co
pe
a st
meno
costo per grammo commestibile
2,6 $ per 100 g Frutta 2,4 $ per 100 g Moderation foods 1,7 $ per 100 g Cereali
r kcal co
1,6 $ per 100 g Verdura
pe
Il risultato cambia in funzione del metodo di calcolo
costo per porzione media
3,1 $ Moderation foods
po
rzione c
In America mangiare sano costa di pi첫?
sa
d i pi 첫
costo per Kcal
3,7 $ per 100 Kcal Verdura 2,9 $ per 100 Kcal Frutta 2,3 $ per 100 Kcal Moderation foods 0,5 $ per 100 Kcal Cereali
Costa di più?
Sì
Risultati dell’analisi di 15 studi sul costo delle diete negli USA
5 studi
No
No, scegliendo gli
alimenti meno costosi a parità di nutrienti
68 «L’adozione della dieta mediterranea in America non è più costosa se a parità di nutrienti vengono selezionati gli alimenti economicamente più vantaggiosi» (Goulet, 2008).
No, dopo un
programma di educazione alimentare appropriato
Come si nota nel grafico a destra, «la spesa per la carne è calata del 54% rispetto all’inizio del programma. In totale, il costo settimanale della spesa alimentare è sceso del 45%, passando da 68 a 37 dollari a settimana, il che si traduce in un risparmio mensile di circa 124 dollari» (Flynn, 2013).
5 Studi
ma solo di 1,50$ al giorno
Non è tanto più cara: «Una dieta sana costa 1,54 dollari in più al giorno, circa 550 dollari l’anno» (Rao et al., 2013).
TOT.
-45%
37
TOT.
16
8
PRIMA
DOPO
-54%
124$
SPESA PER LA CARNE
RISPARMIO MENSILE
Relazione inversa tra status socioeconomico e tasso di obesità «Alcuni studi mostrano come nella popolazione maschile il tasso di obesità aumenta all’incrementare del reddito, mentre vi è una tendenza opposta per la popolazione femminile».
Tasso di obesità maschile e femminile
controverso
Sì costa di più,
spesa settimanale
L’importanza dell’educazione emerge da 10 studi
10 studi
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Il costo delle diete in Europa Regno Unito Secondo un recente studio dell’Università di Cambridge88, nel Regno Unito, le diete più sane comporterebbero costi maggiori. Sono state analizzate le variazioni di prezzo tra cibi sani e meno sani nel decennio 2002-2012, prendendo in esame 94 prodotti alimentari, classificati in base alla salubrità. Fra gli alimenti più sani rientrano latte, yogurt, frutta e verdura, pesce e carne magra; mentre gli altri includono pancetta, hamburger di manzo, bevande zuccherate, ciambelle e gelati. Dai risultati emerge non solo che i prodotti più sani costano di più ma che il loro prezzo tende anche a crescere più di quello degli alimenti meno salutari. Basti pensare che nel 2012 gli alimenti più calorici e meno salutari costavano in media 2,5 sterline per 1000 chilocalorie, mentre quelli più sani ne costavano 7,49, circa il triplo. Dal 2002 al 2012 il prezzo medio degli alimenti sani è cresciuto di 0,17 sterline all’anno per 1000 calorie, contro le 0,07 sterline di quelli meno sani. Altri studi invece suggeriscono che una dieta sana non è necessariamente più cara. Ad esempio, il report del WWF UK relativo al progetto di educazione alimentare LiveWell89 analizza il costo di una dieta sostenibile (caratterizzata da un basso Carbon Footprint) rispetto alla spesa media alimentare delineata dal Dipartimento per l’ambiente, il cibo e l’agricoltura inglese (DEFRA). I risultati dimostrano che il costo della dieta LiveWell 2020 è inferiore alla spesa media per generi alimentari delle famiglie nel Regno Unito: ciò significa che anche in Inghilterra è possibile fare scelte alimentari più sane, a basso impatto ambientale, spendendo meno.
Francia Anche in Francia esistono studi90 volti a dimostrare che le diete sane costano di più.
112
Da una ricerca condotta dal Professor Drewnowski e dal suo team91, emerge che 100 grammi addizionali di frutta e verdura sono associati a un aumento giornaliero dei costi destinati all’alimentazione, che può variare dagli 0,23 agli 0,38 dollari. Ancora, è stato dimostrato che le diete ad alta densità energetica (calcolata in chilocalorie per grammo di alimento) sono povere di sostanze nutritive ma costano meno (in termini di dollari per chilocalorie). Invece, le diete a minore densità energetica e a maggiori quantità di micronutrienti sono associate a costi più alti. Se un uomo che segue un regime alimentare a elevata densità energetica, ingerendo in media 18.798 kcal a settimana (circa 2700 kcal giornaliere), decide di ridurle a circa 16.730 a settimana dovrà sostenere costi addizionali del 25% circa (misurati in dollari per 2000 kcal). Quindi, se si consumano 2390 kcal al giorno, il prezzo aggiuntivo da pagare a fronte della minore densità energetica equivarrà a 764 dollari l’anno92. Ma in Francia emergono risultati incoraggianti dallo studio del WWF nell’ambito del Progetto europeo LiveWell For LIFE (LiveWell for low-impact food in Europe)93: in questo caso, adottare una dieta sostenibile non solo permetterebbe di ridurre le emissioni di gas serra rispetto ai livelli attuali, ma si tradurrebbe anche in un risparmio economico per il Paese e quindi per i suoi abitanti (per maggiori informazioni, si veda il box).
Jones, Conklin, et al., 2014. WWF, 2011. 90 Schröder, Marrugat et al., 2006. 91 Drewnowski, Darmon et al., 2004. 92 Drewnowski, Monsivais, et al., 2007. 93 WWF, 2012b. 88 89
bcfn
LiveWell for LIFE: le diete sostenibili per Regno Unito, Francia, Spagna e Svezia Nell’ambito delle campagne di educazione alimentare, nel 2011 il WWF-UK ha dato vita al programma LiveWell 2020. Il principio su cui verte questa iniziativa è che il cibo che mangiamo ha un impatto rilevante, non solo sulla nostra salute, ma anche su quella del Pianeta. L’iniziativa, messa a punto dal WWF in collaborazione con il Rowett Institute of Nutrition and Health dell’Università di Aberdeen, tenendo conto delle linee guida nutrizionali del governo britannico, ha come obiettivo quello di modificare le abitudini alimentari degli inglesi, indirizzandole verso una dieta più sostenibile che porterebbe alla riduzione del 25% delle emissioni di gas serra entro il 2020, nonché a diminuire il consumo pro capite di carne da 79 a 10 chilogrammi l’anno.
114
Partendo quindi dall’EatWell Plate, uno strumento per comunicare graficamente le proporzioni per una corretta alimentazione sviluppato dalla Food Standard Agency del Regno Unito, nel suo “piatto” (LiveWell 2020) LiveWell propone una suddivisione dei gruppi alimentari che si discosta al massimo del 10% dall’originale. Basta questo leggero scarto per diminuire in maniera sostanziale le emissioni di gas serra e rendere quindi le diete più sostenibili dal punto di vista ambientale, limitando il consumo di proteine animali e aumentando quelle derivate da altri alimenti quali legumi e frutta secca. L’iniziativa è stata estesa con LiveWell for LIFE+ (for low impact food in Europe – piatto per un cibo a basso impatto am-
bientale in Europa), un progetto finanziato dall’Unione europea e lanciato a febbraio 2012 da WWF UK, WWF European Policy Office e il think tank Friends of Europe94.
94
WWF, 2012b.
EatWell
33%
33%
PANE, RIS O PATATE, PASTA E ALTRI AMIDACEI
FRUTTA E VERDURA
12%
15%
CARNE, PESCE, UOVA FAGIOLI E ALTRE PROTEINE DERIVATE DAL LATTE
LATTE E PRODOTTI CASEARI
8% CIBI E BEVANDE CON ALTO CONTENUTO DI ZUCCHERI E GRASSI
LiveWell 2020
29%
35%
PANE, RIS O PATATE, PASTA E ALTRI AMIDACEI
FRUTTA E VERDURA
4% CARNE
9% CIBI E BEVANDE CON ALTO CONTENUTO DI ZUCCHERI E GRASSI
3% PESCE 1% UOVA 4% NOCI E SEMI 4% FAGIOLI E LEGUMI
15% LATTE E PRODOTTI CASEARI 115
Il programma, nato per introdurre il concetto di dieta sana e sostenibile a livello europeo, ha coinvolto tre Paesi: Francia, Spagna e Svezia.
te locale. Tutti i piatti sono stati calcolati in modo che il costo giornaliero per l’alimentazione fosse uguale, o inferiore, a quello di partenza.
Qui, i ricercatori hanno identificato le tendenze alimentari e, a partire dai reali consumi, hanno creato un LiveWell Pla-
I risultati sono incoraggianti. In Francia la dieta LiveWell potrebbe ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 25% e
Francia
CURRENT AVERAGE DIET gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
AVERAGE COST PER DAY gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
3,47
2,60
4,90¤
4,36¤
La dieta LiveWell per la Spagna potrebbe ridurre le emissioni di gas a effetto serra di circa il 27%, a un costo quasi identico
Spagna
116
rispetto a quello attuale (in media 3,48 euro al giorno per una persona), diminuendo il consumo di carne, latticini, zuc-
chero, dolci e prodotti a base di frutta, e aumentando le verdure, i cereali e la frutta secca.
CURRENT AVERAGE DIET gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
AVERAGE COST PER DAY gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
3,75
2,71
3,47¤
3,47¤
In Svezia, la dieta LiveWell permetterebbe di ridurre le emissioni del 25% a un costo leggermente inferiore a quello della
Svezia
diminuire i costi medi giornalieri per la spesa alimentare di una persona, facendoli passare dagli attuali 4,90 a 4,36 euro. I francesi dovrebbero aumentare il consumo di legumi e cereali e ridurre quello di carne e derivati.
dieta attuale (da 44,64 a 44,07 corone svedesi al giorno): il regime alimentare proposto prevede una diminuzione del
consumo di carne e un aumento dei prodotti ortofrutticoli.
CURRENT AVERAGE DIET gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
AVERAGE COST PER DAY gCO2 eq/day
Livewell Plate gCO2 eq/day
5,72
4,29
44,64 SEK
44,07 SEK
Anche in Europa le diete sostenibili possono essere meno costose In definitiva, al di là di alcuni dati contrastanti, i casi studio analizzati dimostrano che è possibile mangiare sano indipendentemente dal livello di reddito: le diete più “salutari” e sostenibili non presentano necessariamente costi maggiori, anzi. È necessario però modificare le proprie
abitudini alimentari, scegliendo con accortezza gli alimenti più nutrienti, economici e amici dell’ambiente: un’azione per cui l’educazione è il fattore chiave. Per questo le autorità pubbliche devono intervenire per abbattere tutti quegli ostacoli, di natura sia fisica sia educativa, che possano pregiudicare l’accesso al cibo sano delle fasce più deboli della popolazione.
117
118
bcfn
Le politiche alimentari a favore della salute e dell’ambiente Per raggiungere la sostenibilità, occorre il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera agroalimentare. E in questo contesto le istituzioni hanno un ruolo centrale
Mangiare è uno dei bisogni primari dell’uomo, per questo da sempre il cibo è anche al centro dell’attenzione dei legislatori. Le politiche alimentari (o food policy) sono quell’insieme di norme, incentivi, tasse e campagne di informazione o educazione varate dalle istituzioni sulle diverse attività economiche e sociali del comparto agroalimentare. Il loro obiettivo è governare, e possibilmente migliorare, il modo in cui gli alimenti sono prodotti, processati, distribuiti e consumati, garantendo la salute delle persone, della società e dell’ambiente, e i legittimi interessi dei cittadini eventualmente rappresentati da gruppi di pressione95. In sostanza, le politiche alimentari incidono
su cosa, quando e come si mangia, e sulle relative conseguenze economiche, sociali e ambientali. Queste politiche riguardano direttamente o indirettamente diversi attori (dalle imprese agricole ai lavoratori; dalla società in senso lato al singolo consumatore finale, passando per l’ambiente in cui viviamo) e nella loro elaborazione e attuazione richiedono un approccio interdisciplinare che coinvolge diversi aspetti, tra cui: nutrizione, salute, ambiente, psicologia ed economia. In questo capitolo si cercherà di analizzare le principali politiche alimentari varate per tutelare la salute delle persone e, al contempo, ridurre gli impatti del cibo sul Pianeta.
119
In particolare, illustreremo alcuni casi emblematici di iniziative istituzionali per assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili della popolazione; le politiche per ridurre l’obesità e il sovrappeso; la regolamentazione del food marketing rivolto ai bambini; le politiche per garantire l’accesso al cibo a fronte dei cambiamenti climatici; le nuove linee guida per un’alimentazione sostenibile; e infine le etichette ambientali utilizzate nel settore alimentare. Lungo questo percorso saranno evidenziati alcuni argomenti controversi che coinvolgono attori con interessi divergenti, o temi complessi su cui è spesso difficile legiferare. Secondo il professor Tim Lang96 esistono tre distinti percorsi di ricerca in campo nutrizionale di cui i legislatori devono tenere conto: il primo si focalizza sulle interazioni biochimiche dei nutrienti e le loro implicazioni per la salute; il secondo evidenzia come i fattori sociali influenzino le scelte alimentari; il terzo esamina i legami tra questioni nutrizionali e la protezione dell’ambiente. La sfida più importante per i policy-maker è promuovere stili di vita sostenibili che tengano conto, oltre che della salute pubblica, anche dell’impatto ambientale degli alimenti. Cosa che la Fondazione BCFN sta provando a fare dal 2009 con la promozione del modello della Doppia Piramide.
L’importanza di assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili della popolazione Se inizialmente le politiche alimentari sono nate come strumento per cercare di assicurare a tutti un adeguato accesso al cibo, negli ultimi anni il loro obiettivo si è allargato anche al fronte opposto, quello legato ai problemi che nascono per un consumo eccessivo di cibo. Oggi le istituzioni cercano di assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce vulnerabili della società: i bambini e le popolazioni che soffrono ancora la fame,
120
ma anche le persone obese e a basso reddito. Vediamo quali politiche sono state sviluppate a livello internazionale.
Ridurre l’obesità e il sovrappeso L’epidemia di obesità rappresenta un problema grave per la salute pubblica, non solo nei Paesi sviluppati ma anche in quelli in via di sviluppo. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)97 le persone obese o in sovrappeso nel mondo continuano ad aumentare e hanno superato i due miliardi. Gli Stati Uniti, seguiti da Cina e India, sono il Paese con il maggior numero di persone obese (quasi il 13% degli obesi mondiali)98. Le politiche per ridurre i tassi di obesità e sovrappeso della popolazione99 possono essere divise in soft e hard. Le prime includono le campagne di educazione per aumentare la consapevolezza circa la gravità del fenomeno e dei suoi impatti, nonché le norme sulle informazioni da inserire nelle etichette alimentari. Le seconde sono più complesse e richiedono un approccio sistemico per essere attuate: comprendono i divieti al consumo di determinati cibi, le misure fiscali (per esempio, la tassazione di alcune tipologie di ingredienti o alimenti), la richiesta di riformulare alcune classi di prodotto per adeguarli a specifiche linee guida. Generalmente gli organismi internazionali propongono linee guida e raccomandazioni facoltative per i governi nazionali – in pratica delle soft policy – mentre è rimandato ai singoli Stati legiferare sui temi di hard policy. Le hard policy sono spesso osteggiate perché troppo coercitive. Negli Stati Uniti, per esempio, il diritto di scelta fu uno dei quattro diritti del consumatore citati dal presidente Kennedy nel suo discorso del 1962 e i comportamenti alimentari in America sono stati tradizionalmente relegati alla sfera privata, e solo recentemente si stanno valutando le ripercussioni sociali ed economiche dell’epidemia di obesità sul sistema sanitario nazionale statunitense (stimata in 147 miliardi di dollari100).
Fino agli anni 2000 l’attenzione delle politiche internazionali sul tema del cibo si è concentrata soprattutto sui problemi legati alla sicurezza alimentare e alla sottonutrizione, invece che su quelli legati al consumo eccessivo. La prima volta che si è parlato ufficialmente di obesità e delle malattie a essa correlate è stato nel 2003 in un report congiunto tra FAO e OMS101, prodotto in seguito a una dichiarazione dell’ONU, dove si affermava l’importanza di una corretta alimentazione e dell’attività fisica per prevenire il sovrappeso. L’anno successivo, durante l’Assemblea mondiale della sanità (l’organismo legislativo dell’OMS) fu approvata una risoluzione che invitava i governi, i partner internazionali, il settore privato e la società civile ad adottare misure a livello globale, regionale e locale per sostenere i regimi alimentari sani e l’attività fisica. Tra le ultime policy internazionali proposte vi è quella del 2013 dell’OMS nella quale, tra i nove obbiettivi suggeriti per migliorare le condizioni di salute pubblica mondiale, si parla di arrestare la crescita di diabete e obesità e di ridurre del
30% il consumo di sale102. Inoltre, da quest’anno l’OMS103 invita adulti e bambini a ridurre il consumo giornaliero di zuccheri a meno del 10% dell’apporto energetico totale, sottolineando che se ci si attestasse al di sotto del 5% (pari a circa 25 grammi, l’equivalente di 6 cucchiaini) al giorno, i benefici per la salute sarebbero ancora maggiori.
Riadattato da T. Lang, D. Barling, M. Caraher, Food Policy, Integrating Health Environment and Society, Oxford University Press, 2009. 96 Ibidem. 97 WHO, Obesity and Overweight. Fact sheet N°311, 2015. 98 M. Ng, et al., Global, Regional, and National Prevalence of Overweight and Obesity in Children and Adults During 1980–2013: A Systematic Analysis for the Global Burden of Disease Study 2013, The Lancet, Vol. 384, 9945, 2014. 99 Vedi Tim Lang. 100 E. A. Finkelstein et al., Annual Medical Spending Attributable to Obesity: Payer-And Service-Specific Estimates, Health Affairs, 28, 5, 2009. 101 WHO/FAO, Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases. Report of the joint WHO/FAO expert consultation. WHO Technical Report Series, 916 (TRS 916), 2003. 102 WHO, Global Action Plan for the Prevention and Control Of Ncds 2013-2020, 2013. 103 WHO, Guideline: Sugars Intake for Adult and Children, 2015. 95
121
122
A livello europeo, nel 2005 è stata istituita una tavola rotonda sull’obesità che ha coinvolto grandi imprese, professionisti della sanità e diversi altri stakeholder. Nel 2007, la Commissione europea, con l’adozione del Libro Bianco Una strategia europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità104, ha indicato quali azioni possono essere prese a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per ridurre i rischi associati alla cattiva alimentazione e a una scarsa attività fisica. Tuttavia, come da Trattato di Maastricht, il ruolo della Commissione europea nell’arginare il fenomeno è relegato soltanto a proporre politiche, educare le persone (tramite per esempio campagne sociali) e allocare risorse per la ricerca scientifica. A livello nazionale, merita di essere citato il caso del Regno Unito, dove uno studio durato due anni ha prodotto la migliore analisi governativa sull’obesità105. Questo report propone una mappa di fattori che la influenzano, tra cui: il contesto sociale, la produzione, il consumo di cibo, e il comportamento individuale106. Negli Stati Uniti tra le leggi nazionali più importanti contro l’obesità c’è quella del 2010 – la “Healthy, Hunger Free Kids Act” – che riforma i programmi scolastici alimentari, influenzando così le abitudini di 31 milioni di bambini americani. Con questa legge sono aumentati i sussidi per accedere alle mense scolastiche per i bambini più poveri, sono state ingrandite le porzioni di frutta, verdura e cereali integrali e diminuite le calorie totali, lo zucchero e il sale degli ali-
menti. Purtroppo, l’impatto di questa legge è stato in parte ridotto dall’azione di alcune lobby (un esempio per tutti è rappresentato dalla pizza che, essendo condita con il pomodoro, viene conteggiata come verdura). Sebbene gli organismi internazionali siano da tempo impegnati a portare l’attenzione dei singoli governi sull’obesità, e alcuni Paesi si stiano impegnando nel combatterla con regolamenti e leggi, i risultati ottenuti non sono incoraggianti107. Infatti, secondo uno studio recentemente pubblicato su Lancet, dagli anni Ottanta nessun Paese al mondo è riuscito a ottenere significativi progressi nella riduzione dei tassi di obesità e sovrappeso108. Intervistato da Bloomberg, Christopher Murray, tra gli autori di questo studio e docente di Global Health presso l’Università di Washington, riferisce quanto le politiche alimentari promosse dai diversi Stati per contrastare il fenomeno non siano state efficaci, così come secondo diversi studi, non lo sono state neanche le campagne sociali sviluppate per favorire una corretta alimentazione109.
104 CE, Libro Bianco, Una strategia europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità, 2007. 105 T. Lang, ibidem, p. 1. 106 Foresight, Tackling obesity future choices, London: Government office of science, 2007. 107 T. Lang, ibidem, p. 1. 108 M. Ng et al., Global, Regional, and National Prevalence of Overweight and Obesity in Children and Adults During 1980–2013: A Systematic Analysis for the Global Burden of Disease Study 2013, The Lancet, vol. 384, 9945, 2014. 109 H. Walls, et al., Public Health Campaigns and Obesity – A Critique, BMC Public Health, pp. 11-136, 2011.
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Tassazione Junk Food e Bevande Zuccherate
K
elly Brownell, docente di Politiche Pubbliche presso la Duke University, nel 1994 ha suggerito di introdurre la tassazione delle bevande zuccherate. La sua proposta, basata sull’ipotesi che il comportamento alimen-
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tare sia influenzato dalla variabile del prezzo, presupponeva che adottare misure fiscali potesse avere un ruolo nel ridurre il consumo di alcuni alimenti classificati come cibo spazzatura o junk food. Una politica che prende spunto dalle analoghe
iniziative contro il fumo, per le quali l’aumento dei prezzi sembra essere stato un efficace deterrente al consumo. Al riguardo, tuttavia, non mancano i pareri contrari. Per alcuni, imporre tasse su prodotti non salutari o non soste-
nibili è una misura drastica che demonizza alcuni alimenti e impone costi aggiuntivi ai consumatori. Altri invece la vedono come un’arma efficace nel guidare le persone verso le scelte migliori, visto che finora le raccomandazioni di adottare volontariamente certi comportamenti sono sostanzialmente fallite. Inoltre, alcuni110 fanno notare che i grassi, così come il sale e lo zucchero, sono presenti in quasi tutti gli alimenti, pertanto risulta difficile capire le soglie per cui un alimento possa essere classificato come poco sano rispetto a un altro. Le evidenze scientifiche sull’efficacia di queste misure sono in effetti controverse. Secondo uno studio recente portato avanti da Ecorys per l’Unione europea111, la tassazione di cibi con elevati contenuti di sale, zucchero e grassi porta a un’effettiva riduzione dei consumi. È però bene fare attenzione, perché le persone più povere, che sono anche quelle che hanno maggiori possibilità di diventare obese o in sovrappeso, potrebbero muovere le loro scelte verso cibi più economici, ma dal valore nutrizionale ancora inferiore; oppure verso cibi ugualmente poco sani ma non tassati. Com’è successo
per esempio in Francia, dove la tassazione di bevande zuccherate sembra aver portato a un aumento del consumo di patatine. A livello europeo, i Paesi che hanno deciso di tassare alcuni alimenti o bevande non sono molti, ma sembrano aver ottenuto il risultato sperato. È stato così per Danimarca (per i grassi saturi), Finlandia (per dolciumi, gelato, bevande zuccherate, e alcuni alcolici), Ungheria (per dolciumi e condimenti, bevande zuccherate ed energetiche, cioccolato), e Francia (per bevande zuccherate). È interessante l’esempio ungherese, dove il governo, supportato dall’OMS, ha indotto il 30% dei cittadini a cambiare i propri consumi: di questi l’80% lo ha fatto in seguito all’aumento dei prezzi. Negli altri Paesi hanno avuto effetto anche altri fattori tra i quali la consapevolezza dei rischi derivanti da una cattiva alimentazione nata dalle discussioni precedenti l’adozione della normativa. In America si è lungamente dibattuto su questo tipo di interventi. Da aprile 2015 il primo luogo dove si è deciso di sperimentare una misura di tipo fiscale è la riserva indiana dei Navajo (una zona che copre al-
cune aree tra Arizona, Messico e Utah). La popolazione che vi abita soffre di tassi di obesità sopra la media americana e in alcune zone è stato diagnosticato il diabete di tipo 2 a quasi il 60% della popolazione. La norma introdotta prevede un 2% di tassazione sui cosiddetti cibi spazzatura, bilanciato dall’eliminazione della tassa del 5% su frutta e verdura fresca. Le entrate provenienti da questa sin tax (letteralmente “imposta del peccato”) saranno destinate a progetti per favorire il benessere e la salute di questa comunità e incentivare l’aumento del numero dei mercati di frutta e verdura fresca. Siccome i tassi di obesità continuano a crescere e la spesa nei servizi sanitari per la cura delle malattie correlate aumenta esponenzialmente, la tassazione è destinata a diventare una leva concreta d’intervento da parte dei decisori politici. La sfida per i governi sarà quindi determinare dove e come imporre la tassazione e come misurarne l’efficacia.
Tra cui Tim Lang, ibidem p. 1. Ecorys, Food Taxes and Their Impact on Competitiveness in The Agri-Food Sector: A Study, 2014. 110 111
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Sussidi e programmi di assistenza alimentare per le persone a basso reddito
Un’alternativa alla tassazione dei cibi spazzatura sono i sussidi per i prodotti alimentari a basso contenuto di calorie e con alti livelli nutrizionali. Partendo dallo stesso presupposto, ossia che il prezzo pesi sensibilmente sulle decisioni d’acquisto delle persone, un incentivo finanziario può influenzare la scelta di prodotti più salutari, specialmente per le persone a basso reddito. Anche a questa misura però sono state mosse critiche. La prima nasce dalla constatazione che le persone che beneficiano di un sussidio possono comunque utilizzare i soldi risparmiati per comprare cibi poco sani. Uno studio ha rile-
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vato che le persone utilizzano i soldi risparmiati grazie ai sussidi per comprare complessivamente più cibo, compresi i prodotti contenenti alti livelli di zucchero, sale e grassi112. Inoltre, i sussidi rappresentano una notevole spesa per lo Stato per cui non è sempre semplice trovare i fondi necessari. Un esempio di sussidi è rappresentato dai programmi di assistenza alimentare che prevedono aiuti economici per gli acquisti di cibo delle famiglie più bisognose. Come lo SNAP (Supplemental Nutrition Assistance Program) negli Stati Uniti, un programma federale che assiste ogni anno circa 47 milioni di americani. Al contra-
rio di alcuni sussidi alimentari, con questi assegni le persone possono comprare qualsiasi tipo di cibo con l’evidente rischio di favorire anche il consumo di alimenti poco sani. Ci sono state diverse proposte di legge per escludere la possibilità di acquistare junk food, ma nessuna di queste è stata approvata perché tutte sono state considerate lesive della libertà individuale.
L.H. Epstein et al., The Influence of Taxes and Subsidies on Energy Purchased in an Experimental Purchasing Study, Psychological Science, vol. 21, 3, pp. 406414, 2010.
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Regolamentazione del food marketing indirizzato ai bambini I bambini sono un target facilmente influenzabile che va protetto con politiche rigorose. Se questo non accade è perché gli interessi economici in gioco sono molto alti. È stato dimostrato come l’esposizione alla pubblicità e alle promozioni di prodotti alimentari, se non integrata da un’azione di controllo da parte dei genitori, possa facilmente favorire l’adozione di stili alimentari poco equilibrati, con possibili effetti sulla salute113. A livello internazionale, nel 2010, l’OMS ha approvato una serie di raccomandazioni relative alla commercializzazione di alimenti e bevande non alcoliche per i bambini. Queste linee guida dovrebbero aiutare i Paesi nel disegnare le politiche per ridurre l’impatto sui bambini del marketing dei cibi ritenuti poco sani. È interessante notare come il consumo di snack per bambini sia diminuito nei Paesi in cui si è legiferato in materia: in Australia è stata proibita qualsiasi pubblicità di alimenti per i minori di 14 anni, in Olanda è stata bandita quella dei dolci per i minori di 12 anni, in Svezia non è permesso usare personaggi dei cartoni animati per la pubblicità e in Norvegia è stata proibita qualsiasi forma di pubblicità rivolta ai bambini114. Per un maggiore controllo si è schierata anche la Walt Disney America, che ha deciso di eliminare gli spot sui junk food dai propri canali televisivi, dal sito web e dalle stazioni radio, a favore della promozione di alimenti sani quali frutta e verdura e con minore contenuto di calorie, grassi saturi, sale e zucchero.
delle politiche alimentari di questi decenni sono incoraggianti. Con 209 milioni di persone affamate in meno rispetto al 1990-92, non è lontano il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo del Millennio di dimezzare la percentuale delle persone sottonutrite entro il 2015. Tuttavia, secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite115, i rischi derivanti dal cambiamento climatico potrebbero addirittura invertire anni di progresso contro la povertà e la fame. Gli scenari del cambiamento climatico nel medio-lungo periodo sono catastrofici: scarsità di cibo, crisi dei rifugiati, inondazione delle principali città e intere nazioni insulari, estinzione di piante e animali e un clima così drasticamente alterato che potrebbe rendere pericoloso per le persone lavorare all’aperto (quindi anche nei campi) durante i periodi più caldi dell’anno. Secondo l’International Food Policy Research Institute (IFPRI)117, nel 2050 saranno malnutriti a causa degli effetti del cambiamento climatico 25 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni, l’equivalente del numero di tutti bambini della stessa età di Stati Uniti e Canada. Secondo l’associazione Oxfam118, sono diversi i fattori che influenzano l’accesso al cibo in un mondo colpito dal cambiamento climatico. Prima di tutto va considerato che l’80% dell’agricoltura mondiale (e il 90% di quella africana) utilizza l’acqua piovana per l’irrigazione, cosa che l’assoggetta ai cambiamenti della quantità e intensità delle piogge. Poi c’è da sottolineare che la diversità delle sementi è diminuita del 75% negli ultimi 100 anni, privando così gli agricoltori di quelle specie che potrebbero meglio adattarsi ai cambiamenti climatici. J.C.G. Halford et al., Effect of Television Advertisements for Foods on Food Consumption in Children, Appetite 42, pp. 221-225, 2004. 114 Anche il WHO Europe ha lanciato a febbraio 2015 una iniziativa sulla riduzione della pressione marketing sui bambini definendo criteri per categorie alimentari. Per maggiori informazioni http:// bit.ly/1z1AN6u. 115 FAO, The State of Food Insecurity in the World, 2014. 116 IPCC, Climate Change 2014, 2014. 117 IFPRI, Climate Change: Impact on Agriculture and Costs Of Adaptation, 2014. 118 Oxfam, Hot and Hungry – How to Stop Climate Change Derailing the Fight Against Hunger, 2014. 113
Accesso al cibo e cambiamento climatico Secondo la FAO, nel mondo vi sono 805 milioni di persone che soffrono la fame, circa l’11% della popolazione mondiale, di cui la stragrande maggioranza vive nei Paesi poveri o in via di sviluppo115. Sebbene i numeri siano ancora elevati, i risultati
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In condizioni metereologiche instabili, l’assicurazione sui raccolti può fare una grande differenza nello stabilizzare il reddito degli agricoltori. Il 90% degli agricoltori statunitensi ne beneficia a fronte del 15% degli indiani, il 10% dei cinesi e l’1% o meno degli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Su 20 Paesi africani che si sono impegnati a spendere il 10% del loro budget in agricoltura, solo quattro hanno raggiunto l’obiettivo. Le riserve mondiali di grano sono ai livelli minimi storici, il che potrebbe far impennare i loro prezzi qualora ci fossero eventi climatici estremi, portando a una grave crisi alimentare. Infine, sempre secondo Oxfam, anche la tecnologia può essere molto utile nel far fronte ai cambiamenti climatici. In particolare, l’accesso ai dati meteo può essere fondamentale nell’aiutare gli agricoltori a pianificare l’irrigazione e i raccolti. Anche in questo caso le differenze tra Paesi in via di sviluppo e sviluppati sono rilevanti: in California per esempio esiste una stazione meteo ogni 2000 km2 mentre in Chad ce n’è una ogni 80.000 km2. Considerando tutti questi fattori, il lavoro da fare a livello politico (sia globale sia locale) è notevole. Il Chicago Council on Global Affairs, in un report recente dedicato all’argomento119, invita il governo degli Stati Uniti a integrare il cambiamento climatico nella sua strategia globale sulla sicurezza alimentare. Tra le raccomandazioni proposte vi è quella di creare una normativa a lungo termine e di aumentare i finanziamenti per la ricerca agricola legata ai cambiamenti climatici, in particolare sull’adattamento di alcune specie agli eventi estremi.
D. Bereuter et al., Advancing Global Food Security in the Face of a Changing Climate, 2014.
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Il cibo locale e la sua influenza sul cambiamento climatico
I
l movimento sociale che promuove il consumo di cibo locale ha preso piede negli Stati Uniti nel 2005, quando Jessica Prentice coniò il termine locavore per indicare una persona in cerca di alimenti coltivati e prodotti entro un raggio di 100 miglia dalla propria abitazione (pari a circa 160 chilometri). Questo movimento si sta notevolmente espandendo nei Paesi industrializzati tanto che Walmart, la più grande catena distributiva degli Stati Uniti, si è impegnata a raddoppiare le vendite di prodotti locali tra il 2009 e il 2015. Non esiste una definizione univoca per “cibo locale”. Il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, che nel 2014 ha investito 78 milioni di dollari per sup-
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portare le imprese agricole locali, descrive un prodotto come locale o regionale se proviene dallo stesso Stato o all’interno di un raggio di circa 400 miglia (640 chilometri). Le stesse catene distributive lo utilizzano con diverse accezioni: Walmart considera un prodotto locale se proviene dallo stesso Stato di distribuzione, mentre la catena statunitense Whole Foods se ha percorso al massimo sette ore di viaggio su strada. Ma comprare cibo locale influisce effettivamente sul cambiamento climatico grazie alla riduzione delle emissioni dovute al trasporto? L’argomento è dibattuto. Basti pensare che il trasporto è responsabile solamente dell’11% delle emissioni di gas serra prodotte dal
sistema agroalimentare120. Un esempio lampante è proposto da Robert Paarlberg nel suo libro Food Politics121: i pomodori esportati dal Messico agli Stati Uniti durante i mesi invernali presentano un’impronta di carbonio minore rispetto agli stessi pomodori coltivati in una serra locale.
R. Paarlberg Food Politics, Oxford University Press, 2013. 121 Ibidem. 120
Linee guida per un’alimentazione sana e sostenibile I primi tentativi di incorporare considerazioni ambientali nell’ambito nutrizionale risalgono alla metà degli anni Ottanta, quando Gussow e Glancy121 eseguirono uno studio sugli effetti ambientali connessi all’adozione delle linee guida alimentari americane. Recentemente, un numero crescente di organizzazioni internazionali e governi ha riconosciuto che le politiche alimentari future devono mirare a integrare il duplice obiettivo di migliorare la salute delle persone e dell’ambiente. Di fatto, alcuni Paesi hanno iniziato a includere concetti di sostenibilità ambientale nelle linee guida alimentari tradizionali123. Ma l’esercizio non è facile, perché le definizioni di sostenibilità variano notevolmente nelle loro interpretazioni in funzione delle differenti sensibilità e culture; e non sempre l’analisi degli impatti ambientali, sociali ed economici dà indicazioni concordi. In Europa vari Paesi hanno elaborato delle linee guida per un’alimentazione sana e sostenibile: tra essi compaiono Francia, Svezia, Regno Unito, Belgio, Germania, Olanda e i Paesi Nordici. Nei primi quattro la redazione delle linee guida è stata affidata alle agenzie governative, mentre negli altri tale compito è spettato ad agenzie non governative124. Le linee guida menzionate sono accomunate dalla loro natura qualitativa e si basano sulla teoria secondo la quale una dieta prevalentemente vegetale, in cui il consumo di proteine animali è moderato, sia da preferire sotto il profilo ambientale e nutrizionale. Nella maggior parte dei casi non compaiono indicazioni precise sulla quantità e la frequenza con cui andrebbero consumati i vari alimenti, ma solo una raccomandazione sul comportamento d’acquisto125. Nell’aprile del 2015 il governo del Regno Unito ha pubblicato, nell’ambito del Global Food Security Program, dei “principi per una dieta sana e sostenibile” (The Principles of Healthy and Sustainable Eating Patterns)126. Le linee guida, declinate in otto
punti, sono da intendersi come naturale complemento del ben più noto EatWell Plate e forniscono indicazioni sugli accorgimenti da adottare per conciliare l’obiettivo di una dieta sana con la tutela dell’ambiente. I principi rappresentano il punto di arrivo di un percorso intrapreso con il progetto Green Food, volto a identificare margini di azione e le opportunità per migliorare la sostenibilità del sistema alimentare inglese. I principi si basano sui consigli elaborati dalla Sustainable Development Commission127 e dal WWF nell’ambito del progetto LiveWell for LIFE128. Le linee guida francesi129, belghe130 e tedesche131 sono state proposte rispettivamente dall’Agenzia francese per l’ambiente e l’energia (ADEME), dal Dipartimento per l’ambiente della regione di Bruxelles (Bruxelles Environment) e dal Consiglio tedesco per lo sviluppo sostenibile. In tutti i casi, si tratta di raccomandazioni e consigli di natura qualitativa, inseriti in programmi di ampia portata per promuovere consumi e acquisti responsabili nei diversi settori merceologici. Le Nordic Nutrition Recommendation 2014, elaborate dal Nordic Council of Ministers132, dedicano un intero capitolo al concetto di dieta sostenibile: in esso vengono trattati i punti salienti delle interrelazioni tra cibo, salute e protezione ambientale, evidenziando i benefici di una dieta sostenibile e i possibili compromessi tra obiettivi nutrizionali e ambientali.
J. Gussow, K. Clancy, Dietary Guidelines for Sustainability, J Nutr Educ 18, 1–5, 1986. 123 T. Garnett, What is a sustainable healthy diet?, 2014. 124 Rispettivamente la UK Sustainable Development Commission e il WWF-UK per il Regno Unito, lo Health Council of Netherland per l’Olanda; il Barilla Center for Food & Nutrition per l’Italia. 125 Westland et al., 2012. 126 Global food security Program working Group, 2015. 127 Sustainable Development Commission, 2009. 128 WWF-UK, 2014. 129 ADEME, 2012. 130 Bruxelles Environment, 2014. 131 German Council for Sustainable Development, 2008. 132 Il Nordic Council (o Consiglio Nordico) è un forum di cooperazione dei governi dei Paesi nordici (Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda, Groenlandia), che tra le altre cose si occupa di definire i requisiti e i valori nutrizionali su cui i singoli Stati membri elaborano le proprie linee guida alimentari. 122
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Vengono inoltre elencate le scelte di consumo necessarie al passaggio dalla dieta attuale a una più sostenibile e per ognuna di esse vengono evidenziate le implicazioni (positive e negative) che tali azioni avrebbero sull’ambiente e sulla salute133. Il report dello Health Council of the Netherlands si rivolge al governo e fornisce una panoramica dettagliata delle interconnessioni tra salute ed effetti ambientali dei diversi alimenti. Nel report vengono esaminate le linee guida alimentari olandesi del 2006, allo scopo di individuare le potenziali sinergie o contrasti in termini di sostenibilità ambientale. Lo studio identifica come “totalmente vincenti” le raccomandazioni con un impatto positivo sia per la salute sia per l’ambiente; “vincenti-perdenti” i casi in cui il beneficio in termini nutrizionali possa essere raggiunto a discapito dell’ambiente; e come “vincenti dal punto di vista ambientale” le raccomandazioni con un impatto positivo sull’ambiente ma neutrali dal punto di vista della salute (per esempio quelle per la riduzione degli sprechi alimentari). Il report identifica come “totalmente vincente” la raccomandazione concernente il passaggio a una dieta prevalentemente vegetale; mentre un punto controverso è quello del consumo di pesce, considerato sì salu-
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tare, ma non sempre sostenibile da un punto di vista ambientale134. Anche le linee guida svedesi, pubblicate nel 2013 dalla National Food Agency assieme all’Agenzia per la protezione ambientale, giungono a raccomandazioni analoghe: mangiare meno carne, consumare pesce da stock non a rischio e fonti certificate, conservare in maniera appropriata le verdure; diminuire il consumo di dolci e ridurre gli sprechi alimentari. Il testo dell’Agenzia svedese si differenzia per l’accuratezza con la quale analizza i diversi impatti ambientali dei singoli alimenti135. Così come rivela il report del comitato consultivo, le nuove linee guida nutrizionali americane che usciranno nell’autunno 2015, riconoscendo il fatto che la produzione e il consumo di cibo hanno degli impatti sull’ambiente, dovrebbero includere per la prima volta gli aspetti legati alla sostenibilità136. È bene sottolineare che in tale report la dieta mediterranea è citata come esempio virtuoso di dieta sostenibile. Un approccio simile è già stato adottato dalle linee guida del Brasile, uscite sul finire del 2014: in esse si afferma che il cibo “sano” proviene da ecosistemi “sani”, riconoscen-
do dunque l’interconnessione tra preservazione della biodiversità ed equilibrio degli ecosistemi e salute delle persone. Le linee guida brasiliane enfatizzano in particolare l’importanza del consumo di verdura e cereali integrali e di ridurre il consumo di alimenti trasformati e ricchi in grassi, sale e zuccheri aggiunti137. Il progetto LiveWell del WWF, inizialmente lanciato nel Regno Unito e successivamente esteso anche a Svezia, Francia e Spagna, è l’unico a offrire raccomandazioni non solo qualitative, ma anche quantitative, su come adottare una dieta sostenibile. Lo studio ha previsto l’elaborazione di menu settimanali, adeguati rispetto alle esigenze alimentari e culturali del singolo Paese, che fossero al contempo bilanciati dal punto di vista nutrizionale e permettessero di ridurre le emissioni di gas serra rispetto alla dieta attuale. I risultati mostrano come sia possibile raggiungere una significativa riduzione delle emissioni di CO2 senza “stravolgere” le abitudini alimentari della popolazione. LiveWell ha avuto un ruolo fondamentale nell’inserire le diete sostenibili all’interno dell’agenda politica europea. In particolare, il progetto ha sviluppato una serie di raccomandazioni destinate alle istituzioni. Tra queste: revisionare le linee guide alimentari nazionali con l’integrazione del concetto di sostenibilità ambientale e la riduzione delle emissioni di gas serra; aggiornare le politiche agricole e alimentari tenendo conto della sostenibilità; supportare l’educazione ad abitudini di consumo sane e sostenibili; rafforzare le azioni di prevenzione sulle malattie correlate all’alimentazione; favorire le sinergie locali-globali. Nordic nutrition recommendations 2014. FAO, The State of Food Insecurity in the World 2015. Meeting the 2015 international hunger targets: taking stock of uneven progress, 2005, http://www.fao.org/3/a-i4646e/index.html 135 Health Council of the Netherlands, Guidelines for a Healthy Diet: The Ecological Perspective, The Hague, 2011. 136 Dietary Guidelines Advisory Committee, Scientific report of the 2015 Dietary Guidelines Advisory Committee, http://www.health.gov/ dietaryguidelines/2015-scientific-report/PDFs/Scientific-Reportof-the-2015-Dietary-Guidelines-Advisory-Committee.pdf. 137 Ministry of the Health of Brazil, 2014. 133
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PAESI ALIMENTI
Francia Mes Achats
Germania The Sustainable Shopping Basket
Svezia Towards Environmentally Sound Dietary Guidelines
Aumenta il consumo di cereali, frutta e verdura.
Frutta, verdura, legumi, cereali, patate
Acquista cibo locale, vario, stagionale, possibilmente biologico. Evita ortaggi con packaging voluminoso
Consuma almeno 5 porzioni di verdura e frutta al giorno. Scegli prodotti locali e stagionali
Scegli prodotti locali, stagionali, biologici. Dai la preferenza a verdure non facilmente deperibili, come le crucifere. Mangia piĂš legumi.
Riduci il consumo ai livelli indicati dai nutrizionisti. Alterna menu a base di carne con pasti vegetariani
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Modera il consumo. Compra carne proveniente da allevamenti locali e all’aperto.
Latticini, uova
Riduci il consumo ai livelli indicati dai nutrizionisti.
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Pesce, frutti di mare
Consuma pesce di stock non a rischio
Riduci il consumo. Consuma pesce di stock non a rischio.
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Aumenta il consumo di olio di colza prodotto localmente. Riduci il consumo di olio di palma.
ACQUA E BEVANDE
Bevi acqua del rubinetto. Se compri acqua in bottiglia, dai la preferenza alle taniche da 5l in PET riciclato.
Scegli packaging riciclati.
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Snack ad alto contenuto di zuccheri e sale
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Mantieni una dieta bilanciata. Prova prodotti equo-solidali. Riduci i rifiuti. Cerca di non usare la macchina per fare la spesa.
Mangia sano. Prova prodotti equo-solidali. Evita di produrre rifiuti.
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Carne
Grassi e oli
Altri consigli generici
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Olanda Guidelines for a Healthy Diet: The Ecological Perspective
Regno Unito The principles of healthy and sustainable eating patterns
Consuma almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Adotta una dieta a base vegetale piuttosto che animale.
Aumenta il consumo di piselli, fagioli, noci e altre fonti di proteine vegetali.
Meno carne e latticini, più cereali integrali, legumi, verdura e sostituti proteici di origine vegetale.
Paesi Nordici Nordic Nutrition Recommendation 2014
Aumenta il consumo di cereali, frutta e verdura, in particolare patate e verdure fibrose. Riduci il consumo di verdure coltivate in serre riscaldate. Aumenta il consumo di legumi. Scegli prodotti locali e biologici.
Belgio Nutrition and the Environment
Aumenta il consumo di cereali, frutta, verdura. Scegli prodotti locali, stagionali, biologici Aumenta il consumo di legumi. Se acquisti alimenti esotici, scegli il marchio fair trade.
Modera il consumo.
Riduci il consumo.
Riduci il consumo di carne. Prova diverse tipologie di carne. Alterna le proteine animali con quelle vegetali.
Includi il latte e i latticini nella tua dieta, o prova bevande vegetali arricchite con calcio e vitamine.
Riduci il consumo di latticini. Aumenta il consumo di uova.
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(situazione win-win)
Consuma 2 porzioni di pesce a settimana, di cui 1 di pesce grasso. Questa raccomandazione può avere ripercussioni ambientali negative. Conviene incentivare il consumo di specie non sovra sfruttate. (situazione win-lose)
Consuma solo pesce certificato e proveniente da pesca e/o acquacoltura sostenibile.
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Evita di acquistare pesce di specie a rischio di estinzione. Consuma solo pesce certificato e proveniente da pesca e/o acquacoltura sostenibile.
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Usa oli vegetali. Riduci il consumo di burro e olio di palma.
Evita di consumare l’olio di palma.
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Bevi acqua del rubinetto.
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Bevi acqua del rubinetto. Se compri acqua in bottiglia, dai la preferenza a quelle riciclabili.
Modera l’apporto calorico riducendo il consumo di cibi dallo scarso valore nutrizionale. (situazione win-win)
Riduci il consumo di alimenti ricchi di sale, zuccheri e grassi.
Riduci il consumo di cibi dallo scarso valore nutrizionale.
Riduci il consumo di alimenti ricchi di sale, zuccheri e grassi.
Riduci lo spreco di cibo. (environmental win-health neutral)
Mantieni una dieta bilanciata Riduci i rifiuti alimentari Dai valore a ciò che compri e consumi. Domanda come e dove è prodotto il cibo che compri.
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Mantieni una dieta varia e bilanciata. Conserva adeguatamente gli alimenti e riduci lo spreco di cibo. Fai una lista della spesa. Evita i prodotti con packaging molto voluminoso.
Linee guida per un’alimentazione sostenibile. Elaborazione BCFN
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Eating Better: UN’ALLEANZA PER PROMUOVERE le diete sostenibili
E
ating Better è un’alleanza tra diverse organizzazioni del Regno Unito per aiutare le persone a cambiare i propri stili alimentari, riducendo il consumo di proteine animali a favore di alimenti sani e sostenibili per l’ambiente138. Con il report “Let’s talk about meat”, uscito alla fine del 2014, Eating Better si è proposto di identificare le strategie più efficaci per promuovere nuove abitudini di consumo. Il report contiene anche alcune raccomandazioni politiche tra
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cui: integrare il concetto di sostenibilità con le politiche e le pratiche per una corretta alimentazione; fornire e promuovere le informazioni sulle diete sostenibili aggiornando le linee guida alimentari nazionali; promuovere attività di educazione a un’alimentazione sana e sostenibile; supportare la ricerca per trovare strategie di cambiamento comportamentale di successo; monitorare i regimi alimentari delle persone e riferire sui progressi nei confronti di un minore consumo di carne; assicurarsi che
la salute pubblica, l’agricoltura, il commercio, le misure fiscali o altre politiche promuovano e guidino la transizione verso una produzione e un consumo alimentare sano e sostenibile; coinvolgere diversi stakeholder con lo scopo di condividere conoscenze e creare approcci pratici per promuovere consumi sostenibili.
138 http://www.eating-better.org/ uploads/Documents/EB-policybriefing14-web.pdf.
Etichettatura ambientale Negli ultimi tre decenni, sotto la spinta di iniziative pubbliche e private, sono nate diverse etichette e loghi speciali da apporre volontariamente sulle confezioni degli alimenti per informare i consumatori sulla sostenibilità. Tra i più conosciuti vi sono quelli sul commercio equo e solidale; il logo Rainforest Alliance (che promuove un’agricoltura sostenibile a favore degli agricoltori e dell’ambiente nei Paesi in via di sviluppo); quelli legati agli impatti ambientali e quelli che riguardano il benessere animale. Uno studio della Commissione europea ha individuato in Europa l’esistenza di 129 schemi di informazione nutrizionale legati alla sostenibilità139. L’obiettivo di questi programmi è aumentare la trasparenza lungo la catena alimentare e informare il consumatore per promuovere consumi responsabili. In generale la consapevolezza in merito alle etichette di sostenibilità e alla loro influenza sui consumi è bassa140, anche se, secondo alcuni studi, i consumatori sarebbero disposti a pagare un prezzo leggermente superiore per i prodot-
ti alimentari certificati141. Le etichette o i loghi più apprezzati oltre a quelli relativi ai prodotti biologici, sono quelli che informano sulla provenienza del prodotto da allevamenti all’aperto e le certificazioni sul benessere animale. Invece, le etichette ambientali, come i cosiddetti Carbon Label, sono considerate meno interessanti e sono associate a una minore disponibilità a pagare un maggior prezzo. Anche perché i consumatori, pur riconoscendo l’etichetta, spesso non capiscono fino in fondo il concetto espresso (per esempio cosa si intenda effettivamente per impronta di carbonio degli alimenti)142.
139 European Commission, Food Information Schemes, Labelling and Logos, Internal Document DG SANCO, 2012. 140 Eufic Forum, Sustainability and Social Awareness Labelling – A Pan-European Study on consumer attitudes, understanding and food choice, 2014. 141 J. McCluskey, M. Loureiro, Consumer Preferences and Willingness to Pay for Food Labeling: A Discussion of Empirical Studies, Journal of Food Distribution Research, vol. 34, 3, November 2003. 142 K. Grunert, S. Sophie Hieke, J. Wills, Sustainability Labels on Food Products: Consumer Motivation, Understanding and Use, Food Policy 44 (2014) 177–189.
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bcfn
Food policy I principali strumenti di food policy nel mondo
ambito
eccesso di cibo
scopo
Stili di vita pi첫 sani e consumi responsabili
Ridurre la malnutrizione
accesso al cibo 138
aumentare la resilienza dei sistemi alimentari
©BCFN foundation 2015
I governi hanno un ruolo fondamentale nel proporre e attuare adeguate misure per garantire che tutti abbiano accesso a diete più sane e sostenibili
approccio
Soft
strumenti
Linee guida alimentari
(educazione) Mirano a educare le persone a consumi più responsabili
hard
(interventi sul mercato) Intervengono modificando gli equilibri di mercato
interventi istituzionali Miranti a garantire l’accesso al cibo sano e sicuro per tutta la popolazione
Etichette nutrizionali
Vietare la pubblicità di “junk food” diretta ai bambini Promuovere il consumo di cibo sano Tasse sul “junk food”
Politiche sulla sicurezza alimentare
Interventi per contrastare il cambiamento climatico
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Le raccomandazioni BCFN
PER LE ISTITUZIONI La Fondazione BCFN è profondamente convinta che l’adozione delle diete sostenibili, insieme al miglioramento del sistema agroalimentare in termini di funzionalità, possano offrire un contributo determinante al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. Pertanto, condividendo le posizioni espresse al riguardo da FAO, OECD, WWF e, più di recente, USDA, auspica che le istituzioni e la politica, sia a livello nazionale sia internazionale, considerino l’alimentazione come la chiave di volta per un’economia più sostenibile (low carbon economy). Per questi motivi è importante sviluppare programmi politici ambiziosi e a lungo termine per promuovere e diffondere le diete sostenibili. Per far questo è necessario:
Informare con un database accessibile a tutti, che raccolga e valuti programmi e progetti sviluppati per la promozione delle diete sostenibili nei diversi Paesi, per garantire che i governi e le istituzioni impegnati nei programmi di sviluppo, così come gli attori incaricati di attuarli, siano correttamente informati.
Coinvolgere nei programmi gli operatori di tutta la filiera, dal campo alla tavola, e i settori che hanno un impatto diretto o indiretto sulle abitudini alimentari: le istituzioni pubbliche, i produttori, gli agricoltori, i nuclei familiari, i rivenditori, i ristoranti e i catering, le scuole, il marketing e le ONG.
Regolare attraverso un’azione combinata di linee guida volontarie e misure legislative (quando necessarie) che coinvolgano i principali stakeholder, facciano affidamento su risorse economiche adeguate e rendano possibile l’attuazione di programmi sociali per il supporto della dieta sostenibile.
Misurare. Definire specifici obiettivi da monitorare regolarmente per valutarne il grado di attuazione. Tali obiettivi dovrebbero tenere in considerazione le abitudini alimentari e le tradizioni specifiche dei diversi Paesi.
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Le raccomandazioni BCFN
PER LE PERSONE Considerata la rilevanza primaria del cibo per il benessere delle persone e per l’ambiente, la Fondazione BCFN propone le seguenti raccomandazioni per promuovere l’adozione di stili alimentari sostenibili. Essere consapevoli non è abbastanza. Convincere le persone a modificare il loro comportamento quale alternativa ai trend attuali richiede il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema agroalimentare, siano essi scuole, aziende, distribuzione o media. Per attuare interventi, lanciare prodotti e servizi ispirati alle linee guida per una dieta sostenibile:
Educa. Per garantire che tutti, specialmente i giovani, comprendano a fondo il ruolo fondamentale che il cibo svolge nello sviluppo sostenibile, è prioritario accrescere la consapevolezza del grande impatto economico, sociale e ambientale del cibo. Le famiglie devono considerare l’educazione nutrizionale quale primo strumento per garantire il benessere dei figli.
PREVIENI. Fare scelte alimentari adeguate, per una vita più lunga e più sana. Nel momento in cui una persona decide cosa mangiare, diventa responsabile della propria salute. Obesità e altre patologie non trasmissibili possono essere il risultato di stili di vita scorretti, frutto della combinazione tra diete sbilanciate e attività fisica insufficiente. La prevenzione tramite la nutrizione deve diventare una priorità per tutti.
RISPARMIA. Alimentarsi in modo equilibrato e corretto non costa necessariamente di più. Ma per farlo senza penalizzare il budget familiare occorre avere consapevolezza della corretta combinazione, per quantità e frequenza di consumo, degli alimenti della piramide alimentare. Quindi, il presupposto della sostenibilità – anche economica – della dieta è la diffusione tra le persone di informazioni nutrizionali corrette, e il recupero dell’antica cultura culinaria locale.
RIFLETTI. Una dieta corretta dal punto di vista nutrizionale è più sostenibile anche dal punto di vista ambientale. L’adozione di una dieta bilanciata non è dunque solo una scelta responsabile per noi stessi, ma è anche una forma di rispetto verso gli altri. Oggi sappiamo che una dieta corretta dal punto di vista nutrizionale può ridurre il nostro impatto sul Pianeta e che gran parte delle conoscenze necessarie per una produzione alimentare più sostenibile sono già disponibili.
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bibliografia essenziale La bibliografia e la sitografia complete sono contenute nel documento tecnico scaricabile dal sito www.barillacfn.com
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DOPPIA PIRAMiDE 2015
le aree di ricerca
le pubblicazioni
LE RACCOMANDAZIONI PER UN’ALIMENTAZIONE SOSTENIBILE
Food for All
La doppia piramide: tutte le edizioni
Advisory Board Barbara Buchner, Ellen Gustafson, Danielle Nierenberg, Gabriele Riccardi, Camillo Ricordi, Riccardo Valentini
Team di ricerca Roberto Ciati, Luca Ruini (BCFN Foundation), Carlo Alberto Pratesi (Università Roma Tre), Ludovica Principato (Università La Sapienza, Roma), Elisabetta Redavid ed Eleonora Vannuzzi (Life Cycle Engineering)
L’accesso al cibo e la malnutrizione: il BCFN riflette su come favorire un migliore sistema alimentare su scala globale e come rendere possibile una più equa distribuzione delle risorse alimentari, incoraggiando il benessere sociale e riducendo l’impatto sull’ambiente.
persone, ambiente, scienza, economia
Doppia Piramide 2015
Food for Health Il rapporto e il delicato equilibrio fra l’alimentazione e la salute: raccogliere le raccomandazioni delle istituzioni scientifiche mondiali e degli esperti più qualificati, raccontare le proposte del BCFN per facilitare l’adozione di uno stile di vita corretto e un’alimentazione sana.
Doppia Piramide 2015 Le raccomandazioni per un’alimentazione sostenibile
Doppia Piramide 2014 Quinta edizione: stili alimentari e impatto ambientale
2013. Alimentazione e Ambiente: stili alimentari sani per le persone e per il Pianeta
Doppia Piramide 2012 favorire scelte alimentari consapevoli
Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente
2010. Doppia Piramide: alimentazione sana per le persone, sostenibile per il Pianeta
Testi e infografiche
Food for Sustainable Growth
www.lcengineering.eu Coordinamento editoriale
Analizzare la filiera alimentare cercando di segnalare le criticità esistenti, valutando l’impatto sull’ambiente di produzione e consumo. Il BCFN propone buone pratiche e raccomanda stili di vita personali e collettivi che siano in grado di incidere positivamente sull’ambiente e sulle risorse.
Food for Culture www.codiceedizioni.it Immagini www. istockophoto.com www.corbisimages.com
Il rapporto tra l’uomo e il cibo, le sue tappe nella storia e l’analisi della situazione attuale e futura. Il ruolo della mediterraneità nel passato e l’attuale importante compito che, secondo il BCFN e i principali studi scientifici, ricopre: riequilibrare la relazione tra le persone e la loro alimentazione.
ISBN 978-887578567-3
9 788875 785673
Finito di stampare a settembre 2015 presso Stamperia Artistica Nazionale, Trofarello (TO)
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2013
2014
# Milanprotocol: Il futuro è di tutti, anche tuo
Diete sostenibili: Buone per te, buone per l’ambiente
Milan Protocol: 6Th International Forum on Food and Nutrition: Preparing a global food deal towards EXPO 2015
Food for Health: paradossi alimentari e corretti stili di vita in una società che cambia
Contro lo Spreco: sconfiggere il paradosso del food waste
Lo spreco alimentare: cause, impatti e proposte
Obesità: gli impatti sulla salute pubblica e sulla società
Agricoltura sostenibile e cambiamento climatico
L’alimentazione nel 2030: tendenze e prospettive
Acesso al cibo: sfide e prospettive
Oltre gli OGM. Le biotecnologie in ambito agroalimentare
Il costo del cibo e la volatilità dei mercati agricoli: le variabili coinvolte
Obesità e malnutrizione: il paradosso alimentare per i nostri figli
From Kyoto to Milan: 5th Int. Forum on Food and Nutrition: preparing to act for a healthy planet
2012
Alimentazione e benessere per una vita sana
2011
Water Economy
Nuovi modelli per un’agricoltura sostenibile
Tutte le pubblicazioni del BCFN sono disponibili su www.barillacfn.com
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tutte le pubblicazioni del bcfn sono disponibili su www.barillacfn.com
persone, ambiente, scienza, economia
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