VENERDÌ 31 MARZO 2006
LA REPUBBLICA 49
DIARIO DI
A UN ANNO DALLA MORTE DI GIOVANNI PAOLO II Il bilancio di un pontificato fuori dal trionfo mediatico e dall’emotività
Che cosa resta di un pontefice che ha vissuto tra rivoluzione e conservazione Miami, 1987, un enorme ritratto di Giovanni Paolo II
uando nel 1978 Karol Wojtyla fu eletto papa, la Chiesa cattolica stava attraversando una crisi profonda, sia interna, conseguenza dei contrasti del post concilio, sia esterna, sotto l’incalzare dei processi secolarizzanti che, soprattutto in Europa, ne minacciavano l’esistenza. Oggi, essa sembra trionfalmente in crescita: i cattolici, dai circa 756 milioni del 1978, hanno superato ampiamente il miliardo, con aumenti notevoli in Africa e nelle Americhe, oltre che in Corea del sud. Le minacce allora più pericolose, il comunismo ateo e la secolarizzazione, sono scomparse o sembrano esorcizzate. Il sogno di un’Europa (cristiana) aperta ai paesi dell’Est, non è più impossibile. Non sarebbe difficile allungare l’elenco di questi cambiamenti radicali, che hanno investito anche la Chiesa cattolica e la roccia incrollabile su cui poggia, il papato. Essi riconducono a un interrogativo di fondo: rispetto alla Chiesa che il papa polacco si trovò a governare nel 1978, qual è oggi il volto della Chiesa, che egli ha contribuito in modo decisivo a plasmare? Un volto, si sarebbe tentati di rispondere, contraddittorio. Come un Giano bifronte, dopo 25 anni di monarchia assoluta, la Chiesa che Wojtyla ha consegnato al suo successore guarda a un passato lontano con un volto restauratore e nostalgico, dimentico, quando non le ha tradite, di speranze e attese promosse dal Concilio. Un volto, d’altro canto, controbilanciato dalle spinte di riforma, dalla capacità di guardare al futuro, confidando nella riuscita di un programma di nuova cristianizzazione che prima la caduta del muro e la fine dei comunismi, poi i processi di riunificazione europea sembrano favorire, quasi fossero iscritti in un piano provvidenziale; meglio, un piano globale di nuova evangelizzazione, incarnatosi negli innumerevoli viaggi del pontefice. Soltanto gli storici futuri saranno in grado di valutare se e fino a che punto questa reggenza di un quarto di secolo abbia risposto a un progetto consapevole e sistematico o, piuttosto, le linee di fondo del programma wojtiliano siano emerse soprattutto in risposta alle sfide che la storia di volta in volta proponeva. Quel che oggi si può affermare con un certo grado di plausibilità è il debito profondo che il romano pontefice Giovanni Paolo II ha nei confronti del giovane polacco Karol Wojtyla. In quei duri anni egli sembra aver attinto indicazioni fondamentali per il suo pontificato: ridare vigore e presenza pubblica alla Chiesa universale e non più solo polacca; ricondurre l’Europa alle sue radici cristiane; lottare contro la licenza capitalistica con la stessa decisione con cui aveva lottato contro il totalitarismo comunista; restituire all’uomo, dovunque, la sua piena dignità troppo spesso conculcata. Non secondaria è la parte che questa sua esperienza gio-
WOJTYLA L’eredità di un papa globale GIOVANNI FILORAMO vanile ha recitato anche negli aspetti restaurativi del suo pontificato, che trovano una possibile spiegazione biografica proprio nel fatto che a lungo egli non ha dovuto confrontarsi direttamente con le sfide del nichilismo moderno, come dimostrano la centralità di una pietà popolare che ruota intorno al culto di Maria, il restringimento
pericoloso degli spazi di libera riflessione teologica, la difesa a oltranza della concezione tradizionale, post-tridentina, del sacerdozio. Il coesistere dialettico di questi due volti aiuta a comprendere la compresenza nel suo pontificato di aspetti a prima vista inconciliabili, non dovuti né al fatto che a una prima fase “pro-
MASSIMO CACCIARI
WOJTYLA
WOJTYLA viene da un’altra cultura, non viene da una cultura dialettica hegeliana, non viene dalla cultura del compromesso. Wojtyla afferma in modo drastico l’assolutezza del cristianesimo. Il cristianesimo non “tollera” le altre religioni, ma le riconosce come qualcosa di assolutamente distinto da sé, che per forza propria è in movimento verso la verità. E questa verità è la verità cristiana, non ce ne sono altre. Naturalmente, là dove la distanza era abissale, con il giudaismo ad esempio, questo tipo di riconoscimento crea l’effetto di una rappacificazione straordinaria. Là dove invece c’era già vicinanza, perché il cristianesimo è la base comune, come nella Chiesa ortodossa, Wojtyla fallisce. E fallisce necessariamente, perché lì non può affermare l’assolutezza del cristianesimo, che è già riconosciuta, ma deve affermare che l’unica interpretazione vera del cristianesimo è quella cattolica. Questo è uno dei grandi fallimenti di Wojtyla: non essere riuscito a raggiungere la “Terza Roma”, non essere riuscito a raggiungere Mosca, ed è inevitabile che sia così.
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Repubblica Nazionale 49 31/03/2006
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gressista” avrebbe fatto seguito una fase “tradizionalista”, né all’influsso, ritornato decisivo negli ultimi anni, della curia romana. La politica della santità promossa dal pontefice, infatti, per non portare che un esempio, è una costante di questo lungo pontificato, né le sue linee di fondo sono dovute a influssi di curia. Promuovendo un nume-
ro impressionante (spesso anonimo) di martiri, sovente legati all’espansione missionaria in Estremo Oriente, il papa ha volutamente sottolineato la centralità, a lui ben nota, della figura del martire nella Chiesa del Novecento, a partire dai martiri dei regimi comunisti, nel contempo aprendo scenari nuovi per l’evangelizzazione, sino a
oggi fallita, in quei paesi, a cominciare dalla situazione ancora oggi insoluta della Cina, che non a caso sembra al centro anche delle attenzioni evangelizzatrici di papa Ratzinger. Promovendo poi nello stesso tempo la santità di un papa controverso come Pio IX e di Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II ha, nel contempo, consolidato il volto più restauratore e quello più legato alla memoria del Concilio. Molte altre sono le scelte politiche di fondo del pontefice che presentano questa ambivalenza. Il papa del perdono e della riconciliazione, che ha fatto certo più di tutti gli altri pontefici per favorire concretamente il dialogo ecumenico con le altre chiese sorelle protestanti e ortodosse, è anche il papa che, col suo culto mariano, con la promozione del Giubileo, con encicliche come quella sull’eucaristia, sembra aver creato un abisso che il suo successore avrà difficoltà a colmare. Il papa di Assisi, il primo papa ad aver varcato la soglia di una sinagoga e di una moschea, è anche il papa che ha avallato costituzioni, come la Dominus Jesus promossa da Ratzinger, che costituiscono un arretramento oggettivo rispetto ai documenti conciliari: anche qui un tema scottante che il nuovo papa non potrà non affrontare. Mentre criticava la società materialista, Wojtyla consacrava nel contempo la monarchia pontificia. Mentre si avvicinava alle folle, abbandonando l’immagine ierocratica dei suoi predecessori, contribuiva a fondare un neo costantinianesimo massmediatico, vincolando la Chiesa al nuovo potere globale di massa: né è un caso che papa Ratzinger abbia preso le distanze da queste scelte. Il successore di Pietro e cioè il garante di un istituto millenario, si è, in realtà, voluto successore di Paolo e cioè non tanto papa di governo, ma di un’evangelizzazione su scala globale. Il difensore della libertà dell’individuo e, in linea con il Concilio, dell’autonomia del profano, ha tentato di ridurre sempre più questa autonomia in campi decisivi come quelli dell’etica, a cominciare dai problemi connessi alla riproduzione. Non sarebbe difficile allungare l’elenco di queste contraddizioni, anche se risulta ben più difficile decidere se esse non sono altro che una conferma dell’inesauribile vitalità di un uomo straordinario, portato col suo amore per l’umanità a non escludere, ma a includere aspetti a prima vista inconciliabili, o, piuttosto, il frutto di una compresenza che riflette, in fondo, la tradizionale politica di accettare, in nome del bene finale (la “sintesi”), anche “tesi” a prima vista inconciliabili con la propria visione ierocratica del magistero: non è, in fondo, il cattolicesimo, quella complexio oppositorum, capace di abbracciare e comprendere nel proprio grembo tradizione e progresso, che ha trovato nella reggenza wojtiliana un’importante decisiva conferma?
DIARIO
50 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
LA VEGLIA, 31 MARZO-1 APRILE Nella notte in Piazza San Pietro si radunano oltre 70 mila persone. Wojtyla ringrazia i giovani: «Vi aspettavo, e siete venuti». Già la sera del 1 aprile il Papa perde conoscenza e inizia la sua agonia.
LA MORTE, 2 APRILE Alle 21,37 il Papa muore. Appresa la notizia la folla in Piazza San Pietro comincia a cantare, mentre sventolano bandiere di tutto il mondo. Prima di morire il Papa dice: «Lasciatemi andare»
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IL TRIONFO MEDIATICO, 8 APRILE Migliaia di persone accorrono per i funerali in piazza San Pietro. Novanta paesi sono collegati in diretta. Durante l’omelia il cardinale Ratzinger è interrotto quattordici volte dagli applausi
ANTICIPIAMO ALCUNE MISSIVE DI WOJTYLA INVIATE AL DIRETTORE DI UN SETTIMANALE
LE SUE LETTERE INEDITE A UN GIORNALE POLACCO GIAMPAOLO VISETTI
I LIBRI LUIGI ACCATTOLI Giovanni Paolo San Paolo 2006 RENZO ALLEGRI Il Papa di Fatima Mondadori 2006 JOHN CORNWELL Un Papa d’inverno Garzanti 2005 BERNARD LECOMTE Giovanni Paolo II. La biografia Baldini Castoldi Dalai 2005 GIOVANNI REALE Wojtyla. Un pellegrino dell’assoluto Bompiani 2005 ALAIN VIRCONDELET Giovanni Paolo II Lindau 2005 GEORGE WEIGEL Testimone della speranza Mondadori 2005 BENNY LAI I segreti del Vaticano Laterza 2004 DOMENICO DEL RIO Karol il grande San Paolo 2003 ANDREA RICCARDI Governo carismatico Mondadori 2003 GIAN FRANCO SVIDERCOSCHI Storia di Karol Ancora 2001 CARL BERNSTEIN, MARCO POLITI Sua Santità Giovanni Paolo II Rizzoli 1996
Cracovia more, dialogo, dissenso”. È questo il titolo dell’epistolario inedito tra Karol Wojtyla e Jerzy Turowicz, tra i più grandi amici del Papa e storico direttore del settimanale diocesano di Cracovia, Tygodnik Powszechny. Le lettere private tra Wojtyla e Turowicz, di cui pubblichiamo oggi i passaggi più importanti, saranno raccolte in un libro nei prossimi mesi. Sono custodite nell’Archivio Turowicz, curato dalla Fondazione a cui fa capo il giornale. In occasione dell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II, Tygodnik Powszechny anticipa oggi le prime undici. È un documento eccezionale, che copre oltre trent’anni di confidenza, confronto e lotta comune tra Wojtyla e il giornalista che mantenne viva la speranza di libertà nella Polonia comunista. Non si tratta solo delle uniche lettere inedite attualmente sottratte al riserbo del processo di canonizzazione di Giovanni Paolo II, che proprio oggi conclude la fase istruttoria a Cracovia. La corrispondenza tra Wojtyla e Turowicz, morto nel 1999, svela la tensione che già a partire dagli anni Sessanta scuoteva clandestinamente la Chiesa polacca. Il clero più illuminato si sentiva investito di un ruolo storico e politico straordinario, in prima linea nel formare una nuova coscienza civile, nel rappresentare un’alternativa di “vita umana” rispetto al totalitarismo sovietico che paralizzava i Paesi del Patto di Varsavia. E’ di questo che parlano i due amici di Cracovia tra il 1968, mentre a Praga l’Armata Rossa soffocava la “Primavera”, e l’estate del 1993, all’indomani del crollo del regime del generale Jaruzelski, della dissoluzione dell’impero sovietico e della nascita della democrazia in Polonia. Per esigenze di spazio, dell’epistolario pubblichiamo solo brani delle lettere di Wojtyla, scritte prima nelle vesti di giovanissimo cardinale di Cracovia, poi dal soglio pontificio. Il Papa affronta confidenzialmente i temi teologici sollevati dal Concilio Vaticano II, i problemi dei cristiani in Europa e nello spazio sovietico, la domanda di verità e di dignità che emergeva da un mondo ancora sottomesso ai relitti delle tragiche ideologie totalitarie del Novecento. Il neo cardinal Wojtyla, che nel 1964 a Cracovia ricordavano ancora operaio alla Solvay e parroco nei villaggi sui monti Tatra, al suo direttore del settimanale cattolico chiede però anche qualcosa di più di una riflessione: di non limitarsi a informare, a una funzione di «astratta e complice» testimonianza di fede come suggerito
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dalla censura comunista, ma di assumersi la responsabilità di «allevare attivamente» una generazione nuova, di «non abbandonare un popolo a cui viene chiesto di non credere nell’esistenza e nell’amore». È una domanda di sovversione ideale, il germoglio del «non abbiate paura» di Wojtyla. A sintetizzare l’invito alla «resistenza spirituale e culturale», il titolo del commento al-
l’epistolario, scritto da Adam Boniecki, pure amico fraterno del Papa e successore di Turowicz alla guida di Tygodnik Powszechny: “Giornale pericoloso”. È questo che il cardinal Wojtyla, che inviava al settimanale anche poesie e racconti, autorizza e difende da subito, sfidando la prudenza dell’episcopato conservatore di Varsavia. Ed è tale «informazione incrinatrice di certezze e solleva-
trice di dubbi» che Giovanni Paolo II, trent’anni dopo dal Vaticano, ancora sollecita alla sua redazione. Una missione profetica, in una Polonia dove la “generazione Wojtyla”, orfana del “suo Papa”, un anno dopo teme che «l’autenticità del messaggio teologico venga schiacciata dall’idolatria vuota di monumenti, album fotografici e sceneggiati televisivi».
PAPA WOJTYLA A destra, Giovanni Paolo II in un dipinto della pittrice russa Natalia Tsarkova; a sinistra, i francobolli delle Poste vaticane emessi per i 25 anni di pontificato di Papa Wojtyla
IL RINNOVAMENTO
PROGRESSISTI E INTEGRALISTI Cracovia, 7 marzo 1969
IL CONCILIO VATICANO II
UNA PEDAGOGIA PER LA FEDE Cracovia, 13 marzo 1968 l Concilio Vaticano II definisce in modo ampio il posto dei laici nella Chiesa e il Santo Padre Paolo VI, nell’enciclica Ecclesiam suam, conferisce un grande significato al dialogo interno alla Chiesa. Nell’idea del Papa questo dialogo deve essere — in senso ancora più stretto di qualunque altro — un dialogo di salvezza, deve servire a una maggiore comprensione della verità e a un autentico arricchimento della vita cristiana. Ne troviamo conferma nei documenti del I Sinodo dei Vescovi che si è tenuto a Roma nell’autunno dell’anno scorso. In questi documenti ritroviamo un principio di grande valore per stabilire la direzione dell’attività pubblicistica dei cattolici laici, ma anche per definire meglio la loro responsabilità in questo settore. Tale principio è legato all’idea e all’espressione di paedagogia fidei.
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a Chiesa del Vaticano II è la Chiesa del dialogo, nel quale ognuno degli orientamenti mira allo stesso scopo, e cioè al rinnovamento della Chiesa attraverso la realizzazione del Concilio. Ciò è emerso anche nel risultato finale delle votazioni sui singoli documenti. Ed emerge ancora da tutto il grande processo di realizzazione del Concilio. L’informazione che concentra la nostra attenzione soprattutto sulla lotta tra progressisti e integristi, come quella tra presunti partigiani del rinnovamento e presunti suoi oppositori, distoglie da ciò che è invece fondamentale per la comprensione del Concilio e la sua stessa realizzazione. Su questa via è possibile cedere alla deformazione della vera immagine del Concilio, il che non ne facilita neppure la realizzazione. È noto che la stampa mondiale ha in larghissima misura applicato al Concilio il criterio postconciliare di lotta tra progressisti e integristi. Da ciò non deriva però che quel criterio sia corretto o rispondente a verità. Si può e si deve dunque esigere dalla pubblicistica cattolica, impegnata nell’opera di realizzazione del Concilio, una parziale revisione di tale criterio. La cristianità apprezza molto le lotte per la giusta causa della verità e della giustizia, ma essa rappresenta in modo fermo il primato dell’amore. Il primato della lotta appartiene a un’altra visione del mondo.
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LA CHIESA
LA CRITICA È NEGATIVA Cracovia, 3 luglio 1969 a mia lettera di marzo nel suo nucleo fondamentale conteneva la richiesta di una partecipazione autentica alla realizzazione del Concilio, nel modo in cui tale realizzazione viene intesa e intrapresa dalla Chiesa, soprattutto da quella polacca. Il punto di partenza non può essere in questo caso la critica alla Chiesa, ma l’iniziazione, di cui ho provato, forse troppo approfonditamente, a chiarire il significato nella mia ultima lettera e in quelle precedenti. Senza un sufficiente apporto di iniziazione, senza uno sforzo teso a definire l’autentico senso del rinnovamento, la critica alla Chiesa non può svolgere una funzione positiva; e per questo è anche difficile scorgervi un vero amore per la Chiesa, al quale Lei si richiama nella lettera del 26 maggio. L’amore infatti non può esprimersi soprattutto nella critica. Da qualsiasi rapporto interpersonale sappiamo che la più fondamentale manifestazione d’amore non può essere la critica, ma l’approvazione.
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DIARIO
VENERDÌ 31 MARZO 2006
“SANTO SUBITO!” Nel corso delle esequie la folla grida “Santo subito”, chiedendo la sua canonizzazione immediata. Il processo può iniziare prima di cinque anni dalla morte
LA REPUBBLICA 51
BENEDETTO XVI, 19 APRILE Al quarto scrutinio del conclave è eletto pontefice il cardinale Ratzinger, che Wojtyla aveva nominato nel 1981 prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede
UN ANNO DOPO Il 26 marzo Benedetto XVI ha letto alcune frasi di un’omelia che Giovanni Paolo II avrebbe dovuto pronunciare il 3 aprile scorso, rivolta «all’umanità che talora sembra smarrita»
IL RUOLO DI GIOVANNI PAOLO II E LE DIFFERENZE DA BENEDETTO XVI
CONQUISTATORE DI FOLLE HA RILANCIATO IL PAPATO RENÉ GIRARD fondamentale l’eredità lasciata da Giovanni Paolo II, a partire dalle aperture determinate dal suo atteggiamento verso Israele e dal modo in cui si adoperò per provare ad arginare le guerre religiose nel mondo. C’è anche, naturalmente, una fortissima eredità politica, che consiste, com’è noto, nel suo contribuito alla caduta del comunismo. Determinanti poi, furono la sua presa di distanze dal capitalismo e la sua opposizione alla guerra in Iraq. Dopo la fine del comunismo si sono verificati eccessi di liberalismo estremo, che hanno prodotto situazioni abnormi nel grande capitalismo americano, come quella di Enron, il gigante statunitense dell’energia travolto dagli scandali finanziari. Giovanni Paolo II non poteva restare insensibile. Quanto alla guerra in Iraq, le sue critiche attirarono verso di lui molti giovani. Ho conosciuto vari neo-conservatori americani, sostenitori di Bush, molto cattolici, che furono terribilmente disturbati dall’atteggiamento del Papa, alla cui opinione, malgrado tutto, attribuivano un’enorme importanza. Ma quella che secondo me va segnalata, soprattutto, è un’eredità specifica, qualcosa di unico e originale, che riguarda il peso e l’identità del potere papale nel mondo: il valore che, grazie a Giovanni Paolo II, ha raggiunto il ruolo del Papa. Potere reale e concreto, potere politico nel senso di influenza sui governi, potere spirituale e conquista dell’appoggio dei media. Ovunque Giovanni Paolo II è riuscito a imporre la sua presenza e la sua mediazione, e tutti hanno trovato normale che giocasse questo ruolo. Ha dato un soffio d’ossigeno religioso al Papato e al suo prestigio. In un’epoca come la nostra, malata di un eccesso di mobilità, ma anche di grande immobilità su vari piani di pensiero, nel senso che è arduo smuovere le cose, è essenziale che il Papa abbia un’audience. Perciò Benedetto XVI ha ereditato una situazione profondamente modificata rispetto a quello che era lo stato della Chiesa alla morte di Paolo VI. Si ha l’impressione che il nuovo Papa abbia deciso di cambiare atteggiamento, di essere meno visibile e interventista, di non imporre la sua presenza come il suo predecessore, che appariva ben consapevole dei benefici prodotti dal sua carisma. Tutto ciò non riguarda il piano teologico, rispetto al quale c’è una fonda-
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I MEDIA
Repubblica Nazionale 51 31/03/2006
COME USIAMO GIORNALI E TV (segue dalla prima pagina) 18 marzo 1975 a Capitale Apostolica, il Concilio Vaticano II, infine l’ultimo Sinodo dei Vescovi dedicato all’evangelizzazione del mondo contemporaneo, esprimono questa esigenza e sottolineano inoltre il significato di questo problema. Gesù Cristo ha lasciato agli Apostoli l’incarico di annunciare il Vangelo. La Chiesa contemporanea ne trae la giusta conclusione, giacché cerca di far entrare la Parola di Dio nei mezzi di comunicazione, nella radio, nella televisione e nella stampa. Dalla sua nascita il Tygodnik Powszechny ha radunato cattolici laici nella sua attività redazionale e pubblicistica e dopo il 1956 è stato gestito da laici con la partecipazione di un consulente ecclesiastico. Sappiamo difatti che in questo periodo il Concilio Vaticano II ha conferito alla questione della laicità nella vita e nella missione della Chiesa una piena dimensione dottrinale e pastorale. Tra le molte possibilità, necessità e forme per un apostolato laico vi è anche quella al servizio della quale si trovano i mezzi sociali di comunicazione: l’apostolato della stampa cattolica e la partecipazione attiva nella formazione di una cultura cristiana. Nell’arco degli ultimi trent’anni il Tygodnik Powszechny è divenuto un luogo particolare per la peculiare prova di forza dei laici polacchi in questo campo così importante.
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EMANUELE SEVERINO
Wojtyla ha affermato che la fiducia nel patrimonio cristiano è la base su cui «si possono affrontare con lucidità i problemi del presente» Wojtyla il grande 2005
HANS KUNG
Giovanni Paolo II ha reagito al vuoto di senso del mondo indicando un orientamento. Ma non ha proposto soluzioni troppo semplici? Serve un pastore, non un Papa mediatico, Repubblica
TIMOTHY GARTON ASH
Giovanni Paolo II si sentiva smarrito nel mondo dopo l’11 settembre. Ma nessuno più di lui si è impegnato per sventare lo “scontro di civiltà” La preghiera per il leader mondiale, 2005
mentale continuità di pensiero. La sinistra aveva trasformato Ratzinger in una specie di dragone del conservatorismo. Ma sembra che adesso, per molti versi, Benedetto XVI stia deludendo i conservatori. In realtà lui non è cambiato: anche quand’era cardinale è sempre stato relativamente
progressista. Eppure s’era tracciato di lui un ritratto così spaventoso che i conservatori confidavano nell’insediamento di un Papa di estrema destra. Ora, però, Benedetto XVI pare voler dimostrare di non essere disposto a diventare uno strumento dei conservatori o dei progressisti.
Quanto a Giovanni Paolo II, penso che si mantenne sempre in linea con ciò che era divenuta la Chiesa dopo il Concilio. Ovvero: essere negli affari politici e sociali quand’è necessario, e al tempo stesso mantenere un atteggiamento democratico ed equilibrato; rappresentare un giusto mezzo, un pensiero moderato, in rapporto agli eccessi di sinistra e a quelli di destra. Quello che gli interessava era arrivare alle persone, toccarle nel profondo. Il suo pontificato si è svolto in un periodo di gravissima crisi, e lui capì che bisognava calarsi nel mondo, impressionare le folle. Per questo viaggiava di continuo e si mostrava ovunque. Aveva compreso la dinamica della modernità. Per molte ragioni, che conosciamo solo in parte, è evidente che Benedetto XVI non sta facendo e non farà la stessa cosa. Forse perché pensa che la sua personalità non lo permetta. Forse perché non ha il carisma né la bellezza fisica di Giovanni Paolo II, che utilizzò ogni sua risorsa mettendola al servizio del rilancio della Chiesa. Basta leggere l’enciclica di Benedetto XVI per capire la diversità del suo atteggiamento. Non c’è niente di spettacolare, e anzi una certa tristezza percorre il testo. È un’enciclica sull’amore. Non credo che Giovanni Paolo II avrebbe mai potuto scegliere quest’argomento per la sua prima enciclica. I veri cristiani si fidano di Ratzinger, che è un prete molto “classico”. Sanno che sul piano teologico non farà sciocchezze. Ma non è un conquistatore di folle come Giovanni Paolo II, che è stato Papa in un periodo terribilmente difficile per la Chiesa, in cui il modernismo ha raggiunto il culmine. Con l’esito di una diffusa anti-religiosità, del rifiuto di ogni dettame della Chiesa, della negazione di ogni disciplina. Si era convinti che tanti rigetti non avrebbero prodotto conseguenze. E invece eccole di fronte agli occhi di noi tutti, le conseguenze. Non ci sono più la stessa ricchezza né la stessa sicurezza, dilaga il terrorismo. Per questo il presente è più favorevole alla religiosità degli anni di Giovanni Paolo II, il quale invece si trovò a combattere su tutti i fronti per ottenere attenzione e plauso. Era un genio del rapporto col mondo. Bisogna risalire ai grandi Papi medioevali per trovare un Pontefice con una personalità altrettanto incisiva, sconvolgente e carismatica. (Testo raccolto da Leonetta Bentivoglio)
I DIARI ONLINE
GLI AUTORI
Tutti i numeri del “Diario” di Repubblica sono consultabili in Rete al sito www.repubblica.it, sezione “Cultura e spettacoli”, dove i lettori troveranno le pagine, comprensive delle illustrazioni, di questo strumento di approfondimento.
Il Sillabario di Massimo Cacciari è tratto da Wojtyla il grande: santo e oscurantista? (Micromega 2/2005 aprilemaggio). René Girard è storico e filosofo francese. Giovanni Filoramo insegna Storia delle religioni all’Università di Torino.
I LIBRI GIOVANNI PAOLO II L’amore non avrà mai fine Rizzoli 2006 Memoria e identità Rizzoli 2006 Amore e responsabilità Marietti 2005 Tutte le encicliche San Paolo Edizioni 2005 Aprite i vostri cuori Armenia 2005 Alzatevi, andiamo! Mondadori 2004 Varcare la soglia della speranza Mondadori 2004 (con Vittorio Messori) Metafisica della persona. Tutte le opere filosofiche Bompiani 2003 Trittico Romano Bompiani 2003 Karol Wojtyla. Tutte le opere letterarie Bompiani 2001 Persona e atto (1969) Bompiani 2001 Fides et ratio San Paolo Edizioni 2000 Alle donne San Paolo Edizioni 1995
Fondatore Eugenio Scalfari
ven 31 mar 2006
Anno 31 - Numero 75
Direttore Ezio Mauro
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(con L’ENCICLOPEDIA DELLE STRISCE “GUERRA” 9,10)
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venerdì 31 marzo 2006
Danimarca Kr.15; Egitto EP 15,50; Malta Cents 53; Marocco MDH 24; Norvegia Kr. 16; Polonia Pln 8,40; Regno Unito Lst. 1,30; Repubblica Ceca Kc 56; Slovacchia Skk 71; Slovenia Sit. 280; Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Tunisia TD 2; Ungheria Ft. 350; U.S.A $ 1.
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Il messaggio di Ratzinger agli europarlamentari del Ppe: famiglia, matrimonio ed educazione dei figli, valori che non possono essere messi in discussione
CON REPUBBLICA
IlPapa:intervenireèundirittodellaChiesa
Da domani il mondo degli animali Disney “Leopardi e lupi”
DIARIO
QUEI PRINCIPI NON NEGOZIABILI
Lettere inedite di Wojtyla “Usiamo i media per la fede”
PIETRO SCOPPOLA HE vi siano in politica principi non negoziabili, che vi sia cioè qualcosa, anche nella politica, che non è soggetto alla legge dello scambio, al “negozio” appunto, per il quale si dà una cosa in cambio di un’altra, è affermazione di grande rilievo culturale e morale e, a mio avviso, assai consolante. SEGUE A PAGINA 21 LA ROCCA, POLITI e ROSSO A PAGINA 9
Pubblichiamo l’epistolario inedito tra Karol Wojtyla e Jerzy Turowicz, amico fraterno di Giovanni Paolo II e direttore del settimanale diocesano di Cracovia
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KAROL WOJTYLA IVIAMO in un’epoca il cui volto viene tra l’altro modellato dai mezzi di comunicazione sociali. È un fatto scontato che la diffusione del pensiero cristiano e, ovviamente, la stessa evangelizzazione deve attingere a questi mezzi. SEGUE A PAGINA 50 FILORAMO, GIRARD e VISETTI ALLE PAGINE 49, 50 e 51
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Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI
Da domani Il mondo degli animali Disney, il 4° dvd “Leopardi e lupi”. A richiesta a 9,90 euro in più
Il Professore: mai parlato dell’aumento della pressione fiscale. La risposta del Cavaliere: “Gravissimo, deve chiarire”
LE IDEE
Prodi:“Delinquenzapolitica”
La macchia dell’Iraq sul governo di Blair
Sulle tasse attacco al Polo. Trimestrale: il deficit cresce al 3,8% Con An e Udc. Casini frena
Berlusconi: farò il partito del popolo
ROMA — E’ ancora scontro sulle tasse tra i poli. Prodi attacca: «Delinquenza politica degli avversari, mai parlato di aumento delle pressione fiscale». La replica del Cavaliere: «Gravissimo, chiarisca». Trimestrale: il deficit cresce al 3,8%. SERVIZI ALLE PAGINE 2, 3 e 4
TRA INSULTI E MENZOGNE
Liberata in Iraq la giornalista Carroll
Parla il nipote arrestato. Gli inquirenti scettici
L’Iran sfida l’Onu: niente ultimatum avanti con il nucleare
Pista satanica dietro la strage “ Era un sacrificio”
ALLE PAGINE 12 e 23
BALDESSARRO, SANSA e VIVIANO ALLE PAGINE 16 e 17
MASSIMO GIANNINI LLA fiera delle tasse non sempre vince chi la spara più grossa. Il Cavaliere che ha trionfato nel 2001 scimmiottando Bush il Vecchio e promettendo meno tasse per tutti, oggi, è l’ultimo che può dare lezioni. Berlusconi mente quando dice che ha risanato i conti, visto che la Trimestrale di cassa conferma lo sfondamento del deficit di altri 4 miliardi di euro (dal 3,5 al 3,8% del Pil). Mente quando dice che il suo governo ha ridotto la pressione fiscale dal 45 al 40,6%. SEGUE A PAGINA 21
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BEI A PAGINA 4
IL CASO
La via del plebiscito FILIPPO CECCARELLI IA del Plebiscito, numero 102. A pensarci bene, il “Partito del Popolo” annunciato ieri dal presidente Berlusconi sa di aggiornato e raddoppiatissimo populismo fin dall’indirizzo, o dalla sede sociale. Curiosi destini della toponomastica – e un po’ anche del potere, con le sue simboliche vicinanze. Dalle finestre di Palazzo Grazioli si vedono infatti le mura di Palazzo Venezia, dove Mussolini, già fondatore del “Popolo d’Italia”, diede forma a una moderna dittatura populista. La via che separa i due edifici è appunto intitolata al Plebiscito, che nella logica post-politica e televisiva del berlusconismo rappresenta la forma più autentica della democrazia. SEGUE A PAGINA 4
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TIMOTHY GARTON ASH
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UANDO Tony Blair lascerà l’incarico, ipotizziamo nel maggio 2007, i media mondiali traboccheranno di giudizi a caldo sull’eredità lasciata dal premier britannico in politica estera. Pare che Blair anticipi quel momento esprimendo la sua personale valutazione in tutta una serie di interventi di rilievo, a partire dalla conferenza sulla Gran Bretagna e l’Europa che ha tenuto al Centro di Studi Europei il mese scorso, proseguendo con una serie di non meno di tre interventi in tema di politica estera, di cui due tenuti negli ultimi quindici giorni a Londra e Canberra. Pur concludendosi con un programma di azione per il futuro, tutti questi discorsi presentano una forte componente retrospettiva, assolutoria e, a tratti, elegiaca, forse più intensa di quanto lo stesso Tony Blair realizzi. In realtà, con qualche variazione relativamente piccola potrebbero essere tenuti da un ex primo ministro al World Economic Forum di Davos, o in qualche altra tappa del circuito di conferenze dei vecchi statisti. SEGUE A PAGINA 20
IL PERSONAGGIO
Salvatore Traina: la mafia ha creato un fantasma per coprire i suoi nuovi affari
L’avvocato: Provenzano è morto Portata via in manette dalla sua casa a New York
Arrestata Naomi Campbell “Ha picchiato la sua colf” ALESSANDRA RETICO A PAGINA 32
ATTILIO BOLZONI ROMA ER MEè morto. Ed è morto anche da molti anni». Parla l’avvocato dell’imprendibile Bernardo Provenzano. Nel suo studio romano di piazzale Clodio, proprio davanti agli uffici giudiziari di Roma, Salvatore Traina lancia a sorpresa quella che lui stesso definisce «più di una sensazione», racconta che «fatti concreti non ne può rivelare ma solo perché legato al segreto professionale», aggiunge che il capo dei capi della mafia siciliana «per moltissimo tempo ha vissuto probabilmente anche fuori dall’Italia». SEGUE A PAGINA 19
«P
Bari, bocciato l’ultimo ricorso per il complesso immobiliare
Punta Perotti addio ecomostro da domenica verrà demolito GIOVANNI VALENTINI A PAGINA 31
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