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CONCESIO 100 anni di Assistenza pubblica
CONCESIO 100 anni di Assistenza pubblica
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„RSA DI CONCESIO‰ Assistenza e Solidarietà dal 1907
Un secolo di assistenza pubblica a Concesio, oltre un secolo di servizi alla prima infanzia ed agli anziani. Un commosso ringraziamento a Teresa Antonelli, illuminata da uno smisurato amore per l'umanità, che ha dedicato tutta una vita al servizio dei più bisognosi: bambini ed anziani. Un ringraziamento a tutte le Amministrazioni Comunali che si sono susseguite dal 1907 in poi: grazie per la partecipata dedizione al difficile compito ereditato dalla sig.ra Antonelli. Un grazie a tutti gli operatori che si sono adoperati per alleviare le sofferenze della parte più debole della nostra gente, anche attraversando le drammatiche turbolenze di ben due guerre mondiali. Grazie all'esercito di volontari che ha sostenuto, in silenzio, il lavoro degli operatori. Grazie a chi ha voluto, con tutte le forze, la costruzione della nuova Casa di Riposo, sostituendo l'ormai obsoleta struttura di via Sangervasio. Grazie a tutti coloro che, con le loro opere e la loro ostinazione, continuano a credere in un futuro intriso di solidarietà e di aiuto ai bisognosi.
il Presidente dell'Azienda Speciale „RSA di Concesio‰ Ignazio Pau
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Il Sindaco di Concesio
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presentazione assessore
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IL VOLONTARIO IN RSA Quando si prende in esame l'estrema complessità ed articolazione dei servizi assistenziali, fioriscono articolate statistiche di costi, utenti, quantità di prestazioni erogate, punti di forza, lamentele dell'utenza oltre alle immancabili prospettive di sviluppo con tanto di relazioni sulle azioni da intraprendere per migliorare la soddisfazione degli assistiti e l'efficienza della macchina organizzativa. In questo mare profondo di cifre, un attore che spesso sfugge alle mappature è il „volontario nelle RSA‰. Il volontario, si sa, non ha costi e ai nostri occhi, allenati alla palestra del moderno pensiero socio-economico, diventa trasparente. Ecco che allora, l'indagine sapientemente illustrata nel presente volume, ci fornisce uno speciale paio di occhiali che improvvisamente svelano davanti alla nostra vista una moltitudine di individui che opera gratuitamente al fianco degli operatori di settore. A questo „esame della vista‰ si sono sottoposte tutte le otto RSA della Valle Trompia. Il progetto „Volontario in RSA: raccontare e raccontarsi‰ nasce da un'idea delle case di riposo della Valle Trompia, in stretta sinergia con Comunità Montana della Valle Trompia, con l'intento di accendere i riflettori su un mondo poco conosciuto, quello del volontariato in rsa, e cercare di capirne l'incidenza sulla qualità del servizio erogato dalle case di riposo in Valle Trompia. Il lavoro di ricerca, dal 2005 fino al 2008 ha coinvolto molti operatori ed un gran numero di volontari. Il progetto è stato sostenuto economicamente da Comunità Montana della Valle Trompia a cui va un doveroso ringraziamento. Una ristretta equipé di lavoro ha condotto uno studio durato più di due anni, sotto il coordinamento del dr. Lionello Anelli, direttore della RSA di Pezzaze. La presentazione della ricerca è avvenuta qualche mese fa presso la sala consiliare di Comunità Montana della Valle Trompia, a chiusura del terzo ciclo formativo per volontari in RSA. Ebbene, quella giornata rimarrà nella storia della nostra valle come il momento in cui la comunità ha preso coscienza della realtà del volontariato in RSA. Un esercito di volontari lavora gratuitamente per 73.930* ore all'anno nel complesso delle 8 RSA della valle. Se si volesse attribuire un valore economico alle ore di lavoro regalate alla nostra comunità, dovremmo staccare un assegno da € 961.000,00*. Questa quantificazione, o se preferiamo materializzazione, dell'opera dei volontari acquista ancora più spessore se la raffrontiamo al fatturato complessivo delle 8 RSA della valle che ammonta a poco più di 20 milioni di euro*. Il lavoro di ricerca ha messo in risalto anche tanti altri aspetti della preziosa opera del volontario. Questa pubblicazione riporta un'esaustiva raccolta del materiale prodotto nei due anni di ricerca.
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In conclusione, una raccomandazione. Non lasciamoci abbagliare dalla ridondanza dei dati statisitci ed economici. Fare volontariato è molto di più che „far risparmiare‰. E' dono di sé agli altri. E' riconoscere nel bisogno e nella sofferenza un valore. E' prendere per mano qualcuno meno fortunato ed aiutarlo a rialzarsi, a riacquistare piena dignità. Non da ultimo, il volontario è la garanzia vivente della trasparenza di un'organizzazione di servizi. Infatti, non essendo al soldo di nessuno, il volontario è la coscienza critica di un'organizzazione, è un punto di riferimento con cui nessuno si può rifiutare di confrontarsi, sia esso erogatore o beneficiario di servizi.
Per l'ATI RSA della Valle Trompia Il Presidente dell'Ente Capofila Vincenzo Benedini * Valori riferiti all'anno 2006
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I LUOGHI DELLA VECCHIAIA: Il PANE ED IL CASTIGO Lionello Anelli
La vecchiaia come emarginazione
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a storia della vecchiaia è una storia più di separazione e di segregazione che non di integrazione e soccorso. I vecchi sono, e sono sempre stati, cittadini diversi. I trattamenti nei loro confronti, abbastanza ambivalenti, li hanno di volta in volta equiparati ai pazzi, ai mendicanti, ai malati infettivi. Per loro sono stati creati luoghi di accoglienza simili a ghetti, completamente separati dai luoghi di vita, dalle comunità. Ai pochi fortunati che hanno avuto la fortuna di essere accuditi amorevolmente dalle proprie famiglie o dai propri servi, perché agiati, si sono contrapposte intere legioni di derelitti dimenticati dalla storia, dai figli, dalle comunità di appartenenza. La storia della vecchiaia è una storia sostanzialmente di emarginazione. Simone de Beauvoir in un suo celebre saggio, divenuto ormai un classico della gerontologia1, descrive efficacemente la considerazione che lÊOccidente progredito ha sempre riservato alla senilità: una considerazione nulla che cela lÊidea di una vecchiaia intesa come una malattia; un rapporto diseguale tra società e vecchi che considera questi ultimi come persone non aventi le esigenze e gli stessi diritti degli altri membri della collettività. Gli anziani sono stati deliberatamente condannati alla miseria, ai tuguri, alle malattie, alla disperazione. DÊaltro canto ogni cultura in ogni tempo storico ha esaltato le virtù della giovinezza associando ad essa il vigore, lÊazione, la dinamicità. Impossibile non pensare, e la storia contemporanea purtroppo ci offre molteplici esempi, a tutto quel filone di retorica giovanilistica assai utilizzato a fini demagogici e propagandistici dai regimi totalitari, da quello fascista e nazista a quello maoista e via discorrendo. Possiamo volgere lo sguardo a ritroso nei secoli e constatare quanto sia stato difficile esaltare le virtù della vecchiaia. Le rappresentazioni culturali e religiose dei popoli antichi sono eloquenti. Presso i Romani il dio Marte non è solo il dio della guerra, ma anche della giovinezza e della primavera, virtù guerriere e vigore giovanile vanno di pari passo. Per i Greci la divinità che presiede alla vecchiaia è posta in un Olimpo inferiore costituito da tutta una schiera di divinità e semidivinità abbastanza terrificanti: troviamo la dea Notte, della quale lo stesso Zeus prova un sacro timore, generatrice di dolorose figure come la Morte (Moro o Kene o Tanàto), il Sonno (Ipnos), il Lamento (Oizys) e, non a caso e in buona compagnia, la Vecchiaia (Geràs). Il primo lamento di un vecchio di cui si ha memoria risale a quattro millenni e mezzo fa, è un gemito di dolore frammisto a nobile rassegnazione: ComÊè penosa la fine del vecchio! SÊindebolisce un poÊ per giorno; gli si abbassa la vista, gli orecchi diventano sordi; la forza declina; il cuore non ha riposo; la bocca diventa silenziosa, non parla più. Le sue facoltà intellettuali diminuiscono e gli diventa impossibile ricordare oggi ciò che è accaduto ieri. Tutte le sue ossa dolgono. Le occupazioni a cui si dedicava prima con piacere diventano faticose, e quel che aveva-
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Domenico Ghirlandaio (1449-1494) Ritratto di vecchio (s.d.). In questo bel ritratto del Ghirlandaio è presente la metafora del tempo che passa: il nonno (cioè il passato) guarda teneramente il nipotino (cioè il futuro). Il quadro è di un realismo notevole ed ispira buoni sentimenti. Ma non dimentichiamo che il committente di questo ritratto è persona ricca. La vecchiaia rappresentata, tra l’altro impietosamente se si notano i particolari delle escrescenze carnose sul volto del vecchio, è una vecchiaia di élite. È lecito supporre che questo anziano signore concluderà i suoi giorni nella sua bella magione attorniato dai servi.
no di piacevole sparisce. La vecchiaia è il peggiore malanno che possa affliggere un uomo2. Sono le parole di Ptah-Hotep, dignitario di corte del faraone Tzezi, scritte attorno al 2450 a.C.. Il lamento del vecchio scriba introduce nella sua affermazione finale un tema destinato ad avere un grande successo nei secoli a venire: la definizione della vecchiaia come un malanno, anzi, il peggiore malanno. Una concezione ripresa successivamente dai Romani, immortalata da Terenzio con il suo „senectus ipsa est morbus3‰ (la vecchiaia in sé è una malattia), che ritroveremo come motto nella scuola medica salernitana, e resa ancor più drammatica dallÊammonimento di Giovenale: „⁄ sed morte magis metuenda senectus4‰ (la vecchiaia è da temersi più della morte). La società romana teme la senescenza e tratta gli anziani duramente: solo lÊuomo nella sua età adulta è il vero motore della storia. Una cultura così connotata ha prodotto una sola opera apologetica sulla „terza età‰: il De senectute di Cicerone5. ˚ un fardello che ha pesato non poco sulla cultura occidentale. Presso la società medioevale nessuna data ufficiale segna lÊingresso nella „terza età‰, non esistono legislazioni previdenziali o età pensionabili: il vecchio diviene tale quando non è più in grado di svolgere la propria attività. Se il castellano può rimanere nella sua nobile magione fino alla fine dei suoi giorni, lo stesso non può dirsi del vecchio contadino che può contare solo sui suoi figli che non sempre sono teneri con le bocche inutili6. Gli ospizi che in età moderna nascono in tutta Europa per accogliere vecchi e diseredati pur muovendosi con chiari intenti di carità e soccorso non riescono ad evitare lÊapplicazione di misure custodialistico-repressive. La storia della vecchiaia è una storia di esclusione e di luoghi di esclusione. Il primo rapporto tra invecchiamento e società passa attraverso il sistema di valori che una comunità produce in un dato momento storico: „ogni società ha i vecchi che merita [⁄]. Ogni tipo di organizzazione socio-economica e culturale è responsabile del ruolo e dellÊimmagine dei vecchi. Ogni società secerne un modello ideale di uomo e lÊimmagine della vecchiaia, la sua svalutazione o valorizzazione, dipendono da questo7‰. Ne consegue che lÊOccidente, pur conservando una certa ambivalenza nei confronti della senescenza, sembra preferire la posizione gerontofòbica. In generale si può ragionevolmente supporre che la sorte dei vecchi dipenda dalla classe sociale di appartenenza ma, con alterne vicende, le società storiche occidentali non sembrano riservare loro particolari onori e privilegi. Nella società odierna prevale nei confronti dei vecchi l'indifferenza nonostante la retorica che popola le cronache dei giornali e della televisione. L'anziano ispira ripugnanza, non serve a niente, viene inferiorizzato. Può, tutt'al più, interessare ancora come consumatore e come elettore. Se lÊespressione artistica è lo specchio di una cultura, possiamo dire che il civilissimo Occidente non si è particolarmente prodigato nella rappresentazione reale e drammatica della „terza età‰. LÊarte occidentale sembra aver esplorato la vecchiaia, ma più come aspetto metaforico e simbolico che come reale condizione dellÊuomo. Così la scultura greca e romana ci restituisce non solo la perfezione dei corpi degli dei, dei guerrieri e degli atleti, ma anche il volto della vecchiaia intesa come metafora del tempo che passa; una sorta di
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Leonardo Da Vinci (1452-1519) Cinque caricature (1490). Le caricature leonardesche, forse è meglio parlare di ritratti accentuati, ritraggono volti grotteschi di vecchi anche se non manca mai nei suoi disegni lo sforzo di cogliere la psicologia dei personaggi.
riflessione sulla vita e sui suoi affanni. Non interessa la condizione dei vecchi, ma ciò che essi rappresentano: quel „tempus fugit‰ (il tempo fugge) che vediamo inciso sui quadranti delle antiche meridiane. Gli intellettuali rinascimentali pongono lÊuomo al centro dellÊuniverso come baricentro di una perfezione ideale dimentichi dei limiti stessi della natura umana e della vecchiaia in particolar modo. In realtà il Rinascimento sembra voler combattere la vecchiaia, mai come in questo periodo proliferano trattati ad essa dedicati. Cortigiani, artigiani e umanisti sembrano osteggiarla, in fondo essa esprime il limite ultimo contro il quale si infrange lÊutopia dellÊuomo ideale. Gli splendidi disegni di Leonardo, tutti volti ad indagare la natura nelle sue leggi e nei suoi misteri, si soffermano su alcuni volti di vecchi. I ritratti leonardeschi recano caratteri somatici fortemente accentuati, quasi caricaturali. La senescenza non è dunque solo un fenomeno da contrastare, reca in sé qualcosa di grottesco. Possiamo tuttÊal più soffermarci su ritratti, come quello del Ghirlandaio, che ritraggono un felice nonno abbracciato al nipotino: unÊicona serena, voluta da una committenza ricca ed anziana, che non indaga il dramma della condizione della senescenza. Ed è così per tanti altri ritratti: la vecchiaia, di volta in volta, simboleggia la santità, lÊausterità, la saggezza, lÊopulenza, lo scorrere del tempo. ˚ necessario arrivare a tempi più vicini ai nostri per trovare qualche ritratto di vecchio calato nella dimensione reale, nella drammaticità della solitudine e dellÊemarginazione. Sino alle soglie dellÊetà contemporanea la vecchiaia non è considerata una categoria sociale. Gli anziani hanno la possibilità di essere soccorsi dalla carità privata solo se indigenti e solo se moralmente non corrotti. Sembrano essere questi gli elementi discriminanti che muovono le attenzioni delle istituzioni filantropiche. Anche lÊatteggiamento verso i poveri muta ed il passaggio dal medioevo allÊetà moderna segna in ciò una profonda demarcazione etica e concettuale. Tramonta la figura del povero rispettabile, affermatasi in epoca medievale, e si afferma quella del falso povero, del mendicante ozioso, del truffatore miserabile, di colui che non ha voglia di lavorare, di colui che sceglie lÊespediente allÊoccupazione onorata. La povertà viene ora vista con occhi diversi: la mendicità diviene fenomeno quasi ostile, da controllare e, se possibile, da reprimere. ˚ un atteggiamento che però cela in sé anche la necessità di restringere i costi di intervento, sempre più rilevanti, nei confronti della povertà dilagante. Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento la sensibilità religiosa muta registro nei confronti della mendicità, ora il povero, ben lungi dal rappresentare lÊumiltà del Cristo, è un deviato che sceglie lÊaccattonaggio e non il lavoro: Questo mutamento culturale mutuato „dai ceti laici superiori‰, nonché sostenuto dagli scritti di grandi umanisti quali Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro, Jorge Luis Vives, condiviso nella sostanza dai protestanti come dai cattolici, fece sì che la gran massa dei poveri fosse divisa in due categorie: „vecchi e inabili‰, che dovevano essere rinchiusi in ospizi e ospedali, „otiosi‰ e vagabondi che dovevano essere obbligati a lavorare, pena la carcerazione, lÊespulsione dalla città, la frusta8. Tuttavia se da un lato vengono stigmatizzate la falsa mendicità e lÊozio, dallÊaltro non si può negare lÊesi-
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Leonardo Da Vinci (1452-1519) Studi caricaturali (1487-1490). Un vecchio ed un giovane si guardano. Il vecchio abbruttito dai segni del tempo; il giovane straordinariamente bello e con i tratti quasi femminei. Sotto un profilo squisitamente estetico la vecchiaia è vista in chiave negativa ed in fondo essa esprime il limite ultimo contro il quale si infrange l’utopia dell’uomo ideale. Gli splendidi disegni di Leonardo sembrano lì a dimostrarlo.
stenza di una reale povertà. Di conseguenza lÊatteggiamento prevalente diviene quello di concentrare ogni provvedimento sociale ed ogni intervento caritativo solo ed esclusivamente ai cosiddetti „poveri veri‰, coloro che non sono reputati potenziamente pericolosi per la collettività, coloro che meritano di essere effettivamente aiutati. Nei ranghi dei poveri meritevoli troviamo i malati, gli inabili a lavoro, gli invalidi, i vecchi, vedove e bambini abbandonati da donne nubili sulle quali grava il marchio dellÊinfamia. Il benefattore può salvare la propria anima solo se la sua carità è rivolta alle persone giuste, cioè ai poveri veri; compiuto il proprio dovere morale, il ricco ha aperta la via per conquistare la salvezza. ˚ in questo modo che si concilia il denaro, lo „sterco del diavolo‰, con la religione. Nella folta schiera dei miserabili prende forma una figura particolare: il povero vergognoso. La caratteristica della povertà vergognosa è quella di non riguardare i mendicanti oziosi o pericolosi, ma coloro che versano in condizioni di miseria per la concomitanza di situazioni disgraziate e sfavorevoli. Un tracollo improvviso, una malattia, una concomitanza di situazioni sfortunate trasformano individui ben inseriti, fino al momento della crisi, allÊinterno della società (aristocratici, artigiani, mercanti) in nuovi poveri. Proprio per lÊoriginaria collocazione sociale, questi nuovi poveri si vergognano di chiedere lÊelemosina o di pubblicizzare la loro miserevole condizione. Per loro la carità deve essere segreta e riservata. Il soccorso prestato ai poveri vergognosi diviene una sorta di atto solidale che le classi abbienti, dominanti nella scala sociale, riservano a coloro che una volta appartenevano ad esse stesse: una solidarietà tra simili in un rapporto simmetrico. La chiesa bene incarna il nuovo clima. ˚ da poco concluso il concilio tridentino quando Pio V, nel 1566, emana la bolla Cum primum, un provvedimento che proibisce lÊaccattonaggio nelle chiese, dove clero e fedeli non possono essere più disturbati dai lamenti dei mendicanti durante i riti religiosi. Ancora più energico è lÊintervento di Innocenzo XII che proprio con lÊemissione della bolla Ad exercitium pietatis, avvenuta il 20 maggio 1693, in continuità con gli interventi dei precedenti pontefici Pio V, Gregorio XIII e Sisto V, condanna risolutamente la „vita laxa‰ dei mendicanti errabondi capaci solo di importunare i fedeli: „Distractionis fidelium aÊ divinis officis ob importunes mendicatium quaerimonias9‰. Si rafforza lÊidea che lÊozio conduca alla vita parassitaria, lÊozio padre di tutti i vizi, vizi che irrimediabilmente allontanano dagli ideali evangelici: Quasi unitamente alla bolla papale furono diffusi alcun libelli che meglio spiegavano come ci si dovesse comportare con i mendici. In uno di essi si legge ‰Conviene esaminare se hanno lÊetà e le forze per guadagnare il pane ⁄ nel caso non bisogna stimarli come poveri ma mandarli a lavorare‰. Anche chi soffre mal caduco, febbre quartana, ovvero donna „gravida di sei o sette mesi„ può guadagnare una parte del nutrimento10. Tra la fine del Settecento e gli inizi dellÊOttocento prende avvio un processo di secolarizzazione della carità11 che in Italia durerà per tutto il XIX secolo mentre il dibattito su come intervenire a soccorso delle masse più deboli si sposta da un piano etico-intellettuale ad uno più squisitamente politico. La grande diatriba vede due opposti schieramenti: i fautori della carità privata e quelli della carità legale (cioè sostenitori di un intervento pubblico). Il dibattito verte dunque su una precisa scelta di metodo e di politica: se lasciare che la miseria sia soccorsa dalle filantropiche iniziative di gruppi laici ed ecclesiastici oppure scegliere di destinare finanze pubbliche ed interventi legislativi a tutela e sollievo dei ceti meno fortunati.
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Tra ordine pubblico e controllo sociale
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ella Francia post-rivoluzionaria prende le mosse assai presto il processo di secolarizzazione della carità complice il mutato clima ideologico e la volontà laico-accentratrice della nuova amministrazione. La Déclaration des droits del 1789 sancisce il diritto allÊassistenza che lo Stato deve riservare ad ogni cittadino. Nel 1798 le confraternite impegnate nellÊassistenza affidano la propria amministrazione alle municipalità e queste, a loro volta, rendono conto direttamente al Ministero dellÊinterno. LÊesperienza francese è importante poiché trasferirà in Italia il proprio assetto culturale ed istituzionale. ˚ infatti sotto la dominazione francese che in Italia viene organizzato un primo sistema caritativo pubblico poggiante su Bureaux di beneficenza aventi il compito di elargire aiuti a domicilio12, su strutture ospedaliere in grado di accogliere vecchi e poveri, su depositi di mendicità preposti ad ospitare mendicanti e vagabondi. Nel 1807 lÊattività delle Opere pie passa sotto la vigilanza del Ministero dellÊinterno il quale controlla ormai tutta lÊattività assistenziale. La presenza del Ministero quale supremo organo di gestione e controllo è fortemente correlata al persistere di una mentalità che ancora considera la povertà e la mendicità elementi di disturbo dellÊordine pubblico13. Sul quadro legislativo del periodo pesa ancora la tradizione e lÊimpostazione ideologica dellÊancien régime: „le norme, infatti, non fanno mai distinzione (o sono poco precise) tra intervento assistenziale rivolto agli anziani e intervento rivolto agli oziosi, vagabondi, accattoni, indigenti o ai poveri in genere14‰. Il crollo del potere napoleonico e la conseguente restaurazione frenano nel nostro paese lÊorientamento verso il soccorso pubblico. In Italia una prima presa di coscienza, seppur ancora generica, da parte delle autorità pubbliche riguardo al problema della „terza età‰ si ha con lÊintroduzione delle assicurazioni pensionistiche volute da Cavour15. Il diffondersi di fenomeni quali lÊurbanizzazione e il pauperismo, figli legittimi delle profonde trasformazioni socio-economiche introdotte dai primi fermenti di industrializzazione, costringono i governi pre-unitari a trovare nuove soluzioni ed a ipotizzare, visto che è ancora prematuro parlare di politiche sociali in senso stretto, politiche alternative di intervento assistenziale. Anche lÊamministrazione del Regno lombardo-veneto tiene desta lÊattenzione nei confronti dei problemi dellÊassistenza pubblica orientandosi allÊemanazione di disposizioni sempre più organiche. ˚ proprio sotto la dominazione austriaca che vengono soppresse le Congregazioni di carità, creazione dellÊamministrazione napoleonica, e sostituite con la Commissione generale di beneficenza. Nel 1825 viene esteso il controllo dellÊocchiuto governo austriaco su tutte le istituzioni di beneficenza ed istituita in ogni comune la Direzione elemosiniera. In realtà tra la legislazione napoleonica e quella lombardo-veneta vi sono più continuità che discontinuità. Sciogliendo le Congregazioni di carità ed istituendo gli Istituti elemosinieri, il governo austriaco non concede particolari aperture in senso autonomistico: sugli Istituti elemosinieri grava il peso di un controllo esercitato dalle Delegazioni provinciali e dal governo centrale, così come sulle
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Congregazioni di carità era gravato il peso del controllo operato dalle Prefetture e dai Ministeri italici. Verso la povertà continua a permanere un atteggiamento ambivalente che porta a reprimere, anche duramente, un fenomeno quale la mendicità considerato un delitto contro la pubblica moralità, un elemento corruttore di costumi, un figlio degenere dellÊozio. Il codice penale austriaco emanato il 27 maggio 185216 contempla negli articoli che vanno dal numero 517 al 521 pene e contravvenzioni in relazione ai reati di questua. Contro i mendicanti recidivi lÊarticolo 517 sancisce che: Le misure da prendersi contro la mendicità sono connesse con le istituzioni di soccorso pei poveri, ed in generale spettano alle attribuzioni della Polizia locale. Il mendicare diventa per lÊaltro una contravvenzione allorché, esistendo istituti a soccorso dellÊindigenza, taluno venga colto più volte in atto di mendicare, e dimostri così la sua inclinazione allÊozio e lÊinefficacia della già fattagli ammonizione o del primo castigo17. LÊarticolo successivo stabilisce la pena di una tale infrazione nellÊarresto da otto giorni ad un mese con possibilità di inasprimento „a misura dellÊincorregibilità del reo‰. Al suddito miserabile non resta che il ricorso alle istituzioni di accoglienza ed ai ricoveri, strutture asilari peraltro più vicine agli istituti correzionali che alle case di accoglienza come noi oggi le conosciamo. Essere nullatenenti è ancora un problema di ordine pubblico, una condizione di potenziale innesco di pericolosi fermenti e disordini. LÊaccattone è un diverso, un elemento instabile del tessuto sociale e le autorità pubbliche nutrono nei suoi confronti sospetto e disprezzo. Non meno repressive saranno le leggi adottate dal nascente Regno dÊItalia: il Testo Unico di Pubblica Sicurezza, approvato con Legge 13 novembre 1859, n. 2248, proibisce la mendicità salvo formale autorizzazione rilasciata dalle autorità municipali e documentata da apposita lastra che il mendicante deve portare appesa al petto. Vecchiaia, mendicità e povertà continuano ad essere aspetti del medesimo problema: i mendicanti sono spesso vecchi incapaci di provvedere a se stessi; nelle strutture di ricovero entrano quei vecchi, poveri e miserabili, che non possono avere assistenza dalle proprie famiglie, oppure sono abbandonati dalle famiglie di origine. ˚ unÊumanità emarginata e reietta, abbandonata non solo dalle famiglie, ma anche da ogni tipo di provvedimento legislativo sensibile alla loro condizione. Gli enti preposti dal canto loro, diversi per compiti, finalità e risorse, non sempre riescono ad affrontare i problemi della varia umanità che richiede soccorso e, quando lo fanno, spesso mostrano più lÊaspetto repressivo e custodialistico che non quello di puro soccorso filantropico. Se nel secolo dei Lumi assistiamo al tentativo di coniugare lÊidea di polizia e controllo sociale con unÊidea di filantropia e di bienfaisance nellÊottica di umanizzare il potere pubblico, nellÊOttocento sembra ormai affermata lÊidea che lo Stato debba intervenire in materia di assistenza. Ciò non vuol dire che vi sia lÊaffermazione generalizzata di un diritto soggettivo allÊassistenza, ma vi è la convinzione ormai diffusa che lo Stato debba avere un controllo ed un coordinamento delle istituzioni costituenti il sistema della beneficenza. Sulle pagine di un giornale di epoca austriaca, il ÿLombardo-VenetoŸ, appare a metà Ottocento un emblematico dibattito sulla beneficenza: Forse in niuna altra epoca della sua vita egli [il proletario] non ha maggiori diritti alla pubblica beneficenza; esso attende il compenso delle sue lunghe fatiche, dai copiosi sudori sparsi a prò della sua patria, e deÊ suoi simili. Le Case di ricovero e le Casse [sic]
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Albrecht Dürer (1471-1528) Ritratto della madre (1514). Dürer ci ha lasciato uno dei disegni tra i più intensi della pittura moderna. In questo ritratto non vi sono simbolismi: è semplicemente un figlio che ritrae la madre e lo fa con una bravura ed un tratto che sono eccezionali. È un ritratto che reca in sé una mestizia, una rassegnazione: è il ritratto della vera vecchiaia, quella vissuta dalla stragrande maggioranza di persone che non appartengono ai ceti dominanti. È un ritratto che diviene anche una fonte di informazioni molto preziosa: la donna ha la fronte rugosa, il viso magro, le guance infossate, una strana divergenza oculare, sul suo viso c’è la fatica ed il lavoro, ma questa donna non è particolarmente vecchia. Sappiamo infatti che Dürer ha ritratto la madre all’età di 63 anni. Sono le fattezze di una donna invecchiata precocemente dalla fatica dopo aver messo al mondo ben 18 figli. Dürer era il terzogenito. È il volto di un’anzianità precoce, quella dei ceti meno abbienti.
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Tra i vari compiti della Congregazione di carità vi era quello di assicurare la cura a domicilio dei malati poveri. La ditta Apollonio pubblica, attorno agli anni Ottanta dell’Ottocento, una piccola ed utile guida recante le tariffe dei principali medicinali e presidi chirurgici necessari all’assistenza medica domiciliare a favore dei cittadini indigenti. Questo piccolo prontuario era utilizzato dagli amministratori delle Congregazioni di carità (Archivio privato).
di ritiro completano allora lÊopera sociale, e il povero si muore benedicendo la società che gli prodigò le sue cure fino allÊutero materno, che lo educò alle arti con cui mangiare un pane onorato, che lo assistette nelle sue ultime infermità, e chiuse i suoi occhi con mano amorosa19. Il discorso, assai retorico come vuole la buona prosa del tempo, cela ancora un principio assai diffuso: parliamo di un diritto alla pubblica beneficenza prevalentemente, o esclusivamente, rivolto a coloro educati „alle arti con cui mangiare un pane onorato‰, in buona sostanza ai poveri veri. Rimane e permane, dunque, una discriminante di fondo tra coloro che sono rimasti nella miseria senza redenzione o per scelta e coloro, che pur nella miseria proletaria, hanno almeno una forma di riscatto. Ed è sostanzialmente per questi ultimi, i lavoratori anziani, che lÊanonimo autore invoca un sistema di beneficenza più coordinato ed efficiente: „noi guardiamo allÊavvenire e crediamo che vi possano essere mezzi idonei onde concentrare tutte queste Istituzioni in un solo sistema. [⁄] noi desideriamo anzi che particolarmente alcune tra queste ricevano il loro pieno sviluppo, ma sempre sulla base di una legge uniforme, costante, per la quale si mantenga quellÊaddentellato colle pie istituzioni generali20‰. Il dibattito generale sulla beneficenza entra nel vivo. In discussione non è più solo la natura di essa, se cioè debba essere pubblica o privata, ma si avverte lÊesigenza di un intervento dellÊautorità pubblica con funzione di coordinamento e tutela delle varie istituzioni di beneficenza. Le Opere pie, enti privati di tradizione secolare che elargiscono beneficenza e soccorso a una moltitudine di malati e derelitti, sono lÊossatura del sistema di soccorso che mantiene un carattere privatistico, cioè completamente svincolato dallÊintervento della finanza pubblica. Sono le Opere Pie, o Pii Luoghi, a gestire la variegata rete di strutture di accoglienza e ricovero: ospedali, manicomi, ospizi per vecchi e poveri, asili infantili, scuole agrarie, monti frumentari, brefotrofi ed altro ancora. Da più parti si invoca una razionalizzazione di tale sistema. Bisogna aspettare la nascita del Regno dÊItalia per addivenire ad un primo tentativo di riorganizzazione del settore. ˚ infatti con la Legge 3 agosto 1862, n. 75321, chiamata la „gran legge‰, che il settore assistenziale torna ad essere al centro dellÊattenzione istituzionale. LÊintento del legislatore è quello di unificare la normativa italiana sulle Opere pie emancipandole il più possibile dallÊingerenza governativa. La legge statuisce il disimpegno della finanza di stato nei confronti del soccorso pubblico. Nuove istituzioni denominate Congregazioni di carità, soppiantando i precedenti Istituti elemosinieri, sono istituite in ogni comune con il preciso scopo di gestire tutti gli interventi di soccorso ai poveri e di esercitare un coordinamento sullÊattività svolta dalle Opere pie. Il sistema assistenziale definito dalla legge del 1862 regge per circa trentÊanni, fino allÊultimo decennio dellÊOttocento, quando il mai sopito dibattito politico sullÊassistenza unito alla volontà di riaffermare la supremazia dello Stato anche nei confronti della chiesa ed al riemergere della „questione sociale‰ portano ad un nuovo traguardo normativo: Francesco Crispi inaugura, nel 1889, una riforma del settore assistenziale che trova il proprio fondamento nella Legge 17 luglio 1890, n. 6972 resa successivamente pienamente operativa con il varo dei regolamenti attuativi tramite il Regio Decreto 5 febbraio 1891, n. 99. In virtù di questo provvedimento le Opere Pie divengono Istituzioni Pubbliche di Beneficenza22, soggetti di diritto pubblico sui quali lo Stato può operare controlli patrimoniali. La ratio ultima della legge cerca di conciliare lÊin-
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teresse pubblico, inteso come la razionalizzazione ed economicità degli interventi assistenziali, con lÊinteresse privato inteso come la tutela della volontà dei fondatori delle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza. La legge impone lÊinquadramento sotto la forma giuridica di Istituzione Pubblica di Beneficenza nei confronti di qualunque ente che abbia „in tutto od in parte per fine: a) di prestare assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia; b) di procurarne lÊeducazione, lÊistruzione, lÊavviamento a qualche professione, arte o mestiere, od in qualsiasi altro modo il miglioramento morale ed economico23‰. Le Congregazioni di Carità comunali continuano a sussistere ed a perseguire i propri fini istituzionali, anzi il loro ruolo ne esce rafforzato poiché „può essere concentrata nelle Congregazioni di carità qualsiasi istituzione di [assistenza e] beneficenza esistente nel Comune, e particolarmente le istituzioni che non abbiano una rendita netta superiore a 20.000 lire, o che siano a beneficio degli abitanti di uno o più Comuni24‰. Il provvedimento legislativo crispino ignora il problema del ricovero degli anziani e la strutturale carenza di strutture di accoglienza ad essi dedicate: il governo si limita a consigliare alle istituzioni locali la presa in carico dei casi più gravi. Anche qui, come in altri provvedimenti precedenti, lÊesigenza primaria è quella di non impegnare finanze pubbliche nel settore assistenziale. La carità legale è ancora lontana; il legislatore non ritiene opportuno destinarle risorse per il timore poi di imporre nuove tasse per sovvenzionarla. La legge crispina getta la basi di un assetto giuridico ed istituzionale il quale, sia pure con alcune modifiche, ha retto fino ai primissimi anni del Duemila. Il progredire dellÊindustrializzazione, le trasformazioni in atto, i mutamenti di ritmi e consuetudini, soprattutto nei grandi centri urbani, iniziano a connotare la vecchiaia come un fenomeno sociale e demografico a cui prestare attenzione. La mano privata non è più sufficiente. Nel 1898, momento cruciale per le rivendicazioni politico-sociali25, è costituita la Cassa nazionale di previdenza per lÊinvalidità e la vecchiaia degli operai26. LÊimpegno pubblico è ancora lontano: la Cassa infatti è un ente autonomo. Ad essa possono iscriversi tutti gli operai e le associazioni mutualistiche. I risultati non sono confortanti poiché non esiste obbligo assicurativo, ma solo contributo volontario e le masse operaie non comprendono lÊutilità di una libera sottoscrizione. La previdenza volontaria è destinata al fallimento. Per i datori di lavoro lÊobbligo di finanziare la Cassa nazionale di previdenza si avrà solo con il D. Lgs 21 aprile 1919, n. 603. LÊattesa dunque durerà ancora ventÊanni. Intanto il fenomeno della vecchiaia, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, diviene sempre più oggetto sistematico di studi scientifici. I cambiamenti socio-economici e le nuove spinte demografiche pongono la senescenza al centro di analisi epidemiologiche, statistiche, biologiche e mediche. Gli inizi del nuovo secolo, il cosiddetto „periodo giolittiano‰, sono caratterizzati da un indirizzo di governo più liberale e progressista. I livelli di alta conflittualità sociale sembrano gradualmente smorzarsi. A far pressione sui governi per unÊestensione della legislazione sociale e previdenziale scendono in campo socialisti, cattolici, Confederazione Generale del Lavoro (C.G.d.L.), cooperative e società di mutuo soccorso. La grande guerra blocca improvvisamente e drammaticamente questo fronte di rivendicazione politica ma contribuisce, dopo la sua conclusione, a far esplodere contraddizioni e rivendicazioni ponendo lÊurgenza di soluzioni indifferibili. Con Decreto Luogotenenziale 21 aprile 1919, n. 603 il governo istituisce lÊassicurazione obbligatoria per lÊinvalidità e la vecchiaia. Il provvedimento è rivolto a tutti i lavoratori aventi unÊetà compresa tra i 15 ed i 65 anni. Alla contribuzione obbligatoria partecipano gli operai, i datori di lavoro e lo stato. Un traguardo importante è stato finalmente raggiunto. Il regime fascista introduce cambiamenti nel sistema previdenziale sancito dalla legge 603/1919 con un cammino legislativo che „porterà alla creazione di fondi autonomi, a trasformare trattamenti da integrativi a
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Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (I.N.F.P.S.) Domanda di assegno di natalità o di aborto (primissimi anni Quaranta). Alle iscritte presso la cassa I.N.F.P.S. era concesso richiedere l’assegno di natalità entro il termine di un anno dalla nascita del figlio mente l’assegno di aborto doveva essere richiesto entro trenta giorni dalla data dell’aborto. Il regime fascista costruisce tutta una serie di provvidenze a favore della maternità e dell’infanzia non dimostrando analoghe attenzioni nei confronti della terza età (Archivio privato).
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La legge istitutiva dell’E.C.A. (Legge 3 giugno 1937, n. 847) commentata su una piccola guida amministrativa pubblicata dalla ditta Apollonio di Brescia ad uso delle amministrazioni degli enti locali (Archivio del Sistema Archivistico di Valle Trompia).
La Legge Crispi ossia la Legge 17 luglio 1890 n. 6972, con il regolamento attuativo disposto dal Regio Decreto 5 febbraio 1891 n. 99, pubblicata su una piccola guida legislativa del 1901 (Archivio privato).
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sostitutivi aprendo la strada alla diversificazione e alla sperequazione categoriale28‰. La filosofia di fondo oscilla tra a ricerca di un consenso sociale e la necessità di controllare e limitare il pauperismo; ogni interessamento dello stato ubbidisce nuovamente a criteri di ordine pubblico e controllo sociale29. Il ruolo della carità privata è ancora incisivo e al di là della retorica populista di regime, il fascismo non sembra intenzionato ad operare clamorose rotture con il passato. Al concetto di „beneficenza‰ il regime affianca quello di „assistenza‰, ma per gli anziani non vi sono particolari vantaggi: La beneficenza si estrinseca nei confronti del povero attraverso soccorsi materiali e in un arco di tempo breve. LÊassistenza si concretizza nei confronti di un individuo che, invece, deve essere „recuperato‰ e si articola in vari modi e in un arco di tempo più lungo. A tale individuo viene richiesta una partecipazione attiva al suo „recupero‰, al miglioramento della propria condizione. LÊanziano non può più essere „recuperato‰ per cui usufruisce della beneficenza. Assistenza significa dar vita a forme „preventive di beneficenza‰; assistere „soggetti a rischio‰. Beneficenza significa dar vita a interventi „lenitivi30‰. DÊaltro canto la missione del fascismo, ampiamente divulgata dalla retorica giovanilistica del tempo, è quella di forgiare la nuova razza; diviene quindi necessario impiegare tutti i mezzi nellÊeducazione dei giovani cittadini piuttosto che nel soccorso dei vecchi. La Carta del Lavoro, promulgata nel 1927 con lÊintento di organizzare il lavoro, lÊassistenza e la previdenza nellÊambito del nuovo stato corporativo fascista, non tocca in nessun punto il tema della vecchiaia. Con Regio Decreto 27 marzo 1933, n. 371 il regime codifica la propria summa di legislazione sociale in un Testo Unico. LÊanno seguente è approvato, con Legge 1 marzo 1934, n. 766 lo statuto dellÊIstituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale (I.N.F.P.S.). Degna di menzione è invece, nel mare magnum dellÊattività legislativa fascista, la Legge 3 giugno 1937, n. 847 che sopprime le vecchie Congregazioni di Carità soppiantandole con gli Enti Comunali di Assistenza (E.C.A.), istituzioni assistenziali locali destinate a durare per qualche decennio. Tali nuovi enti acquisiscono l'intero patrimonio delle Congregazioni di carità e, dotati di proprio statuto, si pongono lo scopo di „assistere gli individui e le famiglie che si trovino in condizioni di particolare necessità31‰ e di promuovere il coordinamento delle varie attività assistenziali esistenti nel comune. Gli E.C.A. sono amministrati da un comitato presieduto dal podestà coadiuvato da un rappresentante del fascio di combattimento, designato dal segretario del fascio, dalla segretaria del fascio femminile, esponenti delle associazioni sindacali nominati dal prefetto32, composizione che ovviamente varierà dopo la caduta del regime fascista33. Il conseguimento degli scopi assistenziali è assicurato „a) con le rendite del suo patrimonio e di quello delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che esso amministra e che non siano destinate a particolari fini istituzionali; b) colle somme che gli sono annualmente assegnate sul provento della addizionale istituita col Regio decreto legge 30 dicembre 1936, numero 217134‰ oltre che dalle somme che annualmente provengono dalle amministrazioni pubbliche e dai privati. I compiti dell'E.C.A. sono ampi, lÊutenza comprende bambini ed anziani, e si esplicano mediante l'erogazione di sussidi in denaro o in natura od il pagamento delle spese di ricovero. Di conseguenza molteplici sono le forme di intervento: pasti e soccorso invernale ai poveri, ricoveri notturni, invio di bambini bisognosi alle colonie marine e montane, assistenza ai poveri invalidi presso ospedali, ricoveri, istituti assistenziali, orfanotrofi, sussidi in denaro ai patronati scolastici, contributi ai disoccupati mediante erogazione di sussidi, generi di conforto o contributi in denaro. A livello di organico gli Enti Comunali di Assistenza non
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Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto (1698-1767) I tre mendicanti (s.d.). Il Pitocchetto, presenza di rilievo nell’arte del Settecento, amava ritrarre la gente del popolo, i miserabili e di ognuno ne scopriva l’identità. Una scelta decisamente rivoluzionaria, questa, perché non era prerogativa delle classi misere avere un’identità ed una raffigurazione; ogni miserabile affogava fluidamente nel mare dell’anonimato, quasi della non-esistenza. Sono individui come quelli ritratti in questo quadro a rappresentare l’utenza delle Case d’Industria e di Mendicità.
dispongono di personale proprio, ma impiegano il personale comunale opportunamente distaccato. Se da un lato il pesante fardello burocratico-assistenziale ereditato dal regime non facilita alla nuova Repubblica lÊadozione, almeno sul piano pratico, di formule estremamente innovative, dallÊaltro la caduta delle opprimenti recinzioni ideologiche consente al nostro paese una certa permeabilità nei confronti di quei principi assistenziali e previdenziali applicati nei paesi più evoluti. La Repubblica nasce anche con alcune sperimentazioni politiche e progettuali di indiscusso interesse. Basti pensare, per esempio, al governo provvisorio dei Comitati di Liberazione Nazionale (C.L.N.) ed in particolare allÊazione svolta dal C.L.N. regionale lombardo. Particolarmente intensa è stata allÊinterno del C.L.N. regionale lÊattività dei commissariati, istituti omologhi dei ministeri, ed in molti settori di intervento commissariale sono scaturiti progetti decisamente avanzati. Alcuni esempi: un principio di assistenza pubblica sburocratizzata fondata su ampio decentramento amministrativo; studi legislativi sulla riforma della previdenza sociale e sulla riforma dei codici di diritto e di procedura penale; progetti di autonomia per la scuola lombarda e soprattutto, una proposta di riforma sanitaria di respiro regionale che per modernità di impianto sembra anticipare lÊattuale ruolo in materia sanitaria svolto dalla Regione Lombardia e dalle A.S.L. locali. La stagione dei C.L.N. ha vita molto breve, ma il seme darà nel tempo qualche frutto. Lo sforzo principale della neonata Repubblica è quello di superare definitivamente il principio caritativoelemosiniero, sancito da alcuni importanti articoli della nuova Costituzione, a favore di principi di sicurezza e protezione sociale applicati però in maniera ancora confusa. Nella pratica lÊorganizzazione previdenziale ed assistenziale non subisce modifiche sostanziali; nellÊimmediato secondo dopoguerra permane un quadro complessivo estremamente frammentato ed arretrato caratterizzato da alcuni dati sconfortanti: „oltre 40.000 organi di livello nazionale, regionale, locale investiti di pubbliche funzioni in materia di assistenza (suddivisi su competenze dirette di ben 13 diversi ministeri35‰. Per quanto concerne il settore previdenziale sopravvive ancora per qualche tempo la Legge 1919/603 mentre lÊapparato assistenziale continua a riconoscere come fondamento legislativo la legge Crispi definitivamente superata solo con la Legge 8 novembre 2000, n. 328. ˚ pur vero che in questÊultimo settore si sviluppa, proprio nel secondo dopoguerra, un dato di novità in senso organizzativo e concettuale: il servizio sociale. Esso, come ricorda Scassellati, conosce il suo periodo di sviluppo „tra il 1950 e il 1970 con la fase espansiva del ciclo economico del dopoguerra, che in Italia si caratterizza con due momenti: il primo del miracolo economico; il secondo della programmazione e dellÊautunno caldo37‰. Proprio negli anni Settanta del secolo scorso, in un periodo di forte contestazione e conflittualità sociale, si giunge al varo di un provvedimento legislativo che procederà ad una riforma del settore sanitario-assistenziale istituendo il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.). Il provvedimento in questione è la Legge 23 dicembre 1978, n. 833. LÊattività legislativa conseguente inizierà a riservare unÊattenzione sempre più continua al problema degli anziani38. SullÊonda dei cambiamenti e del nuovo sistema assistenziale varato con le nuove leggi di settore gli E.C.A. vengono soppressi e le loro funzioni, competenze, personale e beni sono trasferiti al comune in cui gli enti medesimi avevano sede. Le leggi che decretano la fine degli Enti Comunali di Assistenza sono il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e la Legge Regionale 9 marzo 1978, n. 23. Si chiude definitivamente unÊepoca.
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Angelo Morbelli (1854-1919) Festa di Natale dei dimenticati (1903). Un potente taglio di luce, quasi un raggio di vita e di salvezza, colpisce i vecchi seduti col capo sui banchi. Il senso di abbandono, di solitudine, di emarginazione è totale. In più vi è un elemento di silenziosa disperazione rappresentato dall’immagine di un vecchio che si staglia sullo sfondo con la braccia alzate contro il muro in un atteggiamento forse di pianto o forse di rabbiosa disperazione. È un’immagine terrificante dell’ospizio tardo ottocentesco.
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I luoghi dell’accoglienza
Con lÊetà moderna il controllo sociale è assicurato in due forme: la sorveglianza stretta sullÊaccattonaggio, attuato con il sistema delle licenze o patenti di mendicità39, e la segregazione. QuestÊultima assume i suoi connotati definitivi nel corso del Seicento, quando lÊisolamento dei poveri, successivo a quello dei lebbrosi dellÊetà medievale e contemporaneo a quello dei dementi, diventa un fenomeno diffuso in tutta Italia. Ci si convince che per risolvere il problema dellÊindigenza sia indispensabile raccogliere tutti i miserabili allÊinterno di enormi stabilimenti. Nascono così i grandi ospedali e gli alberghi dei poveri. La solita paura del diverso giustifica sul piano morale la reclusione di consistenti settori della popolazione europea40. A Roma, capitale della cristianità, verso la fine del Seicento risulta attivo lÊospizio sistino, una struttura asilare specializzata nellÊaccoglienza di vecchi indigenti, ma i criteri di accesso sono particolarmente rigidi: Per accedere a questÊultimo i mendici dovevano essere „esaminati‰ dai membri della congregazione. Dinanzi ad un notaio, oltre a dichiarare lÊetà, le persone anziane davano risposta a quattro domande: se avessero adempiuto allÊobbligo dei sacramenti e se erano a conoscenza delle principali preghiere, qualÊera stata la loro attività in passato e da quanto tempo risiedevano a Roma, se avevano figli e, infine, se erano in possesso di denaro o di immobili. I registri che elencano e contengono questi „esami‰ rivelano uno degli aspetti più duri della realtà romana [ma non solo] del tempo. Uomini e donne che, a causa dellÊetà non potevano più lavorare, abbandonati dai parenti più prossimi o rimasti soli, ai quali era rimasta una sola speranza: „vivere gli ultimi anni e morire‰ nel luogo di ricovero. Nella seconda metà del 1694, 101 vecchi ottennero il permesso di „vivere gli ultimi anni‰ nellÊospizio41. Il ricovero sistino è un modello esportabile in altre parti dÊItalia. LÊaccesso alle strutture di accoglienza non è mai automatico per gli emarginati, questi ultimi si devono „guadagnare‰ lÊattenzione delle istituzioni filantropiche e delle varie congregazioni deputate ai compiti di carità. LÊumanità sembra composta da due schiere: coloro che possono essere redenti e coloro che non possono esserlo. Per incontrare il primo atto legislativo ufficiale in grado di delineare un modello istituzionale di intervento assistenziale a favore della „terza età‰ dobbiamo spostare lo sguardo sulla storia inglese e tornare indietro di qualche anno. La legge in questione è il Poor Relief Act, emanata nel 1601. DÊora innanzi lÊesperienza
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Angelo Morbelli (1854-1919) Giorno di festa (1892). L’immagine di questo quadro stride profondamente con il suo titolo:”Giorno di festa”. Anche qui la luce è solo accennata. Forse è lo stesso ambiente riprodotto nell’illustrazione precedente ma visto da un’altra angolazione. Un quadro che diviene anche una fonte di informazioni, uno sguardo all’interno dei vecchi ospizi di cui abbiamo poche immagini e poche rappresentazioni. Gli anziani dell’ospizio indossano una divisa, un obbligo che si ritrova frequentemente nei regolamenti ottocenteschi. La divisa diviene il segno delle istituzioni totali (carceri, manicomi, riformatori, caserme) dove l’individuo è annullato, omologato, ridotto ad una piccola ed insignificante parte di un grande ingranaggio.
anglo-sassone andrà distinguendosi per una maggiore sensibilità pubblica verso le tematiche assistenziali. Il Seicento è anche il periodo „in cui nasce a Parigi lÊHotel des Invalides. Per la prima volta nella storia, in questo secolo ÿpessimistaŸ, lo Stato si occupa in gran pompa dei suoi servitori dopo il loro ritiro, anche se solo di 1.500 eletti42‰. Il Poor Relief Act favorisce lÊistituzione di numerose strutture asilari e lÊinizio di un a nuova esperienza in materia di accoglienza: nascono in Inghilterra le Home Work o Workhouses, ricoveri per emarginati di vario tipo che assicurano ai propri ospiti vitto e alloggio in cambio di lavoro. Tale modello asilare si diffonde in tutta Europa generando istituzioni omologhe come lÊHôpital Géneral ed il Depôt Géneral in Francia, la Zachthaus in Germania, le Case dÊIndustria, di Ricovero e di Mendicità in Italia. Tra il XVIII e XIX secolo trova collocazione in tali strutture unÊutenza composita e disperata: vecchi e giovani indigenti, sovente dediti allÊaccattonaggio, vagabondi senza fissa dimora, emarginati di vario tipo. Tra ottimismo razionalistico e slanci filantropici delle classi dominanti questi poveri derelitti sono ancora considerati una „merce‰ guasta da nascondere o da sanare ed il conseguente ricorso allÊistituzionalizzazione è fondamentalmente coatto e repressivo. Le strutture di ricovero ed accoglienza si adeguano alle leggi di pubblica sicurezza già molto severe nei confronti dei questuanti e dei vagabondi. Agli inizi dellÊOttocento, il secolo che segue il periodo „dei lumi‰ e che segnerà profondi cambiamenti nella storia europea, i vecchi poveri sono ancora dei cittadini senza patria. LÊarticolo 2 del capitolo settimo del Regolamento delle pie case di ricovero ed industria della regia città di Verona, una raccolta di norme redatta attorno al 1816, così recita: „Per tutte le altre mancanze i Ricoverati si puniscono o colla privazione della razione giornaliera di carne nei giorni di grasso, o di quella di formaggio od altro nei giorni di magro per tutto quel tempo che viene destinato dal Direttore, o con la reclusione nelle Sale di disciplina, o con lÊe-
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spulsione finalmente dallo Stabilimento44‰. Nella civilissima Parigi, capitale di respiro europeo, ancora a metà Ottocento vige negli ospizi cittadini per poveri il ferreo criterio di separazione dei sessi: „La vecchiaia ritrova i suoi asili separati pei differenti sessi, ed anche uno ve nÊè ove due vecchi sposi possono starvi uniti e terminare agiatamente la loro carriera45‰. Dal tono con cui lÊautore si esprime, sembra che la possibilità di accogliere una coppia di vecchi sposi rappresenti un servizio estremamente innovativo per il tempo, lÊeccezione che conferma la regola. Una lettura, anche superficiale, ai Regolamenti ottocenteschi di alcune istituzioni di ricovero lombarde ne svela la solida impostazione custodialistico-repressiva46. La rigida disciplina interna sancisce la separazione tra i sessi, lÊobbligo di indossare unÊuguale divisa per tutti gli ospiti, di portare capelli corti e barba rasata, legittima il mantenimento di camere di punizione e tollera delle sporadiche e brevi libere uscite. LÊimmagine che ne emerge è quella di una catena di istituti correzionali finalizzati al controllo sociale. Vale la pena citare alcuni stralci dai Regolamenti interni delle Case di accoglienza per avere unÊimmediata restituzione del rapporto ospite-istituzione; sembra di entrare in un bagno penale: Presso la casa dÊindustria di Como vi sono ÿdue sale di disciplina: lÊuna per gli uomini; lÊaltra per le femmineŸ. Le punizioni sono comminate dallÊEconomo e variano da 1 a 5 giorni di detenzione. Il punito ÿviene privato degli alimenti, eccetto della porzione di pane e dellÊacqua bisognevoleŸ. Tale punizione vale sia in ÿcaso di insubordinazioneŸ, sia per chi ÿpromuove disordini o atti contrari al buon costumeŸ, sia per chi ÿingiuria o percuote altro ricoveratoŸ, sia per chi ÿsi introduce in luogo riservato a diverso sessoŸ. Per tutte ÿle altre colpe o delittiŸ lÊospite viene tradotto davanti ai competenti tribunali. Nelle Pie Case di Ricovero di Milano è prevista ÿunÊassoluta fermezzaŸ per garantire ÿil rispetto della subordinazione, ovvero il cardine principale per mantenere la tranquillità e il buon ordineŸ. Viene punito chi si sottrae allÊobbligo di recarsi in chiesa o chi ÿesce prima del tempoŸ o chi promuove o intona discorsi o canti ÿcontro la Chiesa, il Sovrano e il suo Governo o contro le leggiŸ. Anche nel Ricovero di Mendicità di Milano vengono previsti trattamenti di segregazione, al limite a pane ed acqua. La comminazione delle pene spetta al Direttore. Al Pio Albergo Trivulzio le punizioni vanno dallÊammonizione, alla privazione del vino e del passeggio, alla perdita del guadagno fino allÊespulsione. Simili punizioni sono previste anche nei Ricoveri di Brescia, Bergamo mentre in quello di Reggio Emilia vengono comminate pene anche in ÿcaso di trascuratezza del vestito, degli utensili, del lettoŸ47. Con il passare del tempo le Case di Lavoro e dÊIndustria sostituiscono alla loro funzione originaria di offrire lavoro ai diseredati quella più propriamente assistenziale di ricovero e organizzano al loro interno infermerie geriatriche in grado di accogliere malati cronici ed anziani. Sulle condizioni igieniche e di vivibilità di tutte queste strutture è difficile avere un quadro complessivo. ˚ lecito pensare che non tutte fossero in sufficienti condizioni se è vero, come è dimostrato, che anche nella nobile e civile Venezia la locale Casa di Ricovero lamenta, a metà Ottocento, lÊeccessiva vicinanza delle latrine ai dormitori e la poco funzionale convivenza tra allettati e deambulanti nelle stesse zone dormitorio. LÊistituto residenziale veneziano accoglie in questo periodo circa 760 ospiti, un numero consistente che pone necessariamente il problema della vivibilità degli spazi. Così si esprime il canonico Ambrosoli in una relazione del 1847:
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Il certificato di povertà o attestato di miserabilità, rilasciato dal sindaco, conferiva al cittadino lo status di miserabile con conseguente possibilità di essere ammesso gratuitamente in strutture di accoglienza (ospizi, orfanotrofi, ospedali ecc.). Ancora oggi l’attestato di povertà rientra nelle certificazioni richieste dai comuni (Archivio Storico della Fondazione “Istituto Bregoli-O.N.L.U.S.”).
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Oseremmo solo accennare ad un inconveniente, ed è la troppa prossimità delle latrine ai dormitori, che per altro abbondano di ventilatori ben distribuiti. Se la località si prestasse ad una riforma, io oserei proporre quella praticata a Genova nellÊalbergo dei poveri, ove senza aumento di disagio ai ricoverati è affatto impedita ogni esalazione negli ambienti del locale. Non accenneremo infine né alla promiscuità in uno stesso dormitorio dei decumbenti cogli ambulanti, né al cibo amministrato e spesso conservato nei dormitori, né al possibile tentativo di adoperare, non fossÊaltro per evitar delle noie, a qualche tenue lavoro quelle mani vecchie e storpie; giacchè sappiamo volersi appunto adoperare a queste riforme il nuovo fabbricato che si sta erigendo48. Non è difficile immaginare la vita nelle vecchie camerate dormitorio perennemente immerse in un effluvio di miasmi nauseabondi. Il problema dellÊigiene delle latrine in ospizi ed ospedali permane fino alle soglie del Novecento e le parole del dottor Canalis, pronunciate dalle pagine de ÿLÊIgiene ModernaŸ oltre mezzo secolo dopo, sono alquanto eloquenti: Tutti sappiamo che un cesso mal costrutto o mal tenuto, a parte lÊesalazione di gas nauseanti che rendono lÊaria meno respirabile e disgustosa, può essere una sorgente infettiva assai pericolosa di tifo, colera e dissenteria. Per convincercene non abbiamo che da visitare i cessi pubblici delle nostre stazioni ferroviarie [⁄]. Pur troppo nelle stesse condizioni delle latrine delle stazioni ferroviarie si trovano quelle di molte abitazioni collettive (ospizi, caserme, scuole, ospedali), dei vagoni ferroviari e di non poche abitazioni private. [⁄] Confessiamolo a nostra vergogna. Non è il nostro popolo ineducabile, siamo noi, classi cosidette dirigenti, che non abbiamo la pazienza di educarlo. Intanto, poiché non è possibile ottenere di botto quellÊeducazione che è frutto di lunga propaganda, dobbiamo aumentare la vigilanza sulle latrine e specialmente su quelle delle abitazioni collettive49. Nel suo saggio intitolato Elogio della Vecchiaia, dato alle stampe nel 1895, il medico e scrittore Paolo Mantegazza tenta una rivalutazione della „terza età‰ in forma del tutto originale e nuova con lÊintenzione di rimuovere attorno ad essa quellÊalone di tragicità e dannazione propri del senso comune del tempo. Basta scorrere le pagine del libro dove Mantegazza delinea lÊimmagine del gerocomio ideale51, leggere al contrario ogni concetto utopico espresso dallÊautore, per rendersi conto della vera realtà dellÊospizio. Nello stesso periodo il pittore Angelo Morbelli realizza una serie di tele raffiguranti la desolante vita allÊinterno del Pio Albergo Trivulzio di Milano: sono immagini potenti di sofferenza, desolazione ed emarginazione. ˚ il volto terrificante dellÊospizio, quello vero e non utopico, ad essere rappresentato dal pennello di Morbelli. LÊOttocento è anche il secolo in cui, grazie ai generosi slanci della carità privata, si assiste nel territorio bresciano ad un rapido aumento di ospedali comunali. Tra il 1862 ed il 1920 sorgono nella nostra provincia 16 nuovi ospedali. Questi piccoli nosocomi devono però cimentarsi con gli alti costi della moderna pratica sanitaria che di fatto riduce sensibilmente la loro possibilità di intervento52. Si delinea così una rete di assistenza sanitaria, assai squilibrata qualitativamente e geograficamente, suddivisa tra ospedali cittadini, moderni nella gestione sanitaria ma sovraffollati nei reparti, ed i nosocomi comunali di provincia destinati ad accogliere prevalentemente pazienti affetti da infermità croniche al punto da divenire istituzioni ibride, a metà tra lÊospedale ed il ricovero, tra lÊambulatorio e lÊospizio. Sarà questa rete di nosocomi comuna-
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li a trasformarsi, nel corso del Novecento, in strutture per anziani dando luogo al fondamento di quella che oggi conosciamo come la rete delle Case di Riposo. La funzionalità delle strutture di accoglienza per anziani inizia ad essere messa in seria discussione a cavallo degli anni Quaranta del Novecento quando i progressi medici ed i germi della nascente disciplina geriatrica ne mettono a nudo lÊanacronismo e la disumanità. Con un simile retaggio alle spalle non stupisce, ma duole, che ancora oggi in forma gergale e dialettale la Casa di Riposo sia chiamata da molte persone non giovani con il termine „ricovero‰: lo spettro antico del luogo senza speranza continua a vivere nellÊimmaginario di molti. Il secondo dopoguerra rappresenta uno spartiacque, un momento di svolta. Proprio nel periodo successivo al conflitto, in una fase di rinascita economica e sociale, inizia il tentativo di superare i tradizionali modelli istituzionali con uno sguardo attento a soluzioni meno totali se non addirittura extraistituzionali. Risale infatti ai primi anni del periodo post-bellico la nascita e lo sviluppo dei servizi domiciliari53 i quali, sorti inizialmente per offrire servizi alle famiglie, in un secondo tempo divengono, attorno agli anni Sessanta, servizi per anziani. Frattanto i trend di crescita della popolazione anziana spingono i governi occidentali non solo ad intervenire in forma legislativa e finanziaria sui servizi di Home Care, ma anche a considerare questi ultimi come alternativa allÊistituzionalizzazione sia sociale che sanitaria. In questo periodo, sopra le ceneri provocate dalla guerra, si ripristinano le strutture e le infrastrutture, riparte l'economia, si ricostruiscono i sistemi politici e sociali distrutti dal totalitarismo, si ricompongono le nazioni con nuove costituzioni tutte ispirate alla democrazia. L'obiettivo dell'affermazione dei diritti dei cittadini diventa uno degli scopi principali degli stati contemporanei, non solo dei diritti politici, ma anche dei diritti sociali. La Costituzione repubblicana italiana pone lo stato non più come lÊarbitro, ma come parte attiva nel garantire lÊuguaglianza dei cittadini. LÊarticolo 3 della carta costituzionale recita: „Compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono lÊuguaglianza dei cittadini‰. Un principio decisamente moderno ed avanzato. Ma tra lÊaffermazione dei diritti e la loro esigibilità effettiva bisognerà attendere ancora. Nonostante lÊincedere di una mutata sensibilità nei confronti degli anziani, il panorama generale italiano relativo alle strutture di accoglienza si muove con estrema lentezza. Emerge, anche nei dibattiti nelle sedi istituzionali più alte, quanto il paese sia in ritardo ed inadeguato verso il mondo degli ospizi e quanto risulti difficilmente sradicabile il concetto di beneficenza a favore del più attuale e moderno concetto di assistenza. Il 12 aprile 1967 in seno ad un dibattito accesosi allÊinterno della II commissione parlamentare della camera dei deputati, il deputato La Bella alza la propria voce con parole che sintetizzano un clima di totale anacronismo: Il problema è [⁄] che non è più possibile continuare a prestare lÊassistenza in questa forma [elargizione di contributi in denaro], come se fosse beneficenza; la parola beneficenza deve essere cancellata dal nostro vocabolario, dato che lÊassistenza è un dovere della collettività nei confronti di chi ha bisogno, dovere sancito dalla Costituzione. Oggi la situazione in questo campo è (lasciatemelo dire) veramente drammatica; ho visitato recentemente alcuni ospizi per vecchi ed ho trovato che la loro situazione, il loro modo di vivere è veramente vergognoso per una nazione civile. I vecchi dovrebbero concludere la loro vita in modo dignitoso e non certo nel modo in cui la concludono oggi in Italia54.
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Le autorità pubbliche non sembrano cogliere lÊurgenza del cambiamento, o meglio, non dimostrano solerzia nel dare concrete risposte ad una società che sta rapidamente mutando. Ancora nel 1968 una circolare del Ministero degli interni comunica: Bisogna promuovere lÊammodernamento della denominazione degli istituti che abbiano ancora intitolazioni antiche e superate (mendicicomio, ospizio e simili) di talchè si pervenga nella generalità dei casi a una indicazione che non sia mortificante per la sensibilità degli assistiti e meglio si addica ai moderni principi dellÊassistenza sociale, quale quella di ÿcasa di riposoŸ, seguita eventualmente da altri nomi, come ad esempio quello del Santo protettore55. Una disposizione che non modifica nulla se non nellÊaspetto esteriore, allÊammodernamento delle denominazioni non corrisponde quello delle strutture. Gli anni Cinquanta e Sessanta vivono spesso scontri sociali e tentativi di forte limitazione, basti ricordare le lotte per il lavoro o le riforme non concretizzate. Sono anni di profondi mutamenti sociali: il boom economico, le lotte operaie e studentesche che ampliano il campo dei diritti sociali e civili; l'entrata sulla scena delle regioni che allarga il quadro istituzionale. I cambiamenti economici, sociali, istituzionali e politici portano all'evoluzione del sistema sociale e allo sviluppo del cosiddetto Welfare State: cioè lo stato diviene protagonista attivo delle politiche sociali. Negli anni Sessanta ancora manca una politica per l'anziano e questo soggetto resta uno degli esclusi da questo modello. Regna ancora molto centralismo e le nuove istituzioni, le regioni, non riescono allÊinizio ad esercitare un ruolo preciso nelle politiche sociali restando ancora lontane da bisogni delle comunità locali. Per quanto riguarda le strutture per anziani si può dire che esse, salvo eccezioni, rimangono ancora ferme al modello ottocentesco. Lo stato non investe in questo campo e le regioni sono lungi dal possedere chiari programmi e concrete risorse. Per attendere lÊinizio di un graduale e rilevante processo di metamorfosi degli ospizi è necessario attendere il varo della Legge 11 marzo 1988, n. 67 con il successivo D.P.C.M. 22 dicembre 1989 dove finalmente viene proposta una nuova tipologia di struttura: la Residenza Sanitaria Assistenziale (R.S.A.). La definizione del D.P.C.M. 22 dicembre 1989 così definisce la R.S.A.: Si definisce residenza sanitaria assistenziale una struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anziane prevalentemente non autosufficienti. Presupposto per la fruizione della residenza sanitaria assistenziale è la comprovata mancanza di un idoneo supporto familiare che consenta di erogare al domicilio i trattamenti sanitari continui e lÊassistenza necessaria56. La legge definisce anche i nuovi criteri strutturali cui devono ispirarsi le residenze per anziani: Il rispetto della condizione delle persone anziane accolte nelle residenze, sulla base delle analisi delle esigenze che esse presentano, nonché alla luce di esperienze italiane ed internazionali, implica una concezione architettonica e spaziale di tipo nuovo, atta a ricreare allÊinterno della struttura condizioni di vita ispirate a quelle godute dagli
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ospiti al proprio domicilio. Le soluzioni progettuali se ne debbono fare carico, proponendo la individuazione di spazi privati e personalizzati – articolati per piccoli nuclei di ospiti, di dimensioni modulari rispetto agli standard dei servizi appresso specificati – e di spazi comuni per attività varie. Nel loro insieme le soluzioni debbono configurare, a scala di residenza, un tessuto abitativo articolato in cui siano presenti, accanto alle camere e alloggi, sostitutivi delle abitazioni, zone dedicate alle relazioni sociali, collegamenti tra le varie aree per agevolare la mobilità dei presenti e spazi riservati ad attività occupazionali e di laboratorio per impegnare fattivamente gli ospiti secondo le loro esperienze ed attitudini57. Siamo di fronte ad un concetto di tipo nuovo che mette finalmente lÊanziano al centro di ogni cosa, non più soggetto passivo di carità o di elemosina, ma soggetto attivo titolare di diritti: un cittadino come gli altri. La sigla R.S.A. sta a significare che innanzi tutto questa struttura ha carattere residenziale. La R.S.A. è per l'anziano una nuova residenza in cui si è trasferito, cambiando "solo" indirizzo senza perdere i suoi diritti di cittadino. Quindi al nuovo indirizzo dovrà ricostruire il suo ambiente dove dovrà vivere nel tempo che gli rimane. Pertanto lÊanziano porterà dentro la struttura il suo vissuto, le sue relazioni, i suoi affetti, coniugandoli con la nuova situazione e le nuove aspettative. La R.S.A. sembra essere molto vicina a quel concetto di gerocomio ideale formulato più di un secolo prima dallÊeclettico professor Paolo Mantegazza. Bisogna però giungere sino agli inizi degli anni Novanta per assistere alla fase più propriamente operativa. Il 30 gennaio 1992 il Parlamento approva una risoluzione che pone lÊavvio del progetto obiettivo nazionale „Tutela della salute degli anziani‰ successivamente recepito dagli ordinamenti regionali, un programma dai molteplici punti qualificanti come: - la priorità degli interventi domiciliari; - lÊistituzione dellÊUnità di Valutazione Geriatria (U.V.G.)58; - lÊistituzione delle Residenze Sanitarie Assistenziali. Il legislatore pone così in essere una rivoluzione nel settore delle strutture di accoglienza per anziani riconoscendo ai soggetti anziani una serie di bisogni ai quali rispondere con una molteplicità di servizi. Gli elementi qualificanti della R.S.A. sono da un lato la duplice valenza sanitaria ed assistenziale e dallÊaltro la possibilità di inserirsi nella rete dei servizi territoriali per la terza età. Una scelta ispirata al modello delle nursing home, termine internazionale „che identifica strutture residenziali per soggetti disabili e dipendenti che necessitano di assistenza continuativa59‰. Più in specifico, il Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.) della Regione Lombardia definisce la R.S.A. come una struttura destinata alla riabilitazione generica di primo livello per anziani non autosufficienti, attività finalizzata a mantenere il paziente al più alto grado di autosufficienza possibile. Il P.O.A. sottolinea inoltre che i potenziali utenti sono persone che „non possono essere più assistite a domicilio e non presentano patologie acute o necessità riabilitative tali da richiedere il ricovero in ospedale o in istituti di riabilitazione (I.D.R.)‰. Gli obiettivi fondamentali della R.S.A. sono due: „rendere‰ il più possibile lÊambiente di vita simile a quello domestico: è questa la sostanziale differenza tra ospedale e R.S.A.;
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strutturare lÊambiente in funzione della disabilità e dipendenza del paziente61. Negli ultimi anni molteplici elementi di rinnovamento hanno dunque mutato la fisionomia tradizionale delle vecchie Case di Riposo in maniera quasi radicale62 mentre un dato di fatto sembra ormai acquisito: il Geronte ha ed avrà un peso sempre più rilevante nella nostra società. Parallelamente a ciò lÊuomo anziano viene a trovarsi più che mai al centro dellÊattenzione di discipline che ne indagano lÊaspetto fisico-biologico, interiore ed etico. Ecco così la senescenza conquistarsi spazio sempre maggiore agli occhi della gerontologia, della geriatria, della psicogeragogia, della gerotrascendenza e della tanatologia. Forse ha ragione Mario Barucci quando sostiene che „le soluzioni non devono essere trovate moltiplicando i servizi per i vecchi, ma insegnando ai giovani a prepararsi una vecchiaia che sia il più possibile indipendente dai servizi63‰. La popolazione mondiale aumenta ed invecchia ed il nostro paese è connotato come quello più „vecchio‰ tra le nazioni occidentali. Il processo di invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati dellÊOccidente ha assunto in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, per rapidità ed intensità, i tratti di un vero e proprio caso demografico. Se in passato la vecchiaia era il traguardo conseguente ad una dura selezione messa in atto da ostacoli socio-ambientali, lavorativi ed igienico-sanitari oggi, almeno nei paesi più sviluppati, non è più così. Alla soglia della terza età giunge ormai un alto numero di persone anche se, ai dati quantitativi riportati dalle statistiche demografiche non sempre corrispondono considerazioni confortanti sulla qualità di vita dei cittadini-anziani. Siamo un paese di longevi e dunque di vecchi: „Un peso così elevato degli anziani (attualmente una persona su cinque) è del tutto inedito nella storia dellÊumanità in popolazioni comparabili: una sfida completamente nuova per le società moderne. E lÊItalia sarà la punta avanzata di tale cambiamento64‰. Il regno dei Geronti porterà significativi cambiamenti. Come giustamente ha osservato Volpi „ci saranno tantissimi anziani al posto dei giovani che diventeranno sempre meno, le classi di età maggiormente riproduttive e produttive si assottiglieranno, gli squilibri demografico-territoriali si aggraveranno, e i problemi saranno tuttÊaltri da quelli di oggi, ma ancora più seri e difficili. Non è da escludere neppure che tra i problemi che allora si presenteranno ci sarà anche quello di come fare a ricostituire una popolazione equilibrata per tornare a coltivare prospettive che non siano di sola sopravvivenza65‰. Le R.S.A. sono ormai investite da un processo di evoluzione ed adattamento alle dinamiche sociali che può ritenersi a pieno titolo „incessante‰ se non, in alcuni casi, „logorante‰. La corsa ai nuovi adeguamenti ha imposto agli Enti Gestori delle Case di Riposo nuovi e pesanti oneri finanziari per la realizzazione dei nuovi Piani di Adeguamento voluti dalla Regione Lombardia. Risulta chiaro che, in un modo o nellÊaltro, gli Enti Gestori dovranno far quadrare i propri bilanci puntando su maggiori entrate e ricorrendo a tagli finanziari, se non allÊaumento delle rette di degenza. Le R.S.A., quali componenti ed attori del nuovo sistema di servizi, non potranno esimersi dal sottoporsi a quel processo di aziendalizzazione che è una caratteristica peculiare del welfare community. La possibilità di sopravvivenza allÊinterno del sistema sarà strettamente dipendente dal livello di competitività espresso da ogni singolo attore, R.S.A. comprese. Nel contempo le Residenze per anziani dovranno trasformarsi in misura sempre più crescente da „luoghi di produzione monotona di residenzialità continuativa a Centri Multiservizi66‰. Gli ospizi sono ormai un lontano ricordo e le nuove strutture residenziali per anziani, simili sempre più ad ospedali e sempre meno a residenze, devono affrontare le nuove sfide, i cambiamenti sociali e quelli istituzionali, le nuove norme regionali, le nuove leggi di settore. Dopo secoli di stasi il quadro che si profila è quello di una piccola rivoluzione permanente.
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SIMONE DE BEAUVOIR, La terza età (titolo originale La vieillesse), Torino, Einaudi, 2002. GEORGES MINOIS, Storia della vecchiaia. DallÊantichità al Rinascimento, Bari, Laterza, 1988, p. 18. TERENZIO, Phormio, 4, I, 9. GIOVENALE, Satirae, II, 45. Per un approfondimento su questo tema si veda: UMBERTO MATTIOLI; Senectus: la vecchiaia nel mondo classico, Bologna, Patron, 1995. La cultura medievale non di rado vede nel corpo il simbolo ossessivo di un immaginario collettivo: un corpo deforme, precocemente invecchiato e corroso da mille morbi è il simbolo fatale di un universo corruttibile al quale non è dato sottrarsi. Sul tema vedasi: PIERO CAMPORESI, La carne impassibile. Salvezza e salute fra Medioevo e Controriforma, Milano, Il Saggiatore, 1991. G. MINOIS, Storia della vecchiaia, cit., p. 10. LUCIANO NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰. I primi quarantÊanni dellÊospizio di S.Michele degli invalidi, in AA.VV., LÊospedale dei pazzi di Roma dai papi al Â900, vol. II, a cura di FRANCA FEDELI BERNARDINI, ANTONIO IARIA e ALESSANDRA BONFIGLI, Bari, Edizioni Dedalo, 1994, p. 339. L. NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰, cit. p. 340. L. NASTO, ibidem. „Sono le esigenze centralizzatrici del nuovo Stato che si trova ad amministrare realtà economiche e sociali fortemente differenziate; sono le esigenze di controllo delle ÿmasse affamateŸ e, poi, di integrazione sociale quando tali masse invieranno in parlamento i propri rappresentanti che pilotano tale processo‰ (GUGLIELMO GIUMELLI, Anziani e assistenza. Dalla carità verso la sicurezza sociale, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 59). Gli aiuti consistono prevalentemente in indumenti e combustibile per lÊinverno. La legge napoleonica del 20 agosto 1808 bandisce lÊaccattonaggio. GUGLIELMO GIUMELLI-MASSIMO BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per una storia dellÊassistenza in ÿMarginalità e societàŸ, n. 19, 1991, p. 74. Convinto assertore dellÊutilità di una Cassa di rendite vitalizie per la vecchiaia, Cavour lavora ad un progetto che si tramuta nella Legge 15 luglio 1859, n. 3595. La finalità è quella di assicurare alle classi lavoratrici più povere una rendita per la vecchiaia senza pesare sullÊerario dello Stato. LÊistituto purtroppo non entrerà in funzione (G. GIUMELLI, Anziani e assistenza, cit., pp. 71-72). Questo codice sostituisce il precedente emanato il 3 settembre 1803. Codice Penale dei crimini, dei delitti e delle contravvenzioni colle ordinanze sulla competenza dei giudizi penali, e col regolamento sulla stampa del 27 maggio 1852 per lÊImpero dÊAustria (Das Strafgesetz über verbrechen, Vergehen und Uebertretungen, die Strafgerichts-Competenz-Verordnungen und die Press-Ordnung vom 27 Mai 1852 für das Kaiserthum Oesterreich), Vienna, I. R. Stamperia di Corte e di Stato, 1853, p. 180. Ibidem. Anonimo, Ordinamento della Pubblica Beneficenza, ÿIl Lombardo-VenetoŸ, Venezia, 1851, p. 14. Anonimo, Ordinamento della Pubblica Beneficenza, ÿIl Lombardo-VenetoŸ, p. 15. La „gran legge‰ si inserisce nel solco della tradizione legislativa sarda ricollegandosi alla normazione precedente: la Legge Rattazzi del 1859 ed un altro provvedimento legislativo varato nel 1850. La denominazione di Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (I.P.A.B.) si avrà con il Regio Decreto 30 dicembre 1923, n. 2841. Articolo 1. Articolo 54. Nello stesso anno la rivolta degli operai milanesi, scoppiata tra il 3 ed il 9 maggio, viene soffocata nel sangue dalle unità regolari dellÊesercito agli ordini del generale Bava-Beccaris. La Cassa è costituita con la Legge 17 luglio 1898, n. 350 alla quale seguono il regolamento esecutivo emanato con Regio Decreto 18 giugno 1899, n. 286 ed il regolamento tecnico approvato con la Legge 29 luglio 1900, n. 321. Con Regio Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827, le norme relative all'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia sono riunite con quelle contro la tubercolosi, la disoccupazione involontaria, la nuzialità e la natalità, quest'ultima modificata
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dalla Legge 26 agosto 1950, n. 860 in assicurazione per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, modificata poi con Legge 30 dicembre 1971, n. 1024. G. GIUMELLI, Anziani e assistenza, cit., p. 147. Anche nella legislazione fascista, come in quelle precedenti, il controllo e la repressione dellÊaccattonaggio sono totali. Il libro III del Codice Penale sotto il Titolo I, Capo I contiene lÊarticolo 670 il quale recita: „Chiunque mendica in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con lÊarresto fino a tre mesi. La pena è dellÊarresto da uno a sei mesi se il fatto è commesso in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare lÊaltrui pietà‰ (LORENZO DI DOMENICO, I cinque codici e le leggi connesse con lÊaggiunta delle Leggi Fasciste Fondamentali e del Trattato e Concordato fra la S. Sede e lÊItalia, Milano, Gorlini, 1934, p. 136). Molte volte il mendico è una persona anziana, per cui le sanzioni contro la mendicità sovente divengono atti persecutori contro la vecchiaia miserabile. In questo si evidenzia una continuità di principi ed applicazioni normative che legano la legislazione penale austriaca (lombardo-veneta) con quella fascista. G. GIUMELLI, Anziani e assistenza, cit., p. 148. La istituzione dellÊEnte Comunale di Assistenza, Brescia, Apollonio, 1937, Art. 1, p. 6. Ibidem. Conseguentemente alla caduta del fascismo, i membri del comitato amministrativo dell'E.C.A. saranno nominati dal consiglio comunale. La istituzione dellÊEnte Comunale di Assistenza, cit., Art. 4, p. 7. SILVIO CORAGLIA – GIOVANNI GARENA, LÊoperatore sociale. LÊazione professionale tra complessità sociale e fenomeni organizzativi, Roma, la Nuova Italia Scientifica, 1996, p. 30. Legge 8 novembre 2000, n. 328 „Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali‰. La suddetta legge detta nuovi principi per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. La sua effettiva applicazione è stata subordinata a tutta una serie di decreti emanati dal governo. UBALDO SCASSELLATI, Profili per unÊanalisi storica sul servizio sociale in ÿLa rivista del servizio socialeŸ, n. 3, 1992, p. 80. Citiamo solo a titolo di esempio i seguenti provvedimenti: Legge 23 ottobre 1985, n. 595; il Progetto Obiettivo Tutela della salute degli anziani approvato a stralcio del Piano Sanitario Nazionale il 30 gennaio 1992; D. P. R. 1 marzo 1994 (Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1994-1996); Progetto Obiettivo Anziani per il triennio 19951997. Per quanto riguarda la normativa regionale citiamo: Legge Regionale 7 gennaio 1986, n. 1; Piano Socio Assistenziale 1988-1990; Legge Regionale 8 febbraio 1995 (Norme per il riordino del servizio socio-sanitario regionale). Chi non possiede la patente è considerato vagabondo e dunque sottoposto alle leggi di polizia. AUGUSTO CIUFFETTI, Povertà, assistenza e controllo in Italia; XVI-XX secolo, Roma, Morlacchi, 2004, p. 25. L. NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰, cit. p. 342. LUCIANO ANTICO, Una gerontologia senza pregiudizi in ÿAnziani oggiŸ, n. 4, 1992, p. 5. Le Case di Lavoro e dÊIndustria nascono in Lombardia nel XVIII secolo e, affiancandosi alle esistenti Case di Ricovero, perseguono lo scopo di fornire unÊeducazione al lavoro a quanti (accattoni, indigenti, oziosi ecc.) ne sono completamenti privi. LÊintento è quello di sradicare la piaga dellÊaccattonaggio e dellÊoziosità mediante un internamento poggiante su un intervento coercitivo di conversione obbligata allÊeducazione al lavoro. GUGLIELMO GIUMELLI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero nellÊ800: un percorso di ricerca in ÿSenectusŸ, n. 1, 1994, p. 104. A. BOUCHARDAT, Nuovo formulario magistrale preceduto da una notizia sopra gli spedali di Parigi e da generalità sulla maniera di comporre le formole, Palermo, Fratelli Pedone Lauriel, 1859. G. GIUMELLI-M. BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per una storia dellÊassistenza, cit., pp. 73-91. Gli Statuti ed i Regolamenti esaminati nel saggio di Giumelli e Bottazzi comprendono un arco di tempo che va dal 1802 al 1908 e si riferiscono ai seguenti istituti: Pie Case dÊIndustria S. Vincenzo in Prato, Milano; Pie Case dÊIndustria e di Ricovero, Milano; Casa di Ricovero e di Lavoro Volontario città di Como; Pie Case dÊIndustria e di Ricovero S. Marco e S. Vincenzo, Milano; Ricovero di Mendicità, Milano; Ricovero di Mendicità e Asilo Notturno „Mossi‰, Como; Pio Albergo Trivulzio, Milano; Casa di Ricovero e di Mendicità, Reggio Emilia; Ricovero Comunale di Mendicità, Brescia; Pie Case degli Incurabili, Abbiategrasso; Ricovero di Mendicità, Pavia; Ricovero di Mendicità, Bergamo; Opere Pie Asili Notturni, Milano; Opere Pie Asili Notturni „Lorenzo e Teresa‰, Milano; Opera Pia „G. Levi‰ per Ricoveri Notturni Gratuiti, Milano. G. GIUMELLI-M. BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per una storia dellÊassi-
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stenza, cit., p. 90. Sullo stesso argomento vedasi: G. GIUMELLI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero nellÊ800: un percorso di ricerca, cit., pp. 68-79; MASSIMO BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti delle Case dÊindustria e istituzioni residenziali per i poveri in Lombardia fine Â700 e inizi Â800 in ÿSenectusŸ, n. 3, 1994, pp. 73-90. Rapporto della Commissione incaricata della visita agli istituti di beneficenza in Venezia letto dal canonico Ambrogio Ambrosoli nella seduta del 25 settembre 1847 durante il IX Congresso italiano, Venezia, tipografia di Pietro Naratovich, 1847, pp. 15-16. P. CANALIS, Badiamo ai cessi in ÿLÊIgiene ModernaŸ, n. 8, agosto 1915. Cfr. PAOLO MANTEGAZZA, Elogio della Vecchiaia, Padova, Muzzio, 1993. LÊautore ipotizza la realizzazione di un gerocomio da costruirsi in un paese dal clima asciutto e mite, con immensi e lussureggianti giardini, organizzato con regole fissate dai degenti medesimi ispirate ad unÊampia libertà religiosa e morale; tra i servizi principali del gerocomio ideale figurano una fornita biblioteca e la possibilità di assistere ai più svariati spettacoli musicali. Bandite sono la tristezza, lo scoraggiamento e la malinconia. Applichiamo, in perfetta antitesi, lÊesatto contrario a tutto ciò vagheggiato da Mantegazza per ottenere lÊesatta fisionomia degli ospizi tardo ottocenteschi. Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti, Brescia, Grafo, 1997, p. 18. LÊesperienza dellÊHome Care, concetto che in italiano è tradotto come „Servizio Domiciliare‰, nasce negli Stati Uniti con un primo programma di lavoro elaborato nel 1947 al Montefiore Hospital di New York. Da allora ad oggi il servizio di Home Care si è evoluto in tutti i paesi occidentali assistendo un numero sempre maggiore di pazienti, sviluppando programmi di intervento socio-sanitario e favorendo lÊadozione di specifiche tecnologie funzionali alle molteplici esigenze caratterizzanti la natura dellÊintervento stesso. Camera dei Deputati, Commissione II – Affari della Presidenza del Consiglio – Affari Interni e di Culto – Enti Pubblici, Seduta di mercoledì 12 aprile 1967, Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo, p. 637. La discussione che nasce allÊinterno della II commissione parlamentare verte sul disegno di legge che vuole aumentare il contributo statale a favore della Fondazione del Banco di Napoli per lÊassistenza dellÊinfanzia. ˚ il deputato La Bella ad opporsi sottolineando la non opportunità di finanziare Fondazioni che sono enti morali svolgenti attività assistenziale: „Si tratta a nostro avviso di un problema generale; lÊassistenza non può essere fatta per mezzo degli enti morali, enti i cui patrimoni si rivelano sempre più insufficienti per far fronte alle spese dellÊassistenza, ragione per la quale lÊintervento dello Stato a favore di questi enti è diventato quasi un obbligo. Questi enti, in sostanza, vengono a gravare sempre di più sul bilancio dello Stato. [⁄] La situazione degli enti morali è molto grave soprattutto nella zona di Napoli, dove molto spesso si sono verificati casi di amministrazione non certo edificanti; e noi siamo contrari a questo provvedimento, come ho già detto, anche per evitare ogni pretesa da parte di altri enti, che potrebbero pretendere il contributo statale dato che questo è stato concesso allÊAlbergo dei poveri ed alla Fondazione del Banco di Napoli‰ (Camera dei Deputati, Commissione II, Seduta di mercoledì 12 aprile 1967, cit., pp. 637-638). Non è più accettabile per La Bella dare sovvenzioni, cioè fare beneficenza, ad enti morali che a loro volta fanno beneficenza ma attuare il sistema di Welfare previsto dalla carta costituzionale, una posizione del tutto condivisibile che tuttavia si scontra con una generale incapacità a gestire i cambiamenti rapidi di una società in trasformazione. Sembra un dibattito antico, di stampo ottocentesco, ma dimostra quanto la classe politica sia ancora prigioniera di vecchi schemi mentali. LUCIANO CANOVA – MANUELA GARUGLIERI, LÊanziano e le istituzioni in Trattato di psicogeriatria, Firenze, USES Edizioni Scientifiche, 1990, p. 91. D.P.C.M. 22 dicembre 1989, Allegato A, Criterio n. 1. D.P.C.M. 22 dicembre 1989, Allegato A, Criterio n. 3. Regione Lombardia, Settore Assistenza e Sicurezza Sociale, Settore Sanità ed Igiene, Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.), triennio 1995-1997, Milano, Regione Lombardia, 1995, p. 35. PIER UGO CARBONIN – ROBERTO BERNABEI, Tipologia delle residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.) in funzione delle caratteristiche dellÊutente e del suo fabbisogno assistenziale, in ÿAnziani OggiŸ, n. 1, 1991, p. 7. Regione Lombardia – Settore Assistenza e Sicurezza Sociale – Settore Sanità ed Igiene, Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.), triennio 1995/97, Milano, Regione Lombardia, 1995, p. 44. P. U. CARBONIN – R. BERNABEI, Tipologia delle residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.) in funzione delle caratteristiche dellÊutente e del suo fabbisogno assistenziale, cit., p. 46. I punti più salienti di questa recente trasformazione hanno interessato: a) le caratteristiche strutturali e gestionali richieste per lÊautorizzazione al funzionamento; b) la tipologia di utenza (anziani non autosufficienti); c) la necessità di predisporre soluzioni assistenziali adeguate ad una popolazione anziana in condizioni psico-fisiche sempre più gravi; d) una chiara ed esplicita connotazione sanitaria dellÊorganizzazione del servizio.
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MARIO BARUCCI, La vecchiaia. Generalità e aspetti storici in Trattato di psicogeriatria, cit., p. 22. GIUSEPPE GESANO – FAUSTA ONGARO – ALESSANDRO ROSINA, Rapporto sulla popolazione. LÊItalia allÊinizio del XXI secolo, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 7-8. ROBERTO VOLPI, Storia della popolazione italiana dallÊUnità a oggi, Firenze,La Nuova Italia, 1989, p. 240. LUCIANO DI PIETRA, Presente e futuro delle RSA in Lombardia, Brescia, Gruppo di Ricerca Geriatria, 2003, p. 56.
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Testimonianza Dante Bontempi
Mi fa molto piacere e volentieri mi associo a questo momento di celebrazione dei 100 anni di assistenza pubblica, unÊ assistenza che, è facile riconoscerlo, negli anni è cresciuta, si è ultimamente moltiplicata, migliorata e, devo dire, pure strutturata per un servizio migliore ai ricoverati in questa Residenza ed in generale ai cittadini bisognosi sul territorio. Un miglioramento che deriva anche dalla scelta della forma di gestione adottata di Azienda speciale che consente maggior libertà organizzativa e che fa perno su questa Residenza a cui il tempo ha dato ragione di utilità e di centralità. Ma se queste cose avvengono, lo sono non solo per i tempi e le norme ma, lo dobbiamo riconoscere, lo sono anche per merito degli Amministratori. Un ringraziamento quindi anchÊio lo porgo al Presidente Benedini per la sua buona gestione della RSA come ho potuto verificare in questi anni di cambiamento e con il Presidente al Sindaco Peli ed alla sua Amministrazione che hanno seguito con sensibilità lÊassistenza in questi anni e che di questa struttura hanno valutato le potenzialità e ne perseguono un continuo miglioramento. In questa occasione, mi è stata chiesta e sono lieto di poter dare una testimonianza per quanto riguarda le origini di questa nuova Residenza per anziani, oggi al centro di molteplici altre assistenze, e sullÊiniziativa che lÊha consentita. Questo anche perché ne sono stato coinvolto come famiglia e anche personalmente. Posso dire che più di altre realizzazioni o a differenza di altre realizzazioni che lÊAmministrazione di solito persegue leggendo le esigenze del paese, lÊallestimento di questa Residenza è nato prima dal favore, dalla volontà e dalla partecipazione della cittadinanza che dalla programmazione comunale. La necessità di questa nuova struttura, la sua credibilità sono nate dalla sensibilità della gente di Concesio ben prima di essere avvertite dallÊAmministrazione come opportunità di un impegno realizzativo. Ero un adolescente negli anni 60 quando si è comin-
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ciato a pensare ad una nuova Casa di Riposo. Concesio aveva una suo Ricovero, in via Antonelli a Campagnola, dal lascito Antonelli ricordato da Giovanni Boccingher in seguito; ricovero come lo erano i ricoveri della prima metà del secolo ed allÊindomani della guerra. Piccoli, con attrezzatura minimale, inquadrati più in unÊarea del caritatevole che di servizio primario. Era nello stesso stabile dellÊasilo comunale pur diviso per le rispettive attività. Mi pare ancora di vederlo. Uno stanzone con una ventina di letti, un piccolo locale mensa per chi riusciva a stare fuori dal letto, una piccola infermeria, qualche stanzetta di deposito, un servizio igienico con poche comodità. Pulito certo ma difficile descriverne lÊaria; tutto sapeva di vecchio. Quanto mi ricordo di positivo ed a loro dobbiamo un grande ringraziamento anche in questa circostanza: la grande dedizione delle suore (le Poverelle) che lÊhanno poi proseguita anche presso questa sede finchè ci sono state. A loro bisognerebbe veramente fare un monumento per quanto hanno fatto con sacrificio, dedizione ed amore caritatevole.
EÊ proprio negli anni ´60 che, vista anche lÊinopportunità di interventi migliorativi al fabbricato, decollò questa soluzione di un nuovo fabbricato, ma soprattutto di un servizio più confacente e più adeguato come lo si dovrebbe sempre alle persone più deboli. La svolta fu nel coraggio di osare. Di mettere in campo amicizie e sollecitazioni verso le persone abbienti e verso la popolazione per dare un segnale al Comune dellÊimportanza di un investimento nel settore. EÊ anche storia di famiglia, ma lo devo a mio padre
che in quegli anni era membro dellÊEnte comunale di Assistenza e poi Presidente, lo devo ai componenti della Commissione Amministratrice, tra i quali mi ricordo di Armanti Pierino, Bresciani Giuseppe, Bonardi Mario, Tabaglio Enzo, Pasotti Battista ed altri, di essersi posti il traguardo della disponibilità di unÊarea su cui far sorgere la nuova opera, quale segnale forte allÊAmministrazione per un suo successivo impegno. LÊamicizia ed il buon rapporto di mio padre con le famiglie Zanetti, con i Bertoli e Marinelli, con Adamo Pasotti, con Eugenio Perotta ed altri favorì la costituzione di un primo fondo. La gente di Concesio seguì con proprie elargizioni in occasione delle festività di Pasqua e di Natale di queglÊanni, fino a raggiungere la sufficiente disponibilità necessaria per lÊacquisto dellÊarea su cui oggi sorge questa Residenza. Soldi, si badi bene e proprio a dimostrazione dello spirito libero dellÊiniziativa, posti nemmeno in contabilità dellÊE.C.A., ma depositati in banca su un libretto dedicato. A titolo di cronaca, mia in quegli anni è stata la mano dei disegnini sui biglietti di auguri della Casa di Riposo che venivano recapitati a Pasqua e Natale a tutte le famiglie di Concesio partecipando poi alla loro distribuzione. Con questi soldi, grazie anche alla disponibilità del Parroco della Pieve, il compianto mons. Valerio Polotti, perché lÊarea era del beneficio parrocchiale, lÊarea di circa 13.000 mq fu acquisita con deliberazione in data 6.7.1969 dallÊECA e dallÊECA passò in donazione il 31.3.1974 al Comune che solo poteva economicamente realizzare la costruzione, come ha fatto poi con grande impegno e dedizione pur in un clima che definire a favore certamente non lo si poteva dire.
fatta, e bene fu, grazie alla comprensione, volontà ed impegno delle Amministrazioni Tabaglio e Merli. A loro dovrà essere sempre dovuto un grazie dalla nostra Comunità per questÊopera ed al geom. Franco Manfredini che ne studiò il progetto e ne seguì la realizzazione. Una storia a buon fine ma con ancora qualche contrasto. (Solo per la storia sarà bene rammentare che questa nuova Casa di Riposo non fu mai inaugurata con una cerimonia adeguata.) Ma lÊopera oggi cÊè. Ed oggi siamo qui a dire che è stato un passo importante nellÊimpegno assistenziale del nostro Comune. UnÊopera che oggi è perno di tante altre attività in favore di necessità sociali del nostro Concesio. Ed allora la mia testimonianza va acquisita nella direzione di riconoscere a quanti hanno lavorato a questa opera il giusto riconoscimento e la giusta memoria, sperando che in futuro siano anche meglio evidenziati. Fu di lungimiranza, può darsi. Sarebbe stata realizzata comunque, può darsi. Oggi però questa Residenza lÊabbiamo, ne siamo tutti contenti e beneficiati. Le Amministrazioni che si sono succedute ne hanno migliorato la struttura, le funzioni, il servizio. Anche a loro è giusto riconoscerne il dovuto merito. Chi ci ha guadagnato, e mi fa molto piacere, sono stati e sono tutti i nostri servizi agli anziani ed ai più bisognosi sul territorio. Ed allora un grazie a tutti e soprattutto a quanti lavorano per chi è più debole. Dante Bontempi
Molti infatti furono i contrasti politici al progetto, molta contrarietà venne anche dal ritenere ormai superato il concetto di Casa di Riposo stante lÊavvio di politiche di assistenza domiciliare, ma lÊopera fu
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Dall’Asilo Antonelli alla Casa di Riposo San Gervasio: LE ORIGINI DELL’ASSISTENZA A CONCESIO Giovanni Boccingher
0.0 Introduzione – il quadro generale
Il presente studio si ripropone di approfondire nelle linee essenziali le necessità degli abitanti di Concesio nel periodo a cavallo del XIX e XX secolo, con particolare attenzione ai tentativi di darvi risposta, sia da parte di privati che del „pubblico‰, questÊultimo inteso sostanzialmente come Amministrazione comunale (con le sue ramificazioni interne, alquanto primitive allÊepoca). Questi due ambiti, uniti a quello religioso caritativo, in quellÊepoca e in un paese piccolo come Concesio erano fortemente intrecciati tra di loro, sia per lÊattivismo di alcuni abitanti in diverse istituzioni e frazioni, sia per la necessaria sinergia che doveva essere attuata in un secolo in cui perdurava da tempo una carenza di risorse ormai cronica. La caratteristica fortemente „privata‰ dellÊattività assistenziale tipica dellÊepoca ottocentesca comporta, storicamente parlando, una discreta difficoltà nello stabilire date e momenti precisi e solo la comparazione di diverse fonti ha permesso di ricostruire uno spaccato un poco più preciso della situazione. I limiti e le caratteristiche di questo intervento vanno sostanzialmente riferiti ad un arco temporale che va dallÊUnità italiana al 1930 circa con un preciso focus dal 1900 al 1920 e al territorio della frazione di Campagnole di Concesio, con alcuni agganci significativi alla coeva storia comunale. I contenuti si riferiscono allÊassistenza in genere, ai primi asili del Comune (che allÊepoca venivano sostanzialmente percepiti come „sale di custodia‰, accezione che ne evidenziava lÊaspetto di sorveglianza rispetto a quello educativo) e al ricovero per anziani che, partendo dallÊoriginaria attività di Teresa Antonelli, verrà definitivamente creato a seguito della donazione (1929) di Adele San Gervasio. I materiali sono totalmente reperiti nellÊArchivio storico del Comune di Concesio (recentemente regestato e ordinato), mentre in Archivi extraterritoriali la ricerca è stata infruttuosa: sono da vedersi pertanto, nella loro ottica locale e localistica, come punte di un iceberg il cui sommerso dovrebbe essere nelle memorie private e nelle biografie dei personaggi. La scomparsa del materiale privato (atti e fotografie) delle due donne protagoniste della vicenda e delle loro relative famiglie è sintomatico delle difficoltà di ricostruire questa vicenda in maniera più approfondita e adeguata.
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Una bella cartolina che mostra, nella parte superiore, la frazione di Campagnola ai tempi di Teresa Antonelli. Sulla sinistra i muri della “Conceria si Campagnola” e le rotaie del Tram. I bambini presenti forse provengono dall’Asilo Antonelli (circa 1910)
0.1 La frazione di Campagnola nella seconda metà dell’Ottocento Le scarse immagini del territorio di Concesio nel primo Novecento consistono in un piccolo numero di lastre legate anche al territorio di Campagnola. La frazione era nata lungo la strada di Valle dellÊepoca, la Strada Valeriana (o Triumplina), che collegava la città con la Valle, e che rappresentava per Concesio un significativo luogo di commerci e di contatto con le innovazioni che in genere venivano dal Capoluogo. Le diverse cascine, le osterie e le botteghe erano sostanzialmente divise in tre nuclei che appunto definivano Campagnola di Sopra, di Sotto e di Mezzo, toponimi che vengono registrati fino agli anni Ê70 del Novecento, prima insomma che lo sviluppo urbanistico unisse di fatto tutto il tracciato viario e che una nuova sede stradale, più adeguata alle esigenze del traffico moderno venisse approntata. I primi ammodernamenti della zona (prima cioè che si rendesse necessario lÊampliamento della sede stradale e il suo allargamento per il passaggio delle auto) avvennero dal 1909 in poi: parallelamente alla costruzione del muro divisorio tra lÊasilo e la Casa di Riposo venne rialzato il muro di facciata, nel 1912 venne realizzato il lavatoio pubblico (oggi distrutto) e negli stessi anni si realizzò un minimo impianto di illuminazione pubblica.
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Veduta della Frazione di Campagnola di Mezzo in una foto rara per la sua antichità
0.2 Assistenza e bisogni a Concesio tra Otto e Novecento Nella prima metà dellÊOttocento numerosi poveri si potevano ritrovare anche sul territorio di Concesio: non si trattava certo della drammatica situazione di povertà diffusa seicentesca, ma forse ne era sostanzialmente mutata la percezione, se nel 1816 la Comune si dedicò alla redazione di elenchi di bisognosi, azione mai intrapresa in precedenza a Concesio. Dopo quello dedicato alle vedove ed agli „impotenti‰ (cioè abitanti inabili al lavoro e pertanto non in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello familiare), venne redatto un elenco diviso in „classi‰: classe I (accattoni invalidi); classe II (accattoni validi); classe III (Gente priva di lavoro o carichi di famiglia). Di alcuni, oltre ai dati anagrafici, ci si premurava di definirne lÊinvalidità, mentre sono sparse qua e là alcune annotazioni sulla moralità dei cittadini, secondo un concetto di antico uso che tendeva a definirne in qualche modo il „diritto‰ allÊassistenza in base al comportamento1. Troviamo quindi accanto ad annotazioni vaghe come „condotta morale‰ (frase spesso ricorrente, soprattutto per le donne) giudizi ben più pesanti „EÊ capace di qualunque lavoro campestre, ma dedito ai vizij ed alla rapina per cui trovasi anche di presente nelle carceri, e per cui è necessaria una forte misura governativa perche lavori, e non dia danno ad altri‰, „EÊ capace di lavori campestri, e di filare, ma manca di volontà‰, „N.N. vedovo di anni 36 di professione falegname espertissimo = Dedito al vino, e pericoloso al sommo dellÊubbriacchezza, per cui trovasi anche di presente nelle carceri; e per cui fa di mestieri che la provvidenza del Governo adotti delle forti misure perché non ritorni in paese‰; „B. G. ⁄ colla moglie e trè figli in età infantile. Lavora quando ne trova agricoltore, o come taglialegna, ma il prodotto del suo lavoro non basta a mantenere la sua famiglia = carattere bettoglione‰, „lavora quando ne ha come legnaiolo. Condotta morale; altrove „condotta discreta‰. Generalmente agli uomini si accusa la rissosità e la violenza fisica, mentre per le donne si sottolinea più la debolezza di costumi o la pigrizia, anche qui secondo modi di pensare che provengono chiaramente da tempi molto antichi. Questo tipo di „catalogazione‰ è ritrovabile in varie normative ottocentesche: si privilegiavano i poveri del territorio e allÊinterno di questo gruppo si cercavano di istituire delle priorità, in questo caso di ordine „moraleggiante‰. Altri documenti presenti nellÊarchivio storico comunale riguardano i poveri ricoverati a Brescia allÊOspedale degli incurabili, ma in genere si tratta semplicemente di atti relativi al pagamento richiesto al Comune dallÊospedale stesso. Nel 1836 si spande anche per Concesio lÊallarme per casi di colera. Il Comune proibisce al Parroco di S.Antonino di portare la comunione pubblicamente agli ammalati „di malattia sospetta‰ per evitare il contagio, fatto che suscita la protesta degli abitanti. AllÊepoca le malattie febbrili tendevano ad essere spesso confuse tra loro: nei documenti si parla comunque di „tifo petecchiale‰ (1816 e 1818), cioè diffuso dai pidocchi, colera (1836 e 1855), malattie della pelle come pellagra e scabbia e del problema della rabbia canina, molto diffusa a causa dei moltissimi cani randagi che scorrazzavano per il territorio, dando
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La “contrada Antonelli� ovvero Campagnola inferiore in una mappa ottocentesca
La copertina del libro entrate e uscite dell’Asilo di Costorio
molto lavoro ai sempre insufficienti „mazzacani‰. Altra malattia che destava molta preoccupazione allÊepoca era la sifilide, diffusa anche „nei bambini esposti e nelle nutrici‰. In generale appare però difficile distinguere la situazioni sanitaria dalla situazione di miseria cronica che affliggerà ancora per più di un secolo il territorio di Concesio3. Passando al periodo unitario, oltre a notare il contributo che la Cassa di Risparmio di Milano concede annualmente al Comune per le spese assistenziali, si verifica il moltiplicarsi delle richieste di contributo da parte di comuni dello Stato, in generale del nord, colpiti da specifiche catastrofi. Tali istanze non ottengono in genere risposta dal Comune di Concesio, ma bisogna ricordare alcune eccezioni: le offerte per il locale alluvione del Mella (1850), „pei danneggiati dalle inondazioni del Poʉ (1872), per il terremoto di Torre del Greco (Napoli) del 1861, per gli „abitanti di Edolo danneggiati da incendio (1870), „per le ossa dei caduti di S.Martino e Solferino (1870), „inondazioni ed eruzione dellÊEtna‰ (1879), terremoto in Calabria (1905). Spesso vengono organizzate lotterie nazionali per aiutare le vittime di tali situazioni disastrose. LÊassistenza in quel periodo tende quindi ad essere ancora in bilico tra la beneficenza volontaria e il diritto allÊassistenza stessa. Altre spese molto comuni allÊepoca erano legate al baliatico, cioè alla necessità di dare a balia i neonati, qualora venisse certificato che la madre non aveva latte, il Comune interveniva a pagare le spese relative, soprattutto in caso di miseria delle famiglie di provenienza. Dal 1870 sono in aumento anche i casi di pellagra, che spesso portano al ricovero dei malati presso lÊOspedale di Brescia ed anche le richieste da parte dei „miserabili‰, per ottenere qualche contributo per la sopravvivenza propria o della famiglia. Generalmente per essi venivano predisposte donazioni periodiche dalla cosiddetta „dispensa di pane‰, che è attestata negli atti in concomitanza con le manifestazioni religiose e specificamente con il terzo giorno della processione delle Rogazioni. Gli altri casi meno gravi di spese „per la spedalità‰ erano in genere finalizzati alla realizzazione di protesi e di cinti dÊernia. Un aspetto curioso, ma significativo, è il diffondersi della pazzia che probabilmente era dovuto semplicemente ad una migliorata attenzione verso il fenomeno dellÊalienazione mentale (non casualmente siamo negli anni della nascita della moderna psichiatria). La Deputazione Provinciale di Brescia (come sempre faceva allÊepoca) si premura di suggerire di non inviare questi malati, affetti da stress ante litteram, negli Ospedali cittadini, soprattutto se poveri: „Brescia 16 maggio 1886 – LÊaffluire crescente dei pazzi poveri al manicomio di Brescia è allarmante. LÊaumento deriva non solo per lÊazione del moto sociale accelerato, quanto per la sollecitudine dei Medici Condotti, dei Sindaci, dei parenti, dÊinviare al manicomio non solo i pericolosi ma anche gli innocui scemi, esaltati, malinconici, che quando era più viva la filantropia e la carità e meno sviluppato lÊegoismo si compativano, si tolleravano, si circondavano di cure famigliari e sociali. Quegli infelici allÊaria libera, alle distrazioni campestri, fra parenti ed amici non peggiorano, ma migliorano e guariscono più agevolmente. Chiusi con altri più concitati, più strani, in luoghi angusti inacerbiscono e precipitano facilmente. Perciò lÊumanità consiglia di limitare la spedizione al manicomio solo ai più aggravati (⁄)‰.
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Tipica domanda di assistenza dei primi anni del Novecento
0.3 La formazione di una coscienza civile: “atti d’eroismo” a Concesio Secondo una massima ancora oggi molto ripetuta, una volta fatta lÊItalia, bisognava „fare‰ gli italiani. Il libro „Cuore‰ di Edmondo de Amicis è rimasto una testimonianza letteraria di come alcuni valori di eroismo civile (a volte molto retorici o eccessivi) venissero nel periodo postunitario propugnati ai giovani compatrioti con scopi essenzialmente educativi. A livello locale, si iniziò lÊabitudine di premiare le persone della Provincia che avevano aiutato, con atti eroici, altri compaesani, in genere in pericolo di vita, e di tale iniziativa di fece promotore lÊAteneo di Brescia. Vediamo, a mò di esempio, alcuni casi di concesiani balzati allÊonore della cronaca, situazioni che offrono anche uno spaccato estremamente vibrante di unÊepoca. Nella notte del 12 maggio, alla Stocchetta, „vennero con un carretto precipitati nel canale della Masserola i coniugi Giacomo e Vittoria Tommasini di Sarezzo, e forse ambedue, ma certo la donna sarebbe perita senza il pronto soccorso di Giacomo Pellizzari di San Vigilio, il quale (⁄) si trovava in quella via‰. A lui si chiede venga conferita una „qualunque gratificazione‰, „perché le acque sono profonde, molto rapidissime, e più ancora che il punto dellÊinfortunio è molto pericoloso appunto per lÊaltezza del fiume stesso. (⁄). Visto il pericolo in cui andò in contro il Pelizzari salvando i due coniugi in unÊora in cui le tenebre della notte sono molto dense, ed in una stagione assai cruda, si delibera una medaglia dÊoro o quantomeno del corrispondente valore in denaro per la sua azione di coraggio civile‰. Nel settembre 1885 il concesiano Umberto Zappa di Camillo ricevette una „lettera di lode con venti lire‰ perché „non ancora dodicenne, nella Marchesina, prontissimo, con animo maggior dellÊetà, corse alla salvezza di un bambino‰. Nel giugno 1885 Francesco Barzoni, alla Corna di Collebeato, è protagonista „di un atto nobilmente compiuto‰: in un luogo „non accessibile se non a chi osasse calarvisi raccomandato a funi assicurate‰. Egli, con lÊaiuto di altri 5 uomini, riuscì a salvare „il giovine Carlo Peli cavalcioni a un cespuglio abbarbicato alla roccia (⁄) alto da settanta metri a perpendicolo sopra il Mella. Si calò a lui, aiutato da più compagni a legarlo con fune; onde lÊun lÊaltro reggendosi poterono con fatica e rischio ridurlo in salvo‰. A lui fu assegnato una medaglia con £ 40, ai suoi collaboratori una medaglia con £ 20. Altri casi ebbero protagonisti dei concesiani, ma non possono, per motivi legati allo spazio tipografico, essere ulteriormente qui trascritti.
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Domenico Nassini e la Società di Mutuo Soccorso di Concesio Anche a Concesio, come in moltissimi paesi della provincia di Brescia, tra Otto e Novecento vennero realizzate Società Cooperative di tipo mutualistico. Erano un tentativo di risposta tipica dell’epoca alle esigenze concrete dei lavoratori solitamente di matrice socialista o cattolica. Per quanto riguarda specificamente quella concesiana non si hanno purtroppo molto materiale storico su cui basarsi, nonostante la presenza del grosso opificio Brusaferri, poi Rossi. Sicuramente una “Società Cattolica Operaja Agricola di Mutuo soccorso” era stata fondata il 7 febbraio 1884 Presso la Parrocchia di Concesio Pieve. Di tale organismo che si rivolgeva al territorio di Concesio e „paesi limitrofi‰ e di cui non si hanno molte notizie. Fu anche definita in seguito „Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso e Risparmio‰, una società di fatto costituita il 1° giugno 1905 con sede in Via Costorio e presieduta allÊepoca da Muffolini Giacomo. LÊobiettivo era la fornitura di alimentari a prezzo contenuto, precisamente „Dettaglio di generi alimentari, commestibili e vino con licenza politica intestata al nome di Guizzetti Lucia‰. Essa era costituita da 118 soci e 5 consiglieri coadiuvati da Domenico Nassini che era rappresentante e gestore del „reparto sezione cooperativo‰. Egli, oltre a essere protagonista del dibattito consigliare e della vita amministrativa del Comune almeno fino alla fine della prima Guerra Mondiale, doveva essere in qualche modo lÊanima sociopolitica dellÊattività cooperativa di cui diventerà poi Presidente dal luglio 1908 al posto del Muffolini. Inoltre, egli „intorno al 1930 aprì a piano terra della sua casa un ufficetto dove si tenevano in deposito e si prestavano soldi. Una grande novità (⁄)‰4. La società in seguito evolverà forzatamente in „osteria-pizzicheria e teleria‰, ancora gestita da Guizzetti Lucia, mentre la Cooperativa di Concesio si fonderà con quella di Campagnola, dopo aver sentito il parere della Federazione Fascista Provinciale delle Cooperative (nel marzo 1927). Di questa associazione abbiamo una citazione anche nel „diario‰ di Don Bonomini5 dove lÊenergico arciprete afferma „ (⁄) così le otto stanze verranno a costare circa 20.000; non un centesimo da la Fabbriceria ne da la popolazione (⁄) 5 stanze furono da me =a mie spese= provvedute per mettervi la Cooperativa Cattolica da opporsi a le due socialiste. Venuto il fascismo la Cooperativa passò al Fascio armi e bagagli‰, affermazione che evidenzia adeguatamente anche il carattere politico di tali
attività. Abbiamo anche lÊatto di cessazione della stessa, a firma di Giacomo Muffolini (il Presidente) datato 15 marzo 1927: la società era ora definita „Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso e Risparmio‰ e la sua attività consisteva in „osterie-pizzicherie e telerie‰. Da un punto di vista laico, invece, era operante una „Società anonima cooperativa – Circolo Cooperativo di Concesio‰, attiva almeno dal 1896, sciolta però nel 1898 „dietro proposta di diversi soci perché diminuita di molti soci e per scarsezza di soci che comprano il pane al Circolo che perciò il consumo è diminuito in modo tale da non poter far fronte alle spese‰; il pane appare come unico bene commerciato della Società. Anche i Sindaci concordano. In qualche modo la sua eredità verrà raccolta, allÊaltezza dellÊottobre 1907 dalla „Società Generale Italiana di Mutuo Soccorso nelle malattie di Concesio‰ che godette di un lascito da parte del Dottor Vivenzi Alessandro morto ormai da vari anni (in data 23 novembre 1893). Di questa Società non abbiamo però purtroppo ulteriori notizie.
Un ritratto di Don Celestino Bonomini, agguerrito parroco della Pieve
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0.4 Tra Ottocento e Novecento Nel periodo a cavallo tra i due secoli, perdura il problema della fame e della miseria che si cerca ancora di affrontare tramite donazioni di grano pubblico e nuove forme di aiuto di stampo consociativo. Dal 1895 a Concesio è sicuramente attiva una Società di Mutuo Soccorso (poi, dal 1898 viene definita come „Soccorso nelle Malattie), ma di tale Ente, non si possiede materiale specifico, se non quello sotto esposto. Dal primo Novecento, grande innovazione, si diffondono ulteriormente le Tombole telegrafiche e si assiste al moltiplicarsi di contributi (in genere non troppo sostanziosi) sia pubblici che privati (lascito Caprioli per la Stocchetta 1826, commissaria Penna 1736, legato Simoncelli Giovan Battista, legato Seneci Pietro 1884, Beretta Chiara 1896, Antonio Ghisetti 1913 e altri). Si tratta in genere di donazioni di privati per i poveri del paese o di specifiche contrade, che vengono incamerate dalla Congregazione di Carità (poi Ente Comunale di Assistenza - ECA) per essere poi ridistribuite secondo norme che vengono di anno in anno decise, ma che sembrano ben incanalate nei solchi di unÊassistenza strettamente rivolta agli indigenti (in particolare se malati e vecchi) o per i concittadini colpiti da malattie gravi. Tra questi bisogna ricordare, in quanto finalizzati specificamente ai poveri del territorio di Concesio, il legato della contessa Emilia Martinengo Cesaresco per i poveri di Artignago (S.Andrea) del 1908, il legato Giuseppe Vivenzi (1905) che devolveva le rendite del „fondo Costorio a favori dei poveri della Parrocchia‰, il legato Fiorini di £ 3000 e il fondo Caprioli che permise di realizzare lÊasilo di San Vigilio. I farmaci erano acquistati dalla CdC sempre nellÊunica farmacia del paese cioè quella di Mascherini alla Stocchetta (aperta a Concesio nel 1879), mentre il „vino Marsala‰ veniva acquistato presso Bresciani Ermenegildo sempre alla Stocchetta, frazione che conferma così la sua vocazione commerciale. Le guerre coloniali cominciano ad avere conseguenze anche a Concesio: la Prefettura chiede alla Congregazione di Carità (in seguito denominata Ente Comunale di Assistenza -ECA) di contribuire ai „sussidi per le famiglie bisognose dei famigliari richiamati‰. Il numero degli abitanti bisognosi di assistenza (generalmente si trattava di contributi economici una tantum) sale da una media di 30/40 verso numero di 60: le cifre tradizionalmente destinate alla „Dispensa Pane‰, dallÊinizio del XX secolo tendono ad aumentare, fino a raggiungere quote consistenti negli anni appena precedenti la prima Guerra Mondiale, mettendo in difficoltà le finanze destinate allÊassistenza.
0.5 Il commissariamento del Comune di Concesio (1914) Nel gennaio 1914, il Comune di Concesio venne commissariato: un evento raro di cui non si conserva attualmente memoria. Fortunatamente un documento a stampa firmato dal „Regio Commissario Cav. Rag. Francesco Marini‰ e edito dalla Tipografia F. Apollonio & C. ci permette di ricostruire almeno le linee base di questo difficile momento amministrativo. Il testo, pur risultando un poco „arido‰, considerato lÊargomento eminentemente tecnico, apre tuttavia squarci sulle problematiche e sulle esigenze sociali del tempo. In esso il Commissario Marini non si dilunga sulle cause specifiche del commissariamento, ma è evidente che due furono le motivazioni: la prima era la litigiosità politico-amministrativa, „il bisogno di acquietare gli animi alquanto turbati dagli avvenimenti dello scorso gennaio‰ e il secondo un problema prettamente economico, „lÊimperiosa necessità di sistemare le finanze del comune per porle in grado di soddisfare convenientemente ai servizi, ogni giorno più costosi, della civica azienda, e nellÊurgenza di dare espletamento allÊingorgo di affari che, per cause diverse, non ultima lÊintervenuta crisi municipale, si era andata formando‰.
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La vecchia sede municipale (ora distrutta) in una foto del periodo fascista
Dopo la breve introduzione, il Marini espone un bilancio del suo operato. Alcune problematiche appaiono ancora oggi attuali, mentre altre appaiono tipiche dellÊepoca, come la prima questione affrontata, molto spinosa a quanto si capisce dalle parole usate: quella dei „trasporti funebri‰. Dice infatti il Commissario „La mia venuta in comune coincide col momento nel quale la questione dei trasporti funebri con carro, segnava il suo punto più acuto. I disordini e le dimostrazioni del pubblico avevano assunto tale intensità che, per evitare pericolose conseguenze, fu dÊuopo di ricorrere allÊassistenza della pubblica forza‰. Il Marini si diede da fare per „conciliare gli animi‰ e realizzò, tramite una commissione apposita, una riforma del servizio. Gli abitanti infatti si erano rivolti persino al Prefetto per cambiare alcune norme comunali e in specifico quella che obbligava i cittadini a trasportare la salma con il carro. La questione dei funerali aveva raggiunto livelli insostenibili: la figlia del tumulatore comunale era stata colpita in testa da una sassaiola che aveva mandato anche in frantumi i vetri del ritrovo cattolico della Pieve. Il problema che dovette affrontare in questo senso il Commissario era legato alla rescissione dellÊappalto con la impresa Frigerio di Brescia per il trasporto delle salme. Si definì pertanto di far trasportare col carro solamente i defunti delle famiglie che lo avessero richiesto e di abbassare dal £ 25 a 20 il costo per il trasporto di ultima classe, cioè delle persone più povere. Restava a carico del Comune il trasporto dei defunti poveri. Questo atto „poneva fine alla scabrosa vertenza‰. Il Commissario termina però con una raccomandazione di curioso effetto realistico: „Ed ora che gli animi si sono quietati, non posso a meno di osservare apertamente, o signori, che avuto riguardo alle peculiari condizioni topografiche del comune, la civile innovazione dei trasporti funebri con carro, dovrebbe sempre preferirsi allÊantiquato sistema del trasporto a braccia, meno igienico e meno decoroso e non scevro di poco edificanti incidenti quando, i portatori affaticati, devono per-
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correre le lunghe distanze che separano le diverse frazioni dalla Chiesa parrocchiale o dal cimitero‰. Il secondo punto affrontato relativo al Bilancio preventivo e ai vari provvedimenti economici che presentavano vari „imbarazzi finanziari‰ e „la necessità di porvi rimedio con provvedimenti impopolari che le ordinarie amministrazioni non intendono di affrontare‰. Su questo aspetto il Marini aggiunge perentoriamente: „Così era anche per il Vostro Comune‰. Per appianare i debiti si era reso necessario un aumento delle entrate (più precisamente un raddoppio!), dal momento che lÊAmministrazione non aveva tenuto esatto conto dei residui degli esercizi passati e non aveva disposto i fondi per alcune spese intraprese, come già detto legate anche al tema dellÊassistenza e degli asili. Viene così attuato un aumento dei tributi diretti su tre diverse voci: aumento della „sovrimposta‰, aumento della tassa su esercizi e rivendite, aumento della tassa sul bestiame. Il Marini aggiunge per giustificarsi che „in questo ultimo decennio la proprietà fondiaria ha beneficiato molto sensibilmente dellÊaumentato costo delle derrate e dellÊaccresciuto prezzo degli affitti‰ e aggiunge inoltre, che anche dopo lÊaumento lÊaliquota risulta comunque minore rispetto ai Comuni limitrofi di S. Vigilio, Bovezzo e Collebeato e che „in questo Comune la maggior ricchezza è rappresentata dalla proprietà immobiliare‰. Egli sottolinea inoltre come „lÊindustria armentizia importa notevole onere alle finanze comunali pei servizi di assistenza e polizia veterinaria‰. La risanata economia comunale sarebbe servita per realizzare tre opere pubbliche: la costruzione dellÊedificio scolastico di Cadebosio (tuttora esistente), la conduttura dellÊacqua potabile e lÊulteriore ampliamento del cimitero di Pieve. Indicava inoltre unÊaltra fonte di spesa significativa nel funzionamento dellÊAsilo infantile di Campagnola‰ di indispensabile istituzione‰. Riguardo ai conti consuntivi il Marini ritrova quelli del 1911 e 1912 non ancora approvati (siamo nel febbraio 1914!) e pertanto provvede ad una analisi dettagliata. Egli riferisce che gli erano „pervenute delle voci colle quali pareva si movesse dubbio sulla correttezza della cessata amministrazione e si accennasse a spreco di denaro pubblico in spese inutili, ed in opere male ideate o peggio eseguite e di averne trascurate altre più necessarie e più rispondenti ai bisogni del paese‰. Le sue indagini furono invece completamente negative e pertanto approvò anche il Conto 1913, anche se non contemplava la spesa impegnata per lÊistituzione del corpo dei pompieri ritenuto importante. Probabilmente tali „voci‰ saranno legate alle polemiche sui contributi per gli Asili comunali di cui tratteremo approfonditamente in seguito. Per quanto concerne invece il patrimonio comunale il Commissario nota che „I beni fruttiferi che il Vostro Comune possiede a titolo di privata proprietà sono costituiti da terreni civili, da boschi cedui, parte dei quali sono collocati in enfiteusi, da fabbricati, e da rendita del Demanio Pubblico: quelli passivi sono rappresentati da debiti per mutui e da oneri da culto‰. Il Commissario sottolinea che è importante che venga compilato un inventario aggiornato, dal momento che dal 1895 non se ne è provveduto e che da allora „si sono verificate diverse modificazioni per compera di aree destinate alla costruzione di edifici pubblici, per ampliamento di fabbricati, per alienazione di rendita, per costituzione di mutui e per affrancazione e trapassi di fondi livellari‰. Il Marini ringrazia a questo punto Angelo Remida, segretario comunale, (e padre del futuro pittore Giuseppe), per lÊaiuto ricevuto nella formazione dellÊinventario dei beni patrimoniali. Nel capitolo „Regolamenti e capitolati di servizio‰ si annuncia la revisione dei capitolati dello stradaiuolo e della levatrice (allÊepoca di competenza comunale che era peraltro stata oggetto di forti contestazioni – vedi box monografico) e la formazione del regolamento del corpo dei pompieri, degli inserviente delle Scuole Elementari e altri. Riguardo agli impiegati comunali ne viene sottolineata la fondamentale utilità e le accresciute difficoltà riguardo ai compiti assegnati; di seguito si assiste ad una analisi delle competenze del segretario consorziale che si divideva tra S.Vigilio e Concesio. Tali competenze aggiunte riguardavano i registri di stato civile, nascite e morti, la riscossione del dazio sui suini e la vendita delle targhette per i velocipedi! A questo punto la relazione passa ad analizzare le opere che si stavano realizzando a Concesio, è questa la parte più cospicua della relazione e certo la più interessante: Acqua potabile: soltanto la frazione capoluogo (Pieve) possiede una fontana pubblica, „tutte le altre frazioni provvedono alla bisogna con pozzi e cisterne fornite da acqua insufficiente ed impura‰. I progetti riguardavano il prolungamento delle condutture dalla
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La levatrice Emma
Oltre alle questioni sugli asili, che verranno ampliamente trattate in questo intervento, il Commissario trascura, probabilmente volutamente, di accennare ad una discussione popolare molto accanita che ebbe come protagonista la levatrice. LÊarciprete discuteva con le suore, le donne del paese si accanivano sulla levatrice ed i politici litigavano ferocemente (spalleggiati da questi o da quei cittadini) sulla localizzazione degli asili: questo era il contesto in cui si trovò a dover intervenire il Commissario prefettizio. Ad ogni modo, „Ai primi di settembre del 1913 una vivace e colorita protesta di un nutrito gruppo di madri, circa cinquanta le firmatarie, giunge al Consiglio Comunale di Concesio e sembra gettare una macchia sulla reputazione e sullÊoperato della locale levatrice, Emma. Queste donne lanciano numerose accuse alla levatrice, sostenendo che ella „abusa del suo mandato‰. In primo luogo lamentano che voglia obbligare le partorienti, più o meno agiate, a „sborsare‰ più del dovuto; inoltre farebbe pagare i medicinali che, sostengono le donne, „alla medesima sono provvisti dal Municipio‰. Ma lÊaccusa più grave e infamante che pesa sul buon nome della levatrice è quella di turpiloquio e offese alle persone che si sottopongono alle sue cure che ella giudicherebbe „tutte porche e vacche‰ e che „farebbe presto a mettere qualche cosa nelle bevande‰ per farle morire. A tal segno sembra arrivare lÊarroganza della levatrice, decisamente pericolosa, che le buone donne non si fidano più di lei: provveda il Consiglio Comunale a licenziarla oa redarguirla con altri provvedimenti. Il Consiglio Comunale, nella seduta del 28 settembre, al punto V dellÊOrdine del Giorno, prende in esame la protesta contro la levatrice, la cui replica, asciutta, ferma e decisa, non si fa attendere: ella ribatte fieramente punto su punto alle accuse calunniose che le sono state mosse. Il suo operato, scrive Emma, è sempre stato scrupoloso e „buon testimone ne è la mia coscienza‰; inoltre sostie-
ne di non aver mai „pronunciato contro di loro frasi sconce‰: rimproveri e lamentele erano rivolte a ignoti, che avrebbero allordato il marciapiede antistante lÊabitazione abbandonando „immondizie puzzolenti e nocive‰: testimone del fatto è un Consigliere Comunale. Riguardo ai medicinali che ella, sì, fa pagare, sono di sua proprietà: se li fa mandare da Bologna, „chiedano pure alla Posta quanti me ne arrivano‰, ribatte sicura. Ma il colpo di grazia alle fondamenta di quel gravissimo esposto, che sembra gettare fango sulla sua dignità e professionalità, è inferto quando lei stessa dichiara che molte delle firmatarie erano allÊoscuro del vero contenuto dellÊistanza, credevano „si trattasse di bensì altra cosa‰. Rispetto ai rincari che ella applicherebbe alle tariffe ordinarie, la levatrice suggerisce di dissipare ombre e calunnie esponendo le tariffe per qualsiasi caso. Conclude la propria difesa appellandosi al Consiglio Comunale affinché tuteli le sue ragioni, sostenute con fierezza e in forza del fatto che ella ha sempre lavorato presso la comunità di Concesio „prestando un lodevole servizio‰ , con passione autentica e spirito di sacrificio. Il Consiglio Comunale, laconicamente, chiude la spinosa faccenda censurando la levatrice, non si dia più eco ai pettegolezzi, e invitandola a rinunciare allÊaumento di tariffe. La levatrice si risolve di accettare le condizioni poste dal Consiglio Comunale, come testimoniato in un breve e freddo scritto non datato in cui dichiara di „continuare quale levatrice di Concesio‰ rinunciando alle tariffe che aveva in animo di mettere.
Tratto da „Emma ed alcune voci sottili intorno al futuro‰. Progetto „I documenti raccontano‰ - Regione Lombardia-Coop. Arca. Disponibile sul Web con ulteriori approfondimenti allegati
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Funerali “di lusso� nella frazione di Campagnola, circa anni Venti. La normativa sui funerali fu causa di grossi litigi nel 1913-14
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sorgente del Casello che rifornisce la Piazza della Pieve fino alle altre frazioni. Altra acqua sarebbe derivata dalle sorgenti di Villa Cogozzo che potevano essere raccordate allÊaltezza della vecchia Triumplina. La burocrazia aveva però fermato fin dal 1910 tali pratiche. Dopo aver fatto sistemare la camera di raccolta del Casello il Commissario sollecita di continuare lÊimportante opera a S. Andrea e Campagnola. A tale periodo crediamo debba ascriversi la bocca della fontana di Campagnola (allÊaltezza della conceria) e quella di Cadebosio (ora nel parchetto pubblico). Il cimitero della Pieve era già stato oggetto di un ampliamento nel 1905 „per lÊampliamento del campo per le fosse comuni, nonché per la costruzione di tombe di famiglia e colombari distinti, e di uno speciale riparto per la sepoltura e memoria delle persone che, per virtù di opera o di mente, sieno per rendersi benemerite del paese‰. Si prevede ora un ampliamento verso est su unÊarea di proprietà parrocchiale, „già permutata con altra di spettanza comunale residuata dal primo ampliamento‰, per ricavare „duecento colombari (loculi), un buon numero di tombe di famiglia, nonché unÊestensione di quasi 600 mq. per fosse comuni‰. Si tratta dellÊarea dove sorge ora la cappellina del cimitero. Riguardo alle scuole, quella di Cadebosio necessitava di essere ampliata: si erano eseguiti quasi tutti i lavori, ma mancava la cancellata (tuttora esistente). Riguardo invece allÊasilo di Concesio (attuale Via Rodolfo) i problemi erano maggiori. Identificata lÊarea e redatto il progetto della tanto discussa opera, mancava la concessione del mutuo del Consiglio Scolastico Provinciale. Infatti (informa il Provveditore agli Studi) allÊepoca ben venti comuni erano nelle stesse condizioni di Concesio e i fondi non erano sufficienti. Nel frattempo erano stati affittati dei locali per realizzare una „scuola mista di indilazionabile istituzione‰. Il paragrafo successivo della relazione parla delle discussioni accanite riguardo alla dislocazione delle diverse sedi degli Asili, ma amplieremo lÊargomento nei prossimi capitoli. Sulla viabilità, il Marini afferma che „in generale, le strade comunali, sono in discreto stato di manutenzione e di servibilità, quando si astragga dalla traversa provinciale in Contrada Concesio (lÊattuale Via Rodolfo) che, come ben sapete, si trova in condizioni deplorevolissime. Gli avvallamenti e le asperità di quel selciato sono tanto frequenti e pericolose che ogni giorno si ripetono lamentele e recriminazioni da parte del pubblico. Vari sono i coefficienti di tale stato di cose: la larghezza inadeguata della strada, la sua sezione a culla e la mancanza di tombinatura per le piovane, lÊesistenza della sede tranviaria, la deficiente soleggiatura, e più di tutto il continuo ininterrotto transito di pesantissimi carichi‰. Nonostante „vennero eseguiti i rappezzamenti di selciato, poi si pensò come si usa tuttora allÊinghiaiatura come sulle strade a massicciata comune, ma tanto lÊuno che lÊaltro di questi mezzi non diedero buoni risultati; il primo anche per la grave spesa il secondo anche perché la ghiaia, trovando resistenza sul sottoposto acciottolato, rapidamente si sgretola e si riduce in polvere o fango. Per questi motivi lÊamministrazione cessata commise al sig. Ing. Francesco Bondini lo studio per una radicale riforma della strada indirizzata allo spostamento della traversa ed in via secondaria, al trasporto della sede tranviaria‰. Il Commissario invita poi la provincia a prendersi cura di questo tratto della strada di Valle Trompia, lÊunico – dice – così malridotto e ad approvare un appalto per una manutenzione più efficace. Il Marini provvede poi a una forte sollecitazione riguardo allÊamministrazione della beneficenza, un vero tasto dolente: „Il vostro Comune suole stanziare, per antica usanza, un fondo per provvedere alla distribuzione dei sussidi di baliatico e di beneficenza ai poveri ed in ciò è lodevole la sua filantropia. Ma ove a me sembrò che la pratica non fosse lodevole era nel sistema di erogare direttamente questi soccorsi dallÊAmministrazione Comunale e a seconda delle domande o dei casi‰. La legge infatti definisce che i contributi dovessero essere stanziati dalla Congregazione di Carità (parrocchiale), inoltre avendo due enti erogatori riuscivano „facili i duplicati a favore dei più scaltri con danno di altri forse più bisognosi‰. Da parte del Comune – afferma il Marini – possono talvolta diventare „unÊarma partigiana‰ (cioè troppo „di parte‰). Il nuovo Consiglio Comunale si riunì il giorno 2 luglio 1914 ed erano presenti il Regio Commissario Marini, i consiglieri: dr. Giorgio Montini (consigliere anziano), Primo Fiorini, nob. Giorgio Anelli, Domenico Nassini, Giovanni Facchetti, Giuseppe Pelizzari, Giuseppe Tognoli, Angelo Adami. Giacomo
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Progetto per asilo e scuola a S.Rocco
Un progetto per un asilo a S.Rocco; le forme riecheggiano altre scuole coeve: le Elementari di Cadebosio e l’ex Centro Culturale
Mussolini, Pietro Brioni, Giuseppe Piccinelli, Giuseppe Donzelli, Domenico Fiorini, Angelo Remida, cav. Luigi Rossi. Dopo aver espresso il pubblico ringraziamento per lÊoperato del Commissario, i consiglieri approvarono la sua relazione. Il testo che ho velocemente riassunto (la versione completa a stampa è di 36 facciate) risente chiaramente dellÊimpianto burocratico e „ufficiale‰ e pertanto risulta non di facile lettura e poco accattivante. Ciononostante riassume in maniera efficace le problematiche aperte a livello amministrativo. Purtroppo la parte più interessante e cioè lÊanalisi della diatriba interna alle forze sociali concesiane è solo accennata, ma la composizione del Consiglio fa già capire come allÊepoca fossero coinvolte le eminenze del paese. Accanto al padre del futuro Paolo VI, ampliamente coinvolto nelle vicende bresciane cattoliche, sia dal punto di vista culturale che politico, troviamo il più grande industriale concesiano, Luigi Rossi (futuro presidente della Camera di Commercio), per non citare il Nassini presidente della società di Mutuo Soccorso di PieveCostorio o le famiglie Brioni e Piccinelli, da sempre coinvolte nella vita della zona di S.Andrea e anche altri nomi importanti del territorio concesiano. Grossi nomi nel Consiglio, ma anche diversi interessi, sia a livello di aree geografiche che di ambiti economici. Se strade, cimiteri e acqua potabile occupano posti significativi nella trattazione, non mancano nel testo del commissario accenni ai bisogni sociali essenziali, soprattutto la scuola e lÊassistenza dei poveri. Stranamente non cÊè nessun accenno alla modernizzazione delle infrastrutture elettriche o telegrafiche e postali che allÊepoca era particolarmente significativa ed un presupposto fondamentale per la modesta industrializzazione che investirà in parte anche Concesio, come paese terminale della ben più produttiva Valle Trompia.
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Il posizionamento della scuola di Cadebosio rispetto alle strade: è la più antica di Concesio tuttora esistente
Il progetto delle scuole di Cadebosio – 1913. La realizzazione finale fu simile a quella qui illustrata
Il Primo testamento autografo Antonelli (1906)
1.0 Teresa Antonelli, benefattrice
Nonostante il fatto che il cognome Antonelli sia ancora oggi diffuso sul territorio di Concesio, la famiglia di Teresa Antonelli non era originaria di Concesio, bensì di Collebeato. Precisamente, il padre di Teresa, Faustino, aveva sposato nel 1830 una concesiana, Angela Cossina; la nuova famiglia aveva acquistato nel 1849 da Cecilia Restelli in Nassini una casa in Campagnola, nel 1853 il campo denominato „Bertoletto‰, aggiungendovi poi, nel 1862 un podere denominato „Levata‰ (venduto da un certo Cancarini) e infine, nel 1866 unÊaltra casa appartenente ai Cossina, confinante con la prima da cui era divisa da muro. Teresa Antonelli era figlia unica di Faustino, non era sposata: si dimostra una brava amministratrice fino alla età più avanzata capace di gestire efficacemente le proprietà e i rapporti coi coloni. Per il resto la sua figura rimane avvolta nellÊoblìo e di lei non ci rimane, dopo la distruzione della tomba di famiglia nel cimitero comunale, nemmeno unÊimmagine. Teresa Antonelli di fatto diventerà concesiana e non si sposterà dalle case di Campagnola fino alla sua morte, avvenuta nel 1907 dopo una lunga agonia in cui era stata "vegliata per 5 mesi" dalla fedele domestica Maria Malgaretti. Non abbiamo notizie significative sulla sua vita. Il suo testamento (marzo 1908) la definisce come „⁄ Teresa Antonelli fu Faustino, nubile maggiorenne, nata a Collebeato, domiciliata a Concesio, possidente⁄‰, mentre in un precedente atto databile a metà 800 (il fascicolo „Famiglie di Concesio‰, conservato nellÊArchivio della Parrocchia di S.Antonino di Concesio) troviamo una „scheda‰ della sua famiglia possidente sia a Concesio che a Collebeato. Questi sono i dati ivi riportati: „Famiglia Antonelli: ANTONELLI FAUSTINO figlio di Luigi e di Maria Bertoletti - Collebeato morto il 2 aprile 1866, ANTONELLI ANGELA figlia di Giacomo Cossina e della fu Teresa Bolognini moglie - Concesio 11 settembre 1809 morta il 13 giugno 1863, ANTONELLI TERESA (figlia) nata a Collebeato il 28 ottobre 1836, LUIGI FAUSTINO (figlio) Concesio 27 aprile 1839 - Morto (s.d.)‰. La figura della Antonelli deve essere vista come quella di una benefattrice, che, anticipando privatamente (come spesso accadeva in Italia nellÊOttocento) la risposta pubblica alla necessità degli abitanti, esercitò, per motivazioni che purtroppo non conosciamo, unÊattività di fatto assistenziale. Come già accennato, la Antonelli era certamente una brava e accorta amministratrice dei beni di famiglia; ce lo rivelano i materiali conservati nellÊArchivio Comunale nel „Fondo privato Faustino Antonelli6‰. In esso la Antonelli annotava con cura le „categorie‰ dei documenti ivi contenuti: „I Qui si riponerà le carte inerenti alla casa ove abittiamo ⁄⁄ e ⁄ Memoria dei contratti verbali inerenti alle nostre case e fondi. II Qui si riponerà le carte inerenti al Campo Bertoletto III ⁄ Carte inerenti alla casa che abbiamo comperato da Cancarini Francesco e Giuseppe fù Battista IV Qui si riponerà le carte inerenti ai campi comperati allÊasta del Tribunale V Qui si riponerà le carte inerenti al Deffunto Padre Antonelli Faustino Fù Luigi VI Qui si riponerà le Carte inerenti alla Deffunta Belleri Carolina VII Qui si potrà mettere il resto delle altre carte che ti preme di conservare‰. Dai documenti di famiglia si evince che Luigi (padre di Faustino) sposato con Anna Maria Bortoletti, aveva
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Pagina a fianco: il testamento definitivo Antonelli (1907) Frontespizio delle Carte Antonelli, con scritte probabilmente autografe di Teresa Antonelli
un sorella di nome „Giuglia‰ ed era morto nel 1833. La sua proprietà venne divisa tra i quattro figli e le due figlie. Nonostante fossero possidenti la situazione dei bambini era critica: si conservano varie lettere in cui alcuni nipoti chiedono aiuto alla zia, ma si dicono coscienti della critica situazione economica in cui essa versa. La situazione pare aggravata dal „male che serpeggia‰ e che aveva colpito anche la famiglia, probabile allusione al colera diffuso in quellÊanno. Superate queste difficoltà iniziali, la situazione però era nettamente migliorata, tanto che nel 1849 Faustino aveva potuto acquistare da Cecilia Rastelli, moglie di Giuseppe Nassini di Villa di Cogozzo „una casa ed attiguo Orto situati in Concesio nella Contrada di Campagnola inferiore (⁄) composta di aja, portici e di varj locali terranei superiori e dalle fondamenta al tetto (⁄)‰. Nel 1853 Faustino comprerà dalle sorelle Restelli una parte del latifondo chiamato Bertoletto. Nel 1862 i fratelli Cancarini vendono allÊAntonelli una parte di casa in Campagnola di sotto con un pozzo in uso promiscuo. I possedimenti si impoveriranno invece nel 1866 con la vendita da parte di Faustino e del figlio Luigi di una casa ed annesso orto situata nel Comune di Concesio contrada di Campagnola di Sotto che veniva dalla dote della moglie Caterina Belleri. Insomma, nel giro di circa venti anni, la famiglia Antonelli poteva a buon diritto entrare nel rango dei piccoli possidenti di Concesio. Alla morte del padre tutti i contanti andarono divisi tra la figlia Teresa e il figlio Luigi: ai due figli e alla moglie Carolina Belleri resteranno un terzo delle sostanze del capofamiglia. Da parte sua nel 1880, la madre, „stante il suo stato di infermità per sopperire a tutti i bisogni di vitto e malattia‰, venderà ai due figli „tutti i pochi mobili e biancheria e preziosi che ancora essa possiede (⁄)‰ e, tramite testamento, tutti i suoi beni immobili da dividere tra i due figli stessi.
1.1 L’attività volontaria Teresa Antonelli gestiva sostanzialmente un asilo privato dalla fine dellÂOttocento: di esso non ci rimangono documenti diretti, appunto perché a gestione prettamente personale. La Categoria archivistica dellÊArchivio comunale dedicata agli asili inizia infatti proprio con la donazione Antonelli (Faldone 1„Asili infantili, contabilità e pratiche varie‰ del 1904) cioè quando lÊasilo diventerà a gestione pubblico-privata. Ma quando era stato aperto precisamente? In un atto del 1913, il presidente dellÊasilo informa che lÊasilo „ora denominato Antonelli, sorse nellÊanno 1891-8/1 a cura della compianta e benemerita signore Teresa Antonelli (⁄)‰, e accenna al „(⁄) beneficio dellÊuso dei locali consistenti in unÊampia sala per la scuola dÊasilo, di tre stanze per uso abitazione delle suore, e di altre due per la distribuzione della minestra e per la cucina. LÊasilo non è eretto in ente morale, ma viene amministrato da una commissione nominata dal Consiglio comunale‰.
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1.2 La donazione al Comune e la continuazione dell’attività d’Asilo Il 7 marzo 1906 Teresa Antonelli redige di suo pugno un testamento (annullante tutti i precedenti) in cui lascia „Eredi Universali di tutta la (sua) sostanza in mobile e mobile della cantina il Cavaliere sig.r Giorgio Montini fu Lodovico e la sua sorella Maria domiciliati in Brescia‰. I mobili della cucina li lascia invece a Luigi Costatino e Giovanni Colombo fu Pietro, suoi cugini domiciliati in Urago Mella, mentre quelli della sua camera vanno al cugino Rodella Girolamo di Collebeato. „Inoltre i miei eredi universali dovranno pagare le spese dellÊultima mobilia i debiti se ne troveranno la spesa del funerale modesto che esse crederano con cera secondo tariffa della parocchia al obito chiameranno le Madri Cristiane del paese di Concesio e le afituali a ciascuna candella di grami 250 circa, il giorno doppo ci faria lÊuficio coi sacerdotti della Parocchia e che entro un anno si faccia celebrare cento messe sia per me sia per tutti i miei defunti inoltre averto i miei eredi che se morissi lontana dalla Parrocchia di Concesio sia fatto trasportare il mio cadavere nella tomba di famiglia ristaurarla se ne a bisogno e che entro tre mesi sia fatto incidere il mio nome con quello dei miei cari‰. In altro foglio aggiunge un „codicillo‰ manoscritto (post 1906) con il quale nomina esecutore testamentario Giorgio Montini e afferma invece che, „prelevate tutte le spese ed eventualmente una parte per miglioramento della casa di abitazione del curato e della compera di un area a scopo di raccogliere la gioventù maschile a scopo oratorio (se il R.do Arciprete è dÊaccordo) intendo che il resto del mio avere sia perpetuamente consumato a beneficio dei poveri vecchi del paese, gli impotente al lavoro e i più meritevoli di soccorso, cioè i non viziosi7‰. In questa clausola del testamento 1906 cÊera quindi già, in nuce, lÊintuizione di aiutare i poveri del paese (solo i vecchi!), mancava invece lÊintuizione di far continuare lÊesperienza della sala di custodia per bambini; forse a questa nuova redazione non è estranea la figura di Giorgio Montini, uno dei protagonisti della vita sociale dellÊepoca. Bisogna a questo punto sottolineare il fatto che la Antonelli svolgeva, parallelamente al volontariato con i bambini, una pia azione di distribuzione di minestrone e pane per tutti i poveri del paese: tale attività, che era assai diffusa fin dallÊOttocento in tutto il bresciano, beneficiava un numero di miserabili oscillante tra i 10 e i 20 utenti, a seconda delle diverse congiunture economiche. NellÊagosto 1906 però sappiamo per certo che il Comune di Concesio si era fatto vivo dalla Antonelli in maniera diretta: era un chiaro segnale dellÊimportanza (ormai una necessità) del servizio di asilo in Campagnola, dallÊaltra parte invece era anche spia di una visione più moderna dei servizi assistenziali, che cominciava a superare lÊidea di bisogno in senso stretto, per allargarsi ad una visione innovativa, che migliorasse la qualità della vita degli abitanti del paese. „Concesio 11 maggio 1907: Egr. Sig. Sindaco, in risposta alla di Lei lettera in data 28 aprile. LÊavverto, che qualora non vi sia in comune altra benefica persona che si assuma di concedere gratis il locale per lÊasilo e lÊabitazione per le Suore io sottoscritta sono sempre disposta a mantenere la parola data alla commissione venuta in casa mia nellÊagosto dello scorso anno, e cioè io cederò gratuitamente la sala per lÊAsilo e lÊabitazione delle Suore; siccome poi mia intenzione dividere il cortile con rete metallica, cederò anche un altro locale che mette sulla strada per Cadebosio il quale dovrà servire per passaggio e per parlatorio. Andrà in effetto questa mia concessione collÊ11 novembre 1907 e qualora abbia da loro regolarmente firmato i patti che le trascrivo in qui unito foglietto e senza dei quali io non mi obbligo di concedere la casa stessa. Con stima mi professo dev.ma Antonelli Teresa‰.
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Il memoriale dell’asilo Antonelli che inizia alla morte della fondatrice
Quindi, dallÊinverno 1907, lÊasilo riaprirà, a conduzione pubblica, grazie alla donazione dellÊedificio e quando la Antonelli morirà, la sua esperienza caritativa si prolungherà ancora per decenni, in qualche modo fino al tempo attuale; lÊasilo da lei fondato verrà al suo nome intitolato, ed anche il tratto di Triumplina dalla Levata al bivio per Cadebosio verrà denominato per vari decenni, in memoria della benefattrice „Contrada Antonelli‰. Tutta la proprietà Antonelli passata al Comune può essere quantizzata nei seguenti beni: contanti su due diversi conti, uno presso la Cariplo e lÊaltro presso la Banca S.Paolo, 200 £ lasciate per la realizzazione della casa curaziale realizzata nel 1909 in una cascina, gli immobili „Fondo Levata e Campagnola‰ (approfonditamente analizzati da un perito agrario che ne valutò il giusto prezzo in base alle piante ivi coltivate) con annesso fabbricato di 31 vani (che vennero presto tutti venditi nel marzo 1909): tutti questi beni dovevano servire a proseguire anche post-mortem (tramite vendita e affittanze temporanee) lÊattività assistenziale della Antonelli, lÊasilo gestito con lÊaiuto di religiose e la refezione quotidiana „per gli impotenti‰, che nel 1909 assommavano a circa una ventina. Il testamento ufficiale e definitivo era stato redatto il 14 ottobre 1907 (notaio Serafino Chiappa – Concesio) e se ne trascrivono qui le parti di interesse „pubblico‰: tolti alcuni beni mobili e legati in contanti per alcuni famigliari „(⁄) nomino erede generale dÊogni rimanente mia sostanza la Congregazione di Carità di Concesio, perché adempia le seguenti mie intenzioni: Venga continuato nella mia casa, lÊattuale Asilo per lÊinfanzia, diretto però da Suore, di un ordine ecclesiasticamente approvato. Venga insieme istituita nella predetta mia casa, sita in Campagnola Sotto di Concesio, una cucina economica, a vantaggio dei poveri e povere, vecchi impotenti al lavoro e precisamente di quelli delle Frazioni di Concesio, denominate: Campagnole, Artignago, Cadebosio, Cavezzane e, Roncaglie e Pieve, e ciò per la distribuzione di una minestra al giorno, per ciascun povero, e possibilmente anche di un pane (⁄)‰.
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Asta 1909 di affittanza di fondi ex-Antonelli
Entrate-Uscite dell’asilo Antonelli nell’anno scolastico 1910-1911, uno dei primi anni di attività a gestione comunale
GIORGIO MONTINI E CONCESIO
Giorgio Montini nacque a Brescia il 30 giugno 1860. Líambiente di Concesio offriva molteplici occasioni per stringere relazioni che sarebbero diventate poi delle autentiche e durature amicizie: proprio lo sforzo profuso da Giorgio Montini e dal fratello Giuseppe per il paese sono la conferma più evidente di un sincero e impegnativo interesse per la comunità.
Terminati gli studi superiori con un alto profitto, Giorgio Montini iniziò a frequentare la facoltÚ di Legge allíUniversità di Padova e ad impegnarsi nel Circolo della Gioventù Cattolica. Nel 1881, a soli 21 anni venne chiamato alla direzione del quotidiano "Il Cittadino di Brescia", il giornale battagliero dei cattolici bresciani d'avanguardia. Attraverso il giornale sostenne battaglie intense come quella contro lo zanardellismo, per un impegno sempre più aperto alla partecipazione dei cattolici alla vita pubblica. Nel 1882 ottenne la laurea in giurisprudenza all'Università di Padova. Dal 1890 diresse tutte le battaglie elettorali dei cattolici che uscirono vittoriosi nelle elezioni del 1895. In questo stesso anno divenne consigliere comunale a Concesio e vi rimase fino al mese di novembre del 1908 quando venne eletto Sindaco nello stesso Comune, carica che ricoprì solo per alcuni mesi perchè gli impegni in città divennero sempre più pressanti e intensi. Giorgio Montini trascorreva sempre più tempo nella casa di Concesio per assolvere ai numerosi impegni assunti nellÊAmministrazione del Comune, nella fondazione di circoli e associazioni, nella stessa gestione della proprietà e, soprattutto, nellíincontro con gente di ogni ceto che veniva per un consiglio o un aiuto concreto, anche di lavoro. A Concesio la moglie, assieme al primo figlio Lodovico, lo raggiungeva nella tarda primavera per passarvi tutta líestate e la prima parte dellíautunno
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poichè il marito, abile cacciatore, aveva costruito sul colle Verdura, alle spalle della casa, un capanno per la caccia e di frequente vi andava per praticare quello sport tanto caro ai bresciani. Sotto il grande pergolato che faceva da baldacchino ad una lunga tavola di marmo, convenivano per lunghe conversazioni i notabili, i politici, gli operai e tutti coloro che partecipavano attivamente alla vita del comune valtrumplino e della stessa città di Brescia. Da questo luogo, lontano dal frastuono e dalle influenze cittadine, venivano prese decisioni ed interventi risoluti per affrontare i problemi più scottanti del momento. Montini sostenne proprio in questa casa le lotte degli operai di Concesio e della Valle Trompia, specialmente nel 1909-1910 e spinse il parroco e i più attivi cattolici del paese a fondare un Circolo Operaio Cattolico alla cui inaugurazione partecipò con grande gioia. Nella casa di via Rodolfo vennero inoltre ospitati più volte convegni e riunioni di lavoratori, con il solo scopo di stimolare tutti ad una azione sociale in favore dei più umili e indifesi cercando di rafforzare e potenziare una presenza cristiana in tutti gli ambiti che il mondo del lavoro poteva offrire. Nel 1911-1912 riusc˛ ad organizzare un folto gruppo di concesiani che si riunirono per dar vita ad una Commissione che aveva lo scopo di far erigere una chiesa per la popolazione di Codolazza e Costorio, data la non poca lontananza che avevano con la Parrocchiale. Partecipò inoltre molto attivamente alle opere assistenziali e fu amministratore assiduo dellíasilo di Concesio anche in tempi di delicate questioni di eredità, per assicurare allíasilo un patrimonio indispensabile e permettere che tutti i beni di proprietà Antonelli non andassero dilapidati. Per reagire allíegemonia zanardelliana favorì in tutte le maniere líistituzione del Comitato Parrocchiale che a Concesio fu tra i più attivi della provincia. Questo Comitato aveva come scopo prin-
cipale la difesa della religione cristiana contro gli ìattacchiî cruenti, o talvolta velati, di coloro che ostacolavano, con accanimento, le opere ecclesiali. Se tanto era il suo impegno in parrocchia e tra gli operai, altrettanto lo fu nellíAmministrazione Comunale. Come consigliere comunale il suo nome appare per la prima volta, nei documenti d'archivio del Comune di Concesio agli inizi dellíanno 1888, nel Verbale di "Nomina di metà della Giunta Municipale". Nel Verbale del 9 dicembre dello stesso anno, viene eletto come assessore con sei voti, sostituendo il sig. Rovetta Gianbattista. Dopo questa nomina, egli presenzierà a quasi tutte le riunioni della Giunta Municipale. Nel Verbale del Consiglio Comunale del 5 ottobre 1890, il dott. Giorgio Montini venne eletto Soprintendente alle Scuole locali. Nel 1919, venne eletto deputato al Parlamento Italiano e vi rimase fino al 3 novembre 1916. Terminato questo impegno, si ritirò completamente dalla vita politica, dedicandosi solo alle opere cattoliche, alle iniziative culturali, religiose, di beneficenza a Concesio e Verolavecchia. Ebbe tre figli: Lodovico, laureato in giurisprudenza, Giovanni Battista, futuro Paolo VI e Francesco laureato in medicina. Giorgio Montini morì a 83 anni a Brescia il 12 gennaio 1943 alle ore 19.30. (scheda a cura di Claudio Fiorini)
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2.1 Il problema degli asili a livello comunale
Considerata la vastità del territorio e lÊassenza di mezzi di trasporto adeguati, era sempre stata sentita a Concesio la necessità di accedere ai servizi, fossero essi scuole, asili o anche chiese. AllÊinizio del Novecento, in particolare, lÊesigenza di tutelare i bambini, spesso abbandonati per necessità dalla famiglia per molte ore del giorno si fece particolarmente pressante. LÊesperienza privata dellÊasilo di Campagnola gestito da Teresa Antonelli aveva fatto nascere nel 1904, in stretto parallelismo, un analogo servizio a Costorio, alla periferia nord del Comune. Tale struttura "raccoglie(va) anche bambini appartenenti a famiglie assolutamente povere", caratteristica presumibilmente in linea con l'esperienza gestita dalla Antonelli per i bambini delle zone a sud della Pieve. La necessità fondamentale che rese necessaria la struttura di Costorio è reperibile in una delibera del consiglio comunale del 10 giugno 1906 in cui „(⁄) il signor presidente comunica al Consiglio come (⁄) il continuo aumento della popolazione, e il progressivo incremento industriale ed agricolo coi pericoli che i nuovi mezzi di trasporto, lÊaumentato passaggio sulle vie e specialmente sulla nostra strada provinciale traggono seco, producendo frequenti disgrazie, risulta evidente la necessità di provvedere alla sicurezza e protezione dei nostri bambini che talvolta non sufficientemente custoditi ignari dei pericoli che ne inficiano la vita, periscono, vittime innocenti dellÊaltrui trascuranza. – Tale discorso ormai generalmente sentito inspirò la benemerita persona di questo comune il proposito di provvedere allÊistituzione di unÊasilo nelle frazioni meridionali del comune sostenendone per la maggior parte anche la spesa. Ma per le frazioni superiori non erasi preso alcun provvedimento e frattanto nello stesso anno con lÊaiuto di altre benemerite persone, fu possibile provvedere in qualche modo senza pure raggiungere lo scopo mancando (⁄) locale personale (⁄). Si chiede pertanto la costruzione di un asilo Costorio - Codolazza e lÊistituzione di una commissione comunale‰ ad hoc. Per quanto possa apparire oggi paradossale, anche allÊepoca la strada faceva paura, nonostante il fatto che i motori non fossero ancora sostanzialmente arrivati e alcune lapidi antiche in pietra testimoniano ancora oggi sulla Triumplina investimenti mortali di cittadini da parte di carri. Le strutture per lÊinfanzia, in questÊepoca pionieristica rappresentavano per molti bambini il primo e unico rapporto con le istituzioni pubbliche: non erano passati molti anni da quando il consigliere comunale Giorgio Montini in data 14 novembre 1899 scriveva alla giunta comunale di Concesio riguardo alla „stragrande numero di mancanze alle lezioni‰ scolastiche da parte degli alunni e richiamava alla legislazione vigente. In ogni caso, bisogna però pensare a queste prime strutture assistenziali come a luoghi estremamente semplici e spartani: una o due stanze, una fontana o pozzo almeno nelle vicinanze, delle latrine, una o due donne e una miriadi di bambini (anche 40/50) che venivano –in questa fase iniziale- sostanzialmente controllati. Il 16 settembre 1907, in prossimità dellÊinizio del nuovo anno scolastico, il Consiglio Comunale decide di risistemare e adeguare a nuovi standard le due sedi dÊasilo di Campagnola e Costorio, che vedono così per
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Il resoconto della visita dell’Ispettore scolastico all’asilo di Costoro (1906)
la prima volta intrecciarsi in maniera definitiva le loro sorti parallele: „Onorevole Consiglio, La Giunta Municipale convinta della necessità che sia provveduto alla sistemazione in asili per lÊinfanzia delle due sale di custodia sorte in questo Comune per lodevoli e filantropiche iniziative private e fin qui pure con caritatevoli concerti sostenute; crede toglierle alla precarietà in cui attualmente si trovano ed anche per approfittare dei provvidi sussidi che un potente istituto di beneficenza è disposto ad accordare, è venuta nel proposito di dare esecuzione ai voti già altre volte espressi da questo On.e Consiglio proponendo che le due sale di custodia siano trasformate in Asili il I per le contrade superiori, in Asilo di Costorio ed il II° per quelle inferiori in Asilo di Campagnola. Un unico statuto da compilarsi da apposita Commissione, pur contenendo quelle speciali disposizioni, che potranno essere ritenute necessarie, darà le regole generali per il loro funzionamento e la loro amministrazione⁄‰ (segue discorso sui costi ipotetici e sulle fonti dÊentrata preventivate). Il „potente istituto di beneficenza‰ era la Cariplo che infatti nel 1907 stanzia fondi „pel migliore assetto dellÊasilo di Campagnola‰. Tale fermento innovatore non era casuale: il 5 aprile 1906 il Regio Ispettore scolastico visitò lÊAsilo InfantileSala di Custodia di Costorio; ecco la sua relazione risalente allÊanno successivo allÊapertura da parte del Comune: „La sede dellÊAsilo infantile di Costorio è assolutamente disadatta. LÊunica stanzetta che vi è, deve accogliere venti, trenta e più bambini, e nelle giornate piovose tenerli per più ore di seguito, mentre non misura che nove metri quadrati circa di pavimento; il cortile poi à il gravissimo inconveniente di due mucchi di letame, che specialmente nelle stagione estiva non potranno che essere di grave danno alla salute dei teneri alunni. Compio, pertanto, il dovere di avvertire la S.V. della necessità di tramutare lÊAsilo stesso in locale più adatto e conveniente, almeno dal punto di vista igienico. Attenderò una risposta, che desidero cortesemente sollecita, prima di adempire totalmente al mio dovere collÊinformare della cosa la Superiore Autorità. In questÊoccasione prego la S.V. di farmi sapere a cura di chi e quando è sorto il nuovo istituto, con quale mezzi vive e da chi è amministrato, Con osservanza‰
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2.2 Da asilo privato a struttura pubblica: la donazione Antonelli e le difficoltà nella gestione del personale Tornando invece allÊasilo di Campagnola, il presidente dellÊasilo nel 1913 informa che lÊente „ora denominato Antonelli, sorse nellÊanno 1891-8/1 a cura della compianta e benemerita signore Teresa Antonelli, la quale morendo lega ogni suo avere alla Congregazione di Carità locale, collÊobbligo a questa di mantenere lÊasilo nella propria casa diretta da suore di ordine religioso. Siccome però la stessa benefattrice faceva pure obbligo di dare una minestra e un pane ai vecchi, poveri ed inabili al lavoro, detto onere viene quasi ad assorbire tutto lÊinteresse del patrimonio legato in beneficenza così da lasciare allÊasilo il solo beneficio dellÊuso dei locali gratis consistenti in unÊampia sala per la scuola dÊasilo, di tre per uso abitazione delle suore, e di altre due per la distribuzione della minestra e per la cucina. LÊasilo non è eretto in ente morale, ma viene amministrato da una commissione nominata dal Consiglio comunale. LÊanno scolastico dura quanto quello delle scuole elementari, e gli inscritti raggiungono i 96. (note in matite: 110 – i frequentanti 80). LÊasilo è diretto dalle RR.de Suore Canossiane (cancellato e corretto con Poverelle) e lÊinsegnante possiede il diploma di abilitazione conseguito a Breno (Val Camonica) il primo ottobre 1911; il metodo di insegnamento è il Frabelliano misto con Aportiano, che da ottimi risultati. Con ciò io scrivente credendo dÊaver dato completo esaurimento alla circolare sopra citata confida che anche questÊanno codesta Onorevole deputazione vorrà col proprio sussidio venire in aiuto a questa benefica e provvida istituzione e perciò anticipa le più vive grazie. Con perfetta osservanza, per lÊasilo il presidente. Concesio V.T. li 7 dicembre 1913.‰ Prima delle suore Poverelle, alla morte della Antonelli, si erano già contattate le Canossiane, ma erano in seguito sorti forti contrasti tra gli amministratori e le religiose. Sulla loro situazione economicamente difficile ci informa una lettera da Castelletto sul Garda del 10 agosto 1907: „Onorev. Signor Sindaco, il Rev.mo Superiore approva quanto fu stabilito a voce con la R.da Vicaria, riguardo codesto asilo pel corrente anno scolastico. Però approfittando di sua bontà, si raccomanda alla S.S. On. Perché lÊopera delle Suore venga riconosciuta e contribuita di quando in quando, massime da parte delle famiglie, con qualche offerta, anche in generi (⁄)‰, ma, più in generale, lÊesperienza non dovette rivelarsi positiva se, dopo un anno, le religiose verranno „dimesse‰, sembra di intuire per problemi col sacerdote della Pieve, forse legati ad alcuni pagamenti poco chiari. Il Sacerdote allÊepoca, Don Bonomini, era un personaggio alquanto rude e deciso. Il Consiglio Comunale prenderà atto della situazione in una seduta pubblica: „30 agosto 1908 Copia di deliberazione del consiglio comunale di Concesio, Seduta Straordinaria. Presenti⁄ (Omissis) il consiglio viene informato delle dimissioni date dalla commissione per lÊasilo Antonelli in seguito al licenziamento delle monache incaricate di reggere il medesimo e ciò allÊinsaputa della commissione e della Autorità Comunale dalla quale lÊAsilo dipende molto più che non fu possibile conoscere il motivo di tale licenziamento; ed il signor Comassi, membro della commissione, dichiara che la stessa insiste nel mantenere le dimissioni date. Il Consigliere sig. Montini cerca di districare lÊequivoco (⁄) della vertenza consigliando che si dimentichi il passato e che per lÊavvenire le monache (e il personale il genere) vengono assunte e mantenute con accordi regolari fatti collÊintervento della Commissione e del Municipio. Prega siano ritirate le dimissioni. Gli altri consiglieri si associano al signor Montini, ed il Signor Comassi dichiara di assentire anche a nome degli altri membri‰. In unÊaltra lettera di afferma: „EÊ stata una sorpresa per questa amministrazione Comunale il trasloco improvviso della R. Suor Emiliana Superiora dellÊAsilo di Campagnola, essendo ora le suore alle dipendenze del Comune, prima di prendere una minima decisione, credo fosse stato obbligo di V.S. informare que-
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stÊamministrazione, se non per altro, per appurare la verità riguardante alle lagnanze riferite a V.S. a carico della Superiora stessa. I sottoscritti possono assicurare la S.V. che Suor Emiliana ha qui sempre tenuto una condotta irreprensibile, amante tanto dei bambini dellÊasilo , quanto delle giovinette che raccoglieva tutte le feste nel suo ricreatorio, di modo che la sua partenza è rimpianta da tutta la popolazione di Concesio; solo non era benevisa dal nostro Arciprete, perché sapeva dire la sua ragione, e non intendeva sottomettersi ciecamente al suo volere come egli pretendeva anche per schivare dicerie, come purtroppo ne vennero fatte a carico della Madre Francesca‰. Un altro documento riguarda una recriminazione sindacale di una maestra (1909) riguardo allo stipendio, ma appare invece di minore interesse. Don Bonomini, piccato anche del fatto di essere stato escluso dalla commissione per lÊAsilo di Costorio, di dimise dalla „Commissione pel futuro cimitero‰, affermando con ironia che la Giunta credeva „che per cariche consimili occorra una cultura scientifica che il Parroco non ha‰ (egli era un geologo ben conosciuto a livello bresciano8). Il cambio delle religiose fu effettuato in data „22 settembre 1909 - le Suore dellÊIstituto Palazzolo di Bergamo. v. Poverelle fecero il loro ingresso a Concesio per assumerlo la Direzione dellÊAsilo Antonelli e quella pure della Cucina pei poveri e vecchi. Il Comune di Concesio possiede una copia delle condizioni stabilite fra il Comune stesso e le R. Suore. LÊOnorario è di ital. £ 900 annuale, del quale si è già incominciato a versarsi £ 75, il 1° mensile dai 12/10 ai 12/11 1909. A formare lÊonorario concorrono il Comune, la Deputaz. Le tasse settimanali dei Beneficiari, e se occorrerà anche la generosità della Commissione approvata dal Comune in seduta Consigliare in data 24-10-1909. La Commissione è composta dai Signori: (nomi di 12 membri). Nomina delle cariche: Presidente Napoleone Comassi, Segretario e Cassiere confermato Bonomini (sacerdote)‰. Proprio in questo periodo si inizia a pensare ad una sistemazione consona degli spazi e si allude a un preventivo dellÊingegner Trebeschi con disegni e alla necessità di reperire fondi. Luigi Rossi, che allora stava iniziando la sua ascesa politica, fa da tramite con il Ministro dellÊIstruzione pubblica. Nel febbraio 1909, le suore di Campagnola scrivono che „allÊapertura del nuovo anno (1910-1911) scolastico cercheremo di aprire codesto asilo. So che V.r. attende una risposta decisiva riguardo il muro di suddivisione del cortile; ebbene tutto considerato noi saremmo del parere di innalzare il muro già incominciato fino allÊaltezza di un metro e sessanta circa e quindi farvi un riparo dellÊaltezza di un altro metro con una cancellata di ferro.‰ Chiedono inoltre che la camera da letto pavimentata in legno si pavimenti in ceramica e si provveda allÊacqua domestica.
2.03 Vita d’asilo Come già visto in precedenza, lÊesperienza dellÊasilo per bambini e della distribuzione di un pane e un piatto di minestra era stata iniziata spontaneamente e in modo del tutto personale da Teresa Antonelli, forse con lÊaiuto di qualche famiglia meno povera del paese (forse gli stessi Montini). Con il crescere delle richieste dellÊuna e dellÊaltra forma di carità, si ipotizza che sia stato coinvolto il Comune, tramite quella che allora era definita „Beneficenza pubblica‰ gestita tramite la Congregazione di Carità. Oltre alla partecipazione pubblica cÊera certamente la partecipazione di privati (il già citato Rossi, per esempio), ai genitori dei bambini frequentanti veniva richiesta una piccola retta, almeno per la mensa, ed infine sappiamo per certo che esisteva una beneficenza di varie forme, anche in natura, che invitava i concesiani a contribuire alla vita dellÊistituzione.
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Una classe di alunni dell’asilo Antonelli (1937). Foto Archivio Giacomo Dallera.
Il saggio dell’Asilo di Concesio sulle pagine de “Il Cittadino di Brescia”, 7 agosto 1912
Una forma molto simpatica era rappresentata dai „proventi da rappresentazioni drammatiche a favore degli asili infantili‰ che troviamo citate in un documento del 1904, iniziativa che ci presenta uno spaccato della gestione della vita paesana: in tale occasione si ricavò infatti una cifra di „lire 59.20 delle quali lire 50.00 allÊasilo di Campagnola, circa lire 9.20 allÊasilo di Costorio‰. Dal piccolo bilancio delle entrate –uscite possiamo ricostruire lo svolgimento di questÊattività: vengono acquistate 500 buste e 500 cartoncini stampati per la rappresentazione che è a cura della „Società dilettanti Concesio‰; lo spettacolo viene replicato per nove serate: il prezzo varia da venti a cinquanta centesimi a seconda della serata; „lÊultima serata si raccolsero £ 19 che andarono a beneficio dellÊasilo di Costorio‰. Per quanto riguarda le uscite esse furono devolute a „Giuseppe Remida per colori, carta e chiodi, a Franciosi per colori e chiodi, crespo e nolo parrucca, calzolaio, tubi per lucerne, Sedie nolo e vettura, Farina bianca per colla 5 Kg e candele, 8 fiaschi petrolio, vino, falegname, vino per attori e operai, mancia alla donna e ai ragazzi, una giornata al fornaio, un metro rimesso‰. In un articolo del 1912 (tale consuetudine durò ininterrottamente fino alla soppressione dellÊasilo) il Saggio annuale viene definito come uno spettacolo di recite, canti ed esercizi ginnastici, seguito dal regalo di dolci e giocattoli per i bambini. Per quanto riguarda lÊAsilo di Costorio, abbiamo invece solo notizia di una „piccola lotteria di beneficenza‰ effettuata nel settembre 1905.
2.04 La questione dell’ubicazione degli asili e altre problematiche La prima difficoltà che divise la popolazione di Concesio fu riguardo al numero e alla localizzazione delle sedi degli asili: nel 1901, in una lettera alla giunta Comunale di Concesio, troviamo la richiesta di apertura di un Asilo per i bambini di Concesio e Costorio da parte della popolazione (seguono le pagine con firme) da fare gestire alle suore della Sacra Famiglia già operanti allÊasilo eretto in Campagnole dallÊAntonelli. Nel 1905 i costoriani si impegnarono ancora per ottenere un asilo non sperimentale, ma strutturato e organizzato: „Onorevole consiglio Comunale di Concesio - I sottoscritti capi-famiglia delle Contrade di Costorio, Codolazza e Concesio, convinti per breve esperimento fatto dellÊutilità somme che un asilo infantile può apportare ai bambini, per la cui educazione e custodia non vi hà altro mezzo comune allÊinfuori dellÊAsilo, e considerando che lÊasilo quale e come si è finÊora iniziato da un anno non sembra avere che un carattere provvisorio, e considerando inÊoltre, chè, acciocché il detto asilo abbia maggior probabilità e mezzo di vita durevole lÊopera di privati per quanto volonterosa, forse non basta, domandano a questo On.e Consiglio Comunale: I° Che il Comune, pur serbando tutti i riguardi possibili a chi può aver già fatto del bene al detto asilo, si valga dellÊopera ed autorità sua, facendo parte precipua se occorre dellÊamministrazione acciocché dalla Cassa Risparmio di Milano e dalla Deputaz. Provinciale di Brescia di Brescia si ottenga quanto occorre e quanto è sufficiente intanto per avere una sala apposita e propria allÊasilo:
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II° Che detta sala sia fabbricata in Contrada di Costorio o quanto più vicino è possibile, in modo che sia facile, e non solo possibile, la frequenza alla scuola dellÊasilo ai bambini delle tre Contrade di Concesio, Costorio e Codolazza. III° Che il Comune ad imitazione di altri Comuni benemeriti, assegni allÊamministrazione del detto asilo un poÊ di sussidio, almeno fino a chè si possano avere altri sussidi da Milano e da Brescia, acciocché il detto asilo possa avere una vita migliore (⁄). (Firma di 5 capifamiglia di Codolazza, 30 di Costorio, 25 di Concesio)„. Anche il cav. Luigi Rossi, dopo essere entrato nel luglio 1906 nella Commissione dellÊAsilo Infantile di Costorio, „quale opera di beneficenza –disse- di cui ho sempre desiderato il sorgere‰, in data 18 giugno 1907 inviò una lettera su carta intestata della sua ditta in cui informava il Comune sul contributo di lire 3.000 per lÊerezione dellÊasilo. Tutti questi sforzi congiunti permisero di realizzare una seconda nuova struttura pubblica. La relazione finale sullÊAsilo „Costorio, sito in Concesio Via Costorio Diretto dalla maestra Signora Coltrini Guglielmina‰ così recitava: „Fondato 1907, non è ente morale, dipende dal Comune, possiede una aula buona, acqua di pozzo, con cortile, arredamento insufficiente e mediocre, è una sala di custodia, a pagamento per tutti, £ 2 al mese, refezione calda tutto lÊanno, a pagamento (cent. 30 al giorno) una maestra laica, e una persona di servizio, 41 bambini iscritti (maschi 23 e femmine 18)‰. In realtà, oltre allÊasilo di Costorio e a quello di Campagnola, una terza struttura stava iniziando, nei primi anni del Novecento, a muovere i suoi primi passi: più che unÊasilo doveva essere allÊepoca una „sala di custodia‰, gestita da donne e non da maestre, senza particolare esigenze didattiche e serviva alla frazione di S.Rocco, ma soprattutto alle centinaia di donne che dalle varie parti del paese (e anche da fuori) venivano ogni giorno presso la „Manifattura Rossi‰. Ovviamente lo stesso Luigi Rossi, allÊepoca potente industriale a livello provinciale (fu anche eletto Presidente della Camera di Commercio di Brescia), nonché consigliere provinciale e consigliere del Comune, pose direttamente la questione nel 1908: in una seduta del Consiglio Comunale il cui tema era „Sulla scelta dellÊerigendo asilo infantile ora a Costorio‰: lÊAsilo di Costorio si trovava infatti in una casa affittata e si voleva decidere, „senza tendenza di particolari egoismi‰, per una sede pubblica definitiva, utile per le frazioni settentrionali. Tra i vari consiglieri e in particolare tra il Rossi, Giorgio Montini e Domenico Nassini nacque unÊaspra discussione: Luigi Rossi „dimostra, esponendo le distanze delle singole frazioni dalla Casa Comunale, come quella località, con lÊannesso brolo, che è di proprietà comunale (a S. Rocco) sia la più centrica avuto riguardo (⁄) al escrescente aumentare della popolazione nelle vicinanze della Via Concesio e dello Stabilimento industriale ivi esistente‰ (il suo). Domenico Nassini „si dichiara sorpreso dalla proposta del Cav. Rossi e osserva che da Costorio, parti lÊiniziativa dellÊAsilo, e che per esso venne concesso il Sussidio della Cassa di Beneficenza di Milano. Costorio e Codolazza da soli fecero sacrifici e sempre si dimostrano disposti a farne; inoltre offre più conveniente la località proposta in Costorio per il mite costo dellÊarea, per la volontaria cooperazione, per le offerte già assicurate (⁄)‰. LÊassessore Napoleone Comassi propone un referendum e il Rossi, da parte sua, dichiara di accettarlo. „Il Consigliere Dott. Giorgio Montini, dopo aver ascoltato le diverse opinioni, dichiara che, come appartenente a Concesio e per le ragioni che ritiene giuste a riguardo della località più centrica, è preferibile Concesio, non senza però che esistano buone ragioni per trascurare le aspirazione di Costorio e Codolazza, le quali frazioni hanno il merito dellÊiniziativa e lÊapertura dellÊasilo, e la continuazione del medesimo è ad essi dovuta. Ritiene fuor di luogo e prematura questa sentenza (⁄); ritiene ad ogni modo preferibile al Referendum, a votazione del Consiglio essendo a favore del primo la prevalenza nel numero (⁄)‰. Effettuata la votazione, solo i consiglieri Angelo Adami, Samuele Figaroli, G. Battista Bosio e lÊassessore Domenico Nassini voteranno a favore di Costorio, mentre verrà scelto di creare un vero e proprio asilo
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nuovo a Concesio, con nove voti a favore. A nulla era valso lÊescamotage di trasformare lÊasilo di Costoro in Ente Morale del Comune di Concesio, tentato come ultima spiaggia appena prima della discussione consigliare e neppure il parere favorevole della Commissione per gli asili comunale. Da parte loro i concesiani avevano preventivamente sottolineato, oltre alla distanza geografica tra Campagnola e Costorio, che „lÊasilo a Concesio (⁄) riuscirebbe un asilo salubre, elevato, di una certa bellezza estetica‰. Altre motivazioni quantomeno „curiose‰ furono addotte nelle varie lettere: Costorio era troppo vicino al Tramvai che „potrebbe deragliarsi essendo lì una curva delle rotaie‰, lÊaria „troppo rigida e frizzante del Monte Guglielmo porterebbe certo in Inverno molti raffreddori e bronchiti e doglie ai poveri fanciullini e che quindi noi la diciamo unÊaria infelicissima‰, lÊAsilo è troppo lontano dalla Pieve per le Monache che devono dirigerlo ecc. Per quanto riguarda le polemiche e la pretestuosità delle motivazioni addotte nella discussione comunale, non bisogna dimenticare che, come già ricordato, la litigiosità politica che caratterizzava questa fase della storia del Comune sarà uno dei motivi principali del commissariamento del 1914. „Stia lontana lÊombre elettorale, si sia possibile, giusto si pensi con la mente scevra di preconcetti‰ – ammoniva un gruppo di cittadini e lÊesortazione era stata effettivamente corretta, anche se inutile. Una lettera di privati cittadini, conservata nellÊarchivio storico comunale, ci permette infatti di ricostruire lÊepisodio che fece cortocircuitare tutte le discussioni sulla localizzazione della nuova sede. In due distinti articoli de „La voce del popolo‰ del febbraio 1914 (ben 6 anni dopo le precedenti polemiche) infatti la discussione, questa volta tra Costorio e Campagnola tornò in auge, ma ancora più veemente. Tali articoli, che non è stato possibile reperire, riguardavano, ad anni di distanza, questioni riguardo a un finanziamento Cariplo di £ 3.000 da ripartire sulle diverse sedi dÊasilo ed ovviamente i pareri non erano ancora una volta concordi. I cittadini di Costorio così commentarono polemicamente i due interventi: „ (⁄) ora abbiamo potuto sapere che le 1500 £ (contributo per lÊerigendo asilo di Costorio) sono depositate su un libretto, e che è solo lÊinteresse di questi (i rappresentanti dellÊasilo Antonelli) che serve a provvedere allÊAsilo di Campagnola. Abbiamo rilevato che non si è ancora data mano alla costruzione dellÊAsilo, perché il Ministero non ha ancora approvato il Progetto, e che il Comune a buon conto ha già stanziate per lÊopera £ 8000? Fosse almeno vero! Abbiamo piacere a saperlo, e ne terremo conto, aspettando, che gli eventi vengano a dar ragione al Corrispondente della Voce e così acquietare i malcontenti e rendere la desiderata pace nel Paese. Or bene adesso sappia, Egregio Sig. Commissario, che noi abbiamo determinato di lasciar correre come siamo dÊaccordo (⁄), perché vengano da Lei fatte pratiche per affrettare lÊapprovazione del Progetto‰ e trovati adeguati sussidi. In tutta risposta, Napoleone Comassi si dimise polemicamente dalla presidenza dellÊAsilo Antonelli „Concesio lì 30 giugno 1914. Egregio Sig.r Commisario, dopo tutto ciò che si è detto, a mio riguardo, trovo doveroso dimettermi dalla carica di Presidente dellÊAsilo Antonelli. (⁄)‰ generando così una situazione di stallo e di scandalo che fu risolta solo grazie alla presenza del Commissario prefettizio, che nellÊaprile del 1914 decise di „passare a questa categoria tutta la somma che oggi risulta disponibile sugli art. 55 e 56 del bilancio comunale 1914 affinchè la Congregaz.ne stessa completi lo stanziamento destinato alla somministrazione dei medicinali ai poveri e provveda essa sola in conformità dei ritiri discrezionali dellÊOpera Pia per sussidio baliatico e per altri di beneficienza‰. Le motivazioni della discussione tra gli abitanti ritornavano ancora una volta al tema dellÊaumento della popolazione totale quasi raddoppiata, della pericolosità della strada Triumplina e alla dispersione territoriale: Concesio è „un Comune composto di dodici frazioni sparse sopra un territorio di dodici chilometri quadrati e separate lÊuna dallÊaltra da una distanza che varia da m. 500 a due chilometri, con strade perico-
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Bando per il concorso comunale di nomina della maestra dell’asilo (1923)
lose al transito dei bambini perché percorse da tramvai e continuamente frequentate da automobili, biciclette e veicoli comuni (⁄). Un più ponderato esame delle cose pose infatti in evidenza che il regolare servizio di assistenza dei bambini esigeva tre distinti asili e cioè: uno per la parte superiore del Comune, servente per le frazioni di Costorio con Codolazza (abitanti 495), uno per la parte inferiore servente per le frazioni di Campagnola e Artignago e uno a Concesio (⁄)‰; ovviamente le finanze comunali erano come sempre „poco floride‰. Già dal 1908 Angelo Remida, storico Segretario comunale, si era interessato presso lÊOn. Angelo Passerini per far ottenere un ulteriore contributo (sul fondo „Umberto Principe di Piemonte‰) per lÊAsilo di Campagnola, subordinato al fatto che esso fosse ovviamente un vero asilo e non una sala di custodia. Il Rossi, da parte sua, si adoperò presso il Ministro dellÊistruzione tramite il Sen. Ugo da Como, ma anche lÊopposizione costoriana aveva giocato le sue carte nella discussione, rimarcando il fatto che il contributo di £ 3000 era tutto per lÊasilo di Costorio e non solo metà; se poi i bambini di Concesio non utilizzavano lÊasilo di Costorio non era certo colpa loro – argomentavano i costoriani. In ogni caso allÊaltezza del commissariamento comunale del 1914, tre erano gli asili di fatto attivi e si cercava faticosamente di arrivare allÊapprovazione di un regolamento unico per essi, con le conseguenti nomine di commissari definitivi che avverranno solo nel 1917. In realtà però Costorio e Campagnola erano riconosciuti specificamente allÊepoca come asili con il relativo comitato di gestione, mentre per S. Rocco si parla ancora una volta di „sala di custodia pei bambini‰ (⁄) „in attesa dellÊistituzione dellÊasilo‰ per cui si richiederà specifico contributo ancora nel 1917 sul fondo „principe Umberto‰. Nel 1911, vari anni prima della discussione sopra descritta era stato approntato da parte dellÊIng. Francesco Bondini di Brescia un progetto per asilo posto tra Via Verdura e Strada Belvedere, ma solo nel 1919 si arriverà alla realizzazione di una sede utilizzabile come Asilo e Scuola sita tra Via Rodolfo e la Serioletta, che effettivamente verrà realizzata e utilizzata per qualche decennio. La seconda questione che avvelenava il clima era quella eterna dei finanziamenti: dopo gli inizi stentati lÊAsilo era chiamato, a seconda della situazione economica a propendere a tratti anche verso un aspetto puramente assistenziale. Se nel 1910 le suore facevano la spesa alla mattina in proporzione a quello che avevano incassato dai piccoli utenti, ancora nel 1913 (periodo prebellico particolarmente difficile per lÊeconomia concesiana), lÊAsilo Antonelli, „amministrato da comune e Commissione dal Comune scelta, è a pagamento ad eccezione dei miserabili, il metodo è invebeliano misto con apartiano, entrate lire 841.30 uscite 1164.60, bambini numero 56, bambine 40, frequentanti 75, maestra suor Sofia Mazzacotelli col titolo di abilitazione avuto dalla maestra giardiniera Gambari Vittoria di Bergamo, suore numero 4 con stipendio complessivo di lire 900 annue, si da la refezione ai bambini che ne
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Pagina a fianco: il territorio con la collocazione delle tre ipotetiche sedi di Asilo
fanno domanda con corrispondenza di centesimi 10 con pane e minestra e di soli 5 con sola minestra. La refezione dura lÊintero anno scolastico, pagata con fondo di cassa e il disavanzo annuale viene coperto da offerte della Congregazione di carità e dai membri della commissione. I bambini pagano 10 centesimi per settimana ad eccezione dei miserabili‰. Finalmente qualche miglioria strutturale fu introdotta: nel 1916 si annuncia che „il tesoriere di questa opera pia signor Rovetta Giuseppe pagherà la somma di lire quaranta al sig. Fiorini Primo per importo opere di imbiancatura e restauro ai locali Asilo Infantile di Campagnola di proprietà della congregazione‰, ma nel settembre 1917 si fa domanda al Patronato scolastico per un „Sussidio - Essendosi per dar principio al nuovo anno scolastico per poter maggiormente allargare onde venire in aiuto dei fanciulli dei genitori meno abbienti ed avuto maggior riguardo ai figli dei richiamati sotto le armi, la sottoscritta presidenza si permette rivolgersi anche a C. O. Congregazione perché voglia concorrere colla sua offerta in questÊopera eminentemente filantropica ed educativa. Con la piena fiducia che la presente verrà benevolmente accolta (⁄)‰. Come si può vedere, la guerra per quanto avesse risparmiato direttamente il paese aveva colpito anche le misere casse locali: le stanze dellÊasilo di Campagnola erano state usate come alloggio per le truppe e le famiglie prive dello stipendio del capofamiglia non aveva certo tratto benefici e a Concesio si contano 7 orfani di guerra per la morte di due capifamiglia al fronte (Vincenzo Bertanza e Pontara Giovanni). Per concludere, intorno agli anni Venti del Novecento questa era la situazione: i bilanci dei tre asili di Costorio, Concesio e Campagnola erano costituiti da „Entrate divise in rendite patrimoniale, tasse bambini, sussidio del comune, sussidio congregazione, sussidio Cassa Risparmio, offerte private, tasse funerali, avanzo refezioni‰; mentre le „Uscite da stipendio al personale, affitto locale, Riscaldamento, riparazione e mobilio‰. Questa è la „Relazione finale sullÊ Asilo Campagnola, in Concesio Via Antonelli Diretto dalla maestra Signora Locatelli Pasqua. Asilo fondato 1907, dipende dal comune, una sola stanza, acqua di pozzo, lÊarredamento è sufficiente, il metodo è froebeliano e anche apartiano, la refezione è calda, dura 10 mesi, è a pagamento per tutti (cent. 30). la direttrice è fornita di diploma dalla maestra giardiniera, la maestra è unica con due assistenti, sono religiose, 80 bambini iscritti (35 maschie e 45 femmine); si fa una una piccola festa di chiusura. Nel 1923 si aggiunge, su un foglio di brutta manoscritto, che lÊanno scolastico va dal 1.10 al 31.7, lÊorario dalle 9 alle 16 e che lÊasilo ricorre alla beneficenza privata‰. La „Sala di custodia di S.Rocco di Concesio, Via Rodolfo Concesio, Maestra Arrighini Giulia Quando venne fondato lÊasilo: 1914, dipende dal Comune, Una sola aula, condizioni mediocri, acqua di pozzo, giardino annesso, arredamento insufficiente, (tipologia: asilo froebeliano, aportiano, sala di custodia?) a pagamento per tutti, due lire mensili, refezione calda tutto lÊanno (30 centesimi al giorno); una maestra laica, 39 bambini iscritti. Aperto dal 1° ottobre al 31 luglio, si fa vacanza domenica e giovedì, vacanze autunnali in agosto e settembre. Bisogni urgenti: combustibile e stipendi‰. Infine per „lÊAsilo Costorio, in Concesio Via Costorio Diretto dalla maestra Signora Coltrini Guglielmina. Fondato 1902, non è ente morale, dipende dal Comune, anche se i Comuni appartengono alla Fabbriceria parrocchiale locale, una aula buona (ampia), acqua di pozzo, con cortile, arredamento insufficiente e mediocre, i bambini iscritti sono 70, la refezione calda tutto lÊanno, a pagamento (cent. 30 al giorno) una maestra laica, e una persona di servizio, 41 bambini iscritti (maschi 23 e femmine 18). Per la ricreazione vi è unÊarea più che sufficiente ed arieggiata davanti allÊaula di insegnamento e anche una bella stanza per la cucina. LÊasilo fu visitato dal Regio Ispettore nel 1913, rimane aperto 10 mesi (da novembre a agosto), le due addette sono prive di alcun titolo‰. In margine al tema sopra trattato sembra importante sottolineare come anche lÊeducazione degli adulti ebbe
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un suo momento di vivacità in questi anni così difficili e travagliati: nel 1909 le „suore Poverelle‰, allÊinterno della convenzione per la gestione dellÊasilo Antonelli, avevano ottenuto di „tenere aperta una scuola di lavoro per le fanciulle e giovinette; e questa sarà a pagamento e a beneficio esclusivo delle Suore, quale compenso alla maestra di lavoro‰ (le suore erano già „gratificate‰ anche dalla „minestra dei poveri‰), mentre intorno al 1914 Don Celestino Bonomini aveva iniziato una „Scuola Domenicale di Disegno per gli Operai di Concesio‰ che si prolungò sicuramente anche fino al 1917, unica esperienza educativa sul territorio concesiano finora conosciuta, oltre alle scuole obbligatorie per legge.
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Una classe di alunni d’asilo e delle elementari concesiane in posa davanti al Tricolore. Presumibilmente si tratta dell’asilo di San Vigilio – 1912
L’asilo infantile della Pieve - circa 1915
La zona di Via Rodolfo, dove sorgerà l’Asilo di Concesio, per volontà di Luigi Rossi
L’elegante carta intestata della ditta di Luigi Rossi
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3.01 Il sussidio per i poveri e la creazione della Casa di Riposo Sangervasio nel 1925
Parallelamente allÊaumento demografico dei concesiani che dal 1901 fu particolarmente costante, che si può evincere dalla tabella qui riprodotta
Tabella rielaborata dai dati in „I Comuni bresciani in cifre‰ Camera di Commercio di BS (1999). Sono stati sommati i dati di Concesio e San Vigilio, unificati nel 1928.
anche le esigenze sociale divennero più pressanti. Sicuramente su tali dati influì anche una concezione più moderna della vita e dello stato sociale che il fascismo stesso si vantava di avere a cuore. A dispetto delle intenzioni, la miseria continuava a imperare e nel 1921 la Congregazione di Carità (dÊora in poi CdC) procedette alla vendita di alcuni terreni e casi dellÊeredità Antonelli (in particolare una casa di quattro vani, il fondo Levata – ex Antonelli e il Fondo Consorio proveniente dal Legato Vivenzi, oltre a un terreno tra Via Sangervasio e Via Due Muri; due di questi terreni furono acquistati da Primo Fiorini). Queste entrate permisero di raddoppiare lÊentrata ordinaria della Cdc, mentre, in data 18 agosto 1924 il Cav. Battista Bertelli, Presidente della CdC, predispose unÊofferta personale di £ 5.000 vincolate alla costruzione di una nuova Casa di Riposo. Dopo una discussione in Consiglio Comunale, „la proposta incontrava il favore del Consiglio e della popolazione, perché da tempo era sentito il bisogno di tale opera che, mentre assicura una assistenza meno disagiata ai bisognosi, solleverà il Comune dalle forti spese di Spedalità per ricovero di cronici privi di ogni assistenza. La casa di Riposo, costruita in Concesio, centro della Bassa Valle Trompia, tornerà utile anche ai comuni limitrofi (Bovezzo, Collebeato, S.Vigilio, Carcina, Villa) e si conta che detti Comuni vedano bene la nostra iniziativa (⁄)‰. Il costo previsto di £ 30.000 circa, più 10.000 £ per lÊarredamento, sarebbe stato coperto con 20.000 £ ricavate da vendita di beni della CdC, 6000 £ di contributo comunale e dalle suddette £ 5.000 dellÊofferta Bertelli; la restante somma coperta da offerte. LÊasta per lÊappalto dei lavori venne subito fissata per il maggio 1925.
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Il progetto redatto dal Geom. Zambonardi e datato 22-11-1924 prevedeva di „(...) sistemare i locali che occupavano quasi interamente l'ala di monte del fabbricato lungo la Via Cà di Bosio. Vengono conservati intatti alcuni ambienti esistenti: il vestibolo, la cucina, la dispensa e tre camere al primo piano. Fatti invece a nuovo: il Refettorio e 2 dormitori uno per i maschi e uno per le donne con latrine e vestibolo di divisione. (⁄) Per la costruzione dei nuovi ambienti verrebbe conservata la parete verso strada e demolita la restante parte‰. In tutto si sarebbero ricavati 6+6 posti letti disposti in doppia fila, tre contro la parete di monte e tre in quella di mezzodì. Ogni letto avrebbe avuto la capacità di mc 34. La struttura sarebbe stata ingentilita con quattro finestre bifore e una camera d'isolamento per eventuali malati infettivi. Il progetto era particolarmente impegnativo e costoso: per tale scopo vennero versati anche i fondi destinati alla „minestra dei poveri‰, gli operai della ditta Rossi lavorarono gratuitamente per una domenica intera e il Rossi devolvette i loro stipendi, la farmacia locale che forniva i medicinali per i poveri regalò vari farmaci e vennero organizzate diverse raccolte di fondi tra i privati, comprese anche raccolte di generi alimentari. La CdC decise di aumentare gli affitti delle case e dei negozi della proprietà ex Antonelli: insomma tutti si diedero da fare per poter approntare al meglio la nuova casa di riposo che necessitava anche di essere arredata, provvedendo i letti, i materassi, le stufe, il mobilio e lÊimpianto elettrico. I vari stanziamenti (compresa una richiesta di contributo alla Cariplo) furono gestiti dallÊAmministrazione comunale in unione a un „Comitato dÊonore della erigenda Casa‰ che distingueva i „Soci benemeriti‰ dai „Soci sostenitori‰ e dai „Soci annuali‰; Soci fondatori furono Bertelli Pierina, Bertelli Cav. Luigi, la Banca SantÊAntonino, Fisogni Pasquale, Rossi Comm. Luigi, la Cooperativa Pieve, Sig. Giuseppe Remida, Rev Don Celestino Bonomini, Com. Luigi Rossi, Dott. Gio Bignardi, la locale Sezione Fascio e Marietti Enrico. Nel dicembre 1924, dopo aver aumentato lÊaffitto ai negozianti, la CdC „delibera di fare una circolare da spedire a tutte le Famiglie dei possidenti e Società del nostro Comune (⁄) di fare poi un giro di questua, chiedendo una ciffra per lÊerezione e una per il mantenimento come soci‰. Per tale realizzazione venne devoluto anche il saldo delle spese sul lascito 1926 di Bertelli Pierina (probabilmente parente di Primo Fiorini e moglie del Cav. Bertelli) il cui nome venne iscritto per questo sulla Lapide dei Benefattori (purtroppo oggi distrutta) che si sarebbe conservata nel „teatrino‰ dellÊasilo annesso alla Casa di riposo. Anche se il progetto era quindi nuovo, esso era costituito da una sostanziale sistemazione e allargamento della vecchia struttura Antonelli. Nel 1926 le spese vennero così rendicontate in linea di massima: „Congregazione di Carità di Concesio: elenco delle spese incontrate per la costruzione della casa di riposo e per lÊarredamento della stessa. Il preventivo è di £ 29.600 importo opere appaltate al signor Fiorini Giuseppe inerenti alla costruzione della Casa al netto del ribasso dÊasta, lire 29000 arredamento: ditta facchinetti per lana, 5054 „coperte trapunte tela‰ 1600 Tela 340 Fattura materassi e guanciali 181 Ditta Crescini, „letti ferro, comodini, secchi ferro⁄‰ 4400 Detto, cestini e portarifiuti, 130 Ditta Peri e Dolci, ferraglia, 1825 Ditta rovelli, cucina economica 800 Ditta Acerboni, pentola 100
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Ditta bertoloni, armadi e lavandini Ditta Raffelli, impianto luci Totale spese:
800 1270 lire 43.000
Delle opere di cui sopra furono pagate: per acquisto mobili in incanto a Impresario totale lire restano da pagare a saldo allÊimpresario lire
l 14000 l 21000 35000 8000
Le 35000 lire furono pagate coi fondi seguenti: offerta del comune offerte raccolte per la popolazione
6000 29000‰.
Dopo il „Collaudo delle opere e forniture dellÊingegnere Fiorini Giuseppe per la riduzione a ricovero dei vecchi lÊimpotenti della casa ex Antonelli si trova nella frazione Campagnola Inferiore‰ in una lettera datata 24-11-1925 si comunica che „Con lettera 16-9 codesta benemerita cassa (Cariplo) ci comunicava la concessione di un sussidio di lire 4000 a titolo di concorso per la costruzione della Casa di Ricovero. Possiamo oggi comunicare che le opere sono ultimate e che il ricovero venne aperto e regolarmente funzionava dal 111-25 (⁄)‰. La benedizione del Vescovo inaugurò ufficialmente la nuova struttura il 17 dicembre del 1925, che era gestita da quattro suore „Poverelle‰ di cui una era addetta alla scuola di lavoro, „Per quanto riguarda il numero dei ricoverati si può assicurare che i dodici letti, di cui per ora la Casa è capace, saranno sempre al completo. Il progetto, per proporzionare la spesa di costruzione ai fondi disponibili venne contenuto nei limiti dello stretto necessario tenendo presente che si accoglieranno bisognosi dei comuni limitrofi (⁄). Il bisogno della Casa di Riposo è tanto più sentito in quanto non fu mai possibile ottenere il ricovero in ÿIstituti del genereŸ della vicina città e in quello di Gardone VT che credesi unico in tutta la valle, dei nostri bisognosi, perché ci si rispose sempre, detti istituti erano appena sufficienti nei loro bisogni‰- afferma con orgoglio il Bertelli stesso alla conclusione dei lavori. Tale soddisfazione per unÊopera che aveva pochi eguali anche nei dintorni era stata sottolineata anche nel già citato documento dellÊaprile 1925, in cui si affermava che „la casa di riposo costruita in Concesio, centro della Bassa Val Trompia, tornerà utile anche ai comuni limitrofi (Bovezzo, Collebeato, San Vigilio, Carcina, Villa).‰ Altri nomi di benefattori vennero aggiunti allÊelenco realizzato nel 15/10/1913 dalla ditta Fratelli Guizzetti presso il cimitero comunale, anchÊesso oggi disperso.
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Frontespizio del Progetto definitivo per Casa di Riposo del 1932
Dettaglio del progetto Zambonardi – le camerate e i servizi Progetto definitivo 1932: il piano terra nella situazione precedente ai restauri
Progetto 1935: particolare della pianta della cappella religiosa, ancora oggi esistente
Esterno della cappellina allo stato attuale Indicazione della strada per la parrocchiale della Pieve (attuale Via Cadebosio). Lapide ottocentesca tuttora visibile
Spaccato nel progetto 1932
3.02 Il Regolamento della nuova Casa di Riposo Una volta realizzata la nuova struttura, era necessaria dotarla di un regolamento proprio. A tale scopo nel 1925 vennero procurati (e sono ancora oggi conservate nellÊArchivio Comunale) vari regolamenti di strutture simili in Provincia: il Regolamento della casa di riposo di Prealboino approvato con regio decreto 1864, quello della Casa di riposo di Rovato, di Salò, mentre altri erano stati richiesti a Gardone, Bovegno, Vobarno, Rovato, Prealboino, Pisogne, Adro⁄.. Questo è il testo elaborato per la struttura di Concesio: REGOLAMENTO CASA RICOVERO „SANGERVASIO‰ 1.11.1925 SCOPO E AMMINISTRAZIONE Art.1 = La Casa di Ricovero è amministrata dalla Congregazione di Carità che delibera: a) sulle riforme organiche e parlamentari; b) ammette i ricoverandi e dimette quelli che non avessero più bisogno e si rendessero indegni dellÊassistenza; c) nomina e licenzia il personale di sorveglianza e di servizio. Art. 2 = Il Presidente della Congregazione è incaricato di sorvegliare il buon andamento della Casa, di fare gli acquisti necessari, di provocare della Amministrazione le necessarie deliberazioni. In sua assenza o impedimento delegherà un altro membro. Art. 3 = LÊistituzione ha per iscopo di provvedere gratuitamente secondo i propri mezzi, al ricovero, mantenimento di assistenza dei vecchi poveri dÊambo i sessi inabili a lavoro proficuo; con domicilio di soccorso in Concesio e che non abbiano parenti tenuti a provvedere ed in grado di farlo. Entro il limite dei posti disponibili possono essere accolti a pagamento inabili non aventi diritto al ricovero gratuito. Le rette saranno stabilite dallÊAmministrazione. AMMISSIONE DEI RICOVERATI Art.4 = LÊammissione dei ricoverati è deliberata dallÊamministrazione a maggioranza assoluta di voti e a voto segreto. Art.5 = ll numero dei ricoverandi è fissato dallÊAmministrazione in proporzione dei mezzi disponibili. Art. 6 = Per lÊammissione sono necessari i seguenti acquisiti: a) miserabilità assoluta; b) inabilità a lavoro proficuo; c) buona condotta; d) domicilio di soccorso in Concesio; e) non essere affetti da malattie contagiose e richiedenti speciale assistenza; f) che abbiano raggiunto i 60 anni di età. DISCIPLINA DEI RICOVERATI Art. 7 = I ricoverati devono osservare le regole stabilite per quanto riguarda levata dal letto, il riposo, i pasti, le uscite ordinarie, la pulizia personale ecc. ecc. Art. 8 = I ricoverati devono usare tra loro mutua benevolenza ed assistenza e comportarsi come esigono decenza e morale.
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Art. 9 = Essi devono obbedienza e rispetto alle Suore, al Sanitario, agli Amministratori, al personale di servizio. Art. 10 = Chi credesse di avere bisogno di speciale trattamento deve farne istanza alla Suora Direttrice, che provvederà, sentito, se la gravità del caso lo consiglia, il Presidente. Al medesimo e al Consigliere delegato dovranno essere esposti i motivi di lamentele. VITTO E VESTIARIO Art. 11 = Il vitto è regolato per tutti i ricoverati mediante la tabella delle diete. Il trattamento è eguale per tutti i ricoverati, fatta eccezione del caso previsto dallÊart. 10 o quando il medico consiglia un trattamento speciale. DIREZIONE INTERNA Art. 12 = La suora dirigente riceve i ricoverati dietro avviso della Presidenza. Essa tiene un registro collÊindicazione del giorno dellÊammissione dellÊetà e del luogo di nascita e della paternità e maternità del ricoverato. Art. 13 = Essa risponde di tutto il mobilio della casa, secondo regolare inventario che le sarà consegnato. Art. 14 = Spetta alla Suora Dirigente: a) sorvegliare gli inservienti b) sorvegliare lÊapprestamento del vitto e la sua regolare distribuzione. c) curare il mantenimento dellÊordine, della disciplina interna, della pulizia, tanto dei locali che dei mobili, degli abiti e della biancheria. Art. 15 = Le provviste allÊingrosso sono fatte dal Presidente o da un suo delegato. Le suore hanno facoltà di curare le provviste giornaliere, vigilano la regolare tenuta dei libretti di spesa. Art. 16 = La suora sussidiaria provvede, sotto la direzione della Dirigente, alla cucina ed al guardaroba, coadiuvata dallÊinserviente. Art. 17 = LÊinserviente deve: a) fare la pulizia dei locali, dei mobili, degli abiti; b) rassettare i letti; c) aiutare nella cucinatura e distibuzione dei cibi. Art. 18 = EÊ permesso lÊuscita ai ricoverati al Giovedì, Domenica dalle ore 13 alle 16 dÊinverno, dalle 14 alle 18 dÊestate. Il Presidente f.to G.B. Bertelli Concesio 1 novembre 1925
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La Madonna a cui Adele San Gervasio donò una collana: nel 1943 – anno di questa cartolina- era venerata come “Madonna del Soldato”
3.03 La donazione di Adele San Gervasio Nonostante la „modernità‰ della nuova struttura lÊassistenza è rimasta a un livello ancora molto basilare: nel 1929, anni in cui la Casa di Riposo lavora a pieno regime con 12 ricoverati –erano 8 lÊanno precedente- di cui uno da Bovezzo e uno da Villa Carcina, i dirigenti sollecitano offerte „anche in natura‰ per superare le difficoltà economiche. Le esigenze di una gestione più in linea con lo spirito dei tempi erano ben chiare nella mente degli amministratori e dei concesiani, ma la crisi economica dirompente impedirà per molto tempo la creazione di realtà adeguate. Girolamo San Gervasio (o Sangervasio), noto patriota dellÊetà risorgimentale, possedeva –forse per eredità- case a Brescia città e a Concesio, come era usanza allÊepoca. La sua casa in Campagnola, lungo la strada Triumplina, splendido esempio di Villa tardo seicentesca con giardino, spazi annessi e significativo portale in pietra di foggia rinascimentale – forse proveniente da altra abitazione- era stata un luogo di ritrovo per gli spiriti eletti: poeti, pensatori e politici dellÊItalietta della seconda metà dellÊOttocento. In realtà la storia dellÊedificio è legata a un passato interessante quanto misterioso che ci viene in parte rivelato da un anonimo articoletto dÊepoca. Nella rivista „LÊillustrazione bresciana‰, in un numero del 1911, infatti, si danno alcune informazioni storiche che, per quanto generiche e forse anche non troppo precise, ci forniscono tracce di approfondimento di un certo interesse. Non esiste infatti materiale documentario disponibile ad oggi sulla storia antica del sito e dellÊedificio. LÊarticolo ci svela lÊarcano informandoci del fatto che, quando gli austriaci irruppero in città da Porta Venezia, saccheggiarono „le case dei più ardenti fautori della libertà italiana, e fra queste venne compreso il palazzo del nob. Gerolamo Sangervasio, allora sindaco della città‰ di Brescia. Questa significativa informazione, se fosse veritiera, spiegherebbe facilmente lÊassenza di documentazione antica sulla villa.
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Progetto 1932 del fronte strada lungo Via San Gervasio con la scritta prevista dalle volontà testamentarie di Adele San Gervasio
La figlia di Girolamo, Adele, ultima discendente del ramo San Gervasio e sposata con un alto militare di cognome Burzio, senza figli, era rimasta sempre affezionata alla villa paterna di Concesio. Fin dal 1892 aveva redatto un testamento che lasciava tutti i beni alla sorella e al di lei figlio, a patto che egli avesse aggiunto al suo cognome (Fioretti) quello dei San Gervasio. A questa prima scrittura ne seguì unÊaltra nel 1904: in caso di morte di Adele, della sorella e del nipote, la testatrice desiderava che „(⁄) tutta la sostanza (⁄) immobili, mobili e valori fossero devoluti alla Congregazione di Carità perché fosse istituito un ricovero nella Villa di Campagnola per i vecchi impotenti e poveri del Comune (⁄)‰. Anche la sorella Maddalena sottoscrisse tale atto e insieme nominarono esecutore testamentario Angelo Remida, che era allÊepoca segretario comunale, definito „amico impareggiabile‰. Nel 1913 Adele aggiunse che „detto Istituto dovrà essere intitolato –Casa di Riposo San Gervasio-‰, da stamparsi sul fronte della Villa; la testatrice desiderava „funerali modesti e senza fiori‰ e voleva che venissero inoltre devolute 3.000 £ ai più poveri e ai più vecchi. Nel quarto testamento annullò tutti i precedenti (Paolo Fioretti diventava ora erede universale), ma in caso di morte del nipote riconfermava le donazioni suddette, aggiungendo che le Suore Poverelle, „le quali troverebbero nella casa stessa il loro alloggio‰ lo avrebbero gestito. A questo testamento ne seguirono altri tre. Quello del 1928 contiene le norme definitive: „Annullando qualsiasi altro mio testamento o memoria scritta (⁄) Lascio mio Nipote Avv.to Paolo Fioretti del fu Giuseppe Fioretti e di Maddalena San Gervasio usufruttuario, durante tutta la sua vita della mia proprietà in terreni case e Villa (⁄). Alla sua morte detta mia proprietà passerà in proprietà alla Congregazione di Carità di Concesio, per il già esistente ricovero in Campagnola Inferiore, purchè porti il nome di Ricovero San Gervasio, e sia devoluto in soccorso dei vecchi ed inabili al lavoro dÊambo i sessi (⁄)‰. Oltre alla dettagliatissima elencazione di molti oggetti preziosi e dei loro rispettivi destinatari, credo valga la pena riportare una parte del testamento che supera lÊambito strettamente famigliare: „Alla Madonna in statua alla Chiesa della Pieve di Concesio lascio il mio collier in piccole perle con fermaglio in cammeo 12 file di perle. = Sta nel mio comò a Roma = Al Museo del Risorgimento in Castello a Brescia, se è gradito, il proclama di Papà, Girolamo San Gervasio, quando assunse la carica di Dirigente il Municipio di Brescia il 28 Marzo 1849 durante le dieci giornate. = EÊ in cornice con cristallo ed è a Concesio nel mio salottino= la fotografia di Papà in cornice a piccoli intarsi con cristallo = trovasi a Roma= (⁄)‰. Alla morte della benefattrice, avvenuta il 1° luglio 1929, così venne descritta la proprietà: prato nuovo con boschetta (verso il Mella), campo filari lunghi e svegradina con boschetta, campo Gerotelli con boschetta,
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prato Piana lunga e Campi Pianoni-Pianoncelli e vivaio con rione boschivo, campo Baratta, campo Lusignolo, campo Pero, Prato vecchio, prato Breda e Marcentato con due ponti sulla Marchesina e sul Federativo. Tutte queste denominazioni toponomastiche risalgono almeno allÊepoca veneta. Riguardo ai caseggiati, si parla di una villa padronale di 15 vani con rustico e giardino (tutte le stanze sono descritte dettagliatamente), un fabbricato che ospitava una filanda „con sei pilastri di cotto e cinque archi a tutto sesto‰, più la casa dellÊaffittuale e „dellÊortolano con orto‰, il caseggiato colonico con orto e casetta dei braccianti. Celermente, il 10 marzo 1930, la Congregazione di Carità delibererà di „accettare lÊeredità disposta dalla Nob: Adele San Gervasio a favore della Casa di Riposo (⁄) sottoponendosi alla condizione voluta dalla testatrice di intitolare il ricovero al nome di San Gervasio;‰ nello stesso documento la Cdc delibera „di intitolare la casa di Riposo di Concesio „CASA DI RIPOSO SAN GERVASIO‰ titolo che verrà scritto sulla facciata dellÊospizio‰. Nel 1932 la trafila della donazione San Gervasio si concluse con un accordo consensuale: il Fioretti decise di pagare £ 150.000 alla Cdc per ritornare così unico proprietario della casa di Campagnola (valutata appunto in £ 298.000 complessive) di cui era solo usufruttuario. Grazie a queste entrate significative, „il Presidente e i Consultori della Pia Opera Congregazione di Carità di Concesio, allo scopo di ingrandire, a seconda dei crescenti bisogni, e di migliorare la casa di Ricovero Sangervasio, vennero nella determinazione di sistemare opportunamente una porzione di fabbricato di proprietà della medesima Congragazione esistente nellÊabitato di Campagnola Inferiore nel Comune di Concesio. – Tale fabbricato, costituito da quattro ali racchiudenti un cortile, fu a varie riprese adattato ad accogliere lÊasilo, il ricovero per i vecchi, lÊalloggio delle Suore che allÊuno ed allÊaltro attendono, le cucine, la lavanderia e gli altri servizi dÊuso comune: attualmente una sola ala verso la strada Provinciale (sud-Ovest) ed un breve tratto dellÊala verso Sud-Est sono nello stato di costruzione rustica dÊaffitto. EÊ naturale quindi che lÊampliamento del Ricovero si effettui con la trasformazione di questÊultima parte di fabbricato: a ciò consiglia lÊeconomia della spesa di costruzione e di esercizio oltre che la comodità e lÊorganicità dellÊopera‰. In data 11 novembre 1932 assistiamo ad una seduta della CdC il cui ordine del giorno era costituito appunto dal „progetto dÊampliamento della locale casa di Riposo‰. „Alle ore 14 del suddetto giorno intervengono i signori: Bertelli Battista presidente, dott. Giu Attolico Luigi patrono, notaio Cottinelli patrono, Marchesi Luigi patrono. Il presidente comunica il bisogno dellÊampliamento del ricovero in base anche alla volontà della Donna Adele San Gervasio che ha lasciato la sua sostanza collÊobbligo del suddetto ampliamento e presenta un progetto formato dallÊincaricato ingegnere Carlo Montini il quale qui presente illumina in chiaro il suo disegno e progetto con una spesa totale di lire 49000 tutto compreso anche con impianto luce e lire 6000 di impreviste. Da questa cifra si confida un buon ribasso per lÊasta che avverrà dopo lÊaprovazione della prefettura. A unanimità viene approvato detto ampliamento in base al progetto dellÊingegnere Montini‰. Il 1933 fu lÊanno della realizzazione concreta del progetto: espletata la gara tra le ditte Ronchi Battista, Ronchi Alessandro e Fiorini Primo, lo vinse questÊultima. La struttura fu radicalmente rinnovata e furono ampliati vari spazi (la cucina e il locale delle suore con la sua scala di accesso), realizzata la cappella con delle caratteristiche bifore, lÊinfermeria capace di 5 letti e nuovi dormitori (due della capienza di 6/8 anziani). Gli impianti erano „moderni‰: il riscaldamento a termosifone tipo „Ideal Neo Classic‰ e lÊimpianto elettrico era diffuso in tutta la casa. Anche la zona del brolo fu risistemata tramite nuovi muri di cinta, il nuovo porcile, il pollaio, la concimaia e altre opere secondarie
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Immagini di attivitĂ da un asilo rurale di fine ‘800: i bambini imparano a pettinarsi i capelli
La parte dove si trovava la Casa di Riposo del 1925 – stato attuale
I beni Sangervasio ceduti per metĂ alla Congregazione di CaritĂ : mappa della Villa padronale
NOTE
Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo Brescia, 1996 Pag. 21 „Pochi cronici potevano accedere ai limitati posti letto dei nosocomi rurali. (Nel 1851 circa) non bastava essere bisognosi, ma anche meritevoli, rispettosi e deferenti buoni cristiani, per poter attendere la morte nellÊinfermeria‰. Oltre alle caratteristiche morali valevano ovviamente quelle meramente economiche: nel marzo 1914, per esempio, si rifiuta assistenza ad un malato abitante a Gardone V.T., anche se nativo di Concesio, perché „le condizioni speciali di questo bilancio non permettono alcuna liberalità verso chi ha trasferito fuori comune il proprio domicilio‰. 2 Cfr SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo Brescia, 1996 Pag. 20 Gli ospedali „⁄ oltre agli ammalati, accolgono anche vecchi che hanno bisogno di una alimentazione nutriente. Si può dire che nel corso dellÊanno ogni vecchio bisognoso viene mantenuto dallÊospitale per un mese circa. Gli ospedali comunali dovevano venire incontro alle necessità di un ceto indigente crescente, prodotto da una trasformazione capitalistica delle campagne che erodeva la proprietà contadina (⁄)‰. 3 Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo, Brescia, 1996 Pag. 14 „Ad imprimere un processo di accelerazione nella realizzazione di nuovi nosocomi contribuirono certamente, soprattutto nella prima metà del secolo, le congiunture epidemiche; lÊepidemia di tifo petecchiale del 1816-1818 e quelle di colera del 1836 e del 1855 imposero allÊattenzione della pubblica opinione lÊemergenza sanitaria e indirizzarono molti lasciti verso i nosocomi‰. 4 ROSANNA POINELLI, Il Borgo del Papa, Brescia 1997, pag. 52 5 Citato in AURORA RAGONE, Don Balot, Concesio-Prevalle s.d. (circa 2003), pag. 12 6 Tutto il materiale sulla famiglia è conservato in una busta presso lÊArchivio Storico del Comune di Concesio: si tratta sostanzialmente degli atti di compravendita che vennero lasciati al Comune al momento della donazione dei beni Antonelli allo stesso. Purtroppo lÊarchivio privato della Famiglia è al momento irreperibile. 7 LÊintenzione riguardo alla realizzazione dellÊOratorio maschile avrà una lunga gestazione: dopo un paio di anni, „Il Beneficio Parr. Di Concesio ha presso la casa Comunale una casa Colonica divisa in modo, che quella parte che giace a mattina comprende tra stalle, fienile portico e loggiato ora in rovina, unÊarea fabbricabile e ben esposta, e con non molto denaro, relativamente, si potrebbe avere varie stanze per il Curato, e di più un bel Salone, per il ritrovo dei giovani dellÊoratorio con annesso un bel cortile. I sottoscritti sperano, che con questo progetto, la Congregazione di Carità darà senzÊaltro il compenso per lÊimpiego delle suddette £ 2000 (⁄)‰. 8 Sulla sua figura si veda Aurora Ragone, Don Balòt, Concesio-Prevalle, s.d. (circa 2003) 1
Il contenuto dei capitoli precedenti è una rielaborazione di una conferenza tenuta nel 2003, alla cui ricerca dÊarchivio aveva collaborato Dario Bonetta che qui si ringrazia. Le immagini storiche provengono dallÊarchivio fotografico dellÊAss. Cult. Progetto Atlantide – Concesio, le foto recenti sono state realizzate da Piero Amistani per Progetto Atlantide. Si ringraziano inoltre gli uffici URP, Protocollo e Messi del Comune di Concesio per la gentilezza e la disponibilità nelle varie fasi della ricerca. Concesio Aprile 2009
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CONCESIO: la tua storia, nelle mie memorie
CONCESIO: LA TUA STORIA, NELLE MIE MEMORIE
CONCESIO. Il paese si estende ai piedi della Valle Trompia e dista dal centro di Brescia circa otto chilometri; è attraversato da nord a sud, in tutta la sua lunghezza, oltre che dal fiume Mella, dalla strada provinciale che da Gardone V.T. porta a Brescia. Nel periodo che desideriamo ricordare in questo scritto, quello che corre tra gli anni '30 e '50 del secolo passato, il territorio era diviso in dodici borgatte, dislocate perlopiù sulla sponda sinistra del fiume Mella; più precisamente, quelle più popolate erano: Stocchetta, Concesio capoluogo, San Vigilio, mentre le altre erano S. Andrea, Pieve, Cà de Bosio, Roncaglie, Costorio, Codolazza e le Campagnole di sopra, di mezzo e di sotto. DESCRIZIONE DELLE FRAZIONI STOCCHETTA I campi circostanti erano coltivati a grano e fieno, mentre molti erano i frutteti e i vitigni. In via Zanardelli cÊera la trattoria „El Stalù‰, dove si rifocillavano i carrettieri ed i loro animali. La farmacia „Leali‰ serviva i poco più di cinquemila abitanti che risiedevano nella frazione, così pure la fabbrica delle bibite della ditta „Giannoni‰, fondatore anche della prima Banda musicale del Comune. CÊera la bottega artigiana del signor Bonera, specialista insieme alle figlie nella costruzione di ruote di legno per carretti, una conceria-pelletteria ed un forno dolciario. Nella via parallela si trovava una trattoria adibita anche a tabaccheria, dalla quale si poteva ammirare la magnifica villa Carla, immersa nel verde. AllÊincrocio della Levata sulla provinciale sorgeva la famosa trattoria „da Ciot‰, ritrovo dei piccoli imprenditori, gestita dal signor Zanetti e famiglia e specializzata in spiedi succulenti. Proprio in quel punto cÊera anche la biforcazione della strada che conduceva allÊinterno delle frazioni ed al cimitero. CA' DE BOSIO E S. ANDREA La villa del conte Masetti segnava il confine con Bovezzo. Nel territorio di Artignago cÊè il Monticello, allora patria dei fungai, gelosi dei forestieri che arrivavano alla ricerca di funghi prelibati. CÊera poi il „fontanì‰, meta prediletta da famiglie e morosini che, assetati dopo lunghe passeggiate, trovavano ristoro nella sua acqua fresca. Nelle vicinanze sorgevano i ruderi del lazzaretto, edificio adibito un tempo ad ospitare i malati di Spagnola. Il mulino dei Gazzaroli forniva i suoi prodotti a tutto il paese e consegnava anche a domicilio. La santella dedicata alla Madonnina del Tronto attirava a sé molti visitatori, soprattutto donne che aveva-
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no da poco partorito. Secondo una tradizione popolare infatti ci si rivolgeva a Lei con preghiere e suppliche affinché non venisse mai a mancare ai neonati il primo alimento, da qui il suo soprannome di Madonnina del latte. In via S. Andrea, il 30 di novembre di ogni anno, si teneva una grande fiera-mercato con animali e attrezzi del contadino e del montanaro, durante la quale venivano celebrati la S. Messa ed i vespri in onore del santo. Le abitazioni erano economiche, ma vi regnava lÊamicizia e la fratellanza. RONCAGLIE Il colle S. Onofrio faceva da sentinella ai nostri poveri morti. Alle Roncaglie la strada portava fino alla casa dei Bontempi, sosta scelta dai gitanti provenienti dalla montagna per abbeverarsi alla loro fontanella e rifocillarsi prima di ridiscendere al paese. In questa zona, come del resto anche a Ca' de Bosio, molti erano gli appassionati di montagna; alcune persone, specializzate nella raccolta di fiori selvatici, li componevano in graziosi mazzolini, li riponevano in un cesto e si recavano a Brescia per venderli agli angoli delle strade più importanti e conosciute. Grazie a questa attività, i più intraprendenti riuscirono a guadagnare abbastanza per contribuire a costruire la propria abitazione; alcuni testimoni viventi potrebbero informarci meglio a riguardo. PIEVE Alla Pieve si trovavano i resti di un vecchio castello e un casello che racchiudeva una sorgente dÊacqua, da qui il nome della strada esistente tuttÊoggi, via Casello. Oltre alla parrocchiale, che conserva il battistero dove fu battezzato Papa Paolo VI, cÊera anche lÊoratorio gestito dalle Suore Poverelle ed a fianco la distilleria Bertanza. Nella piazza della chiesa si trovava una grande fontana a getto continuo. CÊerano poi la forneria Zappa, la bottega di generi alimentari dei Rovetta e nelle adiacenze due osterie, una dei Temponi chiamata „La rossa‰ e quella di Ricci Costante; sempre in piazza, dÊestate la Gina „Tic e Tuc‰ e la Pierina, detta Gioma, vendevano granite. In via Marconi cÊerano lÊosteria dei „Parma‰, il vecchio Comune e la villa del dottor Attolico, unico medico del paese. Dal „cantù de le olane‰, dove attualmente sorge una pasticceria, su per via Monteverdi, si estendevano altri campi coltivati con grande competenza. CONCESIO CENTRO In via Rodolfo si trovava lÊartigiano Pederboni, che esercitava il mestiere di tinaio, aggiustava tini ed i mastelli di legno usati per il bucato. Lì vicino sorgevano la grande casa dei Montini, nella quale nacque Paolo VI, la bottega dello zoccolaio Guerrini e di fronte lÊabitazione del signor Primo Savoldi, coetaneo del Papa, nato cioè nel 1897, che condivise con lui gli anni ed i giochi dell'infanzia. Lì a fianco, lÊosteria-tabaccheria della famiglia Guerreschi, la forneria Trivella, gestita dal nonno del nostro Direttore, la bottega di Tiberio, per la vendita di frutta e verdura. Appena più avanti, Nestore Piceni e sua mamma gestivano una bottega di alimentari. Di fronte alla chiesetta di S. Rocco, trovavano collocazione lÊosteria-macelleria „Capéla‰ dei Bontempi e lÊosteria „Falof‰ degli Andreoli con il gioco delle bocce. CÊera la bottega del meccanico di biciclette Favalli e il negozio di alimentari dei Nassini, una famiglia patriarcale colta e religiosa, sempre molto disponibile nei confronti di tutti, che metteva anche a disposizione il cortile ed uno stanzone per ospitare gruppi teatrali e spettacoli vari, man mano si presentava lÊoccasione, compresi i „i Ginfì‰. Infine, ricordiamo la casa di Antonio Foccoli, stradino provinciale, la caserma dei Carabinieri, il barbiere, lÊosteria con il telefono pubblico e nella trasversale via Brusaferri, la Banca S. Paolo, il lavatoio pubblico e lÊufficio postale. Ed ancora, il pastificio Gregori, lo stabilimento tessile Rossi, nel quale la famiglia Duina
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svolgeva la funzione di portierato, e la pesa pubblica; di fronte si trovavano lÊosteria di Giacumì Clamer, lÊasilo, le scuole elementari comunali e la palestra. Più allÊinterno, sulla destra, la segheria Palazzani e allÊincrocio la trattoria „Le Stale‰ della famiglia Coltrini, si proseguiva sulla strada che conduceva in via Campagnole, dove passava anche il tram. LE CAMPAGNOLE Più o meno a metà della via, in località Castellino, fabbricavano la calce con pietre provenienti dalla cava delle Roncaglie, trasportate su carrellini elettrocomandati che erano motivo di gran divertimento e di passatempo per molti. Lì di fronte cÊera villa Prati e più giù la casa dellÊostetrica comunale, la signora Libera Gasparini in Tognoli. Proseguendo in via Sangervasio sulla destra, sorgeva la villa dei misteri, così definita per la vecchia diceria che fosse abitata da un fantasma; sulla sinistra la bottega di alimentari gestita da Nino Rovetta e anche la falegnameria Rossini, mentre nei locali del pastificio Ghidinelli che aveva cessato lÊattività, dopo varie modifiche trovò sede una piccola chiesetta dedicata a S. Giuseppe lavoratore, protettore di tutti i lavoratori e festeggiato il I Maggio. In Campagnola di sopra si trovavano pure lÊufficio del Dazio Comunale, la bottega di un artigiano sellaio addetto alla costruzione dei finimenti dei cavalli, lÊosteria „Frirì‰ dei Perotta e lÊufficio del tecnico comunale Signor Cantarelli. In Campagnola di sotto sorgevano invece una conceria, la casa del dottor Tognoli, la macelleria Marchesi, la latteria di Smussi, il barbiere e la vecchia Casa di Riposo. CÊerano pure una bottega dÊalimentari gestita dalle sorelle Masneri Maria ed Elisa e due fruttivendoli ambulanti: Bertoli, detto „Perno‰, che vendeva allÊinterno del comune di Concesio, e Belleri che, con lÊApe, sostando in vari punti, arrivava fino a Sarezzo. Pipeto Cagna girava in zona con la sua bicicletta e vendeva articoli di merceria in genere.
COSTORIO Proseguiamo nella nostra descrizione con la frazione di Costorio. Nel 1939, in mezzo ai campi, venne tracciato un pezzo di strada che partendo da sotto il ponte sopraelevato, canale di scolo della montagna che immette acqua nel fiume Mella, si congiungeva a Concesio. Su un dosso alle pendici del monte Verdura cÊera „la masna‰ che macinava sassi ed il rumore che emetteva si mischiava al suono dei campanacci delle mucche al pascolo lì intorno. Due piccole ditte lavoravano il marmo, fabbricavano manufatti in cemento e si adoperavano anche per la costruzione delle lapidi cimiteriali. Qui abitavano anche i „Pica Prede‰, che sotto ad un portichetto scalpellavano la pietra ed i „bolognini‰ che creavano dovevano servire ad abbellire ville e palazzi di quellÊepoca. Nella stessa frazione cÊerano poi lÊosteria della „Cilia Capéla‰ Bontempi in Ronchi annessa alla tabaccheria, il negozio del barbiere, la latteria Zappa, una rivendita di alimentari con lÊosteria chiamata „el Circol‰, gestita dal signor Giuseppe Ricci ed una rivendita di alimentari dei cugini Gino e Saverio Nassini. E poi, il negozio di Giovanni e Angela Raffaeli, detti „Mesana‰, dove si vendevano frutta e verdura, i fabbri Vincenzo Zanardelli e Cesare Mensi che costruivano un tipo di stufa molto diffuso all'epoca e denominato „cucina economica‰ ed infine i „Patatì‰, venditori ambulanti di frutta e verdura conosciuti da tutti. Costorio divenne parrocchia solo nel 1952. Dopo la morte di Don Cattina si sveltirono le pratiche grazie al contributo di un lascito da parte dellÊimpresario Giulio Cattò. Il primo parroco fu Don Armando Porteri, già curato alla Pieve, e per il suo zelante impegno ed interessamento vennero costruiti a Costorio il cimitero, il campo da calcio, il teatro e le aule per il catechismo. Inoltre, grazie al contributo della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, venne costruito in via S. Lucia lÊasilo infantile.
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Le due Campagnole (di Mezzo e Superiore) in una mappa ottocentesca
In via Maniva, sotto ai campi ed ai terreni scorreva il fiume Celato, che veniva sfruttato per creare una cascatella artificiale al fine di produrre energia elettrica, destinata ai macchinari della Filateria Rossi. Il custode della piccola centrale elettrica era Tarcisio Coltrini, che vi viveva insieme alla sua famiglia. Il Mella non aveva gli argini alti abbastanza per contenere ondate di piena; così, capitava di frequente che straripasse, inondando i campi e lasciando molta sabbia che veniva raccolta ed utilizzata in edilizia. Quando il flusso dellÊacqua, che allora era pulita, si abbassava, i ragazzi percorrevano il letto del fiume a piedi nudi e si divertivano a spostare le pietre per pescare con le mani. I più assidui erano Angiolino Trainini e Mario Vezzosi, che solitamente si mettevano a giocare con tutto ciò che trovavano. Fu così che il fratello di Angiolino, Carlino Trainini, perse lÊocchio sinistro. In compagnia di Angelo Moreschi trovò una scatola chiusa contenente polvere da sparo; incuriositi la forarono ed accesero un fiammifero; al momento non successe niente, ma nel riprenderla in mano scoppiò e la fiammata colpì Carlino dritto in faccia. Il fatto destò tanta commiserazione e per un poÊ la zona dei giochi venne abbandonata. In via Europa cÊerano il forno del pane, una piccola casetta sotto il ciglio della strada e tanti piccoli orti. Infondo a via S. Giulia cÊera lÊosteria „la Buca‰ dei Bettenzani detti „Bosie‰, con annesso il campo da bocce, teatro di gare fra paesani e preambolo alla costituzione di un gruppo sportivo la cui lunga tradizione iniziò col vincere come trofeo una capretta. In ventÊanni di attività, il gruppo vinse una miriade di trofei, non soltanto di carattere sportivo, la cui elencazione risulterebbe ora troppo lunga.
CODOLAZZA Continuando nella cronaca, in frazione Codolazza esisteva lÊosteria „Alle tre Spade‰, anchÊessa attrezzata con un campo da bocce a cui si accedeva tramite il cortile della famiglia Fisogni, titolare della falegnameria. In detta osteria si praticava il gioco della Morra, ma essendo proibito, cÊera sempre una persona sulla strada a vigilare e pronta a fare un fischio convenzionale in caso di ispezione. Le osterie che possedevano un campo da bocce, utilizzato perlopiù dÊestate, si attrezzavano in inverno per offrire il gioco del piumino, organizzando gare a premi. In questa zona tanti operai erano occupati alle fonderie Glisenti, alla T.L.M. di Villa Carcina, alla Beretta, Redaelli e Bernardelli di Gardone, presso le fabbriche Gnutti di Lumezzane, alla O.M. ed alla Tempini di Brescia; molte donne erano invece occupate negli stabilimenti Bernocchi e Rossi. S. VIGILIO Il ponte sul fiume Mella conduceva a S. Vigilio, che fino al 1928 fu un comune autonomo e che dopo tale data, a seguito di una legge nazionale, fu assembrato a Concesio. Anche qui si trovavano piccole officine artigianali; ma esisteva pure una filanda, nella quale una delle nostre ospiti più anziane ha lavorato per alcuni anni; nei suoi locali subentrò in seguito la conceria Gavezzoli, che esercitò per molto tempo e dove la famiglia Ceretti svolgeva la funzione di portierato. A S. Vigilio si trovavano anche due mulini, quello dei Peroni e quello dei Perotta. CÊerano moltissimi pescheti, ma soprattutto vigneti e nel periodo della vendemmia i loro proprietari si prodigavano a reclutare persone che aiutassero in cambio di un compenso consistente in un pasto consumato nel campo e in qualche grappolo dÊuva. In via Mazzini, al „Pal Ross‰, oltre alla famiglia Poinelli che vendeva pesche e vino, abitava anche Piero detto Balù e Maciste per la sua grossa corporatura e per le storie che raccontava. Poi ebbe casa un gruppo
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di Suore laiche. Proseguendo nella via, ricordiamo che esisteva la Salumeria di Enzo Strambini, il negozio di mobili Marino e, di fronte, la pesa pubblica, lÊosteria dei Combattenti e la latteria, gestita dalla signora Cinelli. Largo Elena Caprioli, con la chiesa parrocchiale, era un luogo molto frequentato anche perché di fronte cÊerano le scuole elementari, con annesso lÊasilo gestito dalle Suore che facevano anche scuola di lavoro alle ragazze. Più avanti, in via Cottinelli, Natale Zadra fabbricava e riparava divani e poltrone e lì, nei pressi, la famiglia di Abele Fenotti gestiva una tabaccheria. Oltre la piazza, a destra di via Morandi Gilli, cÊerano due osterie dove si andava a mangiare la trippa ed a giocare al piumino. QuandÊera stagione, si potevano individuare i tanti „licinsì‰, venditori stagionali di vino che ricevevano dal Comune il permesso di vendere al minuto quando la produzione di vino eccedeva. Dopo aver fatto spremere gli acini col „Torcol‰, i vinaccioli dovevano essere consegnati al Consorzio, ma qualcuno ne frodava piccoli quantitativi per preparare la grappa in casa. Giuseppe Salvinelli detto „Pi del Caʉ, con cavallo e carretto portava privatamente a domicilio i prodotti dei mulini e Giacomina Gattelli, ora ottantenne, gironzolava in Vespa tra lÊinvidia delle sue coetanee e dei maschi. Il signor Bagozzi, che commerciava in cavalli, girava spavaldamente col calesse tirato da un bellissimo cavallo baio, alla conquista di ragazze. Era un uomo molto affascinante e non aveva difficoltà in tale impresa. Tutta la frazione era ed è tuttora devota alla Madonna della Stella e a S. Velgio; ricordiamo le località Camandoli, Quarone e Mandò; la Selva e la Val Sorda completano la nostra scarsa frequentazione e conoscenza della stesse località dovuta alla poca comodità nei trasporti. QUADRI DI VITA e CONSUETUDINI La provinciale era percorsa dal tram che da Brescia giungeva fino a Gardone Val Trompia e che forniva un buon servizio; chi possedeva una bicicletta era ritenuto ai tempi un facoltoso, poi col passare degli anni arrivarono la mitica „Topolino‰, la Vespa, la Lambretta e per i più anziani fu inventato il „Moschito‰, un piccolo motore a scoppio che applicato alla bicicletta permetteva di muoversi senza pedalare. Tra i tanti tipi di motorini il più comune era il Garelli. Il lavatoio pubblico serviva da notiziario, essendo un luogo dove le donne si scambiavano chiacchiere e confidenze, e anche da palestra ginnica visto che si usava molto lÊolio di gomito per lavare e risciacquare i panni; era un duro lavoro, aggravato dal fatto che la scarsità di cibo obbligava tutti ad essere sempre a dieta. Quando era stagione si andava nei cortili a spannocchiare con le mamme, ma per i più piccoli era anche unÊoccasione per giocare e divertirsi. DÊestate passava un carretto ambulante che vendeva i gelati e anche un furgoncino che vendeva stecche di ghiaccio; se poi si volevano gustare rinfrescanti granite, bastava recarsi al negozio di Tiberio, aperto anche la domenica per lÊoccasione. Per vegliare i nostri morti non esistevano le camere ardenti attuali. Così per rendere più decorose le stanze in cui venivano esposte le salme, si stendevano alle pareti lenzuola bianche e ricamate del nostro corredo. I defunti venivano poi seppelliti tutti al cimitero della Pieve e trasportati a spalle dagli uomini. Il giorno del 2 Novembre, per onorarli degnamente, ci si recava a piedi in parrocchia per lÊufficio funebre che veniva celebrato alle ore 5 del mattino. Quel giorno, al ritorno, per tradizione gli uomini sostavano nelle osterie del paese dove veniva loro offerto un piatto di minestrone, detto „dei morti‰. ComÊera magra la vita!
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Durante quel mese, il custode del cimitero passava di casa in casa a raccogliere il „bene dei morti‰, una specie di piccolo obolo, a seconda delle possibilità delle famiglie, in cambio della cura che lui prestava alle tombe del cimitero, durante il resto dell'anno. Tutte le frazioni erano dotate di fontane e lavatoi pubblici; lo stradino comunale, munito di scopa e carriola, teneva pulite ed in ordine tutte le strade. Ogni settimana passava lo straccivendolo a raccogliere scarti di vario genere, comprese le pelli dei conigli precedentemente fatte seccare e riempite di paglia; queste ultime venivano consegnate in cambio di un piccolo compenso. Facevano la loro comparsa anche lÊombrellaio, lÊarrotino, il „parolot‰ che stagnava le pentole, il pollivendolo con le gabbie di polli sulla bicicletta ed ogni venerdì il pescivendolo; più raramente lo spazzacamino; la Martina passava a piedi per vendere la spolverina, con un sacchetto nella borsa e con una scatolina di latta come misurino, e spesso capitava che dei venditori ambulanti spingessero a mano carretti carichi di mele: con 100 lire se ne potevano acquistare 3 chili. Qualche volta arrivava pure un omino col „vertical‰, un organetto su ruote, che ci allietava con la sua musica in cambio di qualche centesimo. Esercitavano pure i barbieri, i calzolai, i taglialegna, il materassaio, che cardava la lana e faceva le imbottiture dei materassi, e i contadini con le mucche, capre e pecore e animali da cortile. Di sera tardi si potevano udire le serenate che i ragazzi dedicavano alle ragazze sotto alle loro finestre. Non lontano, alle trafilerie di Villa Carcina, cÊera una sala da cinema, ma era una meta che pochi si potevano permettere. Infine, ricordiamo che nel 1960 Concesio si aggiudicò il secondo posto al Concorso nazionale sulla coltivazione del pesco. Le nostre famiglie erano povere, ricche soltanto di bambini poco accontentati, ma tutti ci volevamo un gran bene; le donne dopo aver svolto le faccende domestiche, passavano il tempo a sferruzzare e a tricotare; alcune facevano le sarte in casa ed avevano la propria clientela. Solitamente le ragazze più giovani andavano da loro per imparare e davano una mano ad infilare gli aghi e a togliere le imbastiture. CÊerano pure le magliaie che con le macchine creavano capi molto belli, su misura. Ci si ammalava e spesso si moriva di infezioni come la polmonite, il tifo e la tubercolosi; per la bronchite ci si curava con polentine fatte di farina di semi di lino, che si adagiavano sul petto e sulla schiena per avere sollievo. Il purgante era lÊolio di ricino, di triste memoria, e la Magnesia S. Pellegrino. Si usavano il sale amaro e le sanguisughe applicate alle gambe per tenere a bada la pressione arteriosa. I bambini venivano colpiti da difterite e dallÊimmancabile pertosse, oltre che dal morbillo e tutte le altre malattie infantili. Per rendere più frizzante lÊacqua da bere, si usavano bustine della ditta Brioschi o di Idrolitina, appositamente preparate e vendute a tal scopo. I denti si pulivano con le foglie di salvia oppure con la scorza rugosa del limone. Si preparava il caffè con la miscela Leone, con il malto e lÊaggiunta di fago. In primavera si andava nei campi a raccogliere cicorie (tarassaco), virzulì (silene vulgaris), madonnine (rosolacci), pè dé legor (sedano bastardo) e lungo le siepi i luértis (luppolo) e le more. LÊerba vetriola serviva a pulire lÊinterno delle bottiglie di vetro. In montagna si raccoglievano asparagi selvatici, fragoline di bosco, fiori, funghi, nocciole, nespole, castagne e bacche selvatiche commestibili, lÊerica e la saggina si prestavano a fare spazzole per il bucato, scopini per il camino e scopre per i cortili. Il ginepro e lÊerba muta (geranio profumato di montagna) si usavano per insaporire i cibi e per aromatizzare la grappa. I marosen (sorbo degli uccellatori) e la belladonna
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erano utili per pasturare gli uccelli da richiamo, in particolare le gardene (cesene). Si vestiva con gonne alla paesanella e si portavano le trecce, chi a crocchia, chi a corona, chi raccolte sulla nuca con un grande fiocco di seta oppure divise sulle spalle. Gli uomini vestivano con calzoni di grossa tela rigata dÊestate e di velluto dÊinverno, qualcuno anche alla Zuava. Le donne, alla domenica, giocavano a tombola e con le carte del cuco; gli uomini a tresette e a briscola nelle osterie. Quando la stagione era propizia, i più giovani giocavano in strada a palla libera; si organizzavano gare anche coi paesi vicini, tant'è che a Sarezzo, in piazza, cÊerano le tribune per gli spettatori e molti tifosi seguivano le varie esibizioni. Durante le sagre paesane si assisteva alla scalata del palo della cuccagna. Un ricordo particolare per i sacerdoti che curavano le nostre anime: Don Eugenio Cattina e Don Armando Porteri a Costorio; Don Giacomo Motta a Concesio S. Rocco; Don Celestino Bonomini, Don Luigi Bosio, Don Valerio Polotti alla Pieve ; Don Marco Belleri a S. Andrea ; Don Mazzoldi a San Vigilio . Forse qualcosa sarà stato dimenticato, ma lÊintenzione di questa breve esperienza era di saggiare le nostre memorie; pensiamo di esserci in parte riuscite. Beata gioventù che più non torna, ma ringraziamo Dio di essere ancora qui a raccontare il nostro tempo, vissuto in povertà e in onestà. Un grande abbraccio ed un saluto a tutti. Gli ospiti della Casa di Riposo in compagnia di Carla
(A cura di Rossella Pani e Francesco Trivella)
Un ringraziamento particolare a Carla Vezzosi, senza il cui contributo, questo lavoro non sarebbe stato possibile.
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