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Novembre Aprile 20222021
L’Amico della Famiglia
Casa della Carità/Il bilancio dell’accoglienza notturna ospitata per la prima volta in via Alfieri
Piano freddo: 2232 le presenze in 151 giorni di trenta persone senza dimora di diversi Comuni
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a mattina di lunedì 3 aprile si è conclusa l’attività di accoglienza notturna per il periodo invernale di persone senza dimora altrimenti nota come ‘piano freddo’. Giunta al quinto anno l’attività è stata inserita, a partire dal 30 ottobre scorso, per la prima volta negli spazi al secondo piano della Casa della Carità di via Alfieri: dieci stanze complessive a due letti, otto per gli uomini (16 posti) e due per le donne, altra novità (4 posti), con bagno autonomo, oltre ad uno spazio per il custode notturno, per le docce e i servizi igienici, per la colazione al mattino e per il tempo libero con tivù. Complessivamente sono stati 30 i senza dimora accolti nella struttura, con presenze quotidiane quasi sempre prossime all’esaurimento dei posti, ovvero 18/19 su 20; due le donne ospitate in modo continuativo. I senza dimora sono in buona parte dimoranti a Seregno, per la maggioranza segnalati o noti ai servizi sociali del Comune con i quali la Casa della Carità si è coordinata continuamente; altri ospiti sono arrivati da Desio, Cesano M., Seveso, Meda, Giussano, Paderno D. tramite la Croce Rossa, le Caritas, i servizi sociali dei rispettivi Comuni ai quali è stato chiesto un contributo per la spese sostenute. L’amministrazione comunale di Seregno si è accollata anche quest’anno una grossa fetta dei costi dell’attività che prevede anche la cena e la colazione oltre alla presenza fissa di un educatore nelle ore serali e di un cu-
stode in quelle notturne, persone facenti capo alle cooperative sociali del Consorzio comunità Brianza. Rilevante il contributo dei volontari, una trentina, che sono tornati quest’anno, dopo lo stop per la pandemia, a dare il proprio contributo in termini di accoglienza, servizio e pulizia in mensa, lavanderia (attività che ha visto in particolare l’impegno di Agostino Silva e Rita Cajani). Lo stesso Silva ha assicurato la sorveglianza e l’assistenza medica sia per quanto riguarda tamponi e vaccini (con la sempre generosa collaborazione dell’infettivologo Paolo Viganò) così come per problematiche sanitarie in qualche caso molto serie di qualche ospite con accessi al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri con successive degenze post dimissioni. “Complessivamente abbiamo registrato 2232 presenze in 151 giorni - commenta l’economo della Casa della Carità, Piermario Silva che ha seguito il ‘piano freddo’ ogni sera - . Per me era la prima volta è non è stato facile confrontarsi con situazioni di disagio estremo di persone che per svariate ragioni non hanno una casa e un lavoro e che sono spesso soggette a dipendenze con conseguenze sui loro atteggiamenti e comportamenti tali da mettere in difficoltà l’attività stessa. Con tutti i volontari si è cercato di dare a tutti ogni possibile assistenza per ogni necessità. Qualcuno ha trovato anche lavoro e una stanza per non tornare a dormire nei parcheggi o sotto i portici e questa è la più bella soddisfazione”.
La testimonianza di due giovani
Cura, umiltà e gratitudine, quel che abbiamo imparato con i senzatetto Nei mesi scorsi come diciottenni siamo stati coinvolti in un’esperienza particolare alla Casa della Carità. Ognuno doveva dedicare parte del proprio tempo, una o più sere, partecipando al piano freddo, un’attività che consiste nell’ospitare presso la struttura di via Alfieri i senzatetto di Seregno e dintorni, fornendo loro pasti caldi e un posto per dormire. Il nostro compito consisteva nel servire ai tavoli durante la cena e, se ne avevamo l’occasione, di parlare un po’ con loro. Il servizio svolto, oltre ad aiutare queste persone nel concreto, ci ha permesso di conoscere una realtà di Seregno spesso esclusa e ignorata. Troppe volte ci dimentichiamo infatti delle condizioni, aggravate dalla pandemia, in cui tanti sono costretti a sopravvivere, soprattutto nelle fredde serate d’inverno. L’unico modo per prendere coscienza di queste situazioni è toccare con mano il disagio non solo economico, ma anche sociale, che le accomuna. Tanti pensieri sono affiorati dopo queste serate, che seppur brevi ci hanno permesso di riflettere su vari aspetti della nostra vita e della nostra fede. Le parole che meglio riassumono questa esperienza sono: cura, umiltà e gratitudine. La prima è di vitale importanza per vivere in maniera sincera e autentica questo servizio. Troppo spesso ci limitiamo ad un banale assistenzialismo, che sicuramente è più facile da vivere perché non mette in discussione il nostro io. Non si tratta infatti di distribuire solamente un piatto caldo, ma di confrontarsi apertamente con chi incontriamo, di considerare l’altro nella sua interezza e dignità, e non come una pura bocca da sfamare. La seconda invece descrive l’atteggiamento che ciascuno di noi matura una volta tornato a casa, ripensando alla serata. Ci accorgiamo della piccolezza del nostro gesto, rispetto a ciò che invece gli ospiti della struttura ci hanno trasmesso. La nostra presenza non ha di certo migliorato le loro condizioni o alleggerito le loro fatiche, ma ci ha insegnato appunto ad essere umili. Non dobbiamo infatti considerarci eroi o salvatori per quel che abbiamo fatto, ma anzi trovare in questa esperienza i valori da coltivare nella nostra quotidianità. Ciò che abbiamo subito notato è stata la gratitudine degli ospiti che accompagnava ogni singolo gesto. Consideriamo spesso un “grazie” come una pura formalità, quando invece dovrebbe esprimere un riconoscimento vero e sincero. Il loro “grazie” non era mai scontato e ci ha fatto riflettere sulla superficialità con cui accogliamo ciò che ci viene donato ogni giorno. L’importanza di questa esperienza non va di certo misurata nella bellezza delle brevi ore che abbiamo trascorso, ma in ciò che ha seminato nel nostro animo e che produrrà in futuro. Fabio Parravicini e Tommaso Santambrogio