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Novembre Aprile 20222021
L’Amico della Famiglia
Memoria/Mauro Tagliabue ricorda l’abate emerito scomparso il 21 febbraio
Dom Valerio Cattana ha fatto dell’amore per le lettere e del desiderio di Dio lo stigma del suo essere cristiano
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scendo un giorno dall’Università Cattolica, dom Giorgio Picasso († 2017), sostando per un istante in prossimità della vecchia Aula magna, mi disse: «Vedi, mi disse, è lì, è in quell’aula che, durante una lezione di filosofia della professoressa Sofia Vanni Rovighi, sono venuto a conoscenza del libro di Jean Leclercq, ‘L’amour des lettres et le désir de Dieu’. Un capolavoro assoluto! La sera, in monastero, ne parlai con dom Valerio Cattana. Ne gioì nel profondo dell’animo. E ancor più entusiasta fu quando, dopo averlo avidamente letto tutto, decise di porsi in comunicazione diretta con l’autore stesso del libro: gli scrisse una lettera, una densa lettera, per sottoporgli i suoi progetti di ricerca intorno alla storia della congregazione olivetana e domandargli qualche consiglio metodologico. Fu l’inizio di una lunga e feconda collaborazione con uno dei maggiori studiosi di storia monastica». Proseguendo sull’onda del ricordo, «Ecco come nacque – soggiunse dom Picasso – l’amicizia di dom Valerio con Leclercq». Un’amicizia fecondata da un inteso amore per le humanae litterae, da una grande passione per la cultura umanistica, non disgiunta da un profondo bisogno di ricerca dell’Assoluto: un binomio icasticamente compendiato nel titolo del più famoso libro di storia monastica di tutto il Novecento: ‘l’amour des lettres, appunto, et le
Dom Valerio con papa Giovanni Paolo II désir de Dieu’. Credo stia tutto qui, nella saldatura di questo binomio, il tratto qualificante e distintivo di una personalità che ha contraddistinto dom Valerio Cattana lungo l’intero arco della sua permanenza a Seregno: una presenza protrattasi per oltre un sessantennio, dapprima come monaco, poi come abate dell’abbazia che lo aveva accolto all’indomani della sua ordinazione sacerdotale nel 1957, e che recentemente, nella notte di lunedì 21 febbraio, ne ha raccolto l’ultimo respiro prima dell’ascesa al Padre. Una lunga vita, la sua, spesa interamente nello studio e in iniziative intese a favorire la formazione spirituale e la crescita culturale del cristiano autentico, come ben sa chi ha potuto frequentare i corsi biblici, le lezioni di teologia, le ariose aperture di storia monastica, gli insegnamenti di ebraico, greco e latino, rinnovati di anno in anno, con sede in abbazia, e affidati ad esperti e rinomati studiosi, tra cui il card. Gianfranco Ravasi. Accanto a queste e ad altre
Dom Valerio con l’arcivescovo Delpini
iniziative del genere (autentico fiore all’occhiello dell’abbazia di San Benedetto in Seregno), dom Valerio merita di essere ricordato anche, anzi soprattutto, per i suoi studi di storia monastica, con particolare riguardo alla storia della congregazione olivetana, alla quale appartiene. Scritti solidi, documentati a dovere, nati dalla frequentazione assidua di archivi e biblioteche, come ampiamente traspare dalla raccolta di alcuni di questi studi in un apposito volume dal titolo ‘Momenti di storia e spiritualità olivetana (secoli XIV-XX)’, pubblicato nella prestigiosa collana del Centro storico benedettino italiano in occasione del suo giubileo sacerdotale (1957-2007). Emblematico, per meglio comprenderne gli intenti programmatici di ricerca, l’argomento del primo contributo: «la preghiera alle origini della tradizione olivetana», il cui interesse va ben oltre la storia della spiritualità della nuova congregazione monastica, sorta nel Trecento, il secolo della terribile e temibile pestilenza
che nel giro d’un paio d’anni si portò via più di un terzo dell’intera popolazione europea. A questo primo saggio, composto nel lontano 1964, numerosi altri ne sono poi seguiti, come si può vedere scorrendo la bibliografia dei suoi scritti pubblicata nelle pagine introduttive alla suddetta raccolta. Muovendosi tra archivi e biblioteche, dom Valerio ha sperimentato pure la gioia della scoperta. La più notevole è stata quella delle prime costituzioni olivetane, per secoli rimaste sepolte in un codice della Biblioteca universitaria di Padova. La loro redazione risale al decennio immediatamente successivo al 1348, l’anno della famigerata epidemia dianzi ricordata. Riportandole alla luce, dom Valerio ha potuto scrivere un capitolo interamente nuovo entro il quadro della legislazione monastica e della spiritualità, non solo olivetana. Come innovativi, ricchi cioè di suggestive e importanti novità, sono quasi sempre stati i saggi da lui pubblicati in varie prestigiose sedi,