Tra il 1859 e il 1870 l’Italia riesce a conquistare l’indipendenza e a formare uno Stato unitario.
Catalano Biagio Dargenio Ruggiero Di Trani Nicola Paciolla Andrea
LE DOMANDE DELLA STORIA
In quale tempo? Nella seconda metà del secolo XIX. In quale spazio? In Italia Quali eventi? L’Italia diventa una nazione indipendente e unita in seguito a una serie di avvenimenti politici e militari che prendono il nome di Risorgimento.
Stampa satirica del XIX secolo
I PROTAGONISTI SULLA SCENA DEL TEMPO
L’Italia, una giovane nazione in cerca di libertà La donna coronata che simboleggia l’Italia (come possiamo dedurre dalla bandiera tricolore che porta su una spalla) tiene per il collo l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I. Già durante la Rivoluzione francese e la dominazione napoleonica si comincia a parlare di nazione italiana, ma è soprattutto a partire dagli anni Venti dell’Ottocento che questo sogno inizia a essere coltivato con passione. Molti intellettuali, ispirati dal Romanticismo, di dedicano a riscoprire la storia e le trazioni culturali dell’Italia e maturano la convinzione che il popolo italiano, da secoli sparso tra numerosi Stati e sottoposto al dominio di potenze straniere, sia ormai maturo per «risorgere», per tornare a essere libero.
I PROTAGONISTI SULLA SCENA DEL TEMPO
Francesco Giuseppe I, il tiranno imperatore L’impero austriaco, nella persona del suo monarca, Francesco Giuseppe I, è il principale ostacolo sul cammino dell’indipendenza italiana. A partire dal Congresso di Vienna occupa il Lombardo-Veneto, ma controlla indirettamente anche il Granducato di Toscana, il Ducato di Parma e Piacenza e il Ducato di Modena e Reggio. Inoltre, nel 182021 e nel 1831 l’Austria ha mandato il proprio esercito a reprimere i moti costituzionali scoppiati rispettivamente nel Regno delle Due Sicilie, nel Regno di Sardegna e nell’Italia centrale. La monarchia degli Asburgo, per la prontezza con cui ha soccorso i sovrani assoluti al potere nei diversi Stati della Penisola, è stata soprannominata «gendarme d’Italia». La lotta contro l’assolutismo e quella contro la dominazione straniera, quindi, sono strettamente intrecciate.
I PROTAGONISTI SULLA SCENA DEL TEMPO
I Savoia L’aquila sulla cui groppa vola L’Italia minaccia il cavallo dell’imperatore e lo mette in fuga. La corona sul suo capo e lo stemma che porta sul petto indicano che essa rappresenta la monarchia sabauda. Il governo di Torino, le persone dei sovrani sabaudi e l’esercito del Regno di Sardegna avranno un ruolo decisivo nella conquista dell’indipendenza italiana.
Le idee del Risorgimento
Mazzini e la Giovine Italia Nell’estate del 1831, il genovese Giuseppe Mazzini (18051872), che aveva fatto parte della Carboneria, la società segreta attiva durante le insurrezioni del 1820-21 e del 1831 fondò la Giovane Italia. Si trattava di una nuova organizzazione clandestina che sfidava apertamente sia i sovrani italiani sia l’impero austriaco.
Le idee del Risorgimento
Unità, repubblica, indipendenza Il programma della Giovine Italia poteva essere riassunto in tre parole d’ordine: unità, repubblica e indipendenza. Questa organizzazione si proponeva di abbattere i governi della Penisola e di creare al loro posto un’unica repubblica, comprendente tutti i territori italiani e basata sul suffragio universale. Per Mazzini e per i suoi seguaci, nazione era sinonimo di repubblica, democrazia e sovranità popolare. Per ottenere tutto ciò era necessario cacciare gli austriaci cioè il governo degli Asburgo dall’Italia.
Insurrezioni e repressione Per realizzare questo ambizioso programma, i membri della Giovine Italia si affidarono a una strategia rischiosa. Fin dall’inizio degli anni Trenta organizzarono alcune sommosse in varie località italiane (nel 1833 e nel 1834 nel Regno di Sardegna, nel 1843 e nel 1845 nelle Legazioni pontificie), con la speranza che da queste nascesse un’insurrezione popolare generale contro le dinastie regnanti. Questi tentativi, però, furono scoperti e facilmente stroncati e ogni volta contro i mazziniani si abbatté la repressione dei governi italiani, con arresti, processi e condanne a morte.
Le idee del Risorgimento
I fratelli Bandiera
Attilio Bandiera
Nel 1844 la vicenda dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera (1810-1844; 18191844) suscitò molto scalpore. Erano due giovani nobili veneziani, ufficiali della marina austriaca e affiliati alla Giovine Italia. Con alcuni compagni, i due fratelli prepararono una spedizione nel Regno delle Due Sicilie. Sbarcarono in Calabria, convinti che il loro esempio sarebbe bastato a scatenare una rivolta contro i Borbone; ma la popolazione si disinteressò del loro arrivo ed essi furono catturati e fucilati dalle forze dell’ordine.
Emilio Bandiera
Le idee del Risorgimento
I fratelli Bandiera
La fucilazione dei fratelli Bandiera, dipinto del secolo XIX, che ritrae l’esecuzione dei due fratelli veneziani, avvenuta nel luglio del 1844.
Le idee del Risorgimento
Il fallimento dei mazziniani
Il problema maggiore fu che al progetto di una Italia unita, repubblicana e democratica a quell’epoca credevano realmente in pochi. Tra i mazziniani c’erano per lo più esponenti della piccola e media borghesia (studenti, piccoli commercianti, artigiani,…) e anche alcuni aristocratici. Essi invitavano il popolo alla rivolta, ma le loro idee tra la maggior parte della popolazione (prevalente composta da contadini) non trovavano ascolto.
Carta geografica dell’Italia risalente al 1800.
Le idee del Risorgimento
Democratici federalisti Accanto ai mazziniani, in Italia, c’erano altri sostenitori dell’indipendenza, della democrazia e della repubblica, come ad esempio il milanese Carlo Cattaneo (1801-1869). Egli, però, non era d’accordo con i mazziniani sulla questione dell’unità. Si augurava che ka nazione fosse liberata dal dominio degli stranieri e che gli Stati italiani, dopo essersi dati governi repubblicani, si unissero tra loro per formare una federazione, sull’esempio della Svizzera e degli Stati Uniti.
Carlo Cattaneo in una xilografia del 1887 di Edoardo Matania
Le idee del Risorgimento
Liberali: indipendenza, non unità
L’insofferenza per l’assolutismo dei regnati e per il controllo dell’Austria era diffusa anche tra i liberali. Essi appartenevano all’alta borghesia e all’aristocrazie ed erano assolutamente contrari ai progetti di Mazzini. In primo luogo i liberali – almeno fino al 1848 – aspiravano all’indipendenza dei vari Stati italiani, ma non all’unità; volevano, cioè, limitare l’invadenza dell’Impero austriaco negli affari italiani, ma non desideravano che gli Stati della Penisola scomparissero per lasciare il posto a un’unica nazione.
Un liberalismo antirepubblicano e antidemocratico
In secondo luogo essi non erano ostili alla monarchia, chiedevano unicamente ai rispettivi sovrani che i cittadini più ricchi e colti avessero la possibilità di partecipare alla vita politica e usufruissero delle libertà di pensiero, di stampa, di associazione. Si opponevano alla repubblica e alla democrazia perché temevano che esse, presto o tardi, avrebbero finito per scatenare la rivoluzione sociale.
I liberali condannano le insurrezioni
Inoltre i liberali criticavano le insurrezioni architettate dai mazziniani: queste provocavano morti inutili e irrigidivano la posizione dei sovrani di tutta Italia. Secondo loro, invece, bisogna dimostrare ai regnanti che soltanto emanando costituzioni liberali e respingendo il soffocante controllo austriaco i loro regni avrebbero potuto modernizzarsi e prosperare.
Le idee del Risorgimento
La diffusione del programma dei liberali
Nel corso degli anni Quaranta dell’Ottocento, soprattutto per merito dei piemontesi Cesare Balbo (1789-1853), Massimo d’Azeglio (1798-1866) e Vincenzo Gioberti (1801-1852), il programma dei liberali cominciò a riscuotere successo tra gli strati più elevati della società italiana. Balbo sosteneva che si potesse indurre l’Austria ad abbandonare il Lombardo-Veneto con le armi della diplomazia. D’Azeglio, invece, credeva possibile una guerra e pensava che, in quel caso, solo l’esercito piemontese sarebbe stato in grado di tener testa al potente impero nemico.
Stampa del secolo XIX che ritrae tre esponenti del liberalismo piemontese che furono a capo del governo di Torino: Vincenzo Gioberti, presidente del Consiglio dei ministri dal 1848 al 1849 (in alto), Massimo d’Azeglio, primo ministro dal 1849 al 1852 (a destra) e Cesare Baldo, primo ministro dal marzo al luglio 1848 (a sinistra). Raccolta Bertarelli, Milano
Le idee del Risorgimento
Gioberti e il neoguelfismo Gioberti era una abate e si ispirava al cattolicesimo liberale. Secondo il suo parere la presenza del papa a Roma e la sua autorità morale facevano degli italiani un popolo importante, un esempio di virtù spirituali per tutta l’Europa. Egli, perciò, per risollevare il destino della nazione, proponeva che si formasse una federazione di tutti gli Stati italiani, presieduta dal papa in persona e difesa, all’occorrenza, dalle truppe sabaude. A questa particolare forma di cattolicesimo liberale fu dato il nome di neoguelfismo.
Le idee del Risorgimento
Pio IX, un papa «liberale» Nel 1846 sembrò che le idee di Gioberti stessero per trasformarsi in realtà. In quell’anno fu eletto papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1792-1878). Appena salito al soglio pontificio, decretò un’amnistia che rimise in libertà i prigionieri politici e si mostrò disposto a concedere alcune caute riforme. Egli divenne allora un simbolo e una speranza per tutti i liberali italiani. Il pontefice era un punto di riferimento spirituale, per i principi italiani, più importante ancora dell’imperatore austriaco; perciò, se era propenso ad addolcire l’assolutismo in vigore nel proprio regno, perché gli altri sovrani della Penisola non avrebbero potuto fare altrettanto?
glossario
amnistia è un provvedimento di clemenza che mette fine alla pena inflitta a chi ha commesso un determinato reato.
Le idee del Risorgimento
1846-1848: una stagione di riforme In effetti, tra il 1846 e il 1848, anche il granduca di Toscana Leopoldo II (1835-1909) e il re di Sardegna Carlo Alberto (1798-1849) introdussero alcune riforme che stavano a cuore ai sudditi liberali. Inoltre, avviarono con il papa alcune trattative per dare vita a una lega doganale che aveva lo scopo di migliore i rapporti commerciali fra i tre Stati.
glossario
lega doganale è l’unione di vari Stati indipendenti i quali, considerandosi un unico territorio dal punto di vista doganale, aboliscono i dazi all’interno di questo.
Leopoldo II
Le idee del Risorgimento
Dimostrazioni a Firenze per ringraziare Leopoldo II delle riforme accordate nel settembre del 1846. Il granduca confermava con questa iniziativa «liberale» quello stile di governo aperto alla riforma dello Stato che aveva caratterizzato la sua dinastia (gli Asburgo-Lorena) già nel corso del XVIII secolo. Sopravvissuta alla Rivoluzione francese e al dominio napoleonico, la dinastia si era comunque irrigidita su posizioni conservatrici, riuscendo solo raramente a sottrarsi al pesante controllo dei «cugini» austriaci, che consideravano la Toscana quasi una dipendenza della corte di Vienna.
1848-1849
Costituzioni liberali L’insurrezione scoppiata nel gennaio 1848 a Palermo spinse Ferdinando II di Borbone a concedere la costituzione. Carlo Alberto, Leopoldo II e Pio IX, seguiti dagli altri sovrani, anche se a malincuore, nei mesi successivi scelsero di fare lo stesso, per accontentare le richieste sempre più pressanti dei propri sudditi.
Dipinto del XIX secolo, La barca dell’indipendenza, nel quale sono raffigurati Pio IX e Carlo Alberto che salvano l’Italia dalla tempesta: in molte città della Penisola si tennero manifestazioni in onore del papa «liberale» e molti pensarono che Pio IX avrebbe potuto guidare il Risorgimento italiano.
1848-1849
Lo Statuto albertino La costituzione emanata da Carlo Alberto nel febbraio del 1848 passò alla storia con il nome di Statuto albertino. Come la carta costituzionale francese del 1814, fu concesso per un atto di grazia del sovrano. Esso stabiliva che il potere legislativo fosse esercitato dal sovrano e dal parlamento, suddiviso in due Camere: il Senato, i cui membri erano nominati dal sovrano e la Camera dei deputati, composta da rappresentanti eletti dai cittadini. Godevano del diritto di voto gli uomini adulti che avevano un certo livello di istruzione e di ricchezza: in tutto circa il 2% della popolazione. Il cattolicesimo era riconosciuto come religione ufficiale dello Stato, ma anche ai sudditi che praticavano un credo diverso (ebrei e valdesi) venivano assicurati i diritti civili e politici e la possibilità di accedere agli impieghi pubblici.
Il Re mentre firma lo Statuto
1848-1849
Lo Statuto albertino Proponiamo alcuni articoli significativi. Art. 2 – Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il trono è ereditario secondo la Legge Salica. Art. 3 – Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato e quella dei Deputati. Art. 4 – La persona del Re è sacra ed inviolabile. Art. 5 – Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il capo supremo dello Stato; comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra, fa i trattati di pace, d’alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che importassero un onere alle finanze o variazioni di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l’assenso delle Camere. Art. 6 – Il Re nomina tutte le cariche dello Stato, e fa i decreti e regolamenti necessari per l’esecuzione delle leggi senza sospenderne l’osservanza, o dispensarne. Art. 7 – Il Re solo sanziona le leggi e le promulga […].
1848-1849
Lo Statuto albertino «Dei diritti e dei doveri dei cittadini» Art. 24 – Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinnanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessibili alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinare dalle leggi. Art. 28 – La stampa è libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiera non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo. Art. 29 – Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia quando l’interesse pubblico, legalmente accertato, lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto od in parte, mediante una giusta indennità conformemente alle leggi.
1848-1849
I calcoli di Carlo Alberto
Le barricate al ponte di Porta romana durante le Cinque giornate del 1848 a Milano.
Nel mese di marzo 1848 la rivoluzione scoppiata a Venezia e le Cinque giornate di Milano costrinsero i sovrani italiani a prendere decisioni impreviste. Carlo Alberto, spinto dall’opinione pubblica del Regno che chiedeva di portare soccorso agli insorti, il 23 marzo 1848 dichiarò guerra all’Austria. Il conflitto era l’occasione propizia per cercare di cacciare gli stranieri dalla Penisola, ma il re sabaudo contava anche di ampliare il proprio regno nell’Italia settentrionale. Inoltre, l’insurrezione milanese era scoppiata sotto la guida dei democratici (tra di loro in prima fila c’era Cattaneo). A Venezia era stata proclamata una repubblica indipendente e l’idea che ne potesse nascere una seconda nei pressi del proprio regno non era gradita al re piemontese.
1848-1849
La Prima guerra d’indipendenza A Milano, intanto, si precipitarono Mazzini e i suoi seguaci e da più parti d’Italia giunsero battaglioni di volontari decisi a combattere per l’indipendenza della nazione. Anche il re delle Due Sicilie, il granduca toscano e il papa, sollecitati dall’opinione pubblica dei rispettivi Stati, inviarono truppe a sostegno della guerra d’indipendenza. In poco più di un mese, tuttavia, uno dopo l’altro, le ritirarono. Il Regno di Sardegna non faceva mistero di voler annettere il Lombardo-Veneto ed essi temevano che avrebbe acquistato un’eccessiva potenza. Il regno Lombardo-Veneto
1848-1849
La guerra La guerra, dopo alcune vittorie iniziali, fu condotta con molte incertezze. Gli austriaci, cacciati dai milanesi, si erano rifugiati nelle quattro fortezze di Mantova, Legnago, Peschiera e Verona (il cosiddetto Quadrilatero). Ben presto però ricevettero rinforzi da Vienna e nel luglio del 1848 sbaragliarono l’esercito piemontese a Custoza. Carlo Alberto firmò un armistizio e riportò le truppe in Piemonte, mentre gli austriaci tornarono a occupare Milano.
Il Quadrilatero
1848-1849
Democratici al potere in Toscana e a Roma
Pio IX
All’inizio del 1849 si verificò un nuovo colpo di scena: i democratici, infatti, si impadronirono del potere nel Granducato di Toscana e nello Stato della Chiesa. Nel gennaio del 1849 Pio IX fuggì da Roma e il mese successivo Leopoldo II lasciò Firenze. A Roma fu proclamata la repubblica, le redini del governo furono affidate a Mazzini e nella città confluirono patrioti democratici provenienti da tutta Italia.
Leopoldo II
1848-1849
La definitiva sconfitta del Piemonte Carlo Alberto a marzo rifiutò di accettare le condizioni di pace che l’Austria intendeva imporgli e le dichiarò nuovamente guerra. Questa volta l’avventura militare durò appena tre giorni: il 23 marzo 1849 l’esercito
piemontese fu battuto a Novara. Il re abdicò e lasciò il trono a suo figlio, Vittorio Emanuele II che trattò la pace con gli austriaci. Soldati piemontesi durante la battaglia di Novara, stampa del secolo XIX, Torino, Museo del Risorgimento.
1848-1849
L’Austria riporta l’ordine in Italia A questo punto le truppe austriache riuscirono agevolmente a riportare l’ordine nella Penisola. Nel corso della Primavera, repressero le rivolte scoppiate a Brescia e nell’Italia centrale in seguito alla notizia della ripresa della guerra austro-piemontese e intervennero in Toscana a riportare il granduca sul trono.
La fine della Repubblica romana Fu invece la Francia a mettere fine alla Repubblica romana. Carlo Luigi Napoleone Bonaparte era stato eletto alla guida della repubblica anche grazie ai voti dei cattolici, scandalizzati per l’affronto subìto dal papa. Il presidente francese per accontentarli inviò l’esercito nello Stato pontificio. La resistenza di Roma, guidata da Giuseppe Garibaldi, fu accanita, ma nel mese di luglio venne piegata.
Gli anni Cinquanta
1848-1849: un bilancio Testo
Gli anni Cinquanta
1848-1849: un bilancio Testo
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