UniversitĂ IUAV di Venezia
Un dialogo fra archeologie:
riqualificazione urbana ai margini dell’Oasi del Nervia
Tesi di Laurea Magistrale
UniversitĂ IUAV di Venezia Corso di Laurea Magistrale in Architettura e Innovazione a.a. 2018-2019 Relatore: Marco Ferrari Correlatori: Francesco Musco Mattia Bertin
Un dialogo fra archeologie:
riqualificazione urbana ai margini dell’Oasi del Nervia Tesi di Laurea Magistrale
Beatrice Gava 288664 Federica Meneghesso 288852
Indice Introduzione
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Analisi 1.1. La città di Ventimiglia
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1.2. Il paesaggio primario 1.2.1. Geomorfologia 1.2.2. Idrografia 1.2.2.1. Corsi d’acqua 1.2.2.2. Realtà costiera 1.2.3. Clima 1.2.3.1. Fenomeni naturali
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1.3. La biodiversità 1.3.1. L’area protetta del Nervia 1.3.2. Flora 1.3.3. Fauna
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1.4. L’economia
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1.5. La demografia 1.5.1. Residenti e densità abitativa 1.5.2. Immigrazione 1.5.3. Turismo
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1.6. La cultura 1.6.1. Poli museali della Liguria 1.6.2. Interreg Alcotra 1.6.3. Archeologia romana 1.6.4. Archeologia ferroviaria
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Strategia
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2.1. L’area di progetto 2.2. Ricucire i margini
Progetto 3.1. L’intervento
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3.1.1. Il parco lineare 3.1.2. Il parco archeologico 3.1.3. Il centro ricreativo 3.1.3.1. Il sistema costruttivo 3.1.3.2. L’involucro innovativo: l’ETFE
57 62 68 74 81
Conclusione
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Bibliografia e Sitografia
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Introduzione Quando si arriva alla fine di un percorso è inevitabile guardarsi indietro e analizzare con sguardo critico ciò che si è fatto. L’iter universitario da noi affrontato nel biennio della magistrale è stato scelto con l’obiettivo di accrescere le nostre competenze, al fine di poter gestire la complessità di un processo progettuale in un’ottica di sostenibilità energetica, ambientale ma anche culturale e sociale. È così che arrivate al culmine del corso di studi abbiamo scelto di metterci alla prova, facendo emergere attraverso la nostra tesi non solo il nostro modo di concepire l’architettura e di costruire un progetto, ma anche l’importanza che il ruolo dell’architettura può e deve assumere nei riflessi sociali di una comunità. I due grandi laboratori progettuali da noi affrontati negli ultimi due anni ci hanno reso consapevoli di quanto siano fondamentali la conoscenza e la consapevolezza delle peculiarità di un territorio, dal più solido al più vulnerabile. Comprendere la relazione tra la fisicità di un ambiente e le situazioni sociali a cui esso è sottoposto risulta estremamente complesso, ma al giorno d’oggi è chiaro che anche l’operato dell’architetto tocca e influisce pesantemente la vita privata degli abitanti di una città. L’area da noi scelta è un caso a nostro avviso molto interessante, che rende emblematico ed esaustivo ciò fin qui detto. Siamo in Liguria, ai confini con il territorio francese, in un’area ai margini della città di Ventimiglia, che ci ha sorpreso per le questioni storiche e sociali che cela. La nostra curiosità è nata da un concorso per il vecchio parco ferroviario a ridosso della foce del Nervia, destinato a diventare un’area residenziale con piccoli spazi ad uso pubblico. Il sopralluogo da noi effettuato ha subito messo in discussione il programma funzionale richiesto dal bando: ci si trova infatti immersi in un luogo abbracciato dalla natura, dal mare e dalla montagna, in un’area della città dove l’edilizia popolare degli anni ’60 ha prodotto degli edifici privi di valore architettonico, dei “mostri”, incuranti del contesto fortemente naturalistico nei quali erano inseriti. Il parco ferroviario è una storia recente, la storia della contemporaneità, e si pone in forte contrasto con la storia antica, quella del sito archeologico, che non viene nemmeno citato o indicato nei materiali di concorso nonostante sia lì, a due passi dal sedime della vecchia ferrovia. Alla luce di ciò, abbiamo voluto comporre il progetto ponendolo al centro di più questioni: ci siamo confrontate con le istituzioni coinvolte e le varie sovraintendenze, fondamentali nella prima fase di ricostruzione di un quadro generale del contesto della città. Ciò ci ha consentito di recuperare lo sviluppo e le trasformazioni di quest’area, sfruttando soprattutto la cartografia storica e la letteratura degli autori coinvolti nella valorizzazione e nel recupero di questo singolare “bordo” urbano.
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Nel corso dei secoli, infatti, la città di Ventimiglia si è sviluppata spostando progressivamente il proprio centro urbano tant’è che ancora oggi è possibile individuare chiaramente il centro medievale, la “città alta”, arroccata ad est del fiume Roja. Al di là dell’argine, invece, la fitta e compatta maglia urbana trecentesca si interrompe improvvisamente, lasciando spazio alla città ottocentesca, con i suoi ampi viali e la maglia regolare che poi si sfrangia defluendo in città più diffusa, risalente ai primi anni del ‘900: qui vi è un continuo alternarsi di edifici residenziali di carattere privato e pubblico, fra cui emergono numerosi lotti destinati alla coltivazione e in particolare alle serre, strutture effimere che regnano nel particolare paesaggio ventimigliese. Non vi è dunque un tessuto urbano univoco e riconoscibile: gli edifici sorgono senza unitarietà in mezzo a lotti indipendenti gli uni dagli altri, in una progressione che termina contro il torrente Nervia, il quale anzichè essere un polo attrattivo per Ventimiglia, diventa il pesante limite di questa espansione tranciando di netto il tessuto urbano e lasciando la città in sospeso, senza una conclusione coerente. Una serie di domande sorge dunque spontanea: Qual è il modo giusto per rapportarsi con questo bordo? Come si può interagire con l’Oasi del Nervia senza comprometterne la forte vivacità e la biodiversità, cercando allo stesso tempo di mitigare il passaggio tra due realtà profondamente diverse? Quale sarebbe, dunque, una destinazione d’uso più corretta del vecchio parco ferroviario? Un primo tentativo di rispondere a questi quesiti arriva direttamente dalla storia recente: quest’area ospitava uno scalo merci della rete ferroviaria che è stato progressivamente abbandonato, trasformandosi in un “non luogo”, invalicabile e privo di qualità. Più che una soluzione dunque sembra quasi che il problema si rivesta di un nuovo strato di complessità, comprendendo il recupero sensibile di un’archeologia di natura industriale, la quale non può permettersi di archiviare una porzione così importante della storia della città. Muovendoci attorno a tali tematiche, dunque, è sembrato quasi naturale voler coinvolgere l’area archeologica romana sita poco più a nord: la sua attuale “struttura” e disposizione non le rende affatto giustizia, tant’è che i resti si incontrano quasi per caso, seguendo un percorso che si dipana a gran fatica fra gli edifici e una vegetazione incontrollata. Ma l’ostacolo più grande è dettato dalla presenza di due importanti assi infrastrutturali, la strada e la ferrovia, i quali sfregiano letteralmente l’unitarietà di quello che era una volta il centro pulsante dell’avamposto romano. Come poter relazionarsi, dunque, con queste due testimonianze? Ma soprattutto come porre il centro urbano moderno nella condizione di “accettare” queste due realtà senza rigettarle e riconoscendole finalmente come una ricchezza? Come integrare gli abitanti e gli stranieri con le loro esigenze in questo complesso dialogo territoriale incompiuto? Questa serie di domande racchiudono
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in se stesse la necessità di creare una relazione, di riconnettere l’area con un territorio di cui non sembra più far parte. A partire da tali quesiti abbiamo dunque strutturato la nostra tesi, ricercando la soluzione ai grandi interrogativi che anche la città ha silenziosamente cominciato a porci. Di fronte ad una situazione così complessa ci siamo interrogate su quale potesse essere una soluzione che ponesse le basi per risolvere un tessuto così articolato ma per niente valorizzato, partendo da una prima fase di scansione analitica suddivisa in sei “capitoli”, che sono rispettivamente: la storia, il paesaggio primario, la biodiversità, la demografia, l’economia e la cultura. Un particolare sguardo è stato dato all’aspetto storico e alle caratteristiche del territorio della città, dalle quali era impossibile esimersi. Il frutto di questo lavoro, dunque, è stata l’individuazione delle tre grandi tematiche che ci hanno accompagnato per tutto il progetto: l’archeologia, l’ambiente e l’integrazione sociale. Da questa prima fase analitica è emerso che l’area, posta ai margini della città, nonostante gli interventi di riqualificazione cui è stata timidamente sottoposta (si pensi all’estensione della pista ciclabile e alla messa in protezione dell’Oasi del Nervia), risulta essere ancora una profonda cicatrice per il territorio. La condizione in cui versano l’ex scalo merci e la lingua di terra nella quale giacevano le rotaie della ferrovia sono in un incessante stato di abbandono, soffocate da un disordinato contesto residenziale che ne cela ancor di più una possibilità di respiro. Se si prosegue poi verso le montagne, ci si imbatte nell’area archeologica della città romana di Albintimilium che, come già accennato in precedenza, risulta essere decisamente più nascosta e mangiata dall’urbanizzazione incontrollata dell’uomo: uno dei resti più importanti, infatti, è letteralmente tranciato dall’asse viario della via Aurelia, intensificatosi nel corso del tempo senza curarsi di ciò che si celava al di sotto delle sue fondazioni. Dove si è quindi vista crescere l’espansione della città, si può fortemente notare il diffondersi di un paesaggio marginalizzato e degradato, in cui l’equilibrio fra gli insediamenti ed il contesto naturale è venuto fortemente a mancare. Gli effetti negativi di ciò si ripercuotono inevitabilmente sull’inquinamento, sull’impoverimento della biodiversità e sulla rottura delle reti ecologiche che si riflettono sulla società e sul comportamento individuale, fattori che non possono contribuire al benessere della città e che devono essere placati.
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Capitolo 1
Analisi
1.1. La città di Ventimiglia
fig. 1 - Inquadramento della città di Ventimiglia.
1 N. LAMBOGLIA, Ventimiglia Romana, Istituto Nazionale di studi liguri, Bordighera, 1964.
Insediamenti cittadini fortificati di ridotta grandezza, individuati così dai Romani per essere estesi a civitas, l’insediamento urbano non organizzato come città.
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3 Accampamento dove risiedeva l’unità dell’esercito romano.
Ventimiglia (Albintimilium) fu una delle più importanti sedi liguri unitamente ad Albenga (Albigaunum), la città degli Intemelii (fig. 1-2). Prima di Roma sorse come un centro marittimo ed agricolo, ponendosi come baluardo dell’indipendenza ligure di fronte ai Greci di Marsiglia, dopo che essi ebbero colonizzato la costa provenzale fino a Monaco1. A seguito di un’alleanza con Cartagine nel corso della Seconda Guerra Punica, nel 180 a.C. entrò nell’orbita della potenza romana e, pur con un iniziale ostilità nei confronti di Roma, ne assorbì gradualmente le leggi ed i costumi: fu così che a lato dell’oppidum2 degli Intemelii, sulla collina alla destra del Nervia, si insediò il primo castrum3 di presidio romano, ovvero il primo punto di partenza della nuova città. Il suo territorio si estese quindi nell’entroterra del bacino del Roja, aggregando alla civitas i Liguri montani (siti nelle zone di Saorgio, Sospello e Briga) arrivando fino alla costa ai confini di Monaco e Sanremo. Nel 49 a.C. Giulio Cesare ordinò la concessione della cittadinanza romana ad Albium Intemelium, che divenne Albintimilium in età Augustea, al confine esatto con la provincia delle Alpi Marittime e, oltre il Varo, la Gallia. La città vedeva la sua completa romanizzazione grazie anche alla realizzazione della Julia Augusta (13 a.C.), fondamentale via di comunicazione con l’Occidente, di cui resta ancora memoria tra Ventimiglia e Nizza. Risale sempre al 49 a.C. una delle prime notizie sulle questioni interne di Albintimilium, che vide l’assassinio del Domizio per mano del partito pompeiano, dopo che egli ebbe ospitato Giulio Cesare: gli Intemelii insorsero e M. Celio Rufo accorse dalla Provenza con le truppe per soccorrere il presidio minacciato. La città possedeva un Senato e tutte le altre cariche civili e religiose caratteristiche di ogni città romana fra cui edili, prefetti, duoviri, questori ecc. Essa era iscritta alla tribù Falerna e i citta-
Albenga
DIANO COSTA BELLENE
Albintimilium Vintium
Cemenelum AVISIO OLIVULA
NIZZA
ANAO
Antipolis
fig. 2 - Carta del Municipio di Albintimilium e della Liguria Occidentale nell’antichità.
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MONACO
IMPERIA
dini militavano nelle legioni e nelle corti pretorie conseguendo anche carriere pubbliche di alto grado. Il centro urbano era florido a differenza della povertà insita nelle valli interne fino al colle Tenda: nella valle del Nervia sbocciava una vita rurale intensa e nella costa che va da Bordighera a Mentone sorgevano grandi ville suburbane. A partire dal presidio di Vespasiano la città prosperò per molto tempo nella pace fino alla fine del IV secolo: ci furono infatti diverse invasioni ed azioni distruttrici che la fecero decadere anche dal punto di vista economico e civile, vedendo la popolazione migrare nelle valli alla ricerca di un posto più sicuro. Ventimiglia cambiò il suo nome in Vintimilium ed accolse poi una delle prime sedi vescovili della regione ligure, che mantenne il municipium romano fino a diventare un castrum nel VI secolo. Nel periodo bizantino il presidio distrutto nei pressi del Nervia fu abbandonato ed il nucleo centrale si spostò a ponente del Roja (fig. 3). L’organizzazione giuridica e territoriale resistette fino all’età carolingia, dove scaturirono la schiatta dei Conti di Ventimiglia e il comune medioevale, che difese la sua indipendenza da Genova fino allo stremo, per poi soccombere nel 1261, quando il territorio fu spartito fra la Repubblica di Genova e la Provenza. Se in epoca romana la città occupava l’area ai piedi di Collasgarba, con l’avvento del Medioevo si cominciò ad arroccare oltre il fiume Roja, verso ovest, per sentirsi più sicura dalle incursioni nemiche. L’abbandono della piana del Nervia la fece progressivamente decadere, sia dal punto di vista civile che economico: la tradizione cittadina continuò tuttavia a sopravvivere e Ventimiglia, pur mantenendo la giurisdizione territoriale del municipium romano, accolse una delle prime sedi vescovili delle Liguria4. La porzione di città medioevale appare tuttora molto fitta e si sviluppò attorno al Castello dei Conti, attorniato da mura fortificate interrotte dalle famose porte urbiche, come si può evincere dalla cartografia storica qui riportata (fig. 4).
R. FABBRI, Musealizzazione di un sito archeologico, attraverso il caso studio di Ventimiglia, relatore S. Gron, Tesi di Laurea, Politecnico di Torino, Torino, 2019.
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Fiume Nervia
Fiume Roja
C. B.
via Aurelia
fig. 3 - Topografia generale di Albintimilium:
A.
a.) Città medioevale; b.) Città romana; c.) Oppio preromano.
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fig. 4 - Matteo Vinzoni (1960-1773),Ventimiglia, Archivio di Stato di Genova, Cartografia miscellanea, Documenti iconografici estratti.
Per osservare i primi cambiamenti rilevanti nella conformazione e nella storia della Città, conviene fare un salto temporale ed arrivare al XIX secolo. In questo periodo le grandi infrastrutture di mobilità erano al centro dell’attenzione e sono ancora oggi fortemente ancorate al tessuto cittadino. Prima di tutto non si può non citare la Via Aurelia: essa ha permesso lo sviluppo di Ventimiglia così come di tutte le realtà urbane lungo la costa ligure unitamente alle sue strade secondarie disposte “a pettine” verso il mare, ma l’avvento della mobilità su rotaie fu ancora più determinante. Ventimiglia vide infatti l’assegnazione del titolo di Stazione ferroviaria Internazionale: ciò comportò un progressivo spostamento del centro urbano a valle, dove venne collocata la stazione ferroviaria centrale (fig. 5). Il tessuto urbano cominciò quindi a diffondersi attorno ad essa, diventando la nuova vetrina della città e sottraendo lentamente al borgo antico la sua attrattività. La costruzione della linea ferroviaria ebbe però delle conseguenze sul patrimonio storico della città: già all’inizio del secolo Girolamo Rossi fece i primi ritrovamenti archeologici nell’area a ridosso della foce del Nervia, ponendo le basi per una notevole scoperta storica. Nonostante ciò, la
fig. 5 - Ventimiglia, Istituto Geografico militare, 1897: in rosso la stazione ferroviaria.
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necessità della costruzione del tratto ferroviario ha prevalso sul valore del patrimonio storico, motivo per cui si è affrontata la scelta di sopraelevare la Via Aurelia in corrispondenza sommaria di alcuni resti: insomma, quello che avrebbe potuto essere un significativo parco archeologico è ancora oggi “tranciato” da due pesanti assi viari. È necessario notificare, tuttavia, che dall’ultimo Piano Urbanistico Comunale (PUC, 2009), sono state avanzate delle ipotesi per cambiare l’assetto del trasporto su ruote e ferroviario, ponendo su carta diverse strategie per dare di nuovo respiro ad un’area archeologica mancata, nella speranza di poter riconcedere alla città romana la sua unitarietà. Ma torniamo ora all’assetto morfologico del tessuto urbano. L’ultima grande trasformazione che ha subito la città risale all’inizio dello scorso secolo: verso la foce del Nervia, infatti, si nota un tessuto urbano sfilacciato e disordinato, che vede un mescolarsi scriteriato di edifici residenziali ed aree destinate alla coltivazione ed alle serre. Dalla storia enunciata diventano chiare le dinamiche che hanno determinato la morfologia: il tessuto urbano non è infatti frutto di una stratificazione avvenuta nei secoli, ma piuttosto di una crescita progressiva, dovuta ad un gioco di continui spostamenti, tra il bacino del Roja e quello del Nervia. Percorrendo l’Aurelia si percepiscono chiaramente le forti differenze dello sviluppo urbano finora descritte: dal centro storico di Bordighera, attraverso l’edificato senza qualità di Vallecrosia e la zona di espansione recente di Ventimiglia, fino alla qualità del suo tessuto urbano ottocentesco. Arrivando ai giorni nostri si può invece notare un processo di incontrollata dispersione, che ha prodotto un tessuto urbano disordinato e ricco di quartieri residenziali peri-urbani di pessima qualità (fig. 6). Questo fenomeno è riconducibile anche alle altre città liguri, ma un aspetto che contraddistingue Ventimiglia da tutte le altre è la sua collocazione al confine con la Francia, che ha contribuito alla prosperità economica e turistica del paese, complici anche il clima e lo stretto rapporto con il mare.
1300
1800
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fig. 6 - La città di Ventimiglia: schema del tessuto urbano.
1960/ età romana
1.2. Il paesaggio primario Parlando dell’espansione della città ed avvicinandosi ai tempi odierni, diventa sempre più evidente che l’equilibrio fra gli insediamenti ed il paesaggio naturale è venuto a mancare. Ma il paesaggio stesso è la maggiore espressione che caratterizza la nostra società, nonostante la perdita di relazione avuta con la stessa nel corso del tempo. Il territorio sul quale si erge la città di Ventimiglia è lo straordinario risultato di complesse trasformazioni iniziate nella storia più remota del pianeta: il paesaggio si è piegato e adattato alle mutazioni imposte dall’uomo ma è un cantiere in continua trasformazione. Il Comune, come già accennato in precedenza, è situato all’estremo ponente della regione Liguria, al confine con la Francia, fra la parte medio bassa delle Alpi Liguri ed il mare: comprende paesaggi caratteristici come la valle del Nervia ed il fiume Roja, nonché la vallata rurale Bevera e quella di Latte, culla di numerose residenze seicentesche di nobili famiglie. Le testimonianze archeologiche rendono tuttavia evidente che il territorio fu insediato in tempi più remoti: Albintimilium fu infatti un importante centro in epoca romana, alla foce del torrente Nervia. Geograficamente comprende un territorio in prevalenza montuoso, con una notevole escursione altimetrica: dal livello del mare a quello del Monte Grammondo si trova infatti una differenza pari a 1387 m. Qui convivono molti paesaggi e guardandoli, pur sapendo che si tratta delle sfaccettature di un unico oggetto, si rimane attoniti:
G. GAGGERO, A. GHERISI, Il paesaggio di Ventimiglia e Bordighera: Percezione, identità, progetto, Alinea editrice, Firenze, 2002.
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“(...) c’è il mare, ci sono i monti, le serre, la mimosa, l’autostrada e tante altre cose che pur mutando in continuazione dipendono da un prima altrettanto reale e specifico. Dai Balzi Rossi, villa Hanbury al litorale di Ventimiglia e Bordighera; dal Perinaldo al crinale della Alpi marittime. Il fondovalle saturato delle serre del Nervia e il fondovalle “infrastrutturato” di Ventimiglia. Le cave, le serre, i centri storici e le migliaia di seconde case costruite in soli tre decenni5”.
1.2.1. Geomorfologia I protagonisti principali del territorio ventimigliese, nonché di tutta la regione Liguria, sono il mare e la montagna, con la loro forte vicinanza che li rende forti collaboratori l’uno con l’altra: ci si muove infatti a tratti aspri tra il picco sul mare e le montagne, che salgono prepotentemente a pochi metri dalla spiaggia. In questo frangente l’uomo si è posto silenziosamente nei secoli, urbanizzando proprio quelle aree di transizione tra l’acqua
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Cime de Baudon 1265
1250 m
Roc de l’Orme
Pointe du Siricocca
1132
1058
Mount de Castellet
Monte Fuga
825
1000 m
786
750 m
Monte Carparo
Cima dei Sogli
911
608
Cima Ferrissoni Cima di Gavi
760
Monte Baraccone
Monte Gozzo 540
515
440
500 m 250 m
Nervia
Roja
0m
Beausoleil
Roquebrune Cap-Martin
Carnoles
Menton
Ventimiglia
Vallecrosia
e la roccia. Tali caratteristiche fisiche rendono l’intera Regione Ligure un territorio vulnerabile e fragile, ma con un patrimonio paesaggistico di spessore notevole. In questo senso è curioso anche sapere che lo stesso termine Liguria ha, secondo le fonti storiche, diversi significati, che risultano essere fra loro contrastanti. Secondo lo storico S. Bardetti, infatti, il termine Liguria deriverebbe da Llyogr, ossia “abitatore dei monti”; secondo N. Freret, invece, il termine avrebbe origine dalla parola Llgour, ossia “gente stabilita presso il mare”. La città è divisa in due parti dal fiume Roja, a 8 km dalla frontiera francese. Il centro storico, sul promontorio in riva destra del torrente Roja, si distingue dall’espansione avvenuta in epoca più recente, oltre il torrente, sulla fascia costiera. Le serre in primo piano seguono il profilo delle colline alle loro spalle e la ferrovia delimita l’espansione ad isolati regolari dallo sviluppo edilizio sulle pendici collinari, che ne segue la morfologia. Si può parlare di un paesaggio di contrasti dove la costa assume in pochi metri caratteri urbani, per tornare poi percorso panoramico e balneare, appena si passa il promontorio. Dallo schema qui sopra riportato (fig.7), è stato evidenziato l’apparato geomorfologico della città e dei comuni limitrofi, fino alla Francia. Ci sono molte vette che scandiscono il territorio, fra le quali svetta il Monte Carparo, con i suoi 911 m di altitudine. Si notano poi i principali corsi d’acqua che solcano il territorio ossia il Roja, il Nervia e il Verbone, che sfociano direttamente sul Mar Ligure.
1.2.2. Idrografia Il reticolo idrografico ligure appena accennato segna prepotentemente il territorio e collega verticalmente le montagne al mare. La fitta rete di venature che solca il paesaggio è di fondamentale importanza: essa contribuisce alla regolazione del deflusso ed al trattenimento del suolo e va quindi fortemente preservata, assieme alle Oasi che si vengono a creare nei bacini idrografici dei corsi d’acqua più importanti.
15
Verbone
Bordighera
Ospedaletti
fig. 7 - Schema geomorfologico.
1.2.2.1. Corsi d’acqua
6 Il Monte Pietravecchia (2038 m s.l.m.) fa parte della Alpi del Marguareis (tra Francia e Italia), ed è la cima più alta della dorsale tra la valle del Nervia e quella del Roja.
figg. 8 - Corsi d’acqua del Comune di Ventimiglia.
Partiamo dunque dal ruolo assunto dal reticolo idrografico del territorio: i principali corsi d’acqua qui considerati sono, come già detto in precedenza, il Roja, il Nervia ed il Verbone (fig. 8). Fondamentali per il nostro progetto sono il ruolo e la presenza del torrente Nervia: esso nasce dalle pendici del Monte Pietravecchia6 ed il suo bacino idrografico si estende per un’area di circa 185 kmq. Essendo un corso d’acqua a carattere torrentizio con una lunghezza complessiva di 28,3 km, ha una portata decisamente variabile nel corso delle stagioni, tant’è che nei mesi più caldi il torrente si infiltra nei depositi alluvionali lasciando gran parte del suo letto superficiale asciutto. Roja 59 km
15 m3/s
Nervia 28 km
2.64 m3/s
Verbone
0.5 m3/s
fig. 9 - Sezione longitudinale in corrispondenza dell’Oasi del Nervia.
0
5
15
10 km
Dove il torrente entra in contatto con il mare, viene a formarsi un ambiente salmastro di tipo ecotonale, con un’elevata biodiversità e ricchezza: ed ecco dunque che la zona umida del torrente Nervia risulta essere uno dei rarissimi habitat per diverse specie animali e vegetali, motivo per cui, come vedremo meglio in seguito, l’area in prossimità della foce del bacino del Nervia è diventata un Sito di Interesse Comunitario (fig. 10).
30 m
16
1.2.2.2. Realtà costiera Si arriva ora al litorale della città che si affaccia sul Mar Ligure. Il primo tratto di costa per chi arriva dalla Francia, costellato di insenature e piccoli promontori, ha caratteristiche di interesse naturalistico e culturale: si pensi alla presenza di numerose ville agricole, alle grotte dei Balzi Rossi, ai giardini botanici Hanbury. Tuttavia, la costa tra il Roja e S. Apelio presenta una forte erosione, contrastata nel tempo con diverse opere di difesa costiera tra cui pennelli trasversali e paralleli alla costa. Il trasporto solido dei torrenti ed il ripascimento delle spiagge, infatti, sono stati fortemente impediti da una progressiva riduzione entro gli argini artificiali del Nervia e del Roja, assieme all’aggressiva costruzione di moli, che pur rappresentando un’interessante possibilità di sviluppo economico, hanno messo a rischio la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio (fig. 9). Di conseguenza gli stabilimenti balneari tra Bordighera e Ventimiglia si aggrappano agli spazi sfuggiti a questa erosione, cercando di supplire alla situazione costiera ed alla prossimità dell’edificato, che riescono ad offrire situazioni interessanti grazie alle passeggiate lungo il mare.
1944 Ventimiglia
Vallecrosia
1973
1993
2013 Cala del Forte
Oasi naturalistica Foce del Nervia
Roja
Nervia
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figg. 10 - Evoluzione della costa nei pressi di Ventimiglia.
1.2.3. Clima Generalmente la Liguria ha un clima variegato, che risente della morfologia accidentata del suo territorio montuoso e collinare finora descritto: rimane tuttavia in prevalenza mediterraneo, molto mite. Nel caso specifico della città di Ventimiglia, questo viene mitigato dalla presenza del mare che occasionalmente è disturbato dalla Tramontana, un vento che scende dalla valle del fiume Roja. Analizzando le statistiche sulle medie stagiofig. 11 - Diagramma delle precipitazioni nel Comune di Ventimiglia.
nali possiamo osservare come la temperatura media annuale si aggiri intorno ai 16 °C, mantenendo una temperatura di poco superiore ai 25 °C durante la stagione calda, e compresa fra 7 °C e 15 °C durante la stagione fredda, con un picco della piovosità nel mese di novembre ed un’inflessione negativa nel mese di luglio, nel quale si registrano le temperature maggiori (fig. 11). Questo clima ha favorito lo sviluppo di una rete turistica soprattutto nei mesi compresi tra maggio ed ottobre, durante i quali si può raggiungere la città per poter visitare il territorio con i percorsi naturalistici di trekking presenti, per la balneazione negli stabilimenti, per i poli museali e le piste ciclabili che collegano la città anche a livello internazionale. Ventimiglia non è estranea ai fenomeni di maltempo che investono la Liguria ogni anno, soprattutto nel periodo invernale: lo scorso novembre è stata infatti registrata una frana in prossimità del centro storico che ha isolato circa 150 persone. Si sono inoltre verificati numerosi allagamenti ed il fiume Roja in piena ha premuto sugli argini, senza però causare danni ingenti.
1.2.4 Fenomeni naturali
7 Con sequenze flyschoidi si intendono sedimenti terrigeni di complessa composizione, messi in posto mediante flussi gravitativi in zone solitamente in prossimità di scarpate o piana sottomarina.
Data la posizione del Comune lungo la costa e l’abbraccio di due alvei importanti, i rischi maggiormente sentiti sono quello idrogeologico e sismico (fig. 12 - 13). Negli ultimi anni Ventimiglia ha subito una serie di eventi alluvionali di diversa intensità, che hanno fortemente evidenziato la vulnerabilità del territorio a seguito del protrarsi di intense piogge. Le cause sono da riscontrarsi in fattori naturali ed umani: per quanto concerne i primi è chiaro che la morfologia del territorio è cruciale, si pensi alle pendenze accentuate dei rii in continua erosione, alle condizioni litologiche, alle sequenze flyschoidi7, alle condizioni climatiche; tra i fattori antropici, invece, sono incisive la presenza lungo i pendii di nuove strade cementate o asfaltate, che sono
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ricettacoli e collettori d’acqua e contribuiscono ad ingrossare a dismisura le portate dei rii e dei torrenti, specie nelle loro parti terminali. Il rischio si manifesta nell’impossibilità di deflusso di una certa portata e permuta nel pericolo di straripamento con il conseguente rischio di inondazione di una superficie (tempi di ritorno). Più soggetto a tali rischi è il fiume Roja, per il quale sono quindi stati effettuati diversi interventi tra cui arginature e sagomature del fondale, al fine di regolare il deflusso d’acqua. Le rilevanti pendenze dei tratti iniziali dei rii costituiscono una aggravante del pericolo legato ad inaspettati fenomeni meteorici poiché impediscono la valutazione del rischio di esondazione e generano significativi fenomeni di trasporto solido che trovano un’ampia zona di deposito nelle aree pianeggianti. Tale sistema di monitoraggio deve essere quindi supportato da valutazioni a carattere meteorologico, con l’ausilio di preventivi stati di allerta in funzione della stima dell’intensità dell’evento previsto.
fig. 12 - La mappa delle inondazioni della foce del Nervia.
Previsione inondazione T 50 Previsione inondazione T 100 Percorso ciclopedonale
figg. 13 - Principali fenomeni naturali nel territorio Ligure.
Superficie a rischio sismico
Superficie a rischio alluvionale 11 %
8.1 %
16.7 %
36 %
64 %
Italia Zona 1- 2 Zona 3-4
89 %
Liguria
91.9 %
83.3 %
Italia
Liguria
a rischio non a rischio
19
Superficie a rischio frane
45.8 %
54.2 %
Italia a rischio non a rischio
58 %
42 %
Liguria
1.3. La biodiversità
G. GAGGERO, A. GHERISI, Il paesaggio di Ventimiglia e Bordighera, Alinea Editrice, Firenze, 2002.
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Parlare della biodiversità che caratterizza il territorio ventimigliese meriterebbe un capitolo decisamente più ampio di quello proposto. Tuttavia, abbiamo cercato di riassumere gli aspetti che abbiamo ritenuto fondamentali per costruire il nostro progetto di tesi, evidenziando gli aspetti da noi ritenuti fondamentali. Riteniamo infatti che il modello della città diffusa stia dominando il panorama globale del paesaggio urbanizzato, determinando però il diffondersi di realtà paesaggistiche sempre più rifiutate e degradate. Lo squilibrio che si viene dunque a creare fra gli insediamenti dell’uomo e le risorse che la terra ci offre hanno come conseguenza un lento e progressivo consumo dei paesaggi naturali ed agricoli, senza contare i problemi di instabilità idrogeologica, di insufficienza delle strutture idriche e fognarie appena descritte, nonchè dell’inquinamento e del conseguente impoverimento delle biodiversità e delle reti ecologiche (fig. 15). Le aree ad interesse naturalistico sono maggiormente collocate nelle zone sommitali di Ventimiglia, ricche di rocce affioranti e vegetazione arbustiva, prativa ed aree boscate: la tensione tra il dominio mediterraneo ed alpino ha determinato interessanti fenomeni di dinamismo vegetazionale (fig. 14). Noi ci concentreremo in particolare nell’area della foce del Nervia, testimone di tali peculiarità8.
fig. 14 - Uso del suolo.
fig. 15, a destra - Mappa di Ventimiglia, uso del suolo. Qui di fianco la legenda cromatica.
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1.3.1. L’area protetta del Nervia L’Oasi del Nervia è un’area faunistica stretta fra i comuni di Ventimiglia e Camporosso (fig. 16). Si pone sulla piana del torrente Nervia ed ha una superficie complessiva di 60.000 mq. A partire dal 1988 sono stati attuati diversi interventi di ripulitura e bonifica da parte delle associazioni ambientaliste locali assieme ad un programma di sensibilizzazione della popolazione. Fu così che tra il 1989 ed il 1990, tale opera ha portato alla soppressione di abusi e inquinamenti. Nel 1990 è così cominciato l’iter per la costituzione dell’Oasi e, nel 1992, grazie a vari finanziamenti della provincia imperiese, si è intrapreso lo studio di fattibilità. Nel 1998 il Ministero delle Finanze ha attribuito la concessione all’amministrazione provinciale di Imperia che si è unita poi in contratto con il WWF nello stesso anno. Dal 2005, il Torrente Nervia è protetto anche lungo il suo percorso per un’area di 44 ettari: è stato istituito il Sito di Interesse Comunitario (SIC) di Tipo B della Regione Liguria. La descrizione a proposito del sito enuncia quanto segue:
9 G. GAGGERO, A. GHERISI, Il paesaggio di Ventimiglia e Bordighera, Alinea Editrice, Firenze, 2002.
“… grande estensione del ciottolame, afitoico o colonizzato solo dalla vegetazione annua. Il letto del corso d’acqua è in secca per quattro, cinque mesi l’anno. Anche se l’effetto margine della vegetazione legnosa spondale è molto ridotto e l’ambito circostante è fortemente antropizzato, il sito ospita lembi di un habitat prioritario, numerosissime specie di uccelli migratori di interesse comunale, varie specie… endemiti ed altre specie protette da direttive/convenzioni internazionali.9” Un tratto specifico del torrente Nervia è il Lagassu che si crea nella zona umida a ridosso della foce: per alcuni mesi, solitamente da aprile a settembre, la “buca” si chiude poiché giunge la barra di ghiaia che rende percorribile a piedi il congiungimento della “passeggiata a mare” di Ventimiglia e Vallecrosia, creando un panorama unico e suggestivo.
fig. 16 - Fotografia alla foce del Nervia.
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1.3.2. Flora La foce del torrente Nervia è una delle poche che, in tutta la Liguria, ha conservato una certa naturalità e, anche se ridimensionata rispetto ad un tempo, presenta ancora un aspetto ed una vegetazione tipici delle zone umide costiere, in particolare sulla riva orografica destra, con presenza di un canneto a phragmites, un piccolo pioppeto ed un discreto assortimento di altre essenze (salici, intano nero, tifa, veronica, crescione etc.). Sono state catalogate all’incirca 160 specie botaniche, fondamentali a favorire un habitat ideale per moltissime specie animali legate agli ambienti acquatici e riparali, nonché utili per l’autodepurazione della zona faunistica (fig.17). Altra caratteristica essenziale è la presenza per tutto l’anno di un lago di acqua dolce con zone a differente profondità che, pur con notevoli variazioni di livello, resiste ai periodi di siccità, anche quando il torrente più a monte è in secca, grazie alla presenza di una risorgiva nei pressi del ponte dell’Aurelia. Ciò permette alla fauna acquatica di trovare sempre rifugio e nutrimento in questa zona. fig. 17 - Ortofoto dell’area dell’Oasi del Nervia.
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1.3.3. Fauna
fig. 18 - Sezi0ne trasversale della foce nell’Oasi del Nervia, in evidenza il ponte e la torre piezometrica ora usata per il birdwatching.
Trattandosi di un punto di sosta quasi obbligatorio per molti uccelli migratori che seguono la costa ligure, la varietà di specie osservabili in questo sito è davvero eccezionale: i volatili sono stati infatti censiti e catalogati in 140 specie. Questa straordinaria biodiversità trasforma l’Oasi in un paradiso per gli amanti del birdwatching, attività resa possibile dall’introduzione di stazioni di osservazione nei punti strategici lungo la foce (fig. 18). Tra le famiglie più rappresentate c’è sicuramente quella degli aironi (ardeidae), con tutte le specie europee facilmente visibili durante il passo primaverile, ottima occasione per osservare da pochi metri di distanza l’airone rosso, la sgarza ciuffetto ed il tarabusino. In inverno c’è anche un dormitorio in cui confluiscono buona parte degli aironi svernati in val Nervia e basta attendere l’imbrunire per veder arrivare esemplari di airone bianco maggiore, garzetta, airone guardabuoi ed airone cenerino che spesso si uniscono al gruppo, ogni anno più numeroso, dei cormorani. Grande anche la varietà di anatre di passo sia primaverile che autunnale, anche se mai con numeri elevati, fra cui il mestolone, la canapiglia, la marzaiola, la volpoca, lo smergo minore, il fistione turco, il moriglione e molte altre. Di notevole interesse è anche la presenza di rallidi, sia migratori (voltolino e schiribilla) che stanziali e svernanti (porciglione e folaga), nonché di limicoli, i quali si radunano nelle poche zone prive di vegetazione: si ricordano il cavaliere d’Italia, il corriere piccolo (anche nidificante), la pavoncella, il voltapietre, il combattente, il piro piro, la pantana ed il becaccino. Sempre durante il passo primaverile sono presenti i passeriformi: dalla cutrettola al pettazzurro, dalla rondine rossiccia al forapaglie castagnolo (a volte anche svernante), dalla balia dal collare al codirosso passando per tutti i luì e le silvie. Durante l’inverno, invece, la fanno da padroni i gabbiani con buone presenze di gabbiano corallino e sovente qualche gavina, unitamente ad esemplari di strolaga mezzana, strolaga minore, sula e gazza marina. Tra i mammiferi si segnalano la volpe, il riccio, il toporagno, il mustiolo, l’arvicola e i rettili orbettino, il ramarro, il colubro lacertino, la natrice viperina e la lucertola ocellata.
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1.4. L’economia Le principali risorse del comune sono le attività legate al turismo balneare, alla pesca e alla floricoltura. Allo stato attuale, l’area industriale della città è relegata alla zona del Roja - Bevera. Anche le attività commerciali svolgono un ruolo importante soprattutto quelle legate alla vicinanza con la frontiera. Osservando le statistiche riportate dall’ISTAT (fig. 19) si nota come il settore industriale occupi il 6% degli introiti del comune. Esso è seguito dal settore agricolo e dalla pesca (12%), dalle costruzioni soprattutto legate agli stabilimenti balneari (21%), ed infine da vari servizi i quali, come si può notare dalla legenda, sono principalmente rivolti al settore turistico (alloggi e ristorazione), a quello culturale (musei e scuola) e a quello sanitario. Agricoltura, silvicoltura e pesca
Servizi
figg. 19 - Principali settori economici di Ventimiglia. Commercio Servizi di alloggio e ristorazione Servizi di comunicazione Attività professionali e scientifiche Sanità e assistenza sociale Istruzione e attività artistiche Altre attività di servizi
Costruzioni
Industria
Entrando nel merito del centro urbano, si può notare come vi siano molti negozi e mercati che richiamano numerosi visitatori, soprattutto dalla Francia, senza contare i ristoranti, i pub ed i bar che sono dislocati nel lungomare e lungo vie del centro cittadino. Dallo schema qui sotto riportato (fig. 20) è chiaramente evidente come la maggior parte dei servizi sia collocata nella parte alta della città, creando uno squilibrio evidente nella distribuzione delle attività nel tessuto urbano.
fig. 20 - Collocazione delle attività legate al settore turistico nella città di Ventimiglia. Attività commerciali Attività di ristorazione Appartamenti Alberghi e B&B
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fig. 21 - Schema della distribuzione delle principali attività economiche lungo il bacino del Nervia. Commerciale Agricolo Sportivo e culturale
3 km Autostrada dei fiori
1 km Via Aurelia
G. GAGGERO, A. GHERISI, Il paesaggio di Ventimiglia e Bordighera, Alinea Editrice, Firenze, 2002.
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Infine, concentrandosi lungo il bacino del Nervia, si nota come le attività che si dislocano lungo il suo percorso siano nella gran parte legate alla floricoltura (fig. 21). Tra il viadotto dell’autostrada ed il mare regna infatti il paesaggio delle serre florovivaistiche, che costituisce un unicum territoriale di rilevante interesse. Tralasciando per un secondo i canoni economici e concentrandosi sull’aspetto “estetico” che viene a costituire questo particolare paesaggio, si nota come dalla progressiva occupazione dell’alveo del torrente si individuano innanzitutto un percorso più antico sul quale sono impostati lotti catastali, che corrispondono alle coltivazioni orticole in piena aria, alle quale si sono sovrapposte le serre e gli edifici; infine, un percorso più recente, lungo il torrente, rispetto al quale si collocano le attrezzature pubbliche negli spazi lasciati liberi dall’orditura continua, fatta serre ed edifici sparsi, che caratterizza tutta la piana10.
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1.5. La demografia L’aspetto demografico della città è stato analizzato suddividendo i soggetti in tre gruppi: dapprima i residenti, poi gli immigrati ed infine i turisti. Ciò si è reso necessario poichè Ventimiglia è una città di forte attrazione turistica ed essendo posta al confine con la Francia si pone anche nella delicata questione dell’immigrazione: si tratta infatti del più esteso e popoloso centro di conurbazione che dal confine di stato si estende fino a Bordighera. 1.5.1. Residenti e densità abitativa La popolazione residente nel comune di Ventimiglia è pari a circa 24.056 abitanti. È concentrata principalmente nel centro storico, dove sono presenti le principali attività commerciali ed i servizi, mentre circa un terzo del totale vive nelle frazioni distribuite lungo i rilievi circostanti. Osservando l’andamento demografico degli ultimi 20 anni, si può notare come la crescita della popolazione sia rimasta costante fino al 2011, quando si è verificata una graduale decrescita del numero di abitanti (fig.21). Quest’ultima deve essere letta unitamente all’aumento della popolazione con un’età maggiore di 65 anni, circa il 25.8%, con una percentuale leggermente superiore a quella nazionale (21.7%), entrando a far parte de lento processo di invecchiamento che sta investendo il paese nell’ultimo decennio (fig. 22). 2002
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figg. 22 - Grafico 1: Popolazione per indice d’età; Grafico 2: Percentuale di italiani e stranieri.
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< 19 anni
2004
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Italiani
> 60
fig. 23 - Digramma dell’andamento demografico della popolazione dal 2001 al 2019.
Stranieri
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24500 24000 23500 23000 2001 02
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1.5.3. Immigrazione figg. 24 - Percentuale di residenti stranieri nel Comune. Francia 42.4 % Marocco 6.4% Ecuador 5.0% Albania 4.4% Paesi Bassi 4.2% Germania 3.5% Cina 3.2% Altri 30.9%
Francia 26.0% Romania 19.3% Marocco 19.3% Ecuador 7.4% Albania 5.6% Cina 5.2% Ucraina 2.1% Altri 27.0%
Romania 23.3% Marocco 14.5% Ecuador 8.4% Albania 6.4% Cina 5.3% Ecuador 5.3% Bangladesh 3.5% Tunisia 3.3% Altri 30.0%
fig. 25 - Grafico residenti stranieri. Iscritti (da altri Comuni) Iscritti (dall’estero) Iscritti (altri) Cancellati
Come precedentemente accennato, la peculiare posizione della città di Ventimiglia, a soli 20 minuti dal confine francese, fa di essa un territorio di passaggio. La popolazione straniera residente a Ventimiglia rappresenta con le sue 2910 unità circa il 12.1% della popolazione totale, senza contare gli stranieri momentaneamente collocati nei campi di accoglienza siti lungo il fiume Roja, in attesa di una loro ricollocazione sul territorio europeo: si sono verificati numerosi problemi nei campi di collocamento, che si sono rivelati una soluzione del tutto inadeguata al problema dell’immigrazione, data l’inadeguatezza e la noncuranza degli alloggi destinati agli stranieri. Ventimiglia è vista come l’ultima fase di un viaggio che parte da lontano, un posto che deve accogliere una situazione transitoria, ma che a quanto pare non si preoccupa dell’adeguamento sociale e della ricerca di spazi utili a chi è direttamente coinvolto in tutto ciò. L’analisi delle nazionalità presenti sul territorio indica che se all’inizio del secolo si registrava quasi la metà dei cittadini stranieri provenienti dalla Francia, ad oggi vi è una più equa distribuzione delle varie comunità, con una maggioranza di cittadini provenienti dalla Romania ed una costante crescita delle comunità provenienti dall’Africa mediterranea e dall’Asia (fig. 25).
Il grafico a seguire illustra il flusso dei lavoratori frontalieri (fig. 26). A differenza di chi effettua un cambio di residenza, i lavoratori che ogni giorno attraversano il confine mantengono la residenza nel proprio paese, generando una situazione di ambiguità in ambito fiscale e sanitario. Il flusso interessa maggiormente i lavoratori italiani che si spostano verso la Francia ed il Principato di Monaco, al giorno d’oggi quasi 4000 unità.
fig. 26 - Grafico dei lavoratori transfrontalieri.
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1.5.2. Turismo Il turismo rappresenta uno dei fattori di traino dell’economia di Ventimiglia, tanto che gli arrivi e le presenze turistiche hanno da sempre seguito un andamento positivo e tuttora in rapida e costante crescita. A parità di numero di turisti, le presenze italiane sono maggiori di circa il 30%, con persone provenienti principalmente da Piemonte e Lombardia sul fronte italiano, e da Francia e Germania sul fronte europeo. Il trend positivo ha registrato una leggera inflessione nella seconda metà del 2018, in seguito al crollo del Ponte Morandi, salvo poi essere fortemente recuperato l’anno successivo. Numerosi progetti prevedono lo sviluppo di un turismo attratto dal patrimonio culturale e paesaggistico, per il quale sono state finanziate diverse opere di completamento e potenziamento dei percorsi pedonali e ciclopedonali dalla città di Bordighera a Mentone (site nella vicina Costa Azzurra)11. L’interesse turistico si può orientare in molteplici settori, suddivisibili prevalentemente in ambito architettonico, archeologico e naturalistico. Per quanto riguarda l’architettura si possono elencare diverse opere religiose, militari e civili, tra cui:
11 Il più importante percorso ciclopedonale è la Ciclovia Pelagos, lunga più di 2 km: attraversa l’Oasi faunistica del Nervia e risale fino alla vallata.
1. Cattedrale dell’Assunta ed il battistero di Ventimiglia Alta; 2. Chiesa di San Michele Arcangelo a Ventimiglia; 3. Oratorio di San Giovanni Battista a Ventimiglia alta; 4. Oratorio di San Secondo a Ventimiglia alta; 5. Ex Chiesa di San Francesco d’Assisi a Ventimiglia alta; 6. Teatro comunale di Ventimiglia (1904); 7. Loggia del parlamento a Ventimiglia alta (XV sec.); 8. Porta Canarda (XIII sec.); 9. Mura genovesi del XVI secolo; 10. Palazzo della Biblioteca Aprosiana; 11. Palestra ex casa del Balilla (1933); 12. Villa Hanbury; 13. Castel d’Appio; 14. Forte San Paolo; 15. Fortezza dell’Annunziata (XIX sec.); 16. Castello Voronoff (XIX sec.); 17. Mercato dei fiori (1922); Vanno poi ricordati gli importanti siti archeologici dislocati nella città e nel territorio comunale, tra i quali si possono annoverare le caverne paleolitiche dei Balzi Rossi e gli scavi di età Romana di Albintimilium. Infine, per ciò che concerne le aree naturali, si ricordano i Giardini botanici Hanbury, l’Oasi del Nervia, la prateria sottomarina di Posidonia, il SIC di Roverino e il SIC12 del monte Grammondo e del torrente Bevera.
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Sito di interesse comunitario.
1.6. La cultura
Si tratta di una struttura di tipo museale destinata a siti archeologici di una certa rilevanza.
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Fu scoperto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ed è composto da una quindicina di cavità. Il sito è attualmente gestito dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria.
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Senz’ombra di dubbio il più importante patrimonio storico del comune è rappresentato dall’area archeologica nei pressi del Nervia, che custodisce i resti della città romana di Albintimilium: fu un centro marittimo ed agricolo sorto in tarda età repubblicana lungo la Via Julia Augusta, sui resti di un primitivo stanziamento di cultura ligure denominato Albium Intemelium, considerato nell’organizzazione augustea come l’ultima città amministrativamente italica, l’ultimo avamposto prima della vicina Gallia. Conserva tracce delle antiche mura, delle strade e di alcuni monumenti pubblici e privati. In particolare, sono visitabili i resti delle Terme ed il Teatro, datato tra II e III sec. d.C, che costituisce l’esempio meglio conservato di tale tipo di edificio pubblico in Liguria, nonchè uno dei più notevoli di tutta l’Italia Settentrionale. Il centro urbano fu definitivamente abbandonato nel VI-VII secolo e trasferito dove ora sorge la “Ventimiglia alta”, corrispondente all’odierno centro storico. A supporto della visita esiste un antiquarium13, nel quale è esposta una ricca selezione di reperti, rinvenuti a seguito degli scavi condotti già dalla fine del XIX secolo ed in parte ancora in corso: l’allestimento, seppur non di particolare pregio, è suddiviso in sezioni che descrivono i differenti monumenti ed aspetti della cultura materiale degli abitanti di Albintimilium, fra cui il teatro, le terme, la toilette, la vita quotidiana, il culto del mondo dei morti, l’economia e gli scambi commerciali. Attualmente però, l’area archeologica è soffocata fra due infrastrutture viarie, la ferrovia e la Via Aurelia: i resti sorgono così tra manufatti di poco pregio architettonico (nella maggior parte dei casi abbandonati), rendendo difficile una visita continuativa secondo un percorso ben definito, senza contare la grave assenza di un museo nella prossimità del sito. Il comune ospita infatti nella parte opposta della città il Museo civico archeologico dedicato a Girolamo Rossi, l’archeologo e storico che per primo si è cimentato nella ricostruzione della storia del centro romano, presso il quale sono momentaneamente collocati i monili e gli oggetti rinvenuti in seguito alle numerose campagne di scavo. Come già citato in precedenza, sul territorio comunale è presente il sito preistorico dei Balzi Rossi14, posto al confine italo-francese, nel quale è possibile ammirare una sepoltura paleolitica datata a 25.000 anni da oggi: essa comprende gli scheletri di un homo sapiens adulto e due giovani sepolti contemporaneamente, con un ricco corredo composto da lunghe lame di selce francese, conchiglie marine forate, vertebre di pesce, canini di cervo e pendagli in osso lavorato. Entrambi i siti fanno parte di due reti museali: la prima è internazionale ed è compresa nel
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progetto Interreg Alcotra realizzato dal Comune di Ventimiglia e dalla Communauté de la Riviera Française. Essa rinsalda nove località, attualmente separate dal moderno confine geopolitico, attraverso l’antico itinerario, riunendole in un’unica entità amministrativa e territoriale lungo la Via Iulia Augusta. La seconda, invece, è regionale, e rinsalda undici strutture museali ed aree di interesse storico-archeologico, con l’obiettivo di realizzare un percorso culturale unitario.
1.6.1. Poli museali della Liguria La regione Liguria, dunque, possiede una vera e propria rete museale distribuita lungo tutto il suo territorio, che si estende oltre confine grazie alla Via Iulia Augusta15. La rete comprende al suo interno numerosi poli museali, fra cui possiamo trovare (fig. 27):
15 La Via Iulia Augusta è una strada romana che da Aquileia portava al Norico. Il tracciato della via è ancora parzialmente rintracciabile sul terreno, insieme ad alcune epigrafi di “cantiere” rinvenute nei secoli.
1. Museo preistorico dei Balzi Rossi ed area archeologica delle grotte (Ventimiglia); 1. Museo civico archeologico “Girolamo Rossi” (Ventimiglia); 2. Museo civico archeologico di diano marina (Diano Marina); 3. Museo navale romano (Albenga); 4. Museo archeologico del finale (Finale ligure); 5. Civico museo archeologico della città complesso monumentale del Priamàr (Savona); 6. Museo civico di archeologia ligure (Genova Pegli); 7. Museo archeologico di Chiavari (Chiavari); 8. Museo del castello di S. Giorgio collezioni archeologiche Ubaldo Formentini (La Spezia); 9. Mostra permanente storico-archeologica “Tiziano Mannoni” (Pieve di Zignago); 10. Area archeologica e sistema museale dell’antica città di Luni (Ortonovo).
7. Savona 6. 5. 4. 1./2.
3.
Finale ligure
Genova Pegli
8. Chiavari 9. Pieve di Zignano
La Spezia 10.
11.
Ortonovo
Albenga
Diano Marina fig. 27 - Rete dei poli museali lungo la costa ligure.
Ventimiglia
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1.6.2. Interreg Alcotra
Alpi Latine COoperazione TRAnsfrontaliera.
15
La Via Iulia Augusta fu progettata come collegamento diretto verso le province della Gallia dall’imperatore Augusto tra il 1312 a.C., poco dopo la conquista dei territori delle Alpi Marittime (14 a.C.). Il percorso è ancora oggi testimoniato dalla presenza di resti dell’antico tracciato, cippi miliari, moderni toponimi e antichi documenti, senza dimenticare le numerose opere di interesse storico. Sono proprio queste le destinatarie del progetto Interreg Alcotra, il quale punta a risaldare un itinerario di età romana separato attualmente dal confine geopolitico tra Italia e Francia, creando un’unica entità amministrativa e territoriale (fig. 28). Il progetto Alcotra15 è uno dei programmi europei di cooperazione che copre il territorio alpino tra la Francia e l’Italia, attivato dal 1990. L’obiettivo generale che si pone è quello di migliorare la qualità di vita delle popolazioni e lo sviluppo sostenibile dei territori, nonchè dei sistemi economici e sociali transfrontalieri, attraverso una cooperazione che coinvolge economia, ambiente e servizi ai cittadini. In particolare, Alcotra13 fa parte del programma di Cooperazione Territoriale Europea, noto come Interreg, che mira a promuovere la creazione di un mercato unico attraverso azioni di cooperazione, destinate a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle diverse regioni europee ed è finanziato dal FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale). Nello specifico sono 9 le attrazioni che costituiscono il percorso, intrecciato anche con una pista ciclabile parallela:
fig. 28 - Rete Interreg Alcotra.
Ventimiglia
6. 4.
7.
8./9.
5. 3.
Menton
V i a I u lia A
s ug u
2.
ta
RoquebruneCap-Martin
1.
La Turbie
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Trofeo d’augusto (La Turbie); Mont de Mules (Beausoleil); Mausoleo di Lumone (Roquebrune); Museo della preistoria regionale (Mentone); Caverne e museo preistorico Balzi Rossi; Giardini botanici Hanbury (Latte); Museo civico archeologico di Girolamo Rossi; Chiesa di San Michele (Ventimiglia); Scavi della città romana di Albintimilium (Ventimiglia).
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1.6.3. Archeologia romana Al contrario di quanto si possa pensare, la realtà della città nerviana non si è mai dislocata dall’area dell’antica città romana. Ne è infatti rimasto anche l’appellativo “Asse” che indica un terreno pubblico abbandonato anche quando nel secolo passato fu nelle mani della Mensa vescovile di Ventimiglia. Le rovine che oggi emergono a fatica furono ricoperte infatti in epoca medioevale da una vasta duna di sabbia proveniente dalla spiaggia sulla foce del Nervia, trasportata rovinosamente dai venti lì sopraggiunti. La scoperta della necropoli e del teatro avvenne quindi solo alla fine dell’800, grazie a Girolamo Rossi, che iniziò gli scavi nel 1854, dopo che la città cominciò a riappropriarsi della pianura a seguito della discesa della stazione ferroviaria internazionale e dello sfruttamento della sabbia per la costruzione della nuova Ventimiglia moderna, fra il 1800 e il 1900 (fig. 29).
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fig. 29 - da: Il Piano topografico della città degli Intemelii, G. Rossi, 1877: la linea circoscrive la zona da esplorare poichè “presenta anticaglie d’ogni genere ad ogni muoversi di badile”.
Rossi diede un ricco resoconto degli scavi effettuati tra il 1854 ed il 1914, curando numerose altre pubblicazioni con oggetto della propria ricerca Ventimiglia. Egli scoprì nel 1877 il Teatro Romano per poi far riaffiorare alla luce nel 900 le Terme. Durante la Grande Guerra furono condotte le prime ricerche sistematiche ad opera della Soprintendenza alle Antichità del Piemonte e della Liguria sotto la direzione di Pietro Barocelli, che indagò sulle mura e le insulae dietro al Teatro, nonchè 145 tombe della Necropoli (fig. 30).
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fig. 30 - La pianta di Albintimilium dopo gli scavi di Piero Barocelli, 1923.
fig. 31 - Scavi Libanore - Rossi a nord del cavalcavia (1953).
fig. 32 - Stato attuale degli scavi di Albintimilium e ricostruzione ipotetica delle mura: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Necropoli; Teatro Romano; Porta settentrionale; Resti di Porta Marina; Mosaico delle stagioni; Scavi del cavalcavia; Mosaico di Arione; Porta occidentale.
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Gli scavi ripresero poi nel 1938 e si estesero fino al centro della città indagandone appieno la stratigrafia risalente al 180 a.C. fino al primo Medioevo. Tra il 1938 ed il 1940 fu intrapreso lo scavo nell’area dell’Officina del Gas, dove si trovò un’insula di edifici privati, fondamentale per la ricostruzione cronologica della città. Lo scavo del teatro fu ripreso attorno al 1948 e vide anche la demolizione del fabbricato moderno che ne occultava la scena nel 1950. Seguirono poi il rinvenimento della paros di levante (1952), il parascenium est (1953), l’area del pulpitum (1955) e la Porta di Provenza sita dietro al Teatro, senza dimenticare l’area della Necropoli dietro al Teatro, occupata da Ferrovie dello Stato nell’ultima guerra. Gli scavi effettuati nell’area del cavalcavia hanno inoltre reso certa la presenza dell’oppidum ligure ai piedi della collina, di epoca preromana. Si è allargata nel 1952 l’esplorazione nell’Officina del Gas, dove sono rinvenute in particolar modo le successioni topografiche delle costruzioni repubblicane. Nel 1954 si sono analizzate le altre a sud-est delle mura, verso il Nervia fino alla scoperta nel 1957 di un edificio con mosaici nella parte nord di Ventimiglia, raggiungimento dell’oppido preromano sottostante (fig. 31). Dal 1955 è stato possibile esplorare a fondo l’area delle insulae occidentali, scoprendo aule termali e l’intervallum fra queste e le mura raggiungendo la linea occidentale delle stesse (fig. 32). Si è così costituito nella zona degli scavi un grande archivio di materiale romano, datato e classificato sistematicamente, di grande valore di confronto per una vasta area del Mediterraneo occidentale, ancora in corso di studio ma largamente utilizzato da studiosi per confronti e scopi didattici. Il riassunto preliminare
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degli scavi si può trovare all’interno del Notiziario Archeologico della Rivista Inghauna e Intemelia. Con le conoscenze attuali, è possibile immaginare la vecchia Albintimilium come una città di forma trapezoidale (400 x 600 metri ca.), addossata al pendio della collina che si spinge poi fino a Colla Sgarba (fig. 33). fig. 33 - Ricostruzione di Albintimilium romana:
Dalla cinta muraria si individuano chiaramente i limiti che componevano la “città”: uno a sud verso il mare, al centro del quale si trova la Porta Marina; uno ad ovest quasi raso alle fondazioni messo in luce a sud della Via Aurelia; infine uno a nord di cui fa parte la Porta Praetoria (di Provenza), dietro al teatro, con due torri circolari ed una scala d’accesso al cortile delle armi. Il lato est rimane tuttavia indeterminato anche se è probabile che vi appartengano due tratti, formanti un angolo, rilevati al tempo dell’archeologo Girolamo Rossi. Il circuito di mura descritto risale alla prima metà del I secolo a.C., probabilmente legato all’azione di Cesare durante la conquista della Gallia. Esso è lo specchio fondamentale della conclusione del processo di romanizzazione descritto in precedenza e funge da connubio tra la parte nord della città e la parte sud, dove il castrum romano e le insulae che ne derivano sono radicate nelle dune di sabbia vergine creatasi in età preromana. Una grande strada in pietra della Turchia divide il quartiere alto da quello basso, e si scorge ancora oggi nel suo tratto finale dietro al teatro romano. Al centro di essa troviamo la cloaca maxima, che si dirigeva fino al torrente Nervia: ha una larghezza di 2.95 metri e mantiene ancora ai lati i marciapiedi ben conservati. Lungo questa strada si trovavano probabilmente il Foro ed i principali edifici pubblici di epoca romana. Dal decumano si disperdeva verso sud una rete di strade regolarissima, dalle quali si è riscontrata la ridotta dimensione delle case romane dagli scavi condotti in prossimità dell’Officina del Gas. Tale operazione ha consentito una ricostruzione delle fasi di stratificazione storica che si sono susseguite nella storia della città.
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1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Necropoli; Porta di Provenza; Teatro Romano; Porta settentrionale; Scavi del cavalcavia; Mosaico delle stagioni; Porta Marina; Mosaico di Arione; Porta Occidentale; Terme e intervallum.
I. II.
Scavo Libanore - Rossi; Scavo Garzo.
Sono state individuate in particolare 7 fasi edilizie nelle zone finora scandagliate: 1. Primo impianto di età Repubblicana (180 a.C.): ciottolati e piattaforme in terra con buchi per pali, base del castrum romano permanente; 2. Costruzioni intorno al 100 a.C.: blocchi di puddinga salati con argilla, prima ossatura della città repubblicana in formazione; 3. Costruzione di età Cesariana ed Augustea: edifici sontuosi probabilmente per mano dell’opera restauratrice di Vespasiano, con i primi muri in pus certum e corsi di mattoni; 4. Costruzioni del I-III secolo d.C.: ricostruzione dei condotti della città e addensamento edilizio con lo stesso metodo costruttivo della fase precedente; 5. Costruzioni del IV secolo d.C.: dopo una radicale distruzione della città si torna ad un subitaneo ritorno alla tecnica costruttiva primordiale, che vantava pietra bruta, muri irregolari, terra come malta esclusiva; 6. Ultime costruzioni del V-VII secolo d. C.: tentativi di ricostruzioni entro ruderi superstiti fino alla sparizione della vita nelle città per mano dei Saraceni. Questa stratificazione così descritta si ripete anche in altre aree, ed è stata rilevata in particolare in corrispondenza dei piloni del cavalcavia della Via Aurelia: il grosso manufatto moderno ha impedito per molto tempo una completa esplorazione del sito archeologico, anche se già l’interruzione dello scalo merci ha permesso buoni passi avanti. Tuttavia, anche grazie alla sua costruzione e manutenzione (1916 e 1949) si sono potuti raggiungere gli strati più profondi della città, fino ad arrivare alla cerfig. 34 - Pianta dello scavo nell’Officina del Gas, con la successione degli edifici repubblicani ed imperiali. 180 - 170 a.C. 100 a.C. Età Cesariana e Augustea I sec. d.C. II sec. d.C. III-IV sec. d.C. V-VI sec. d.C.
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tezza della presenza delle prime abitazioni primitive dei Liguri. Nonostante la buona ricostruzione che si è potuta svolgere dai resti emersi, rimane tuttavia incerta la precisa ricostruzione e destinazione dei manufatti trovati, alcuni dei quali sono stati di nuovo interrati. Dal 1915 si è cominciato a rilevare tutti gli scavi, tentando anche la ricostruzione delle insulae interne (sulla base dei cardi e decumani noti). Nel 1957 è infine iniziata la demanializzazione della Zona Archeologica e l’esplorazione sistematica dell’area urbana. Fra l’edificio dell’ex clinica Isnardi e le mura gli strati più antichi conservano sicuramente costruzioni del II secolo a.C., ultima propaggine primitiva del castrum: su quest’area prese piede poi un giardino e gli edifici a lato vennero ricostruiti e riadattati fino all’età imperiale mentre fra il III e il IV secolo i vani ad ipocausto erano scaldati da una praefurnia, i cui resti sono ancora ben visibili. A nord della città è stato inoltre possibile riconoscere l’acquedotto che pescava l’acqua da rio Seborino: è molto probabile che la stessa foce del Nervia fungesse da porto, dato che il mare al tempo era praticamente a ridosso delle mura della città. È inoltre emerso il Decumano massimo della città diventato ora via dei Sepolcri, celato in gran parte dalla ferrovia, fiancheggiata da una vastissima Necropoli, che comprende le tombe dei primi due secoli dell’Impero, ricche di suppellettili ben conservati dalla sabbia. Ci si imbatte poi nel resto archeologico più affascinante: il Teatro Romano (fig. 36). Esso si pone nella parte nord-occidentale della città, a ridosso della Necropoli. Dopo la sua scoperta nel 1877 subì numerose disavventure sino al 1945, quando fu possibile liberarne la scena e la parte meridionale per farlo rinvenire in tutto il suo splendore. Il monumento è realizzato in pietra ligure a corsi di blocchi spezzati ed intercalati da una doppia fila di mattoni, mentre i gradini e le decorazioni sono in pietra bianca della Turbia (di origine francese). Ha un diametro interno di circa 21 metri, con una capienza massima di 2000 persone. La sabbia ha permesso l’eccezionale conservazione della parodos e della parte bassa: notevole curiosità, sta nel fatto che non fu addossato ad una collina ma venne appoggiato ad un terrapieno mediante muri a semicerchio. Entrando nel merito della struttura si ha la possibilità di descriverlo esaustivamente
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fig. 35 - Stratigrafia tipo di Albintimilium.
in quasi tutte le sue parti. Innanzitutto, l’orchestra risulta coperta da un doppio architrave in blocchi rettilinei, sorretti da mensole sagomate a cornice: al centro, posti simmetricamente, vi sono due blocchi con una cavità per due pertiche, previsto sicuramente per sostenere il velum in caso di pioggia. L’area del pulpitum conserva alcuni resti delle costruzioni repubblicane; sono inoltre visibili sui muri della scena dei fori che rendono chiari i metodi costruttivi del palcoscenico: il costrutto dedicato alla scena è apparso nel 1950 molto ben conservato. In esso appaiono tre porte, due laterali (valvae hospitales) ed una centrale ad esedra (valvae regiae). Di questa non si ha una chiara idea dell’aspetto antico, anche se si presume possedesse un rivestimento in pietra della Turbia dai frammenti che è stato possibile rilevare. Sul retro del muro scenico si aprono quattro vani probabilmente destinati ad un deposito o altri servizi: purtroppo la Via Aurelia impedisce di entrare più nel profondo nel terreno ed esplorare al meglio la zona. Nonostante ciò, emergono chiaramente i resti della porta di ingresso al palcoscenico, con tracce di un certo riutilizzo bizantino. La cavea era divisa in due settori attraverso un passaggio (praecinto), attraverso il quale avevano accesso ed uscivano gli spettatori. Del moenianum superiore restano solo i muri perimetrali e radiali, che formano quattro vani che probabilmente sorreggevano un secondo ordine di gradinate in pietra, asportate nella graduale distruzione subita dal monumento. In uno dei corridoi di entrata e di uscita (vomitoria) è inoltre conservato un blocco della volta ad arco che sormontava il pavimento. Il recinto del teatro sembra ricavato da costruzioni precedenti, incorporato da filari di piccoli blocchi ed al quale fu addossata una scala per entrare fig. 36 - Pianta del Teatro Romano: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Porta urbis; Vomitorium; Versurae (parodos); Parascenium; Praecinctio moenianum; Orchestra; Pulpitum; Frons scenae; Postscaenium.
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nelle zone superiori del Teatro. Tutta l’area retrostante al Teatro è stata esplorata ed è fondamentale per la conoscenza delle vicende e della costruzione delle cinte murarie. Gli scavi più recenti hanno portato alla luce le prime tombe della Necropoli a contatto con il muro cintato. Il Teatro è dunque stato datato tra il II e il III secolo d.C., realizzato probabilmente in sostituzione di un vecchio impianto ligneo. La sua struttura sommaria ha influenzato anche le sue rappresentazioni, che variavano da mimi e spettacoli piuttosto che le tragedie di Plauto e Terenzio. Gli eventi del IV secolo e quelli posteri ne resero inutile l’utilizzo, senza contare le numerose distruzioni da esso subite: in tutto il Teatro sono chiari i segni di riutilizzazione, ed è quindi un valido esempio della storia della città, dato che contrappone la miseria del primo Medioevo alla ricchezza e alla civiltà dell’età imperiale romana. 1.6.4. Archeologia ferroviaria Per entrare nel merito dell’edificio industriale è necessario fare una premessa storica: il collegamento Genova San Pier d’Arena Torino ha dato origine alla nascita della rete ferroviaria ligure insieme all’avvio dello sviluppo industriale della regione Liguria. La tratta Savona-Ventimiglia risale al 1872, come stazione nazionale di confine in diretto collegamento con la Francia. Tutti gli impianti ferroviari di Ventimiglia corrono lungo il perimetro costiero, presentando sul lato francese il moderno parco Roja, mentre su quello Genovese l’oggetto del nostro interesse, lo storico parco del Nervia (1920)16. Il punto terminale di tale parco è la culla dell’intero progetto di tesi: si tratta del deposito locomotive della città di Ventimiglia (fig. 37). Esso è distribuito su una grande sala longitudinale di 50 x 20 m con annessi diversi spazi tra cui la falegnameria, la torneria ed un magazzino.
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Sotto la cura del Capo Compartimento di Genova, ing. Remigio Valgoi.
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fig. 37 - Stato di fatto dell’officina ex-squadra Rialzo.
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fig. 38 - Inquadramento dell’edificio oggetto di intervento. 1. 2. 3. 4. 5.
Vecchio sedime ferroviario; Officina ex-Squadra Rialzo; Edifici abbandonati; Nuova pista ciclabile; Area protetta dal SIC.
5.
Esso poggia su un grande basamento e versa attualmente in un avanzato stato di abbandono, così come i 7 edifici che lo attorniano nei quali vi erano collocati vecchie sedi dell’Enel e magazzini di risulta, evidenziati in rosso (fig. 38). Una buona descrizione strutturale del complesso è fornita dalla relazione storico artistica della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Liguria nella quale l’apparato strutturale è descritto secondo quanto segue: “... divisa in due navate da una fila di pilastri in ferro a traliccio e ricoperta da una doppia capanna con struttura a capriate metalliche che sostengono un tavellonato su cui sono fissate le tegole marsigliesi. I binari, in numero due per ogni navata, si addentrano nel capannone attraverso grandi portelloni metallici situati sul fronte; tra le rotaie si aprono le fosse di vista per la manutenzione dei mezzi. L’involucro esterno è costituito da mattoni pieni, con lesene che esternamente “segnano” il passo strutturale, mentre internamente - in modo alquanto insolito - si ha un semi pilastro in ferro dello stesso stile di quelli centrali. Grandi finestre si aprono tra un sostegno verticale e l’altro, illuminando generosamente - assieme ai lucernari - il vasto ambiente interno. A servizio del grande capannone si hanno altri locali destinati a magazzino, falegnameria e torneria, di questi solo un piccolo volume fu aggiunto in epoca posteriore
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(1935 ca.), esso è facilmente riconoscibile perchè coperto da un tetto piano. I caratteri stilistici dell’edificio si riconducono a quella produzione (oggi oggetto di studi da parte della recente e meritevole disciplina conosciuta come archeologia o architettura industriale) che da un lato si serviva di mezzi tecnici di recente disponibilità, e dall’altro non si staccava completamente da un rispetto per le architetture storiche di riferimento, riuscendo peraltro a costruire un’ottima espressione del periodo storico. Si ha quindi un ampio uso di strutture portanti, anche molto raffinate, in ferro, per lo più non visibili dall’esterno ed un accennato richiamo ad elementi decorativi classici, quali mostre, lesene e cornici, sui prospetti.” Si sa per certo che l’impianto entrò in funzione attorno al 1931 e venne utilizzato inizialmente come deposito locomotive; successivamente, nel 1935, fu declassato a rimessa dei mezzi di trazione per poi diventare officina squadra di rialzo, assumendosi gli impianti necessari alla riparazione di carri, carrozze e vagoni, attraverso l’estensione con alcuni moduli di calcestruzzo dedicati a magazzino e falegnameria. La struttura rimase pressochè intatta fino al 1940, quando la copertura venne danneggiata dai bombardamenti francesi, insieme a danni strutturali ad una capriata di testa. Da questo momento in poi, il complesso cominciò lentamente il suo abbandono, fino alla chiusura definitiva che avvenne nel 1997. In quanto significativo esempio di archeologia industriale vincolato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Liguria, si è ritenuto necessariosalvaguardarlo nella migliore maniera possibile: si spiega così la scelta di un restauro quasi totalmente conservativo dell’involucro edilizio e la scelta di porvi all’interno strutture mobili e rimovibili, atte a modificare lo spazio e cambiare senza nuocere o intaccare la struttura esistente. Unica eccezione è stata fatta nei confronti della terza navata, sopra la quale, eliminando la capriata danneggiata dai bombardamenti del conflitto mondiale, si è innalzata una torre, destinata ad essere lo snodo distributivo fra la parte vecchia e quella nuova del centro ricreativo, ospitando ascensore, vano scale e terrazza panoramica.
fig. 39 - Sezione trasversale dell’edificio.
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Capitolo 2
Strategia
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2.1. L’area di progetto Questa prima fase di analisi è stata fondamentale per far emergere le principali criticità di un’area che non risulta più inscritta nei propri confini, e che necessita dunque di diventare parte integrante del flusso vivace che anima la città e che vuole interagire con quest’ultima. Analizzando il contesto, abbiamo cercato di trovare una risposta alla necessità di riqualificare, riconoscere e valorizzare il territorio. Come abbiamo anticipato nei capitoli precedenti la nostra area di interesse è una cicatrice, è un bordo che va ricucito in coerenza e continuità con la realtà nel quale è immerso, sanando uno tra i primi problemi che si incontrano: le connessioni. La percorribilità dell’area è infatti minata dalla presenza di due importanti infrastrutture, una stradale e l’altra ferroviaria, ma non solo: il problema che serpeggia silenzioso è insito nella natura stessa del lotto, posto su un basamento che scema risalendo verso l’area archeologica e che ne limita l’attraversamento orizzontale, formando una barriera artificiale verso l’Oasi del Nervia. La realizzazione della pista ciclabile e del ponte pedonale sul torrente, entrambi ultimati negli ultimi anni, non danno sollievo al problema seppur costituiscano un’interessante punto di partenza per un dialogo più ambizioso, più complesso. Se si considerano anche gli edifici adiacenti, infatti, si nota come essi siano sia un ostacolo che un elemento di disturbo, versando spesso in uno stato di abbandono che accresce l’interrogativo sul reale valore della loro conservazione e mantenimento. Ma se invece di disprezzarli ed immaginare una loro conseguente demolizione, si provasse ad integrarli al progetto di riqualificazione invertendo così il punto di vista? Se allo stato attuale delle cose, infatti, provassimo a guardare il prodotto dell’edilizia speculativa degli anni ‘60 come un’opportunità anzichè un ostacolo, cosa accadrebbe dal punto di vista progettuale? La scelta di mantenere il contesto pressochè inalterato non è di certo la strada più semplice, ma cela sicuramente una grossa opportunità di rivalutare quell’edilizia e recuperarla senza intaccare la proprietà privata di alcuno. Si pone così una scelta selettiva su ciò che vane la pena salvare e ciò che si può invece risanare intervenendo, ad esempio, negli spazi porticati, che possono diventare nuovi luoghi pubblici. L’area di progetto occupa una superficie totale di 6.000 m2: si estende a partire dalla vecchia stazione fino ai margini dell’antica città romana. La possibilità di collegamento fra i due poli, qui di fianco evidenziati dai colori rosso e blu, diventa possibile quasi automaticamente immaginando un intervento poderoso in corrispondenza del sedime ferroviario oggi scomparso. Nelle prossime pagine sono evidenziate le peculiarità dell’area a partire dalla zona archeologica, con l’ausilio di disegni ricavati dal rilievo fotografico effettuato in fase di sopralluogo.
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fig. 40 - Stato di fatto dell’area di progetto.
fig. 41 - Stato di fatto dell’area archeologica.
fig. 42 fig. 43 fig. 44
fig. 42 - Gli scavi della Domus del Cavalcavia.
Osservando l’inquadramento qui sopra proposto (fig. 41) si vede subito come il perimetro antico (indicato in rosso) sia attualmente impercettibile. Sulla questione dell’ingombro e dello sfregio provocato dagli assi viari si è già ampiamente parlato e le immagini qui proposte ne evidenziano ancora di più la fastidiosa presenza. Guardando anche ai resti della “Domus del Cavalcavia”, l’immagine qui sotto riportata (fig. 42) evidenza chiaramente lo stato di abbandono in cui versa l’area: sembra quasi di stare in un cantiere dimenticato, nonostante le campagne di scavo siano tuttora in atto. Il verde continua a mangiarsi il contesto esistente e nella confusione generale dettata da una distribuzione illogica degli edifici, non si capisce più quale ricchezza sia celata al di là di tutto questo.
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fig. 43 - Il Teatro Romano.
Voltandosi alle proprie spalle la situazione di certo non migliora: il Teatro Romano (fig. 43), rinvenuto egregiamente dagli scavi di Rossi, è strozzato in tutto il suo perimetro: a nord dalla ferrovia, a sud dalla strada con il suo cavalcavia, ad est da edifici abbandonati e ad ovest dai resti mal curati di una Necropoli di recente scoperta. Solo attraversando la strada, per giunta molto trafficata, si possono scorgere i rimanenti resti, fra cui quelli delle Terme e diversi mosaici. Ma anchâ&#x20AC;&#x2122;essi non si noterebbero se non ci fosse una mappa che ne indica la presenza: oltre ad essere avvolti da una natura incontrollata, infatti, sono coperti e tutelati da strutture effimere in ferro e plastica, che devastano ancora di piĂš un paesaggio, al quale basterebbe davvero poco per assumere un aspetto degno del suo nome.
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fig. 44- Gli scavi del Mosaico delle Stagioni.
fig. 45 - Stato di fatto dell’area archeologica industriale.
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Tornando indietro si procede poi verso il mare: camminando lungo il percorso che costeggia il vecchio sedime ferroviario si attraversa un luogo sospeso, attorniato da un verde fuori controllo che cela, alla fine del percorso, il vecchio edificio delle Ferrovie dello Stato. Le sue condizioni strutturali e materiche sono tutto sommato buone nonostante l’avanzato stato di abbandono. Ai lati è costellato di baracche di piccole e medie dimensioni, con due edifici un po’ più importanti verso est. Si pone in difficile relazione con esso il complesso residenziale che lo separa dalla costa: ma il fatto che il piano terra di questo sia porticato e faccia intravedere il lungomare, può offrire un’opportunità di collegamento tra le due quote. fig. 46 - Veduta del parco ferroviario.
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fig. 47 - Stato di fatto dell’Officina ex-squadra Rialzo.
fig. 48 - Veduta dall’Officina ex-squadra Rialzo in relazione all’edificio residenziale ad essa adiacente.
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2.2. Ricucire i margini Diventa subito fondamentale interrogare la viabilità, delineando delle azioni urbane che coinvolgono sia la mobilità veloce che quella lenta. L’intervento più ambizioso dal punto di vista progettuale è sicuramente lo spostamento del cavalcavia e del tratto della Via Aurelia che transita sopra gli scavi archeologici, un intervento già previsto dal PUC e a nostro parere necessario per riqualificare l’area archeologica: si ricava così la possibilità di ricostituire l’unitarietà che caratterizzava il centro romano originale, spostando il nuovo percorso viario a nord del tracciato ferroviario, lungo la catena montuosa. Per quanto riguarda la mobilità lenta invece, l’area deve dotarsi di una rete ciclopedonale che ne faciliti la permeabilità e che la colleghi ai tracciati già presenti nella stessa area. A tal proposito, dunque, è stato ritenuto opportuno completare la pista ciclabile esistente, ricucendone i tratti interrotti ed unendola al percorso che affianca il Torrente Nervia, la Ciclovia Pelagos. Per alleviare la permeabilità dalla città all’Oasi si sono individuati tre nuovi punti di accesso, di natura completamente diversa l’uno dall’altro: sul vecchio sedime della Via Aurelia insiste un tracciato ciclopedonale che risponde alla necessità di attraversare l’area archeologica e fornisce la possibilità di fermarsi a contemplarla grazie a delle sedute e degli espositori che ripercorrono la storia dei manufatti, salvo poi ricongiungersi con la pista ciclabile sopracitata; lungo il vecchio parco ferroviario sono stati poi individuati due punti per la risalita lenta del lotto, colmando il dislivello preesistente per raggiungere il nuovo parco. Uno degli interrogativi infatti gravitava attorno alla nuova natura delle aree che si andavano a riqualificare, aprendo alle varie possibilità future ed individuando quali fossero le necessità del luogo e dei cittadini che ne avrebbero usufruito. Il nostro percorso si è concluso con la realizzazione di un parco lineare che vuole essere un manifesto della biodiversità del luogo nel quale siamo immersi. La vicina Oasi del Nervia, infatti, presenta un’infinita varietà di essenze e di animali, il parco è una celebrazione di questa vivacità ma funge anche da elemento dissipatore, vuole mitigare la natura diametralmente opposta delle realtà che collega, l’Oasi e la città. Il parco diventa un luogo da attraversare e nel quale fermarsi, grazie all’individuazione di spazi ed aree per lo svago e la sosta, ricavando i propri tracciati dall’antico sedime dei binari ferroviari. Questo parco però non lavora solo con i suoi margini laterali, esso collega anche i due poli centrali del progetto, l’area archeologica ed il nuovo centro ricreativo. Per quanto riguarda l’area archeologica abbiamo completato il racconto iniziato con lo spostamento del tratto viario, ritrovando un’area individuata da confini precisi ma permeabili: si è scelto di liberare il lotto di quegli edifici che ne sfregiavano il valore e che versavano in
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un avanzato stato di abbandono, puntando a ritrovare l’antica unitarietà. I resti sono inoltre circoscritti da recinti al fine di essere maggiormente tutelati e dare la possibilità ai visitatori di muoversi liberamente. Come era stato anticipato nell’analisi, quest’area è un’importante testimonianza della presenza romana in questi territori e fa parte di due reti museali, una nazionale ed una internazionale in collaborazione con la Francia: il discorso che concerne la sua valorizzazione e conservazione valica dunque i confini fisici del sito sul quale è collocata. Essa, infatti, fa parte di un racconto più articolato ed in quanto tale merita la giusta attenzione e necessita di opportune strategie che puntino al riconoscimento dell’area non solo dal punto di vista turistico, ma anche quotidiano: gli stessi cittadini devono essere in grado di poter vivere l’area, grazie alla natura dei percorsi che lasciano aperte varie possibilità di fruizione, attraversandola ed animandola durante tutto il corso dell’anno, trasformandola da mera vetrina espositiva ad un vero e proprio luogo comune dove tessere una nuova memoria collettiva. L’ultimo polo pulsante del progetto è il centro ricreativo che nasce all’interno del vecchio scalo merci del parco ferroviario. L’area nel quale è inserito è principalmente di carattere residenziale: i luoghi di aggregazione sociale sono presenti solo vicino al centro storico, lasciando questa parte di Ventimiglia spoglia di attrattori sociali. Il centro vuole essere dunque una nuova polarità, un’opportunità per la costituzione di un circolo virtuoso di una nuova socialità che investa tutte le fasce della popolazione e che ricopra un ruolo nel dialogo fra le varie parti sociali. La città di Ventimiglia negli ultimi anni si è vista coinvolta all’interno di percorsi migratori, scatenando un dibattito molto acceso. In quanto architetti non ci sentiamo di entrare nel merito di questioni politiche complesse, ma in qualche modo sentiamo di poter contribuire a porre le basi di un dialogo con il nostro intervento. Non si vuole infatti proporre una soluzione definitiva e risolutiva: si vuole tentare di offrire un’altra opportunità di dialogo ed integrazione, un luogo dove facilitare l’incontro tra varie culture e spingere alla contaminazione prolifica e positiva, non realizzando dei nuovi alloggi, ma trovando delle nuove forme di aggregazione e recuperare quanto il territorio aveva da offrire, risanando più interrogativi. Bisogna dunque parlare di uno spazio flessibile, che si possa adattare alle esigenze senza imporre uno sfruttamento prestabilito e limitato dello spazio, in tal modo da poterlo occupare durante il corso dell’anno seguendo un programma funzionale eterogeneo. La polivalenza dell’area non si limita al solo edificio, gli spazi esterni riflettono ciò che accade all’interno e si espandono fino ad inglobare il piano terra dell’edificio adiacente grazie alla realizzazione di due passerelle che mettono in collegamento i due basamenti, permettendo di raggiungere direttamente il mare ed abbattendo l’ennesimo limite fisico che veniva imposto.
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fig. 49 - La complessitĂ dellâ&#x20AC;&#x2122;area di progetto fra connessioni, margini ed edificato.
1. 2. 3.
Area archeologica di Albintimilium; Ex parco ferroviario; Oasi del Nervia; Via Aurelia; Pista ciclabile; Perimetro di Albintimilium; Edifici abbandonati; Ingressi allâ&#x20AC;&#x2122;area.
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Capitolo 3
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3.1. L’intervento L’area di progetto coinvolge due realtà profondamente diverse l’una dall’altra, due aree archeologiche che coesistono senza interagire fra loro: nonostante ciò, esse sono inserite in un territorio con una ricchezza naturale unica, un luogo che è nato dalla compresenza di un tessuto urbano interrotto ed un sito naturale incontaminato. Questo intervento vuole essere dunque un ponte, vuole esaltare le peculiarità del territorio sottolineandone l’unicità individuale ma, allo stesso tempo, vuole tessere una trama comune, tracciando un percorso compiuto che colmi la cicatrice lasciata dall’abbandono e dall’oblio insito in questi luoghi. Questo margine abbandonato si aricchisce dunque di nuovi accessi e di un nuovo disegno, diventando parte integrante della città, fruibile a tutti: in particolar modo si rende attraversabile ad una mobilità lenta e sostenibile. Le considerazioni fin qui costruite e la complessità delle relazioni hanno trovato sfogo nei tre poli principali del progetto: il parco lineare, l’area archeologica ed il centro ricreativo. Quest’ultimo, in particolare, diventa il nuovo polo attrattivo della città, nato per ospitare residenti ma anche stranieri, ai fini di una ritrovata integrazione sociale.
3.1.1. Il parco lineare Il parco lineare è forse l’elemento che più fisicamente esprime la propria funzione di “ponte”, di collegamento fisico. Esso lavora e contribuisce al dialogo con la città lungo due direzioni: una verticale, nella quale collega il nuovo centro ricreativo all’area archeologica, ma in un certo senso anche il mare alle montagne ed una orizzontale, dove la città qui bruscamente interrotta può finalmente entrare in contatto con la vicina Oasi del Nervia, protetta da Natura 2000. L’area insiste su un basamento alto 3.50 m, un margine abbandonato che, seppur affine nei contenuti, non era possibile confrontare con il verde parzialmente controllato dell’Oasi adiacente. Esso celava tra le proprie essenze infestanti i resti di una forte modificazione antropica, fra cui sono ancora nascoste selve di binari e rifiuti edilizi, il tutto inglobato in una natura che lasciata correre libera stava recuperando i luoghi che un tempo le appartenevano. Ecco dunque che il nostro intervento vuole onorare la memoria storica del luogo: osservando il nuovo parco, si nota come la prima parte sia destinata alla coltivazione di fiori ed erbe medicinali, le quali man a mano si fondono con arbusti ed alberi ad alto fusto, seguendo una reinterpretazione dell’intreccio dei binari, che oggi si trasformano nei sentieri da percorrere per attraversare e vivere il parco. La scelta delle varie specie qui proposte ha seguito le indicazione floreali del “Piano del Bacino del Nervia”, un documento nel
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fig. 50 a sinistra - Masterplan.
fig. 51 a sinistra - Maquette del progetto urbano.
quale viene illustrata la biodiversità che anima l’Oasi ed il torrente Nervia: si tratta di un’ipotesi per indirizzare la selezione della flora autoctona, che punti quindi ad esaltare ancora una volta la ricchezza del territorio, palesandola ai visitatori ed ai cittadini. In particolare sono state scelte diverse specie floreali fra cui ritroviamo: il trifoglio, il brachipodio, la sesleria, la coriaria, la ginestra di spagna, l’euphorbia spinosa, l’asparago pungente, il terebinto, la valeriana rossa, il cisto a foglie sessili, il timo, il trifoglio bituminoso, la lavanda selvatica, il rosmarino, il bromo, la salicornia fruticosa e l’alloro. Per quanto riguarda la scelta degli alberi, invece, si sono selezionati l’orniello, il sambuco, la mimosa, l’acero campestre, il leccio, il castagno ed il pioppo bianco. Lungo il percorso sono presenti numerose aree di sosta e spazi dedicati allo svago, con panchine e prati liberi, al fine di poter ottenere uno luogo vivibile, attraversabile, di condivisione, di svago ma anche di conoscenza del territorio e della sua ricchezza naturale. Il parco non diventa dunque un solo polmone verde, ma un vero e proprio luogo di incontro, da poter attraversare e vivere in tutte le sue parti. Questo nuovo bordo verde è inoltre affiancato dalla pista ciclopedonale già esistente e da una zona di sosta nella quale sono presenti alcuni resti dell’archeologia ferroviaria, senza dimenticare la torre piezometrica riconvertita per permettere l’osservazione dell’Oasi da un punto privilegiato, in alta quota (11 m). La pista ciclopedonale viene ripresa e completata, ricollegandosi all’area archeologica con la Ciclovia Pelagos, mentre l’intervento sul torrente entra fortemente in sintonia con i principi generatori del nostro progetto, in simbiosi con il passato. Il parco però, come accennato in precedenza, non funziona solo lungo un asse verticale: per ridisegnare il bordo, infatti, abbiamo deciso di renderlo valicabile. Sono stati infatti progettati attraversamenti che intercettano tre direttrici trasversali di differente natura: il primo permette alla pista ciclopedonale del sito archeologico di penetrare nell’area diramandosi in due direzioni, a seconda che si voglia proseguire per la Ciclovia o raggiungere il nuovo centro ricreativo; il secondo intercetta una direttrice marcata da una strada di un quartiere pubblico ed il ponte pedonale sul Nervia, completando idealmente il transito trasversale da Ventimiglia a Camporosso; l’ultimo si affianca ad un cul-de-sac, relegato principalmente agli abitanti del quartiere, nel quale una rampa colma il dislivello del basamento, rendendo accessibile l’area senza individuare dei percorsi preferenziali. Analizzando le sezioni territoriali proposte nelle prossiume pagine, si può evincere come questa zona si imponga come un corridoio verde tra due realtà fisiche massive: da una parte un forte tessuto urbanizzato con i suoi condomini e gli edifici residenziali; dall’altra l’agglomerato delle chiome di alberi, che disegnano un ricco tessuto naturalistico che è il principe indiscusso dell’Oasi.
58
59
fig. 52 - Prospetto ovest.
fig. 53 - Sezione trasversale AA’.
fig. 54 - Sezione trasversale BB’.
fig. 55 - Sezione trasversale CC’.
fig. 56 - Prospetto est.
0
5
15
30 m
60
61
figg. 57 - Abaco del verde.
0
5
1. Trifoglio
2. Brachipodio
3. Sesleria
4. Coriaria
Trifolium pratense L.
Brachypodium rupestre Schult.
Sesleria autumnalis F.W.S.
Coriaria myrtifolia L.
Pianta erbacea Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Fabaceae
Pianta fruticosa Divisione: Magnoliophyta Classe: Liliopsida Famiglia: Poaceae
Pianta fruticosa Divisione: Magnoliophyta Classe: Famiglia: Poaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Famiglia: Poaceae
9. Valeriana rossa
10. Cisto a foglie sessili
11. Timo
12. Trifolgio bituminoso
Centrantus ruber L.D.C.
Cistus albidus L.
Thymus L.
Psorolea bituminosa
Pianta Divisione: Classe: Famiglia: Euphorbiaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Cistaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Laminaceae
Pianta sempreverde Divisione: Magnoliophyta Classe: Liliopsida Famiglia: Fabaceae
17. Alloro
18. Orniello
19. Sambuco
20. Mimosa
Laurus nobilis
Fracsinus Ornus
Sambucus Nigra L.
Pistacia terebintus
Pianta sempreverde e aromatica Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Lauraceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Angiospermae Famiglia: Oleaceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Angiospermae Famiglia: Betulaceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Angiospermae Famiglia: Fabaceae
15
30 m
62
5. Ginestra di Spagna
6. Euforbia spinosa
7. Asparago pungente
8. Terebinto
Brachypodium rupestre Schult.
Euphorbia spinosa L.
Sparagus acutifolius L.
Pistacia terebintus
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Fabaceae
Pianta Divisione: Classe: Famiglia: Euphorbiaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Famiglia: Poaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Fabaceae
13. Lavanda selvatica
14. Rosmarino
15. Bromo
16. Salicornia fruticosa
Lavandula stoechus L.
Coriaria myrtifolia L.
Bromo
Sarcocornia fruticosa L. A. J. Scott
Pianta erbacea Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Laminaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Famiglia: Laminaceae
Pianta Divisione: Magnoliophyta Classe: Liliopsida Famiglia: Poaceae
Pianta fruticosa Divisione: Magnoliophyta Classe: Liliopsida Famiglia: Poaceae
21. Acero campestre
22. Leccio
23. Castagno
24. Pioppo bianco
Acer campestre L.
Quercus ilex L.
Castanea sativa Mill.
Populus alba L.
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Dicotyledines Famiglia: Aceraceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Dicotyledones Famiglia: Fagaceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Dicotyledones Famiglia: Fagaceae
Albero Divisione: Spermatophyta Classe: Dicotuledones Famiglia: Saliceles
63
3.1.2. Il parco archeologico Il recupero e la valorizzazione dell’area archeologica non erano inizialmente contemplati nel progetto di riqualificazione del parco ferroviario: tuttavia è apparso subito chiaro come i due sistemi potessero collaborare fra loro, in una logica di insieme e di recupero di luoghi avulsi al contesto nel quale erano inseriti. Come anticipato nella strategia, l’azione urbana più importante riguardava sicuramente l’intervento sulla viabilità carrabile: la poderosa Via Aurelia non solo trancia di netto il sito archeologico, ma insiste su uno dei resti riemersi dalle campagne di scavo, una situazione inaccettabile se pensata nei termini della conservazione del patrimonio artistico culturale. Il cavalcavia viene dunque traslato oltre la ferrovia e si ricongiunge con un’altra arteria principale della viabilità: il tratto interrotto termina la propria corsa in uno degli ingressi all’area e si dota di un parcheggio per i futuri fruitori dell’area. Un altro tema fondamentale che concorreva alla rielaborazione del sito era la sua unitarietà, quel senso di città romana che con il suo tracciato regolare impostato su una griglia ortogonale si era frammentato nel tempo, contaminato da serre ed edifici privati che si alternano ai resti archeologici, in alcuni caso sovrastandoli e fagocitandoli, privandoli del loro antico prestigio. Durante il sopralluogo abbiamo subito notato come i manufatti si trovassero quasi per un caso fortuito, non c’era un percorso logico esplicito da seguire. Gli edifici dismessi ed abbandonati vengono abbattuti in favore dell’individuazione di un confine, una delimitazione ordinata mediante due sistemi paralleli che ripercorrono alcuni elementi fondamentali della città di prima fondazione. Lungo il tratto ferroviario, in corrispondenza del teatro romano, abbiamo realizzato un percorso pedonale che lavora in simbiosi con una parete verde antirumore. Come si può osservare dalle sezioni questa parete è composta da due setti in calcestruzzo armato, contenenti un rilevato di terra, e fungono da sostegno per un telaio di legno sul quale si imposta una parete inclinata espositiva. Questo elemento insiste sull’antico Decumanum della città, del quale abbiamo testimonianza grazie alle ricostruzioni, è un dispositivo che permette al visitatore di poter attraversare l’area ma di potersi fermare e socializzare grazie alla presenza di sedute, una serie di dispositivi ed espositori individuati da nicchie ospitano alcuni monili rinvenuti nel sito ed offre un’importante opportunità per comprendere i manufatti in situ, esattamente dove erano stati collocati in origine. È uno spazio vivace, fertile che trascina l’uomo in una condizione ideale, senza dover subire la contaminazione della ferrovia e dell’azione antropica. L’altro margine è delineato da un “muro” che ripercorre l’antica fortificazione cittadina della quale ci rimangono ancora oggi alcuni tratti come testimonianza, ma la massività di questo con-
64
fine è mitigata dalla sua consistenza. Esso è infatti costituito da due setti paralleli, posti ad una distanza di 2.80 metri l’uno dall’altro, costruiti con delle gabbie metalliche e del ciottolame il cui livello varia all’interno delle gabbie per permettere lo scorcio di alcune frazioni del contesto selezionate con criterio. L’intervento appare più come un muro in rovina, un gesto artistico in onore e memoria del vecchio muro di fortificazione oggi scomparso. L’ingresso è favorito da un’unica apertura che corrisponde ad una delle porte urbiche della città romana e collega l’area ad uno spazio verde a servizio del sito, dotato di una serie di parcheggi funzionali ai visitatori o ai cittadini del quartiere. Il transito all’interno dell’area archeologica è libero, gli unici percorsi definiti sono la pista ciclabile che ripercorre il tratto della Via Aurelia e si ricongiunge con la Ciclovia Pelagos e la pista ciclopedonale del parco lineare, ed alcuni percorsi regolari che collegano i manufatti fra loro, questi ultimi messi in sicurezza grazie a dei recinti che ne impediscono il trapasso ma mantenendo la possibilità che in futuro l’area archeologica possa crescere e si possa espandere (fig. 57). Dopo essere entrate in contatto con la soprintendenza, infatti, abbiamo appreso che questo sito è in evoluzione: sono previste ulteriori campagne di scavo, per le quali abbiamo predisposto un centro di ricerca e sviluppo nell’ex clinica Isnardi, con la proposta del ripristino della stessa come nuovo luogo di studio ed apprendimento didattico. Analizzare un cantiere aperto potrebbe essere una fonte di approfondimento non solo per gli esperti del settore ma anche per gli studenti, favorendo la maturazione di una ritrovata sensibilità per il patrimonio culturale del paese. fig. 58 - Inquadramento dell’area archeologica.
A B
B’
C
C’ A’
0
10
30
65
50 m
fig. 59 - Sezione AA’.
fig. 60 - Sezione BB’.
fig. 61 - Sezione CC’.
0
5
15
30 m
66
67
figg. 62 - Sezioni trasversali.
1.
3.
2.
4.
1.
0
5
15
2.
30 m
68
3.
5.
6.
4.
5.
6.
69
fig. 63 - Maquette del muro dellâ&#x20AC;&#x2122;area archeologica.
70
71
3.1.3. Il centro ricreativo Il terzo polo del nostro progetto è il nuovo centro ricreativo, costruito sull’ex edificio principale del parco ferroviario dismesso. Il parco era costituito da numerosi edifici satellite, principalmente destinati ad uso pubblico come uffici ed occasionalmente come dormitori per gli addetti ai lavori. L’edificio preso in esame presenta una pianta rettangolare di circa 20 x 60 metri, con due navate scandite da pilastri a traliccio che sostengono delle capriate metalliche. L’intervento prevede un restauro di tipo conservativo per quanto riguarda l’impianto originario: si è prevista infatti la sostituzione della copertura e della capriata danneggiate durante i bombardamenti francesi della Seconda Guerra Mondiale, eliminando i due corpi di fabbrica aggiunti in seguito (1983) ed il muro divisorio non portante, in modo da ottenere un grande open space. Si vanno a sostituire inoltre gli infissi, troppo danneggiati per un recupero efficace, mantenendone però dimensioni e materiali. Sfruttando la presenza di quattro coppie di binari abbiamo deciso di realizzare uno spazio flessibile, che si possa adattare alle esigenze delle utenze e che possa incontrare i desideri di tutte le fasce d’età della popolazione. In quest’ottica sono state realizzate due tribune con una struttura lignea, che si muovono lungo i binari: sono dotate di pareti mobili che modificano lo spazio, a servizio delle diverse forme di rappresentazione. Gli espositori mobili possono essere impiegati per organizzare lo spazio o per ospitare delle mostre temporanee, salvo poi essere raggruppati quando non sono necessari e rendere libero lo spazio al centro. All’interno dell’edificio ci sono inoltre un bar dotato di cucina e spogliatoio per il personale ed una piccola zona lettura su due piani, con servizi per gli spettatori e per i vari ospiti del centro. Entrambi i volumi sono realizzati con un telaio in legno e pannelli x-lam, una struttura completamente indipendente da quella originaria al fine di non apportare delle modifiche permanenti all’impianto strutturale, realizzando uno spazio resiliente capace di potersi trasformare in futuro. All’interno della parte maggiormente danneggiata si prevede l’inserimento di un corpo scala ed ascensore autoportanti i quali permettono la distribuzione ai vari piani dell’edificio fino al garage: sfruttando il basamento sul quale poggia l’ex scalo ferroviario si è previsto di disporre un parcheggio coperto accessibile ai cittadini ed ai fruitori della struttura. Il corpo di risalita è coperto da una sopraelevazione, un telaio d’acciaio che sostiene un involucro metallico traforato ed ospita all’ultimo piano uno spazio comune, un punto privilegiato dal quale osservare l’Oasi del Nervia ed il parco lineare. L’ingresso agli spazi è regolato da una piccola reception posta dirimpetto l’ascensore. Per espletare il nostro programma funzionale abbiamo inoltre ritenuto opportuno prevedere l’addizione di un nuovo corpo di
72
fabbrica: il volume dell’edificio viene duplicato ma si mantiene solo una delle due nuove campate, trasformando la prima in una corte semi privata. Il nuovo edificio conserva il passo strutturale dell’esistente: il piano terra continua la direttrice principale del parco lineare ospitando delle sedute ed un sistema di risalita destinato alle sole situazioni d’emergenza, che diventa anche un luogo di sosta. Il piano primo si può raggiungere dalla nuova “‘torre”, passando per la reception, ed ospita una serie di partizioni mobili in legno che trasformano le aule in spazi flessibili, a seconda dell’uso e della capienza necessaria. Queste aule possono ospitare workshop, corsi di apprendimento, di lingua, di integrazione e di lettura, rivolte soprattutto al tema dell’integrazione. Sulla parete rivolta verso l’edificio principale vi sono delle nicchie che si affacciano sulla corte, che diventano delle piccole zone lettura e di studio. Le linee generatrici del progetto si trascinano nel disegno delle direttrici longitudinali del parco lineare, ottenendo una sinergia tra i due sistemi che si compenetrano e facilitano il disegno e l’organizzazione dello spazio adiacente il centro ricreativo sul quale si riflettono le funzioni enunciate dal centro, spinte verso la contaminazione e la socialità, degli spazi comuni attrezzati ma resilienti. Attraverso la costruzione di due passaggi sopraelevati è possibile trasformare il portico semi pubblico dell’edificio posto in fronte l’area di progetto in uno spazio pubblico, nel quale ricavare degli spazi per lo svago, rendendo possibile il raggiungimento del lungomare. Mare e montagna entrano dunque nuovamente in contatto, la città non si impone più come una barriera invalicabile, questo flusso entra in relazione con gli elementi antropici e la natura del luogo. fig. 64 - Inquadramento del centro ricreativo.
A’
B’
A
B
0
15
40
73
80 m
fig. 65 - Sezione longitudinale AA’
0
2
5
10 m
fig. 66 - Sezione longitudinale BB’.
0
2
5
10 m
fig. 6 - Sezione longitudinale AA’.
0
1
3
6m
74
fig. 68 - Sezione longitudinale BBâ&#x20AC;&#x2122;.
0
75
1
3
6m
fig. 69 - Pianta del piano terra.
0
2.5
7.5
15 m
76
fig. 70 - Pianta del primo piano.
0
77
2.5
7.5
15 m
3.1.3.1. Il sistema costruttivo Si è già indicato come l’intervento sia dal punto di vista compositivo un’operazione di duplicazione (fig. 64): ma come è stata progettata la nuova campata? Osservando l’esploso strutturale qui proposto (fig. 66) si nota come in pianta siano estruse tredici coppie di pilastri che sostengono un telaio in acciaio, il quale si ancora all’esistente ed ha un rivestimento di facciata innovativo, di cui parleremo fra poco. I differenti livelli dell’esploso mettono in evidenza i principali elementi strutturale portanti e non: 1. Nuova copertura; 2. Elementi strutturali interni (fig. 65): a. Teatro flessibile; b. Area lettura; c. Pannelli espositivi; d. Area ristoro; e. Torre distributiva; 3. Elementi estrusi esposti alla corte; 4. Struttura a traliccio esistente; 5. Capriata danneggiata; 6. Nuova struttura in acciaio; 7. Involucro strutturale esistente; 8. Elementi rimossi; 9. Attacco a terra. fig. 71 - Assonometria: 1. Recupero dell’esistente; 2. Sopraelevazione; 3. Addizione volumetrica.
2.
1.
3. figg. 72 - Elementi strutturali interni.
1.
78
fig. 73 - Esploso funzionale e strutturale.
1.
b. e.
2.
d.
3. a.
4.
c.
5.
6.
7.
8.
9.
79
fig. 74 - Pianta strutturale a 1.50 m.
Osservando le piante strutturali qui riportate, si evince che la struttura portante del nuovo intervento è costituita da un telaio composto di travi e pilastri in acciaio, con un solaio in lamiera grecata. Di seguito sono riportati i calcoli del predimensionamento della trave del tetto, le travi principali e secondarie del solaio, un pilastro e due travi degli elementi a sbalzo.
80
fig. 75 - Pianta strutturale a 4.50 m.
I carichi considerati agenti sulla struttura sono: 1. Carico totale copertura: 224 kg/mq; 2. Carico totale solaio interpiano: 708 kg/mq.
81
fig. 76 - Area influenza trave falda tetto.
Trave falda tetto Peso trave Interasse travi Luce travi Q totale
kg/m m m kg/m
T max M max
6496 kg 12125.87 kg*cm
Acciaio S 275 fyk fyd E Modulo di res. minimo W=M/fyd
2800 1900 2100000 638.20
HEB 360 Wx Ix
kg/cm2 kg/cm2 kg/cm cm3
2400 cm3 43190 cm4
Momento M/W
fig. 77 - Area influenza trave secondaria solaio interpiano.
40 5 11.20 1160
505.24 kg/cm2
Trave secondaria solaio interpiano kg/m m m kg/m
Peso trave secondaria Interasse travi secondarie Luce travi secondarie Q totale
40 2.5 5 1810.36
T max M max
4525.89 kg 377158 kg*cm
Acciaio S 275 fyk fyd E Modulo di res. minimo W=M/fyd IPE 220 Wx Ix
2800 1900 2100000 198.50
kg/cm2 kg/cm2 kg/cm cm3
252 cm3 2771 cm4
Momento M/W
82
1496.66 kg/cm2
Trave principale solaio interpiano Pesi propri Carichi permanenti Carichi accidentali Carico totale Peso trave principale Interasse travi principali Luce travi principali Q totale T max M max Acciaio S 275 Modulo di res. minimo W=M/fyd HEB 360 Wx Ix Momento M/W
fig. 78 - Area influenza trave principale solaio interpiano.
267.95 26.80 400 694.75
kg/m2 kg/m2 kg/m2 kg/m2
50 5 11.2 3523.73
kg/m m m kg/m
19732.86 kg 3682467 kg*cm
1938.67 cm3
2400 cm3 43190 cm4 1534.78 kg/cm2
Trave principale
fig. 79 - Area influenza trave principale.
Peso trave principale Interasse travi principali Luce travi principali Q totale
40 1.45 1.7 1066.81
T max M max
1813.57 kg 154150 kg*cm
Acciaio S 275 fyk fyd E Modulo di res. minimo W=M/fyd IPE 180 Wx Ix Momento M/W
2800 1900 2100000 81.13
kg/m m m kg/m
kg/cm2 kg/cm2 kg/cm cm3
143.30 cm3 1.32 cm4 1053.66 kg/cm2
83
fig. 80 - Area influenza trave.
Trave Peso trave Interasse travi Luce travi Q totale
40 1.35 2.90 995.99
T max M max
1444.19 kg 69802 kg*cm
Acciaio S 275 fyk fyd E Modulo di res. minimo W=M/fyd
fig. 81 - Area influenza pilastro.
2800 1900 2100000 36.74
kg/m m m kg/m
kg/cm2 kg/cm2 kg/cm cm3
IPE 160 Wx Ix
108.7 cm3 869.3 cm4
Momento M/W
642.15 kg/cm2
Pilastro q copertura q interpiano q dovuto allâ&#x20AC;&#x2122;azione del momento Q totale Area di pertinenza Numero piani Peso proprio del pilastro N max T max M max
239 708.14 473.57 1420.71
kg/m2 kg/m2 kg/m2 kg/m2
28 m2 2 285.07 kg 41524.21 kg 19732.86 kg 3682467 kg*cm
Acciaio S 275 Area progetto (N/fyd)
21.85 cm3
Scelta pilastro HEA 300 Wx Ix Area sezione h interpiano
1260 6310 112.5 750
Momento (N/A) + (M/W) Pcr
84
cm3 cm4 cm2 cm
9989.37 kg*cm2 377.03 kg/cm2 232265.88 kg
3.1.3.2. L’involucro innovativo: l’ETFE L’involucro edilizio viene spesso definito come la terza pelle delle persone, in riferimento alle funzioni protettive, regolatrici e di controllo che è in grado di fornire. In questo senso la scelta del rivestimento di facciata del nuovo edificio si presenta molto singolare. Abbiamo deciso di utilizzare un materiale trasparente come il vetro, ma più leggero, resistente, isolante e semplice da installare: l’ETFE. Questa scelta è stata dettata anche da un fattore derivante dal contesto urbano della città di Ventimiglia: il paesaggio, infatti, è costellato di numerose serre rivestite di materiale plastico. Ci è sembrato interessante, dunque, provare a rapportarci all’intorno con una scelta affine alle caratteristiche materiche del paesaggio urbano, facendo però una scelta più innovativa e sostenibile. fig. 82 - Esploso strutturale del nuovo edificio: 1. Involucro esterno; 2. Struttura portante.
1.
2.
In questo senso l’ETFE è un materiale innovativo e dalle grandi potenzialità: la sigla che sta per Etilene Tetra Fluoro Etilene, indica un polimero parzialmente fluorato, ovvero un materiale plastico contenente una percentuale di fluoro. Ha cominciato ad essere utilizzato in architettura sin dagli anni ’80, ed è oggi largamente usato per rivestire anche grandi opere. Pesa soltanto 350 g/mq ed è totalmente permeabile alla luce ed ai raggi UV, ma soprattutto riciclabile ed autopulente, caratteristica che consente anche di risparmiare una notevole quantità di energia per l’illuminazione artificiale e la climatizzazione degli ambienti. Le membrane di ETFE, simili a cuscinetti, possono essere
85
figg. 83 - Schemi di convenzione e irraggiamento. figg. 84 a destra - Schema del trasporto termico.
impiegate singolarmente o, come accade più spesso, accoppiate: sono separate fra loro da una camera d’aria che contribuisce all’isolamento termico del sistema. Lungo tutto il perimetro chiuso dell’area in cui si trova il materiale, poi, viene disposta un’intelaiatura di alluminio estruso, collegata alla struttura portante principale attraverso piatti e bulloni. Ai cuscinetti di ETFE sono fissate delle valvole collegate alle pompe dell’impianto di pressurizzazione che, una volta montato il sistema, entreranno in funzione provvedendo al gonfiaggio delle membrane fino alla pressione necessaria a sopportare i carichi esterni, in caso di neve e vento. Sono impiegate solitamente come tamponature e/o coperture e se utilizzate in cuscini, sono autopulenti: la loro curvatura, causata dalla pressurizzazione, consente all’acqua piovana di scivolare via portando con sé tutte le polveri e lo sporco che si accumula sulla loro superficie. Tale discorso non può essere valido per le facciate interne che, non essendo regolarmente bagnate dall’acqua, devono essere pulite ogni 5 o 10 anni per evitare che si perda la trasparenza che caratterizza questo particolare materiale. Altra caratteristica sorprendente di questo polimero è la sua capacità di resistere all’attacco dei raggi UV. Mentre le altre plastiche che normalmente si usano per sostituire il vetro, tendono dopo un po’ ad ingiallire, l’ETFE non subisce questo invecchiamento. Ne consegue anche che la durabilità di questo materiale aumenti e che la vita utile risulti molto elevata: si calcola difatti che con le dovute manutenzioni possa arrivare anche a durare 40 anni. Quando il suo ciclo di utilizzo è terminato la membrana viene fusa e riutilizzata ottenendo così una percentuale di riciclaggio del 100%.
CONDUZIONE TERMICA CONVEZIONE
CONVEZIONE
Giorno soleggiato
86
Cielo nuvoloso
CONVEZIONE
Notte serena
Integrazione tecniche solari attive:
Radiazione solare incidente:
1. Fotovoltaico; 2. Termico solare.
1. Luce visibile; 2. Irraggiamento di calore all’infrarosso; 3. Radiazione ultravioletta.
Trasmissione acustica (emissioni dall’interno)
Vegetazione (microrganismi): 1. Ottica; 2. Aumento dell’assorbimento. RIFLESSIONE
CONVEZIONE
CONVEZIONE
RIFLESSIONE
RIFLESSIONE
Riflessione acustica Irraggiamento termico (onda lunga) con assorbimento
Trasmissione sonora (emissioni dall’esterno)
Possibile sporco: 1. Estetica; 2. operazioni di pulitura.
Irraggiamento termico (onda lunga) con assorbimento
Irraggiamento termico dovuto alla temperatura propria in funzione dell’emissività superficiale, eventualmente riflessione dell’irraggiamento termico (low - E) Irraggiamento termico (onda lunga) con assorbimento
87
fig. 85 - Sezione prospettica del progetto.
0
0.40
1.20
2.40 m
88
89
fig. 86 - Sezioni prospettica della preesistenza.
0
10
40
80 cm
90
Copertura: Tegole marsigliesi; Travetti di ventilazione: Membrana in polistirene; Membrana in bitume polimerico; Isolante termico in polistirene; Elemento di tenuta al vapore; Tavolato; Travetti metallici, IPE 80.
91
fig. 87 - Sezioni prospettica del nuovo intervento.
Solaio: Pavimentazione in resina; Cls autolivellante; Membrana in bituminosa e fibra in poliestere; Barriera al vapore; Massetto impiantistico in cls alleggerito; Getto in cls con rete elettrosaldata; Lamiera grecata; Travi portanti in accia HEB 360; Travi secondarie in acciaio, IPE 220; Controssoffitto in polistirene; Cartongesso intonacato.
0
10
40
80 cm
92
Copertura: Cuscino a doppia membrana in ETFE; Montanti in alluminio di sostegno del ETFE; Isolante termico in polistrirene; Grondaia in acciaio zincato; Sottostruttura in acciaio, IPE 220.
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fig. 88 - Maquette del centro ricreativo.
Conclusione Arrivate al termine di questo percorso, possiamo affermare che la nostra tesi vuole essere un contributo al dialogo che gravita attorno a quegli spazi della città che hanno perso il loro prestigio originario, che sono nati senza un reale piano di interazione con l’esistente e che a causa dello scorrere del tempo sono rimasti ai margini delle politiche urbane e sociali. Il mondo è in continua trasformazione, le architetture devono essere resilienti ed essere in grado di sapersi adattare ai cambiamenti. Accogliere la complessità come espressione della modernità è fondamentale per favorire l’integrazione di diversi livelli di analisi eterogenei fra loro, ma che concorrono alla medesima ricerca di una risposta concreta, incrociando i bisogni della società, delle persone, della città, del territorio, e rispondendo anche a domande implicite che si possono cogliere entrando in contatto con la realtà indagata. Queste sono le considerazioni che hanno guidato le nostre scelte fin dal principio, arrivando alla decisione di recuperare l’area archeologica riconoscendola come margine incompleto tanto quanto l’ex parco ferroviario e trasformando il progetto in un percorso multidirezionale, del quale sono individuate delle linee guida che possano accogliere al loro interno delle varianti, lasciando sfogo a futuri sviluppi dell’area. La parola d’ordine è resilienza: i tracciati del sito archeologico, infatti, possono mutare, così come gli spazi del centro ricreativo, che sono flessibili, aperti ad una fruizione che accoglie la possibilità di ottenere molteplici scenari, a seconda delle esigenze. Sfruttando le conoscenze fin qui apprese è stato possibile trascinare questa volontà anche nella ricerca di un involucro edilizio sensibile agli stimoli esterni, capace di adattarsi ai cambiamenti climatici, sfruttando tecnologia e materiali innovativi e sostenibili, come la scelta dell’ETFE per la realizzazione dell’involucro nell’ampliamento di un edificio tradizionale. Gli altri due concetti fondamentali sono stati l’integrazione e la connessione, intese non solo a livello fisico, ma anche sociale. Abbiamo progettato con l’obiettivo di mantenere le relazioni tra la città contemporanea e la memoria storica del centro romano di Albintimilium: ci siamo cimentate, infatti, nella realizzazione degli spazi che potessero essere fruiti non solo da visitatori di passaggio, ma anche dagli stessi abitanti, realizzando un parco archeologico in linea con la città. Rinsaldare le connessioni perdute, ripristinare il passaggio verticale dal mare alle montagne, interrotto dalle esigenze del tessuto urbano e dalle grandi infrastrutture viarie, ricollegare la città superando il limite di un bordo incompleto che diviene esso stesso un’opportunità per dialogare con l’Oasi del Nervia, trasformando una cicatrice in un nuovo polo attrattivo vivace, stimolando un dialogo fertile verso una costante evoluzione.
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