PROVINCIA DI BERGAMO Settore Politiche Sociali e Salute
INVECCHIAMENTO E SERVIZI PER GLI ANZIANI Aprile 2014
Dati, riflessioni e prospettive sulle politiche sociali per la popolazione anziana nella provincia di Bergamo
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A cura della Dott.ssa Rita Bianchin Coordnamento: Dr. Silvano Gherardi, con la collaborazione di Elisabetta Rota e Diego Locatelli
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INDICE PREFAZIONE Premessa p. 6 1) Il territorio 1.1 Le condizioni socio economiche 1.2 Cambiano i tempi, cambia la vecchiaia 2) Gli anziani: una risorsa per la coesione sociale 2.1 Le donne e la vecchiaia 2.2 La salute e le condizioni di vita delle donne 2.3 Gli anziani e le forme famigliari 2.4 Gli anziani e le forme famigliari 3) Il reddito e le condizioni sociali 3.1 Le pensioni: uno sguardo di genere 4) L’invecchiamento negli Ambiti Territoriali della provincia di Bergamo 4.1 Curare ed essere curati 4.2 La demenza, un problema sociale in crescita 5) Le dimensioni della non autosufficienza: i servizi dedicati 5.1 I centri Anziani: una risorsa da valorizzare 5.1.1 La qualità della sede 5.1.2 I tempi di funzionamento e gli utenti 5.1.3 La gestione, il finanziamento, le attività 5.2 Le Residenze Sanitarie Assistite 5.2.1 Le origini delle RSA: cenni storici 5.3 I servizi per la domiciliarità 5.4 Il lavoro privato di cura: le assistenti familiari 5.4.1 Quante sono le assistenti familiari e chi sono 5.4.2 Il rapporto tra l‟assistente famigliare e la famiglia 5.5 I Centri Diurni Integrati ( CDI) 5.5.1 I CDI nella Provincia di Bergamo 5.5.2 I servizi offerti 5.5.3 Inserimento di un nuovo ospite 5.5.4 Partecipazione dei familiari alla gestione 6) Uno sguardo oltre i nostri confini: interventi per la domiciliarità e per l’assistenza agli anziani non autosufficienti in alcuni Paesi europei 6.1 I servizi socio assistenziali e sanitari 7) Come vivono gli anziani nella società che cambia 7.1 I giovani e gli anziani
p. 9 p.12 p.15 p.16 p.17 p.18 p.25 p.27 p.28 p.31 p.37 p.39 p.43 p.46 p.49 p.49 p.50 p.52 p.57 p.61 p.62 p.63 p.64 p.65 p.66 p.71 p.72 p.72 p.74
p.76 p.78 p.81 p.82
8) Le buone pratiche: salute e socialità p.89 BIBLIOGRAFIA
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PREFAZIONE L‟Osservatorio per le politiche sociali della Provincia di Bergamo nasce con lo scopo di di fornire, alle amministrazioni locali e a tutti gli altri soggetti che concorrono alla programmazione e alla realizzazione di interventi e servizi sociali, informazioni e riflessioni intorno ai fenomeni sociali che interessano più da vicino la popolazione della nostra provincia e al loro costante dinamismo. Negli anni scorsi, con la pubblicazione del CD rom “ Anziani, uno sguardo al cambiamento”, il Settore Politiche Sociali e Salute ha voluto acquisire una base di conoscenze aggiornate e particolareggiate sulle diverse condizioni vissute dagli anziani del territorio provinciale, al fine di costruire una serie di riferimenti e indicatori che potessero far emergere le dimensioni quantitative e qualitative del fenomeno invecchiamento e di una potenziale domanda di servizi dedicati alla popolazione interessata. Il lavoro di indagine e riflessione sui dati raccolti, fatto in collaborazione con istituzioni pubbliche, del privato sociale e forze sociali più attive e sensibili al tema, ha consentito di sviluppare anche un approfondimento sui connotati dei servizi esistenti e sulle risorse in quel momento disponibili. I due gruppi di lavoro che hanno impostato e sviluppato i temi presenti nel CD, uno formato da tecnici e da fruitori e uno costituito da esperti della materia, hanno concluso il loro impegno con la raccomandazione di mantenere aggiornato il quadro costruito e aperto lo sguardo sul dinamismo delle varie sfaccettature territoriali, culturali e demografiche che lo compongono. L‟Osservatorio infatti, visto come strumento di conoscenza, mantiene la propria capacità di rappresentare la realtà se sa offrire di essa una visione aggiornata. Gli anziani, le famiglie e il loro universo, soprattutto in questi ultimi anni, sono interessati da significativi cambiamenti che toccano sempre di più bisogni immateriali di natura psicologica e relazionale insieme a richieste relative alla qualità degli ultimi anni di vita. Anche per questo si è voluto dare seguito alle sollecitazioni provenienti da una parte dei soggetti che avevano partecipato alla costruzione dell‟Osservatorio mettendo in campo le conoscenze e le sensibilità derivanti dal loro ruolo di rappresentatività e cerniera tra le istituzioni e il mondo degli anziani. Si è impostato così, con la loro collaborazione, un lavoro di aggiornamento dei dati e di completamento delle informazioni che tenesse conto, documentasse e commentasse le più significative modificazioni nel frattempo intervenute. Lavoro che mettiamo a disposizione di tutti i cittadini, degli enti locali, delle forze sociali e del terzo settore affinché se ne possano servire per i loro compiti di programmatori e realizzatori di servizi e per i loro interessi di conoscenza del complesso mondo della vecchiaia.
Dr. Domenico Belloli Assessore alle Politiche Sociali e Salute 4
PREMESSA
Il contesto socio-economico e culturale “Havvi gente buona et laboriosa”. Il servo di Dio Giovanmaria Acerbis, arciprete di Vilminore di Scalve piccolo paese dell‟alta Valle Seriana, parlava così dei suoi parrocchiani in una lettera indirizzata al vescovo di Bergamo. Era l‟inizio del 1700. La provincia di Bergamo faceva ancora parte del dominio della Repubblica di Venezia ed era nota soprattutto per l‟industria della torcitura della seta greggia che a quei tempi veniva quasi tutta esportata in Europa. La natura geoclimatica della provincia bergamasca, e lo scarsissimo reddito derivato dalle tradizionali coltivazioni agricole, aveva favorito l‟affermarsi dell‟allevamento dei bachi da seta e la coltivazione dei gelsi da foglia, mettendo in secondo piano quella del grano. Sin dal XVII secolo l‟allevamento dei bachi da seta, insieme al lavoro nelle filande, costituì, per i contadini bergamaschi, un‟attività integrativa dello scarsissimo reddito agricolo mentre per i proprietari terrieri, spesso anche proprietari delle filande, divenne l‟occasione per accumulare ingenti e solide ricchezze. La coltivazione dei gelsi e l‟allevamento dei bachi esigevano la disponibilità di tutta la forza lavoro familiare e contribuivano a legare profondamente la famiglia alla terra nella remota speranza di poter diventare padroni del fondo agricolo che si lavorava. Procurarsi di che vivere allora significava fatica fisica, la gran parte degli attrezzi agricoli era di legno, tecnicamente rudimentali. Il terreno si lavorava con la vanga, l‟uso dell‟aratro era quasi inesistente in montagna come in collina per via della impossibilità di mantenere animali destinati al traino. Dal punto di vista sociale la zona montuosa, che occupa circa il 60% di tutto il territorio provinciale, era caratterizzata da un estremo frazionamento della proprietà terriera sfruttata ai soli fini dell‟autoconsumo famigliare. La zona collinare e di pianura, invece, vedeva nella mezzadria e nell‟affittanza le forme più diffuse di conduzione agricola. In questo caso la terra era di proprietà dell‟aristocrazia, del clero o della nuova borghesia imprenditoriale proprietaria delle filande seriche.
Vecchia filanda
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Le famiglie coloniche, per sopravvivere, erano costrette ad avviare al lavoro in filanda le donne e i bambini anche in tenera età. Infatti, per contratto, un certo numero di uomini e di ragazzi, definito in base all‟estensione del terreno concesso in affitto o in mezzadria, erano obbligati a lavorare solo nel fondo, pena la risoluzione del contratto stesso e la conseguente perdita della principale fonte di sussistenza. L‟alimentazione, gravemente insufficiente per quantità e qualità, era costituita prevalentemente da polenta di mais usata anche per svezzare i neonati. Il vino, benché di pessima qualità, era consumato come un vero e proprio alimento e veniva somministrato senza particolari prudenze anche ai bambini. L‟alcolismo diventa un problema diffuso e incide notevolmente sulle cause di mortalità complessiva. In più, il lavoro fuori casa delle donne e quello di filatura e torcitura della seta a domicilio, aveva portato con sé un aumento significativo del numero di neonati esposti presso i diversi torni presenti nel capoluogo. Nel periodo 1771-1790 i bambini abbandonati all‟Ospedale San Marco di Bergamo, il più grande della città, furono 775 e quasi 2.000 nel ventennio successivo. Per tutto il 1800 le rese dei campi coltivati restarono piuttosto misere e “la promiscuità dei mestieri con le opere agricole” riduceva ulteriormente la produttività del lavoro agricolo, mentre aumentava costantemente la pressione demografica sulla terra alimentata da un tasso di natalità superiore al 40% (oggi è dell‟8%). In quel periodo tutte le forme di vita subirono le conseguenze di uno sfruttamento estremo, ne seguirono un impoverimento drammatico della popolazione, un grave deterioramento delle condizioni di salute e, successivamente, verso la fine del secolo, un esodo migratorio parte del quale clandestino e in prevalenza definitivo. Segno evidente del peggioramento delle condizioni di salute della popolazione è un costante aumento dei ricoveri nell‟ospedale psichiatrico di Astino, dove oltre la metà dei malati mentali è affetta da pellagra giunta all‟ultimo stadio, quello della pazzia. Nel 1878, quando la popolazione complessiva della Provincia era di 385.000 abitanti, una commissione di indagine appositamente costituita dalla Provincia, stima in 9.500 il numero dei pellagrosi, in 11.500 le persone affette da gozzo e cretinismo. Molto più alto della media regionale è il numero degli ammalati di tubercolosi, malattie veneree, intossicazioni alcoliche e malattie oftalmiche. I più colpiti sono i contadini rispetto agli operai e le campagne rispetto ai centri urbani e prima di tutti i bambini e le donne. Alla fine anche la terra reagisce al sovraccarico di sfruttamento con la diffusione incontrollabile di infestazioni da parassiti che colpirono le colture e da devastanti epidemie che falcidiarono le culture dei bachi da seta, gli animali da cortile e da stalla.
Ospedale psichiatrico di Astino
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L‟insediamento delle fabbriche nelle basse valli impedì che si verificassero consistenti fenomeni di inurbamento. I contadini continuavano ad alternare il lavoro nei campi con quello nelle filande e gli operai continuavano a mantenere il legame con un pezzo di terra che coltivavano per integrare il salario. In questo modo essi permettevano alle proprie famiglie di restare nel paese, magari emigrando stagionalmente in altre regioni, in Francia o nella vicina Svizzera, con la speranza di allontanare la terribile prospettiva di doversene andare per sempre. Il lavoro nelle industrie, esattamente come due secoli prima, anche se miseramente pagato, nonostante l‟estensione degli orari (da 12 a 16 ore giornaliere compresa la domenica) e la durezza delle condizioni, continuava a rappresentare una fonte di reddito sussidiaria rispetto a quella offerta dall‟attività agricola, ma assolutamente necessaria alla sopravvivenza. Fu lo scoppio della prima guerra mondiale a sconvolgere la staticità del mondo bergamasco e ad apportare quei mutamenti qualitativi nell‟assetto sociale e produttivo che avrebbero condizionato gli avvenimenti socio politici del dopoguerra. Intanto le donne rimaste dovettero continuare ad occuparsi del lavoro domestico, di quello dei campi in aggiunta a quello nelle fabbriche convertite in produzioni belliche, dove esse lavoravano con salari molto più bassi di quelli degli uomini. Le condizioni di vita si mantengono estremamente precarie tanto che la mortalità infantile continua ad essere altissima e nel periodo tra il 1913 e il 1941 arriva a raggiungere il 26% quasi il doppio del valore nazionale, mentre il tasso di analfabetismo tra i giovani chiamati alla leva militare rilevato nel 1923, raggiungeva il 37% valori uguali a quelli presenti nelle regioni del Sud. Anche la natalità continua a risultare elevata visto che il 30% delle famiglie risulta composta da sette e più figli. Il tasso di mortalità infantile insieme alla mortalità da parto, due tra gli indicatori più significativi del livello economico, sociale e culturale di una comunità, continueranno a mantenersi al di sopra della media nazionale fino agli anni „50 e resteranno tra i più alti del Paese fino al 1980.
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Capitolo 1 IL TERRITORIO
La provincia di Bergamo ha un territorio pari a 2.723 km2 dei quali il 63,5% occupati da montagna, il 24,4% da pianura e il 12% da collina. La popolazione residente, distribuita in 244 comuni, ammonta, al 1 gennaio 2011, a 1.098.740 individui che vivono in 451.970 famiglie con una media di 2,4 componenti. La densità media, per il territorio provinciale, è di 350 abitanti per km2 mentre di 2.970 per la città capoluogo. I servizi socio sanitari della Provincia fanno capo ad un‟unica Azienda Sanitaria Locale (ASL) che è stata istituita nel 2002 in luogo delle 9 USSL preesistenti. L‟ASL provinciale è suddivisa in 14 Ambiti Territoriali formati da comuni di dimensioni estremamente differenziate: si va dai 120.000 abitanti della città di Bergamo, ai 79 del comune di Blello in alta Val Brembana. Il territorio montuoso fa parte di cinque Comunità Montane, tre delle quali hanno assunto anche la configurazione di Ambito Territoriale, mentre la Comunità Montana della Val di Scalve, con una popolazione che non supera i 5.000 abitanti, è stata aggregata all‟Ambito Territoriale della confinante Val Seriana Superiore e la Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi ricomprende tre Ambiti Territoriali. Il grosso della popolazione risiede nei comuni della pianura, della collina e delle basse valli, mentre non più di 10.000 persone abitano le zone montuose. I dati sulla popolazione di seguito riportati, si riferiscono al 1° gennaio 2011 Tav. 1 - Provincia di Bergamo, comuni per dimensione demografiche e percentuale sul totale* abitanti ≤ 1.000 1.001-3.000 n. comuni 57 69 % 23% 27% * Fonte ISTAT, ns. elaborazione
3.001-5.000 52 22%
5.001-7.000 31 12%
7.001-9.000 21 8%
≥ 9.001 14 5%
Totale 244 100%
Densità demografica 0 8%
5%
comuni con popolazione ≤ 1.000 23% comuni con popolazione 1.001-3.000
12%
comuni con popolazione 3.001-5.000 22%
27%
comuni con popolazione 5.001-7.000 comuni con popolazione 7.001-9.000 comuni con popolazione ≥ 9.001
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Sono 57 i comuni al di sotto dei mille abitanti, 30.317 i residenti, il 2,7% di tutta la popolazione della provincia. Il 75% dei 244 comuni bergamaschi non supera i 5.000 abitanti e di questi almeno 27, il 13% del totale, non raggiunge i 500. Vivono quindi in comuni al di sotto dei 5.000 abitanti il 69,7% dei bergamaschi e, tra questi, 6.800 risiedono in comuni con una popolazione inferiore ai 500 abitanti. I 57 comuni con meno di 1.000 abitanti si collocano perlopiù nelle alte valli, 12 di questi contano meno di 200 residenti, in buona parte anziani sprovvisti di mezzi di trasporto propri o non in grado di poterli utilizzare. I piccoli comuni inoltre, rispetto a quelli di dimensioni maggiori, tendono a spendere meno in interventi di sostegno alle persone e nello stesso tempo risultano penalizzati dalle carenze della rete di trasporto pubblico verso le sedi operative dei servizi socio-assistenziali. Le difficoltà delle piccole comunità a far fronte ai bisogni della popolazione più fragile, sono ulteriormente aggravate dalla tendenza di tutti i comuni bergamaschi, a spendere autonomamente l‟85% delle risorse destinate alle iniziative assistenziali e solo il restante 15% in forma associata. Tav. 2 - Provincia di Bergamo, popolazione residente per fasce d’età quinquennali, sesso e percentuali su popolazione totale* classe d‟età
maschi
Femmine
totale provincia
% Provincia
% Lombardia
Italia
%
00-04
30.312
28.942
59.254
5,4
5,0
4,7
05-09
29.327
27.694
57.021
5,2
4,7
4,7
10-14
27.976
26.545
54.521
5,0
4,5
4,7
15-19
27.029
25.375
52.404
4,8
4,4
4,8
20-24
28.068
26.947
55.015
5,0
4,6
5,2
25-29
31.811
31.206
63.017
5,7
5,4
5,7
30-34
39.348
37.366
76.714
7,0
6,8
6,7
35-39
47.998
43.943
91.941
8,4
8,4
7,9
40-44
49.561
45.302
94.863
8,6
8,7
8,1
45-49
46.546
43.957
90.503
8,2
8,2
7,9
50-54
38.223
36.890
75.113
6,8
6,8
6,8
55-59
33.211
33.089
66.300
6,0
6,1
6,1
60-64
33.315
33.721
67.036
6,1
6,4
6,3
65-69
25.236
27.177
52.413
4,8
5,1
5,0
70-74
23.793
27.858
51.651
4,7
5,3
5,1
75-79
16.585
22.611
39.196
3,6
4,1
4,2
80-84
10.339
18.328
28.667
2,6
3,0
3,2
>=85
5.999
17.112
23.111
2,1
2,5
2,7
BERGAMO
544.677
554.063
1.098.740
100
100
100
LOMBARDIA
4.844.524
5.073.190
9.917.714
100
100
100
ITALIA
29.413.274
31.213.168
60.626.442
100
100
100
*Fonte ISTAT, ns. elaborazioni
9
30 25 7,9 8,1 7,9
20 6,7 15
5,7
4,7 5
5 0
6,8
5 2
3 2,8 4,4 1,8 5,4 4,5 2,5 3,5
4,6 5
Italia % 5
6,8
5,4
5,7
6,1 6,3
8,4 8,7 8,2
5,2
10
6,8
5,1
Lombardia % 4,2
6,1 6,4 5,1 5,3
7
8,4 8,6 8,2 6,8
Provincia Bergamo % 3,2
4,1 6
2,7
3
2,5 6,1 4,8 4,7 3,6 2,6 2,1
I dati su cui riflettere, per i cambiamenti che produrranno sui futuri assetti socio economici della realtà bergamasca e sulle reti di aiuto informale della famiglia e non solo, sono il 15,6% di popolazione con età inferiore ai 14 anni e il 17,7% con oltre 65 anni. Ma all‟interno di questa ultima componente va guardata con particolare attenzione la presenza del 4,7% di ultra ottantenni, quota di popolazione potenzialmente più esposta alla fragilità. I dati regionali e nazionali al confronto, risultano essere superiori. Tav. 3 - Provincia di Bergamo, popolazione residente incremento* 1971 1991 2001
per sesso, serie storica, 1971 – 2011 e percentuale
Maschi
396.677
445.617
486.053
544.677
incremento 1971 - 2011 +148.000
Femmine
411.237
457.075
500.871
554.063
+142.826
2011
%
+34,7
+37,3
* Fonte ISTAT, ns. elaborazione
37,3
37,5 37 36,5 36 35,5 35
34,7
34,5
Femmine Maschi
34 33,5 33 incremento %
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1.1 - Le condizioni socio economiche Il dopoguerra vede il patrimonio industriale bergamasco praticamente intatto, ad esclusione delle due più grandi industrie siderurgiche della provincia, bombardate massicciamente dagli alleati nel 1944. Mancano, come in tutto il Paese, le materie prime e, di conseguenza, la ripresa della produzione a scopi civili è rallentata. Le industrie non sono in grado di assorbire l‟aumento di disponibilità di manodopera costituito dai reduci che rientrano e nemmeno di continuare a garantire il lavoro alle molte donne, già impiegate per la produzione bellica. In città e nei centri più grossi della provincia i viveri scarseggiano. Il ricorso alla borsa nera diventa l‟unica possibilità per procurarsi il necessario per vivere, ma non tutti hanno i mezzi economici per poterselo permettere. I prezzi della farina, delle uova e di altri generi di prima necessità sono altissimi, manca la legna, e carne, olio, sale sono introvabili. Intanto anche l‟inflazione raggiunge livelli preoccupanti, nel 1940 con la paga di un mese, un operaio poteva comprare 10 paia di scarpe, nel 1945 ne poteva comprare solo uno. L‟enorme perdita di valore della moneta e la mancanza di beni di consumo favoriscono il ritorno alla pratica del baratto di merce contro merce. Il dottor Ferruccio Galmozzi, medico condotto e primo sindaco di Bergamo del dopoguerra, racconta che, durante l‟inverno del 1946, si recava al ponte di Borgo Santa Caterina in città, per scambiare della legna proveniente dai boschi di proprietà della sua famiglia, con farina, frumento e altri viveri portati dai contadini della bassa pianura trevigliese.
Esempio di lavoro nei campi
A causa della crisi nel 1951 oltre 13.000 operai del comparto tessile lavorano ad orario ridotto percependo la metà del salario, pur di conservare il posto di lavoro e nella speranza di una rapida ripresa della produzione. I tempi della ripresa economica si dilatano e allora, come sempre nella storia di questo popolo, resta percorribile la solita strada, cercare lavoro fuori, emigrare. Tra il 1945 11
e il 1950 30.000 bergamaschi lasciano la Provincia per l‟estero, la Francia e Svizzera, le miniere del Belgio, le Americhe e perfino l‟India. Solo nel 1952 partono in oltre 23.000. Lo sviluppo economico degli anni successivi porterà alla progressiva contrazione del fenomeno migratorio fino alla suo definitivo esaurimento che avverrà nei primi anni „70.
Emigranti bergamaschi
La ricostruzione di vaste aree del milanese distrutte dai bombardamenti e la contemporanea ripresa in quelle stesse zone, della produzione industriale, induce un massiccio pendolarismo di manodopera. Sono in 30.000 a spostarsi ogni giorno verso Milano, sono soprattutto muratori, manovali, ma anche operai generici e donne che vanno a fare le domestiche. Il pendolarismo lavorativo con Milano trascina quello culturale, sarà un fenomeno destinato a consolidarsi nel tempo tanto da diventare una componente strutturale della vita economica e sociale bergamasca del giorno d‟oggi. Anche l‟agricoltura è investita da processi di trasformazione e cambiamento che porteranno a qualificare e modernizzare le colture dei cereali, dei vigneti, dei sistemi di allevamento dei bovini da latte e degli animali da carne in genere. Nonostante gli sforzi e gli investimenti a favore di questo settore effettuati anche negli anni „70, non si ferma il lento, ma continuo abbandono del lavoro dei campi a favore di quello in fabbrica e negli uffici. Il boom economico degli anni „60, crea lavoro e molte occasioni di mettersi finalmente in proprio, di diventare padroni di se stessi. Il lavoro adesso c‟è, non è molto qualificato, ma ce n‟è per tutti, i sacrifici del passato sono finalmente ripagati. Mettersi in proprio si rivelerà una tendenza costante dell‟economia bergamasca tanto che oggi le imprese artigiane, in gran parte con meno di cinque dipendenti, superano le 30.000 unità, una ogni trenta abitanti bambini e vecchi compresi. Gli occupati attualmente risultano essere circa 467.000 e di questi solo il 46,1% donne. Le piccole imprese artigiane, forza produttiva naturalmente flessibile, hanno contribuito a fare di Bergamo il 4° polo industriale della Lombardia e a contenere per molti 12
anni, il tasso di disoccupazione entro il limite fisiologico del 2-3%. Nel 2011 però, per effetto della crisi economica in corso dal 2009, il tasso di disoccupazione è salito al 4,1% ben al di sotto comunque del valore regionale che risulta del 5,8% e di quello nazionale che si attesta all‟ 8,4 %.
Operai di fabbriche recenti
L‟agricoltura è oggi sul piano occupazionale ed economico una realtà poco significativa. Gli occupati sono circa 7.000 ma, al contrario di altri settori, da qualche anno risultano in lieve crescita. In pianura il settore più competitivo a livello nazionale, per qualità del prodotto e per dotazione di tecnologie molto avanzate è rappresentato dalla zootecnia da carne e da latte, dall‟allevamento di suini e dalla coltivazione di cereali. Il terreno agricolo della collina, oramai ampiamente consumato da una crescente urbanizzazione, è dedicato alla coltivazione della vigna, di prodotti orticoli e in qualche caso di uliveti. Persiste in montagna un‟agricoltura di tipo tradizionale dedicata principalmente a produzione di foraggio, alla coltivazione dei boschi per il legname da costruzione e da ardere e a quella di prodotti destinati all‟autoconsumo familiare. Negli ultimi anni, a fianco del consueto allevamento di bovini da latte, si sta sviluppando quello di ovini e caprini il cui latte è destinato alla produzione di formaggi apprezzati dal mercato non solo locale. Oggi Bergamo, al pari di altre comunità, si presenta come una realtà complessa mossa da spinte e tensioni che possono sembrare contraddittorie. Insieme al lavoro, alla persistente solidità dei legami famigliari e il voler fare da sé, convivono movimenti culturali e politici che lavorano sulla coesione sociale, sui grandi temi della pace, dello sviluppo sostenibile, della cooperazione internazionale, dei diritti dei popoli. Sono reti di solidarietà organizzata e spontanea diffuse e attive, impegnate ad operare concretamente nel territorio provinciale come in molti paesi stranieri. Le sole associazioni di volontariato attive nel campo della solidarietà sociale e dei servizi alla persona, regolarmente iscritte al registro regionale sono oltre 500, più del 15 % di tutte quelle lombarde, una ogni 1930 abitanti, più di due per ogni comune. Il valore economico del lavoro volontario di cura, che si
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traduce in un risparmio di risorse pubbliche specialmente dei comuni, si stima in circa 4 milioni di euro l‟anno. Il 64% dei volontari bergamaschi impegnati nelle associazioni dedicate all‟assistenza e alla solidarietà, sono pensionati, in gran parte donne, con un‟età superiore ai 65 anni. Recenti ricerche sul tema del volontariato e dei suoi significati per le persone e per la società, dimostrano che fare il volontario, lavorare gratuitamente per gli altri, aiuta a invecchiare bene. Le dimensioni del dono del proprio tempo, della relazione con l‟altro, del dare e del partecipare, facilitano l‟invecchiamento attivo e si traducono in un maggiore benessere specialmente per la persona anziana. Gli anziani stessi diventano così i protagonisti e i testimoni di un percorso culturale che può portare al definitivo superamento della persistente immagine sociale della vecchiaia, legata agli stereotipi del declino, della malattia, e quindi di peso e costo per la società. Solo quattro regioni, Veneto, Umbria, Liguria e Trentino, hanno inserito nei loro programmi di intervento, politiche sull‟invecchiamento attivo finalizzate a restituire senso alla presenza degli anziani, promuovere la loro partecipazione alla vita sociale, a progetti di prevenzione dei danni dovuti all‟isolamento, agli stili di vita e ai cambiamenti di ruolo. 1.2 - Cambiano i tempi, cambia la vecchiaia La vecchiaia, l‟età dal futuro breve, è oggi in Italia come in provincia di Bergamo, un‟esperienza di vita che con ogni probabilità, toccherà alla gran parte delle persone. Una bambina bergamasca che nasce in questi giorni ha davanti a sé una prospettiva di vita di oltre 84 anni, mentre un suo coetaneo può sperare di vivere per quasi „80 anni. Sarà per loro una vita vissuta in condizioni di salute e di autonomia sicuramente migliori dei vecchi di oggi. Il miglioramento delle condizioni generali dell‟esistenza, la possibilità di alimentarsi in modo più adeguato, i progressi dell‟igiene e l‟accesso sempre più diffuso alle cure sanitarie, avvenuti in gran parte nel corso dell‟ultimo secolo, hanno determinato un progressivo allungamento della vita media della popolazione, prima in tutti i paesi industrializzati e di recente, seppure più lentamente, anche in quelli definiti in via di sviluppo.
Lavori nei campi
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In Italia si è passati dai 60 anni di sopravvivenza media dell‟inizio del‟ 900 ai 70 del 1975, agli oltre 80 dei giorni nostri. Rispetto all‟inizio del secolo scorso il numero di anziani con età tra i 65 e i 74 anni è aumentata di 8 volte mentre è aumentata di 24 volte quella degli ultra ottantacinquenni. Per definire l‟invecchiamento demografico non si può prescindere dal fare riferimento alla struttura per età della popolazione e ciò rende necessario precisare cosa si intende per persona anziana. In genere si considera come soglia di ingresso nella vita anziana il raggiungimento di una prefissata età anagrafica (60 o 65 anni a seconda delle diverse concezioni), oppure ci si basa sul criterio “della soglia dinamica di vecchiaia” che tiene conto della speranza di vita residua. Questi parametri attribuiscono in genere un valore preminente alle “perdite”, lavoro, reddito, salute, relazioni. Perdite che vengono accettate come costitutive della condizione di anziano e che hanno contribuito a creare un‟immagine sociale della vecchiaia come età segnata da malattie e dipendenza e quindi da assistere. Se è vero che la definizione di invecchiamento della popolazione non può prescindere dai tempi dell‟invecchiamento biologico e quindi dal suo rapporto con l‟età anagrafica, l‟adozione di un limite di età fisso come soglia di ingresso nell‟anzianità, risulta fuorviante in quanto si prendono in esame persone e popolazioni con la stessa età anagrafica, ma che si sono evolute con modalità diverse. L‟identificazione e la valutazione delle caratteristiche della componente anziana di una popolazione dovrebbe invece comprendere riferimenti in cui l‟età anagrafica viene vista come uno degli elementi che si accompagna a un insieme di altre condizioni per loro natura dinamiche. Condizioni legate allo stato di salute, all‟efficienza fisica, all‟integrità cognitiva, all‟effetto di avvenimenti storici che possono aver coinvolto le persone e i loro contesti di vita e a comportamenti soggettivi. In questo caso l‟invecchiamento nelle sue diverse dimensioni si presenterà come un percorso non lineare, in buona parte dipendente da un insieme di condizioni esterne, ambientali, storiche e soggettive e quindi almeno in parte malleabile e modificabile. Gli studi dimostrano che anche la vita psichica dell‟anziano, non offeso da patologie comportamentali, è “plastica” capace cioè di adattamenti e dotata di potenzialità di cambiamento in positivo e che il declino può essere in molte parti contenuto operativamente. A patto però che la società e gli anziani stessi siano stimolati a superare lo stereotipo della vecchiaia come l‟età del deterioramento inarrestabile e siano capaci di costruire nuove prospettive di crescita e impegno dotati di senso .
Attività di svago per gli anziani
Lo stereotipo della vecchiaia come età del declino e della dipendenza è stato anche il prodotto del modello di studio trasversale adottato negli anni „50, secondo il quale si analizzavano e si confrontavano tra loro gruppi di soggetti di età diversa. Venivano così ingigantite le differenze intercorrenti tra i gruppi, proprio perché non si consideravano le diversità dovute agli effetti “generazionali”, ma solo quelle relative allo sviluppo e maturative. Il modello longitudinale successivamente adottato proprio per cercare di superare questi limiti, presentava anch‟esso il 15
rischio di distorsioni significative. Si studiavano persone già naturalmente selezionate perché più disponibili a sottoporsi ai test susseguenti e proprio per questo più dotate culturalmente. Gli studi degli anni „60 e „70, per la prima volta tentano di distinguere e pesare il declino dovuto agli effetti maturativi e agli influssi dei fattori sociologici ed educativi, di per sé reversibili e modificabili. Dai risultati di questi studi prendono forma ipotesi di intervento finalizzate a contenere l‟involuzione psichica, comunque presente nel percorso di invecchiamento, attraverso modificazioni del contesto di vita personale e sociale. Secondo questa lettura l‟invecchiamento è guardato come un aspetto di un più generale processo di cambiamento che accompagna tutta la vita e non di involuzione soltanto. La vecchiaia è allora vista in relazione alle dotazioni biologiche delle persone, ma anche come frutto di condizioni di vita e comportamenti soggettivi e, come tale, passibile di trasformazioni. Tav. 4 - Provincia di Bergamo, popolazione residente con ≥ 65 anni per classi d’età quinquennali, sesso e percentuale su popolazione totale* 65-69 70-74 25.236 23.793 maschi 27.177 27.858 femmine 52.413 51.651 totale BERGAMO 4,8 4,7 LOMBARDIA 5,1 5,3 ITALIA 5,1 5,1 *Fonte ISTAT ns. elaborazione
75 -79 16.585 22.611 39.196 3,6 4,1
80 - 84 10.339 18.328 28.667 2,6 3,0
85 - 89 4.734 11.757 16.491 1,5 1,8
90 – 94 989 3.835 4.824 0,4 0,5
95 – 99 276 1.520 1.796 0,2 0,2
100 e + 15 158 173 0,0001 0,0003
4,2
3,2
1,9
0,6
0,2
0,2
totali 81.952 113.086 195.038 17,7 20,0 20,3
popolazione residente con ≥ 65 anni per classi d’età quinquennali, sesso e percentuale su popolazione totale 20,3
20,5 20 20 19,5 19 18,5 18
Provincia di Bergamo Lombardia
17,7
Italia
17,5 17 16,5 16 percentuale
Capitolo 2 16
GLI ANZIANI: UNA RISORSA PER LA COESIONE SOCIALE
La provincia di Bergamo si caratterizza anche per la frequente vicinanza abitativa delle famiglie appartenenti allo stesso ceppo. I figli che formano un loro nucleo famigliare tendono a fissare la loro residenza in prossimità di quella dei genitori e dei fratelli. La relativa vicinanza facilita scambi di sostegno reciproco in particolare per aiuti concreti, soprattutto economici, e per la cura di anziani e bambini. La presenza dei nonni consente alle giovani donne di lavorare, ai bambini in età scolare di essere accuditi durante le ore di assenza dei genitori nel 53% dei casi, alle giovani famiglie di far fronte a spese impreviste o impegnative, come ad esempio l‟acquisto dell‟abitazione e quindi di poter vivere con maggiore tranquillità. L‟impegno degli anziani verso le famiglie dei figli adulti è in continua crescita, tende invece a diminuire l‟aiuto dei figli nei confronti dei genitori anziani, mentre è in aumento l‟aiuto di anziani dell‟età di mezzo verso i propri genitori o suoceri molto vecchi.
Nel nostro Paese e in particolare nella nostra provincia, le reti di aiuto informale a favore dell‟ambito familiare, hanno sempre avuto un ruolo di grande rilievo ed hanno rappresentato uno dei pilastri del sistema di welfare locale e nazionale. L‟aiuto concentrato sulla famiglia, al confronto con l‟impegno in un‟organizzazione di volontariato appare nettamente prevalente. Negli ultimi 15 anni il numero di coloro che prestano aiuto è rimasto pressoché stabile come valore percentuale sul totale della popolazione, ma sono diminuite le famiglie aiutate, in generale sono diminuiti gli aiuti alle famiglie di anziani. Nelle reti di aiuto informale cresce l‟impegno degli anziani come soggetti attivi tanto che sono proprio gli anziani a fornire il 23% delle ore di aiuto e tra gli anziani i due terzi delle ore sono a carico delle donne.
Tav. 5 - Provincia di Bergamo, anziani che svolgono attività a favore di figli e nipoti * maschi femmine Sì 63,4 62,1
Totale 62,7
17
si occupa direttamente dei nipoti contribuisce economicamente è disponibile per piccoli lavori di casa No
31,9 9,9 21,7 36,6
38,8 8,9 14,4 37,9
35,8 9,4 17,5 37,3
*Fonte Censis.
Anziani e contributi domestici MASCHI
Anziani e contributi domestici FEMMINE
SI
36,6
37,9
NO 63,4
SI 62,1
NO
Si conferma la generale tendenza a concentrare l‟aiuto verso le giovani famiglie con figli piccoli, soprattutto in funzioni vicarie del ruolo genitoriale in maggioranza svolte ad opera dei nonni materni. Gli studi sulle dimensioni delle relazioni nonni, nipoti e genitori hanno indagato il significato simbolico dello scambio che si regge sul principio del dono e del debito. È principalmente la sfera domestica il luogo naturale in cui il dono sembra confinato ed è lì che si realizza il percorso circolare del “dare, ricevere, contraccambiare”, che non si interrompe e lega nel tempo più generazioni. 2.1 - Le donne e la vecchiaia Superata la soglia dei 70 anni, la presenza della componente femminile nella popolazione, aumenta progressivamente fino a diventare più del doppio di quella maschile oltre gli 80 anni. Sono la longevità e la differenza di età al momento del matrimonio che portano come conseguenza una maggiore sopravvivenza delle donne rispetto al coniuge.
Foto storiche del lavoro delle donne
18
Foto recenti lavoro delle donne
Sono dunque le donne ad affrontare il destino di vivere senza il coniuge un lungo tratto della loro vita, il tasso di vedovanza che le riguarda sfiora l‟85% nella fascia di età compresa tra gli 80 e gli 84 anni. Diventare vedove, affrontare la vedovanza dopo un matrimonio che si è prolungato per molti anni, è probabilmente uno dei cambiamenti più faticosi e difficili che una donna in tarda età si trova a dover vivere, ed è un‟esperienza che tocca oltre il 49% delle donne con più di 65 anni. Si tratta di una condizione che comporta spesso una serie di problemi materiali, personali e di integrazione sociale di particolare peso, soprattutto per coloro che non hanno mai lavorato fuori casa e che hanno vissuto le relazioni esterne alla vita di coppia, attraverso la mediazione del coniuge, in un rapporto di accentuata dipendenza. Le donne vivono più a lungo e sembra invecchino meglio forse perché protette da un patrimonio biologico, ma anche perché fortificate da un ruolo sociale che le consegna precocemente agli impegni e alle fatiche del prendersi cura degli altri, ai continui cambiamenti che questa funzione porta con sé e a un diverso e più stretto rapporto con il dolore non solo fisico. Determinante nel favorire positivi comportamenti adattativi, sembra essere il ruolo di mediazione tra sé e gli altri, lo stimolo a costruire e mantenere reti di relazioni, ad ascoltare, osservare, accompagnare, consolare, e quindi a modificarsi, rendersi flessibili e perciò a diventare più resistenti. E poi c‟è il grande valore dell‟amicizia che le donne tendono a conservare anche in vecchiaia, essa è vissuta principalmente come esperienza emotiva di reciproco supporto piuttosto che come occasione per occupare il tempo. In molti casi la consuetudine con il mondo degli affetti, sembra proprio essere la strada che porta ad un migliore rapporto con se stessi e con la propria età. 2.2 - Salute e le condizioni di vita delle donne In generale, le donne con più di 70 anni, soffrono più frequentemente rispetto ai coetanei, di malattie croniche e quindi manifestano una valutazione del proprio stato di salute, in media più negativa. Il divario tra maschi e femmine, quanto a percezione dello stato di salute, appare correlato al livello di istruzione, mediamente più basso nelle donne anziane, condizione che con l‟avanzare dell‟età tende ad essere più frequente. Per questo le donne consumano più farmaci, ricorrono più frequentemente alle visite mediche, ma sono anche più propense ad adottare stili di vita più sani, ad essere più attive e in genere, a conservare questi orientamenti anche in età avanzata. Le donne non solo vivono più a lungo, ma invecchiando al confronto con i loro coetanei, soffrono di patologie di tipo diverso, meno letali, con un decorso più a lungo termine e più invalidanti. Le cure sanitarie attualmente disponibili sono in grado di ridurre la mortalità, ma non sempre di avviare processi di guarigione nel caso di malattie croniche. Si sa che le reazioni ai farmaci risultano essere diverse da uomo a donna: gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato che gli esiti delle terapie non dipendono solo dal dosaggio, ma anche dalle caratteristiche biologiche specifiche di ciascun genere. 19
Attività recenti per anziane Nonostante le loro condizioni di efficienza fisica siano in genere al di sotto di quelle degli uomini, a parità di età le donne ottengono migliori risultati nei test di performance psichica. Il livello di istruzione è correlato anche all‟ammontare del reddito nel suo complesso. Le donne anziane, specialmente sole, sono quasi sempre più povere degli uomini di pari condizioni, hanno pensioni di importo inferiore come conseguenza di lavori meno qualificati, di lunghi periodi lavorativi non regolarizzati e in generale di salari più bassi anche a parità di mansioni. Tenere conto della progressiva maggiore presenza femminile tra le classi d‟età più avanzate, significa finalmente considerare per la nostra società, l‟importanza e la variabilità di percorsi di invecchiamento differenziati con specifiche peculiarità di vissuti, desideri, bisogni, e insieme, assumersi l‟impegno di valorizzare un patrimonio di risorse personali diverso da quello maschile e non sempre riducibile al solo ambito delle attività di cura. 2.3 - Anziani e forme familiari Tav. 6 - Provincia di Bergamo, anziani con ≥ 65 anni distribuzione per sesso, stato civile e percentuale su popolazione totale coniugati % celibi/nubili % divorziati % vedovi % totale % 65.029 33,3 maschi 48.905 25,0 femmine totale 113.934 58,4 * Fonte ISTAT ns. elaborazione
ve do vi val o… div orz iati val o… celi bi/ nu bili v… co niu gat i v…
6.623 10.812 17.435
3,4 5,5 8,9
951 1.091 2.042
v e d o
52.278 9.349 1.091 951
femmine
0,4 0,5 1,0
9.349 52.278 61.627
4,7 26,8 31,5
26,8
d i v o
0,5 0,4
0
20.000
femmine
c e li b
48.905 65.029 40.000
60.000
80.000
42,1 57,9 100
4,7
maschi
10.812 6.623
81.952 113.086 195.038
5,5 3,4
maschi
c o n i
25,0 33,3 0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
20
Da notare che tra queste generazioni di anziani la dimensione della condizione di divorziato è ancora molto limitata in entrambi i sessi, mentre emerge la notevole differenza tra maschi e femmine nel peso della variabile vedovo a svantaggio delle donne. Tav. 7 - Provincia di Bergamo, maschi con ≥ 65 anni distribuzione per età e stato civile e percentuale non coniugati su popolazione totale* coniugati Celibi divorziati vedovi totale non % coniugati 21.318 2.276 435 1.207 3.918 65-69 19.687 1.952 312 1.842 4.106 70-74 12.989 1.322 121 2.153 3.596 75-79 7.562 724 55 1.998 2.777 80-84 2.906 279 23 1.526 1.828 85-89 497 51 3 438 492 90-94 68 19 2 172 193 95-99 2 0 0 13 13 ≥100 BERGAMO 65.029 6.623 951 9.349 16.923 1,54 LOMBARDIA 658.926 61.814 13.878 92.131 167.823 1,69 ITALIA 4.147.454 356.190 80.145 607.153 1.043.448 1,72 *Fonte ISTAT ns. elaborazione
Uomini 1.043.448 607.153
ITALIA
80.145 356.190 167.823 92.131 13.878 61.814
LOMBARDI A
4.147.454
NON CONIUGATI VEDOVI DIVORZIATI CELIBI
658.926
CONIUGATI 16.923 9.349 951 6.623 65.029
BERGAMO
0
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
Valori percentuali totali distribuzione per età e stato civile degli uomini 1,75
1,69
1,7
1,72
1,65 1,6 1,55
BERGAMO 1,54
LOMBARDIA ITALIA
1,5 1,45 BERGAMO
LOMBARDIA
ITALIA
21
Tav. 8 - Provincia di Bergamo, femmine con ≥ 65 anni distribuzione per età e stato civile e percentuale non coniugate su popolazione totale* coniugate nubili divorziate vedove totale non % coniugate 18.764 1.847 457 6.109 8.413 65-69 15.691 2.205 321 9.641 12.167 70-74 8.961 2.175 176 11.299 13.650 75-79 4.110 2.175 88 11.955 14.218 80-84 1.218 1.580 36 8.923 10.539 85-89 147 574 11 3.103 3.688 90-94 14 225 2 1.121 1.348 95-99 0 31 0 127 158 ≥100 BERGAMO 48.905 10.812 1.091 52.278 64.181 5,84 LOMBARDIA 509.053 97.746 22.872 534.063 654.681 6,60 ITALIA 3.152.794 576.438 126.240 3.255.123 3.957.801 6,52 *Fonte ISTAT ns. elaborazione
Femmine ITALIA
3.957.801 3.255.123
126.240 576.438
3.152.794
NON CONIUGATE VEDOVE
654.681 534.063 22.872 97.746
LOMBARDIA
DIVORZIATE NUBILI
509.053
CONIUGATE
64.181 52.278 1.091 10.812
BERGAMO
48.905
0
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
Valori percentuali totali distribuzione per età e stato civile delle donne 6,8
6,6 6,6
6,52
6,4 6,2 6
%
5,84
5,8 5,6 5,4 BERGAMO
LOMBARDIA
ITALIA
22
La condizione di non coniugato non comporta necessariamente quella di solo, ma come è prevedibile, le persone che vivono sole risultano in gran parte non coniugate. Nel complesso il numero delle convivenze matrimoniali dei maschi supera quello delle donne di 16.200 unità. Da notare come tra le donne, la condizione di coniugata tenda a diminuire drasticamente con l‟avanzare dell‟età, mentre nello stesso lasso ti tempo, quella di coniugato si riduce più gradualmente. Gli uomini infatti vivono in coppia più a lungo e questo grazie al fatto che in genere sposano donne più giovani. La permanenza nella condizione di coppia fino alla tarda età, quando più facilmente possono insorgere problemi dovuti alla non autosufficienza o alla malattia, comporta per gli uomini, la possibilità di poter contare sull‟assistenza della moglie ed evitare il ricorso al ricovero in RSA dove infatti la presenza maschile è di molto inferiore a quella femminile. La vedovanza, quindi è una condizione sociale declinata prevalentemente al femminile, ma anche il nubilato risulta essere uno stato più presente fra le donne in età più avanzata rispetto al celibato. In passato la rinuncia al matrimonio costituiva per le donne, una scelta obbligata motivata dalla necessità di contribuire all‟accudimento dei numerosi fratelli più piccoli, del padre vedovo oppure imposta dalle condizioni di estrema povertà della famiglia che non consentivano di fornire alle ragazze la dote allora richiesta. Tav. 9 - Provincia di Bergamo, famiglie uni personali percentuale su popolazione totale, serie storica 1971 – 2011+ 1971 1981 1991 2001 2011 13 17,5 20,1 26,1 30 % famiglie *Fonte ISTAT ns. elaborazione
Famiglie uni personali 12% 1971
28% 16%
1981 1991 2001
25%
19%
2011
I cambiamenti nella struttura per età della popolazione, prodotti dalle dinamiche demografiche, favoriscono la diffusione di famiglie uni personali costituite perlopiù da persone anziane. Questo fenomeno, diffuso in tutto il Paese, diventa visibile e intenso anche in Lombardia e in provincia di Bergamo dove, la quota di famiglie composte da un singolo con età superiore ai 65 anni si aggira intorno al 30% con valori che variano nei diversi Ambiti Territoriali. Superati gli 80 anni l‟81% degli anziani soli sono donne. La crescita e la diffusione di questa tipologia di famiglia produce una modifica degli stili di vita e dei sistemi di relazione parentale che si manifestano con l‟orientamento verso forme di sostegno a distanza. 23
Se si considerano le tendenze in atto, si può prevedere che le condizioni di solitudine non mitigata dall‟esistenza di relazioni significative, tenderanno ad aumentare ulteriormente, sia per una minore propensione a ricostituire forme di convivenza famigliare allargate comprendenti gli anziani, sia per il diffondersi di fenomeni come le separazioni ed i divorzi che coinvolgeranno significativamente le prossime generazioni. Continueranno invece ad essere presenti le “famiglie lunghe” caratterizzate dalla coabitazione di un figlio adulto con i genitori nell‟età di mezzo. In provincia di Bergamo, la non convivenza con i genitori anziani si accompagna frequentemente con la vicinanza delle abitazioni dei figli a quella dei genitori: circa il 45% dei figli tra i 30 e i 45 anni vive in prossimità dell‟abitazione dei genitori, sono il 25% a livello nazionale, solo l‟8% dei figli vive lontano dai genitori in altri comuni o in altre regioni, dato questo attribuibile alla sensibile stabilità residenziale della popolazione bergamasca, presente fin dagli anni 1950, mentre a livello nazionale lo stesso dato sale al 16,6%. Il modello di intimità a distanza risulta più frequente nei piccoli centri di cui è in gran parte formata la realtà bergamasca. Tav. 10 - Provincia di Bergamo, popolazione con età ≥75 anni e percentuale su popolazione totale* 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99 ≥100 totale maschi 16.585 10.339 4.734 989 32.938 276 15 femmine 22.611 18.328 11.757 3835 58.209 1.520 158 39.196 28.667 16.491 4.824 1.796 173 BERGAMO 91.147 LOMBARDIA 957.275 ITALIA 6.147.116 *Fonte ISTAT, ns elaborazione FEMMINE
Valori assoluti ≥1 00
158 15
95 -…
1520 276
90 -…
989
85 -…
FEMMINE
5
3835
4
11757
2,9
3 10339
75 -…
18328 2 16585
0
MASCHI
5,3
6
4734
80 -…
Valori percentuali
MASCHI
% 2,9 5,3 8,29 9,65 10,13
10000
20000
22611
30000
1 0 %
Tav. 11 - Indice di vecchiaia* per serie storica 1971 – 2011, e proiezione 2021 – 2031
24
BERGAMO LOMBARDIA ITALIA *Fonte ISTAT
1971
1981
1991
2001
2011
2021
2031
34 46 46
48 63 61
80 104 96
108 138 131
114,1 141,1 144,5
141,1 158,3 168,3
160 193 212
2031
160 168,3 158,3 141,1 144,5 141,1
2021 2011
193
212
114,1 131 138 108
2001 1991
80
1981 1971
34 0
48 46 46
ITALIA LOMBARDIA
96 104
BERGAMO
61 63
50
100
150
200
250
L‟indice di vecchiaia misura il rapporto tra la popolazione con età superiore ai 65 anni e la popolazione con età inferiore ai 14 anni. Indica cioè quanti sono i soggetti con più di 65 anni ogni 100 con età inferiore ai 14 anni. Valori superiori a 100 segnalano una maggiore presenza di anziani rispetto ai giovani e viceversa. Ad oggi la provincia di Bergamo è la più giovane della Lombardia, l‟andamento in atto conferma che il divario esistente è destinato a ridursi progressivamente e rapidamente. Il previsto aumento dell‟indice di vecchiaia sta ad indicare che nei prossimi 10 anni la provincia tenderà ad allinearsi ai valori medi regionali. A conferma della tendenza in corso sono anche i dati sull‟incremento della popolazione anziana stimato per il prossimo decennio per la nostra provincia in più 21,4%, valore superiore a quello regionale che risulterebbe del 16% e a quello del Nord ovest del 13,5%. Da notare inoltre che l‟incremento maggiore interesserà significativamente la popolazione degli ultra ottantenni mediamente più esposta ai rischi della non autosufficienza. Tav. 12 - Indice di vecchiaia per sesso * BERGAMO LOMBARDIA ITALIA *Fonte ISTAT Tav.13 - Indice carico sociale * maschi 45,2 BERGAMO 47,1 LOMBARDIA 48,2 ITALIA *Fonte ISTAT
maschi
femmine
media
93,5 113,8 118,5
135,9 170 171,9
114,1 141,1 144,5
femmine 54,8 57,3 56,3
media 49,9 52,19 52,28
L‟indice di carico sociale viene considerato un indicatore di rilevanza economica e sociale. È il rapporto tra la popolazione, che a causa dell‟età si ritiene non autonoma nel provvedere al proprio 25
sostentamento, e cioè i minori di 14 anni e gli anziani con più di 65 anni e la popolazione attiva con età dai 15 ai 64 anni. Indica il numero di persone in età non attiva ogni 100 persone in età attiva. Da tenere presente che in società, come è anche quella bergamasca, caratterizzate ancora da un alto livello di sviluppo economico, una parte della popolazione con età dai 15 ai 25 anni è considerata nel calcolo come produttiva, ma in realtà non lo è o perché in maggioranza sta ancora studiando o perché disoccupata. Valori superiori a 50 segnalano una situazione di squilibrio a favore della popolazione non produttiva o dipendente. Aspetto rilevante dell‟indicatore è la composizione della popolazione dipendente, può infatti risultare preponderante una delle due parti, quella anziana piuttosto che quella giovane. Tav.14 - Provincia di Bergamo, percentuale popolazione per età, indici di vecchiaia e carico sociale, 2011 e proiezione 2022 e 2032 ipotesi centrale* 0 - 14 15 – 64 ≥65 ind. vecchiaia carico sociale 15,5 2011 13,2 2021 13,7 2031 *Fonte ISTAT, ns. elaborazioni
66,7 64,7 63,1
17,8 21,1 23,1
114,1 158,3 168,5
49,9 54,7 58
Le prospettive future delineano una progressiva riduzione della quota di popolazione con meno di 14 anni e di quella in età produttiva tra i 15 e i 64 anni e un aumento significativo della quota con più di 65 anni e con più di 85. Di conseguenza si prospetta un aumento sensibile dell‟indice di vecchiaia e di carico sociale. Tav.15 - Lombardia e Italia percentuale popolazione per età, indici di vecchiaia e carico sociale, anno 2011 e previsione 2022 e 2032, ipotesi centrale* 0 – 14 15-64 ≥ 65 indice di vecchiaia carico sociale Lomb. Italia Lom. Italia Lomb. Italia Lomb. Italia Lomb. Italia 14,2 14 65,7 65,7 20,1 20,3 141 144,5 52,1 52,3 2011 14 13,4 63,5 63,6 22,5 23 160,8 172,2 57,4 57,1 2021 13,2 12,5 60,5 60,3 26,2 27,2 198,1 217,2 65,2 65,9 2031 *Fonte ISTAT
Speranza di vita In generale l‟obiettivo delle previsioni sull‟andamento della popolazione a breve e medio periodo, ha lo scopo di produrre quadri probabili e plausibili che possono essere utili anche per la pianificazione delle politiche sociali di un determinato territorio. Le previsioni demografiche dell‟ISTAT cui si fa riferimento, sono calcolate secondo standard metodologici riconosciuti internazionalmente, il calcolo si basa sul metodo per componenti, tiene conto cioè dell‟andamento dei fenomeni di natalità, mortalità e migratorietà secondo le variabili di sesso ed età. L‟ipotesi centrale qui considerata è lo scenario centrale costruito sulla base delle attuali tendenze della fecondità, della sopravvivenza e dei flussi migratori. Nel breve e medio periodo lo scenario centrale può essere ritenuto il più verosimile in quanto nell‟arco di 10 – 20 anni la popolazione sarà ancora rappresentata dalle generazioni oggi presenti, il suo rinnovo relativamente lento rende maggiormente prevedibili i cambiamenti. Da notare che lo scostamento dei dati relativi alla speranza di vita rilevati nel 2011 per la provincia di Bergamo rispetto a quelli regionali, appare molto contenuto. 26
2.4 - Longevità e salute Tav. 16 - Provincia di Bergamo, speranza di vita alla nascita e a 65 anni anno 2011 e previsione 2022 e al 2032, ipotesi centrale* SPERANZA DI VITA alla nascita maschi
femmine
a 65 anni maschi
femmine
79,7 79,7 79,5
84,8 84,6 84,6
18,4 18,4 18,4
22,2 22 22,2
BERGAMO LOMBARDIA ITALIA anno 2031
non disponibile 82,2 81,5
non disponibile 86, 86,5
non disponibile 20,1 19,8
non disponibile 23,8 23,5
BERGAMO LOMBARDIA ITALIA *Fonte ISTAT
non disponibile. 83,9 83,1
non disponibile 88,5 88
non disponibile 21,2 20,9
non disponibile 25,1 24,7
anno 2011 BERGAMO LOMBARDIA ITALIA anno 2021
Tav. 17 - Provincia di Bergamo, speranza di vita libera da disabilità a 65 e a 75 anni * maschi femmine 65 anni 75 anni 65 anni 10,5 21,3 totale anni da vivere 17,5 14,9 7,9 16,2 anni liberi da disabilità 16,4 9,4 18,8 liberi da confinamento in casa o a letto 15,8 8,7 17,8 liberi da difficoltà nelle attività quotidiane 16,2 9,2 18,6 liberi da difficoltà di movimento *Fonte ISTAT
25 20
75 anni 13,1 8,3 10‟7
9,7
10,7
21,3 18,8
17,5 14,9
16,2
16,4
17,8 15,8
18,6 16,2
13,1
15 10,5
7,9 8,3
10
9,4
10,7 8,7
9,7
9,2
10,7
MASCHI 65 anni MASCHI 75 anni FEMMINE 65 anni
5
FEMMINE 75 anni
0 Totale anni da vivere
Anni liberi da Liberi da Liberi da disabilità confinamento difficoltà in casa o a nelle attività letto quotidiane
liberi da difficoltà di movimento
27
La speranza di vita libera da disabilità esprime il numero medio di anni che una persona ad una certa età, può aspettarsi di vivere senza subire la riduzione o la perdita delle proprie capacità funzionali. La complessa relazione tra aumento della longevità e qualità della sopravvivenza ha dato luogo a diverse ipotesi interpretative del concetto di salute. La condizione di buona salute in statistica può essere identificata oggettivamente come l‟assenza di una malattia o di gruppi di malattie, ma anche l‟assenza di limitazioni funzionali che ostacolino o impediscano lo svolgimento delle attività quotidiane tutte clinicamente accertate, oppure si può assumere come orientamento una impostazione completamente soggettiva, basata sulla percezione individuale del proprio stato di salute. La percezione soggettiva dello stato di buona salute è diversa per genere, le donne lamentano più degli uomini di sentirsi male o molto male e il numero di coloro che esprime un giudizio negativo sulla propria salute aumenta con l‟età.
28
Capitolo 3 IL REDDITO E LE CONDIZIONI SOCIALI
I dati ISTAT mostrano come, negli ultimi otto anni, la spesa media mensile di un anziano sia cresciuta solo per l‟abitazione, l‟energia e i trasporti, mentre si è ridotta per l‟alimentazione, l‟abbigliamento e le spese sanitarie, una tipologia di consumi quest'ultima considerata fondamentale per la salute. Tra i consumi alimentari sono sensibilmente diminuiti quelli della carne e del pesce. L‟apporto calorico quotidiano degli anziani soli con un reddito basso è diminuito di circa 400 calorie a causa di scelte alimentari guidate dal risparmio, situazione questa che espone a problemi di mal nutrizione a volte tanto gravi da causare il ricovero in ospedale. Sono gli anziani a percepire in modo più accentuato gli effetti della crisi economica in corso. Nel 2011 ben l‟81% di essi dichiara un peggioramento della propria condizione economica contro il 74% dell‟anno precedente. In Lombardia gli anziani con più di 65 anni che continuano a lavorare sono l‟ 8,19% e di questi solo l‟1,51% sono donne; per tutti gli altri il reddito è costituito principalmente dalla pensione che rappresenta il 62% delle entrate, mentre il 28% è costituito da rendite di origine diversa.
Tav. 18 - -Provincia di Bergamo, per sesso e importo età n° importo maschi mensile 4.499 0-34 1.196 7.615 35-39 1.722 11.946 40-44 2.237 16.790 45-49 2.764 30.260 50-54 11.753 251.841 55-59 27.621 638.424 60-64 24.568 524.415 65-69 23.507 469.598 70-74 16.406 304.603 75-79 10.299 189.708 80-84 4.733 89.872 85-89 995 19.839 90-94 283 5.626 95 + 8 67 Non indicato totale 132.521 2.583.154 48,2% 59,4% *fonte INPS ns. elaborazioni
pensionati I.V.S. importo medio 6.367,43 6.937,21 7.505,74 10.947,78 21.427,79 23.113,71 21.345,44 19.976,94 18.566,55 18.420,06 18.988,43 19.938,90 19.881,41 8.342,91 19.482,1
(Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) anno 2010 distribuzione
n° femmine 3.424 708 1.153 1.828 2.755 7.694 23.915 22.278 23.353 20.191 17.497 11.721 3.864 1.544 6
importo mensile
importo medio
importo mensile
importo medio
6.933,22 7.888,66 8.533,91 9.546,47 13.919,58 12.462,87 11.565,14 11.686,51 12.415,65 13.656,12 15.106,02 16.468,15 17.342,01 4.195,69
totale m+f 7.923 1.904 2.875 4.065 5.519 19.447 51.536 46.846 46.860 36.597 27.796 16.454 4.859 1.827 14
4.909 9.096 15.600 26.301 107.097 298.050 257.648 272.915 250.684 238.941 177.058 63.633 26.776 25
12.524 21.042 32.390 56.560 358.938 936.473 782.063 742.513 555.287 428.649 266.930 83.472 32.402 92
6.577,82 7.318,79 7.968,10 10.248,27 18.457,24 18.171,25 16.694,34 15.845,34 15.173,03 15.421,26 16.222,80 17.178,87 17.735,36 6.565,53
141.931 51,7%
1.764.732 40,5%
12.433,7
274.522
4.347.885
15.838
29
30000
25000
20000
15000
10000
5000
0
n° MASCHI
importo medio
n° FEMMINE
importo medio2
3.1 Pensioni: uno sguardo di genere In provincia di Bergamo nel 2010 i percettori di pensioni I.V.S. sono stati complessivamente 274.522, di questi il 48,2% sono uomini e il 51,7% alle donne. Le donne, pur rappresentando la maggioranza dei pensionati, percepiscono il 40,5 % dell‟ importo totale, mentre il 59,4% è percepito dai maschi .L‟importo medio mensile della pensione di un maschio è di 1.498,76 euro, quello di una donna si ferma a 964,4, circa un terzo in meno. Nella bergamasca viene erogata una pensione ogni 28 abitanti, e in Lombardia una ogni 31. Il coefficiente di pensionamento, cioè il numero di pensionati per mille occupati, è di 586 in provincia di Bergamo mentre sale a 626 in Lombardia. Poiché è possibile che un pensionato percepisca più di una pensione, il numero delle pensioni complessivamente erogate assomma a 299.828. Di queste 216.472 sono di vecchiaia, 10.783 di invalidità, 72.573 ai superstiti. Il cumulo di trattamenti pensionistici risulta più frequente per le donne e in parte compensa, seppure parzialmente, il più basso importo medio delle pensioni percepite. In media l‟importo delle pensioni di invalidità si aggira intorno ai 692 euro mensili, quelle di reversibilità ai superstiti 680 euro, 393 euro le pensioni sociali e 468 euro l‟invalidità civile.
Tav. 19 - Provincia di Bergamo, pensionati per numero di pensioni percepite e sesso, valori percentuali*
maschi femmine *Fonte INPS
1 pensione 51, 7 48,3
2 pensioni 40,2 59,8
3 pensioni 29,1 70,9
4 o più pensioni 25,9 74,1
30
Tav. 20 - Provincia di Bergamo, pensionati I.V.S (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) anno 2010 distribuzione per sesso e classe di importo complessivo annuo classe di importo mensile Fino a 249,99 250,00 499,99 500,00 749,99 750,00 999,99 1.000,00 1.249,99 1.250,00 1.499,99 1.500,00 1.749,99 1.750,00 1.999,99 2.000,00 2.249,99 2.250,00 2.499,99 2.500,00 2.999,99 3.000,00 e più Totale
4.231
importo complessi vo annuo 8.277
6.834
28.720
8.169
61.228
11.273
117.658
15.514
211.300
21.061
347.504
16.499, 88
15.475
252.548
16.319,7 5
36.536
600.052
16.423, 58
19.971
387.921
19.424, 21
9.886
191.873
19.408,5 3
29.857
579.794
19.419, 02
13.968
313.028
22.410, 36
6.138
137.371
22.380,4 7
20.106
450.399
22.401, 24
9.599
243.854
25.404, 14
4.016
102.079
25.417,9 5
13.615
345.933
25.408, 22
6.039
171.461
28.392, 34
2.469
70.060
28.375,9 0
8.508
241.521
28.387, 57
6.813
222.461
32.652, 38
2.187
70.970
32.451,0 5
9.000
293.431
32.603, 46
9.119
469.741
51.512, 36
1.647
75.860
46.059,4 1
10.766
545.601
50.678, 16
maschi
importo medio annuo 1.956,2 1 4.202,5 1 7.495,1 5 10.437, 18 13.619, 97
femmin e 5.063
importo complessi vo annuo 9.866
importo medio annuo 1.948,69
m+f
9.294
importo complessi vo annuo 18.143
14.637
69.541
4.751,04
21.471
98.261
37.718
269.355
7.141,29
45.887
330.583
19.188
197.746
30.461
315.404
23.507
317.463
10.305,7 0 13.505,0 3
39.021
528.763
132.59 2.583.154 19.482, 141.931 1.764.732 12.433,7 274.522 4.347.885 1 12 *Fonte INPS L‟importo complessivo è indicato in migliaia di euro, l‟ importo medio è indicato in euro
importo medio annuo 1.952,1 1 4.576,4 5 7.204,2 8 10.354, 36 13.550, 73
15.838, 02
Tav. 21 - Provincia di Bergamo, pensionati per sesso e classi di importo medio mensile del reddito pensionistico e valori percentuali* 1500-1749 19.941 n° maschi 66,8 % 9.886 n° femmine 33,2 % 29.857 m+f *Fonte INPS, ns. elaborazioni
1750-1999 13.968 69,5 6.138 30,5 20.106
2000-2249 9.599 70,5 4.016 29,5 13.615
2250-2499 6.039 80 2.469 20 8.508
2500-2999 6.813 75,7 2.187 24,3 9.000
3.000 e oltre 9.119 84,7 1.647 15,3 10.766
31
20000 18000 16000 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0
n° MASCHI n° FEMMINE
1500 - 1750 - 2000 - 2250 - 2500 - 3000 E 1749 1999 2249 2499 2999 OLTRE
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
84,7
80 66,8
33,2
69,5
30,5
75,7
70,5
% MASCHI
29,5 20
1500 1749
1750 1999
2000 2249
2250 2499
24,3
2500 2999
% FEMMINE
3000 E OLTRE
Se si analizzano le classi di reddito pensionistico mensile emerge la maggiore concentrazione della presenza maschile nelle classi di reddito più elevate con differenze a favore dei maschi rispetto alle femmine, questa differenza aumenta con l‟aumentare dell‟importo medio mensile. Nelle classi di reddito superiori ai 3.000 euro la presenza femminile è il 15,3% mentre quella maschile raggiunge l‟ 84,7% valori significativamente superiori a quelli nazionali. La differenza di genere, a danno delle donne, emerge con evidenza anche nei trattamenti pensionistici erogati nell‟anno 2010. Il dato bergamasco si presenta poco al di sotto di quello lombardo e di quello nazionale. L‟importo medio annuo delle prestazioni a titolarità maschile ammonta a 19.482,12 €, 7.048,39 € in più di quello a titolarità femminile che si attesta a 12.433,73 euro. 108.176 pensioni pari al 39,4% del totale non supera i 1.000 euro mensili; di queste 31.507 pari al 29,1% sono percepite da uomini mentre più del doppio, 76.606 pari al 70,9% da donne. Ancora più indicativo risulta il dato riguardante le pensioni di importo inferiore ai 500 euro mensili, in totale sono 30.765 pari all‟ 11,2%. Il 35,9% è corrisposto agli uomini e oltre il 64% alle donne.
32
Capitolo 4 L’ invecchiamento negli Ambiti Territoriali della provincia di Bergamo
Tav. 22 - Ambiti territoriali, popolazione per sesso* Ambito 1 Bergamo 2 Dalmine 3 Seriate 4 Grumello 5 Val Cavallina 6 Basso Sebino 7 Alto Sebino 8 Val Seriana 9 Alta V. Seriana e Scalve 10 Valle Brembana 11 Valle Imagna 12 Isola Bergamasca 13 Treviglio 14 Romano di Lombardia PROVINCIA LOMBARDIA ITALIA *Fonte ASL Bergamo
maschi 71.705 71.999 37.653 24.333 26.928 15.940 15.413 48.994 21.919 21.568 25.880 65.542 54.893 41.910 544.677 4.844.524 29.413.274
femmine 80.281 71.383 37.603 24.025 26.605 17.749 16.026 50.603 22.253 21.863 26.371 65.404 55.088 40.799 554.063 5.073.190 31.213.168
totale 151.986 143.382 75.246 48.358 53.533 31.689 31.439 99.597 44.172 43.441 52.251 130.946 109.981 82.709 1.098.740 9.917.714 60.626.442
40.799 41.910
ROMANO DI LOMBARDIA
55.088 54.893
TREVIGLIO
65.404 65.542
ISOLA BERGAMASCA 26.371 25.880 21.863 21.568
VALLE IMAGNA VALLE BREMBANA
22.253 21.919
ALTA V.SERIANA E SCALVO
50.603 48.994
VAL SERIANA
FEMMINE
16.026 15.413 17.749 15.940
ALTO SEBINO BASSO SEBINO
MASCHI
26.605 26.928 24.025 24.333
VAL CAVALLINA GRUMELLO
37.603 37.653
SERIATE
71.383 71.999 71705 80281
DALMINE BERGAMO 0
10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 80000 90000
33
100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%
554.063
5.073.190
31.213.168 FEMMINE MASCHI
544.677
4.844.524
PROVINCIA
LOMBARDIA
29.413.274
ITALIA
Tav. 23 - Ambiti territoriali, popolazione per classi d’età decennali * 0-14 15-24 25-34 20.809 13.710 16.715 1 Bergamo 23.419 14.003 18.447 2 Dalmine 12.599 7.349 10.406 3 Seriate 8.227 5.156 6.906 4 Grumello 5.645 7.099 5 Val 9.240 Cavallina 3.218 4.131 6 Basso 5.108 Sebino 2.909 3.665 7 Alto 4.560 Sebino 9.788 11.294 8 Val 14.905 Seriana 4.379 5.056 9 Alta V. 6.271 Seriana e Scalve 4.690 4.848 10 Valle 5.992 Brembana 11 Valle 8.484 5.243 6.509 Imagna 12 Isola 20.816 12.797 17.817 Bergamasca 13 Treviglio 16.879 10.302 14.487 14Romano 13.487 8.751 12.351 di Lombardia TOTALE 170.796 107.419 139.731 *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione
35-44 24.156 26.118 13.409 8.461 9.374
45-54 23.343 21.895 11.498 6.921 7.931
55-64 18.882 16.902 8.800 5.543 5.904
65-74 16.730 12.793 6.360 3.994 4.468
75-84 12.505 7.599 3.699 2.391 2.391
≤85 5.134 2.206 1.136 611 941
totale 151.986 143.382 75.246 48.358 53.533
5.571
4.808
3.731
2.686
1.825
611
31.689
5.175
4.539
4.059
3.425
2.207
900
31.439
16.020
15.208
12.842
10.431
6.876
2.233
99.597
6.839
6.876
5.956
4.566
3.129
1.100
44.172
6.468
6.688
6.002
4.674
3.381
1.219
43.441
8.697
7.933
6.309
4.744
3.204
1.128
52.251
23.277
19.828
15.310
11.667
7.261
2.173
130.946
16.367 13.872
16.447 11.701
13.288 9.808
10.454 7072
6.522 4.331
2.235 1.336
109.981 82.709
186.804
165.616
133.336
104.064
67.863
23.111
1.098.740
34
BERGAMO ≤ 85 anni
DALMINE
5134 12505 16730 18882 23343 24156 16715 13710 20809
65-74 anni 45-54 anni 25-34 anni 0-14 anni 0
10000
20000
45-54 anni 25-34 anni 0-14 anni 0
30000
2391
7349
11498 13409 10406
5000
6921
35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-74 anni
BASSO SEBINO
≤ 85 anni 2391 4468 5904 7931 9374 25-34 anni
6906
15000
VAL CAVALLINA
45-54 anni
5156
8461
10000
15-24 anni 25-34 anni
5543
12599 0
30000
0-14 anni 8227
8800
25-34 anni
65-74 anni
611
6360
0-14 anni
20000
3994
3699
45-54 anni
10000
GRUMELLO
1136
65-74 anni
17599 12793 16902 21895 26118 18447 14003 23419
65-74 anni
SERIATE ≤ 85 anni
2206
≤ 85 anni
7099
10000 8000 6000 4000 2000 0
5645 0-14 anni
9240 0
2000 4000 6000 8000 10000
ALTO SEBINO 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0
VAL SERIANA 20000 15000 10000 5000 0
35
Alta V.Seriana e Scalve
Valle Brembana
8000
8000
6000
6000
4000
4000
2000
2000
0
0
VALLE IMAGNA
ISOLA BERGAMASCA 25000
10000 8000 6000 4000 2000 0
20000 15000 10000 5000 0
TREVIGLIO
ROMANO DI LOMBARDIA
20000 15000
15000
10000
10000
5000
5000
0
0
TOTALE 200000 150000 100000 50000 0 0-14 anni 15-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-74 anni 75-84 anni ≤ 85 anni
36
Tav.24 - Ambiti territoriali, anziani con ≥ 65anni e percentuale su popolazione provinciale totale*
1 2 3 4 5 6 7 8 9
Anziani con ≥ 65 anni femmine 20.804 12.827 6.379 4.146 4.687 2.945 3.808 11.215 5.028
maschi 13.567 9.771 4.816 2.998 3.653 2.177 2.724 8.325 3.767
Bergamo Dalmine Seriate Grumello Val Cavallina Basso Sebino Alto Sebino Val Seriana Alta V.Seriana e Scalve
10 Valle Brembana 11 Valle Imagna 12 Isola Bergamasca 13 Treviglio 14 Romano *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione
3.989 3.890 8.777 8.056 5.442
5.285 5.186 12.324 11.155 7.297
7297 5442
ROMANO
VALLE IMAGNA VALLE BREMBANA ALTA V.SERIANA E SCALVE
8325 11215 6532 3808 2724 29455122 2177 4687 8340 3653 4146 7144 2998 11195 6379 4816
VAL SERIANA ALTO SEBINO BASSO SEBINO VAL CAVALLINA GRUMELLO SERIATE
BERGAMO
19540
5000
10000
15000
TOTALE FEMMINE MASCHI
22598 34371
20804
13567 0
0,84 0,83 1,92 1,75 1,16
21101
9771 12827
DALMINE
9.274 9.076 21.101 19.211 12.739
19211
8777 12324 5186 9076 3890 5285 9274 3989 5028 8795 3767
ISOLA BERGAMASCA
% 3,13 2,06 1,02 0,65 0,76 0,47 0,59 1,78 0,80
12739
8056 11155
TREVIGLIO
totale 34.371 22.598 11.195 7.144 8.340 5.122 6.532 19.540 8.795
20000
25000
30000
35000
37
percentuale su popolazione provinciale totale 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
3,13 2,06 1,02 0,65 0,76 0,47 0,59
1,92 1,75
1,78 0,8 0,84 0,83
1,16 TOTALE %
Nella fascia d‟età 0-14 anni gli Ambiti di Bergamo e della Valle Brembana presentano i valori più bassi. Per il primo pesano i valori della città capoluogo caratterizzata da uno scarso ricambio generazionale, derivato e dalla conseguente diminuzione della natalità e quindi dall‟invecchiamento della popolazione residente e dalla ridotta mobilità abitativa prodotta dal costo delle abitazioni, mentre per l‟Ambito della Valle Brembana, pesa l‟omogeneità territoriale, tutti i comuni sono infatti collocati in montagna, e tutti segnati dal fenomeno della migrazione dei giovani verso il fondovalle e la pianura. Nell‟Ambito di Bergamo risiede il 13,8% della popolazione totale, ma contemporaneamente è presente il numero più elevato di ultra settantacinquenni, il 19,6%, percentuale molto al di sopra rispetto a quella di tutti gli altri Ambiti. Il confronto dei valori provinciali con quelli regionali e nazionali, nelle diverse fasce d‟età, evidenzia la relativa giovinezza della popolazione bergamasca, caratteristica che viene confermata anche dal paragone con tutte le altre province lombarde. Tav. 25 - Ambiti territoriali, popolazione con ≥ 75 anni per classe d’età quinquennali e sesso e percentuale su popolazione provinciale* 75 -79 maschi femmine 1 Bergamo 2.815 4.140 2 Dalmine 2.047 2.547 3 Seriate 926 1.244 4 Grumello 560 817 5 Val Cavallina 746 954 6 Basso Sebino 444 626 7 Alto Sebino 584 727 8 Val Seriana 1.740 2.270 9 Alta Val Seriana 776 1.009 10 Val Brembana 836 1.049 11 Valle Imagna 767 1.065 12 Isola Bergamasca 1.722 2.523 13 Treviglio 1.565 2.198 14 Romano 1.129 1.442 PROVINCIA 16.585 22.611 171.469 236.520 LOMBARDIA 1.083.407 1.450.188 ITALIA *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione
80 - 84 maschi femmine 2.043 3.509 1.094 1.911 555 974 360 654 477 754 268 487 333 599 1.028 1.874 473 871 550 946 485 887 1.049 1.967 988 1.771 636 1.124 10.339 18.328 108.579 190.526 740.792 1.200.500
≥ 85 maschi 1.372 584 299 176 248 160 221 566 281 315 318 525 613 321 5.999 66.411 504.228
femmine 3.762 1.622 837 583 693 451 679 1.667 819 904 810 1.648 1.622 1.015 17.112 183.770 1.168.001
TOTALE 17.641 9.805 4.835 3.150 3.872 2.436 3.143 9.145 4.229 4.600 4.332 9.434 8.757 5.667 90.974 957.275 6.147.116
38
Tav.26 - Ambiti territoriali, popolazione con ≥ 75 anni per classi d’età quinquennali e percentuale su popolazione dell’Ambito* 75-79 80-84 1 Bergamo 6.955 5.552 2 Dalmine 4.594 3.005 3 Seriate 2.170 1.529 4 Grumello 1.377 1.014 5 Val Cavallina 1.700 1.231 6 Basso Sebino 1.070 755 7 Alto Sebino 1.311 932 8 Val Seriana 4.010 2.902 9 Alta Val Seriana 1.785 1.344 10 Val Brembana 1.885 1.496 11 Valle Imagna 1.832 1.372 12IsolaBergamasca 4.245 3.016 13 Treviglio 3.763 2.759 14 Romano 2.571 1.760 PROVINCIA 39.196 28.667 LOMBARDIA 407.989 299.105 ITALIA 2.533.595 1.941.292 *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni
≥ 85 5.134 2.206 1.136 759 941 611 900 2.233 1.100 1.219 1.128 2.173 2.235 1.336 23.111 250.181 1.672.229
totale 17.641 9.805 4.835 3.150 3.872 2.436 3.143 9.145 4.229 4.600 4.332 9.434 8.757 5.667 90.974 957.275 6.147.116
totale ambito 151.986 143.382 75.246 48.358 53.533 31.689 31.439 99.597 44.172 43.441 52.251 130.946 109.981 82.709 1.098.740 9.917.714 60.626.442
% 11,6 6,8 6,4 6,2 7,2 12,2 10,0 9,2 9,6 10,6 8,3 7,2 8,0 6,9 8,3% 9,7% 10,1%
La normativa regionale stabilisce il fabbisogno di posti letto nelle RSA in base al numero di anziani con un‟età superiore ai 75anni. L‟indice programmatico adottato prevede 7 posti letto per ogni 100 abitanti di questa età. 4.1 - Curare ed essere curati La soglia degli 80 anni è considerata il limite oltre il quale i rischi di perdita dell‟autonomia conseguenti all‟insorgere di malattie e problemi cognitivi risultano più elevati se paragonati alle età precedenti. Rispetto a dieci anni fa ci si ammala in età più avanzata, ma la condizione di malattia è destinata a durare più a lungo proprio perché si vive di più. L‟indice ADL, è adottato dall‟Istat come strumento per valutare il grado di non autosufficienza, l‟ incapacità di provvedere in modo autonomo ad attività come alzarsi e sedersi, vestirsi e spogliarsi, fare il bagno o la doccia, lavarsi mani e viso, mangiare e tagliare il cibo. Si stima che circa il 6,3% degli anziani con età superiore ai 65 anni non sia in grado di svolgere in autonomia due o più attività ADL e che quindi abbia bisogno di essere aiutato. Il bisogno di assistenza aumenta naturalmente con l‟aumentare dell‟età e si aggrava in presenza di disturbi del comportamento dovuti a demenza riscontrati nel 40% degli ultraottantenni.
Persone malate assistite Il vero problema della non autosufficienza sarà per il futuro prossimo sempre di più quello della cura della persona divenuta fragile e non tanto dell‟assistenza sanitaria. Problema reso più rilevante 39
a causa dei cambiamenti che stanno modificando la struttura familiare e sociale riducendone la disponibilità di risorse personali ed economiche. Tav. 27 - Ambiti territoriali, anziani ≥65 anni non autosufficienti (6,3%) valori percentuali* AMBITO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 n° 2.165 1.417 705 441 491 323 412 1.231 554 584 572 1.329 121 % 19,1 12,1 6,4 4,1 4,5 3,0 3,5 11,3 5,1 5,4 5,3 12,3 1,2 *Fonte ASL Bergamo e Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ns, elaborazione
14 803 7,3
totale 11.148
Valori assoluti 2500
2165
2000 1500
1417
1329
1231
1000
441 491
500
Ambito n°
803
705 323 412
554 584 572 121
0
Valori percentuali 1%
7%
n°1
19%
12%
n°2 n°3
5%
12%
n°4 n°5
6%
n°6 n°7 5%
6% 4%
11% 4%
3%
5%
n°8 n°9 n°10 n°11
La diminuzione della natalità ha portato come conseguenza ad uno svuotamento della rete familiare, mentre il prolungamento della sopravvivenza ha fatto aumentare il numero di anziani da assistere. Una donna nata nel 1940 potrebbe trovarsi impegnata nella cura di un familiare anziano per almeno 12 anni della sua vita e in quella di più anziani contemporaneamente per circa 4 anni, avrebbe avuto comunque intorno a sé altri componenti della famiglia principalmente donne, 9 o 10, tra sorelle, cognate, zie e cugine con cui condividere fatiche e responsabilità. Una donna nata nel 1960, oggi nell‟età di mezzo, potrebbe avere davanti a sé circa 18 anni da impegnare nell‟assistenza di un parente anziano, e di questi anni almeno 12 da dedicare a più persone, ma con il sostegno della rete 40
femminile di appartenenza ridotta della metà. Il compito della cura familiare da sempre è affidato alle donne delle età centrali, quasi sempre figlie, che spesso non hanno avuto margini di scelta e vivono in solitudine il peso psicologico e fisico di questo impegno. Nella rete di aiuto le figlie sono presenti per il 40%, le nuore per il 18%, le mogli per il 15%, i figli maschi per il 14% e infine i mariti per il 6%. Oggi, all‟età di sessant‟anni tre donne su dieci hanno la madre e più raramente il padre viventi di età tra gli 80 e i 90 anni, mentre nel 1951 questa esperienza toccava una donna su dieci. Per una donna
tra i cinquanta e i sessant‟anni che ancora sta lavorando fuori casa, non è un fatto inconsueto che debba occuparsi contemporaneamente dei genitori, dei suoceri e dei propri nipoti. In un paese come il nostro, che da sempre ha basato il proprio sistema di welfare familiare sul lavoro non retribuito delle donne, è maggiormente evidente come il carico dovuto agli impegni della cura stia progressivamente aumentando, e contemporaneamente stia diminuendo il tempo che le donne hanno a disposizione per se stesse. La catena della solidarietà femminile, di cui le nonne raffigurano l‟anello forte e che fino ad oggi ha rappresentato un pilastro del lavoro di cura familiare, a causa del sovraccarico rischia di spezzarsi con conseguenze facilmente prevedibili per il nostro sistema di welfare. Le nonne con sempre più fatica e difficoltà, anche psicologiche, riescono per ora a mantenere il tradizionale ruolo di supporto alle figlie e alle nuore lavoratrici con figli piccoli. 4.2 - La demenza, un problema sociale in crescita Tav. 28 - Anziani con ≥ 65 anni femmine)* maschi 13.567 1 Bergamo 9.771 2 Dalmine 4.816 3 Seriate 2.998 4 Grumello 3.653 5 Val Cavallina 2.177 6 Basso Sebino 2.724 7 Alto Sebino 8.325 8 Val Seriana 9 Alta V.Seriana e Scal. 3.767 3.989 10 Val Brembana 3.890 11 Valle Imagna 8.777 12 I sola Bergamasca 8.056 13 Treviglio 5.442 14 Romano totale malati 81.952 totale popolazione *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni
per Ambito territoriale con demenza ( ipotesi: 5,3% se maschi, 7,2% se
malati 719 517 255 158 193 115 144 441 199 211 206 465 426 2884 4.343
femmine 20.804 12.827 6.379 4.146 4.687 2.945 3.808 11.215 5.028 5.285 5.186 12.324 11.155 7.297 113.086
malate 1497 923 459 298 337 212 274 807 362 380 373 887 803 525 8.137
12.485 195.038
41
Maschi e femmine 30.000 20.000 MASCHI
10.000
FEMMINE
0
Malati e malate 3000 2000 1000 MALATI
0 1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
MALATE
Tav. 29 - Demenze prevalenza per Ambito e per 10.000 abitanti anno 2011 *
1 Bergamo 2 Dalmine 3 Seriate 4 Grumello 5 Val Cavallina 6 Basso Sebino 7 Alto Sebino 8 Val Seriana 9 Alta V.Seriana e Scalve 10 Val Brembana 11 Valle Imagna 12 Isola Bergamasca 13 Treviglio 14 Romano PROVINCIA *Fonte ASL Bergamo
prevalenza 87,6 51,5 55,3 43,5 61,9 65,6 84,2 94,3 69,7 82,6 50,2 61,4 47,6 52,7 65,7
abitanti 151.986 143.382 75.246 48.358 53.533 31.689 31.439 99.597 44.172 43.441 52.251 130.946 109.981 82.709 1.098.740
totale demenze 1.322 736 414 208 328 203 261 933 306 355 261 798 518 432 7.218
42
TOTALE DEMENZE 1400 1200 1000 800 600 400 200 0
Con il progressivo invecchiamento della popolazione i casi di demenza sono in rapido aumento nella nostra provincia come in tutta Europa. Si calcola che ne sono colpiti rispettivamente il 5,3% degli uomini e il 7,2% delle donne con età superiore ai 64 anni. La maggiore presenza femminile viene in parte attribuita alla longevità delle donne e in parte ad una serie di fattori genetici, ambientali e sociali ancora in esame. Gli studi disponibili presentano differenti valutazioni quantitative quanto a incidenza* e prevalenza* delle diverse forme della malattia, ciò è dovuto all‟eterogenità dei fattori considerati, alla difformità dei criteri diagnostici, alle diverse modalità di arruolamento dei casi (medici di famiglia, strutture residenziali e semiresidenziali per anziani, ricoveri ospedalieri, servizi domiciliari) e alla struttura della popolazione per sesso ed età, presa in esame. Sulla base delle stime individuate si ipotizza che le persone con demenza presenti attualmente in provincia di Bergamo si possano quantificare intono alle 12.000. Le forme più frequenti possono essere attribuite alla malattia di Alzheimer per circa il 50-60% e per il 10-20% a malattie vascolari. Al 1 gennaio 2012 sono stati rilevati dall‟ASL di Bergamo, 8.921 casi di persone malate, tra queste 2.733 sono maschi (30,6%) e 6.188 femmine (69,4%) e nel complesso, circa 4.500 sarebbero malati di Alzheimer. Nel 2006, alla stessa data, i casi presenti risultavano essere 5.599, l‟aumento accumulato in sei anni, supera il 50%. La prevalenza dei casi di demenza nei diversi Ambiti Territoriali è generalmente correlata positivamente all‟indice di vecchiaia, più alto è il valore dell‟indice, più alto risulta essere il valore della prevalenza. Attualmente le demenze costituiscono un importante problema sanitario e, soprattutto, socio assistenziale per il notevole carico di accudimento che le persone malate richiedono, sia quando sono assistite dai servizi, sia quando a provvedere è in tutto, o in parte, la famiglia. Nel 2009 il servizio ADI dell‟ASL di Bergamo aveva in carico 873 persone con demenza certificata, altre 2.500 circa erano ricoverate nelle RSA, compresi i Nuclei Alzheimer, e intorno alle 280 venivano assistite nei CDI. Nell‟insieme i servizi garantivano assistenza, in forme e modalità diverse, a circa 3.653 ammalati, meno della metà del totale. Gli altri malati sono assistiti a casa dai familiari si stima che, per ogni persona ammalata, ne sono coinvolti almeno tre e come abbiamo già visto, questi sono quasi sempre donne della famiglia, oppure sempre più frequentemente negli ultimi 10 anni, donne straniere. La famiglia- risorsa, la famiglia che cura, è oramai assottigliata e invecchiata. Quando poi è culturalmente ed economicamente più debole e resa ancora più fragile dal sovraccarico di fatiche 43
dovuto allâ€&#x;impegno nel lavoro di assistenza prolungato e intenso, tende a chiudersi dentro i confini della propria storia e non ha forze da spendere neanche per chiedere aiuto. Negli ultimi anni diversi studi fanno ritenere che lâ€&#x;insorgenza della demenza possa essere almeno in parte prevenibile. Si è visto ad esempio come una regolare attivitĂ fisica ed una intensa attivitĂ sociale, produttiva e mentale, possono ridurre il rischio di malattia anche del 40% in un arco temporale di 4-5 anni. *L’incidenza misura i nuovi casi che si verificano in una popolazione in un certo lasso di tempo, per esempio quante persone si ammalano di demenza in un anno nella popolazione della provincia di Bergamo. *La prevalenza misura il numero di tutti i casi presenti in un determinato momento in una determinata popolazione; per esempio quante sono oggi le persone malate di demenza in provincia di Bergamo.
44
Capitolo 5 Le dimensioni della non autosufficienza: i servizi dedicati Tav. 30 - Ambiti territoriali, indici di vecchiaia e di carico sociale per sesso*
maschi Ambito territoriale 1 Bergamo 127,9 2 Dalmine 79,9 3 Seriate 74,5 4 Grumello 71,6 5 Val Cavallina 77,8 6 Basso Sebino 82,5 7 Alto Sebino 116,4 8 Val Seriana 108 9 Alta V.Seriana e Scalve 116 130,8 10 Val Brembana 90 11 Valle Imagna 82,6 12 Isola Bergamasca 93,6 13 Treviglio 78,4 14 Romano PROVINCIA 93,5 113,8 LOMBARDIA 118,5 ITALIA *Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazio
250
indice di vecchiaia femmine media 203,8 165,1 114,5 96.4 103,8 88,8 102,6 86,8 103,1 90,2 119,1 100,2 171,5 143,2 155,8 131,1 166,2 140,2 179,5 154,7 124,5 106,9 120,9 101,3 134,7 113,8 111,3 94,4 135,95 114,1 170 141,1 171,9 144,5
maschi 50,8 43,9 42,7 41,9 44,9 43,2 48,9 48,6 47,5 48,4 46,4 42 43,5 41,9 45,2 47,1 48,2
carico sociale Femmine 62,9 50,7 49,9 51,6 53,15 52,4 60,2 57,2 56,7 60,3 54,9 52,5 54,5 51,4 54,8 57,3 56,3
media 57 47,2 46,2 46,6 48,9 47,6 54,5 52,8 51,7 54,1 50,6 47,8 48,8 46,4 49,9 52,1 52,2
Indice di vecchiaia
200 150 100
MASCHI FEMMINE
50
MEDIA
0
45
Carico sociale 70 60 50 40 MASCHI
30
FEMMINE
20
MEDIA
10 0
I territori di Bergamo, Alto Sebino, Val Seriana superiore e Val Brembana si caratterizzano per importanti differenze rispetto ai valori dei restanti Ambiti sia dell‟indice di vecchiaia che di quello di carico sociale che si presentano ben superiori anche alle medie regionali e nazionali. I valori dei due indici risultano più elevati tra le femmine con uno scarto rispetto ai maschi di oltre 42 punti per l‟indice di vecchiaia e di quasi 10 per quello di carico sociale. I valori dei due indici rilevati nelle diverse zone appaiono tra loro coerenti, più alto è l‟indice di vecchiaia più alto risulta quello di carico sociale. In tutti i capoluoghi della Regione si registra un indice di vecchiaia più elevato rispetto al relativo territorio provinciale, l‟indice di vecchiaia della città di Bergamo (180), si presenta più alto rispetto alla media provinciale e pesa sensibilmente sul valore medio dell‟Ambito. Tav. 31 - Anziani con ≥ 75 anni, centri diurni anziani (c.d.a.) e Centri Diurni Integrati (CDI)* per Ambito territoriale
Ambito territoriale Bergamo Dalmine
c.d.a. numero
anziani ≥75
CDI numero
CDI posti autorizzati
30 12
17.639 9.805
2 5+1
60 145+ 20 Alzheimer 0 40 28 30 20 93 42 0 70 105 60 10 723
12 4.835 Seriate 8 3.002 Grumello 11 3.332 Val Cavallina 3 2.436 Basso Sebino 2 3.107 Alto Sebino 16 9.109 Valle Seriana 9 4.229 Valle S. e Scalve 7 4.600 Valle Brembana 4 4.332 Valle Imagna 17 9.434 Isola Berg.sca 14 8.757 Treviglio 12 5.667 Romano L.do 157 90.284 Totale *Fonte ASL di Bergamo, ns. elaborazioni
0 2 2 1 1 4 2 0 2 4 2 1 29
per
CDI posti accreditati 60 110
CDI fabbisogno
0 40 28 0 20 98 37 0 30 95 60 0 578
48,3 30,0 33,3 24,3 31,0 91,0 42,2 46 43,3 94,3 87,5 56,6 902,4
176,6 98,0
*Il fabbisogno di posti in CDI è stabilito dalla Regione in 1 posto per ogni cento anziani con età superiore ai 75 anni
46
Centri Diurni Anziani 30 25 20 15 10 5 CDA numero
0
Centri Diurni Integrati 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
CDI numero
47
Posti autorizzati e accreditati 120 100 80 60 40 20
Posti autorizzati Posti accreditati
0
5.1 - I CENTRI ANZIANI: una risorsa da valorizzare La disciplina per la realizzazione e la gestione dei centri diurni per anziani, quali servizi a valenza socio assistenziale, rientra nelle competenze regionali e per la parte operativa in quelle dei comuni. Le indicazioni regionali che trattano in modo organico il tema dei centri, ne prevedono il finanziamento, le finalità e gli standard strutturali e gestionali, sono contenute nel POA (Progetto Obiettivo Anziani) del 1995-97. Negli anni seguenti, sono stati gradualmente sospesi tutti i finanziamenti regionali destinati alla costruzione e alla gestione di centri e l‟argomento non è stato mai più ripreso negli atti normativi successivi come i Piani Socio Sanitari. Di conseguenza il finanziamento passa totalmente o in buona parte a carico dei comuni, con qualche saltuaria e parziale integrazione dell‟Amministrazione provinciale o da parte di privati, comprese alcune parrocchie. Quando il POA interviene tra il 1995 e il 1997, la realtà dei centri ha già una sua consistenza sia in Regione che in provincia di Bergamo. Una ricognizione sullo stato dell‟arte dei centri anziani messa in campo nel 1993 dall‟Auser di Bergamo che si era da poco costituito, censisce 75 realtà, la gran parte delle quali, il 60%, attivate nel periodo 1980-1990, le altre con una storia lontana che risale ai dopolavoro operai nati negli anni „30. Secondo gli orientamenti dettati dal POA i centri possono offrire una molteplicità di prestazioni con finalità socializzanti e di educazione alla salute nel senso più ampio ed essere in grado di attrezzarsi per diventare supporto al SAD dotandosi di interventi specifici come: bagno assistito, lavanderia, laboratorio di cucito per la cura del guardaroba, servizio di barbiere, di parrucchiere, di podologia e di quanto necessario per soddisfare eventuali nuove necessità. Nelle intenzioni del legislatore regionale i centri per la terza età dovrebbero diventare un servizio aperto, finalizzato alla prevenzione e al contenimento degli effetti dell‟isolamento, accessibile a chiunque. Dunque un servizio di sostegno e promozione delle potenzialità della persona anziana nel percorso individuale di invecchiamento fisiologico, al di fuori di logiche assistenzialistiche. Il centro anziani ,per queste sue finalità, dovrebbe essere capace di attivare scambi continui con i servizi e con la realtà sociale in cui è inserito e saper essere un punto di ascolto sensibile delle esigenze della popolazione anziana e della comunità a cui appartiene.
48
Tra i centri anziani attivati in provincia di Bergamo in quegli anni, grazie a finanziamenti regionali integrati in questo caso in modo cospicuo da quelli provinciali, va ricordato quello di Vilminore di Scalve, un comune montano di 1.500 abitanti al fondo di una piccola valle distante 60 km da Bergamo, che ha rappresentato un esempio emblematico di come un servizio destinato ad una parte di popolazione potesse diventare una significativa risorsa per tutta una comunità. Il centro anziani di Vilminore, fin dalle sue origini, fornisce un servizio pasti aperto ai lavoratori delle poche aziende della zona e soprattutto agli studenti del nuovo Centro di Formazione Professionale (CFP). E‟ stata proprio la possibilità di consumare il pasto in loco che ha probabilmente garantito nel tempo al CFP, la presenza un numero di allievi sufficiente a mantenerlo in vita. Presenza dei centri anziani nel territorio bergamasco Dei 244 comuni della provincia di Bergamo, in 127 pari al 52% sono presenti uno o più centri per la terza età, in totale i centri esistenti sono 157, la città capoluogo ne conta 23, mentre altri sette comuni ne contano due per ciascuno. L‟indagine sui Centri anziani si è svolta tra il 2007 e il 2008. Dei 157 centri censiti hanno restituito il questionario compilato in 140 pari al 89,1%. Tav.32 - Provincia di Bergamo, distribuzione numero c.d.a. per comune, provincia di Bergamo* n° centri per comune 1 centro 119 comuni con c.d.a *Fonte Spi e Provincia Bergamo
% 93,7
2 centri 7
% 5,5
23 centri 1
% 0,7
totale comuni 127
Tav. 33 - Provincia di Bergamo, distribuzione c.d.a. per dimensione demografica dei comuni * 1.001-3.000
3.001-5.000
5.001-7.000
7.001-9.000
≥9.001
Totale
n°comuni 8 = 6,2% 29 = 22,8% con c.d.a *Fonte Spi e Provincia Bergamo
34 = 26,7%
26 = 20,4%
15 = 11,8%
13=11,8%
127
abitanti
≤ 1.000
I dati sulla distribuzione dei centri in base alla dimensione demografica dei comuni mettono in evidenza che la presenza di almeno un centro anziani è direttamente proporzionale al numero dei residenti, infatti dispongono di questo servizio l‟89% dei comuni fra i 5.000 e i 7.000 abitanti, tutti i comuni con una popolazione che supera i 9.000 abitanti e solo il 29% dei comuni con meno di 3.000 abitanti. Tav. 34 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per Ambito territoriale* n°ambito 1 2 30 17 n° c.d.a. *Fonte Spi e Provincia Bergamo
3 16
4 14
5 12
6 12
7 12
8 11
9 9
10 8
11 7
12 4
13 3
14 2
tot. 157
n° CDA 35 30 25 20 15 10 5 0
49
Tav. 35 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per dimensione della struttura* dimensione in mq < 100 33 = 23,5% n° c.d.a *Fonte Spi e Provincia Bergamo
non risponde 101-200 42 = 33%
201-400 20 =14,2%
> 401 11 = 7,8%
34 =24,2%
totale centri 140=100%
La superficie interna dei centri dipende e dalla dimensione demografica del comune e più spesso dalla data della loro costruzione, è infatti mediamente più contenuta se la costruzione è avvenuta prima del 1990 quando ancora mancavano indicazioni regionali in materia. Sempre tra i centri costruiti prima del 1990 si contano tutti quelli privi di spazi esterni. Per la gran parte l‟ampiezza si aggira tra i 100 e i 200 mq, nei casi in cui le dimensioni superano i 400 mq sono quasi sempre presenti o il gioco delle bocce coperto oppure ampie sale polivalenti o veri e propri auditorium. Nell‟82% delle situazioni l‟edificio appartiene al comune ed ceduto senza oneri nel 72,8% delle occasioni all‟associazione cui ne è stata affidata la gestione. In genere il comune provvede a garantire le opere di manutenzione e il riscaldamento, mentre il costo delle utenze è quasi sempre a carico del centro. Due sedi sono di proprietà della associazione che si occupa della gestione, quattro risultano essere di proprietà di privati e altre sei di parrocchie o ordini religiosi. Dei 140 centri presi in esame, la maggioranza dispone di spazi per attività ricreative e di tempo libero, sale per incontri di gruppo o attività particolari, cucina, gioco delle bocce e bar. Il bar, presente nel 64,1% dei casi, rappresenta l‟unica entrata economica autonoma utilizzata per finanziare acquisti o l‟organizzazione di attività altrimenti non realizzabili. In alcune realtà gli utili del bar, donati in parte ad altre istituzioni locali, diventano un tramite, uno strumento, per manifestare all‟esterno che gli anziani sanno essere una presenza attiva e attenta ai bisogni delle componenti più fragili della comunità. Tav. 36 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri anziani per tipologia dei locali* locali bar spazio esterno vari 94 90 57 67,1% 64,2% 40,7% *Fonte Spi e Provincia Bergamo
bocce
giardino
cucina
ambulatorio
palestra
biblioteca
42 30%
37 26,4%
32 22,6%
25 17
17 12,1%
12 8,5%
50
Centro Diurno per Anziani Treviglio In 25 centri troviamo un ambulatorio medico dove infermieri professionali volontari e a volte medici in pensione, garantiscono semplici prestazioni sanitarie, come la rilevazione della pressione sanguigna, del peso, della glicemia, la cura di piccole lesioni, la somministrazione di farmaci. La palestra, presente in 17 centri, consente l‟organizzazione di attività motorie anche a scopo riabilitativo come corsi di ginnastica, ballo e yoga. Dal momento che la palestra quasi mai è ad uso esclusivo, il suo utilizzo, specie nelle ore serali, è a disposizione della generalità dei cittadini. Un elemento di criticità è rappresentato dal numero di centri, 46 pari al 32,8% del totale, privo di spazi esterni e quindi della possibilità per i frequentatori di soggiornare o di svolgere attività all‟aperto, di essere visibili. L‟invisibilità aumenta il rischio che il centro si trasformi e venga vissuto come uno spazio introverso, una bolla difensiva. 5.1.1 - Qualità della sede Il quadro che emerge dai dati descrive una realtà positiva quanto a condizioni strutturali nel 90% dei casi. In maggioranza i centri sono puliti, in buone condizioni di manutenzione, privi di barriere architettoniche, luminosi, forniti di acqua calda, di riscaldamento e arredati adeguatamente. Sono però segnalate anche alcune criticità. Il 50% sottolinea carenze nelle attrezzature, il 15% presenza di rumorosità, l‟11% di umidità, e il 60,3% non dispone di sistemi di condizionamenti di cui negli ultimi anni si sente particolarmente il bisogno nelle zone di pianura durante il periodo estivo. 5.1.2 - Tempi di funzionamento, utenti Gli orari di apertura descrivono realtà molto variegate, frequentemente correlate con il numero di volontari che operano attivamente e con le capacità organizzative e di coinvolgimento dei componenti gli organismi direttivi. Durante i tempi di apertura i volontari presenti non si occupano solo di far funzionare il servizio, ma in molte occasioni svolgono il ruolo di veri e propri facilitatori relazionali. Il 61,4% dei centri è aperto per mezza giornata, in prevalenza il pomeriggio, tutti i giorni feriali compreso il sabato, 32 centri pari al 22,8%, funzionano da tre a sei volte la settimana e i restanti 20 meno di tre volte. Frequentano il centro per lo più pensionati iscritti all‟associazione che ha in carico la gestione, con età tra i 60 e i 75 anni in prevalenza maschi, persone autosufficienti in grado di spostarsi autonomamente a piedi o con l‟uso di mezzi di trasporto proprio. In genere si conoscono tra di loro, sono compagni di lavoro, aderenti allo stesso sindacato o partito politico e che a volte arrivano al centro perché portati da un amico o da un conoscente e solo in poche occasioni sollecitati dai servizi socio assistenziali territoriali.
51
Tav. 37 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri anziani per numero utenti giornalieri * n°utenti 10 - 15 16 – 30 45 n°centri % 28 20 % 32,1% *Fonte Spi e Provincia Bergamo
31 - 45 25 17,8%
46 - 60 19 13,5%
> 60 10 7,1 %
non risponde 13 9,2 %
totale 140
In certi casi il centro viene percepito all‟esterno come un luogo chiuso, espulsivo, quasi inaccessibile, riservato esclusivamente ad un singolo gruppo, mentre in altri casi viene definito ghetto o vecchia osteria. Il 70% dei centri accoglie giornalmente a rotazione fra le 10 e le 45 persone, che si fermano in genere dalle 2 alle 4 ore. La caratterizzazione dei centri come luogo di socialità, è messa in risalto dalle aperture domenicali presenti nel 45% delle realtà e complessivamente per un tempo di circa 350 ore ogni domenica. Le persone che alla domenica si incontrano nei centri sono in parte diverse dai frequentatori abituali, sono sempre pensionati, a volte anche relativamente giovani, in cerca di un sostituto al bar del paese più accogliente e con prezzi più bassi. Tav. 38 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri per tempi di apertura domenicale* mattino
pomeriggio
45 = 71,4% n° centri e % 2 = 3,1% *Fonte Spi e Provincia Bergamo
mattino e pom 13 = 20,6%
pom. sera 1 = 1,5%
e
matt. e pom. e sera 2 = 3,1%
non aprono alla domenica 77 = 55%
Il funzionamento domenicale, non sarebbe possibile senza l‟impegno e le capacità dei tanti volontari. Lavorare per il centro anziani diventa perciò un‟esperienza importante per se stessi, grazie alla quale il tempo liberato dall‟impegno lavorativo non si trasforma in tempo da perdere. 5.1.3 - Gestione, finanziamento, attività Il 73,5% dei centri sono autogestiti, il che significa che è l‟associazione di volontariato a cui il comune ha affidato la conduzione, ad occuparsi di tutto attraverso i propri organismi, presidente, consiglio direttivo e in qualche caso commissioni ad hoc che in qualche caso vede la presenza dell‟assistente sociale. Il 74,2% ha adottato uno statuto e un regolamento come previsto dalla legge sul volontariato. L‟adozione dello statuto è condizione necessaria per poter accedere all‟iscrizione al Registro regionale e,o a quello provinciale e così concorrere ai bandi annuali o biennali che prevedono l‟erogazione di fondi per il finanziamento delle attività. Tav. 39 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri diurni anziani per tipologia delle attività con l’esterno* - Tab. E 10
n° centri %
segretariato sociale
attività aperte esterni
affissioni avvisi
collaborazioni con altri centri
collaborazioni associazioni locali
collaborazioni associazioni esterne
73 52,1
83 59,2
82 58,5
24 17,1
83 59,2
42 30
*Fonte Spi e Provincia Bergamo
52
Se si prendono in esame i flussi comunicativi verso l‟esterno e le iniziative condotte in collaborazione con altre organizzazioni sociali, si nota che una parte dei centri tende a mantenere il tradizionale atteggiamento di chiusura e a concentrarsi quasi esclusivamente in attività per i propri utenti. Le ragioni del diverso modo di interpretare il ruolo del centro diurno sono da ricercare nella storia del centro stesso e nelle esperienze di vita, nelle motivazioni che hanno portato i componenti gli organismi direttivi, a scegliere questo impegno. I dati mettono in evidenza una netta propensione a concentrare gli interventi entro i confini del paese e una certa resistenza ad intrecciare relazioni con organizzazioni e altri centri diurni, situati fuori dai confini comunali. Da ricordare che circa 80 degli attuali 140 centri hanno origine negli anni 30 come dopolavoro operaio. Nel 59,2% dei casi le attività organizzate sono fruibili anche da persone non iscritte all‟associazione e in più della metà delle situazioni il centro mette a disposizione spazi per affissioni e locali per ospitare la presenza periodica di funzionari di patronati sindacali che curano l‟assistenza fiscale o le pratiche pensionistiche per i residenti nella zona. Solo il 17,1% delle attività sono costituite da collaborazioni con organizzazioni esterne al paese e in particolare con altri centri anziani.
In 19 centri, il comune mantiene una gestione diretta della parte amministrativa come il bilancio, le forniture, la registrazione delle iscrizioni ecc, mentre delega ad un‟associazione di volontariato la gestione operativa. Il finanziamento necessario al funzionamento del centro, alla realizzare delle attività e alla manutenzione dello stabile, dipende per il 52% da contributi erogati dal comune. Provvedono in modo autonomo alle proprie esigenze economiche o ricevono dal rispettivo comune contributi molto modesti, 64 centri pari al 45% del totale. In genere i centri si autofinanziano attraverso diverse iniziative: il tesseramento, le attività proposte a pagamento come le gite, i corsi di ballo ecc., la vendita di piccole produzioni artigianali realizzate dagli utenti, gli utili del bar interno e le donazioni di privati, aziende locali e più, spesso, banche. In alcuni casi il centro si connota, in tutto o in parte soprattutto come contenitore, non elabora propri progetti, non fa proposte, ma funziona come un locale pubblico che offre ai frequentanti il vantaggio di non essere obbligati alla consumazione e, comunque, prezzi bassi. Si limita a mettere a disposizione degli spazi e così gruppi anche piccoli, fortemente coesi e chiusi, si possono incontrare e dedicare ad un proprio comune interesse, quasi sempre il gioco delle carte per gli uomini, le chiacchiere a ruota libera e la tombola per le donne.
53
Tav. 40 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per tipo di attività offerta*
giochi
corsi vari
108 54 n° centri 77,1 38,5 % *Fonte Spi e Provincia Bergamo
visite guidate
gite
gruppi di interesse
attività sportive
attività culturali
28 20
90 64,2
37 26,4
51 36,4
50 35,7
5.2- LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTITE (RSA) Tav. 41 - Provincia di Bergamo, RSA per Ambito, posti letto autorizzati, fabbisogno ( 7% su anziani con età ≥ 75 anni) e posti letto a contratto
Bergamo Dalmine Seriate Grumello Val Cavallina Basso Sebino Alto Sebino Valle Seriana Valle S. e Scalve Valle Brembana Valle Imagna Isola Berg.sca Treviglio Romano L.do Totale
numero RSA
posti letto autorizzati
posti letto accreditati
*fabbisogno
7 5 2 2 3 3 3 10 5 4 2 4 4 7 61
1.075 437 272 125 277 189 383 795 251 330 142 705 337 421 5.739 = 6,3%
1.075 342 272 123 231 186 271 823 251 305 117 650 271 406 5.323
1.234 686 338 210 233 170 217 637 297 322 303 660 612 392 6.368= 7%
*posti contratto 1.053 362 272 60 231 92 280 710 171 239 72 671 295 295 4.803= 75%
a
differenza 181 324 66 150 +2 78 +63 +73 126 83 231 +11 317 97 1.565 = 24,5%
*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni
n° RSA 10 8 6 4 2 0
n° RSA
54
Fabbisogno e Posti contratto 1.500 1.000 500
FABBISOGNO POSTI CONTRATTO
0
Il numero dei posti letto autorizzati corrisponde al numero dei posti complessivamente disponibili nelle singole RSA. L‟autorizzazione al funzionamento, l‟accreditamento dei posti letto e l‟eventuale loro contrattualizzazione vengono rilasciati dall‟ASL, previa verifica del possesso e del mantenimento dei parametri strutturali e gestionali fissati dalla normativa regionale (LR 3/2008 33/2009 - Dgr IX/2633/2012), con l‟obiettivo di garantire livelli essenziali e uniformi di assistenza. L‟accreditamento certifica il possesso di requisiti superiori a quelli stabiliti per l‟autorizzazione al funzionamento, sotto il profilo strutturale, tecnologico o organizzativo. Con l‟accreditamento il soggetto giuridico accreditato consegue l‟abilitazione ad erogare prestazioni per conto del Servizio socio sanitario regionale. L‟accreditamento è presupposto necessario, ma non sufficiente per ottenere il rimborso delle prestazioni socio sanitarie a carico del Fondo Sanitario Regionale. Il rimborso delle prestazioni a carico del Fondo Sanitario Regionale è previsto per i posti letto a contratto. Con DGR IX/4879 del 21 febbraio 2013, in applicazione della DGR IX/4574 del 19/12/2012, si definiscono indicatori e metodologie per l‟assegnazione di budget per l‟anno 2013 alle RSA, alle RSD ( Residenze sanitarie per disabili) e alle CSS (Comunità socio sanitarie). Questo al fine di rendere il sistema di queste unità d‟offerta più centrato sul reale bisogno espresso dal territorio e consentire quindi una più omogenea distribuzione ed equilibrio tra le diverse ASL e tra le diverse strutture di una stessa ASL, del numero di posti letto messi a contratto. Gli indicatori previsti dalla Regione Lombardia per la messa a contratto di posti letto delle RSA sono: offerta territoriale: indice rilevato in ciascuna ASL, quale rapporto tra il numero dei posti messi a contratto e la popolazione di riferimento, numero di anziani con età superiore ai 75 anni, rispetto all‟indice medio regionale del 6%, e progressivo aumento dei posti letto a contratto nelle ASL con indice inferiore al 5,5%; il tasso di saturazione dei posti letti nell‟arco di 365 giorni; verranno premiate le ASL con indice di saturazione superiore al 96% retta uguale o inferiore ai 55,5 euro e lista d‟attesa numerosa. Al contrario è prevista una riduzione dei posti letto messi a contratto nelle ASL dove l‟indice di saturazione è inferiore al 92%, la retta è superiore ai 55,5 euro e il rapporto tra la popolazione anziana e i posti letto a contratto supera il 6,6%; liste d‟attesa, che dovranno essere ripulite dai doppioni a cura dell‟ASL, si tiene conto del rapporto tra il numero di domande in lista d‟attesa e la popolazione di riferimento. Per il 55
futuro è prevista la creazione, a cura della Regione, di un sistema informatico di gestione delle liste d‟attesa che consenta di superare il problema della moltiplicazione delle domande; mobilità intra regionale, il numero di utenti provenienti da un‟ASL diversa da quella di residenza; età media di ingresso in RSA e complessità assistenziale rilevate attraverso il SOSIA; la retta media a carico dell‟utente applicata nel corso dell‟anno 2012. Tav. 42 - Provincia di Bergamo, indice di invecchiamento , posti letto in RSA per Alzheimer e di sollievo* indice di invecchiamento
n° RSA posti per Alzheimer 1 1 0 0 0 0 1 1 0 1 0 3 1 0 9
22,61 Bergamo 15,76 Dalmine 14,88 Seriate 14,77 Grumello 15,58 Val Cavallina 16,16 Basso Sebino 20,78 Alto Sebino 19,62 Valle Seriana Valle S. e Scalve 19,91 Valle Brembana 21,35 17,37 Valle Imagna 16,11 Isola Berg.sca 17,47 Treviglio 15,40 Romano L.do PROVINCIA 17,6 LOMBARDIA 20,1 ITALIA 20,3 *Fonte ISTAT e ASL Bergamo, ns. elaborazioni
40 20 0 0 0 0 20 30 0 20 0 69 24 0 223
n° RSA posti di sollievo 1 3 1 1 0 2 0 3 0 2 0 4 1 0 19
n° RSA posti in hospice 9 13 6 6 0 11 0 19 0 4 0 28 3 0 99
1
13
1
4
2
17
* indice di invecchiamento: rapporto tra la popolazione con età superiore ai 65 anni e la popolazione totale di una determinata zona, in percentuale.
Indice di invecchiamento 25 20 15 10 5 0
Indice di invecchiamento
56
69
70 60 50
40
40
30
30 20 10
20 13
9 0
20 13 6
0 0
28 20
19
24 n° posti per Alzheimer
11
6 0 0 000 0 0
00
4
4
000
0 000
3
0
n° posti di sollievo 0 00
n° posti in hospice
0
Tav. 43 - Provincia di Bergamo, RSA per numero posti letto autorizzati Posti n° RSA
≤40 6
41-60 13
61-80 13
81-100 13
101-120 6
121-140 2
141-160 2
200-225 5
421 1
totale 61
*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione Tav. 44 - Provincia di Bergamo, RSA posti letto e domande in lista d’attesa* serie storica
posti letto lista d’attesa *Fonte ASL, Bergamo
2000 4.714 2.788
2004 5.116 1.663
2011 5.739 6.286
*Poiché una domanda di ricovero può essere presentata in più RSA , ne consegue che il numero delle domande in lista d‟attesa superi quello delle persone interessate. Si stima che normalmente per ogni richiesta di ricovero vengano presentate almeno tre domande. Tav. 45 - Provincia di Bergamo, RSA per importo *retta minima e massima in euro retta minima n° RSA
≥ 40 2
41 - 50 24
≥ 50 51 - 60 retta maxima 3 27 n° RSA *Fonte ASL, Bergamo, ns. elaborazione
51 - 60 30
61 -70 3
71 - 80 1
81 1
retta media 50,5
61-70 19
71-80 5
81 - 90 7
--------------
retta media 59,5
La retta corrisposta dagli ospiti copre le spese alberghiere e assistenziali, mentre per i soli posti letto a contratto, i costi per l‟assistenza sanitaria, stabiliti in base alle classi SOSIA sono rimborsati dalla Regione. Tav. 46 - Provincia di Bergamo, differenza tra retta massima e retta minima in euro* nessuna ≥10 15 28 n° RSA *Fonte ASL, Bergamo, ns. elaborazione
11-15 7
16-20 3
21-30 4
31-40 2
41-50 2
totale 61
57
Tav. 47 - Provincia di Bergamo, RSA prestazioni aggiuntive a pagamento*
lavanderia podologo parrucchiere trasporto totale RSA che applicano il pagamento delle prestazioni aggiuntive *Fonte Spi ,Bergamo
costo da 1,5 € al giorno o da 30 a 85 € mensili fisso 6 € o a prestazione da 5 a 20 € a prestazione
n° rsa 4 15 18 17 18 = 28,5%
Le rette minima e massima per la copertura dei costi alberghieri di base, dell‟assistenza e delle prestazioni aggiuntive, sono fissate da ogni singolo gestore di RSA. Il gestore decide autonomamente quali siano le prestazioni comprese nella retta e quali invece debbano essere a pagamento. Una tale situazione rende difficile il confronto tra l‟importo della retta applicata nelle diverse strutture in rapporto alle prestazioni fornite. I costi per le prestazioni socio sanitarie a carico del Fondo Sanitario sono definiti dalla Regione, secondo la classificazione dei bisogni di ogni singolo assistito, attraverso l‟applicazione del SOSIA, strumento di valutazione standardizzato. La maggior parte delle RSA (81%) applica una retta minima, per la copertura dei costi alberghieri a carico degli assistiti, compresa tra i 41 e i 50 euro al giorno e nel 75% dei casi una retta massima tra i 51 e i 70 euro. In 15 RSA (24%) non esiste differenza tra la retta minima e quella massima mentre in quasi la metà delle strutture la differenza si aggira intorno ai 10 euro. Tav. 48 - Provincia di Bergamo, RSA persone ricoverate, distribuzione per genere*
numero 1.377 4.362 5.739
Maschi Femmine Totale
età media all’ingresso 79 85 82
% 24 76 100
tasso di saturazione medio 2011
99,32 *Fonte Spi, Bergamo * il numero delle persone ricoverate ad una certa data può risultare inferiore a quello dei posti letto. Infatti i posti che si rendono liberi non vengono occupati immediatamente. Il tasso di saturazione è l‟indicatore che dice, in percentuale, per quanto tempo un posto letto è stato occupato nell‟arco di un anno per esempio il valore 100 indica che il posto è stato sempre occupato, mentre il valore 50 segnala che il posto è rimasto vuoto per la metà del tempo.
Percentuale maschi e femmine MASCHI
FEMMINE
N° MASCHI E FEMMINE 4362
5000 4000
24%
3000 2000
76%
MASCHI 1377
FEMMINE
1000 0 MASCHI
FEMMINE
58
Età media d' ingresso 85 86 84 MASCHI
82
79
FEMMINE
80 78 76 MASCHI
FEMMINE
Tav. 49 - Provincia di Bergamo, durata della permanenza in RSA % 29,9 42,1 28 100
fino ad 1 anno 2 -5 oltre 5 anni Totale *Fonte ASL Bergamo
anno 2005
% anno 2010 46,3 32,0 21,7 100
% ANNO 2005
% ANNO 2010
0 28
29,9 42,1
fino ad 1 anno da 2 a 5 anni oltre i 5 anni
21,7 32
46,3
fino a 1 anno da 2 a 5 anni oltre i 5 anni
5.2.1 - ORIGINE DELLE RSA: cenni storici Nel 1980 la Regione Lombardia ha avviato un censimento degli archivi storici degli ospedali esistenti in ogni provincia parte dei quali nel tempo, si sono trasformati in ospizi e poi in case di riposo. Questo patrimonio, presente anche nella nostra provincia e che qui ha avuto in alcuni casi, origine molto antica, si è potuto formare grazie allo spirito caritativo di molti cristiani, ma anche alla filantropia di laici illuminati. Delle 61 RSA della provincia 21 sono entrate nel censimento e di queste, 14 sono nate come ospedali o infermerie, caratteristica che in genere hanno mantenuto fino intorno al 1960-70, 6 si trovano in Val Seriana e 7 nella bassa pianura ,le restanti in zone diverse, ma nessuna è presente in Val Brembana o in Valle Imagna. L‟origine di queste strutture copre un periodo storico antecedente il 1463 per la casa albergo di Albino, fino al 1939 per l‟ospedale Milesi di Gromo. Le RSA di Vertova, Cologno e Gandino, sorgono tra il 1600 e il 1670, Calcio e Urgnano hanno origine rispettivamente nel 1744 e nel 1795, il numero più consistente, 12, iniziano l‟ attività 59
nel corso del 1800, mentre nel 1919 nasce Torre Boldone, nel 1928 Gorlago e, infine, Gromo nel 1939.
ALBINO Casa Albergo per persone anziane e per invalidi al lavoro. Beneficio di San Bartolomeo fino al 1463, Ospedale e Casa San Bartolomeo dal 1463 al 1670, “Spedale dei poveri infermi” dal 1670 al 1840, Pia casa di ricovero dal 1840. Infermeria G. Honegger G. Honegger fondò nel 1908 un ospedale per i dipendenti del proprio cotonificio. Nel 1972 il cotonificio ha ceduto lo stabile alla Casa albergo che lo ristrutturò per adibirlo ad infermeria per i propri ricoverati. ALMENNO S. SALVATORE Istituto Opera Pia Rota casa di riposo. Giovanni Carlo Rota con il suo testamento del 1876 lascia i suoi beni affinchè si costruisca un ospedale per la cura degli infermi poveri qualunque fosse la loro malattia. ARDESIO Casa di riposo Filisetti Giacomo Filisetti nel 1822 con un suo testamento lasciò alla Congregazione di carità di Ardesio una “montagna pascoliva e lignifera” per la costruzione di un ospedale in Ardesio che iniziò il suo funzionamento nel 1844, con il compito di “accogliere gli ammalati poveri del comune e i vecchi impotenti a qualsiasi lavoro.” Dal 1970 l‟ospedale si trasforma in casa di riposo. BERGAMO Pia casa dei poveri di Bergamo, ora Casa di riposo S. Maria Ausiliatrice, viene aperta nel 1811 presso l‟ex convento delle Grazie. Scopo della Casa è di ricoverare e mantenere gratuitamente o a pagamento poveri d‟ambo i sessi affetti da malattie schifose ed incurabili o da mala conformazione di corpo od imbecillità di mente e che sono senza appoggio o non possono essere assistiti nelle loro case”
60
Istituto S. Antonino delle Pie istituzioni Botta Nel 1837 viene aperto l‟Istituto Santa Chiara, una delle opere caritativa sorte grazie alla sensibilità sociale del sacerdote don Carlo Botta. L‟Istituto è dedicato al ricovero di fanciulle abbandonate e vecchie signore decadute. BRIGNANO GERA D‟ADDA Ospedale Aresi Casa di Riposo, istituito nel 1892 con i lasciti testamentari del sacerdote don Pietro Aresi. Scopo dell‟istituzione è il ricovero di ammalati poveri del comune. CALCIO Casa di riposo don Carlo Zanoncello, già ospedale civile sorge grazie al lascito di don Carlo Zanoncello nel 1744 e prima di allora Infermeria per malati acuti. CASNIGO Casa di Riposo, già Ospitale San Giuseppe. L‟istituzione viene fondata dall‟arciprete don Giuseppe Malighetti verso la fine del 1893 e fu destinato all‟assistenza di persone sole ed ammalate. CIVIDATE AL PIANO Ospedale civile don Ciriaco Vezzoli Casa di riposo dal 1902, Infermeria dal 1939, sorge ad opera del parroco di Cividate Ciriaco Vezzoli. La Congregazione di carità del paese riunì i lasciti e Petronilla Seghezzi ved. Casati provvide a continuare l‟opera di assistenza agli ammalati. COLOGNO AL SERIO Ricovero Corsini dell’Infermeria Vaglietti. L‟edificio viene costruito nel 1840 con i proventi del lascito della nobildonna Angela Vaglietti e in seguito il patrimonio venne arricchito da altri lasciti tra cui quello importante di Carro Corsini. FONTANELLA Ospedale civile Casa di riposo aperto nel 1808, Infermeria per ammalati acuti dal 1939 al 1966. Destinato alla cura di ammalati acuti non contagiosi. GANDINO Ospedale civile e Casa di riposo. Ospedale civile dal 1640 al 1939, viene fondato nel 1640 con un lascito di Cecilia Caccia del Negro. Nel 1940 viene aperto un reparto sanatoriale per soli uomini. GORLAGO Casa di riposo S. Giuseppe, l‟istituzione risale al 1928, fu fondata dal parroco don Pietro Bonetti, è sempre stata una casa di riposo parrocchiale.
61
GROMO Casa di riposo Milesi, Infermeria per ammalati acuti, poi Ospitale Milesi dal 1868. L‟Ospitale ha origine nel 1868 con un lascito di Giovanni Milesi il quale destinò allo scopo la propria abitazione. La sede attuale venne costruita nel 1935 GRUMELLO DEL MONTE Casa di ricovero Madonna del Boldesico, Ospedale di Santa Maria al Boldesico. L‟ospedale fu istituito nel 1811 nella casa del fondatore don Luigi Belotti donata per lo scopo. LEFFE Casa serena di Leffe, Ospedale civile di Leffe dal 1844 al 1939, l‟infermeria per acuti dal 1939 al 1966. La sede dell‟ospedale fu donata dai fratelli Giuseppe e Gio Maria Pezzoli d‟Albertoni. Dalla sua fondazione e fino alla classificazione in infermeria, gli infermi venivano ammessi solo se forniti di un certificato di povertà rilasciato dal parroco o dagli amministratori dell‟ospedale. MARTINENGO Ricovero Balicco, Ospedale civile Francesco Mazza dal 1735 al 1939, Infermeria per malati acuti dal 1939 al 1966, Ospedale civile Francesco Mazza dal 1966 al 1975, poi casa di riposo. Con il suo testamento del 24 dicembre 1735 il Zilioli “ lasciò erede di tutta la sua sostanza il venerando Pio luogo affinchè venisse aperto uno spedale per il ricovero di ammalati poveri”. NEMBRO Pia casa di ricovero. La Pia casa viene fondata nel 1804 dall‟arciprete don Giovanni Zanoni, il quale donò la propria abitazione per ricoverarvi i poveri cronici del paese. Nel 1845 il ricovero fu trasferito nella sede attuale, ex convento degli agostiniani, sede donata dal medico condotto Antonio Gilberti. SPIRANO Infermeria civile Casa di riposo. Ospitale e Casa di ricovero dal 1864 al 1948. Infermeria per malati acuti dal 1948 al 1966, poi casa di riposo Don Giacomo Capitanio, parroco di Spirano, nel 1831 con il suo testamento lasciò una casa di sua proprietà affinchè fosse adibita a ricovero per tre o quattro donne del comune povere e incurabili. URGNANO Ricovero per inabili al lavoro Magri, Ospedale Magri per acuti dal 1797, Infermeria fino al 1962, poi casa di riposo. Bortolo Magri lascia “tutta la sua sostanza affinchè venisse eretto un ospedale pei poveri infermi di Urgnano”. Nel 1806 anche don Pietro Ghisleri lascia i suoi beni per l‟ospedale e nel 1810 fa la stessa cosa don Francesco Magri, cugino di Bortolo.
62
VERTOVA Pia casa di ricovero. La Pia Casa ha origine nel 1808 a seguito del bando prefettizio sulla mendicità. Lo statuto del 1883 stabilisce che hanno diritto al ricovero cronici e semi invalidi preferibilmente in età avanzata. 5.3 - I SERVIZI per la domiciliarita’ Il SAD, servizio di assistenza domiciliare, è di competenza comunale, eroga a domicilio prestazioni di assistenza generica a persone fragili o a famiglie in difficoltà. Scopo principale del servizio è consentire alla persona assistita di restare al proprio domicilio in condizioni di sicurezza personale e ambientale. La domanda va presentata dall‟interessato o da un familiare presso il comune di residenza. E‟ un servizio a domanda individuale per il quale è previsto il pagamento stabilito in base al reddito. L‟ADI, assistenza domiciliare integrata, è di competenza dell‟ASL, garantisce interventi sanitari, infermieristici e riabilitativi a domicilio al fine di favorire il recupero di condizioni di benessere. Viene attivata su richiesta del medico curante solo dopo che il Cead, centro per l‟assistenza domiciliare, presente in ogni Ambito Territoriale, ne ha verificato la congruità. Tav. 50 - Provincia di Bergamo, anziani ≥ 65 anni assistiti da ADI e SAD anno 2010*
65 – 69 70 – 74 75 – 79 80 – 84 ≥ 85 totale
solo ADI
ADI+SAD
solo SAD
totale
%
355 498 719 841 1529 3942
40 87 129 162 289 707
149 276 430 605 980 2.440
544 861 1278 1608 2798 7.089
7,6 12,15 18,03 22,68 39,47
*Fonte ASL, ns. elaborazioni Tav. 51 - Provincia di Bergamo, anziani assistiti solo da ADI per patologia* demenze 25 65 – 69 43 70 – 74 116 75 – 79 197 80 – 84 468 ≥ 85 849 totale *Fonte ASL, ns. elaborazioni
diagnosi indifferenziata 126 232 397 458 936 2.149
malattie neurologiche 35 50 57 61 108 311
SLA 8 8 6 1 1 24
tumori 204 252 268 282 299 1.305
Totale 398 585 845 999 1.813 4.640
% 8,58 12,61 18,21 21,53 39,07
63
DEMENZE 468
500 450 400 350 300 250
197
200 116
150 100 50
25
43
0 65-69 anni
70-74 anni
75-79 anni
80-84 anni
≥100
5.4 - IL LAVORO PRIVATO DI CURA: le assistenti familiari Ai fini dell‟applicazione del contratto nazionale di lavoro, la figura della “badante” definita più correttamente assistente familiare, rientra tra le categorie previste nel rapporto di lavoro domestico, mansione svolta esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro. La qualifica di assistente familiare è attribuita a coloro che assistono persone non autosufficienti o che hanno bisogno di assistenza a causa delle loro condizioni di salute o dell‟età. Con la legge finanziaria del 2005 è stato introdotto per la prima volta il termine badante con il quale viene identificata una precisa categoria di lavoratore indicato come “addetto all‟assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana”. L‟assistente familiare non entra solo in una casa, il lavoro che le viene richiesto la porta a far parte della rete delle relazioni familiari e sociali, entra nel flusso delle emozioni e degli affetti che intercorrono tra le persone coinvolte nei legami e nell‟intimità che la cura ha creato. Con la persona assistita, frequentemente ammalata in modo grave e con problemi cognitivi, si stabilisce una relazione di particolare intensità, spesso connotata da sentimenti ambivalenti che, se non vengono riconosciuti, possono essere fonte di malessere che va a sommarsi alle fatiche di un lavoro complesso sul piano pratico, fisicamente e psicologicamente impegnativo.
64
Nel nostro paese e nella nostra provincia l‟assistenza al domicilio di anziani non autosufficienti è sostenuta in buona parte dalle famiglie. Quando esse non sono più in grado di provvedere all‟impegno con le proprie forze, si avvalgono dell‟aiuto di donne immigrate. Il ricorso al lavoro di cura privato risulta molto più diffuso in quei paesi dove un modesto sviluppo dei servizi residenziali e domiciliari pubblici si accompagna alla persistenza di un modello culturale che attribuisce alla famiglia in particolare alle donne, il carico dell‟accudimento delle persone fragili della famiglia. La consistente presenza di assistenti familiari accumuna infatti l‟Italia ad altri Stati che come il nostro si affacciano sul bacino del Mediterraneo, Spagna, Portogallo, Grecia ed in più hanno in comune con l‟Italia la stessa visione del ruolo della famiglia e della donna nei compiti di cura. Nei paesi del Nord Europa e in Francia, la diffusione del lavoro di cura privato risulta piuttosto contenuta, ma contemporaneamente sono presenti servizi domiciliari e forme di residenzialità comunitaria protetta più numerosi e soprattutto diversificati. In Italia sono assistiti a domicilio il 3,9% degli anziani, in Francia il 7,9 e in Danimarca il 20,4. 5.4.1 - Quante sono le assistenti familiari e chi sono. Le assistenti familiari sono presenti nel nostro paese, in numero apprezzabile, a partire dagli anni novanta. Nel corso degli anni il flusso di arrivi appare continuo anche se, a seconda dei periodi, si manifesta con intensità diversa. E‟ difficile stabilire quante siano esattamente le assistenti familiari in Italia, studi diversi arrivano a stimare presenti tra le 750 e le 840.000. Solo una parte, (33% circa) è fornita di un regolare contratto di lavoro, il 40% è priva di permesso di soggiorno e il resto, pur formalmente in regola, lavora o senza contratto o per un numero di ore inferiore a quello reale (lavoro grigio). La irregolarità della presenza non è solo un problema amministrativo e legale, rende l‟assistente familiare e la persona di cui si prende cura invisibili, esposti entrambi ai rischi di una condizione di isolamento dal contesto sociale che li rende più vulnerabili, impoveriti di diritti, di relazioni e di occasioni di crescita professionale. Negli ultimi 8 anni sono arrivate in Italia circa il 25 % delle assistenti attualmente presenti, sono persone con caratteristiche diverse da chi le ha precedute per peculiarità culturali e socio anagrafiche e per l‟atteggiamento nei confronti del lavoro che intendono svolgere.
In questo lasso di tempo si registra un aumento degli arrivi dai paesi dell‟Est, in particolar modo dalla Romania da dove giunge il 39% dei nuovi ingressi e una diminuzione relativa, delle sudamericane. Le donne che giungono in Italia sono più giovani aumenta infatti la quota con età inferiore ai 30 anni che passa dal 10,9% al 33,3 %, resta stabile intorno al 28% la fascia d‟età tra i 65
30 e i 39 anni, diminuisce di circa 10 punti quella dai 40 ai 49 anni e passa dal 22,5% al 15,3% la presenza delle ultra cinquantenni. Risultano mediamente meno istruite, con la caduta del comunismo la frequenza della scuola superiore e dell‟università hanno oggi costi elevati, le diplomate di scuola superiore passano dal 61% al 52%, ma sono più consapevoli dei propri limiti e più interessate a intraprendere percorsi di qualificazione professionale. Il 60% è sposata, il 62% ha figli, ma otto su dieci li ha lasciati nel paese d‟origine affidati quasi sempre a madri o a sorelle. Chi arriva in questi anni è maggiormente orientata a stabilirsi nel nostro paese definitivamente, ma è meno intenzionata a svolgere il lavoro di cura domiciliare per un lungo periodo o con le attuali modalità; vuole cambiare tipo di lavoro oppure è interessata a lavorare “a ore” e soprattutto non più in convivenza. L‟intenzione in questi casi è di preparare le condizioni per una vita di maggiore integrazione, avere tempo sufficiente per riprendere, ricostituire o formare una vita familiare ed eventualmente predisporsi al passaggio verso una attività diversa. Sono più le donne sud americane interessate a svolgere con continuità il lavoro di cura, ma desiderano farlo non più in convivenza. La preferenza per il lavoro a ore è legata oltre che alla possibilità di godere di maggiori margini di libertà personale, anche all‟opportunità di realizzare più guadagni quando è ben organizzato e comprende quote di lavoro nero o grigio. L‟area della regolarizzazione “grigia”, quando cioè il numero di ore dichiarate nel contratto di lavoro risulta inferiore a quello effettivo, riguarda la maggioranza delle assistenti, ma sono quelle con progetti migratori di breve o medio termine più propense ad accettare l‟irregolarità , questa conviene alle famiglie che risparmiano e alle lavoratrici che in cambio di un guadagno più alto rinunciano a tutele e garanzie previdenziali di cui peraltro non è affatto certo il futuro godimento. Spesso le nuove arrivate sapevano già che si sarebbero occupate di persone non autosufficienti, nel 69% dei casi avevano ricevuto specifiche informazioni da conoscenti che le avevano precedute. Il formarsi di gruppi omogenei per paese di provenienza, molto frequente tra le donne dell‟Est, ha sicuramente favorito la circolazione delle informazioni sulle possibilità di lavoro e sui diritti e ha messo a disposizione delle nuove arrivate, in cambio di denaro, notizie e aiuti indispensabili anche per trovare sistemazioni alloggiative autonome. Secondo stime attendibili, formulate da fonti ufficiali quali Inps, Istat, Agenas, e da valutazioni informali, in Italia sarebbero presenti mediamente 6 assistenti familiari ogni cento anziani con più di 65 anni, con una distribuzione territoriale molto diversa tra il Nord, dove si arriva a superare il 10%, il Centro e il Sud dove la presenza scende al di sotto del 5%. Se si utilizzano i medesimi criteri si può realisticamente ipotizzare che in provincia di Bergamo lavorino complessivamente, con orari diversi, regolarizzate e non, con o senza contratto di lavoro, non meno di 11.000 assistenti familiari, soprattutto donne e per oltre il 90% straniere. Ipotesi confermata da un‟indagine realizzata nel 2006 dalla Caritas diocesana svolta con il coinvolgimento delle parrocchie e nel 2008 anche da uno studio campionario dell‟IRS (Istituto Regionale di Ricerca Sociale ) che si è svolto nelle provincie di Milano e Brescia. Negli ultimi anni, a causa della crisi economica, si è osservato una costante crescita della presenza di donne italiane che, espulse dal mondo produttivo hanno trovato in questo lavoro una nuova possibilità di impiego, si stima che nella nostra Provincia il 10% delle assistenti familiari siano italiane . 5.4.2 - Il rapporto tra l’assistente familiare e la famiglia I paesi di provenienza delle assistenti familiari sono molto diversi tra loro culturalmente ed economicamente, oltre il 66% arriva dall‟ Est Europa, Ucraina, Romania, Polonia e Moldavia, il resto proviene dall‟America latina rappresentata dalla Bolivia paese d‟origine del 27%. Ognuno di 66
questi contesti culturali porta con sé una propria visione dell‟anziano, dei doveri della famiglia nei suoi confronti e del ruolo di assistente familiare, valori che rendono più o meno facile la scelta delle famiglie. Con le donne dell‟Est la sintonia sembra più agevole, sono efficienti, organizzate, autonome e di solito disponibili a lavorare molto, i loro modelli di riferimento per quanto riguarda il rapporto con la persona anziana, la gestione dell‟assistenza e i lavori domestici sono molto vicini ai nostri. Per le boliviane e le sud americane quasi sempre l‟adattamento alle nostre modalità di governo della casa presenta, soprattutto per le nuove arrivate, qualche fatica e incertezza in più, ma nel contempo, con l‟anziano da assistere sono aiutate da pazienza e tolleranza. Generalmente per entrare in contatto con un‟ un‟assistente le famiglie ricorrono prima di tutto al passaparola (55,4%), gli altri canali informativi sono, nell‟ordine, le associazioni di volontariato, le parrocchie e le agenzie specializzate. Le famiglie non incontrano particolari difficoltà nell‟ affrontare le necessarie procedure di regolarizzazione, ma il 22% che segnala problemi li individua per primo nell‟espletamento delle pratiche burocratiche, nella comprensione linguistica e 11% nella preparazione professionale. 5.5 - I CENTRI DIURNI INTEGRATI (CDI) La normativa regionale precisa la natura e le caratteristiche dell‟unità d‟offerta del CDI per anziani come un servizio parte della rete dei servizi socio-sanitari per anziani con funzione intermedia tra l‟assistenza domiciliare e quella residenziale. E‟ pensato per accogliere durante il giorno, anziani che vivono al proprio domicilio e che presentano limitazioni dell‟autosufficienza, con necessità che superano la capacità del solo intervento domiciliare, ma che non richiedono ancora il ricovero in RSA. L‟obiettivo principale del CDI è quello di evitare o ritardare il ricovero in strutture residenziali, attraverso l‟offerta di prestazioni assistenziali, socializzanti, sanitarie, infermieristiche e riabilitative e insieme a queste interventi di sostegno e sollievo ai familiari impegnati nella cura. Tra le attività previste sono comprese: animazione e la socializzazione: attività occupazionali e di attivazione finalizzate al mantenimento e al recupero di capacità cognitive e relazionali; riabilitazione: fisioterapia individuale e di gruppo, ginnastica; assistenza alla persona, igiene e cura, assunzione dell‟alimentazione, supporto nelle attività di vita quotidiana; assistenza sanitaria: controlli sanitari periodici, prestazioni infermieristiche, educazione alla salute supervisione delle attività riabilitative. interventi di sostegno al contesto familiare o all‟assistente familiare: informazioni, sui servizi e sui comportamenti più adatti, educazione alla salute, formazione per il corretto utilizzo a domicilio dei presidi, ausili e procedure necessari a garantire sicurezza e adeguato supporto all‟autonomia residua. Il CDI è destinato a persone anziane con età superiore ai 65 anni affette da pluripatologie fra le quali anche la demenza che però non comporti gravi disturbi comportamentali, che siano in grado di raggiungere il servizio con un trasporto protetto, prive di un contesto familiare o con una famiglia impossibilitata a garantire cure complesse o troppo onerose.
67
5.5.1 - CDI IN PROVINCIA DI BERGAMO A dicembre del 2012 i CDI funzionanti in Provincia erano 29. Le informazioni e i dati di seguito riportati, aggiornati al 2010, si riferiscono a tutti i 23 centri esistenti nel 2008, anno in cui è stata avviata l‟indagine di cui si riportano alcuni esiti. Le informazioni relative agli ospiti riguardano le presenze medie relative ad un periodo di sei mesi. Tav. 52 - Provincia di Bergamo, CDI per anno di inizio dell’ attività* 1998 1999 1 anno inizio 1 *Fonte Provincia di Bergamo
2000 0
2001 4
2002 2
2003 4
2004 3
2005 1
2007 5
2008 2
oltre 6
totale 29
n° CDI 7
6
6
5
5
4
4
4
3
3 2
2 1
2
1
1
1 0
0 1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2007
2008
OLTRE
Il Progetto Obiettivo Anziani (POA) per il triennio 1995-1997, approvato dalla Giunta regionale nel marzo del 1995, prevedeva l‟avvio sperimentale di CDI quale servizio intermedio di “cerniera” tra l‟assistenza domiciliare e il ricovero in RSA. Nel 1996 con l‟assegnazione alle ASL e al comune di Milano dei finanziamenti per l‟attuazione del POA, la Regione fissava i requisiti per l‟autorizzazione al funzionamento. Le prime indicazioni regionali in materia, prevedevano che questi servizi venissero collocati all‟interno di strutture residenziali per anziani, e questo per evidenti ragioni di migliore e più razionale utilizzo di risorse già esistenti. La rete dei CDI nel territorio bergamasco si costruisce progressivamente a partire dal 1998, il primo CDI della provincia ad entrare in funzione nel 1998 è quello della RSA Santa Maria Ausiliatrice di Bergamo. Successivamente, a partire dal 2001 la Regione stabilisce che la collocazione può avvenire anche al di fuori di una RSA. Dei 23 CDI presi in esame, 16 si trovano all‟interno di una RSA e 7 in sedi esterne. Tav. 53 - Provincia di Bergamo, CDI per classificazione posti * autorizzati 558 n° posti *Fonte Provincia di Bergamo
accreditati 526
posti liberi 116
domande in lista d’attesa 63
Il fabbisogno di posti nei CDI è stabilito dalla Regione nella misura di un posto ogni 100 anziani con età superiore ai 75 anni
68
Tav. 54 - Provincia di Bergamo, CDI per tipologia posti * e domande in lista dâ&#x20AC;&#x2122;attesa* CDI numero 2 5+1
Bergamo Dalmine
Seriate 0 2 Grumello 2 Val Cavallina 1 Basso Sebino 1 Alto Sebino 4 Valle Seriana Alta V.S. e 2 Scalve Valle 0 Brembana 2 Valle Imagna 4 Isola Berg.sca 2 Treviglio 1 Romano L.do Totale 29 *Fonte Provincia di Bergamo
posti accreditati 60 110
fabbisogno posti 176,6 98,0
posti liberi
domande il lista dâ&#x20AC;&#x2122;attesa
29 1
1 18
0 40 28 0 20 98 37
48,3 30,0 33,3 24,3 31,0 91,0 42,2
0 7 10 0 3 17 22
0 0 15 0 0 10 4
0
0
46
0
0
70 105 60 10 723
30 95 60 0 578
43,3 94,3 87,5 56,6 902,4
15 0 3 0 107
0 14 0 0 62
posti autorizzati 60 145+ 20 Alzheimer 0 40 28 30 20 93 42
per
n° CDI 7
6
6 5
4
4
4 3
2
2
2 1
2
2 1
0
2
1
2 1
0
0
69
200 180 160 140 Posti accreditati
120 100
Fabbisogno
80
Posti liberi
60
Domande in lista d' attesa
40 20 0
Il confronto fra le variabili, fabbisogno, posti esistenti da un lato, presenza di posti liberi e domande in lista d‟attesa dall‟altro, richiama l‟attenzione su alcune situazioni particolari: l‟Ambito di Bergamo dove a fronte di una disponibilità di posti inferiore di quasi due terzi rispetto al fabbisogno si rilevano 29 posti liberi tutti concentrati nel CDI di Gorle. Nell‟Ambito di Dalmine con un numero di posti leggermente superiore al fabbisogno risultano 18 domande in lista d‟attesa, tutte presso il CDI di Ciserano. In Val Cavallina a fronte di una copertura del fabbisogno dell‟84,8% risultano 10 posti liberi, tutti nel CDI di Endine e 15 domande in lista d‟attesa tutte a Trescore. In Valle Seriana con una dotazione di posti appena superiore al fabbisogno esistono 17 posti liberi di cui 12 ad Albino, 4 a Ranica, 1 a Villa di Serio dove però ci sono anche10 domande il lista d‟attesa. Nell‟Alta Valle Seriana, fabbisogno e posti disponibili sono quasi in pari , i posti liberi rilevati sono 22 , dieci a Clusone e 12 a Schilpario. In Valle Imagna dove il fabbisogno appare ampiamente compensato dai posti disponibili esistono 15 posti liberi tutti ad Almenno San Salvatore. Nell‟Isola, fabbisogno e disponibilità coincidono , non ci sono posti liberi, ma 14 domande in lista d‟attesa di cui 8 a Ponte San Pietro e 6 a Capriate. Da sottolineare l‟assenza di CDI nell‟Ambito di Seriate e in quello della Valle Brembana dove peraltro l‟indice di vecchiaia è tra i più alti della provincia. Tav. 55 - Provincia di Bergamo, CDI per dimensioni capienza posti da 8 a 10 n° CDI 3 *fonte Provincia di Bergamo
da 11 a 20 5
da 21 a 30 13
da 31 a 40 2
Totale 23
Tav. 56 - Provincia di Bergamo, CDI per caratteristiche spazi esterni*
SI
dispone di spazi come - giardino coltivato - orto coltivato - spazio attrezzato per attività motorie - spazio verde per attività varie - altri spazi: terrazzo, cortile, grandi vasche per coltivazioni..
NO *Fonte Provincia di Bergamo
n° CDI 18 4 3 1 10 4 6
70
Tutti gli studi concordano nel sostenere che soggiornare all‟aperto , meglio se per svolgere attività fisica anche moderata, migliora la qualità della vita ad ogni età ed in modo particolare nell‟età avanzata. È dimostrato che stare all‟aperto in mezzo al verde anche per brevi periodi ha un effetto benefico sull‟umore, sul il funzionamento cognitivo e quello sensoriale. L‟attività fisica, come il semplice camminare, è in grado di incidere sul benessere complessivo poichè esiste una relazione diretta tra motricità, benessere psicologico, coordinamento e orientamento spazio temporale. Quasi tutti gli anziani dei nostri giorni vengono da una storia di contadini , di attività agricole svolte nel tempo libero dal lavoro della fabbrica a volte per svago, ma spesso per far fronte a necessità familiari. Ritrovare anche solo temporaneamente l‟opportunità di riprendere il contatto fisico con la terra, con i suoi ritmi e i suoi cambiamenti, può diventare un‟esperienza carica di senso, rasserenante, stimolante, terapeutica e nello stesso tempo di aiuto per riprendere il filo propria memoria e della propria identità. Nella gran parte dei centri gli ospiti soggiornano all‟aperto, in spazi opportunamente protetti e ombreggiati solo durante i mesi estivi. In alcune realtà, sempre durante l‟estate si consumano all‟aperto il pasto di mezzogiorno o la merenda pomeridiana. Tav. 57 - Provincia di Bergamo, CDI per locali dedicati esclusivamente ad usi particolari* n° CDI SI
dispone di locali dedicati per: - colloqui - accoglienza dei familiari - laboratori animativi - lavori / riunioni di piccoli gruppi - cure estetiche - altri locali: sale riposo, stanza multisensoriale..
NO *Fonte: Provincia di Bergamo
20 11 12 13 13 6 5 3
La presenza di spazi e locali destinati all‟accoglienza dei familiari, ai colloqui personali con gli ospiti, segnalano l‟attenzione verso bisogni legati alla sfera emotiva, a sentimenti che solo nell‟intimità di spazi riservati possono essere coltivati ed esprimersi liberamente. Alcuni centri, orientati a stabilire legami con il territorio, a mantenersi in collegamento con la vita della comunità in cui sono inseriti e a connotarsi come risorsa, ospitano nei propri locali servizi a disposizione di utenti esterni come patronati sindacali, gruppi di auto mutuo aiuto, corsi di formazione delle università per anziani, corsi di ginnastica dolce, Alzheimer cafè, associazioni di volontariato, ambulatori medici , presidi ASL, UVA, ecc. Tav. 58 - Provincia di Bergamo, CDI per periodo di funzionamento*
da lunedi a venerdi anche il sabato anche il sabato anche la domenica totale *Fonte: Provincia di Bergamo
n° CDI 18 1 3 1 23
orario giornaliero tra le 7 e le 20 tra le 7 e le 14 tra le 8 e le 20 tra le 9 e le 17,30
71
Mediamente i CDI funzionano tra le 9 e le 10 ore al giorno con una flessibilità di due ore negli orari di inizio e fine attività. L‟orario di funzionamento adottato dalla maggioranza dei centri sembra essere pensato proprio per anziani che possono ancora contare sull‟aiuto di familiari o sulla presenza di un‟assistente familiare, per il pasto serale, la preparazione al riposo notturno oppure che godono ancora di un discreto margine di autonomia per fare da soli. Tav. 59 - Provincia di Bergamo, CDI per numero ospiti presenti in media al giorno* fino a 10 5 numero CDI *Fonte Provincia di Bergamo
da 11 a 20 8
da 21 a 30 9
da 31 e oltre 1
Totale 23
Tav. 60 - Provincia di Bergamo, CDI per importo retta residenti e non residenti* residenti da 11 a 20 € 7
n° CDI retta minima n° CDI retta 3 massima *Fonte Provincia di Bergamo
da 21 a 30 € 15
da 31 a 40 € 1
non residenti da 11 a 20 € 7
da 21 a 30 € 14
da 31 a 40 € 2
19
1
1
20
2
81 persone ospiti ricevono dal comune di residenza un contributo economico per il pagamento della retta. In 6 centri le rette minima e massima, per residenti e non residenti risultano dello stesso importo. Tav. 61 - Provincia di Bergamo, CDI per numero ospiti e modalità di frequenza *
5 giorni 4 3 2 1 giorno da lunedì a sabato da lunedi a domenica totale *FonteProvincia di Bergamo
n° ospiti a tempo pieno 218 19 140 55 7 59 28 526
n° ospiti tempo parziale 18 1 1 1 0 1 22
Totale 236 19 141 53 7 59 28 548
Degli utenti presenti il 39,7% frequenta il centro a tempo pieno per 5 giorni la settimana, il 10,7% lo frequenta anche il sabato e il 5,1% anche la domenica, in questo ultimo caso gli utenti sono tutti quelli del CDI dedicato a malati di Alzheimer di Treviolo. La frequenza del CDI può essere modulata a seconda delle scelte o delle necessità della persona e dei familiari. Alcuni CDI propongono un tempo minimo di presenza, in modo da poter dare un senso più completo all‟esperienza, riservare uno spazio sufficiente per conoscere l‟ospite , creare le condizioni per un suo inserimento più agevole e soddisfacente favorito dalla crescita di relazioni significative con gli altri ospiti e gli operatori. Da notare che a volte i tempi di frequenza sono condizionati dall‟importo della retta o da come i familiari riescono ad organizzarsi per l‟assistenza.
72
5.5.2 - I servizi offerti La normativa regionale stabilisce dettagliatamente quali debbano essere le prestazioni sanitarie, assistenziali, riabilitative, socializzanti e alberghiere che ogni CDI è tenuto a garantire ai propri ospiti e ai familiari attraverso l‟intervento di operatori in possesso di specifiche qualifiche professionali. La molteplicità e variabilità dei bisogni degli anziani ospitati, hanno nel tempo sollecitato l‟introduzione di servizi e attività aggiuntivi di natura diversa, ad integrazione di quanto garantito dagli standard regionali. I centri che offrono prestazioni aggiuntive sono 14, la maggior parte di questi mette a disposizione più proposte che vanno dalle consulenze di specialisti, urologo, ginecologo, psichiatra, chirurgo, fisiatra, psicologo, assistente sociale ecc., alle cure estetiche come parrucchiere ed estetista, alle vacanze assistite, ai gruppi di auto mutuo aiuto, all‟Alzheimer Cafè, fino al servizio religioso e la terapia con animali. Sembra particolarmente interessante l‟offerta da parte di un centro, di ospitalità notturna temporanea. Per la partecipazione ai gruppi di auto mutuo aiuto, all‟Alzheimer Cafè e al servizio religioso e a volte anche per i servizi di estetista e parrucchiere se forniti da volontari, non viene richiesto alcun pagamento, negli altri casi vigono applicate tariffe concordate con il singolo professionista. In 7 centri una parte degli interventi è messa a disposizione a pagamento, anche a persone esterne, si tratta di corsi di educazione alla salute, di preparazione al ruolo di care giver, di ginnastica dolce e di cicli di fisioterapia. In alcuni centri sono disponibili anche per esterni, ma sempre a pagamento: bagno assistito, accesso alla mensa per il pranzo e la merenda e servizi infermieristici quali prelievi, controllo pressione arteriosa, medicazioni, ECG. Tav. 62 - Provincia di Bergamo, ospiti dei CDI per età e sesso* ≤ 59 60-64 22 14 maschi 11 femmine 9 totale 31 25 % 6,0 4,8 *Fonte Provincia di Bergamo
65-69 18 10 28 5,4
70-74 22 34 56 10,9
75-79 31 76 107 20,9
80-84 45 126 171 33,4
≥ 90 5 23 28 5,4
85-89 18 47 65 12,7
totale 175 336 511 100
% 34,2 65,8 100
126
140 120 100
76
80 60 40 20
34 22 9
14 11
18
22
MASCHI
47
45
FEMMMINE
31
23
18
10
5
0 ≤ 59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85-89
≥ 90
Tav. 63 - Provincia di Bergamo, CDI ospiti per stato civile e modalità di convivenza* soli 27 maschi 89 femmine 116 totale *Fonte Provincia di Bergamo
con assistente f. 9 39 48
con coniuge 119 66 185
con un figlio/a 35 168 203
190 362 552
73
Gli uomini che frequentano il CDI sono il 34,2% , nella maggior parte vivono con il coniuge e hanno un‟età compresa tra gli 80 e gli 84 anni. Le donne sono il 65,8%, in maggioranza vivono con un figlio o una figlia e hanno mediamente un‟età superiore a quella degli uomini. Tra gli ospiti dei CDI ,280 il 50,2% è affetto da forme di demenza certificate e tra queste, 155 pari al 28% sono i casi di Alzheimer. Dai dati emerge l‟immagine dell‟ ospite medio di un CDI: una donna che vive con un figlio o una figlia, di età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, frequentemente con disturbi cognitivi e che frequenta a tempo pieno per cinque giorni alla settimana. 5.5.3 - Inserimento di un nuovo ospite Le persone in età avanzata in genere presentano una diminuzione delle capacità di adattamento a situazioni nuove o stressanti, non sono in grado cioè di mobilitare con una certa rapidità, le risorse psicologiche necessarie ad elaborare strategie efficaci utili per appropriarsi della nuova realtà. Le intense emozioni di spaesamento di paura fino alla sofferenza, che si manifestano, possono rendere ancora più problematica la ricerca di un nuovo equilibrio con il contesto sconosciuto. Quando poi la tarda età si accompagna alla non autosufficienza e al decadimento cognitivo ogni modifica dell‟ambiente, dei ritmi e delle abitudini come dei rapporti personali, può diventare origine di una tale sofferenza da essere causa di ulteriori peggioramenti sia delle condizioni psicologiche che fisiche. Preparare e condurre con cura l‟ambientamento di un nuovo ospite al CDI, può sicuramente essere determinante per il suo equilibrio emotivo, la qualità della sua permanenza e per la serenità dei familiari. In 17 centri sono state pensate procedure per favorire l‟ inserimento positivo di un nuovo ospite, mentre in 6 non sono previste. I tempi stabiliti per questo percorso, vanno da un giorno a una settimana, ma in 4 centri non è fissato un termine preciso e ci si regola secondo le necessità individuali. La presenza di una persona di famiglia o dell‟assistente familiare è richiesta in 15 centri , tra questi 6 la prevedono solo per il primo giorno, 4 la richiedono per tutto il periodo previsto e invece 5 accettano che siano presenti quando possono. 5.5.4 - Partecipazione dei familiari alla gestione Sono previsti incontri collettivi con i familiari in 17 centri. I familiari sono convocati una volta l‟anno in 14 centri e due volte in 3. In nessuno dei centri sono attivi comitati di familiari o altre forme strutturate di partecipazione. In un centro si intende avviare a breve un percorso specifico di sensibilizzazione destinato ai familiari, per arrivare alla costituzione di un comitato familiari e ospiti. In tutti i casi la partecipazione alle riunioni è scarsa, i familiari prediligono il rapporto individuale con i singoli operatori o i vari responsabili. L‟interesse preminente si concentra in genere sulla situazione individuale piuttosto che sulle questioni di carattere collettivo o strutturali. I temi che generalmente vengono discussi dai pochi presenti agli incontri riguardano soprattutto aspetti amministrativi, le rette, gli adempimenti burocratici e in un caso l‟organizzazione di attività di tempo libero.
74
Tav. 64 - Provincia di Bergamo, CDI per presenza e tipo attività del volontariato n° CDI
SI
è prevista la presenza regolare di volontari per: - supporto all‟assistenza - accompagnamento nelle uscite - visite di cortesia e conversazione - conduzione di laboratori - collaborazione per attività di animazione
NO
22
7 18 17 12 18 1
*Fonte: Provincia di Bergamo
La legge quadro sul volontariato, n°266/91 determina l‟attività svolta da volontari come “quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l‟organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.” Gli elementi della gratuità , della solidarietà e della condivisione sono costitutivi dell‟agire volontario. Le grandi potenzialità presenti soprattutto nelle azioni semplici e concrete di persone e gruppi possono contribuire ad incrementare le risorse presenti in un servizio come il CDI e indirizzarle là dove la vita delle persone appare indebolita dalla non autosufficienza, dalla malattia, dal dolore. E‟ in questi casi che il bisogno, a volte difficile da comunicare, di ricevere attenzione e sostegno per se stessi, diventa una necessità vitale. Il contributo del volontariato, per mantenere questa sua specificità di risorsa destinata ai più fragili e che per sua natura sa arricchire di senso il fare e le relazioni, non può essere schiacciato e snaturato da supplenze che non gli spettano. L‟impegno dei gruppi e dei volontari che operano singolarmente, è una ricchezza che va sostenuta, nutrita e migliorata nelle competenze, per questo si riafferma la necessità di offrire loro occasioni formative ricorrenti per essere aiutati nel compito di accogliere il dolore e il peso della sofferenza. Per poter comunque stare bene con se stessi, apprendere a lavorare con gli altri per il gusto di costruire insieme, realizzare una crescita comune e insieme imparare a tradurre i valori in attività concrete. Nell‟arco di una settimana, nei 22 CDI dove sono presenti, si alternano circa 200 volontari per lo più donne e con un‟età che va dai 60 agli 80 anni. In maggioranza i volontari fanno parte di ad un‟associazione, il 40% è presente a titolo personale. Dedicano mediamente dalle 5 alle 10 ore settimanali, le donne si concentrano nelle attività di tipo assistenziale e nel supporto all‟animazione mentre gli uomini si impegnano volentieri anche in piccoli lavori di manutenzione. In 16 strutture su 22 la presenza dei volontari è coordinata da un operatore interno, in 10 casi si tratta di un educatore o animatore, nelle altre realtà il ruolo di coordinamento è assunto da figure professionali sanitarie.
75
Capitolo 6 UNO SGUARDO OLTRE I NOSTRI CONFINI: interventi per la domiciliarità e per l’ assistenza agli anziani non autosufficienti in alcuni paesi europei.* In Germania, con la riforma degli anni „90, l‟assistenza continuativa ai non autosufficienti si allinea ai criteri di funzionamento del welfare tedesco. Si passa dal modello ancora presente in molti paesi occidentali , in cui le spese per l‟assistenza ai non autosufficienti sono a carico dell‟utente o del comune di residenza nei casi di indigenza, ad una modalità in cui viene riconosciuto a tutti, il diritto all‟assistenza finanziato attraverso una assicurazione sociale obbligatoria a carico di tutti i potenziali utenti. L‟assistenza viene gestita dall‟assicurazione a cui il lavoratore è iscritto. L‟assicurazione è sovvenzionata mediante un prelievo stabilito per legge intorno all‟1,7% del reddito imponibile, ripartito tra lavoratori e datori di lavoro. I beneficiari sono persone residenti di qualsiasi età, con problemi di autonomia tali da impedire loro lo svolgimento di azioni quotidiane ricorrenti come: igiene personale, alimentazione, mobilità e cura dell‟ambiente domestico Gli interventi erogati sono modulati in base a tre livelli di necessità: 1) il bisogno si manifesta una volta al giorno per almeno due delle azioni quotidiane previste. 2) il bisogno si presenta almeno tre volte al giorno sempre in relazione ad almeno due delle di azioni quotidiane individuate. 3) il bisogno si manifesta in qualsiasi momento e per tutte le categorie. Tutti gli iscritti possono accedere alle prestazioni assistenziali, senza nessuna compartecipazione ai costi, ogni volta se ne verifichi la necessità e qualora questa si prolunghi per più di sei mesi. Il sistema assicurativo tedesco prevede sia contributi economici che interventi professionali a seconda dei servizi richiesti. Nel caso venisse scelta l‟assistenza in una struttura residenziale, l‟assicurazione di cura provvederà al pagamento dei costi dell‟assistenza generica e dell‟assistenza sanitaria mentre resteranno a carico dell‟assistito i soli costi alberghieri. Se invece viene richiesta l‟assistenza domiciliare si può scegliere o un trasferimento in denaro o prestazioni professionali o un mix tra le due forme, in modo da garantire al richiedente l‟intervento a lui più adatto. Gli importi dei trasferimenti in denaro sono determinati sulla base dei livelli di bisogno che vengono accertati e verificati da un medico o da un infermiere del servizio pubblico. I fornitori di prestazioni professionali sono quasi tutti privati e sono ammessi ad operare solo se hanno sottoscritto un contratto con un ente assicurativo che ha il compito di fissare il tipo di intervento, le modalità di attuazione e le relative tariffe. Anche il lavoro di cura informale prestato da familiari, amici o parenti, è sostenuto dal sistema assicurativo. Per questa categoria di soggetti è previsto il riconoscimento ai fini pensionistici dei tempi dedicati all‟assistenza se di durata superiore alle 14 settimane, corsi di formazione gratuiti, periodi di sollievo fino a 4 settimane nel corso dell‟anno, in questo caso l‟assistito può essere ricoverato in una struttura residenziale. A partire dagli anni „90 i servizi residenziali tedeschi per anziani con buoni margini di autonomia o gravemente non autosufficienti, sono affiancati da un considerevole numero di appartamenti adattati alle diverse necessità e che costituiscono concretamente un efficace strumento per evitare l‟istituzionalizzazione precoce o impropria.
76
La Francia, a partire dagli anni „70 ha avviato un graduale e lento processo di superamento della istituzionalizzazione degli anziani. L‟assistenza di lunga durata degli anziani non autosufficienti è finanziata dallo 0,1% dei contributi sociali versati alle casse pensioni e per una parte residuale dai diversi regimi obbligatori dell‟assicurazione di vecchiaia. Le risorse provenienti da queste fonti confluiscono in un fondo appositamente costituito. Da questo fondo provengono le risorse economiche per finanziare l‟assistenza degli anziani che vivono al proprio domicilio o presso una residenza protetta. Nel caso dell‟assistenza domiciliare il beneficiario può assumere direttamente la persona o le persone che lo assisteranno oppure rivolgersi ad agenzie o associazioni accreditate dallo stato. Nel 1980 è stato avviato il servizio di cure infermieristiche a domicilio che è organizzato in piccole unità operative con un‟infermiera coordinatrice e degli “aiutanti di cura” a cui è affidato il nursing domiciliare anche notturno. l‟attivazione di questo servizio ha portato alla creazione di 232.000 nuovi posti di lavoro per infermieri e aiutanti di cura. L‟assistenza domiciliare generica in Francia risale agli anni „50. A seconda del bisogno , offre due possibilità l‟ ”aide menagèré” (aiuto domestico) , la “garde a domicile” (assistenza domiciliare) e le “soins a domicile” (cure domiciliari), tutti i servizi hanno lo scopo di favorire il mantenimento delle persone anziane a domicilio ed eventualmente sostenerne il rientro a seguito di ricoveri per malattia o riabilitazione. L‟aide menagèré provvede principalmente a prestazioni di aiuto domestico e di assistenza generica alla persona mediamente per circa 21 ore mensili, il servizio di garde a domicile, risponde a situazioni di imprevista urgenza temporanea, non può essere protratto oltre i 6 mesi e può offrire la presenza di un operatore qualificato anche per 24 ore al giorno, mentre le soins a domicile provvede alle cure infermieristiche. La tendenza è quella di intensificare e differenziare l‟assistenza domiciliare per ridurre il rischio di un ricovero permanente in una struttura. Le forme di residenzialità si articolano seguendo e il criterio di assistere adeguatamente le persone non autosufficienti e di rispettare la scelta dell‟anziano di continuare a vivere nel proprio ambiente di vita per quanto possibile e nelle migliori condizioni di sicurezza possibili. Sono: Les maisons de retraite, assimilabili alle RSA, dove nelle sezioni di cure mediche ospitano prevalentemente anziani non autosufficienti; sono circa 5.700 con 700.000 ricoverati. Piccole “unità di vita” con non più di 20 posti, ispirate al modello di vita familiare, sono integrate nei quartieri, e collegate ai servizi domiciliari e di cura sanitaria, ospitano anziani con diversi gradi di non autosufficienza. Comunità “cantou” (angolo del focolare) per un massimo di 12 persone a gestione familiare per anziani dipendenti disorientati. Case albergo, “longement foyers” comprendono alloggi autonomi e servizi collettivi per anziani relativamente autonomi e sezioni di cure mediche per anziani con patologie stabilizzate. “Services de soins de longue durèe” (lungodegenze) si tratta di servizi medicalizzati, accolgono circa 77.000 persone totalmente non autosufficienti, sono collegati agli ospedali e hanno standard assistenziali che prevedono un rapporto di un operatore ogni due ospiti. Case appartamento, sono circa 2.800 con 153.00 posti, sono abitazioni autonome date in affitto, corredate da servizi che l‟ospite può o meno scegliere come la mensa comune, le pulizie, il cambio di biancheria. Vengono pagati a parte con il contributo della cassa “indennità familiare”. Sono assegnate ad anziani relativamente autosufficienti. 77
La Danimarca , dal primo gennaio 1988 per scelta politica ha stabilito di non costruire più RSA e case protette, di ristrutturare quelle esistenti, e di sostituirle gradualmente con residenze chiamate case per anziani e nursing home, strutture adattate anche ai bisogni di grandi anziani con problemi di non autosufficienza. Da allora sono stati incrementati notevolmente i servizi domiciliari sanitari e socio assistenziali e i centri diurni.
6.1 - I servizi socio assistenziali e sanitari I servizi socio assistenziali e sanitari sono gestiti direttamente dai comuni i quali stabiliscono gli standard di qualità ed efficienza che vengono controllati da un valutatore esterno. Le politiche assistenziali a favore degli anziani sono orientate, in ogni comune, dal Consiglio degli anziani alla cui elezione partecipano le persone con età superiore ai 60 anni, è un organismo che affianca la giunta e il Consiglio Comunale nelle decisioni che riguardano la vita degli anziani. I comuni provvedono direttamente al pagamento delle spese per i ricoveri e sempre tramite un valutatore esterno controllano la qualità e la durata delle prestazioni. Nel caso queste siano al di sotto degli standard concordati possono ridurre o escludere il pagamento. Le abitazioni per anziani, sono formate da alloggi singoli o gruppi di alloggi, generalmente ubicate nel quartiere dove l‟anziano ha vissuto, circondate da ampi spazi verdi e con terrazze arredate per le attività all‟aperto. Tutti gli alloggi sono dotati di bagno, di telesoccorso collegato ad una centrale operativa in grado di attivare i soccorsi, sono attrezzati di tecnologie domotiche, privi di barriere architettoniche, di dimensione tra i 45 e i 60 mq., arredati con mobili di proprietà dell‟ospite e corredati di servizi comuni come mensa a buffet, lavanderia, sale hobby e riabilitazione. Gli ospiti pagano un affitto stabilito dal comune il cui importo è calcolato in proporzione al reddito e, a parte, l‟eventuale uso dei servizi offerti. Le nursing home (case di cura), gestiscono anche l‟assistenza domiciliare, sono strutture simili alle abitazioni per anziani per dimensioni, organizzazione degli spazi, collocazione e attrezzatura domotica. Ogni ospite occupa un alloggio indipendente con angolo cottura e bagno, fornito degli ausili necessari allo spostamento e letto ortopedico. Il resto dell‟arredamento e le suppellettili sono di proprietà personale. La nursing home è fornita di mensa comune, lavanderia, laboratori, palestre per la riabilitazione, servizi che, a partire dagli anni ‟80, sono a disposizione anche per i non residenti. L‟ospite decide chi far entrare nel proprio alloggio, il livello e il ritmo delle pulizie, se e quando uscire all‟esterno, se provvedere personalmente alla preparazione dei pasti anche per eventuali ospiti, se utilizzare la mensa aperta tutto il giorno o consumare il pasto nel proprio appartamento, se ospitare un familiare o acquistare altri servizi disponibili che sono sempre a prezzi molto bassi. La retta, come per le case per anziani è stabilita dal comune e calcolata in base al reddito. I centri diurni comunali sono aperti alla popolazione in genere, sono gestiti da anziani volontari, ospitano, attività di doposcuola, iniziative per la conservazione della cultura locale e dei mestieri tradizionali, per la creatività, per il mantenimento delle capacità di anziani e disabili, per l‟apprendimento dell‟uso di internet e per iniziative di divertimento. Sono dotati di bar e sala da pranzo a buffet. L‟organizzazione e il coordinamento sono affidati a ergoterapisti e ad educatori.
78
Capitolo 7 COME VIVONO GLI ANZIANI nella società che cambia. Viviamo in una società che ha fatto del cambiamento sempre più rapido il suo valore chiave e nella quale funzionano e sono premiati gli individui dotati dell‟energia e delle competenze necessarie per mantenersi all‟interno di questo gioco. La velocità e il cambiamento non sopportano vincoli, tutto deve essere reso fluido, scorrevole, liquido. L‟esistenza diventa una sequenza di nuovi inizi, ciò che vale è il presente. In questa società caratterizzata da un‟apparente maggiore libertà, che sembra promettere ad ogni individuo una gamma più ampia di scelte, sono l‟incertezza e la preoccupazione i sentimenti con cui prima di tutti gli anziani devono fare i conti. In questi processi di trasformazione sempre più rapidi e regolati dai ritmi imposti dalla competizione individuale con i più forti, il mondo degli anziani sembra essere sempre di più esposto al rischio di esclusione. Sono i vecchi più deboli, privi di una rete sociale e relazionale significativa, senza strumenti culturali per capire, informarsi e tenere sotto controllo i cambiamenti, che sempre più soli si confrontano con le proprie fragilità e mancanze, a reagire con strategie di chiusura difensiva, cogliendo del cambiamento sociale gli elementi di minaccia, piuttosto che le opportunità. L‟uso di tecnologie informatiche e di internet come strumenti per conoscere e mantenersi all‟interno del mondo che cambia è ancora una modalità poco utilizzata per la grande maggioranza di chi oggi è anziano e con una bassa scolarizzazione, ma non sarà così per le prossime generazioni.
La psicologia definisce la paura come un malessere, un‟emozione primaria di difesa, una reazione fisiologica protettiva, provocata da una situazione percepita come pericolosa, un evento che può essere reale, imminente, anticipato dalla previsione, evocato dal ricordo o prodotto dalla fantasia. La funzione della paura è perciò adattativa, permette di attivare energie e nuove risorse che combinandosi consentono di creare le condizioni per superare un ostacolo, una situazione imprevista, una difficoltà. Provare paura, questo tipo di paura, significa poter disporre di potenzialità da mettere in gioco per affrontare la realtà, essere attivi, fiduciosi, ma anche attenti e vigili e in definitiva capaci di cercare spazi per crescere. Quando però la paura non ha un oggetto e viene vissuta senza possibilità di confronto e consolazione, acquista dimensioni e intensità insopportabili, talmente sproporzionate che invece di proteggere paralizza, rende succubi, o, al contrario, aggressivi e violenti.
79
Tav. 65 - Lombardia, anziani per età e utilizzo rete internet valori percentuali* ≥ 70
60-70 anni non dispone di un p.c. dispone della rete, ma non la usa la usa poco la usa spesso *Fonte: Censis
71
84,8
16,8 11,2 8,5
51 19,6 6,2
Sono soprattutto i giovani adulti maschi e femmine tra i 25 e i 44 anni a conoscere e ad usare internet, il 67% lo usa quotidianamente o più volte la settimana. Nella fascia d‟età tra i 45 e i 59 anni, internet è frequentato mediamente dal 44% , la presenza delle donne è inferiore di quasi 10 punti rispetto a quella dei coetanei maschi e se sono casalinghe si riduce al solo 10%. Siamo portati a considerare gli anziani e le nuove tecnologie come mondi lontani tra loro, ma internet non può essere considerato un campo riservato ai più giovani. Per vivere bene la propria esistenza occorre dare senso al tempo sia nella giovinezza che nella vecchiaia e internet può diventare, insieme ad altre occasioni di socializzazione, uno strumento utile per rimanere all‟interno dei cambiamenti anche se questo percorso può essere complicato e difficile. Offrire agli anziani occasioni per avvicinarsi al mondo dei nuovi media, imparare ad usare i loro linguaggi e le loro potenzialità, può tradursi in opportunità di partecipazione e conoscenza fino a ieri impensabili e inaspettate, ma può anche diventare un modo per colmare le distanze con le generazioni più giovani, per entrare nel loro mondo superando gli schemi tradizionali di trasmissione del sapere. Tav. 66 - Provincia di Bergamo, anziani per zona e modalità utilizzo internet, valori percentuali *
usa spesso internet usa mail e altri sistemi di comunicazione via internet *Fonte Censis
pianura
montagna
collina
Bergamo città
totale
12,0 7,2
10,0 5,7
14,0 7,4
21,0 12,6
12,0 6,8
Tav 67 - Provincia di Bergamo, anziani per preoccupazioni più diffuse, confronto 2002 – 2010, valori percentuali*
dipendere dai figli la morte la perdita del coniuge essere vittima di reati la situazione economica personale la solitudine una malattia invalidante nessuna preoccupazione
2002 3 19,8 43,4 16 16,7 26 59 38,5
2010 17,2 34,8 56,1 18,8 19,6 20,9 41,3 55,5
variazione + 14,2 + 15 +12,7 + 2,8 +2,9 -5,1 -17,7 +17
*Fonte Censis
Le preoccupazioni più diffuse, viste nella loro evoluzione temporale, sembrano concentrarsi principalmente su due temi: da un lato la solitudine segnalata dal timore di perdere il coniuge e, dall‟altro, dall‟apprensione per la non autosufficienza indicata dal timore di una malattia invalidante e dalla eventualità di dipendere dai figli. Il sostegno familiare si conferma per gli anziani la risorsa principale su cui contare in caso di necessità. 80
Tav. 68- Provincia di Bergamo, anziani per condizioni di vita, valori percentuali *
vivono soli non hanno amici di altre generazioni si occupano del proprio benessere non partecipano alla vita della comunità non fa parte di volontariato organizzato hanno un reddito adeguato sono assistiti dal coniuge non e‟ soddisfatto delle proprie condizioni di salute *Fonte Censis
femmine 45,2 30,7 55,0 32,0 58,4 70,0 36,0 33,3
maschi 16,5 16,4 74,0 48,8 41,8 79,0 67,0 28,5
90 80 70 60 50 40 30 20 10
FEMMINE
0
MASCHI
Sono le donne a soffrire di una maggiore fragilità soprattutto relazionale e perciò esposte, più dei coetanei, ai rischi dell‟isolamento in età avanzata. Il deficit di relazioni al di fuori del contesto familiare è provato anche dalla minore confidenza con le nuove tecnologie. Le donne anziane poi, si confermano protagoniste nella di cura dei familiari e quindi portate a concentrarsi dentro la casa e investire nelle relazioni familiari, ma quando tocca a loro avere bisogno sono meno aiutate. Nella fascia d‟età dai 75 anni e oltre le donne che dichiarano di stare male o molto male sono il 33,3% contro il 25,8% dei coetanei. Il tipo di valutazione delle proprie condizioni di salute è correlata sia all‟età che al livello di scolarizzazione. Le donne anziane bergamasche hanno mediamente una scolarizzazione più bassa di quella degli uomini. Tav. 69- Provincia di Bergamo, anziani in difficoltà da chi sono aiutati, valori percentuali* familiari, figli, parenti amici o vicini di casa parrocchia, volontariato servizi sociali comunali Nessuno *Fonte Censis
63,5 14,5 6,3 4.2 26,6
81
Tav. 70 - Provincia di Bergamo, da chi si sentono più lontani gli anziani, valori percentuali dai più giovani da una persona di un‟altra etnia da una persona di un‟altra classe sociale da una persona di un‟altra regione *Fonte Censis
18,3 8,3 6,3 4,3
7.1 – I giovani e anziani La diversità tra i due mondi sono scontate, esistono, vanno conosciute, analizzate affinchè non si trasformino in pregiudizi che impediscono la comunicazione e lo scambio reciproco. Il permanere di reciproche chiusure può condurre chi invecchia alla chiusura nell‟isolamento di un ghetto e chi è giovane a perdere il contatto con le proprie radici e gli insegnamenti dell‟esperienza. Tra giovani e anziani è sempre esistita una certa difficoltà a comunicare, ma in passato, quando i cambiamenti erano più lenti, i contesti sociali di lavoro e di vita si mantenevano pressoché inalterati nel tempo, la continuità rendeva il reciproco adattamento un cammino più facile. Il vecchio sapeva per esperienza quello che i più giovani non sapevano e dipendevano dalla sua conoscenza in molti campi, soprattutto nelle tecniche necessarie alla sopravvivenza.
Nella nostra società il rapporto si è capovolto, sono i giovani a sapere, le relazioni possono funzionare solo se ciascuno ha la possibilità di avvicinarsi all‟altro senza preconcetti, mettersi in gioco, confrontarsi. E‟ nella famiglia che si determinano le condizioni per l‟inclusione o l‟esclusione degli anziani e il riconoscimento al loro diritto di avere un posto come cittadini. Ma la famiglia, con tutte le sue fragilità e contraddizioni, non rappresenta più il luogo primario della socializzazione, non può essere considerata l‟unico o il principale territorio di incontro tra giovani e anziani, vanno pensati altri contesti, vanno valorizzate altre occasioni.
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Capitolo 8 LE BUONE PRATICHE: salute e socialità Associazione Giobbe, via Berizzi, 31 Bergamo
telefono: 3383563268
Scopi dell‟Associazione - Diffondere in collaborazione con enti, istituzioni, forze sociali la cultura della tutela, rispetto, cura e assistenza di persone fragili e anziane. Studio e messa a punto di buone pratiche in collaborazione costante con il mondo scientifico nazionale e internazionale. Progetto Giobbe: RSA senza dolore , offerta di corsi di formazione per operatori di RSA al fine di riconoscere, misurare e curare il dolore delle persone anziane e di coloro che non comunicano in modo tradizionale e successivamente dare corso ad incontri periodici per analisi di casi critici, discussione e programmazione di progetti di intervento individualizzati. Il progetto è stato elaborato con il contributo di un comitato di esperti in geriatria, in farmacologia e in organizzazione del lavoro. I temi principali affrontati nel percorso formativo sono: il dolore nel paziente anziano valutazione del dolore in base al grado di deterioramento cognitivo cura del dolore preparazione e applicazione del protocollo dolore, parametro vitale
Provincia di Bergamo Settore Istruzione, Formazione, Lavoro e Politiche Sociali – Via Fratelli Calvi, 10 - Bergamo Telefono 035. 387657 Progetto: terapie non farmacologiche dedicate a persone affette da demenza. Percorsi formativi per operatori e responsabili di RSA e CDI diretti all‟appredimento e alla sperimentazione di terapie complementari non farmacologiche e alla realizzazione di interventi di adattamento terapeutico dell‟ambiente interno ed esterno. L‟attività di formazione prevede oltre agli incontri di approfondimento teorico, la progettazione e la supervisione da parte del docente, di iniziative sperimentali quali: musicoterapia ambientale e ricettiva in cuffia individuale e condivisa allo scopo di favorire l‟orientamento temporale, le relazioni interpersonali, la memoria; doll terapy, uso terapeutico di bambole particolari. Il loro accudimento aiuta i malati ad attivare un canale di comunicazione delle proprie emozioni, questo facilita processi di memoria, migliora lo stato d‟animo, riduce disturbi di comportamento. 83
Paro foca robot, Paro è un peluche, assomiglia ad un cucciolo di foca, il suo corpo è coperto da pelo soffice e candido, è dotata di una rete sottocutanea di sensori che le consentono di reagire agli stimoli esterni come la voce o le carezze, con movimenti della testa, degli occhi o emettendo suoni. L‟uso di Paro aiuta le persone malate di Alzheimer a trovare tranquillità, interagire ed esprimere le proprie emozioni e a ridurre gli stati di agitazione. La sperimentazione di Paro è svolta in collaborazione con l‟Università di Siena dove a partire dal 2004 è in atto uno studio sulle esperienze. ALER via Mazzini,32 Bergamo Comune di Sarnico viale Roma, 54
telefono: 035259595 telefono: 035924111
Progetto: costruzione di alloggi per anziani. Gli appartamenti sono bilocali, composti da camera da letto, soggiorno – cucina e bagno, di 38-40 mq con doppio affaccio, distribuiti su un ballatoio per facilitare la socialità e gli scambi tra gli inquilini, sono privi di barriere architettoniche così come gli spazi esterni di pertinenza. AUSER via Corridoni, 42 Bergamo
telefono: 035303670
Progetto: Filo d’argento - telefono 800995988 numero verde gratuito Servizio di telefonia sociale è dedicato all‟ascolto delle persone anziane, fornisce loro una prima risposta alle richieste di informazioni sui servizi e sugli interventi presenti sul territorio di residenza e offre caso per caso, sostegno psicologico e sociale. Provincia di Bergamo Settore Istruzione, Formazione e Lavoro e Politiche Sociali
Centro per l’impiego via Pizzo Presolana, Bergamo
telefono: 035387741
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Progetto: occupazione e servizi alla persona Scopo del progetto è aiutare le famiglie impegnate nell‟assistenza di anziani non autosufficienti o di persone disabile, a reperire un assistente familiare non solo affidabile e preparato, ma anche adatto alle proprie esigenze. Il progetto comprende anche il supporto per l‟ espletamento delle pratiche burocratiche necessarie alla regolarizzazione del rapporto di lavoro. Il servizio offerto è gratuito. Tu Terza Università via Garibaldi, 3 Bergamo
telefono: 0353594370
Progetto: attività culturali per la terza età La Terza Università propone alle persone anziane una serie di corsi che si tengono a Bergamo, ma anche in molti paesi della provincia. I vari temi sono trattati da persone esperte della materia e spaziano dall‟informatica, ai gruppi di lettura, all‟attività fisica. Il sostegno delle Amministrazioni pubbliche consente di contenere il costo dell‟iscrizione. Fondazione don Carlo Zanoncello telefono: 0363906391
RSA Calcio (Bergamo) via G. Matteotti, 2 a
Progetto: video chiamate La RSA ha istituito al suo interno una postazione Skipe per consentire ai i propri ospiti di collegarsi in video chiamata con familiari ed amici. Il servizio ha lo scopo di rendere più frequenti e facili le comunicazioni e i rapporti dell‟anziano ricoverato, soprattutto se colpito da demenza, con persone a lui care. Fondazione Anni telefono: 036344063
Sereni
RSA
Treviglio
(Bergamo)
Piazzale
Ospedale,5
Progetto: Pet therapy
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Gli ospiti della RSA compresi i malati di Alzheimer, se lo desiderano, potranno giovarsi della compagnia di un cane appositamente addestrato e guidato da un operatore esperto di pet therapy. La vicinanza e il rapporto con animali suscita emozioni piacevoli, aiuta a contenere l‟ansia e stimola la persona anziana a mantenere viva l‟attenzione. Ambito territoriale di Seriate (Bergamo) Ufficio di Piano c/o Comune di Seriate, piazza Alebardi, 1 telefono 035304294 Progetto: Guida ai servizi per gli anziani e le loro famiglie L‟opuscolo è uno strumento semplice, pensato per aiutare gli anziani e le loro famiglie a conoscere e ad orientarsi tra le varie opportunità esistenti nel loro territorio. È distribuito gratuitamente ed è reperibile nelle sedi comunali. Contiene una serie di schede chiare e di facile lettura che illustrano tutti i servizi e le risorse socio assistenziali e socio sanitari presenti negli undici comuni che fanno parte dell‟ambito di Seriate. ASL di Bergamo, via Gallicciolli Bergamo
telefono 035385111
Progetto: promozione di stili di vita sana, gruppi di cammino (numero verde 800447722) I gruppi di cammino si costituiscono con lo scopo di provocare il cambiamento stabile di comportamenti collettivi per la prevenzione e il miglioramento di diverse patologie croniche presenti soprattutto negli anziani. Il gruppo inoltre favorisce relazioni e legami solidali tra le persone, contrasta l‟isolamento, aiuta a mantenersi attivi e a stare meglio. Comune di Albano S. Alessandro Piazza Caduti per la Patria, 1 Albano S. Alessandro (Bergamo) telefono 0354239210 Progetto: Casa Famiglia Il servizio accoglie durante il giorno anziani autosufficienti o con lievi limitazioni funzionali bisognosi di accudimento e socializzazione. Offre attività finalizzate a preservare e mantenere l‟autonomia della persona. Garantisce interventi di igiene e cura e la somministrazione dei pasti.
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