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Annibale Carracci
Gli affreschi dimenticati
di Mario GaMbatesa
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Dal 17 novembre scorso al 5 febbraio 2023, le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma presentano, a Palazzo Barberini, la mostra “Annibale Carracci. Gli affreschi della cappella Herrera”. L’esposizione, a cura di Andrés Úbeda de los Cobos, vicedirettore del Museo del Prado, è organizzata con il Museo Nacional del Prado ed il Museu Nacional d’Art de Catalunya. La mostra riunisce il ciclo di affreschi ideato da Annibale Carracci per la decorazione della cappella di famiglia del banchiere spagnolo Juan Enriquez de Herrera, nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a Piazza Navona. La chiesa, edificata nel quattrocento, già dedicata a San Giacomo degli Spagnoli, era stata progettata forse da Bernardo Rossellino, ampliata da Alessandro VI Borgia e risistemata da Antonio da Sangal-
Quando nel XIX secolo la Cappella fu smantellata, gli affreschi infatti vennero staccati, arrotolati e poi portati nella chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli insieme alla pala d’altare: ma mentre la pala rimase lì, gli affreschi, trasferiti su tela, vennero spediti in Spagna nel 1850, tra Barcellona e Madrid e lì rimasero per quasi duecento anni. Il recente restauro ha permesso finalmente di affrontare la ricerca, approfondire gli studi e individuare in questo ciclo uno dei testi fondamentali per comprendere e definire al meglio, lo stile tardo del pittore emiliano. Annibale Carracci ricevette la commissione nei primi anni del Seicento, ideò l’intero ciclo dedicato al san-
ANNIBALE CARRACCI. Gli affreschi della Cappella Herrera
This exhibition brings together for the very first time the frescoes and altarpiece – a splendid cycle in its own right but, above all, a superb and hitherto little-known work by Annibale Carracci – that once formed the decoration of the Herrera Chapel in the church of San Giacomo degli Spagnoli in Rome. The church of San Giacomo degli Spagnoli in Piazza Navona was one of the Spanish nation’s most emblematic sites in Rome from the 15th to the 18th centuries. Castilian banker Juan Enríquez de Herrera (c. 1539 – 1610), a leading player in the international financial circles of his day, had a family chapel built in the church in 1602, entrusting its decoration to Annibale Carracci who had recently completed the frescoes in the Gallery in Palazzo Farnese with great success.
Carracci devised the decorative scheme and produced the cartoons for the frescoes, but from the outset he shared their execution with a painter in his circle named Francesco Albani. Some time between late 1604 and early 1605 Carracci was stricken by a serious illness which prevented him from carrying on the work and so Albani took charge of the project, albeit under Carracci’s watchful eye. The decoration of San Giacomo degli Spagnoli was dismantled in the early 19th century after decades of gradual neglect. The nineteen frescoes in the Herrera Chapel were removed between 1833 and 1836 and stored along with the altarpiece in Santa Maria in Monserrato, the other church in Rome associated with the Spanish royal house. Transferred onto canvas, the frescoes were shipped to Spain in 1850 and split between Barcelona and Madrid. Today, nine of them are in the Museu Nacional d’Art de Catalunya and seven in the Museo del Prado. The altarpiece remained in Santa Maria in Monserrato, while the whereabouts of three of the frescoes is uknown.
Recent restoration and cooperation between the Museo Nacional del Prado, the Museu Nacional d’Art de Cataluny and the Gallerie Nazionali di Arte Antica have now brought these outstanding paintings back into the limelight. The frescoes have been studied, understood and reassessed for the first time, after their dispersal and fragile condition – especially that of the paintings in Madrid – had condemned them to almost two centuries of oblivion. The surviving frescoes and the altarpiece have been brought together for the first time since 1833 in three exhibitions in Madrid, Barcelona and Rome respectively. The layout in Palazzo Barberini, however, is very different from that of the previous two exhibitions in that we have reconstructed the volume of the Herrera Chapel to enable visitors to grasp in its entirety this decorative scheme conceived by Annibale Carracci and executed by his closest associates. s l
BIANCOSCURO RIVISTA d’ARTE
I Macchiaioli A Trieste, i più importanti artisti dell’Ottocento di Vincenzo chetta
Siamo nella Firenze del 1855: si forma il gruppo dei Macchiaioli, nato per reazione all’inerzia concettuale e formale delle accademie. Il movimento macchiaiolo (appellativo dispregiativo in realtà) affermava la teoria della “macchia’’: macchie di colore, distinte, accostate o sovrapposte ad altre macchie di colore, erano gli elementi costitutivi di piccoli quadretti di estrema sintesi. È a loro che è dedicata la mostra “I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna”, in scena a Museo Revoltella di Trieste fino al prossimo 10 aprile, promossa e organizzata da Comune di Trieste, Assessorato alle politiche della cultura e del turismo, Museo Revoltella e Arthemisia. La cura del progetto è di Tiziano Panconi, che in catalogo spiega le caratteristiche della pittura macchiaiola, come la particolarità della Scuola di Piagentina: “Un’ampia serie di luminosissime tavolette di piccole dimensioni dipinte en plein air costituisce la prova più emblematica del lessico empirico macchiaiolo.
[…] Nella seconda metà degli anni sessanta, nacque la cosiddetta Scuola di Piagentina. Qui le forzature chiaroscurali venivano sorprendentemente meno, aprendosi a tonali- tà più tenui, di pacato intimismo, recuperando in questo ufficio l’amore per l’interno di gusto borghese, di estrazione olandese o comunque nordeuropea, ma soprattutto ispirato alla vita reale, al convivio quieto della gente comune considerata non sempre nei momenti di maggiore responsabilità civile o di specificità sociale.”
Attraverso un corpus di oltre 80 opere altamente significative del movimento, rappresentando gli
Sotto: Vincenzo Cabianca
Acquaiole della Spezia 1864, olio su tela, 60x127 cm. Collezione privata Courtesy Butterfly Institute Fine Art, Galleria d’arte, Lugano
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Boldini a Palazzo Mazzetti
Il mito della Belle Époque
“Con la mostra “Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque”, Asti ospita una straordinaria esposizione di respiro internazionale capace di raccontare l’arte di un artista che ha saputo esprimere la bel- lezza della sua epoca, riproducendo l’ambiente sociale in cui è vissuto e ha lavorato, e celebrando l’eleganza dell’élite. Attraverso una notevole selezione di dipinti si può ripercorrere la vicenda artistica del ferrarese Boldini e di altri celebri pittori italiani affermatisi a Parigi, città divenuta un grande laboratorio let- terario e artistico”, così il Sindaco della città di Asti, Maurizio Rasero, introduce la mostra ospitata a Palazzo Mazzetti dal 26 novembre scorso: “Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque”. Con il contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Mi-
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