Tesi di laurea triennale

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Firma digitale di Valentina Bernacchini Data: 2013.07.02 18:45:19 +0200

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Valentina Bernacchini

“I Presidi del Caffè delle Terre Alte di

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Huehuetenango e del Caffè Selvatico della Foresta di Harenna”

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INDICE Introduzione............................................................................................... 6 CAPITOLO I - L'associazione Slow Food...................................................8 I.1 Nascita e sviluppo.............................................................................8

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I. 2 Evoluzione......................................................................................10

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I. 3 La creazione della Fondazione Slow Food per la biodiversità.......15 I. 4 La Rete di Terra Madre...................................................................19

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CAPITOLO II - Il Presidio del Caffè Selvatico della Foresta di Harenna. .23 II. 1 Cos'è un Presidio Slow Food?......................................................23 II. 2 Il caffè della foresta di Harenna.....................................................27 II. 3 Intervista ai produttori....................................................................32 CAPITOLO III - Il Presidio del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango. .35

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III. 1 La storia.......................................................................................35 III. 2 Intervista ai produttori...................................................................45 CAPITOLO IV - La cultura del caffè.........................................................48 IV. 1 Storia del caffè in Italia.................................................................48 IV. 2 Il caffè nell'Italia del 2013.............................................................50

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IV. 3 Consumo di caffè nel mondo........................................................55

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IV. 4 Il rito del caffè in Etiopia - "Ya jebena bunna"...............................57 IV. 5 Il rito del caffè in America Latina..................................................59

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IV. 6 La situazione del Brasile..............................................................60

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Conclusioni............................................................................................... 63

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INDEX Introduction.............................................................................................. 66 CHAPTER I – The Slow Food Association...............................................68 I. 1 Birth and Development...................................................................68

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I. 2 Evolution........................................................................................69

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I. 3 The Creation of the Slow Food Foundation for Biodiversity...........73 I. 4 The Terra Madre Network...............................................................78

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CHAPTER II - The Harenna Forest Wild Coffee Presidium......................81 II. 1 What are Slow Food Presidia?......................................................81 II. 2 Harenna Forest Wild Coffee..........................................................84 II. 3 An Interview with the Producers....................................................89 CHAPTER III - The Huehuetenango Highland Coffee Presidium.............93

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CHAPTER IV - Coffee Culture.................................................................95 IV. 1 Legends About Coffee..................................................................95 IV. 2 Ethiopia's Coffee Ceremony - “Ya jebena bunna” .......................96

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Conclusions.............................................................................................. 98

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ÍNDICE Introducción............................................................................................ 101 CAPÍTULO I - La Asociación Slow Food................................................103 I. 1 Origen y desarrollo.......................................................................103

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I. 2 Evolución .....................................................................................105

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I. 3 La creación de la Fundación Slow Food para la Biodiversidad....109 I. 4 La red de Terra Madre..................................................................114

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CAPÍTULO II - El Baluarte del Café Silvestre de la Silva de Harenna....117 II. 1 ¿Qué es un Baluarte Slow Food?...............................................117 II. 2 El Café de la Silva de Harenna...................................................121 CAPÍTULO III - El Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango......................................................................................123

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III. 1 Historia.......................................................................................123 III. 2 Entrevista a los productores.......................................................133 CAPÍTULO IV - El rito del café en América Latina.................................136

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Conclusiones..........................................................................................138

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SEZIONE ITALIANA

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Introduzione Questa tesi nasce per far conoscere l'associazione Slow Food e i suoi progetti, in particolar modo i Presidi del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango, in Guatemala e del Caffè Selvatico della Foresta di

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Harenna, in Etiopia. L'idea è stata quella di raccontare l'attività

dell'associazione a chi ancora non la conosce attraverso qualcosa che

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troviamo tutti i giorni sulle nostre tavole e in tutto il mondo: il caffè. Quindi ho deciso di iniziare il nostro percorso dalle terre in cui questo famosissimo prodotto nasce e cresce, terre note per appartenere quasi esclusivamente a Paesi in via di sviluppo. È proprio qui che si inserisce l'associazione Slow Food che, con i suoi numerosi progetti, cerca di

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portare il consumatore ad interrogarsi su ciò che compra al supermercato o mangia in casa propria piuttosto che al ristorante. Sono stati scelti solo due Presidi del caffè (ad oggi ne esistono tre distribuiti tra America Latina ed Africa) per illustrare nel modo più chiaro come si sviluppa un progetto Slow Food fino a creare un Presidio e come l'intervento di questa

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associazione internazionale possa migliorare sia la qualità del prodotto

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che lo stile di vita di coloro che lo producono. Infatti, oltre ad un'analisi strettamente teorica, ho deciso di dare voce direttamente ai piccoli

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produttori africani e guatemaltechi in modo da dimostrare con le loro parole quanto le loro vite siano cambiate dal momento in cui sono venuti a conoscenza di Slow Food.

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Credo che questo progetto possa essere uno spunto per avvicinarsi

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alla filosofia di un “gusto pulito” (nome di una delle più recenti iniziative dell'associazione) o, comunque, per iniziare a pensare in modo più attento e consapevole alla storia dei prodotti che finora ci siamo limitati a giudicare. Dobbiamo essere curiosi e, soprattutto, rispettosi verso il duro lavoro di persone che, ogni giorno, sono costrette a faticare per ore solo per qualche centesimo; persone che in ogni parte del mondo si trovano TM

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costrette ad abbandonare attività antiche, spesso tramandate loro dai nonni dei loro nonni, solo perchÊ la globalizzazione sta cancellando ogni traccia di tradizione e storia dei territori. L'obiettivo di questo progetto è dimostrare quanto possono cambiare le condizioni socio-economiche di alcune piccole comunità solo grazie a semplici interventi di formazione e

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specializzazione tecnica e quanto sia semplice salvaguardare tradizioni

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millenarie che rischiano l'estinzione.

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Foto di Alberto Peroli (2007)

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CAPITOLO I - L'associazione Slow Food

I.1 Nascita e sviluppo

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Nel 1989 all’Opèra Comique di Parigi, davanti a circa un centinaio di

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delegati provenienti da quindici Paesi quali Argentina, Austria, Brasile,

Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Italia, Olanda, Spagna, Stati

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Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria e Venezuela nasce ufficialmente l'associazione internazionale no-profit Slow Food, per la difesa e il diritto al piacere.

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In quell’occasione, viene firmato il Manifesto Ufficiale di Slow Food:

“Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita. La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast Life, che

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sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast Food. Ma l'uomo sapiens deve

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recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una specie in via d'estinzione. Perciò, contro la follia

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universale della Fast Life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale. Contro coloro, e sono i più, che

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confondono l'efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi

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in lento e prolungato godimento. Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del Fast Food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali. Se la Fast Life in nome della produttività ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta TM

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d'avanguardia. È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore. Lo Slow Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare

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diventare questo moto (lento) un movimento internazionale, di

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cui la chiocciolina è il simbolo”1.

“La Fast life che ci rinchiude a nutrirci nei Fast Food”, contro cui nasce l'associazione, non è altro che l’espressione concreta e tangibile di un sistema consumistico caratterizzato dal sorgere costante e continuo di nuovi desideri e nuovi stimoli: il messaggio più forte del manifesto è

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proprio quello di fare attenzione nel non confondere la frenesia con l’efficienza, la possibilità di soddisfare tanti e diversi desideri con la capacità di goderne appieno, la quantità con la qualità. È in questo che il movimento si avvicina all’idea della decrescita, rivendicando il tempo necessario per essere consapevoli del piacere materiale: “Saremo più

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ricchi se avremo più tempo per goderci le cose che abbiamo. Il lento e

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prolungato godimento che ci viene proposto non può essere praticato se non impariamo a vivere meglio con meno” 2.

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L'icona scelta nel momento della nascita di questo nuovo attore è, non a caso, quella

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della chiocciolina, simbolo per eccellenza della lentezza, ma anche simbolo del limite e

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della moderatezza3. 1 Il Manifesto Slow Food 2 R. Burdese, La nostra storia, Slow Food n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2009, pag.72 3 La lumaca, dice Ivan Illich, “costruisce la delicata architettura della sua conchiglia aggiungendo una dopo l’altra delle spire sempre più grandi, poi cessa bruscamente e dà inizio ad avvolgimenti, questa volta decrescenti. Il fatto è che una sola, ulteriore, spira più larga conferirebbe alla conchiglia una dimensione di sedici volte maggiore. Invece di contribuire al benessere dell’animale, lo sovraccaricherebbe. Ogni aumento di produttività della lumaca servirebbe soltanto a controbilanciare le difficoltà create TM

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Il movimento di Slow Food ha le sue radici nell’apertura a livello internazionale dell’associazione enogastronomica Arcigola, creata a Bra nel 1986 da un gruppo di ragazzi, tra cui Carlo Petrini, Piero Sardo, Folco Portinari, Gino Veronelli, Silvio Barbero, Francesco Guccini, Dario Fo, che volevano tutelare e preservare le tradizioni culinarie e di eccellenza del

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territorio italiano - e tutte le manifestazioni culturali ad esse collegate - dal

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pericolo di omologazione del gusto e delle culture che, come abbiamo

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visto, la globalizzazione del sistema alimentare stava accelerando.

I. 2 Evoluzione

Da quel momento il movimento di Slow Food è cresciuto e si è

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consolidato arrivando a coinvolgere oggi circa 100 000 soci, con sedi e rappresentanze in ben 150 Paesi del mondo. La sede centrale del movimento si trova nel comune di Bra, in provincia di Cuneo, inoltre sono attive sette direzioni nazionali in Italia (Slow Food Italia è l’erede diretto di Arcigola), Germania, Svizzera, Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e che

organizzano

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Olanda,

gestiscono

autonomamente

l’attività

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associativa sul proprio territorio.

La struttura organizzativa di base del movimento Slow Food, è la che

all’estero

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Condotta,

si

chiama

Convivium:

unità

territoriali

decentralizzate (ne esistono circa 1500 in tutto il mondo) tramite cui i soci

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partecipano alla rete e si impegnano a promuovere sul loro territorio il movimento, organizzando momenti di incontro e di educazione per

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diffondere il più possibile la conoscenza e lo sviluppo della produzione agroalimentare, collaborando anche con enti pubblici, associazioni gastronomiche e ambientaliste e con qualunque soggetto interessato alla dall’ingrandimento della conchiglia oltre i limiti fissati dalla sua ragione d’essere. Superato il punto limite di allargamento delle spire, i problemi della crescita eccessiva si moltiplicano in progressione geometrica, mentre le capacità biologiche della lumaca non possono, nel migliore dei casi, che seguire una progressione aritmetica”. TM

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filosofia Slow Food. Questa filosofia è stata delineata progressivamente durante gli anni di attività, infatti Slow Food nasce come movimento di eno-gastronomi che rivendicano un piacere materiale del palato, contro l’omologazione e la dequalificazione del cibo causata da una gestione di tipo industriale

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della sua produzione e trasformazione.

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Carlo Petrini ha recentemente parlato dei soci Slow Food e di coloro

che condividono la filosofia del buono, pulito e giusto dicendo: «Siamo

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una cospicua porzione di quella parte di umanità che, nei più disparati angoli della Terra, mette il cibo al centro della propria vita, e forse non c'è nessuno strumento veramente adatto a rappresentarci in tutta la nostra complessità» e aggiunge anche: «Con le nostre buone pratiche siamo

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un'avanguardia del cambiamento, e ci contraddistingue il faro-guida della centralità del cibo»4.

La filosofia Slow Food implica anche una democratizzazione del piacere, infatti all'interno dell'Almanacco Slow Food 2012, pubblicato per i soci in occasione del Salone del Gusto e Terra Madre 2012, si legge:

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“Il cibo in cui crediamo (il cibo buono, pulito e giusto) non potrà più essere percepito come un privilegio. Va visto

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come un diritto universale. La nostra missione è di creare un mondo in cui tutti possono esercitare quel diritto” 5.

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Il riconoscimento del piacere come un elemento fisiologico a cui tutte le persone hanno diritto è stato da una parte una carta vincente

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dell'associazione, perché ha suscitato la curiosità e le simpatie dell’opinione pubblica intorno all’idea, tutt’altro che sgradita, di piacere

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gastronomico: “La risposta data al problema della Fast Life è semplice, facile da capire e divertente: passate più tempo a tavola per mangiare buoni cibi. Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza della 4 C. Petrini, Almanacco Slow Food 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, pag. 8 5 E. Holt-Giménez, Food Moviments Unite! Strategie per trasformare i nostri sistemi

alimentari, Slow Food Editore, Bra, 2011 TM

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componente del divertimento nel successo enorme e sorprendente di Slow Food”6. Dall’altra, ha rappresentato un’etichetta particolarmente scomoda, sia perché il piacere della gola è culturalmente associato, in molti contesti, all’eccesso e alla smodatezza e non è stato facile per Slow Food spiegare

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la sua idea di piacere sobrio e maturo, nel senso di ricerca del piacere

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ragionata e ragionevole (con il buon senso) che tiene in considerazione

aspetti multipli quali la sostenibilità e l’eticità del cibo; sia perché

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sostenere le produzioni alimentari di qualità veniva visto come un lusso che solo una piccola nicchia di persone, un'élite, poteva permettersi economicamente.

La definizione di gastronomia a cui il movimento, dalla sua si

ispira,

quella

di

Jean-Anthelme

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creazione,

Brillat-Savarin,

ha

determinato tutta una serie di altre riflessioni, al di là del semplice piacere del palato, che hanno ampliato la prospettiva di interesse e di azione di Slow Food. Nella “Fisiologia del Gusto”, pubblicata nel 1825, Savarin definisce la gastronomia come: “la conoscenza ragionata di tutto ciò che

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si riferisce all’uomo in quanto egli si nutre” 7, quindi si caratterizza come una scienza complessa che implica varie discipline, dalla storia naturale

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alla fisica, dal commercio all’economia politica. Adottando questa visione multidisciplinare della gastronomia, Slow

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Food ha scelto di rapportarsi al cibo in modo olistico, cioè con un atteggiamento di curiosità e ricerca verso tutte quelle dimensioni che

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influenzano e sono influenzate da produzione, trasformazione e consumo del cibo stesso; la nuova gastronomia, adattata alla complessità della

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situazione attuale, deve allora appartenere: “alla botanica, alla genetica e alle altre scienze naturali, per la classificazione che fa delle sostanze 6 E. Behr, Piacere materiale contro la follia universale, traduzione di D. Panzieri, Slow Food n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2009, pag. 76 7 J. A. Brillat Savarin, Fisiologia del Gusto, 1825; citato in C. Scaffidi, S. Masini, Sementi e diritti, Slow Food Editore, Bra, 2008, pag. 153 TM

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alimentari e così facendo ne consente la salvaguardia; alla fisica e alla chimica, per la selezione dei prodotti migliori e lo studio di come si trasformano; all’agricoltura, alla zootecnia e all’agronomia, per la produzione di buone e varie materie prime; all’ecologia, perché l’uomo per produrre, distribuire e consumare cibo interferisce con la natura e la

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trasforma a suo vantaggio; all’antropologia, perché consente lo studio

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della storia dell’uomo e delle sue identità culturali; alla sociologia, perché

essa offre gli strumenti per lo studio dei comportamenti sociali dell’uomo;

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alla geopolitica, perché i popoli si alleano o combattono anche e soprattutto per sfruttare le risorse della terra; all’economia politica, per le risorse che essa offre, per i mezzi di scambio che stabilisce tra le nazioni; al commercio, per la ricerca del mezzo di comprare al miglior prezzo ciò

che

essa

consuma

(utilizza)

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possibile

e

di

smerciare

più

convenientemente ciò che pone in vendita (produce); alla tecnica, all’industria e al savoir faire degli uomini per la ricerca di nuovi modi di trasformare e conservare il cibo in maniera conveniente; alla cucina, per l’arte di preparare i cibi e di renderli piacevoli al gusto; alla fisiologia, per

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la capacità di sviluppare le sensorialità atte a riconoscere il buono; alla medicina, per lo studio di quale modo di nutrirsi è più salutare;

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all’epistemologia, perché, ridefinendo il metodo scientifico per l’analisi del percorso che un cibo fa dal campo alla tavola e viceversa, insieme alle

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conoscenze ad esso collegate, ci aiuta ad interpretare meglio la realtà di questo mondo globalizzato e complesso. Ovvero a scegliere” 8.

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Un approccio al cibo di questa complessità ha portato il movimento a

confrontarsi con molte tematiche e problematiche che, in un modo o

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nell’altro, sono collegate al cibo, prima fra tutte l’evidenza scientifica che ha svelato come produzione, trasformazione e distribuzione del cibo siano una

delle

cause

principali

dell’inquinamento

e

della

distruzione

8 C. Petrini, Riprendiamoci la vita: la Terra, la Luna e l’abbondanza, Slow Food Internazionale, 2007, pag. 2 e 3 TM

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dell’ambiente naturale. È a questo punto che Slow Food da movimento di eno-gastronomi si trasforma in movimento di eco-gastronomi, fino a quando, in occasione del Salone del Gusto di Torino del 2006, sono state definite e riassunte l’idea e le pratiche di una nuova gastronomia in tre principi semplici e

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immediati: buono, pulito e giusto.

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qualità alimentare che il neo-gastronomo rivendica.

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Tre requisiti, tra loro strettamente interconnessi che riassumono l’idea di

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I. 3 La creazione della Fondazione Slow Food per la biodiversità L'area dell'associazione più vicina all'argomento che andremo a trattare è quella della Fondazione

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Slow Food per la biodiversità, una ONLUS nata nel

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2003 con il sostegno della Regione Toscana e che ha la sua sede ufficiale nell'Accademia dei Georgofili

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di Firenze, la sede operativa negli uffici Slow Food di Bra (CN) e, da due anni a questa parte, opera sul territorio grazie alla Casa della Biodiversità sita in località Spergolaia ad Alberese (GR). La Fondazione, iscritta al registro italiano delle organizzazioni di utilità sociale senza scopo di lucro,

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secondo le disposizioni del Decreto Legislativo del 4 Dicembre 1997 n.460, nasce con lo scopo di coordinare e finanziare i progetti che il movimento di Slow Food ha sviluppato in Italia e nel mondo: “Tramite la Fondazione Slow Food per la Biodiversità-ONLUS, Slow Food avvia, coordina e promuove progetti a sostegno dei

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piccoli produttori: Presìdi, Mercati della Terra, Arca del Gusto,

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ecc. Con le sue attività di educazione del gusto, (orti scolastici, Master of Food, ecc.) Slow Food aiuta a conoscere meglio il

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cibo, a comprendere da dove proviene, come è prodotto e da chi, costruendo una consapevolezza nuova e stimolando

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cambiamenti sociali virtuosi”9.

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Quando il progetto Presidi10, già avviato con successo in diversi

Paesi industrializzati, è stato esteso ai Paesi in via di sviluppo, è diventato 9 Fondazione Slow Food per la Biodiversità-ONLUS 10 Il Progetto Presidi è uno dei più importanti sia a livello italiano, che a livello internazionale. Rappresenta il significato concreto del principio di cibo buono, pulito e giusto. Il Progetto Presidi verrà trattato in modo più approfondito nel prossimo capitolo. TM

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fondamentale creare un corpo istituzionale con compiti di gestione e coordinamento, anche per assicurare un’adeguata trasparenza ai movimenti finanziari che questi progetti richiedono. Inoltre, essendo una ONLUS la Fondazione può ricevere importanti donazioni filantropiche e dispone dei requisiti richiesti per la presentazione di progetti di

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cooperazione internazionale.

Delle oltre 2000 comunità del cibo 11 che sono entrate a far parte di

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Terra Madre12, solo alcune hanno avuto l’opportunità di beneficiare del supporto della Fondazione, ma gli interventi avviati vogliono proporsi come esempi positivi e virtuosi di azione anche per chi è rimasto escluso. Gli organi istituzionali della Fondazione comprendono un Presidente,

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Piero Sardo; un Segretario Generale, Serena Milano; un Consiglio di amministrazione, i cui membri sono nominati dai soci fondatori di Slow Food Italia e Slow Food Internazionale; un Collegio dei Revisori dei Conti e un Comitato Scientifico, di cui fanno parte importanti esponenti di diversi Paesi come: Marcello Buiatti, genetista italiano; Vandana Shiva, fisica

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quantistica ed economista; Deborah Madison, scrittrice e chef americana; Harold McGee, chimico ed esperto di gastronomia molecolare; Aminata

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Dramane Traoré, politica e scrittrice del Mali. I membri del Comitato Scientifico forniscono il contributo delle loro

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conoscenze su temi agro-ecologici, antropologici, culturali e sociali, per dare un valore scientifico alle azioni intraprese dalla Fondazione. Inoltre,

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per ogni area geografica vengono istituiti dei gruppi di lavoro incaricati di

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11 Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale. Le comunità condividono i problemi generati da un’agricoltura intensiva lesiva delle risorse naturali e da un’industria alimentare di massa che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni. Dal sito ufficiale www.terramadre.org 12 Della Rete di Terra Madre parleremo in maniera più specifica ed approfondita nel paragrafo seguente. TM

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seguire i progetti della Fondazione, lo sviluppo associativo, gli eventi della rete di Terra Madre, le attività legate alla promozione della biodiversità e all’educazione al gusto nei vari continenti. Secondo il Presidente della Fondazione quando sono stati attivati i

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primi interventi nei Paesi svantaggiati la sensazione predominante è stata

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quella di una grande inadeguatezza. La Fondazione, infatti, non dispone

di risorse finanziarie ed umane paragonabili a quelle delle grandi ONG di

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cooperazione allo sviluppo; i fondi che riesce a raccogliere provengono soprattutto dalle donazioni dei soci Slow Food in Italia e all’estero, da aziende del settore alimentare e da enti pubblici e privati.

Conoscendo e accettando i suoi limiti la Fondazione ha iniziato ad

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operare concentrandosi sul sostegno a piccole filiere agricole ed alimentari a rischio di estinzione, cercando di organizzare piccoli interventi di supporto informativo e tecnico, di valorizzazione e di sostegno agronomico alle colture alimentari tradizionali, per ricostruire il rapporto e la collaborazione tra i piccoli operatori del settore agroalimentare

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-contadini, pescatori, allevatori, cuochi- e il loro territorio di appartenenza. Lo sforzo principale è teso a rafforzare quella rete umana che Slow Food

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si prefigge di creare tra i suoi soci, vale a dire i consumatori, e i ricerca14.

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protagonisti di Terra Madre: comunità del cibo, cuochi 13 e istituzioni di

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13 I cuochi hanno un ruolo fondamentale. Sono gli interpreti di un territorio, che valorizzano attraverso la loro creatività. I cuochi di Terra Madre hanno capito che non si può separare il piacere dalla responsabilità verso i produttori, senza i quali non esisterebbe una cucina di successo. I ristoranti sono il luogo ideale per trasmettere questa filosofia ai consumatori. I cuochi rafforzano le comunità del cibo dialogando e collaborando con i produttori, e per questa via lottano anch’essi contro l’abbandono delle culture tradizionali e la standardizzazione del cibo. Dal sito ufficiale www.terramadre.org 14 250 università e centri di ricerca, con oltre 450 accademici in tutto il mondo, fanno parte della rete di Terra Madre e si impegnano, nel proprio ambito e con gli strumenti a loro più consoni, a favorire la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso l’educazione della società civile e la formazione degli operatori del settore agroalimentare. Il mondo accademico che condivide i valori di Terra Madre cerca di coltivare un rapporto di reciprocità con la produzione, mettendo a disposizione TM

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Gli obiettivi della Fondazione vanno dalla salvaguardia della biodiversità, degli ambienti e dei territori alla promozione di un’agricoltura sostenibile; dalla tutela dei piccoli produttori e delle loro comunità alla valorizzazione delle diverse tradizioni gastronomiche del mondo. Questi ogni singolo campo hanno ripercussioni positive su tutti gli altri.

in

Nel suo statuto si afferma che:

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obiettivi sono strettamente interconnessi tra loro e i progressi raggiunti in

ac ch

“Il fine della Fondazione è quello di sostenere e diffondere la

cultura della biodiversità come fattore di crescita umana, civile e democratica. La Fondazione opera per tutelare il diritto personale al piacere ed al gusto, favorendo la costituzione di un

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armonico rapporto con la natura nel rispetto delle tradizioni e dell’identità economica, gastronomica ed agroalimentare del territorio di ogni singolo Paese. La Fondazione studia e promuove una nuova e differente cultura dello sviluppo, della convivenza civile e dei tempi di vita, adoperandosi per la

a

diffusione di prodotti di qualità nel rispetto dell’ambiente rurale e naturale, e dei diritti dei consumatori. La Fondazione opera per

in

diffondere l’educazione allo studio ed alla salvaguardia del patrimonio alimentare, contadino ed artigiano di ogni Paese, a

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tutela delle sue caratteristiche e della sua tipicità”15.

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Le politiche perseguite per raggiungere queste finalità sono: 1. la selezione e la catalogazione di prodotti alimentari di qualità a

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rischio di estinzione, e di riflesso la cultura ad essi collegata;

2. il miglioramento della sostenibilità delle produzioni alimentari

le proprie conoscenze scientifiche per favorire scambi tra comunità locali ma anche mettendosi all’ascolto delle comunità, là dove queste hanno elaborato soluzioni ed esperienze ancora insondate dal mondo scientifico. Dal sito ufficiale www.terramadre.org 15 Statuto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità-ONLUS, Art. 2, 2003 TM

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tradizionali

e

di

piccola

scala,

in

opposizione

ai

sistemi

agroalimentari altamente industrializzati che si stanno rivelando insostenibili da molti punti di vista; 3. la tutela e il rafforzamento dell’identità culturale e del ruolo sociale dei piccoli agricoltori, attraverso la valorizzazione del loro sapere e

i

il riconoscimento della dignità e dell’importanza del loro lavoro;

in

4. la valorizzazione dei territori d’origine dei prodotti, che hanno caratteristiche di unicità e specificità;

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5. la promozione di prodotti artigianali di qualità, facendo nascere nei consumatori la consapevolezza delle proprie scelte alimentari come strumenti per contribuire a mantenere in vita culture e tradizioni uniche e per preservare la biodiversità;

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6. la promozione di scambi di informazioni e di idee tra i piccoli produttori, favorendo il dialogo e l’interscambio di problematiche e soluzioni, per creare quella che Slow Food definisce una rete mondiale di comunità del cibo; 7. la

promozione

della

filiera

corta,

per

ridurre

al

minimo

in

a

indispensabile il numero di passaggi tra produttori e consumatori.

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I. 4 La Rete di Terra Madre La Rete di Terra Madre è un progetto Slow

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Food nato nel 2004 durante la riunione inaugurale del Salone del Gusto a Torino.

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Inizialmente coinvolgeva solo alcune migliaia di produttori che si sono riuniti per discutere il problema della salvaguardia della nostra terra, fonte primaria di vita e, quindi, di cibo. Da quel momento in poi la rete non ha mai smesso di

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crescere, coinvolgendo, già dal secondo incontro nel 2006, sia i produttori che circa 1000 cuochi da tutto il mondo, che si rendevano disponibili a supportare i produttori nel loro tentativo di tutelare i propri territori. Ovviamente il progetto è stato finanziato da enti pubblici e privati, livello internazionale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

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diventando oggi uno dei principali rami attraverso cui opera Slow Food a

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Il principio alla base di questa rete è che “non si può prescindere

dalla terra, che dobbiamo amare e rispettare come meglio possiamo,

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perché ci nutre e ci fa crescere. Ci dà cibo e ci dà cultura, rafforza le nostre comunità e famiglie e ci permette, se lo vogliamo, di condividere i nostri saperi, la nostra vera ricchezza. Non si può dunque prescindere dal cibo, che è la massima espressione (quando virtuosa) del nostro

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interagire con l'ambiente che abitiamo e di cui siamo parte integrante” 16. L'obiettivo di Terra Madre è quindi proteggere i più piccoli produttori e le singole realtà locali disseminate in ogni continente e migliorare le qualità produttive soprattutto nei Paesi in via di sviluppo attraverso delle “missioni” con cui invia gruppi di volontari specializzati in un determinato

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settore produttivo ad insegnare alla popolazione locale le norme igienicosanitarie e le tecniche più adatte a lavorare il prodotto di cui dispongono;

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per esempio nel 2006 alcuni volontari ex addetti alla trasformazione del pesce della laguna di Orbetello e specializzati nella produzione del

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Presidio della Bottarga di Orbetello 17 sono andati ad insegnare alla comunità di donne Imraguen, in Mauritania (più precisamente nei centri

le

pescherecci di Nouadhibou e Nouakchott) come sfruttare le risorse di cui disponevano. Infatti l'oceano davanti alle coste mauritane è ricco di cefali

Va

(o muggini), pesci dalle cui uova si ricava la bottarga. Quindi la Fondazione Slow Food (visto che il progetto risale a prima della nascita 16 C. Petrini, Almanacco Slow Food 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, pag. 8 17 La bottarga si prepara estraendo con delicatezza le sacche ovariche del cefalo femmina, mettendole sotto sale per qualche ora, pressandole e facendole essiccare. Le uova salate si presentano come un blocco consistente ma non asciutto, di colore ambrato. TM

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20


della rete di Terra Madre) ha inviato i suoi volontari che hanno insegnato alla popolazione locale come sfruttare questo “tesoro” e oggi, grazie all'impegno di molti, sia dall'Italia che in loco, esiste il Presidio Slow Food

Be rn

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in

i

della Bottarga di Muggine delle Donne Imraguen.

in

a

Illustrazione 1: Alcune donne Imraguen con il volontario Slow Food (Mauritania)

Spesso il problema più grande dei Paesi in via di sviluppo non è

nt

reperire le materie prime da lavorare e poi rivendere, ma la mancanza di tecniche di lavorazione e preparazione del prodotto che verrà poi venduto.

le

Un altro esempio è la “missione” svolta nel 2012 presso la comunità

del cibo dei pescatori di Kent, infatti i volontari (addetti alla trasformazione

Va

del pesce) che si sono recati in loco hanno sottolineato che il mare che bagna quelle coste è pescosissimo e ricco anche di crostacei pregiati come le aragoste, ma la popolazione locale, incapace di lavorare la materia prima, non era in grado di sfruttare appieno quello che aveva a disposizione; quindi degli specialisti hanno tenuto seminari e lezioni TM

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pratiche di sfilettatura ed affumicatura del pesce per la popolazione locale e, prossimamente, durante un'altra missione, verrĂ costruito un

Be rn

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in

i

affumicatore, in modo da rendere autosufficienti i giovani pescatori.

Va

le

nt

in

a

Illustrazione 2: Il volontario Slow Food con la comunitĂ del cibo dei Pescatori di Kent (Sierra Leone)

TM

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22


CAPITOLO II - Il Presidio del Caffè Selvatico della Foresta di Harenna

progetti della Fondazione Slow Food per la

ac ch

Biodiversità; il progetto Presidi è nato nel

in

I Presidi Slow Food fanno parte dei

i

II. 1 Cos'è un Presidio Slow Food?

1999 in Italia, dopo aver visto il grande successo riscosso dal precedente progetto

dell'Arca del Gusto18, che risale al 1996. Attraverso i suoi Presidi Slow Food intende

Be rn

salvaguardare tutte le piccole produzioni locali di cibo e quindi coinvolge un'ampia gamma di settori produttivi: dal contadino all'allevatore, dal pescatore al macellaio, dagli artigiani agli addetti alla trasformazione della materia prima (facendo sempre riferimento al cibo). Ovviamente, per raggiungere l'obiettivo di proteggere questi prodotti e i loro produttori, la

a

Fondazione Slow Food deve occuparsi anche dei territori dove i Presidi

in

nascono, diventando anche un movimento che si occupa di ecosostenibilità dei processi produttivi; infatti è impossibile pensare di

nt

tutelare, per esempio, la Razza Maremmana (una razza bovina da carne) senza prima occuparsi del territorio in cui questi animali vivono e si

le

sviluppano.

Va

Grazie al progetto Presidi Slow Food entra a contatto non solo con

il prodotto che intende tutelare, ma con tutto ciò che lo circonda, quindi 18 L'Arca del Gusto si ispira alla biblica Arca di Noè, quindi il suo obiettivo è salvare tutti i cibi in via di estinzione; ovviamente ogni prodotto, prima di essere catalogato ed annesso al progetto dell'Arca, viene sottoposto a studi e ricerche approfondite e la decisione finale spetta ad una commissione di esperti che operano a livello internazionale. TM

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l'ambiente in cui nasce, cresce e si sviluppa e i produttori che contribuiscono a mantenere vive le tradizionali tecniche di lavorazione tramandate loro dai nonni; potremmo affermare che i Presidi Slow Food vanno molto al di là del prodotto che vediamo in vendita nei negozi o direttamente sulle nostre tavole, infatti il Presidio vuole sì tutelare il

i

prodotto alimentare, ma soprattutto l'aspetto culturale e sociale, tutto

ac ch

produce e che lo ha salvaguardato per tutti questi anni.

in

quello che quest'ultimo porta con sé, quindi la tradizione del popolo che lo

Abbiamo detto che il progetto Presidi è nato nel 1999, ma è stato presentato ufficialmente l'anno successivo durante il Salone del Gusto di Torino dove sono stati elencati i primi 90 Presidi italiani, tra questi vi erano

Be rn

il Presidio del Cappone di Morozzo e il Presidio del Lardo di Colonnata (quest'ultimo ora non fa più parte del progetto). Già dall'edizione successiva del Salone del Gusto, che si svolge ogni due anni, sono entrati nel progetto anche 19 Presidi internazionali, grazie alla grande eco mediatica che ha riscosso l'evento. In seguito sono nati i primi Presidi nei

a

Paesi in via di sviluppo (grazie all'intervento dei volontari specializzati della Fondazione) tra cui oggi troviamo entrambi i Presidi presi in esame

in

dal nostro studio (Presidio del caffè selvatico della foresta di Harenna in Etiopia e il Presidio del caffè delle terre alte di Huehuetenango in

nt

Guatemala) e molti altri come il Presidio dell'olio di argan del Marocco, il Presidio delle ortiche essiccate della foresta di Mau in Kenya, il Presidio

le

della vaniglia di Mananara in Madagascar e il Presidio della cola di Kenema in Sierra Leone.

Va

Nel caso dei Presidi nei Paesi in via di sviluppo Slow Food opera,

come abbiamo detto nel capitolo precedente, attraverso i suoi volontari che si occupano della formazione delle popolazioni locali grazie a veri e propri corsi di educazione all'igiene e fornendo tutte le attrezzature necessarie alla popolazione per poter continuare a produrre il Presidio. In TM

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molti casi la Fondazione ha cercato di sensibilizzare i nativi all'importanza dell'istruzione tanto per i giovani quanto per gli adulti, infatti proprio nello statuto del Presidio del caffè delle terre alte di Huehuetenago si legge che qualsiasi produttore può entrare a far parte della cooperativa che raccoglie e lavora il caffè dell'altopiano, a patto che i propri figli

i

frequentino la scuola; decisione presa nel 2001 dopo aver notato, durante

in

la prima “missione” in loco, l'alto tasso di analfabetizzazione della popolazione locale. In altri Paesi invece Slow Food ha contribuito

ac ch

all'emancipazione delle donne, cosa non facile se pensiamo ai Paesi islamici africani, come nel caso delle donne Imraguen della Mauritania del capitolo precedente.

Be rn

I Presidi Slow Food hanno quattro obiettivi principali:

1. Innanzitutto l'obiettivo economico che è la chiave di tutto, poiché è necessario dare a i produttori garanzie solide riguardo alle loro produzioni,

infatti

non

dimentichiamo

che

i

Presidi

sono

generalmente prodotti che stavano scomparendo proprio perché

a

non erano più redditizi a livello economico; la Fondazione in questo caso si occupa di finanziare i produttori annualmente e di ampliare

in

il mercato di questi prodotti, così da aumentare anche il livello occupazionale, collaborando, mediante i tecnici volontari, alla

nt

risoluzione di problemi di tipo tecnico-produttivo che spesso i soli produttori non sono in grado di superare.

le

2. Un alto obiettivo è quello ambientale, infatti, come abbiamo detto in precedenza, è impensabile tutelare un prodotto senza occuparsi

Va

del suo territorio di origine; quindi si tratta da un lato di salvaguardare la biodiversità e l'ambiente locale e, dall'altro, ogni disciplinare dei vari Presidi stabilisce che questi vengono prodotti senza l'uso di additivi chimici, nel rispetto delle norme ambientali, quando possibile attraverso l'uso di energie rinnovabili e, nel caso TM

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dell'allevamento, garantendo agli animali adeguati spazi e mangimi naturali. 3. Un altro punto importante è quello che riguarda gli obiettivi sociali dei Presidi, vale a dire il rafforzamento nella società delle figure dei produttori e la loro collaborazione; infatti in molti casi la Fondazione

i

si occupa di creare delle reti a livello locale per mettere in contatto i

in

vari produttori di una determinata area geografica così da creare dei legami umani e lavorativi solidi.

ac ch

4. Infine abbiamo gli obiettivi culturali che si legano all'ambito della comunicazione, poiché attraverso la creazione dei Presidi e delle associazioni di produttori locali la Fondazione spera di dare più voce alle popolazioni del luogo che potranno così ottenere

Be rn

maggiore attenzione a livello mediatico e, possibilmente, dar vita a iniziative locali e itinerari turistici sostenibili che aiutino nella diffusione del messaggio che intende trasmettere l'associazione Slow Food.

a

Oggi il progetto Presidi è cresciuto e ha raggiunto cifre considerevoli; in Italia a fine 2012 risultavano ben 224 progetti Presidi 19

in

che mettono il nostro Paese in vetta alla classifica europea. Il totale dei Presidi europei è di 269 e la maggior parte di questi vengono

nt

salvaguardati da associazioni di produttori (con l'eccezione di alcuni che hanno, per esigenze specifiche condivise, un solo produttore), in Europa

le

bisogna evidenziare la particolare situazione degli 11 Presidi dei Balcani dove il cinquantennio socialista ha messo in ginocchio le piccole

Va

produzioni tradizionali. A livello modiale esistono più di 400 Presidi Slow Food.

19 I Presìdi Slow Food in Europa, un modello di sostenibilità (2000-2012), ricerca condotta dall'Università degli Studi di Torino e di Palermo, 2012 TM

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II. 2 Il caffè della foresta di Harenna L'Etiopia è il Paese dove si dice sia nato il caffè, infatti molte sono le leggende che raccontano la scoperta della pianta e, di conseguenza, della bevanda prodotta con le bacche tostate e infuse in acqua bollente.

i

Bisogna sottolineare la particolarità del caffè Etiope che è l'unico al

in

mondo a nascere e crescere allo stato selvatico e, proprio per questa sua

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caratteristica, è diventato uno dei Presidi Slow Food del caffè.

Il caffè rappresenta il 10% del Prodotto Interno Lordo etiope e costituisce una fonte di ricchezza per circa il 25% della popolazione. Fino a pochi anni fa il caffè in Etiopia veniva raccolto ad uso domestico e, solo

Be rn

recentemente la popolazione ha scoperto di avere un vero e proprio

Va

le

nt

in

a

tesoro tra le mani e il caffè etiope è entrato nel mercato mondiale.

La foresta di Harenna, una delle più vaste del Paese, si trova sui monti del Parco Nazionale di Bale, ad un altitudine di circa 1800 metri, TM

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nella regione Oromia e qui nasce e cresce spontaneamente un caffè arabica molto pregiato. La produzione di questo caffè dipende soprattutto dalle famiglie che vivono nella foresta che lo raccolgono, lo suddividono in sacchi e si occupano della vendita.

i

La raccolta delle bacche mature avviene esclusivamente a mano e

in

spesso è ostacolata dalla presenza di babbuini che sono molto golosi di bacche di caffè. I raccoglitori scelgono con cura le ciliegie che vengono

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riposte in delle sporte dalla caratteristica forma a cono, fatte con foglie secche intrecciate. Oltre a nascere spontaneamente questo caffè ha un'altra particolarità, infatti, a differenza dei caffè dell'America Latina, le bacche, dopo essere state raccolte, non hanno bisogno né di essere

Be rn

lavate, né sottoposte alla spolatura (detta anche decorticazione; consiste nel separare il seme dal frutto), ma vengono direttamente disposte su delle reti sospese per farle essiccare al sole. Questo caffè è assolutamente naturale, nel senso stretto del termine, infatti passa direttamente dalla pianta all'essiccazione e, infine, ai sacchi che vengono

a

venduti. Diversamente da quanto si possa pensare il fatto che questo tipo di produzione venga compiuto attraverso pochi passaggi non è sinonimo

in

di semplicità, infatti in questo modo il caffè che viene prodotto può contare solo sulle sue eccezionali proprietà organolettiche per competere con le

nt

altre ottime varietà sul mercato.

le

Al giorno d'oggi purtroppo quando ci si reca al supermercato per

comprare il caffè non ci si chiede da dove venga quel prodotto né chi lo

Va

abbia raccolto ed essiccato. Invece sarebbe opportuno pensare a tutto quello che si trova dietro al prodotto finito e questo è proprio uno degli obiettivi del progetto Presidi Slow Food, sensibilizzare il compratore (trasformandolo in un co-produttore) e portarlo ad interrogarsi su ciò che compra e, di conseguenza, su ciò che porta in tavola. TM

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Il Presidio del caffè selvatico della foresta di Harenna nasce nel 2006 quando un primo gruppo di volontari della Fondazione Slow Food per la biodiversità si reca nei villaggi dove risiedono i produttori e raccoglitori ed evidenzia un fortissimo legame tra queste persone e la foresta in cui vivono, inoltre viene a conoscenza di questa eccezionale

i

varietà di caffè e del suo ruolo fondamentale sia per la popolazione locale un'ONG

locale

(EOSA)

che

si

occupa

del

in

che per l'intero Paese. Inizialmente il Presidio è stato supportato da settore

agricolo

e

ac ch

dall'associazione italiana Caffè Speciali Certificati (CSC) che, grazie ai suoi esperti che hanno prestato il loro aiuto gratuitamente, ha fornito corsi di formazione per la popolazione locale. Dopo questi corsi (a cui hanno preso parte 60 produttori del luogo) il caffè è stato assaggiato

Be rn

nuovamente e sono stati notati vari miglioramenti nella qualità del prodotto finito.

Nel 2007 Slow Food ed EOSA hanno organizzato un secondo corso sulla raccolta e l'essiccazione delle ciliegie di caffè; nello stesso anno due esperti della CSC si sono recati in Etiopia per verificare i risultati

a

del corso a cui avevano preso parte altri 64 produttori e per instaurare un legame con una compagnia di esportazione locale.

in

Nel 2008 tredici produttori hanno preso parte a Terra Madre Etiopia, un evento organizzato da Slow Food ad Addis Abeba e a cui ha preso

nt

parte anche Carlo Petrini. Sempre in quell'anno gli stessi esperti della CSC sono tornati sul posto a controllare il corretto svolgimento delle

le

procedure di raccolta ed essiccazione; inoltre Slow Food ha fornito numerose reti per l'essiccazione delle ciliegie e ha dato il via

Va

all'esportazione del caffè tramite una compagnia locale, la SA Baghersh, che ha fornito inizialmente 400 sacchi per il caffè; tutto ciò ha permesso a quattro rappresentanti del Presidio di presentarlo durante il Salone del Gusto e Terra Madre a Torino. Nel 2009, oltre ad altri seminari, l'ONG EOSA ha organizzato una TM

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serie di incontri con i produttori e le istituzioni locali dove veniva ripercorsa la storia del Presidio e si sottolineavano i progressi fatti fino a quel momento. Durante l'inverno dello stesso anno la CSC è tornata in Etiopia per fornire ulteriore materiale ed attrezzature necessarie alla produzione del caffè; tutto questo ha fatto sì che il mercato del caffè etiope crescesse

i

e che le cooperative di produttori potessero vendere direttamente i loro

in

raccolti. Dopo questa visita gli esperti della CSC hanno deciso che fosse arrivato il momento di portare il Presidio ad un evento internazionale,

ac ch

quindi alcuni sacchi di caffè sono stati portati al Salone del Gusto 2010.

L'anno successivo le cooperative di produttori etiopi hanno iniziato un nuovo rapporto di collaborazione con l'OCFCU (Oromia Coffee Farmers' Cooperatives Union – Unione delle cooperative di produttori di

Be rn

caffè dell'Oromia) che ha permesso di esportare il prodotto in Italia dove la cooperativa sociale Pausacafè 20 si è occupata della tostatura, in modo da poter presentare il prodotto finito per la prima volta al Salone del Gusto 2010, dove è stato molto apprezzato dal pubblico.

Infine nel 2011 un brasiliano esperto di caffè naturale ha tenuto dei

a

seminari per 90 produttori dei Presidi Slow Food del caffè riguardanti la raccolta e le fasi successive. Intanto Slow Food ha fornito ulteriori

in

attrezzature necessarie a migliorare la fase di essiccazione delle ciliegie e un gruppo di rappresentanti della città di Bilbao (gemellata con il

le

nt

Presidio21) ha fatto visita ai produttori della zona.

Va

20 Questa cooperativa sostiene uno sviluppo sociale ed economico equo, sostenibile e partecipativo, prestando particolare attenzione ai Paesi in via di sviluppo. Lavora a contatto con le comunità indigene e permette loro di migliorare le loro condizioni di vita, valorizzare il loro legame con il territorio e tutelare la biodiversità. Al contempo collabora con le Case Circondariali “Lorusso e Cotugno” di Torino e “Rodolfo Morandi” di Saluzzo per fornire ai detenuti percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. 21 Il Presidio è stato adottato dalla città di Bilbao come parte del programma 4cities4dev finanziato dall'Unione Europea e guidato dall'associazione Slow Food, che coinvolge 4 città europee: Torino, Bilbao, Riga e Tours. TM

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i in ac ch Be rn

A livello sociale la nascita del Presidio ha permesso ai produttori di organizzarsi in cooperative e di ottenere l'autorizzazione statale ad esportare il loro caffè per presentarlo in un Paese straniero, quindi alcuni di loro hanno affrontato un viaggio internazionale per la prima volta.

a

Grazie all'intervento di Slow Food i produttori si sono avvicinati ai

in

consumatori, la qualità dei raccolti è migliorata e il Presidio Slow Food del caffè selvatico della foresta di Harenna in un anno ha potuto raggiungere

nt

consumatori di tutto il mondo fornendo tutte le informazioni necessarie sulla sua storia, sul territorio da cui proviene e sulle fasi di raccolta,

le

essiccazione e tostatura.

Va

Il Presidio coinvolge 132 produttori provenienti da quattro villaggi e

riuniti in tre cooperative: •

la cooperativa Habuubii (Irba) che coinvolge 51 produttori;

la cooperativa Biftu Kanckicha (Burkitu) che coinvolge 49 produttori;

TM

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31


la cooperativa Buna Magnete (Maanyatee) che coinvolge 32 produttori. Il partner tecnico del progetto è l'associazione italiana dei tostatori

di caffè – Caffè Speciali Certificati (CSC) e il progetto è supportato

II. 3 Intervista ai produttori

ac ch

in

i

dall'Unione Europea, dalla Regione Piemonte e dalla EFICO Foundation.

Grazie a Roba Bulga Jilo, un volontario Slow Food che vive ad Addis Abeba, abbiamo potuto dare voce ai produttori del caffè della

Be rn

foresta di Harenna, in particolare abbiamo intervistato Tahir, il capo della cooperativa Maanyatee con cui lavora Slow Food.

D: Come siete venuti a conoscenza dell'associazione e come vi siete avvicinati a Slow Food?

a

R: È stato un incontro casuale, infatti una cooperativa italo-etiope che

in

opera nell'area di Harenna, una zona molto difficile da raggiungere per gli

nt

abitanti di Addis Abeba, ci ha presentato questa associazione. D: Chi vi ha aiutato a realizzare il vostro Presidio?

le

R: L'ong EOSA e Slow Food sono diventati dei veri amici per il caffè della foresta di Harenna e hanno suggerito a noi produttori di diventare più uniti

Va

attraverso la creazione di cooperative; quindi sono state fondate tre cooperative, il nostro lavoro è migliorato gradualmente ed i nostri legami sono diventati più forti. Ci sono stati molti alti e bassi e problemi legati soprattutto alla possibilità di entrare a far parte dell'Oromia coffee farmers' Union (l'unione dei produttori di caffè della regione Oromia), ma il risultato è stato che adesso possiamo vendere il nostro caffè senza l'intervento di TM

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alcun intermediario. D: Quante persone prima della creazione del Presidio, si dedicavano alla raccolta del caffè e quante ce ne sono oggi? R: Prima dell'intervento di Slow Food tutti i produttori lavoravano per conto

i

proprio. Nessuno aveva l'intenzione di lavorare in gruppo o di interessarsi

in

alla qualità del prodotto, considerando il buon guadagno che può derivare

dalla vendita del caffè. I produttori di Dallo hanno dovuto affrontare molte

ac ch

sfide. L'isolamento e l'esclusione dal mercato del caffè contribuivano a demoralizzare i produttori della zona. Non esistevano cooperative prima dell'arrivo di Slow Food. La qualità non era mai stata considerata nella produzione e vendita del caffè sia a livello locale sia internazionale.

Be rn

Solitamente un caffè di scarsa qualità raggiungeva le mani di intermediari o veniva venduto in Somalia come merce di contrabbando. Ora il quadro è completamente diverso, infatti lavorare in cooperative, concentrarsi sulle buone tecniche per produrre un caffè di ottima qualità, sulla promozione o sull'informazione insieme a eventi promozionali organizzati da Slow Food

a

ed il fatto di essere membri dell'unione di produttori di caffè della regione Oromia hanno reso le cooperative più forti e fiduciose. Questo è stato

in

davvero un grande successo. Grazie a Slow Food.

nt

D: Quanti erano gli abitanti dei vostri villaggi prima della creazione del presidio e quanti sono oggi?

le

R: Nell'area Maanyatee ci sono circa 85 famiglie che dipendono direttamente

dalla

produzione

di

caffè.

Credo

che

il

numero

Va

approssimativo di famiglie che vivono nell'area di produzione del Presidio sia 3000.

D: Ci sono dei giovani che decidono di non lasciare il villaggio per dedicarsi alla coltivazione del caffè? TM

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R: Negli ultimi anni la cooperativa Maanyatee ha ottenuto importanti miglioramenti che hanno avuto l'effetto di motivare i giovani figli di coltivatori di caffè. Ovviamente lavorare il caffè non è facile, infatti spesso lo paragono ad una lotta.

in

Harenna è diventato un Presidio Slow Food?

i

D: Come è cambiata la vostra vita da quando il caffè della foresta di

R: Dal momento del primo contatto con Slow Food la situazione dell'area

ac ch

è in continua evoluzione. Infatti la qualità del caffè sta migliorando e questo è un punto cardine nella produzione per tutte e tre le cooperative. Oggi il Caffè Selvatico della Foresta di Harenna è ben pubblicizzato in molte parti del mondo. Grazie all'intervento di molte figure come le

Be rn

autorità del distretto di Dallo, sono state realizzate alcune campagne di sensibilizzazione riguardo la foresta di Harenna, che ricopre un ruolo fondamentale nel migliorare la qualità del caffè. Inoltre esiste un guadagno garantito per i produttori membri delle cooperative che si impegnano a produrre un caffè di buona qualità. Grazie a questi

a

miglioramenti oggi i produttori possono mandare i loro figli a scuola.

vostri figli?

in

D: Grazie a questo cambiamento, oggi vedete un futuro migliore per i

nt

R: Ai nostri occhi il fututo è stabile e roseo. Sta aumentando l'attenzione riservata alla salvaguardia delle risorse naturali. Il caffè sta diventando

le

un'ottima fonte di guadagno per i produttori che si impegnano a lavorare

Va

bene.

TM

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CAPITOLO III - Il Presidio del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango

i

III. 1 La storia

in

La regione di Huehuetenango si estende per 7403 chilometri quadrati, ai piedi della catena montuosa dei Cuchumatanes nella parte

ac ch

nord occidentale del Guatemala, al confine con il Messico, ed ha un'altitudine che varia dagli 850 ai 3700 metri, dando vita ad un infinito numero di ecosistemi diversi. L'altitudine e il clima rendono quest'area

Be rn

una delle migliori al mondo per coltivare il caffè.

Il caffè arrivò in Guatemala nel XVIII secolo e da quel momento è sempre stato la principale fonte di guadagno della popolazione locale, infatti nel dipartimento di Huehuetenango si può dire che sia una monocoltura. Ogni caficoltore possiede un piccolo appezzamento di terreno con una redditività altalenante; nessuno possiede le conoscenze

a

tecniche per produrre e trasformare il caffè, ma nonostante questo qui si

in

produce un Coffea Arabica di ottima qualità e con caratteristiche organolettiche uniche, anche se la varietà di ecosistemi della regione

nt

favorisce lo sviluppo di molti cru 22 diversi (analizzati singolarmente da una squadra di esperti prima della nascita del Presidio). Le ciliegie di caffè

le

vengono raccolte manualmente e riposte nelle ceste di vimini che i caficoltori

portano

legate

in

vita;

i

chicchi

vengono

separati

Va

artigianalmente dalle bacche attraverso un processo di fermentazione che inizia circa quattro ore dopo la raccolta e dura dalle 24 alle 26 ore; dopo la fase di spolpatura i chicchi vengono messi ad essiccare al sole per tre giorni durante i quali sono continuamente rivoltati con un rastrello. 22 Sostantivo usato in ambito tecnico per definire le diverse varietà di caffè. TM

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Gli

abitanti

della

regione

sono

perlopiù

indigeni

Mam

(Huehuetenango è l'antica capitale del regno Mam), Akateco, Jacalteco, Chuj, Kanjobal e discendenti dei Maya; persone reduci da una guerra civile durata più di trentacinque anni che ha distrutto il territorio, soprattutto dopo l'introduzione della tecnica della “terra bruciata” che

i

prevedeva la distruzione di interi villaggi sospettati di appoggiare

in

guerriglieri anti-governativi e l'uccisione arbitraria e indiscriminata di donne, bambini e anziani che venivano gettati in fosse comuni e bruciati.

ac ch

Senza l'intervento di Slow Food i piccoli produttori non riuscivano ad entrare sul mercato, se non vendendo ai coyotes23 locali, il che significava vendere il prodotto (ancora sottoforma di ciliegie sulla pianta) ad un prezzo irrisorio creando un guadagno solo per gli intermediari, Terre Alte di Huehuetenango:

Be rn

come viene riportato nel Manifesto Slow Food del Presidio del Caffè delle

“Quando siamo arrivati a Huehuetenango, ad attenderci c’era Manrique Lopez, un ragazzo giovanissimo con la

a

faccia rotonda e orecchie sporgenti. Impacciato, ha sfilato da un borsone un sacchetto di cardamomo e ci ha parlato

in

del suo paese, a cinque ore di distanza, e del tentativo di qualche famiglia di coltivare qualcosa che non fosse caffè,

nt

per uscire dal vortice della miseria. Una miseria legata alle logiche della borsa di New York, che sta quotando il caffè

le

a prezzi più bassi di trent’anni fa, e alla debolezza di tutto il dipartimento, la cui economia è basata sulla monocoltura

Va

cafetalera da quasi trecento anni”24.

23 Intermediari locali necessari ai produttori per raggiungere i mercati, ma che acquistavano il prodotto a cifre irrisorie, creando un guadagno quasi isignificante per i caficoltori. 24 S. Milano, Manifesto Slow Food del Presidio del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango, 2002 TM

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È proprio per questo motivo che Slow Food opera nella regione di Huehuetenango dal 2002 per dar vita ad una produzione e un mercato solidi e giusti, che possano ricompensare anche i produttori più piccoli per il loro lavoro. Dopo pochissimo tempo infatti nasce il Presidio del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango, che innesca un processo irreversibile

i

di miglioramento sia della qualità del prodotto, sia dello stile di vita delle

in

popolazioni del dipartimento. Grazie ad un disciplinare di produzione che regola le fasi di raccolta e di essiccazione e vincola i produttori alla tutela

ac ch

del loro territorio; che crea legami solidi tra i vari produttori e fortifica quelli già esistenti nelle cooperative che operano sul territorio; che prevede corsi di formazione per i produttori e le loro famiglie; che stimola la creazione di un consorzio per commercializzare il prodotto finito, gli stessi

Be rn

indigeni hanno sottolineato come in pochi anni le loro condizioni di vita siano cambiate in meglio. Il miglioramento è stato tale che oggi il caffè di Huehuetenango è uno dei più venduti a livello mondiale e il consorzio che si occupa della commercializzazione del prodotto è presente su tutti i mercati del globo, inoltre i piccoli produttori che una volta soffrivano a

a

causa dell'analfabetismo e dell'ignoranza si sono trasformati in individui coscienti del loro operato che vogliono tramandare il loro sapere alle

Va

le

nt

in

generazioni future.

Foto di Alberto Peroli (2007)

TM

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Nel 2002 alcuni caficoltori della regione, grazie all'intervento dell'ONG Mais25, partecipano al Salone del Gusto presentando il loro prodotto. Nel 2003 viene organizzata la prima spedizione in loco durante la quale i volontari degustano circa 300 tipi di caffè presso i laboratori di

i

Anacafè26 e realizzano interviste alle famiglie di produttori necessarie a

in

ricostruire a livello socio-culturale la struttura della zona. Grazie a questo

vengono identificati i primi 40 produttori e le 5 aree più produttive e nasce

ac ch

il Presidio Slow Food. A questo punto i produttori scrivono la prima versione del disciplinare di produzione del Presidio (che verrà modificato più volte negli anni) e si impegnano a dar vita ad un prodotto di altissima qualità rispettando l'ambiente in cui vivono, fornendo condizioni di lavoro

Be rn

adeguate alle loro famiglie e stabilendo un prezzo giusto per il prodotto finito che permetta ai caficoltori di vivere in modo degno. Da questo momento il caffè viene pubblicizzato durante tutti gli eventi organizzati da Slow Food ed entra nel mercato internazionale.

L'anno successivo il caffè del Presidio partecipa all'evento

a

organizzato ad Atlanta dalla SCAA (Specialty Coffee Association of America – Associazione Americana dei Caffè Speciali) che ogni anno

in

riunisce tutti i professionisti del caffè a livello mondiale e alla conferenza ed esposizione della SCAE (Specialty Coffee Association of Europe –

nt

Associazione Europea dei Caffè Speciali), un incontro a cadenza annuale organizzato dall'Associazione Europea dei Caffè Speciali. Intanto a

le

Huehuetenango continua la catalogazione delle varietà di caffè e dei loro produttori per rafforzare le associazioni produttive locali e coinvolgere le

Va

istituzioni. Grazie ad esperti locali e all'intervento di specialisti a livello internazionale Slow Food organizza corsi di formazione per la 25 Movimento per l'Autosviluppo, l'Interscambio e la Soldarietà; Organizzazione non governativa di cooperazione internazionale nata nel 1990 a Torino. 26 Associazione Nazionale del caffè guatemalteca che fornisce assistenza tecnica ai produttori. TM

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popolazione. Nel frattempo la Fondazione opera dall'Italia contattando torrefattori e degustatori per analizzare il caffè e migliorarne le qualità. Grazie alla pubblicità offerta da Slow Food una prima torrefazione (Caffè del Doge) con sede a Padova e Venezia compra alcuni chili di prodotto per venderlo nelle proprie botteghe e proporlo nel settore della

i

ristorazione italiana ed estera. Questo, oltre a significare molto dal punto

in

di vista della diffusione del prodotto, ha un significato economico molto

importante; infatti la torrefazione italiana acquista ad un prezzo maggiore

ac ch

rispetto sia dei 126 dollari offerti dalla FLO (Fairtrade Labelling Organization – Organizzazione per il commercio equo e solidale) sia della cifra irrisoria di 75 dollari della borsa di New York. Oltre a questo i produttori partecipano al loro primo Salone del Gusto e Terra Madre,

Be rn

venendo a contatto con tutte le comunità del cibo del mondo; in più durante la manifestazione viene lanciato il progetto di creare una torrefazione nel carcere di Torino (quella che poi diventerà “Pausa Café”). Nello stesso anno la Fondazione organizza una visita ai produttori con esponenti del Ministero degli Affari Esteri e dell'Istituto Agronomico per

a

l'Oltremare di Firenze per lanciare un progetto di cooperazione internazionale per rafforzare il Presidio chiamato “Le strade del caffè”.

in

Nel 2005 il progetto sopra citato viene approvato dal Ministero degli Affari Esteri e questo rappresenta il primo incentivo economico al progetto

nt

che diventerà quello che dal 2007 ad oggi viene denominato “Café y caffè”. Per far sì che i produttori inizino la loro avventura all'interno

le

dell'associazione in completa serenità, la Fondazione fornisce tramite le varie associazioni locali 100 000 euro per lanciare il progetto ed

Va

assicurare ai produttori un guadagno anticipato sulle vendite del caffè di maggio/giugno dello stesso anno. Alla fine delle vendite, visto il grande successo, le associazioni riescono a restituire questo “prestito” alla Fondazione; i produttori aumentano e da 40 diventano 60. In quell'anno nasce la Cooperativa Sociale Pausa Café che si occupa di acquistare la TM

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materia prima ad un prezzo equo, tostare il caffè presso il carcere di Torino (occupandosi così della formazione professionale dei detenuti) e rivenderlo dando il 50% dei proventi ai produttori in quanto soci della cooperativa. La richiesta del prodotto da parte delle torrefazioni cresce e il prezzo d'acquisto sale di ben 13 dollari rispetto al 2004 raggiungendo i

i

145 dollari/45,5 chili di caffè. Una società di Milano decide di visitare la

in

regione di Huehuetenango per realizzare il documentario “Manrique e l'odissea del caffè” che analizza l'intero percorso delle ciliegie di caffè

ac ch

dalla pianta alla tazzina. Intanto Slow Food e le torrefazioni proseguono con la loro campagna pubblicitaria e il Presidio del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango partecipa ad eventi come Cheese (Bra), Aux Origines du Goût (Montpellier, Francia), Eccellenti e Solidali (Roma), Eurochocolate

Va

le

nt

in

a

Be rn

(Perugia).

Illustrazione 3: Confezioni di Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango prodotto dalla Cooperativa Sociale Pausa Café

TM

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40


Nel 2006 Slow Food continua ad organizzare spedizioni in loco mirate a rafforzare il rapporto di cooperazione tra i produttori e tra questi ultimi e le istituzioni locali; visto il grande successo riscosso dal raccolto dell'anno precedente rimane l'obiettivo di migliorare la qualità del caffè di Huehuetenango che comincia ad essere conosciuto in tutto il mondo.

i

Vengono organizzate ulteriori lezioni formative per i produttori sia per

in

quanto riguarda la fase di raccolta che per quella della pulitura ed essiccazione. Il Presidio cresce e con lui il numero di produttori che

ac ch

raddoppia rispetto all'anno precedente arrivando a 120. I migliori clienti dei caficoltori guatemaltechi sono la cooperativa Pausa Café, Mokafé e Eataly. I produttori continuano a presenziare al Salone del Gusto e Terra Madre che si svolge ogni due anni e, durante l'edizione 2006 i visitatori

Be rn

possono degustare per la prima volta il caffè di Huehuetenango, il gelato al caffè realizzato con il caffè guatemalteco dall'azienda Menodiciotto e i dolci al caffè del Laboratorio di Resistenza Dolciaria di Alba. A conclusione dell'evento torinese i produttori partecipano a “Terra Madre Toscana – Il Giusto Gusto”, dove hanno l'occasione di incontrare altri

a

produttori toscani e conoscere alcune comunità del cibo e realtà distanti dalla loro.

in

Nel 2007 viene lanciato il progetto “Café y Caffè – Rete regionale per l'appoggio alle associazioni di piccoli produttori di caffè della Regione

nt

Centroamericana e Caraibica”, diretto dallo IAO (Istituto Agronomico per l'Oltremare). Il progetto si pone l'obiettivo di rafforzare il sistema di

le

produzione e promozione del caffè dei Presidi Slow Food e insieme creare una rete attraverso cui tutti i produttori di caffè dell'America Latina

Va

possano scambiarsi consigli, esperienze ed informazioni. Inoltre, grazie a questo progetto, vengono individuate altre 4 comunità di caficoltori in centroamerica che potrebbero rappresentare eventuali nuovi Presidi nati seguendo l'esempio del caffè di Huehuetenango. Inizialmente il tempo viene impiegato per organizzare il lavoro, reperire esperti e tecnici in loco TM

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ed acquistare tutto il materiale necessario alle attività da svolgere; alcuni tecnici realizzano un'indagine a tutto campo sul Presidio e i suoi produttori, che sono diventati 150, per definire piani individuali e particolari di coltivazione e gestione delle attività. Il caffè di Huehuetenango continua ad essere venduto ad un prezzo giusto e continua a trovare numerosi

i

acquirenti a livello globale. Alcuni caficoltori partecipano al primo evento

in

spagnolo che Slow Food organizza a Bilbao, “Algusto – Saber y Sabor”.

L'anno successivo i produttori e Pausa Café creano il consorzio

ac ch

COBAHUE (Comercializadora Baluarte Huehuetenango – Associazione per la vendita del Presidio di Huehuetenango), questo è un passo di vitale importanza per il Presidio, infatti in questo modo i produttori hanno un organo attraverso cui promuovere e vendere direttamente il proprio

Be rn

prodotto. In quest'anno si svolgono una serie di eventi tesi a migliorare il Presidio, tra questi ricordiamo due seminari per i produttori della rete Café y Caffè per rivedere il disciplinare di produzione e confrontarsi sulla qualità del caffè; COBAHUE organizza numerosi corsi per i produttori e forma 8 promotori di campo che controllano il corretto funzionamento

a

delle operazioni nei cafetales27, 10 degustatori di caffè che hanno a disposizione 3 nuovi laboratori di assaggio; i volontari costruiscono 150

in

beneficios humedos28. La Fondazione si pone l'obiettivo di trovare potenziali acquirenti per i 9 container di caffè previsti per il primo raccolto

nt

dell'anno, quindi intensifica i rapporti con i torrefattori di qualità italiani e statunitensi e riesce a portare 9 torrefattori (italiani, americani e danesi)

le

presso i laboratori di Huehuetenango e, qualche mese dopo, il rappresentante del Presidio in Guatemala viene invitato in California a

Va

visitare 15 torrefazioni. Sempre per aumentare la propria eco mediatica il prodotto viene presentato ai principali eventi italiani e internazionali legati al caffè di qualità, oltre ad essere presente in tutti gli eventi organizzati 27 Termine locale utilizzato per indicare le piantagioni di caffè. 28 Impianti realizzati per la fase di fermentazione del caffè. TM

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dall'Associazione Slow Food tra cui il Salone del Gusto e Terra Madre 2008 e, successivamente, Terra Madre Toscana. Il caffè della Finca El Injerto di La Libertad, in Guatemala, viene riconosciuto come il migliore del Paese e premiato con la Cup of Excellence; il caffè disponibile per la vendita in quel momento raggiunge un prezzo inimmaginabile, infatti viene

i

venduto a compratori americani e giapponesi per circa 80 dollari/libbra.

in

Nel 2009 arriva l'ingresso del caffè di Huehuetenango nel mercato statunitense, infatti la Café Imports del Minnesota fa il suo primo ordine e

ac ch

paga 190 dollari/45,5 chili; inoltre il numero di produttori continua a salire

le

nt

in

a

Be rn

arrivando a 170.

Va

Foto di Alberto Peroli (2007)

TM

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43


ll successo del Presidio Slow Food è attestato da molte pubblicazioni tra cui ho selezionato un articolo della rivista online Equitierra-Revista Rural Latinoamericana 29, perché mi è sembrato opportuno osservare lo sviluppo della produzione dal punto di vista delle persone vicine a quella realtà; nell'articolo “Café cargado...con identidad”

i

del maggio 2009 la giornalista Magda Faludi parla del Presidio del Caffè

in

delle Terre Alte di Huehuetenango dicendo che queste esperienze riguardo al caffè sono un esempio delle strategie che si stannno attuando

ac ch

oggi in America Latina per valorizzare un prodotto con una particolare identità e farlo conoscere ai mercati stranieri. Alcune di queste strategie prevedono nuove norme e nuovi meccanismi (come le DOC o le DOP) per resistere alla concorrenza, sulla base di nuovi vantaggi comparativi, di

Be rn

mercati dinamici ed esigenti, mentre altre mirano ad un diverso tipo di valore accorciando la distanza tra produttori e mercati, spesso nell'ambito di relazioni e mercati giusti e solidali. In entrambi i casi tutto ciò implica il fatto di mostrare il prodotto fortemente identificato con un certo territorio e con determinate caratteristiche culturali, che in questo caso particolare

a

significa differenziarlo dal “caffè commodity” e dal “caffè mischiato”, in cui non importa l'origine, bensì l'adeguato dosaggio della miscela che rende

in

appetibile la bevanda. Ciononostante rimane aperta la questione se queste strategie riusciranno a dar vita a processi più ampi di sviluppo

nt

territoriale.

le

La produzione del Caffè delle Terre Alte di Huehuetenango è

strettamente legata a: 170 produttori distribuiti in varie cooperative tra cui la cooperativa

Va •

ASODESI, nel municipio di San Pedro Necta, la cooperativa ADINUIT di Todos Santos, e le cooperative ESQUIPULAS e

29 Rivista online con pubblicazione quadrimestrale a cura del RIMISP (Centro Latinoamericano para el Desarrollo Rural – Centro latino-americano per lo sviluppo rurale). TM

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ADIENIL, situate a La Libertad; •

la Cooperativa Sociale Pausa Café che opera presso la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino;

COBAHUE, il consorzio di commercializzazione creato dai produttori e da Pausa Café;

i

la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del

in

Ministero degli Affari Esteri italiano che ha finanziato il progetto

ac ch

Café y Caffè;

l'Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze che si occupa di coordinare le attività del progetto Café y Caffè;

l'ICO

(International

Coffee

Association

-

Associazione

internazionale del caffè) e il CFC (Common Found for Commodities

Be rn

- Fondo comune per i beni di mercato) che hanno fornito un aiuto economico per il progetto Café y Caffè; •

Anacafé, che fornisce ai produttori assistenza tecnica in loco;

tutte le torrefazioni artigianali che hanno messo a disposizione le loro conoscenze per arricchire culturalmente i produttori e formarli le torrefazioni ed i ristoranti che si sono resi disponibili a

in

a

per migliorare la qualità del loro caffè; promuovere e pubblicizzare nei loro locali il Presidio; ovviamente la Fondazione Slow Food per la Biodiversità-ONLUS

nt

le

che ha progettato e seguito tutto lo sviluppo del Presidio.

Va

III. 2 Intervista ai produttori Come è stato detto nell'introduzione, il mio obiettivo è anche dare

voce ai produttori del Presidio, quindi sono state fatte alcune domande a Manrique Lopez Castillo, che è stato per molti anni il rappresentante del Presidio, e ad alcuni produttori ed assaggiatori di caffè. TM

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D: Che tipo di caffè si produce nella regione di Huehuetenago? R: Qui produciamo un caffè Arabica di ottima qualità, però purtroppo questa risorsa sta terminando poiché non abbiamo i mezzi necessari per andare avanti. Ce ne stiamo accorgendo adesso, in questi anni, perché vediamo che il nostro prodotto deve essere svenduto a prezzi irrisori

i

proprio perché non abbiamo i finanziamenti necessari per coltivare il caffè

in

in modo migliore e mantenere il nostro prodotto. Siamo molto dispiaciuti

ac ch

perché non riusciamo a dare al nostro prodotto l'attenzione che merita.

D: A Huehuetenago esiste un buon caffè, ma allora dov'è e perché non è ben pagato?

R: Con questo progetto nasce l'idea di svolgere uno studio sul caffè di

Be rn

Huehuetenago. Quando abbiamo identificato quest'area di produzione il nostro caffè è stato portato in Italia, in occasione di un evento sulla gastronomia, il Salone del Gusto, realizzato da un'associazione, Slow Food. Durante questo evento, che si svolge con cadenza biennale, il caffè di Huehuetenago è stato classificato tra i migliori caffè del mondo e Slow

a

Food ha detto: “Lì abbiamo un Presidio”; quindi abbiamo iniziato a

in

scrivere regole di produzione per creare un Presido a Huehuetenago. D: Quali norme bisogna rispettare per produrre un Presidio Slow Food?

nt

R: Dobbiamo rispettare alcune regole ambientali come il fatto che gli appezzamenti di terra debbano contenere alberi, che l'acqua utilizzata per

le

la trasformazione non venga gettata nei fiumi, che si conservi il suolo o

Va

che si proteggano gli animali. D: Quali sono le regole economiche stabilite da Slow Food? R: Le regole economiche possono essere riassunte dicendo che il denaro ricavato dalla vendita di questo caffè speciale ad un prezzo speciale venga distribuito equamente, vale a dire che il produttore ottenga la TM

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maggior parte di questo guadagno, poiché vive di questo. Inoltre il fatto che l'organizzazione sia sostenibile e che si possano anche realizzare progetti sociali per migliorare la comunità. D: Esistono anche regole sociali per i produttori della regione di

i

Huehuetenago?

in

R: Abbiamo molte regole sociali, ma cercherò di riassumerle; la più importante è che i bambini, cioè i figli dei produttori, che partecipano alla

ac ch

promozione e vendita dei caffè speciali di Huehuetenago vadano a scuola. Non possiamo evitare che un bambino vada nel cafetal, penso che dovrà passare molto tempo prima di arrivare a tanto, però possiamo fare in modo che questo bambino, prima di andare con i genitori a

Be rn

raccogliere caffè, vada a scuola, e questo è davvero importante. Non possiamo evitare che le madri di famiglia aiutino i propri mariti raccogliendo, essiccando o tritando il caffè, ma possiamo promuovere il fatto che queste donne vadano almeno una volta l'anno dal medico.

a

Questo fa parte delle regole sociali.

D: Come si svolge un controllo qualità del caffè?

in

R: Il controllo qualità è una delle tappe finali della degustazione di caffè. Dobbiamo esaminare accuratamente il colore, l'umidità, l'aspetto e la

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densità dei chicchi. Facciamo un particolare tipo di “ingestione” in modo che il caffè arrivi nella parte finale della bocca, ai lati, dove si trova il

le

nostro senso del gusto, dove quindi si trovano le nostre papille gustative che sono molto sensibili. È qui che percepiamo qualsiasi tipo di

Va

alterazione del sapore del caffè, qualsiasi sostanza che possa aver contaminato il caffè o anche evidenziare quali siano le principali caratteristiche di un caffè.

TM

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CAPITOLO IV - La cultura del caffè IV. 1 Storia del caffè in Italia

i

Pensando al caffè noi italiani facciamo un collegamento diretto con

in

una pausa, un momento per incontrarci con gli amici e quindi questa

ac ch

bevanda diventa sinonimo di condivisione.

L'origine della pianta del caffè e, conseguentemente, la bevanda non è legata al nostro Paese, bensì a terre lontane come l'Etiopia, il Brasile e gran parte dell'America Latina.

Be rn

In Italia il caffè è arrivato intorno

al XVI secolo, nel periodo delle traversate atlantiche e della scoperta

di tutti quei prodotti "alieni". La prima

città in cui si sperimentò questa

a

nuova bevanda fu Venezia dove, nel

in

1570 circa, il botanico Prospero Illustrazione 4: Caffè Florian, Venezia Alpino portò alcuni sacchi pieni di

nt

strani chicchi scuri dall'Oriente. Il fatto che Venezia sia la più antica consumatrice di caffè in Italia è

Va

le

testimoniato dalle parole de "La Lettura" di Pompeo Molmenti del 1904:

pareti

“Quante cose hanno veduto e udito le dei

caffè

veneziani,

dove

si

potrebbe

rintracciare la storia della vita intima della città singolare, dove il commercio, la maldicenza, gli amori ordiscono ancora le loro tele. Dove restano ancora

TM

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nell’aria un po’ di profumo della vecchia ilarità veneziana e un po’ della piacevolezza di spirito dei nostri nonni! Nessuno,

più

del

veneziano,

ama

suoi [di Venezia] caffè, sorbendo a centellini l’amaro

in

succo30”.

i

trascorrere le ore nelle piccole ed eleganti stanze dei

ac ch

Inizialmente sorseggiare un caffè era un lusso che pochi si potevano permettere per il suo prezzo proibitivo, ma nacquero rapidamente le "botteghe del caffè" e nel 1763 solo a Venezia si contavano già 218 botteghe.

Be rn

In poco tempo il caffè divenne un messaggio di amore, infatti ci sono testimonianze riguardo all'abitudine di molti innamorati di corteggiare l'amata mandandole cioccolatini e caffè; probabilmente è qui che possiamo individuare l'origine del consumo di caffè durante momenti di incontro.

a

Il caffè non ebbe però vita facile, infatti a causa del suo colore (nero come gli inferi), del sapore (amaro come le pene dell'inferno), delle sue

in

proprietà eccitanti che alteravano le facoltà intellettive e della provenienza Orientale molti conservatori si opposero al consumo del cosiddetto "Vino

nt

d'Arabia". Questa avversione verso la bevanda si può riscontrare nelle

le

parole di Francesco Redi, cerusico del XVII secolo: “Beverei prima il veleno che un bicchier

Va

che fosse pieno dell’amaro e reo caffè! […] E se in Asia il musulmano se lo cionca a precipizio mostra aver poco giudizio!31”

30 Pompeo Molmenti; I caffè di Venezia in La lettura (rivista mensile de “Il Corriere della Sera”), Milano, 1904, n. 4 fascicolo 2. 31 Francesco Redi; Bacco in Toscana in Opere, vol. 1, Tipografia dei Classici Italiani, TM

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Molti addirittura chiesero a Clemente VIII, pontefice in quegli anni, di bandire il consumo di caffè in ogni forma, ma il Papa, dopo averne assaggiata una tazza ed aver apprezzato questa "bevanda ristoratrice" stabilì che non c'era motivo di vietarne l'uso. Da quel momento il caffè ha goduto di un'ottima reputazione e finalmente le "botteghe del caffè" si

i

diffusero anche a Roma, dopo essere nate in quasi tutte le grandi città

in

italiane. Tra queste è opportuno spendere qualche riga per parlare della

tradizione del caffè napoletano, iniziata intorno al 1890 con l'apertura del cui Eduardo De Filippo e Benedetto Croce.

ac ch

caffè "Gambrinus", locale storico che ha visto molti personaggi illustri tra

In poco tempo il caffè divenne la bevanda ufficiale della città ed

Be rn

incontrarsi nei locali a bere una tazza di caffè si trasformò in un rito imprescindibile per i napoletani, al pari di quello del tè per i giapponesi o per i popoli arabi. Il radicarsi della cultura del caffè a Napoli è provato dalla nascita, in questa città, del caffè più buono (nel vero significato della parola): il caffè sospeso, cioè quello che viene lasciato pagato al bar per

in

a

futuri clienti che non hanno la possibilità di pagarlo.

nt

IV. 2 Il caffè nell'Italia del 2013 Oggi quando diciamo ad un amico "andiamo a prenderci un caffè?"

le

solitamente intendiamo passare del tempo insieme davanti ad una tazzina di caffè caldo parlando del più e del meno, raccontandoci cosa ci è

Va

successo negli ultimi giorni, ragionando su qualche nostro progetto, magari chiedendo un consiglio per qualcosa che riteniamo essere importante; potremmo dire che il caffè per noi è diventato una scusa per passare del tempo con qualcuno in maniera informale sia stando Milano, 1809. TM

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comodamente seduti al tavolo sia in piedi davanti al bancone del bar. Proprio quest'ultimo modo di consumare caffè ci rende diversi dalle altre culture, infatti molti popoli consumano caffè al giorno d'oggi, ma solitamente in altri Paesi è costume sedersi per bere un caffè, mentre noi italiani possiamo anche entrare in un bar, bere un caffè al bancone ed

i

uscire in meno di cinque minuti per andare in ufficio o a prendere un

in

treno.

Un'altra occasione tipicamente italiana per bere un caffè è quando

ac ch

andiamo a fare visita ad un parente o un amico e la prima cosa che il padrone di casa ci dirà è sicuramente "ti offro un caffè?"; in questo senso caffè può essere inteso come sinonimo di cortesia, di accoglienza, infatti siamo soliti offrire caffè a chiunque varchi la soglia di casa, da un amico

Be rn

fraterno, a un conoscente fino al tecnico del frigorifero. La nostra passione per questa bevanda ha fatto sì che in quasi tutti i bar italiani ci sia una vastissima scelta di caffè. Infatti già quando

a

andiamo a prenderci un espresso ci troviamo davanti un ventaglio di possibilità che vanno da

in

quello classico, il tipico caffè italiano servito nella tazzina di ceramica, corto (al massimo 20/25 ml); a

nt

quello al vetro, e cioè un

Va

le

Illustrazione 5: Caffè espresso servito in una shakerato

Illustrazione 6: Irish Coffee

tazzina di vetro con manico solitamente di acciaio; all'espresso doppio, ossia un caffè da 50 ml in una sola tazzina; al ristretto, vale a dire un caffè da meno di 25 ml; al caffè lungo, cioè superiore a 25 ml; all'amato corretto, con l'aggiunta di una goccia di grappa, sambuca, baileys, whiskey, cognac, amaretto, ecc.; al TM

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macchiato, caldo o freddo, con un'aggiunta di latte; all'espresso con panna montata. Oltre alle numerose varietà di espresso esistono altre varianti più elaborate e golose come il caffè shakerato, preparato con caffè, zucchero liquido e cubetti di ghiaccio (in alcune varianti si possono aggiungere liquore alla vaniglia, all'anice o all'amaretto); il caffè irlandese

i

o Irish Coffee che viene solitamente definito come cocktail per la

in

presenza di whiskey irlandese unito a caffè, zucchero di canna e panna fresca; il caffè americano, molto simile a un té sia nell'aspetto che nella

ac ch

preparazione, servito nella mug (tazza grande) anziché nella tazzina; il caffè marocchino, ossia un espresso, servito in un bicchiere di vetro da 10 cl, coperto da uno strato di schiuma di latte con una spolverata di cacao amaro; il mocaccino, preparato mettendo in un bicchiere di vetro uno

Be rn

strato di cioccolato fuso, una spolverata di cacao amaro, un espresso, panna montata e un'altra spolverata di cacao amaro o il classico intramontabile cappuccino, un espresso mischiato con latte caldo e

Va

le

nt

in

a

coperto da uno strato di schiuma di latte spolverato di cacao.

TM

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TM

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53

a

in

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Va

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in

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Be rn


Per gli amanti della pausa caffè, ma non della bevanda, vengono proposte molte alternative a partire dal caffè d'orzo, servito in tazzina o in tazza grande, al nuovo caffè al ginseng (di origini asiatiche), che non è altro che un caffè servito con l'aggiunta di estratto di panax ginseng, radice dalle ottime proprietà energetiche, agli originalissimi caffè di malto,

i

di segale, di fichi, di lupini e di cicoria. Questi ultimi sono i cosiddetti

in

“surrogati del caffè”, individuati intorno al 1934, quando una rivista specializzata ne parlava così: “Nonostante per la produzione di miscele

ac ch

succedanee del caffè (…) sia possibile utilizzare un’infinità di materie prime, qui da noi si ricorre sempre e solo a 5 ingredienti base: caffè d’orzo, caffè di segale, caffè di malto, caffè di cicoria e caffè di fichi. Queste sostanze, utilizzate singolarmente, non sarebbero in grado di

le

nt

in

a

Be rn

soddisfare il palato esigente dei consumatori”.

Va

Illustrazione 7: Caffè di cicoria

TM

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ac ch

in

i

IV. 3 Consumo di caffè nel mondo

Ogni anno un italiano consuma circa 5, 77 chili di caffè e il nostro Paese si trova al settimo posto nella classifica mondiale stilata da

Be rn

Coffitalia nel suo annuario 2011/201232. Il podio è occupato dalla Finlandia con 10, 58 chili di caffè pro-capite, seguita dalla Danimarca (9, 99 chili) e dall'Olanda (9, 85 chili). Giornalmente in tutto il mondo si bevono circa quattro miliardi di tazzine di caffè e questo lo rende la bevanda più amata dopo l'acqua e la seconda commodity più trattata sui mercati internazionali dopo il petrolio. L'Italia annualmente importa 324 mila

a

tonnellate di caffè dai Paesi dell'area equatoriale in cui viene prodotto

in

(Brasile, Etiopia, Colombia, ecc.). Osservando i dati a livello globale gli americani si piazzano al primo

nt

posto tra i consumatori di caffè (grazie alla popolazione numerosa) tra

le

con 146 miliardi di tazze all'anno; le

città

più

“caffeinizzate”

Va

d'America ci sono Chicago, New York e Seattle, mentre quella meno amante del caffè è Anchorage, in Tabella 1: Consumo caffè dal 1970 al Alaska. Bisogna sottolineare come 2010 32 Informazioni su www.beverfood.com TM

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55


il consumo di caffè si stia diffondendo anche in Paesi asiatici come Cina e Giappone, dove recentemente sono stati aperti alcuni coffee shops; The Economist ha previsto che entro il 2015 il consumo di caffè in Cina aumenterà approssimativamente del 40%, mentre il Giappone, nel 2012, risultava essere il terzo maggior consumatore di caffè nel mondo.

i

Bisogna notare che, tendenzialmente, il caffè viene consumato

in

quasi esclusivamente in aree geografiche lontane da quelle di produzione, infatti tra i suoi maggiori consumatori non compaiono, per esempio, i

ac ch

Paesi dell'America Latina. Le eccezioni a questa tendenza sono rappresentate dal Brasile (maggior produttore di caffè a livello mondiale) e dall'Etiopia, uno dei più grandi produttori di caffè e anche un importante consumatore di questa bevanda. Si dice che il caffè arabica sia nato

Be rn

proprio in questa terra; infatti, gli etiopi hanno importanti tradizioni legate al consumo del loro bunna (caffè in dialetto etiope). Ci sono molte leggende riguardo la nascita del caffè in Etiopia, una narra di un uomo della tribù degli Oromo che, dopo aver sentito la previsione della sua morte dal dio Waqa, tentò di sfuggirgli scappando via

a

a cavallo, ma, appena arrivò dall'altra parte della Terra, trovò alcuni uomini che, su ordine del dio, gli avevano scavato la tomba, quindi,

in

appena scese da cavallo, morì. La notizia si diffuse nel villaggio dell'uomo e, appena il dio ne venne a conoscenza, si recò sulla tomba dell'uomo e

nt

pianse; da quelle lacrime nacque una pianta di caffè che, da quel momento, ricopre un ruolo fondamentale nella cultura etiope, proprio

le

perché, diversamente dalle altre piante che nascono dalla pioggia, è nato dalle lacrime di un dio33. Una seconda è quella definita come “leggenda

Va

delle capre ballerine” e racconta di un pastore della regione di Kaffa (regione in cui si crede sia nato il qahweh) che rimase sorpreso nel vedere le sue capre, solitamente docili e sonnolenti, improvvisamente 33 L. Bartels, 1983, rip. in G. Mazzoleni, Miti e leggende dell’Africa nera, Newton & Compton, Roma, 1988. TM

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attive ed agitate dopo aver mangiato alcune bacche; quindi decise di provarle e si sentì subito lucido e reattivo. In quel momento un monaco di passaggio si imbatté nel giovane pastore e, vista la sua lucidità e freschezza, decise di assaggiare quelle bacche. Durante le preghiere notturne notò che la sua mente era più attenta di prima, da qui si diffuse il

in

i

segreto del caffè e delle sue proprietà energetiche.

ac ch

IV. 4 Il rito del caffè in Etiopia - "Ya jebena bunna"

Dopo la scoperta di questo frutto sensazionale, per molto tempo gli etiopi lo hanno mangiato intero, sminuzzato o mescolato con del burro

Be rn

bollito. Poi, intorno al XIII secolo, si è diffusa l'abitudine di essiccare le bacche, tritarle e produrre una sorta di infuso con la polvere ricavata. Da questo momento in poi la cerimonia del caffè in Etiopia è rimasta invariata e, quando una famiglia etiope accoglie un ospite in casa sua, compie le stesse azioni e gli stessi procedimenti di molti secoli fa. Dopo aver terminato il pasto, una delle donne di casa si alza e

a

inizia a spargere goosgwaze (erba fresca che si crede sia sinonimo di

nt

in

fortuna) e, spesso, fiori in terra per tutta la stanza, in modo da portare profumo in ogni angolo e rievocare l'unione con la natura. Poi si siede su uno sgabello in un angolo vicino

le

ad

un

braciere

ed

accende

l'incenso, simbolo dell'unione con

Va

Dio,

che

atmosfera

contribuisce con

il

a

suo

creare profumo

inebriante. In alcuni casi viene

Illustrazione 8: Dimostrazione del rito del caffè etiope

TM

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preparato mangiare

anche come

qualcosa pop

corn,

da che 57


vengono anche gettati a terra per scacciare gli spiriti cattivi, kolo (cereali e noccioline tostati con una miscela di spezie chiamata berberè) o dabo kolo (pezzetti di pane dolci e fritti) e, a seconda della religione, si può gustare caffè con burro locale o con un pizzico di sale. Dopodiché lava i chicchi di caffè e li arrostisce in una scodella; una volta raggiunta la giusta

i

tostatura, la donna porta la scodella al tavolo e agita i chicchi davanti ad

in

ogni commensale per fargli assaporare l'aroma del caffè. Fatto ciò si reca in cucina, solitamente all'esterno dell'abitazione, dove pesta i chicchi in un

ac ch

mortaio detto mukecha. Dopo qualche minuto fa ritorno con la jebenà, la tipica brocca di argilla etiope (molto simile ad una teiera), la mette per qualche secondo sulla brace per far riscaldare l'acqua all'interno e poi aggiunge la polvere appena ricavata finché l'acqua non arriva al bollore. distribuisce

partendo

Be rn

Infine versa il caffè zuccherato in tazzine senza manico (sini) e lo sempre

dal

commensale

più

anziano.

Tradizionalmente, alla fine del primo giro, con la stessa polvere, se ne fa un secondo e poi un terzo; poiché il caffè perde la sua "forza" ad ogni giro, in Etiopia si dice che il primo giro, quello più forte, è dei padri, il

Va

le

nt

in

a

secondo per le madri e il terzo, più debole, per i bambini.

TM

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IV. 5 Il rito del caffè in America Latina Tra i maggiori produttori di caffè in America Latina risulta anche il Messico, che, a seconda dell'annata, si contende il posto nella classifica dei produttori con il Guatemala. Anche qui il caffè, oltre ad essere

i

prodotto, viene consumato (seppur in quantità ridotte rispetto a Paesi

in

come l'Etiopia e il Brasile); infatti esistono ben due tipi di caffè originari

proprio del Messico: il café de olla e il café mexicano. Questi vengono

ac ch

spesso confusi l'uno con l'altro, ma in realtà sono molto diversi, infatti il primo è una bevanda che si prepara facendo bollire l'acqua in una pentola di coccio (appunto olla in messicano) ed aggiungendo delle spezie quali stecche di cannella e chiodi di garofano; cioccolato amaro sbriciolato e

Be rn

zucchero di canna messicano (chiamato piloncillo). Una volta che l'acqua ha ripreso il bollore si aggiunge la polvere di caffè, si spegne il fuoco e si lascia il tutto in infusione per circa tre minuti, dopodiché basta filtrare il liquido e servirlo nelle tazzine (solitamente al posto del cucchiaino viene fornita una stecca di cannella). Il café mexicano invece è molto simile al

a

già citato Irish Coffee in quanto consiste in una tazzina di caffè ristretto bollente mischiato con 2 cucchiai di tequila e 2 cucchiai di Kahlua e

in

servito in un bicchiere trasparente ricopreto da panna montata.

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Un altro Paese sudamericano consumatore di caffè è l'Argentina dove i café (locali simili ai pub anglosassoni) sono molto diffusi sia nella

le

capitale Buenos Aires che nelle città minori, tanto da indire la giornata dei café a Buenos Aires (il 26 ottobre), giorno in cui tutti i locali della capitale

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propongono straordinari spettacoli di tango ed applicano particolari tariffe scontate. Questi locali sono, dagli inizi del '900, luoghi d'incontro molto simili alle sale de tè inglesi dove le persone amano sedersi a gustare un buon caffè o la più tradizionale yerba mate (una bevanda che si ricava dall'infusione dell'erba mate e che ha le stesse proprietà del caffè) TM

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accompagnati da stuzzichini o dolcetti guardando spettacoli di tango argentino o ascoltando buona musica locale. Poco più di un anno fa, però, la globalizzazione ha colpito anche un luogo appartenente al patrimonio storico e culturale di Buenos Aires: il

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Café Richmond. Infatti il famosissimo locale di Calle Florida è stato chiuso

in

nel 2011 per far spazio ad un megastore Nike con grande stupore degli abitanti della città e dell'intero Paese. Ai tavoli di questo famoso cafè si

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erano seduti artisti e scrittori del calibro di Graham Greene (che ha anche citato il locale nel suo “Il console onorario”), Antoine de Saint-Exupéry e

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Jorge Luis Borge.

IV. 6 La situazione del Brasile Come abbiamo affermato in precedenza, l'Etiopia è uno dei

pochissimi Paesi produttori di caffè che consumano questa bevanda, ma un altro caso simile è quello del Brasile, dove il consumo di caffè è molto TM

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aumentato negli ultimi anni. Infatti un articolo online risalente al novembre 2012 attesta che l'abitudine di bere caffè in Brasile ha visto una crescita del 3,05% rispetto al 2011, con circa 20 000 sacche di prodotto consumate34. Queste cifre si traducono in un consumo pro-capite di 6,18 chili di caffè in grani, che corrispondono a circa 4,9 chili di caffè torrefatto,

i

ciò significa che ogni brasiliano ha bevuto circa 83 litri di caffè in un anno,

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cifre inimmaginabili fino a qualche anno fa.

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La crescita del consumo di questa bevanda ha fatto sì che cambiassero anche i modi di bere caffè, infatti Márcio Reis, responsabile dell'area ricerche dell' Associazione Brasiliana delle Industrie di Caffè, ha dichiarato che i brasiliani stanno diversificando la maniera di bere caffè

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durante il giorno aggiungendo al classico “caffè colato” o cafezinho35 il caffè espresso corto all'italiana, il cappuccino, il latte macchiato e le altre varietà più moderne.

Tuttavia l'ostacolo principale al consumo di caffè in Brasile è l'assenza di macchine che possono essere solo importate dall'estero a

a

costi altissimi, ma sembra che nei primi mesi del 2013 la situazione sia

in

migliorata. Infatti, sempre secondo l'ABIC, il consumo di caffè non ha smesso di aumentare e si è anche diffuso il consumo di caffè in cialda e,

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con questo, l'uso di macchine per produrlo. Tutto ciò ha fatto sì che il Paese raggiungesse di nuovo dati storici che non si vedevano dal 1965 e

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fa ben sperare per l'anno corrente. Questa crescita è dovuta sicuramente anche all'aumento di consumatori delle classi sociali medio-basse del

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nord del Paese e, proprio a questo proposito, i torrefattori si stanno adoperando per riuscire a migliorare l'offerta ed ottenere una produzione di caffè che possa rientrare in una determinata fascia di prezzo, ma si 34 Dati foniti dall' ABIC (Associazione Brasiliana delle Industrie di Caffè) 35 Il tipico caffè servito nei locali brasiliani; viene prodotto mettendo direttamente la polvere di caffè in acqua bollente e poi colando il tutto attraverso un filtro di cotone, per poi essere servito in tazze o tazzine. TM

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prevede che il prezzo del caffè macinato possa aumentare leggermente

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entro la fine del 2013.

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Conclusioni A conclusione di questa analisi posso affermare di aver arricchito il mio bagaglio culturale dato che, pur conoscendo l'associazione Slow Food e gran parte dei suoi progetti, ho affrontato due Presidi che per me

in

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erano quasi sconosciuti, non avevo mai parlato direttamente con i produttori di caffè e non conoscevo le tecniche di raccolta e lavorazione di

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questo famosissimo prodotto. Tuttavia, dopo aver raccolto il materiale ed aver studiato a fondo diversi processi produttivi, ho imparato che il caffè macinato che utilizziamo in casa quando prepariamo la moka può essere frutto di una particolare miscela con un gusto eccezionale, ma di scarsa qualità, o può derivare da chicchi accuratamente selezionati già dal

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momento della raccolta; che la qualità del caffè non si stabilisce solo al momento dell'assaggio, ma anche osservando le ciliegie sulla pianta e il loro grado di maturazione; che non tutte le varietà di caffè possono essere sottoposte allo stesso procedimento per separare il chicco dalla buccia, infatti nel caso del caffè di Huehuetenango abbiamo detto che le ciliegie

a

vengono lavate e che i chicchi si separano da esse manualmente, mentre

in

nel caso etiope le bacche vengono sottoposte ad un processo di fermentazione che fa staccare in modo naturale il chicco dalla buccia.

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Inoltre bisogna sottolineare che nonostante il caffè di questi due Presidi sia del tipo Coffea Arabica, sia le tecniche di lavorazione della materia prima, sia il risultato finale che degustiamo in tazza sono totalmente

le

diversi e probabilmente molte persone, dopo averli bevuti, non direbbero

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che derivano dalla stessa varietà di piante. Grazie a questo progetto sono riuscita a far conoscere una filosofia

in cui credo, quella del cibo buono, pulito e giusto e che penso sia necessario abbracciare in un mondo come quello in cui viviamo, dove non viene più data importanza a quelli che sono i valori della tradizione, dove non c'è più la voglia di conoscere nuove culture e nuovi stili di vita lontani TM

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dai nostri, dove la riscoperta di tutto questo potrebbe farci intraprendere un percorso che ci porterebbe ad aiutare gli altri e noi stessi. Credo di poter affermare tutto questo perché ho avuto occasione di conoscere molte comunità straniere come quelle di Huehuetenango o dell'Etiopia durante vari eventi Slow Food (Salone del Gusto e Terra

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Madre, Terra Madre in Toscana) e queste esperienze, insieme allo studio

in

svolto per realizzare questo progetto, mi hanno arricchito molto a livello personale e sono rimasta colpita dal fatto che tutte le persone con cui ho

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avuto a che fare fremessero per raccontare agli altri quale fosse il loro lavoro e cosa producessero nel loro Paese; è stato impressionante vedere quante domande fanno in ogni situazione, sono curiosi di sapere e di portare nuove conoscenze ai loro colleghi che non hanno potuto

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partecipare a quel determinato evento e penso che la loro ricchezza sia proprio questa, la voglia di scoprire tutto quello che per loro rappresenta una novità o un'anomalia.

Con la mia testimonianza e il mio progetto spero di aver suscitato l'interesse di molte persone che fino ad ora non avevano mai pensato a

a

realtà così lontane dalle loro e di aver dato uno spunto di riflessione a quanti ancora, nel 2013, sono convinti che l'intelligenza e il sapere siano

in

dominio del mondo occidentale e non credono che queste conoscenze possano essere utilizzate per formare ed informare persone in difficoltà

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che, con un semplicissimo intervento esterno, potrebbero fornire una

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le

prospettiva di un futuro più roseo ai loro figli.

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i in

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ENGLISH SECTION

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Introduction The aim of this dissertation is to convey the philosophy of the Slow Food Association and its projects, in particular the Harenna Forset Wild Coffee Presidium, in Ethiopia, and the Huehuetenango Highland Coffee

in

i

Presidium, in Guatemala. The idea was to discuss what kind of activities

the association carries out through an example of something that is found

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in most homes almost everyday over the world: coffee. For this reason we decided to start from the areas where this famous product was born and is cultivated; areas that are situated mostly in developing countries. In this context we can better understand Slow Food's activities; in fact, through its numerous projects the association tries to inform consumers by raising

Be rn

their awareness of what they buy at the supermarket or what they eat in their homes or in restaurants. Only two coffee Presidia were chosen (today there are three coffee Presidia in Africa and Latin America) to show clearly and in detail how a Slow Food project is created and developed until it becomes a Presidium and how the intervention of this international

a

association can improve both the quality of the product and the living

in

standards of the people who produce it. In addition to a theoretical analysis we decided to give voice directly to small African and

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Guatemalan producers, so that their own words will prove how much their lives have changed since they became part of the Slow Food network. I believe that this project could be a starting point to get closer to

le

the philosophy of “gusto pulito” (“clean taste”, one of the most recent Slow

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Food initiatives) or, however, to start thinking more carefully and consciously about the history behind products that till now we have simply judged. We should try and be more curious about and above all respectful of the hard work that people have to carry out every day for many hours only to earn a few cents; people all over the world who are being forced to abandon their activities, often passed down from generation to generation, TM

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just because globalization is wiping out any trace of tradition or history in certain territories. The goal of this thesis is to show how socio-economic conditions of small rural communities can change thanks to simple educational and technical information interventions and how safeguarding

in

a

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in

i

centuries-old traditions in danger of extinction is easy.

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Photo by Alberto Peroli (2007)

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CHAPTER I – The Slow Food Association I. 1 Birth and Development

i

In 1989 at the “Opéra Comique”, in Paris, the international, non-

in

profit Slow Food association for the safeguarding and the right to pleasure

was born. More than one hundred delegates from different countries

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including Argentina, Austria, Brazil, Denmark, France, Germany, Japan, Italy, the Netherlands, Spain, the United States, Sweden, Switzerland, Hungary and Venezuela took part in this event.

During the ceremony the Slow Food Manifesto was signed. The

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official version of this document is in Italian (because of the founders' nationality), but we are going to analyse the fundamental parts. At the beginning we can read about “the Fast Life which makes us eat in Fast Foods”, probably the key words of the association which was born with the aim of bringing homo sapiens to his senses. Actually in the Manifesto velocity is compared to a virus which endangers the life of mankind on

a

Earth. Both velocity and, consequently, Fast Life are the concrete

in

demonstration of a consumerist society which is constantly characterised by new needs and desires. The strongest message of the Manifesto is not

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to confuse frenzy with efficiency, not to mix up the chance of satisfying many different desires with the ability to enjoy them to the full and not to

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mistake quantity with quality. In this sense the movement embraces the idea of decreasing and advocates the

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concept according to wich time is necessary to be aware of material pleasure; Roberto Burdese (Slow Food Italy President) in an interview affirmed that if we take time to enjoy what we

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have, we will be richer and that long and prolonged delight cannot be fully appreciated if we do not learn how to live better with less 36. At the end of the Manifesto the founders established the symbol of the association: the snail. In fact this animal not only represents slowness, but also moderation. They had been inspired by Ivan Ilich who wrote: “The

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snail constructs the delicate architecture of its shell by adding ever

in

increasing spirals one after the other, but then it abruptly stops and winds back in the reverse direction. In fact, just one additional larger spiral would

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make the shell sixteen times bigger. Instead of being beneficial, it would overload the snail. Any increase in the snail’s productivity would only be used to offset the difficulties created by the enlargement of the shell beyond its preordained limits. Once the limit to increasing spiral size has

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been reached, the problems of excessive growth multiply exponentially, while the snail’ s biological capability, in the best of cases, can only show linear growth and increase arithmetically”.

The Slow Food movement derives directly from its forerunner, the

a

eno-gastronomic association Arcigola, which was founded in Bra, in 1986 by a group of young men including Carlo Petrini, Piero Sardo, Folco

in

Portinari, Gino Veronelli, Silvio Barbero, Francesco Guccini and Dario Fo. Their objective was to safeguard and protect Italian cooking traditions

nt

(and all the cultural events linked to them) and everything that was peculiar to their territory from the danger of the homologation of flavours

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and culture that globalization was leading to.

I. 2 Evolution Since that moment, Slow Food has been expanding and it has

36 R. Burdese, La nostra storia, Slow Food Magazine n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2009, page 72 TM

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become well established thanks to more than 100 000 members (in 2012) and to the creation of officies and representatives in about 150 countries. It is headquartered in Bra, in the province of Cuneo, and has another seven national branches in Italy (Slow Food Italy is the direct heir of Arcigola), as well as branches in Germany, Switzerland, the United

i

States, Japan, the United Kingdom and the Netherlands. In every office a

in

panel of Slow Food representatives organise and manage the association activity in their territory.

ac ch

At the basis of the association there are the Convivia, decentralized, territorial chapters (about 1500 all over the world), through which members can feel part of the network and commit themselves to promoting the movement in their territory. The promotional activity is

Be rn

usually carried out through the organisation of meetings and educational workshops to spread the knowledge and the development of agroindustrial production as well as through cooperation with public authorities, gastronomic and environmental associations and with anybody interested in the Slow Food philosophy.

a

This phylosophy has been defined during the years of activity; in fact Slow Food was created as an eno-gastronomic movement made up

in

of people who strongly promote the pleasures of the palate as an alternative to the homologation and de-qualification of food due to the bad

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industrial management of its production and processing. Recently, when talking about Slow Food members and the people

le

who believe in the good, clean and fair philosophy, Carlo Petrini said, “We represent a sizeable portion of the people who, in the most disparate

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corners of the Earth, put food at the centre of their lives, though maybe no real way exists to explain us completely in all our complexity”. He added that “with our best practices we are a vanguard of change whose guiding light is the central role of food” 37. 37 C. Petrini, Slow Food Almanac 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, page 8 TM

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The Slow Food philosophy also implies the democratization of pleasure, actually in the Slow Food Almanac 2012, released during the Salone del Gusto and Terra Madre 2012, there is written that “This food we believe in -good, clean, fair food- can no longer be seen as a privilege. It must be seen as a universal right. Our mission is to create a world

i

where everyone can exercise that right” 38.

in

The acknowledgement of pleasure as a physiological need that all people have the right to was on one hand an ace in the hole for the

ac ch

association, because it aroused people's curiosity and interest about the idea of gastronomic pleasure. This concept is evident in an article published in the Slow Food magazine where we can read that “the solution to the problem of Fast Life is simple, easy to understand and fun:

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spend more time sitting around a table and eating good food. The importance of amusement in the enormous and surprising success of the Slow Food association can never be emphasized enough” 39. On the other hand, the article gave the movement a bad name as firstly, it conjured up a picture of overindulgence that in many contexts is

a

culturally associated to excess, so it was not easy for Slow Food to explain its idea of sober, conscious pleasure, in the sense of a wise

in

rational search for pleasure that takes into consideration different aspects such as food sustainability and ethics, and secondly because supporting

nt

quality food production was seen as a privilege only for a small group of people who could afford it.

le

The definition of gastronomy from which the movement has drawn

inspiration since its creation is that of Jean-Anthelme Brillat-Savarin.

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Successively many reflections, beyond the simple idea of taste, were developed, so the association’s field of action and interest was 38 E. Holt-Giménez, Food Moviments Unite! Strategies to transform our food system, Slow Food Editore, Bra, 2011 39 E. Behr, Piacere materiale contro la follia universale, Slow Food Magazine n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2009, page 76 TM

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broadened. In The Physiology of Taste, published in 1825, Savarin writes “gastronomy is the knowledge and understanding of all that relates to man as he eats�40, so it is a complex science which involves different branches from natural history to physics, from commerce to political economy. Through the adoption of this multidisciplinary vision of gastronomy

i

Slow Food decided to have an holistic approach to food, i. e. being

in

curious and trying to search for all the disciplines that are influenced by

and have an influence on food production, processing and consumption.

ac ch

New gastronomy, adapted to the complexity of our days and age, should involve botany, genetics and other natural sciences, for the classification of food substances (which are safeguarded in this way); physics and chemistry, for the selection of the best products and the study of their

Be rn

processing; agriculture, zootechnics and agronomy for the production of a variety of top quality raw materials; ecology, because mankind interferes with the environment and modifies nature in order to produce, distribute and consume food; anthropology that studies the history of man and his cultural identities; sociology which is the study of human social behaviour;

a

geopolitics because often different populations either fight each other or join forces to exploit natural resources; political economy because of its

in

resources and the relations that it creates between different countries; commerce for its research into buying at the best price what gastronomy

nt

uses and selling fairly what it produces; technology, industry and people's ability in searching for new ways to process and store food in an

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appropriate way; cookery for the art of preparing food and making it tasty; physiology for the honing of our senses and development of a capacity to

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recognize what is good; the branch of medecine that deals with nutrition; epistemology because it helpes us interpreting the complex reality of the globalization of our world through the redefinition of scientific methods for 40 J. A. Brillat-Savarin, The Physiology of Taste, 1825; quoted in C. Scaffidi, S. Masini, Sementi e diritti, Slow Food Editore, Bra, 2008, page 153 TM

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the analysis of food's path from the plantation to our tables and vice versa. That is to say choosing41. Thanks to this approach the movement has faced many themes and problems that are related to food; the first of them was the scientific patency that demonstrated how food production, processing and

i

distribution are one of the main causes of pollution and the destruction of

in

the environment.

At that time Slow Food was changing from an eno-gastronomic

ac ch

movement into an eco-gastronomic movement, until the moment when, in 2006 during the Salone del Gusto in Turin, the idea and the practices of a new gastronomy were summarised in three simple, immediate principles: good, clean and fair.

Be rn

Three closely-linked requisites which sum up the idea of food quality that eco-gastronomy advocates.

I. 3 The creation of the Slow Food Foundation for Biodiversity

a

The branch of the association which is closest to

in

the issue that we are going to talk about is the non-profit Slow Food Foundation for Biodiversity,

nt

which was born in 2003 thanks to the support of

le

the Tuscany region. Its official headquarters is in the

Accademia

dei

Georgofili

(Georgofili

Academy) in Florence, while its operative headquarters is in Slow Food

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offices in Bra (province of Cuneo) and since 2010 it has been operating on the territory through the Casa della Biodiversità (Biodiversity House) in the village of Spergolaia (Alberese) in the province of Grosseto. The Foundation is enrolled in the Italian register of non-profit associations, in 41 C. Petrini, Riprendiamoci la vita: la Terra, la Luna e l’abbondanza, Slow Food

International, 2007, page 2 and 3 TM

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compliance with legislative decree n. 460 (December the 4 th 2007), and it was created with the aim of managing and financing the projects that Slow Food movement has developed in Italy and all over the world: “Through the Slow Food Foundation for Biodiversity,

i

Slow Food launches, coordinates and promotes projects to

in

support small-scale producers (Presidia, Ark of Taste,

Earth Markets, etc). Slow Food’s education projects help

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people understand where food comes from, how it is

produced and by who, creating awareness, new markets, and positive social change�42.

Be rn

When the Presidia project43, which had already been launched successfully in some industrialized countries, was extended to developing countries, the creation of an institution with precise managerial and coordination tasks was fundamental to ensure, among other things, the transparency required regarding the economic transactions involved in

a

these kinds of projects. Furthermore, as the Foundation is a non-profit organisation it can receive important philanthropic donations and has the

in

requisites to submit international cooperation projects.

le

nt

Although more than 2000 food communities 44 have become part of

Va

42 Non-profit Slow Food Foundation for Biodiversity. 43 The Presidia project is one of the most important at both Italian and international level. It represents the concrete meaning of the principle of good, clean and fair food. The Presidia project will be analysed in-depth in the next chapter. 44 Food communities are those people involved in the production, transformation, and distribution of a particular food, who are closely linked to a geographic area either historically, socially, or culturally. Food community members are small producers who make high-quality products in a sustainable way. They share the problems generated by intensive agricultural methods, wasteful of natural resources, and by a mass market food industry focused on standardization. These problems put the very existence of small producers at risk. From the official website www.terramadre.org TM

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the Terra Madre network45, only a few of them have had all the requisites needed to benefit from the Foundation's support and the interventions already launched serve as positive examples for the communities which have been excluded. The Foundation's permanent staff consists of a Chairman, Piero Sardo; a Secretary General, Serena Milano; an

i

Administrative Committee, whose members are elected by charter

in

members of Slow Food Italy and Slow Food International; a College of

Auditors and a Scientific Committee made up of important experts from

ac ch

different countries such as Marcello Buiatti, Italian geneticist; Vandana Shiva, Indian quantum physician and economist; Deborah Madison, American writer and chef; Harold McGee, American chemist and molecular gastronomy expert; Aminata Dramane Traorè, Malian politician

Be rn

and writer.

The members of the Scientific Committee make a contribution with their knowledge about agro-ecological, anthropological, cultural and social issues to give a scientific value to the Foundation's actions. Moreover, for each geographical area, working groups are created in order to monitor

a

the projects of the Foundation, membership development, the events of the Terra Madre network, activities linked to the promotion of biodiversity According

in

and taste education in different continents. to

the

Foundation's

Chairman,

when

the

first

nt

interventions in developing countries were launched the volunteers and experts felt inadequate to the situation. In fact the Foundation does not

le

have financial and human resources comparable with the ones of big NGOs because its funds mostly derive from members' donations to Slow

Va

Food both in Italy and in the rest of the world, from companies which work in the food field and from public and private authorities. Being aware of its limits and accepting them the Foundation began to 45 We are going to talk about the Terra Madre network in a more specific and in-depth way in the next paragraph. TM

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operate focusing on small, agricultural and food production chains which were at risk of extinction. This action was carried out by trying to organise small intervention of educational and technical support, by promoting and sustaining agronomic productivity of traditional farming in order to rebuild the relationship and the collaboration between small operators of the

i

agro-industrial sector -farmers, fishermen, breeders, cooks- and their

in

native territory. The main goal is to strengthen the human network that Slow Food wants to create between its members (the consumers) and the

ac ch

protagonists of Terra Madre: food communities, cooks 46 and research centers47.

The objectives of the Foundation go from the protection of biodiversity, natural habitats and territories to the promotion of sustainable agriculture;

Be rn

from the safeguarding of small producers and their communities to the promotion of different gastronomic traditions all over the world. These goals are closely interconnected and the progress made in each single field impacts positively on the others.

a

In its Statute we can read that:

in

“The Foundation shall operate on a non-profit basis and

Va

le

nt

46 Cooks also play an essential role. They are the interpreters of a territory, who can add value to it through their own creativity. Terra Madre cooks understood that pleasure must not be separated from responsibility to producers, without whom none of their work would be possible. In this way, they reinforce the food communities, through dialogue and collaboration with producers, and fight against the abandonment of cultural tradition and standardization of food. And it is in their restaurants that this philosophy reaches consumers. From the official website www.terramadre.org 47 The Terra Madre network comprises 250 universities and research centers, including 450 individual academics throughout the world. All are committed, within their own fields and using the tools available to them, in a further preservation and growth of sustainable food production, through both public education and food-worker training. The academic population that shares the values of Terra Madre seeks to cultivate a reciprocal relationship with producers by making available necessary scientific knowledge and promoting exchanges within local communities, but also by listening to those communities and learning from their first-hand experience and the solutions they have developed. From the official website www.terramadre.org TM

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pursue social utility mostly in developing countries. The goal of the Foundation shall be to support and disseminate the culture of biodiversity as a factor of human, civil and democratic

growth.

The

Foundation

shall

work

to

safeguard the personal right to pleasure and to taste, thus with

the

traditions

and

the

economic,

in

compliance

i

establishing a harmonious relationship with nature in gastronomic and agro-industrial identity of the territories of

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each single country. The Foundation shall study and promote a new, different culture of development, of civil coexistence and of slow living, undertaking to disseminate quality

products

in

compliance

the

natural

Be rn

environment and consumer rights48�.

with

The policies that the Foundation pursues to reach these objectives are:

1. the selection and cataloguing of quality food products which are at

a

risk of extinction and, consequently, the culture related to them; 2. the improvement of the sustainability of traditional and small scale

in

food productions, in contrast with high industrialized agricultural and food systems which are not sustainable;

nt

3. the protection and strengthening of cultural identity and the social role of small farmers through the evaluation of their knowledge and

le

the acknowledgement of the importance and dignity of their work;

4. the appreciation of products' territory of origin that have different

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peculiarities;

5. the promotion of quality artisan products, making consumers aware of their food choices making them understand that these are instruments to contribute to keeping alive unique cultures and

48 Non-profit Slow Food Foundation for Biodiversity Statute, Art. 2, 2003 TM

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traditions and safeguarding biodiversity; 6. the promotion of information sharing between small producers by improving dialogue and the interchange of problems and solutions in order to create what Slow Food defines as a global network of food communities;

in

I. 4 The Terra Madre network

ac ch

intermediaries between producers and consumers.

i

7. the promotion of short distribution chains to minimize the number of

The Terra Madre network is a Slow Food

project which was born in 2004, during the

Be rn

inaugural meeting of the Salone del Gusto in

Turin. At the beginning it involved just a few

thousands of producers who met to discuss the problem of safeguarding the earth, first source of life and food. Since that moment the network has

never stopped growing, involving, from the second

a

meeting in 2006, both producers and about 1000

in

cooks from all over the world who committed themselves to supporting producers in the attempt to protect their territories. This project was

nt

obviously funded by public and private authorities and today it is one of the most important branches through which Slow Food operates at

le

international level, especially in developing countries. The underlying principle of this network is that “a necessary part of

Va

the equation is the earth itself, which, since it nourishes us and lets us grow, we have to love and respect as best as we can. It is the earth that gives us food and culture, strengthening our communities and families and allowing us, if we wish to, to share the knowledge that is our true wealth. Nor can we forget food which, when virtuous, is the highest

TM

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possible expression of our interaction with the environment in which we live and of which we are an integral part 49”. Therefore Terra Madre's goal is to protect the smallest producers and all different realities in every corner of the world and improve production quality, mostly in developing countries through “missions”

i

carried out by groups of volunteers who are experts in a specific

in

production sector who spend a period of time with local populations

teaching them hygiene rules and which techniques are more suitable to

ac ch

their production.

For example, in 2006, several volunteers who had been responsible for fish processing in the Orbetello lagoon and specialized in the production of the Orbetello Bottarga Presidium 50 went to teach the

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Imraguen women in the fishing communities of Nouadhibou and Nouakchott in Mauritania, how to take advantege of their natural resources. In fact the ocean that washes the Mauritanian coast is rich in mullet (Mugil Cephalus), the fish species from which botargo (dried mullet roe) is produced. For this reason Slow Food Foundation for Biodiversity

a

(because this project was launched before the birth of Terra Madre network) sent its volunteers who taught the locals how to use their

in

“treasure” and today, thanks to many people's aid, both from Italy and locally, we can talk about the Slow Food Presidium of the Imraguen

nt

women's Mullet Botargo.

le

We may think that the biggest problem in developing countries is

finding raw materials to process and sell, but the real difficulty is often the

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lack of education and techniques to process the product that they want to sell. Another example of how Terra Madre works is the “mission” carried 49 C. Petrini, Slow Food Almanac 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, page 8 50 The botargo (dried mullet roe) is prepared by pulling out the ovarian bags of female mullet (Mugil Cephalus), salting them for a few hours, pressing and then drying them. At the end salted eggs become a solid amber-coloured block. TM

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out in 2012 in the Kent Fishing Community in Sierra Leone; in fact the Slow Food volunteers (experts in fish processing) who went there underlined that the sea near those coasts is rich not only in fish, but also in fine species of crustaceans such as lobsters. So the problem was that the native population did not know the best techniques to process their

i

raw material and they could not take advantage of what they had. Several

in

experts held seminars and field trainig courses for the locals about how to

clean and smoke the fish and, in the near future, during another “mission�,

ac ch

volunteers are going to build a fish smoker so the young fishermen will

le

nt

in

a

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become autonomous.

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Photo 1: the Slow Food volunteer with young people in the Kent Fishing Community

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80


CHAPTER II - The Harenna Forest Wild Coffee Presidium

i

II. 1 What are Slow Food Presidia?

in

Slow Food Presidia are part of the Foundation for Biodiversity; the Presidia project was created in 1999, seeing the enormous success of the previous Ark of Taste51,

which

dates

back

to

1996.

Be rn

Through its Presidia Slow Food has the

ac ch

projects carried out by the Slow Food

objective of safeguarding small, local food producers involving in this way a wide range of sectors of production: from the farmer to the breeder, from the fisherman to the butcher, from the artisan to the people in charge of processing raw food material. Obviously, to be able to protect these products and their producers the Slow Food Foundation also has to take

a

care of the territories in which its Presidia are born, so it also became an

in

organization in favour of the sustainability of processing techniques. In fact, it is impossible to think about safeguarding the Maremmana Cattle (a

nt

meat breed) without also considering the area where these animals are

le

born and live.

Thanks to the Presidia project, Slow Food comes in contact not

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only with the product that it wants to safeguard, but also with every single thing related to it, that is to say the environment in which it is born, lives 51 The Ark of Taste is inspired by the Biblical story of Noah's Ark and it aims at safeguarding all kinds of food which are at risk of extinction; before being catalogued and becoming part of the Ark project, each product undergoes in-depth analysis and researches. In the end a commission of experts who work on an international scale decides whether or not the product in question can be part of the project. TM

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and develops and the people who contribute to protecting the traditional processing techniques handed down by their grandfathers. We could say that Slow Food Presidia go beyond the finished product that we see in stores or in our homes; in fact, the aim of each Presidium is to protect not only the food product itself, but also its social and cultural aspects such as

i

the traditions of the population which has been producing and

in

safeguarding it for decades.

ac ch

As mentioned before, the Presidia project was born in 1999, although it was officially presented in 2000 during the Salone del Gusto in Turin, when the first 90 Italian Presidia were listed and included the Morozzo Capon and the Colonnata Lard (the latter is not part of the

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project anymore). Following the 2002 edition of the Salone del Gusto, which is a biennial event, another 19 international Presidia became part of this project, also thanks to the coverage that the media gave to the occasion. Afterwards the first Presidia in developing countries were born thanks to the intervention of the Foundation's specialized volunteers,

a

comprising both the Presidia that we are going to examine (the Harenna Forest Wild Coffee Presidium in Ethiopia and the Huehuetenango

in

Highland Coffee Presidium in Guatemala) as well as many others such as the Argan Oil Presidium in Morocco, the Mau Forest Dried Nettles

nt

Presidium in Kenya, the Mananara Vanilla Presidium in Madagascar and the Kenema Cola Nut Presidium in Sierra Leone.

le

For the creation of new Presidia in developing countries Slow Food

operates through its volunteers, as we said in the previous chapter. These

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people have to provide a suitable education for natives with hygene training courses and by supplying local people with all the necessary tools and equipment to enable them to carry out the production of the Presidium on their own. In many cases the Foundation has tried to make natives aware of the importance of education both for the youngsters and TM

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for adults; this could be seen in the statute of the Huehuetenango Highland Coffee Presidium where an article specifies that anyone can become part of the cooperative of harvesters and producers on condition their children attend school. This decision was taken in 2001, after the first mission in the region, when Italian volunteers underlined the high rate of

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illitteracy of the locals. But the association tries to solve the specific

in

problems of a country too, in fact it has also improved women's mentioned in the previous chapter.

ac ch

emancipation in Islamic states, for example the Imraguen women

Slow Food Presidia have four main goals:

1. First of all the key economic objective, because it is necessary to

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give producers concrete guarantees about their production; in fact we have to remember that Presidia are usually products that were disappearing because they were no longer profitable. In this case the Foundation finances the producers yearly and tries to expand the market of these goods; in this way it can also generate

a

employment by cooperating to find solutions to technical and productive problems (through the intervention of its volunteers) that

in

the producers alone cannot solve. 2. Then there is the environmental goal; in fact, as mentioned

nt

previously, it is impossible to safeguard a product without considering the territory where it is produced. Therefore the

le

association operates on one hand by safeguarding biodiversity and local environment and, on the other, by establishing regulations in

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each Presidium disciplinary to ensure that everything is produced without any chemical additives, that environmental laws in force are complied with (when possible using renewable energy) and, in the case of breeding farms, that the animals are kept in suitable areas and are given natural feed. TM

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3. Another important objective is that regarding the social goals of the Presidia, that is to say the reinforcement of the producers' role in society and their collaboration; effectively in many cases the Foundation aims at creating local networks involving all the producers of a specific geographic area, so that they can create

i

strong human and working bonds.

in

4. Last but not least there are cultural objectives which are part of communication; in fact through the creation of both Presidia and

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local producers' associations Slow Food hopes to give voice to native populations which could be given more attention by the media and, possibly, create local initiatives and sustainable tourism

Be rn

itineraries that will spread the Slow Food association's message. Today, Slow Food Presidia project has reached remarkable numbers; in Italy at the end of 2012 there were a whopping 224 Presidia projects52 which give Italy top position in the European ranking. There are 269 European Presidia in all and most of them are safeguarded by

a

associations of producers (with some exceptions which have only one producer because of specific shared requirements). In Europe it is

in

important to stress the difficult situation of 11 Balkan Presidia, where fifty years of socialism brought small local productions to their knees. At global

le

nt

level there are more than 400 Slow Food Presidia.

Va

II. 2 Harenna Forest Wild Coffee Ethiopia is the country where we think coffee was born, in fact there

are many legends about the discovery of the plant and obviously of the drink that derives from the infusion of toasted coffee beans in hot water. 52 Slow Food Presidia in Europe: a Model of Sustainability (2000-2012), research carried out by the University of Turin and Palermo, 2012 TM

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We must highlight the fact that we are talking about the only example of wild coffee in the world and thanks to this peculiarity it has become one of the Slow Food Coffee Presidia. Ten per cent of Ethiopia's Gross Domestic Product derives from the

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production of coffee and it represents a source of income for 25% of the

in

population. In Ethiopia, until a few years ago, coffee was harvested only for domestic use, but recently the locals have understood that they were

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managing a real treasure, so Ethiopian coffee has become part of the global market.

The Harenna forest, one of the largest in the country, is situated in

Be rn

the mountains of the Bale National Park, at an altitude of about 1800 meters, in the Oromia region and here a high quality Arabica coffee grows spontaneously in the shade of the tall trees. The production of this coffee mostly depends on the families that live in the forest which harvest, store

Va

le

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in

a

it in bags and sell it.

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85


The harvesting of the ripe coffee cherries is carried out exclusively by hand and it is often hindered by baboons which are very greedy for them. Gatherers choose the cherries carefully and put them in typical conical baskets made up of dried plaited leaves. In addition to being wild this coffee has another peculiarity; in fact, differently from Latin American

i

species, after being harvested the cherries need neither washing nor

in

stripping (also called decortication it consists in separating the bean from

its skin), and are dried in the sun on suspended nets. This coffee is

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completely natural, in the true sense of the word; it goes directly from the plant to the nets where it is dried and then straight into the bags ready to be sold. One may think that as this processing involves very few phases it is synonymous with simplicity, but it is not so, as in fact the coffee can

Be rn

only rely on its amazing organoleptic properties to compete with the other excellent qualities on the market.

At present, unfortunately, when people go to the supermarket they do not want to know from where the coffee that they are buying comes or

a

who harvested and dried it. But it would be worthwhile thinking about everything that lays behind the finished product and this is one of the main

in

goals of all Slow Food projects: raising consumers' awareness (transforming them into co-producers), making them wonder about what

nt

they are buying and, consequently, what they are serving on their tables.

le

The Harenna Forest Wild Coffee Presidium was born in 2006, when

the first group of volunteers of the Slow Food Foundation for Biodiversity

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went to the villages where the harvesters and producers live. The Italian volunteers not only discovered the close relationship between these people and the forest in which they live, but also this extraordinary variety of coffee and its fundamental role both for the locals and for the whole country. From the beginning the Presidium was supported by a local NGO TM

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(EOSA), working in the agricultural sector, and by the Italian association CSC-Caffè Speciali Certificati (Certified Special Coffees) which provided free training courses held by its experts for the natives. Sixty local producers attended these courses and after applying what they have learned the coffee was tasted by several experts who maintained its taste

i

had significantly improved.

in

In 2007, Slow Food and the EOSA organized a second course on how to harvest and dry coffee cherries. During that year two CSC experts

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went to Ethiopia to verify the results of the course, which this time had been attended by 64 producers, and to create a relationship with a local export company.

In 2008, thirteen producers took part in Terra Madre Ethiopia, an

Be rn

event promoted by Slow Food in Addis Ababa in which also Carlo Petrini participated. That year the same CSC experts went back to the Oromia region to control that the right harvesting and drying procedures were being put into place. Furthermore, Slow Food provided a series of nets (which are useful for the drying phase) and launched the exportation of

a

this coffee thanks to a local business called SA Baghersh, which initially supplied 400 bags for coffee. All this made it possible for four

in

representatives of the Presidium to present their product during the Salone del Gusto and Terra Madre in Turin.

nt

In 2009, in addition to other workshops, the EOSA organized a series of meetings with both producers and local institutions, during which

le

the history of the Presidium was recalled and the progress made until that moment was stressed. During the winter of 2009, the CSC association

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went back to Ethiopia to provide further tools and equipment for the production of coffee; all this ensured the growth of the Ethiopian coffee market and allowed producers' cooperatives to sell their harvests directly. After this visit the CSC experts decided that it was time to bring the Presidium to an international event, so some bags of coffee were TM

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exhibited at the Salone del Gusto 2010. The following year Ethiopian producers' cooperatives started a new collaboration with the OCFCU (Oromia Coffee Farmers' cooperatives union) which allowed the exportation of the product to Italy where the social cooperative Pausacafè53 worked on the roasting phase, so that the

in

Gusto 2010, where it was much appreciated by the visitors.

i

finished product could be tasted for the first time during the Salone del

Finally, in 2011, a Brazilian natural coffee expert held courses for 90

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producers of Slow Food coffee Presidia on harvesting and other production phases. Meanwhile, Slow Food supplied them with other equipment with the aim of improving the drying phase and a group of representatives from Bilbao (city twinned with the Presidium 54) visited the

le

nt

in

a

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forest and the producers of the area.

Va

53 This cooperative sustains fair social and economic development paying particular attention to Third World nations. It operates in very close contact with native communities and allows them to improve their living standards, to give value to their relationship with the territory and to safeguard biodiversity. It also collaborates with the “Lorusso e Cotugno” and the “Rodolfo Morandi” district prisons in Turin and Saluzzo respectively to supply detainees with social and working re-integration pathways.

54 The Presidium was adopted by the city of Bilbao within the program 4cities4dev which is founded by the European Union and headed by the Slow Food Association. The program involves 4 European cities: Turin, Bilbao, Riga and Tours. TM

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On a social scale the creation of the Presidium allowed the producers to form cooperatives and obtain state authorization to export their coffee to show it in a foreign country, so some of them have travelled to another nation for the first time. Thanks to Slow Food's intervention the producers are now closer to the consumers, the harvests' quality has

i

improved and, in only one year, the Harenna Forest Wild Coffee Slow

in

Food Presidium managed to reach consumers all over the world and harvesting, drying and roasting phases.

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provide them with detailed information about its history , its territory and its

The Presidium involves 132 producers from four villages who are gathered in three cooperatives:

The Habuubii Cooperative (Irba), which is made up of 51

Be rn

producers; •

The Biftu Kanckicha Cooperative (Burkitu), which is made up of 49 producers;

The Buna Magnete Cooperative (Maanyatee), which is made up of

in

a

32 producers. The technical partner of this project is the Italian Association of

nt

Coffee Roasters–Caffè Speciali Certificati (CSC) and the project is supported by the European Union, the Piedmont region and the EFICO

le

Foundation.

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II. 3 An Interview with the producers Thanks to Roba Bulga Jilo, a Slow Food volunteer who lives in

Addis Ababa, we could give voice to the Harenna Forest Wild Coffee producers, in particular he interviewed Tahir, the leader of Maanyatee TM

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cooperative with which Slow Food cooperates. Q: How did you gain knowledge of Slow Food association and how did you come closer to it? A: It was a sudden meeting, in fact we were introduced Slow Food remote area for people from Addis Ababa.

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Q: Who did help you creating your Presidium?

in

i

through an ethio-italian cooperation in Harenna, a place which is in a

A: EOSA and Slow Food became real friends of the Harenna Forest Wild Coffee and suggested us to become more connected as cooperatives, so three cooperatives were born and our work together continued gradually

Be rn

until our relationship has become very strong. There were many ups and downs especially about legal aspects and the issue of becoming a memeber of the Oromia Coffee Farmers' Union, but the result was that we could sell our coffee without any middlemen.

a

Q: Before the creation of the Presidium, how many people were involved in the harvesting of coffee and how many people are involved in it today?

in

A: Before Slow Food's arrival all producers worked separately. Nobody liked working together or fighting for quality, considering the high income

nt

which can come from coffee. Many things were challenging for Dallo producers. Marginalization and isolation from coffee market contributed a

le

lot to demoralize all producers in the area. There were no cooperatives at all before Slow Food's arrival. Quality had never been an issue to sell

Va

coffee on local or national scale. A very low quality kind of coffee used to reach the hands of brokers and some of it was usually sold to Somalia as contraband goods. Now the situation is clearly different, in fact working in cooperatives, focusing on techniques on how to produce high quality coffee, on the promotion, on access to information in addition to TM

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promotional activities carried out by Slow Food and being a member of the Oromia Coffee Farmers' Union have made the cooperatives more stronger and self-confident. This was a real big success. Thanks to Slow Food.

in

Presidium and how many people currently do inhabit them?

i

Q: How many people inhabited your villages before the creation of the A: In Maanyatee there are about 85 households whose livelihood is

ac ch

closely related to coffee production. I guess the average number of families which live in the Presidium production area is about 3000.

Q: Are there any young people who decide not to leave the villages to

Be rn

dedicate themselves to the harvesting of coffee?

A: In the last few years the Maanyatee cooperative has succeeded in having some progress which motivated many young people, whose parents have coffee farms. Of course is not easy to work with coffee and

a

harvesting it, in fact I often define it as a struggle.

Q: How was you life changed since the Harenna Coffee has become a

in

Slow Food Presidium?

A: Since the first contact with Slow Food the situation in the area has

nt

been changing continuously. Actually the coffee quality is changing and this is a corner stone for both the Maanyatee cooperative and the other

le

ones. Currently the Harenna Forest Wild Coffee is well promoted almost everywhere. Thanks to different stakeholders such as the district of Dallo

Va

authorities some campaigns helped raising people's awareness about the Harenna forest which plays an essential role in the coffee quality. In addition there is a guaranteed income for farmers who are member of the coperatives and commit themselves in producing a high quality coffee. Thanks to these improvements now producers are able to send their TM

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children to school. Q: Thanks to this change, do you see a better future for you children? A: Future looks strong and rosy. Attention about natural resources management is increasing. Coffee is becoming a very good source of

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le

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income for producers who work well.

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CHAPTER III - The Huehuetenango Highland Coffee Presidium The Huehuetenango region is situated at the foot of the Cuchumatanes mountains, in northwestern Guatemala, near the Mexican

i

border. Its altitude goes from 850 to 3700 meters and this variation

in

creates a series of different natural habitats. Both its altitude and climate

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contribute to making this region one of the best for coffee production.

Coffe arrived in Guatemala for the first time in the XVIII century and since then it has become the main source of income for the locals; in fact, we can affirm that Huehuetenango is a one-crop region. Each farmer has

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a small portion of land which is characterized by fluctuating productivity; no-one has the technical knowledge to produce and process coffe, nevertheless they produce an excellent and unique Arabica Coffee which has many organoleptic peculiarities, even if the different ecosystems of the region create the right conditions to harvest different crus 55 (wich were

a

analyzed by a team of experts before the birth of the Presidium). Coffee cherries are harvested by hand and put in wicker baskets that the

in

harvesters carry with them; the beans are separated from their skin with an artisanal process which consists in leaving them to ferment for 24 or 26

nt

hours; after this phase the beans are dried in the sun for three days, during which time they are constantly turned manually with a rake.

le

The inhabitants of the region are mostly indigenous from different

tribes such as the Mam (Huehuetenango is the ancient capital of the Mam

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kingdom), the Akateco, the Jacalteco, the Chuj, the Kanjobal and the Maya; they are people who survived a long civil war (it lasted more than 35 years) that completely destroyed the territory, especially after the introduction of the “scorched earth� technique. Without Slow Food's 55 Technical word used to identify different varieties of coffee. TM

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intervention small producers could enter in the market only through local coyotes56 which meant selling the product (when it is still a cherry on its plant) for very little money, generating an income for the intermediaries and not for the farmers.

i

It is for this reason that Slow Food has been operating in the

in

Huehuetenango region since 2002 to create a solid and fair production

and market which can reward even the smallest producers for their work.

ac ch

After a short period of time the Huehuetenango Highland Coffee Presidium was born triggering an irreversible improvement of both the quality of the product and the locals' lifestyle. This all came about thanks to a production disciplinary in accordance with which the harvesting and

Be rn

drying phases are established and where it is written that all producers must safeguard thier territory. It also organizes training courses for the producers and their families and fosters the creation of a producers' cooperative to market the finished product. The natives themselves have noticed how much their living standards have improved in only a few

a

years. Today, the Huehuetenango Highland Coffee is one of the most sold in the world and the cooperatives that deals with sales is present on all

in

the markets worldwide. However, what is perhaps the most important outcome is that the small producers, once illiterate and ignorant, are now

nt

fully aware of the excellent results obtained and want to hand down their

Va

le

knowledge to future generations.

56 Local intermediaries who buy the coffee for a negligible amount of money and sell it at a large profit for themselves but without whom the producers have no way of putting their product on the market. TM

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CHAPTER IV - Coffee Culture IV. 1 Legends about coffee

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It is important to stress the fact that coffe is usually consumed in

in

geographical areas far from the region where it is produced. For example,

among the main consumers of coffee there are no Latin American

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countries except for Brazil, the biggest coffee producer in the world. Another exception that proves the rule is Ethiopia, one of the biggest coffee producer and also a great consumer of this beverage. It is said that Arabica Coffee was born in this region and the Ethiopian people have

Be rn

important rituals related to the consumption of their bunna (coffe in Ethiopian dialect).

There are many legends about the birth of coffee in Ethiopia and one of them is about a man of the Orormo tribe who is told by the god Waqa that he is soon to die. The man tries to escape on horseback but when he arrives on the other side of the world he finds some men who

a

after receiving orders from Waqa had already dug his grave and when he

in

gets off from his horse, he dies. The news reaches the man's village and when the god discovers the man's faith it goes to his grave and cries.

nt

From those tears a coffee plant is born, a very special plant for Ethiopian people because, differently from other plants that grow thanks to the rain,

le

it was born of a divinity's tears 57. Another myth known as the legend of the “dancing sheep” is about a shepherd from the Kaffa region where it is

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believed qahweh (Arabic for coffee) was born, who was extremely surprised when he saw his usually calm docile sheep become agitated and start dancing about after eating some berries. He decided to try the berries himself and immediately felt clear headed and reactive. A monk 57 L. Bartels, 1983, quoted in G. Mazzoleni, Miti e leggende dell’Africa nera (Miths and Legends of Black Africa), Newton & Compton, Rome, 1988. TM

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passed by at that moment and seeing how lucid the young shepherd was also decided to taste the berries. When he was saying his nocturnal prayers that night he realized that his mind was more attentive than before and from that moment the secret of coffee and its energy-inducing

in

i

properties were revealed and spread.

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IV. 2 Ethiopia's coffee ceremony - “Ya jebena bunna�

For a long time after this extraordinary fruit had been discovered the Ethiopians ate it whole, chopped or mixed with boiled butter. Then, around the XIII century, the habit of drying coffee cherries, grinding them

Be rn

and making a hot beverage with them was spread. Even since then Ethiopia's coffee ceremony has remained the same and, when an Ethiopian family welcomes someone in their home, they perform the same ritual in the same way their ancestors did centuries ago. After the meal one of the women leaves the table and spreads goosgwaze (a kind of grass which is believed to bring good luck) and

a

sometimes some flowers on the floor to perfume every corner of the

in

house and evoke their relationship with nature. Then she sits on a stool in

nt

a corner next to a brazier and lights some incence which represents union with God and helps to create a particular

atmosphere.

le

Sometimes,

the

woman

also

prepares something to eat such

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as

pop

corn

(which

is

also

scattered on the floor to chase away bad spirits), kolo (toasted cereals and nuts with a particular

Photo 2: Ethiopia's Coffee Ceremony TM

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mixture of spices called berberè) 96


or dabo kolo (pieces of sweet fried bread) and, depending on the religion of the family, coffee can be tasted with local butter or a pinch of salt. Afterwards she washes the coffee beans and roasts them in a pan; once they are properly roasted, she carries the pan to the table and gently shakes it in front of each person so the aroma of the coffee wafts towards

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them and they can smell it. Then she heads to the kitchen, which is often

in

outside the house, and grinds the beans in a mortar called mukecha. After a while she goes back into the house with the jebenà, the typical

ac ch

Ethiopian clay jug (similar to a teapot), puts it on the embers to heat the water inside it and then adds the ground coffee and waits until the water boils. Once boiled, she pours the coffee into cups without a handle (sini) and after adding sugar serves it always starting from the eldest person

Be rn

present. Traditionally, three cups of coffee have to be drunk. As coffee looses a bit of its “strength” after each round, in Ethiopia it is said that the first round of coffee, the strongest one, is for fathers, the second for

Va

le

nt

in

a

mothers and the third, the weakest, is for children.

Photo 3: The typical Ethiopian jebenà

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Conclusions After writing this dissertation I can affirm that my cultural baggage has become richer because although I already knew of the Slow Food association and many of its projects, I had to study two Presidia which

in

i

were almost unknown to me. In fact, I had never had the opportunity to

speak directly with coffee producers and I knew nothing about the and

processing

techniques

of

this

famous

product.

ac ch

harvesting

Nevertheless, after gathering all the information I needed and studying the different production processes I realized that the ground coffee we use in our homes can originate from a mixture with a wonderful taste but of poor quality, or it can come from coffee beans which have been accurately

Be rn

selected during their harvesting; that the quality of each type coffee cannot be established simply by tasting it as it is also related to the plant and the maturation of the cherries; that the same process for removing the skin from the beans is not used for all types of coffee, in fact in the chapter about Huehuetenango coffee we specified that after harvesting

a

the cherries are washed and skins are removed from the beans manually,

in

while the Harenna coffee cherries undergo a particular fermentation process that naturally separates the beans from their skin. Furthermore,

nt

we must highlight that although the coffee of these two Presidia are Arabica varieties both the processing techniques of the raw material and the flavour of the final product are completely different and probably most

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people after having tasted them would never think that they came from the

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same variety.

Thanks to this project I have been able to make known a

philosophy in which I firmly believe, which is that food should be good, clean and fair. I think that it is necessary to reflect on this topic in the world of the XXI century, where we no longer give importance to the values of tradition, where we do not want to discover and know anything about TM

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cultures and lifestyles that are different from our own, and where the rediscovery of all these things would lead us down a new path that could help both hard pressed peoples and ourselves. I can talk about this issue because I have had the chance to meet members of several foreign communities, like those of Huehuetenango or

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Harenna, during Slow Food events such as the Salone del Gusto and

in

Terra Madre (in Turin) or Terra Madre in Tuscany and these experiences, in addition to the research and studies I carried out while I was writing this

ac ch

dissertation taught me a lot. When I spoke for the first time with these people I was really amazed by their eagerness to talk about the work they did in their countries and what they produced; it was astonishing to see how many questions they asked in every situation because they were

Be rn

curious about everything and wanted to take as much information as possible back home with them for their friends who could not come to the events. I think that one of their main resources and certainly their fortune, unlike many, is the fact that they want to discover and familiarize themselves with everything that seems new or different.

a

I sincerely hope that with my dissertation I have managed to awaken the interest of people who had never given much thought to

in

realities far from theirs until now and also that I have given food for thought to those who still believe that intelligence and knowledge are the

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heritage of the western world and that this knowledge cannot be shared and used to educate and inform people who, with a minimum of outside

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help, could lay the foundations for a better future for their children.

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SECCIÓN ESPAÑOLA

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Introducción Esta tesis nace para dar a conocer Slow Food y sus proyectos, en particular los Baluartes de las Tierras Altas de Hueuetenango, en Guatemala y el Baluarte del Café Silvestre de la Selva de Harenna, en

in

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Etiopía. La idea es hablar de las actividades de la asociación a quienes todavía no la conoce a través de algo que podemos encontrar todos los

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días en nuestras mesas y por todo el mundo: el café. Por eso decidí empezar mi recorrido en las tierras donde nace este producto, lugares que generalmente pertenecen a países en vías de desarrollo. Es en este punto que la asociación entra en juego, en efecto por medio de sus numerosos proyectos, Slow Food intenta llevar al consumidor a

Be rn

interrogarse sobre lo que compra en el supermercado o come en su casa o al restaurante. Sólo dos Baluartes del café se han elegido (hoy existen tres en Latinoamérica y África) para explicar de la manera más clara cómo Slow Food crea y desarrolla sus proyectos y cómo la intervención de esta asociación internacional puede mejorar tanto la calidad del

a

producto, como el estilo de vida de las personas que lo producen. De

in

hecho, además de un análisis estrictamente teórico, decidimos dejar hablar directamente a los productores etíopes y guatemaltecos, así que

nt

con sus palabras pudieran demonstrar cúanto han mejorado sus vidas desde el momento en que conocieron Slow Food. Creo que este proyecto puede ser una ocasión para acercarse a la

le

filosofía de un “gusto limpio” (como el nombre de una de las más

Va

recientes iniciativas de la asociación) o, de todas formas, para empezar a pensar de manera más cuidadosa y consciente en la historia de los productos que hasta ahora sólo hemos juzgado. Tenemos que ser curiosos y, sobre todo, respetuosos del trabajo duro de personas que, cada día, deben trabajar por muchas horas para cobrar pocos centésimos; personas que en cada lugar del mundo se ven obligadas a TM

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abandonar actividades antiguas, a menudo transmitidas de padre a hijo, sólo porque la globalización está borrando cada resto de tradición e historia de los territorios. El objetivo de este proyecto es demostrar cúanto se pueden mejorar las condiciones socio-económicas de unas pequeñas comunidades sólo a través de simples cursos de formación y

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especialización técnica y cúanto es sencillo proteger tradiciones

nt

in

a

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milenarias que están en vías de extinción.

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Foto hecha por Alberto Peroli (2007)

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CAPÍTULO I - La Asociación Slow Food I. 1 Origen y desarrollo

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En 1989 en la “Opéra Comique” de París nació oficialmente la

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asociación internacional sin afán de lucro Slow Food, para salvaguardar el derecho al gusto. Delegados desde Argentina, Austria, Brasil,

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Dinamarca, Francia, Alemania, Japón, Italia, Holanda, España, Estados Unidos, Suecia, Suiza, Hungría y Venezuela tomaron parte en esta ceremonia.

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En aquella ocasión se firmó el Manifesto Fundador de Slow Food: “Este nuestro siglo, que ha nacido y crecido bajo el signo de la civilización industrial, ha inventado primero la máquina y luego la ha transformada en su propio modelo de vida. La velocidad nos ha encadenado, todos somos presa del mismo virus: la Fast-Life, que conmociona nuestros hábitos,

a

invade nuestros hogares, y nos obliga a nutrirnos con la

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Fast-Food. Sin embargo, el homo sapiens debe recuperar su sabiduría y liberarse de la velocidad que lo puede reducir

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a una especie en extinción. Por lo tanto, contra la locura universal de la Fast-Life, se hace necesario defender el

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tranquilo placer material. Contrariamente a aquellos, que son los más, que confunden la eficiencia con el frenesí,

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proponemos come vacuna una adecuada porción de placeres sensuales asegurados, suministrados de tal modo que proporcionen un goce lento y prolongado. Comencemos desde la mesa con la Slow-Food, contra el achatamiento producido por la Fast-Food, y redescubramos la riqueza y

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los aromas de la cocina local. Si la Fast-Life, en nombre de la productividad, ha modificado nuestra vida y amenaza el ambiente y el paisaje, la Slow-Food es hoy la respuesta de vanguardia. Y esta aquí, en el desarrollo del gusto y no en su empobrecimiento, la verdadera cultura, es aquí que comenzar

el

progreso

con

un

intercambio

i

puede

in

internacional en la historia, en los conocimientos y

proyectos. El Slow-Food asegura un porvenir mejor. El es

una

idea

que

necesita

de

muchos

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Slow-Food

sostenedores calificados, para que este moto (lento) se convierta en un movimiento internacional, del cual el caracol

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es el símbolo”58.

Al principio del documento se lee que la asociación nació para contrastar “la Fast-Life (vida rápida) que nos obliga a nutrirnos con la Fast-Food (comida rápida)” y para ganar en esta lucha es necesario que lo que una vez era homo sapiens vuelva a ser inteligente y sabio. Es

a

fundametal elegir una vida menos rápida, en la que podemos saborear los placeres materiales paulatinamente; no podemos confundir el frenesí

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con el rendimiento, la posibilidad de satisfacer muchos diferentes deseos con la capacidad de disfrutar de ellos, la cantidad con la calidad. De

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hecho Roberto Burdese, el presidente de Slow Food Italia, en una entrevista afirmó que si hubieramos tenido

le

más tiempo para gozar de lo que tenemos, seremos más ricos. El lento y prolongado

Va

placer que nos proponen no se puede convertir en realidad si no aprendemos a vivir mejor con menos59. El símbolo que 58 Manifesto de la Slow Food. 59 R. Burdese, La nostra storia, Magacín Slow Food n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2007, pag. 72 TM

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elegieron para representar la asociación es el caracol que Ivan Ilich (un pensador austriaco) describió como un animal que construye la delicada arquitectura de su caparazón añadiendo, una tras otra, espiras cada día más grandes y después termina de golpe para empezar a crear espiras decrecientes. Todo eso porque sólo una espira más o una menos podrían

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comprometer el equilibrio del caracol, entonces es necesario que se

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contente con lo que tiene y eso es el mejor ejemplo para explicar el en cambio de buscar siempre algo más.

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concepto de una vida que tiene como objetivo disfrutar de lo que tenemos El movimiento de Slow Food deriva directamente de la apertura, a nivel internacional, de la asociación enogastronómica Arcigola creada en 1986 por aquellos entonces chicos como Carlo Petrini, Francesco

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Guccini, Piero Sardo, Silvio Barbero, Folco Portinari, Gino Veronelli y Dario Fo que querían proteger y preservar las tradiciones culinarias y de excelencia de toda Italia (y por consecuencia todas las manifestaciones relativas a la gastronomía) del peligro de omologación del gusto y de las

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I. 2 Evolución

a

culturas que la globalización estaba acelerando.

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Desde aquel momento el movimiento de Slow Food ha crecido y se ha consolidado hasta el punto que hoy tiene a unos 100 000 miembros

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con sedes y oficinas en 150 paises del mundo. Su oficina central está en Bra, en la provincia de Cuneo, y hay otras siete oficinas nacionales en

Va

Italia (Slow Food Italia es el heredero directo de Arcigola), Alemania, Suiza, Estados Unidos, Japón, Reino Unido y Holanda, que organizan y gestionan autonomamente las actividades de los miembros en su territorio.

La estructura organizativa en la base de la asociación es el

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Convivium: estructuras locales descentralizadas (hay unas 150 000 por todo el mundo) que permiten a los miembros de tomar parte en la red y están comprometidas en la promoción del movimiento en sus territorios por medio de la organización de actividades educativas para difundir el conocimiento y el desarrollo de la produción alimentaria; también con

entes

públicos,

asociaciones

gastronómicas

y

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colaborando

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ecologistas y con cada organismo que sea interesado en la filosofía de Slow Food.

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Esta filosofía se ha definido durante los años de actividad de la asociación, de hecho Slow Food nació como un movimiento de gastrónomos que protegen el placer material del gusto en contra de la omologación y el deprestigio de la comida, causados por una gestión

Be rn

industrial de su producción y transformación.

Recientemente Carlo Petrini ha hablado de los miembros y de las personas vecinas a la filosofía de una alimentación buena, limpia y justa diciendo: «Somos una notable porción de esa parte de la humanidad que, en los rincones más diversos de la Tierra, ubica la alimentación en el

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centro de sus vidas, y posiblemente no exista instrumento alguno lo suficientemente

cualificado

para

representarnos

en

toda

nuestra

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complejidad», y añade también que «con nuestras buenas prácticas somos vanguardia del cambio, y nos identifica el faro guía de la

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centralidad del alimento»60.

La filosofía Slow Food también implica la democratización del

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gusto, en efecto en el Almanaque Slow Food 2012 publicado para el

Va

Salone del Gusto y Terra Madre en Turín podemos leer: “Ese alimento en que creemos -el alimento bueno, limpio

y justo- ya no podrá ser percibido como un privilegio. Ha de ser visto como un derecho universal. Nuestra misión es

60 C. Petrini, Almanaque Slow Food 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, pag. 8 TM

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crear un mundo en el que todos puedan ejercer ese derecho”61. El reconocimiento del placer como un elemento fisiológico que es derecho de todos ha sido, por un lado, extremamente positivo para la

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asociación, porque ha suscitado la curiosidad y las simpatías de la

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opinión pública para la idea (muy apreciada) de placer gastronómico: “La

respuesta al problema de la Fast Life (Vida Rápida) es simple, fácil de

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entender y divertida: pasar más tiempo sentados en la mesa para comer mejor. La importancia de la diversión nunca será bastante destacada en el gran éxito de Slow Food”62.

Por otro lado ha representado una etiqueta íncomoda, tanto porque

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el placer de la gula, en muchos casos, está culturalmente asociado con la demasía y la desmesura y para Slow Food no ha sido fácil explicar su idea de gusto sobrio y serio, en el sentido de una búsqueda del placer razonada y consciente (con el sentido común), que tiene en consideración diferentes aspectos como la sostenibilidad y la ética de la

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comida; como porque sostener producciones alimentarias de calidad era económico.

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visto como un lujo que sólo una élite de personas podía permitirse a nivel El movimiento se inspiró en la definición de gastronomía de Jean-

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Anthelme Brillat-Savarin, esta ha generado otras reflexiones que van más allá del simple placer material y que han ampliado la perspectiva de

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interés y acción de Slow Food. En su “Fisiología del gusto”, que remonta a 1825, Savarin afirma que “la gastronomía es el conocimiento razonado

Va

de cuanto al hombre se refiere en todo lo que respecta a la alimentación”63, entonces está caraterizado como una ciencia compleja 61 E. Holt-Giménez, Food Moviments Unite! Estrategias para transformar nuestros

sistemas alimentarios, Slow Food Editore, Bra, 2011 62 E. Behr, Piacere materiale contro la follia universale, Magacín Slow Food n. 43, Slow Food Editore, Bra, 2009, pag. 76 63 J. A. Brillat Savarin, Fisiología del Gusto, 1825; citado in C. Scaffidi, S. Masini, TM

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que implica varias disciplinas, desde la historia natural hasta la física, desde el comercio hasta la economía política. Con la elección de esta visión multidisciplinar de la gastronomía Slow Food ha decidido medirse con la comida de manera holística, es decir con una actitud de curiosidad y búsqueda para todo lo que

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influencia y tiene influencia sobre producción, transformación y consumo

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de la comida. La nueva gastronomía adaptada a la complejidad de la situación actual debe ser fruto: de la botánica, de la genética y otras

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ciencias naturales por su clasificación de las sustancias alimenticias, así permitiendo su salvaguardia; de la física y de la química por la elección de los productos mejores y el estudio de cómo se transforman; de la agricultura, de la zootecnia y de la agronomía por la producción de

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buenas y diferentes materias primas; de la ecología, porque el hombre, para producir, consumar y distribuir la comida interfiere sobre la naturaleza y la cambia para su ventaja; de la antropología, porque permite el estudio de los hombres y de sus identidades culturales; de la sociología, porque esta disciplina ofrece los instrumentos para el estudio

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de los comportamientos sociales del hombre; de la geopolítica, porque los pueblos se alian o hacen las guerras sobre todo para disfrutar los

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recursos de la tierra; de la economía política por los recursos que ofrece y para los medios de cambio que esa crea entre los países; del comercio

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por la búsqueda del medio para comprar al mejor precio posible lo que consuma (utiliza) y vender de la manera más conveniente lo que

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produce; de la técnica, de la industria y de la habilidad del hombre por la búsqueda constante de nuevas maneras para transformar y conservar la

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comida convenientemente; de la cocina por el arte de preparar varios géneros de comida y hacerlos sabrosos; de la fisiología por la habilidad de desarrollar los sentidos que nos hacen sentir algo bueno; de la medicina por el estudio de la manera más sana para comer; de la Sementi e diritti, Slow Food Editore, Bra, 2008, pag. 153 TM

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epistemología, porque a través de la redefinición del método cientifico del analisis del viaje del producto desde la tierra hasta las mesas y viceversa, juntos a los conocimientos relacionados con todo eso, nos ayuda a comprender mejor la realidad de un mundo complejo y globalizado. Es decir elegir64.

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En ese momento Slow Food, de un movimiento de gastrónomos se

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convierte en un movimiento de ecogastrónomos, hasta cuando, durante el Salón del Gusto 2006 en Turín la idea y las prácticas de una nueva

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gastronomía se resumieron y definieron con tres palabras: bueno, limpio y justo.

Tres requisitos estrechamente interconectados que resumen la

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idea de calidad alimentaria que los neo-gastrónomos revindican.

I. 3 La creación de la Fundación Slow Food para la Biodiversidad El área de la asociación más vecina al

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argumento que vamos a desarrollar es la de la

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Fundación Slow Food para la Biodiversidad, una ONLUS que nació en 2003 con el apoyo de la

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región Toscana. Su sede oficial es la Academia de los Georgofili en Florencia, mientras la sede

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operativa está en las oficinas de Slow Food en Bra (en la provincia de Cuneo) y, desde dos años, opera a nivel territorial por medio de la Casa

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de la Biodiversidad en localidad Spergolaia (Alberese, en la provincia de Grosseto). La Fundación es inscrita en el Registro italiano de las organizaciones de utilidad pública sin afán de lucro, conforme a las normas del Decreto Legislativo del 4 de diciembre de 1997 n. 460, y nació 64 C. Petrini, Riprendiamoci la vita: la Terra, la Luna e l’abbondanza, Magacín Slow Food Internacional, 2007, pag. 2 y 3 TM

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con el objetivo de coordinar y financiar los proyectos del movimiento Slow Food en Italia y en todo el mundo: “A través de la Fundación para la Biodiversidad ONLUS, Slow Food pone en marcha, coordina y fomenta proyectos sostener

a

pequeños

productores:

Baluartes,

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para

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Mercados de la Tierra, Arca del Gusto, etc. Con su

actividades de educación del gusto (huertos escolares de

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Convivium, Master of Food, etc.), Slow Food ayuda a

conocer la comida de manera mejor, comprender de dónde viene, cómo ha sido producida y por quién, construyendo una nueva consciencia y estimulando

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cambios sociales virtuosos”65.

Cuando el Proyecto de los Baluartes66, que ya había tenido éxito en muchos países industrializados, ha sido ampliado hasta los países en vías de desarrollo, fue necesario crear una institución para gestionar y

a

coordinar el trabajo, y también para asegurar la transparencia de los movimientos financiarios que estos proyectos necesitan.

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Además, como es una ONLUS, la fundación puede recibir importantes donativos filantrópicos y tiene los requisitos necesarios para

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presentar proyectos de cooperación internacional.

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Más de 2000 Comunidades del Alimento 67 han formado parte de

Va

65 Fundación Slow Food para la Biodiversidad ONLUS 66 El Proyecto de los Baluartes es uno de los más importantes proyectos tanto a nivel nacional, como a nivel internacional. Representa el significado concreto de bueno, limpio y justo. Hablaré del Proyecto de los Baluartes de manera detallada en los capítulos siguientes. 67 Las “comunidades del alimento” son grupos de personas que producen, transforman y distribuyen alimentos de calidad de manera sostenible y están fuertemente vinculadas a un territorio desde el punto de vista histórico, social y cultural. Las comunidades padecen los problemas generados por una agricultura intensiva que daña los recursos naturales, y por una industria alimentaria en masa que busca la TM

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Terra Madre68, pero sólo unas han tenido la oportunidad de aprovechar la ayuda de la Fundación; sin embargo estas intervenciones quieren ser ejemplos positivos y virtuosos de acción para los otros que han quedado excluidos. Los órganos oficiales de la Fundación incluyen a un Presidente, Piero Sardo; un Secretario General, Serena Milano; un

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Consejo de Administración, cuyos miembros son nominados por los

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miembros fundadores de Slow Food Italia y Slow Food Internacional; un

Colegio de Censores de Cuentas y un Comité Científico en que toman

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pare muchos importantes exponentes de diferentes países como: Marcello Buiatti, genetista italiano; Vandana Shiva, física cuántica y economista; Deborah Madison, escritora y chef estadounidense; Harold McGee, químico y experto de gastronomía molecular; Aminata Dramane

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Traoré, política y escritora de Malí.

Los miembros del Comité Científico dan su ayuda a través de sus conocimientos sobre temas de agroecología, antropológicos, culturales y sociales para dar un valor científico a las acciones de la Fundación. Además, se crean grupos de trabajo por cada área geográfica y esos se

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ocupan de monitorear los proyectos de la Fundación, el desarrollo asociativo, los eventos de la red de Terra Madre, las actividades sobre la continentes.

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promoción de la biodiversidad y de la educación del gusto en varios

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Según el Presidente de la Fundación, cuando se lanzaron las primeras intervenciones en los países en vías de desarrollo la sensación

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predominante fue una grande inadecuación. En efecto la Fundación no tiene recursos humanos y económicos parecidos a los de otras

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importantes ONG; sus fondos provienen sobre todo de los donativos de los miembros de Slow Food en Italia y al extranjero, de empresas del sector alimentar y de asociaciones públicas o privadas. homologación de los gustos y pone en peligro la existencia misma de las pequeñas producciones. 68 Hablaré de la red de Terra Madre en el próximo párrafo. TM

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Conociendo sus límites la Fundación ha empezado a trabajar concentrando su atención sobre la ayuda para pequeñas comunidades agrícolas, cuyas tradiciones estaban en peligro de extinción, intentando organizar intervenciones de ayuda informativa y técnica, de valorización y soporte agronómico para las coltivaciones alimenticias tradicionales a fin

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de reconstruir la relación y la colaboración entre los pequeños operadores

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del sector agroalimentario como campesinos, pescadores, criadores, cocineros y su territorio.

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El objetivo principal es fortalecer la red humana que Slow Food quiere crear entre sus miembros, es decir los consumidores y los protagonistas de Terra Madre: Comunidades del Alimento, Cocineros 69 y Centros de Investigación70.

Be rn

Las finalidades de la Fundación abarcan de la salvaguardia de la biodiversidad, de los hábitat y de los territorios a la promoción de la agricultura sostenible; de la protección de los pequeñon productores y sus comunidades a la valorización de las diferentes tradiciones gastronómicas en el mundo. Estos objetivos están estrechamente

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positivas en todos.

a

interconectados y las mejoras en cada ámbito tienen consecuencias

Va

le

nt

69 Los cocineros juegan un papel fundamental: son los intérpretes de un territorio que valorizan a través de su creatividad. Los cocineros de Terra Madre han comprendido que no se puede separar el placer de la responsabilidad hacia los productores, sin los cuales no existiría una cocina de éxito. Los restaurantes son el lugar ideal para transmitir esta filosofía a los consumidores. Los cocineros refuerzan a “las comunidades del alimento” al dialogar y colaborar con los productores, y por esta vía también ellos luchan contra el abandono de las culturas tradicionales y la estandarización de la comida. 70 250 universidades y centros de investigación, con más de 450 académicos en todo el mundo, forman parte de la red de Terra Madre y se empeñan, en su propio ámbito y con los instrumentos para ellos más apropiados, en favorecer la conservación y reforzamiento de una producción de comida sostenible, a través de la educación de la sociedad civil y la formación de los profesionales del sector agroalimentario. Ese mundo académico que comparte los valores de Terra Madre trata de cultivar una relación de reciprocidad con la producción, poniendo a su disposición conocimientos científicos propios que favorezcan intercambios entre comunidades locales, pero también escuchando a las comunidades cuando éstas han elaborado soluciones y experiencias aún inexploradas por el mundo científico. TM

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Las políticas desarrolladas para perseguir estas finalidades son: 1. la selección y catalogación de productos alimenticios de calidad que están en peligro de extinción, y obviamente la cultura de sus productores; 2. la mejora en la sostenibilidad de las producciones alimentarias y

en

escala

reducida,

contra

los

sistemas

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tradicionales

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agroalimentarios altamente industrializados que no parecen sostenibles bajo muchos aspectos;

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3. la protección y el fortalecimiento de la identidad cultural y del papel social de pequeños campesinos, a través de la valorización de su saber y la valorización de la dignidad e importancia de su trabajo; 4. la valorización de los territorios de origen de los productos, que

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tienen características únicas y particulares;

5. la promoción de productos artesanales de calidad, de manera que los consumidores sean conscientes de que lo que eligen para comer contribuye a proteger tradiciones y culturas únicas y a salvaguardar la biodiversidad;

a

6. la promoción de intercambios de información e ideas entre los pequeños productores, así fomentando el diálogo y el cambio de

in

problemas y soluciones para crear la que Slow Food define como una red mundial de comunidades del alimento;

nt

7. la promoción de iniciativas que contribuyen a disminuir la distancia

Va

le

entre productores y coproductores.

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I. 4 La red de Terra Madre La red de Terra Madre es un proyecto Slow Food que nació en 2004, durante la

productores que se habían encontrado para hablar sobre el problema de la protección de la

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tierra, primera fuente de vida y, por lo tanto, de

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Turín. Al principio incluía sólo a unos miles de

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asamblea inaugural del Salón del Gusto, en

alimentos. Desde aquel momento la red nunca ha dejado de crecer, involviendo, ya desde el

segundo encuentro en 2006, tanto a los

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productores como a mil cocineros de todo el

mundo, que se comprometían en ayudar a los productores para proteger sus territorios. Ese proyecto ha sido financiado por autoridades públicas y privadas y hoy se ha convertido en uno de los principales sectores a través de que Slow Food interviene a nivel internacional, sobre todo en

a

los países en vías de desarrollo.

La idea fundamental de esa red es que “no se puede prescindir de

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la Tierra, que debemos amar y respetar de la mejor manera posible, porque nos nutre y nos hace crecer. Nos procura comida y también

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cultura, refuerza nuestras comunidades y nuestras familias y nos permite, si así lo deseamos, compartir nuestros saberes, nuestra verdadera

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riqueza. No se puede prescindir de la alimentación, máxima expresión (cuando es virtuosa) de nuestra interacción con el ambiente que

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habitamos y del que somos parte integrante” 71. Entonces el objetivo de Terra Madre es proteger a los pequeños

productores y las realidades locales en todos los continentes y mejorar la calidad productiva, sobre todo, en los países en vías de desarrollo a 71 C. Petrini, Almanaque Slow Food 2012, Slow Food Editore, Bra, 2012, pag. 8 TM

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través de “misiones” en que toman parte grupos de voluntarios expertos en diferentes sectores productivos que van a otros países para enseñar a la población local las medidas higiénicas y las técnicas más adecuadas para aquella determinada producción. Por ejemplo en 2006 unos voluntarios que se ocupaban de la

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transformación del pescado en la Laguna de Orbetello y expertos en la

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producción del Baluarte de la Botarga de Orbetello 72 se fueron hasta

Mauritania para enseñar a una comunidad de mujeres Imraguen (más

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precisamente en los centros pesqueros de Nouadhibou y Nouakchott) cómo usar sus recursos naturales de manera sostenible. De hecho el Océano que baña las costas mauritanas es rico de mújiles, de cuyos huevos deriva la botarga. Entonces la Fundación Slow Food (dado que

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ese proyecto remonta a un periodo en que Terra Madre aún no existía) envió a sus voluntarios para enseñar a la población local cómo aprovechar de ese “tesoro” y hoy, gracias al compromiso de muchas personas, tanto en Italia como en Mauritania, existe el Baluarte Slow

Va

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Food de la Botarga de las Mujeres Imraguen.

El voluntario Slow Food con las mujeres Imraguen (2006)

72 La botarga se hace sacando los sacos ovígeros del mújol hembra (Mugil Cephalus), recubríendolos con abundante sal por unas horas, comprimíendolos y hacíendolos secar. Los huevos salados se convierten en un bloque compacto de color ámbar. TM

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Muchas veces el problema más grande para los países en vías de desarrollo non es encontrar materias primas para transformarlas y venderlas, sino la falta de técnicas de transformación adecuadas para obtener un producto de calidad. Otro ejemplo es la “misión” realizada en 2012 en la Comunidad del

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Alimento de los pescadores de Kent, de hecho los voluntarios (expertos

in

en la transformación del pescado) que fueron en Sierra Leona han

subrayado que el mar de aquella región es riquísimo de crustáceos

ac ch

preciados como las langostas, pero la población local, que no sabe cómo manejar la materia prima, no podía aprovechar de lo que tenía; por eso unos expertos han presentado seminarios y clases prácticas sobre la manera adecuada para cortar el pescado para la población local y

Be rn

próximamente, durante otra misión, los voluntarios van a construir un fumigador, para que los jovenes de la comunidad sean completamente

Va

le

nt

in

a

autónomos.

El voluntario Slow Food con los representantes de la comunidad del alimento de Kent (Sierra Leona)

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CAPÍTULO II - El Baluarte del Café Silvestre de la Silva de Harenna

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II. 1 ¿Qué es un Baluarte Slow Food?

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Los Baluartes Slow Food forman Slow Food para la Biodiversidad; el Proyecto de los Baluartes nació en Italia en 1999, dado el gran éxito del Arca del Gusto73, un proyecto precedente que

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remonta a 1996. A través de sus Baluartes

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parte de los proyectos de la Fundación

Slow Food quiere salvaguardar todas las pequeñas producciones locales de alimentos y, por eso, afecta muchos sectores productivos: desde el campesino hasta el criador, desde el pescador hasta el carnicero, desde los artesanos hasta los encargados de la transformación de la materia prima (siempre tratando la comida). Es cierto que, para lograr la finalidad

a

de proteger todos estos productos y productores, la Fundación Slow Food

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tiene que defender también los territorios donde los Baluartes se producen y, de esta manera, se convierte también en un movimiento que

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se ocupa de ecosostenibilidad de los procesos productivos; por ejemplo es imposible pensar en la salvaguardia de la Razza Maremmana (una

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especie italiana de ganado) sin proteger el territorio donde estos animales

Va

viven y se reproducen. Gracias al Proyecto de los Baluartes, Slow Food entra en contacto

no sólo con el producto que quiere defender, sino también con todo lo que 73 El Arca del Gusto se inspira en el bíblico Arca de Noé, de hecho su objetivo es proteger la comida en peligro de extinción. Cada producto, antes de ser catalogado e incluido en el Arca, está sometido a varios estudios e investigaciones y una comisión de expertos que trabajan a nivel internacional toma la decisión final. TM

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está alrededor de eso, es decir el ambiente donde nace, crece y se desarrolla y los productores que contribuyen en sostener las tradicionales técnicas de transformación transmitidas por sus abuelos. Podemos afirmar que los Baluartes Slow Food van más allá del producto que vemos en los supermercados o en nuestras mesas, porque los Baluartes

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quieren salvaguardar tanto el producto alimenticio, como, y sobre todo,

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los aspectos culturales y sociales que el producto conlleva, es decir la

tradición del pueblo que lo produce y que lo ha protegido durante estos

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años.

Hemos dicho que el Proyecto de los Baluartes remonta a 1999, pero fue presentado oficialmente en el año siguiente, durante el Salón del

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Gusto en Turín, donde los primeros 90 Baluartes italianos fueron catalogados; entre ellos estaban el Baluarte del Capón de Morozzo y el Baluarte del Lardo di Colonnata (que hoy ya no forma parte del proyecto). Desde la edición siguiente del Salone del Gusto, que tiene lugar cada dos años, también 19 Baluartes internacionales han entrado en el proyecto,

a

todo eso gracias al gran eco que los medios de comunicación dieron al evento. Luego han nacido los primeros Baluartes en los países en vías de

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desarrollo (gracias a la acción de voluntarios de la Fundación) donde hoy encontramos los dos Baluartes de nuestra análisis (el Baluarte del Café

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Silvestre de la Silva de Harenna, en Etiopía y el Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango, en Guatemala) y muchos otros como el

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Baluarte del Aciete de Argán en Marruecos, el Baluarte de las Ortigas Desecadas de la Foresta de Mau en Kenia, el Baluarte de la Vainilla de

Va

Mananara en Madagascar y el Baluarte de la Cola de Kenema en Sierra Leona.

En el caso de los Baluartes en países en vías de desarrollo, Slow

Food hace sus intervenciones a través de voluntarios (como hemos dicho en el capítulo precedente) que se ocupan de la formación de la población TM

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local gracias a cursos de educación al higiéne y abasteciendo todas las estructuras necesarias para que la población continue la producción del Baluarte. En muchos casos la Fundación ha intentado sensibilizar a los nativos sobre la importancia de la educación tanto para los jóvenes, como para los adultos, de hecho en el estatuto del Baluarte del Café de las

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Tierras Altas de Huehuetenango se lee que cada productor puede entrar

in

en la cooperativa que recolecta el café en el altiplano, pero sus hijos

deben ir a la escuela. Esta decisión fue tomada en 2001, después de que

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los voluntarios subrayaron el alto índice de analfabetismo en la región. En cambio en otros países Slow Food ha contribuido a la emancipación de las mujeres en Estados islámicos, como, por ejemplo, las mujeres

Be rn

Imraguen en Mauritania.

Los Baluartes Slow Food tienen cuatro objetivos principales: 1. Antes que nada la finalidad económica es el elemento clave, porque es necesario dar garantías a los productores, de hecho no debemos olvidarnos que los Baluartes son productos que están

a

desapareciendo exactamente porque ya no eran rentables; en ese caso la Fundación se ocupa de financiar a los productores cada

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año y expander el mercado de estos productos, aumentando también el nivel ocupaciónal, a través de colaboraciones con

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técnicos voluntarios que ayudan a los nativos a solucionar problemas que no podrían resolver solos.

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2. Después se puede encontrar el objetivo medioambiental, de hecho, como hemos dicho en precedencia, no es posible proteger un

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producto si antes no defendemos su territorio de origen; entonces por un lado es importante salvaguardar la biodiversidad y el medioambiente y, por otro, cada disciplinar de los Baluartes establece que cada uno de esos tiene que ser producido sin aditivos químicos, ajustándose a las normas medioambientales, si TM

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es posible gracias a energías renovables y, en el caso del ganado, garantizando áreas adecuadas y piensos naturales para los animales. 3. Otra importante finalidad es la que se refiere a los objetivos sociales de los Baluartes, es decir el fortalecimiento en la sociedad

i

del papel del productor y la colaboración entre ellos; en efecto en

in

muchos casos la Fundación se ocupa de construir redes a nivel

local para poner en contacto varios productores de una área

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geográfica específica, así creando fuertes vínculos humanos y de trabajo.

4. Al final tenemos los objetivos culturales que están relacionados con la comunicación, dado que a través de la creación de Baluartes y

Be rn

de asociaciones de productores locales la Fundación espera hacer expresar a las poblaciones locales que así podrán obtener mayor atención por los medios de comunicación y, si es posible, lanzar iniciativas locales e itinerarios turísticos sostenibles para ayudar la

a

difusión del mensaje de Slow Food.

Hoy el Proyecto de los Baluartes ha crecido mucho hasta alcanzar

in

grandes números; en Italia a finales de 2012 había 224 proyectos Baluartes74 y, por eso, Italia ha obtenido el primer lugar en la clasificación

nt

europea. El total de Baluartes europeos es 269 y la mayoría de estos están protegidos por asociaciones de productores (con la excepción de

le

unas que tienen sólo un productor por exigencias específicas), en Europa tenemos que poner en evidencia 11 Baluartes de los Balcanes donde

Va

cincuenta años de socialismo han puesto de rodillas las pequeñas producciones locales. A nivel mundial hay más de 400 Baluartes Slow Food.

74 I Presìdi Slow Food in Europa, un modello di sostenibilità 2000-2012, investigación hecha por la Universidad de Turín y de Palermo, 2012 TM

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II. 2 El Café de la Silva de Harenna Etiopía es el país donde se dice ha nacido el café, de hecho hay muchísimas leyendas que cuentan el descubrimiento de esa planta y, por consecuencia, de la bebida que se produce con las cerezas tostadas e

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infusionadas en agua hirviendo. Es importante subrayar la particularidad

ac ch

convertido en un Baluarte Slow Food del café.

in

del café etíope, el único café silvestre en el mundo y, por eso, se ha

El café constituye el 10% del Producto Interior Bruto del Estado y es una fuente de riqueza para casi el 25% de la población. Hasta hace unos años en Etiopía el café se utilizaba en casa y, sólo recientemente

Be rn

los nativos han descubierto de poseer un verdadero tesoro entre sus manos y el café etíope hoy en día forma parte de todos los mercados

Va

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in

a

mundiales.

Cerezas de café de la silva de Harenna (Etiopía)

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La foresta de Harenna, una de las más extensas del país, se halla en los montes del Parque Nacional de Bale, a una altitud de unos 1800 metros, en la región Oromia y aquí nace y crece espontáneamente un café arábica muy preciado. La producción de ese café depende sobre todo de las familias que viven en la foresta que lo recolectan, lo reparten

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en costales y lo venden.

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CAPÍTULO III - El Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango

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III. 1 Historia

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La región de Huehuetenango se extiende por 7403 kilómetros cuadrados, al pie de la cadena montañosa de los Cuchumatanes, en la

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parte noroccidental de Guatemala, al confín con México, y se situa en una altitud que va desde 850 hasta 3700 metros sobre el nivel del mar, así creando muchísimos diferentes ecosistemas. Tanto la altitud como el clima contribuyen en hacer esta área una de las zonas mejores para

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cultivar el café.

El café llegó a Guatemala en el siglo XVIII y, desde aquel momento, siempre ha sido la fuente principal de ingresos para la población local, de hecho podemos afirmar que en el departamento hay un monocultivo. Cada cultivador de café tiene su pequeña parcela de

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tierra con una productividad variable; nadie posee los conocimientos

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técnicos para producir y transformar café, pero, a pesar de eso, aquí se produce un Coffea arabica de excelente calidad y con características

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organolépticas únicas, aunque la variedad de ecosistemas en la región favorece el desarrollo de muchos crus75 diferentes (analizados uno a uno

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por expertos antes de la creación del Baluarte). Las cerezas de café se recolectan de forma manual y se ponen en canastas de mimbres que los

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recolectores llevan ligadas en la cintura; los granos de café se sacan de manera artesanal de sus cerezas a través de un proceso de fermentación que empieza unas cuatro horas después de la recolección y dura de 24 a 26 horas; después de la fase de despulpado, los granos se ponen al sol 75 Nombre técnico que se utiliza para identificar las diferentes variedades de café. TM

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donde se secan por tres días mientras se revuelven a menudo con un rastrillo. Los habitantes de la región son sobre todo indígenas Mam (Huehuetenango es la antigua capital del reino Mam), Akateco, Jacalteco, Chuj, Kanjobal y descendientes de los Mayas; personas que han

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sobrevivido a una guerra civil que ha durado por más de treinta y cinco

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años y que ha destruido el territorio, sobre todo después de la introducción de la táctica de la “tierra arrasada” con la que se destruían

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enteras aldeas que se sospechaba podrían ayudar a los guerrilleros antigubernativos y se mataban arbitraria e indiscriminadamente a niños, mujeres y ancianos que después eran tirados a fosas comunes y quemados.

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Sin la intervención de Slow Food los pequeños productores no conseguían entrar en el mercado y estaban obligados a tratar con los coyotes76 locales y eso significaba vender sus productos (aún cerezas en la planta) por un precio irrisorio, así creando ingresos sólo para los intermediarios, como se lee en el Manifesto del Baluarte Slow Food de las

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Tierras Altas de Huehuetenango: cuando los voluntarios Slow Food llegaron en Huehuetenango, había Manrique Lopez que les esperaba, un

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chico muy joven con cara redonda y orejas de soplillo. Ha sacado de su bolso, de manera un poco azorada, una bolsita de cardamomo y les ha

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hablado de su aldea que estaba a cinco horas de viaje y de la tentativa de unas familias de cultivar algo que no fuera café, para salirse del vértigo

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de la miseria. Una miseria que depende tanto de la Bolsa de Nueva York que cotiza el café a precios más bajos que hace treinta años, como del

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decaimiento del departamento, cuya economia se basa sobre el monocultivo cafetalero desde unos trescientos años.

76 Intermediarios locales necesarios para que los productores lleguen hasta los mercados; ellos compraban el producto por precios irrisorios, creando un ingreso casi insignificante para los productores. TM

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Por esta razón Slow Food es activa en esta región desde hace 2002 para desarrollar una producción y un mercado stables y justos, que podrán crear ingresos también para el trabajo de los productores más pequeños. De hecho, después de poco tiempo, nació el Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango, que lanzó un proceso irreversible

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de mejora tanto de la calidad del producto, como del estilo de vida de la

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población del departamento. Gracias a un disciplinar de producción que reglamenta las fases de recolección y secado y vincula a los productores

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a la protección del territorio; que crea uniones fuertes entre los productores y fortalece las que ya existen en las cooperativas que trabajan en la región; que ofrece cursos de formación para los productores y sus familias; que fomenta la creación de una asociación

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para vender el producto terminado, los nativos mismos han afirmado que, en unos años, sus condiciones de vida se han mejorado. Esta mejora fue tanto importante que hoy en día el café de Huehuetenango es uno de los más vendidos a nivel mundial y la asociación que se ocupa de venderlo forma parte de todos los mercados del mundo, además los pequeños

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productores que antes sufrían a causa del analfabetismo y de la ignorancia se han convertido en personas conscientes de lo que hacen y

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que quieren transmitir sus conocimientos a las generaciones futuras.

Foto hecha por Alberto Peroli (2007) TM

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En 2002 unos cultivadores de café de la zona, gracias a la ayuda de la ONG MAIS77, tomaron parte en el Salone del Gusto, presentando su producto. En 2003 se organiza la primera misión en el área y los voluntarios catan 300 géneros de café en los laboratorios de Anacafé 78 y hacen unas

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entrevistas a las familias de productores que serán necesarias para

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definir el marco socio-cultural de la región. Gracias a estas se identifican a los primeros 40 productores y las 5 áreas más productivas, así nace el

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Baluarte Slow Food. En aquel momento los productores escriben la primera versión del disciplinar de producción del Baluarte (que se modificará muchas veces en los años siguientes) y se comprometen en ofrecer un producto de altísima calidad protegiendo el medioambiente,

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garantizando condiciones de trabajo adecuadas para sus familias y estableciendo un precio justo para el producto terminado, así que los productores de café puedan vivir de manera adecuada. De este momento en adelante se hace publicidad al café en cada evento de Slow Food y ese producto toma parte en el mercado internacional.

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El año siguiente el café del Baluarte toma parte en un evento organizado en Atlanta por la SCAA (Specialty Coffee Association of

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America – asociación americana para los cafés certificados) que cada año reune a los expertos de café a nivel mundial y en la cumbre y la feria

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anual organizadas por la SCAE (Specialty Coffee Association of Europe – asociación europea para los cafés certificados). En el mismo tiempo en

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Huehuetenango continua la catalogación de las variedades de café y de sus productores para fortalecer las asociaciones productivas locales y

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afectar a las instituciones. Gracias a expertos locales y especialistas a nivel internacional, Slow Food organiza cursos de formación para la 77 Movimiento Para el Autodesarrollo Internacional de la Solidaridad; Organización no gubernamental para la cooperación internacional nacida en Turín en 1990. 78 Asociación Nacional del café guatemalteco que ofrece asistencia técnica a los productores. TM

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población. Entretanto la Fundación da su contributo desde Italia contactando a los torrefactores y catadores para analizar el café y mejorar su calidad. Gracias a la publicidad ofrecida por Slow Food una torrefacción (Caffè del Doge) que trabaja en Padua y Venecia compra unos kilos de producto para venderlo en sus tiendas y lanzarlo en el

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sector de la gastronomía italiana e internacional. Todo eso, además de

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tener un significado relevante para la difusión del producto, tiene también

un importante significado económico; de hecho la torrefacción italiana

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compra a un precio más alto tanto que los 126 dolares ofrecidos por la FLO (Fairtrade Labelling Organization – Organización Internacional de Comercio Justo), como que los 75 dolares de la Bolsa de Nueva York. Además los productores participan en el primer Salone del Gusto y Terra

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Madre, conociendo a todas las comunidades del alimento del mundo; de propina, durante este mismo evento se lanza un proyecto para crear una torrefacción en la cárcel de Turín (la que va a convertirse en “Pausa Cafè”). En el mismo año la Fundación organiza un viaje para llevar en la región a unos representantes del Ministerio de Relaciones Exteriores y

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del Istituto Agronomico per l'Oltremare (IAO) de Florencia y lanzar un proyecto de cooperación internacional llamado “Le strade del caffè” (las

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calles del café) para reforzar el Baluarte. En 2005 el Ministerio de Relaciones Exteriores aprueba ese

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proyecto y este representa el primer incentivo económico para el proyecto que en 2007 se convertirá en el proyecto Café y Caffè. Para ayudar a los

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productores a empezar fácilmente su aventura en la asociación, la Fundación abastece de 100 000 euros, a través de las organizaciones

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locales, para fomentar el proyecto y asegurar a los productores ingresos con adelantado para las ventas de mayo/junio del mismo año. Después de las ventas, dado su gran éxito, las organizaciones logran devolver este “préstamo” a la Fundación; los productores aumentan desde 40 hasta 60. En este año nace la cooperativa social Pausa Cafè que se ocupa de TM

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comprar la materia prima por un precio justo, tostar los granos de café en la cárcel de Turín (ocupándose de la formación profesional de los detenidos) y volver a venderlo enviando el 50% de los ingresos a los productores, como socios de la cooperativa. La demanda de este producto por las torrefacciones aumenta y el precio de venta sube de 13

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dolares con respecto a 2004, llegando a 145 dolares/45,5 kilos de café.

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Una sociedad de Milan decide visitar Huehuetenango para registrar el documental “Manrique y la odiséa del café” que analiza todo el recorrido

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de las cerezas de café, desde la planta hasta la tacita. Entretanto Slow Food y las torrefacciones siguen desarrollando su campaña publicitaria y el Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango toma parte en eventos como: Cheese (Bra), Aux Origines du Gout (Montpellier),

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Eccellenti e Solidali (Roma) y Eurochocolate (Perugia).

Paquetes de Café de las Tierras Altas de Huehuetenango producidos por la cooperativa social Pausa Cafè

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En 2006 Slow Food continua organizando misiones para fortalecer la cooperación entre productores y entre ellos y las autoridades locales; dado el gran éxito de la cosecha del año precedente, se sigue con el objetivo de mejorar la calidad del café de Huehuetenango que se empieza a conocer en todo el mundo. Se organizan otros cursos de

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formación para los productores tanto para la etapa de recolección como

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las de despulpado y secado. El Baluarte crece y aumenta también el número de productores llegando a 120. Los mejores clientes de los

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productores de café guatemaltecos son la cooperativa Pausa Cafè, Mokafé e Eataly. Los productores siguen tomando parte en el Salone del Gusto y Terra Madre, un evento que tiene lugar cada dos años, y en la edición de 2006 los visitadores pueden catar por primera vez el café de

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Huehuetenango, el helado de café hecho con café guatemalteco por Menodiciotto y los dulces de café hechos por el Laboratorio di Resistenza Dolciaria de Alba. A finales del evento los productores participan en “Terra Madre Toscana – Il Giusto Gusto”, donde pueden encontrar a otros productores toscanos y conocer a unas comunidades del alimento y otras

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realidades diferentes a la suya.

En 2007 nace el proyecto “Café y Caffè – Red regional para el

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apoyo a las asociaciones de pequeños productores de café” directo por el IAO. Ese proyecto tiene el objetivo de reforzar el sistema de producción y

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promoción del café de los Baluartes Slow Food y crear también una red a través de la que todos los productores de café de América Latina puedan

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recibir y dar consejos o información y contar sus experiencias. Además, gracias a este proyecto, se descubren a otras 4 comunidades de

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productores que podrían convertirse en nuevos Baluartes según el modelo del café de Huehuetenango. Al principio es necesario organizar el trabajo, buscar a expertos y técnicos en la región y comprar todo lo que sirve para desarrollar las actividades; unos técnicos hacen una investigación sobre el Baluarte y sus productores, que hoy son 150, para TM

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estudiar planes individuales y particulares de cultivo y gestión de las actividades. Se continua vendiendo el café de Huehuetenango a un precio justo y ese producto sigue teniendo a muchos clientes a nivel mundial. Unos productores de café toman parte en el primer evento español que Slow Food organiza en Bilbao: “Algusto - Saber y Sabor”.

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El año siguiente los productores y Pausa Cafè crean la asociación

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COBAHUE (Comercializadora Baluarte Huehuetenango), este es un momento fundamental para el Baluarte, de hecho de esta manera los

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productores tienen un organismo a través del que pueden promover y vender directamente su producto. En este año tienen lugar también unos eventos para mejorar el Baluarte, entre ellos hay dos seminarios para los productores de la red Café y Caffè para modificar el disciplinar de

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producción y discutir sobre la calidad del café; COBAHUE organiza numerosos cursos para los productores y forma a 8 promotores de campo que controlan el correcto funcionamiento de las actividades en los cafetales, 10 catadores de café que pueden beneficiar de 3 nuevos laboratorios de catación; los voluntarios construyen 150 beneficios

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humedos. La Fundación fija el objetivo de encontrar a posibles compradores de los 9 container de café que se preveen para la primera del

año,

entonces

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cosecha

intensifica

sus

relaciones

con

las

torrefacciones de calidad italianas y estadounidenses y consigue llevar a

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9 torrefactores (italianos, américanos y danéses) en los laboratorios de Huehuetenango y, unos meses después, 15 torrefacciones de California

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invitan al representante del Baluarte desde Guatemala para una visita. Para aumentar su eco mediático el producto se encuentra en todos los

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mayores eventos sobre el café de calidad, tanto italianos como internacionales,

además

de

comparecer

en

todos

los

eventos

organizados por la Asociación Slow Food, incluso el Salone del Gusto y Terra Madre 2008, y también Terra Madre en Toscana. El café de la “Finca El Injerto” de La Libertad, en Guatemala obtiene el título de mejor TM

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café del Estado y se premia con la Cup of Excellence; el café disponible para la venta llega a un precio inimaginable, de hecho se vende a compradores estadounidenses y japoneses por 80 dolares/libra. En 2009 el café de Huehuetenango entra oficialmente en el mercado estadounidense, entonces la Café Imports de Minnesota hace

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su primer orden y paga 190 dolares/45,5 kilos; además el número de

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productores sigue subiendo hasta 170.

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Foto hecha por Alberto Peroli (2007)

El gran éxito del Baluarte Slow Food está comprobado por

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muchísimas publicaciones entre las que hemos elegido un artículo del periodico online Equitierra-Revista Rural Latinoamericana 79, porque me

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ha parecido justo conocer la producción también a través de la opinión de personas vecinas a aquella realidad; en el artículo “Café cargado...con identidad”, que remonta a mayo de 2009, la periodista Magda Faludi 79 Magacín online con publicación cuatrimestrar a cura del RIMISP (Centro Latinoamericano para el Desarrollo Rural). TM

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habla del Baluarte del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango: “Estas experiencias en torno al café son un ejemplo de estrategias que se están aplicando hoy en América Latina centradas en la valorización de un producto portador de una particular identidad para llevarlo a mercados lejanos. Algunas de estas estrategias incorporan nuevas normas y

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mecanismos, como son las denominacioned de origen (DO), para

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competir en base a nuevas ventajas comparativas en mercados

dinámicos y exigentes, mientras que otras apuntan a una distinta cadena

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de valor acortando las distancias entre producción y comercialización, a veces en el marco de relaciones y mercados justos y solidarios (DOP). En ambas situaciones esto implica mostrar al producto fuertemente identificado con un cierto territorio con determinadas características

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culturales, que en este caso particular significa diferenciarlo del café commodity y del café mezclado, donde no importa el origen sino la adecuada mezcla que hacen apetecible la bebida. Queda pendiente, sin embargo, la pregunta de si estas estrategias lograrán gatillar procesos

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más amplios de desarrollo territorial”.

La producción del Café de las Tierras Altas de Huehuetenango está

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estrechamente ligada a:

170 productores que forman parte de cooperativas como la

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cooperativa ASODESI, en el municipio de San Pedro Necta, la cooperativa ADINUIT de Todos Santos y las cooperativas

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ESQUIPULAS y ADIENIL en La Libertad;

la cooperativa social Pausa Cafè que trabaja en la cárcel “Lorusso

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e Cutugno” en Turín;

COBAHUE, la sociedad de comercialización creada por los productores y Pausa Cafè;

Dirección General de Cooperación al Desarrollo del Ministerio de Relaciones Exteriores italiano que ha financiado el proyecto Café y TM

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Caffè; •

el Istituto Agronomico per l'Oltremare (IAO) de Florencia que coordina las actividades del proyecto Café y Caffè;

la OIC (Asociación Internacional del Café) y el BFC (Banco Fondo Común) que han proporcionado una ayuda económica al proyecto

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Café y Caffè;

Anacafé que ofrece asistencia a los productores en sus territorios;

todas las torrefacciones artesanales que han ofrecido sus

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conocimientos para enriquecer culturalmente a los productores y formarlos para mejorar la calidad de su café; •

las torrefacciones y los restaurantes que han publicizado el Baluarte en sus locales;

por cierto la Fundación Slow Food para la Biodiversidad-ONLUS

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que ha lanzado y se ha interesado en todo el desarrollo del Baluarte.

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III. 2 Entrevista a los productores

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Como hemos dicho en la introducción, nuestro objetivo es también dar voz directamente a los productores del Baluarte, entonces hemos

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hecho unas preguntas a Manrique Lopez Castillo, que ha sido el representante del Baluarte por muchos años, y a unos productores y

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catadores de café.

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P: ¿Qué tipo de café producen ustedes en la región de Huehuetenango? R: Es un café Arábica de muy buena calidad, pero lastimosamente se está terminando porque no tenemos el recurso necesario para seguir adelante. Eso lo estamos viendo ahora, en estos años ya que tenemos que vender nuestro producto sin el precio que tendríamos que conseguir TM

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por la misma razón de que no tenemos el financiamiento necesario para poder coltivar mejor y mantener mejor nuestro producto de café Arábica. Estamos un poco tristes por que no podemos darle la atención necesaria que nuestro producto necesita.

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P: Si en Huehuetenango hay un buen café ¿dónde está? y ¿por qué no

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se paga bien?

R: En el proyecto nace la idea de hacer un estudio del café de

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Huehuetenango. Cuando identificamos ésta área, nuestro café había sido llevado a Italia en una feria del alimento que realiza una organización, Slow Food. En esa feria del alimento que se hace cada dos años el café de Huehuetenango salió como uno de los mejores cafés del mundo y

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Slow Food dijo: “Allá hay un Baluarte”; e iniciamos a escribir reglas de producción para formar en Huehuetenango un Baluarte del café. P: ¿Qué normas se deben respectar para producir un Baluarte Slow Food?

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R: Trabajamos con reglas ambientales como el hecho de que hayan árboles en las parcelas, que las aguas mieles no se tiren a los ríos, que

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los animales.

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se conserven los suelos, que haya mejora ambiental o que se conserven

P: ¿Cuáles son las reglas económicas establecidas por Slow Food?

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R: Las reglas económicas las podemos resumir en que la distribucción del dinero que se gana vendiendo este café especial a un precio especial

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sea distribuido equitativamente, donde el productor tenga la mayor parte del dinero en su bolsa, por que de eso vive. Luego que la organización sea sostenible y que también se puedan realizar proyectos sociales para la mejora de su comunidad.

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P: ¿Hay también unas reglas sociales para los productores de la región de Huehuetenango? R: Las reglas sociales son muchas, pero voy a tratar de resumirlas; la más importante es que los niños, los hijos de los productores, que participan en la promoción y comercialización de los cafés especiales de

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Huehuetenango vayan a la esuela. No podemos evitar que un niño vaya

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al cafetal, yo pienso que van a pasar muchos años para evitar eso, pero

sí podemos promover que ese niño antes de ir al cafetal vaya a la

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escuela, eso es muy importante. No podemos evitar que las señoras apoyen a sus esposos cortando o moliendo o secando el café, pero sí podemos promover que estas esposas vayan, por lo menos una vez al

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año, al médico. Esto forma parte de las reglas sociales. P: ¿Cómo se desarrolla un control de calidad de café?

R: El control de calidad es una de las etapas final de la catación de café. Tenemos que examinar mucho lo que es el color, la humedad, la apariencia, la densidad del grano. Hacemos un particular tipo de

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“absorbción” ya que el café llega hasta dentro, en los lados de la boca, donde tenemos nuestro sentido de gusto, entonces tenemos las papilas

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gustativas muy sensibles hasta dentro y es donde nosotros detectamos cualquier clase de daño que pueda tener el café, cualquier sustancia que

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se haya colado dentro de la bebida, o también podemos detectar las que

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son las calidades que tiene un café.

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CAPÍTULO IV - El rito del café en América Latina Entre los mayores consumidores de café de América Latina hay también México que, según la cosecha del año, contiende con Guatemala por el primer plazo en la clasificación de productores. En este país, como

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en Etiopía y en Brasil, el café, además de ser un producto para la

exportación, es un producto que se consuma en casa. De hecho hay dos

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tipos de cafés de origen mexicano: el café de olla y el café mexicano. A veces los dos se confunden, pero en realidad son muy diferentes: el primero es una bebida que se prepara hirviendo el agua en una cazuela de barro (llamada olla) y añadiendo especias como canela en ramas y clavos de olor, chocolate amargo desmenuzado y azúcar de caña

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mexicano (llamado piloncillo). Cuando el agua vuelve a hervir se añade el café molido, se apaga el hornillo y se deja en infusión por unos tres minutos y después se filtra el líquido y se pone en las tacitas (en lugar de la cucharilla se suele ofrecer una rama de canela). En cambio el café mexicano es muy parecido al Irish Coffee (Café Irlandés preparado con

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café, whisky irlandés y azúcar) dado que se prepara mezclando una tacita

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de café hirviendo con dos cucharas de tequila mexicana y dos cucharas

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de Kahlúa y se suele servir en vasos cubierto de nata montada.

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Otro Estado suramericano donde se consuma el café es Argentina, de hecho los cafés (locales parecidos a los pub ingleses) se pueden encontrar en cualquier rincón, desde la capital, Buenos Aires, hasta las más pequeñas aldeas de campo. Estos locales están difundidos hasta tal punto que en Buenos Aires se ha anunciado el día de los cafés (el 26 de

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octubre); este día todos los locales de la capital dan la posibilidad de

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asistir a espectáculos de tango y ofrecen sus servicios a precios reducidos. Desde el siglo XX estos locales, muy parecidos a los salones

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de té ingleses, son lugares de encuentro donde la gente suele sentarse para beber un buen café o la más tradicional yerba mate (una bebida que se saca de la infusión de la yerba mate y que tiene las mismas propiedades del café) catando tapas o dulces y asistiendo a espectáculos

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de tango argentino o escuchando buena música local.

Sin embargo hace unos años la globalización ha tenido consecuencias también en un lugar símbolo de Buenos Aires: el Café Richmond. De hecho el famosísimo local en calle Florida fue cerrado en 2011 para abrir una nueva tienda de Nike, con gran estupor de los

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argentinos. En las mesas de éste local se habían sentado artistas y escritores famosos como Graham Greene (que también ha hablado de

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Luis Borge.

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este café en su “El Cónsul Honorario”), Antoine de Saint-Exupéry y Jorge

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Conclusiones En conclusión de este análisis puedo afirmar que he enriquecido mi bagaje cultural dado que, aunque ya conocía la asociación Slow Food y la mayoría de sus proyectos, he estudiado dos Baluartes que nunca había

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tenido la ocasión de analizar, jamás había hablado directamente con los productores de café y no conocía las técnicas de recolección y

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transformación de este famosísimo producto. Sin embargo, después de haber encontrado todo lo necesario y haber estudiado diferentes procesos productivos, he aprendido que el café molido que utilizamos en nuestros hogares cuando preparamos la moka (cafetera de casa) puede derivar de una mezcla muy sabrosa, con un gusto riquísimo, pero de

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escasa calidad, o puede ser el resultado de granos seleccionados con esmero desde el momento de la recolección; que la calidad del café no se define sólo en el momento de la catación, sino desde cuando las cerezas maduran en las plantas; que no todas las variedades de café se pueden tratar con el mismo proceso de transformación para separar los granos de

a

las cerezas, de hecho hablando del café de Huehuetenango hemos dicho

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que las cerezas se lavan y después los granos se separan a mano, mientras las cerezas del café de la foresta de Harenna se someten a una

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particular fermentación que hace separar, de manera natural, los granos. Además es importante subrayar que, aunque el café de ambos Baluartes es de variedad Coffea arabica, tanto las técnicas de transformación de la

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materia prima, como el resultado final que catamos en las tacitas son

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completamente diferentes y es probable que mucha gente, después de beberlos, nunca diría que derivan del mismo tipo de plantas. Gracias a este proyecto he conseguido dar a conocer una filosofía

en la que yo creo, la de una comida limpia, buena y justa, y que pienso es necesario adoptar en el mundo en que vivimos, donde los valores de la tradición no se consideran importantes, donde la gente no tiene la ganas TM

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de conocer nuevas culturas y nuevos estilos de vida lejanos a los suyos, donde el redescubrimiento de todo eso podría llevarnos a un recorrido que ayude tanto a nosostros, como a los demás. Creo poder afirmar todo esto por que he tenido la ocasión de pasar del tiempo con muchas comunidades extranjeras, como las de

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Huehuetenango o de Etiopía, durante unos eventos de Slow Food

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(Salone del Gusto y Terra Madre, Terra Madre en Toscana) y estas experiencias, juntas al estudio para escribir mi tesis, me han enriquecido

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muchísimo a nivel personal y me ha tocado el hecho de que todas las personas que he conocido deseaban contar cómo se desarrolla su trabajo y qué producen en su país; también he visto cuantas preguntas hacen en cada situación, quieren saber y llevar nuevos conocimientos a sus

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compañeros que no han podido tomar parte con ellos en un evento; pienso que esta es su verdadera fuerza: el deseo de descubrir todo lo que para ellos es diferente, raro o anómalo.

Con mis experiencias y con este estudio espero haber suscitado el interés de personas que, hasta hoy, nunca habían pensado en realidades

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así lejanas y haber dado la ocasión a los que, en 2013, aún creen que la inteligencia y el saber son sólo prerrogativas del mundo occidental y no

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piensan que estos conocimientos se pueden utilizar para formar e informar a poblaciones con dificultades que, con una pequeña ayuda del

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exterior, podrían ofrecer un futuro mejor a sus hijos.

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