Il Comune di Ala in collaborazione con la famiglia Giuseppe Caprara e con la partecipazione del Comune di Avio presentano i vincitori del
Concorso di Poesia Giuseppe Caprara
28째 Edizione 2014
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Giuria del 28. Concorso: Italo Bonassi (Presidente) Roberto Caprara Antonia Dalpiaz Gemma Nardelli Mosna Pietro Sartori (Segretaria: Elena Corradini) Liriche ammesse e partecipanti: Sezione A: 167* Sezione B: 29 Sezione C: 5 Sezione D: 5
Le liriche premiate e segnalate sono state dichiarate inedite e mai premiate o segnalate in altri concorsi dai concorrenti, che si sono altresĂŹ dichiarati autori delle medesime. *di cui 14 con riserva
Comune di Ala- Ufficio biblioteca e archivio storico, 2014 Prodotto in proprio Ala (TN) : Biblioteca comunale di Ala, 2014. Quest’opera è pubblicata con Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia License. Per visualizzare le condizioni della licenza, consulta: http://creativecommons.org/licenses/by-ncsa/3.0/it/.
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Introduzione Eccoci qui giunti al traguardo del Premio Nazionale di Poesia Giuseppe Caprara, ventottesima edizione, sempre con un buon numero di partecipanti. Anche quest’anno non è stato facile stilare una graduatoria di merito, principalmente nella sezione dialettale, che ha visto molti testi davvero buoni, ma d’altra parte dobbiamo considerare che, anche se a parer nostro sufficienti i premi messi a disposizione dagli organizzatori, c’è sempre, come in tutti gli altri Concorsi, qualche dolorosa esclusione di testi molto validi. Il prestigio di un Concorso non è dato d’altronde dalla moltitudine dei premiati, bensì dalla qualità dei testi. La quantità, è noto, non s’accorda sempre con la qualità: ci sono Concorsi che prevedono una montagna di premi, con coppe e targhe a non finire, e la gente se ne torna a casa contenta e, visto quant’è facile essere premiati, ripartecipa l’anno dopo. A noi non interessa garantire sempre e comunque premi, avere una folla imponente di gente premiata con decine di segnalazioni, menzioni d’onore, premi speciali, ecc. Cosa questa controproducente, perché i mediocri premiati finiscono col credersi bravi, e ciò andrebbe a discapito della giuria e del Premio stesso. Tre premi e tre segnalazioni per le nostre due sezioni, quella in lingua e quella in dialetto, e un solo vincitore nelle altre due sezioni, quella dedicata a Giuseppe Caprara e la sezione Giovani. Anche quest’anno comunque siamo qui a parlare e a sentire parlare di poesia, e per noi, che siamo poeti o ci illudiamo di esserlo, è una conquista; tanti sono ancora quelli che scrivono poesia, me ne rendo conto ogni volta che ho l’occasione di trovarmi in qualche Giuria: ogni volta nomi nuovi, volti mai veduti prima. Ben vero però che molti sono coloro che scrivono poesia, pochini quelli che la leggono. Tanti, troppi, leggono le proprie poesie e non leggono quelle degli altri, in primo luogo quelle dei grandi poeti del Novecento italiano, che non sono solo Ungaretti, Montale e Quasimodo, ma anche Mario Luzi, Piero Bigongiari, Vittorio Sereni, Sergio Solmi, Franco Fortini, Giorgio Orelli, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, e così via, per non risalire poi ai meno conosciuti ma altrettanto validi Leonardo Sinisgalli, Sandro Penna o Alfonso Gatto. E’ leggendo questi grandi poeti che si può affinare i nostri versi, è da loro che possiamo imparare a scrivere poesia, poeti, quelli nominati, da considerare tuttora contemporanei, senza scomodare quelli che hanno ormai fatto il loro tempo, grandi sì, ma con una scrittura, un linguaggio che oggigiorno ci farebbe un po’ sorridere. Un ragazzo sardo ogni tanto mi telefona e mi dice soddisfatto che si è letto tutto Carducci o Pascoli, o Rebora, o anche Saba, così mi tocca poi deluderlo dicendogli, se 3
vuole imparare a scrivere come si scrive oggi, e non come si scriveva ieri, di leggersi un Montale o un Luzi o anche uno Zanzotto, ma solo un certo Zanzotto. Leggiti, gli dico, “La corriera” di Mario Luzi, una poesia straordinaria tanto da essere considerata una delle più belle poesie del secondo Novecento, o la bellissima “Casa dei doganieri” di Montale, per non parlare del montaliano “Meriggiare pallido e assorto”. Oggi molti scrivono poesia, non so quanti la leggano. Carducci, Pascoli, D’Annunzio, in relazione al numero di analfabeti di allora, erano decisamente popolari. Anche i non istruiti sentivano il bisogno di imparare qualcosa, di andare al di là delle loro limitate conoscenze. Oggi, si ha un analfabetismo di ritorno, e me ne sono accorto un giorno ascoltando alla Tv un servizio su un campione di studenti dai 15 ai 20 anni. La domanda che veniva rivolta era quale fosse la capitale degli Stati Uniti. Chi non rispondeva New York (la massa), diceva addirittura Parigi. E gli interpellati non erano pecorai di chissà che profondo Mezzogiorno d’Italia, erano studenti di grandi città. La cultura-non cultura delle sere passate a seguire i quiz a premi e i banali giochetti delle serate italiane. Italo Bonassi Presidente di Giuria
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SEZIONE A Classifica 2014 1° classificato
“La porta sul mondo” Motto: Ametista Vincitore: Giulio Redaelli di Albiate (Milano-Brianza)
2° classificato
“Un flash di covoni…” Motto: Agire! Vincitrice: Agnese Girlanda di Verona
3° classificato
“Amore alla fine del tempo” Motto: Solo un canto Vincitore: Mauro Barbetti di Osimo (Ancona)
Segnalati a pari merito “Nella dolcezza del ritorno” Motto: Stella cadente Vincitore: Enrico Sala di Albiate (Milano-Brianza) “L’inverno” Motto: L’orma del cuore abitata dalle speranze Vincitore: Bruno Lazzerotti di Milano “Ungiornocomeunaltro” Motto: Max Tempesta Vincitore: Matteo Aldo Maria Rossi di Genova
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sezione A lingua italiana primo premio Profilo critico GIULIO REDAELLI, Albiate (Monza-Brianza) LA PORTA SUL MONDO Con i piccoli quasi banali momenti di un noioso lunedì mattina, simbolo della nostra quotidianità, basta un poco di fantasia per mettere giù un’ottima poesia, tra il sentimentale e l’ironico, conferendo una certa dignità a particolari apparentemente futili, abitudinari, la moglie che raccomanda di comperare il latte, le uova e del prosciutto cotto e di passare poi, prima di rientrare, a pagare la bolletta del metano. E il solito rituale del bacio sulla guancia del marito, anzi l’abbozzo di un bacio, per non perdere un po’ del rossetto che si è appena messa sulle labbra o per non lasciarne una traccia s’una guancia di lui. Poi, al bar, per il solito caffè, il tintinnio dei cucchiaini che mescolano sul bancone lo zucchero nelle tazzine di altri come lui, il pensiero del latte e delle uova, più quello del prosciutto cotto, e della bolletta del metano, si confonde con la malinconia di un bacio appena abbozzato, come non dato, per non sporcargli una guancia. Italo Bonassi
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sezione A lingua italiana primo premio
GIULIO REDAELLI LA PORTA SUL MONDO C'è uno sbadiglio di parole assonnate sotto la loggia del lunedì, come sagome vive mischiate casualmente in trasparenze di caffè fra i tavolini e caldo profumo di glassa in nuvole di vecchie malinconie Un tintinnio di zucchero si mescola nelle tazzine ancora umide di altre labbra al brusio veloce dei minuti appesi sopra il bancone "Ricordati di pagare il metano di prendere latte uova e del prosciutto ... meglio cotto Potremmo fare dei toast, stasera Ciao, amore" A labbra chiuse fingi un bacio forse per non sporcarmi la guancia o solo per non sbavare l'impeccabile linea delle tue labbra vergini Sorseggiando alzo gli occhi a quel brutto orologio da parete, come me della fretta di vivere già sazio Dalla porta sul mondo mi separano un'agonia di minuti una bolletta del gas, la lista della spesa e l'accenno di quel bacio frettoloso che non mi hai dato
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sezione A lingua italiana secondo premio Profilo critico AGNESE GIRLANDA, Verona UN FLASH DI COVONI… Momenti di una vita agreste che ancora sopravvive nel mondo non più tanto incontaminato della montagna, con la campana che suona l’Ave Maria del buongiorno e le contrade ancora accovacciate come vecchie volpi nell’ombra che fanno tanto Monti Lessini. Poi, più tardi, con i covoni sonnecchianti col sole che già acceca, i mietitori riprendono il loro duro lavoro, accompagnandolo con un loro canto preghiera. Un mondo che fa nostalgia e tenerezza, che ci ricorda quello dei nostri nonni, descritto con particolare bravura e poetica malinconia dall’autrice. Non tutto ha distrutto la civiltà della tecnologia, ancora da qualche parte le mietilegatrici, le imballatrici, i pesanti trattori e chissà quant’altro ancora, hanno potuto prendere il posto delle vecchie falci fienarole. Ma, bando al sentimentalismo, quasi certamente i mietitori vorrebbero buttare via le falci e guidare pure loro una mietilegatrice con tanto di trattore. Italo Bonassi
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sezione A lingua italiana secondo premio
AGNESE GIRLANDA UN FLASH DI COVONI‌ Si rischiara la notte ed uno starnuto di sole risveglia il canto del creato mentre l'Ave benedice il giorno. Sparute contrade come vecchie volpi stanno accovacciate fra le pieghe dell'ombrosa vallata. Affonda fra stoppie e ortiche di un campo ormai senza vita un pallido ricordo accendendo un flash di covoni sonnecchianti sotto un sole accecante e nella mente volteggia l'eco di un canto-preghiera dei mietitori; poveri Cristi, piegati come una falce per un desco santificato da una particola di pane.
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sezione A lingua italiana terzo premio Profilo critico MAURO BARBETTI, Osimo (Ancona) AMORE ALLA FINE DEL TEMPO Una bella poesia, dal contenuto struggente e doloroso, perché la vita purtroppo è fatta anche di dolore, e la morte, si sa, ci ricorda l’autore, è una presenza che “compare a volte in un confronto privato”. Un esclusivo tu per tu tra noi e lei, in cui il nostro può essere solo un tentativo di resistenza, tutto suo invece è un sottrarci solo quello scampolo di tempo che non si è potuto realizzare, mentre quello che si è realizzato ce lo porteremo noi di là a resoconto. Accanto a lei, immobile e sofferente a letto, con l’endovena in un braccio, il pensiero va alle ore liete di un cammino fatto insieme, con la speranza che sappia che, giù, nel portico, le ha lasciato appositamente, come atto d’amore, un fagotto perché quelle ore non le dimentichi. Italo Bonassi
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MAURO BARBETTI AMORE ALLA FINE DEL TEMPO Ne convieni. Ci si ritrova per minimi pensieri qui dove è tardi per nuovi schemi e il meridiano è già ieri. Eri e sei a te m'annoda la vena al braccio che ti preme contro a sera lo sfilaccio d'affetto che lieve approda sebbene ancora insieme ai silenzi riservati di paludi stigie. Vige tra noi la stessa sintassi e struttura le stesse pause nei ritmi sonno-veglia gli stessi passi a rimbalzo di parete. Non più i voli. Non l'altura. Solo eroica resistenza. Presenza è la morte che compare a volte in un confronto privato ove non può toglierci che uno scampolo di tempo oltre srotolato a definirsi altrove. Non ciò che è già realizzato o si porta a resoconto. Affronto il lento compiersi ma tu sappi che lieto è stato il cammino con te a me che ho lasciato un fagotto nel portico di sotto come a dirti di non dimenticare.
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sezione A lingua italiana terzo premio
Sezione A lingua italiana segnalato a pari merito
ENRICO SALA NELLA DOLCEZZA DEL RITORNO Lo conosco da ogni lato il mio cortile fatto di storie uscite da foto di famiglia ora ingiallite come quella del bimbo poi cresciuto in un mondo che è cambiato, dimenticando per strada chi era. E pesano, ora, le mie scarpe inzuppate di tempo sprecato nel fango dei giorni e si fa lento il passo sul sentiero del presente dove corre veloce la nostalgia di un futuro che si frantuma sulle zolle avide di grano. E fanno un gran fracasso le foglie in rovina su radici rivolte verso un cielo che ha gli occhi di mio padre. Rivedo il suo volto ricurvo sulle piantine di grano dissetate dai germogli del suo sudore. Lo rivedo, da riflessa ombra, tra queste veccie mura che trasudano inconsapevole felicità dove non ha spazio il sapore dei soldi e hanno eco, dentro, i ricordi stesi sotto una polvere pregna di malinconia. E qui, nella dolcezza del ritorno tra queste braccia di tegole scolorite, culla della mia memoria, si ferma l'orologio dello spreco e riparte la speranza.
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BRUNO LAZZEROTTI L’INVERNO
sezione A lingua italiana segnalato a pari merito
Conficcato nella sera il buio si chiude a parentesi su una luce arata, la scosta in silenzio fino all'opacitĂ distesa del nero che sbuccia le geometrie serrate dei muri, il graffio delle crepe e delle macchie dei fari, preme come una minaccia la riga dei fiati rappresi sui visi, la filigrana dei pensieri. L'inverno accoglie con moti impensati i brandelli delle attese, che frusciano cosĂŹ limpidamente crudeli in anfratti e sospiri del cuore, ma presto assottigliate nella cieca risacca della vita svaniscono senza tracce, senza cicatrici.
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MATTEO ALDO MARIA ROSSI UNGIORNOCOMEUNALTRO Corso Gastaldi è un'approssimazione il limite a cui tendono parabole di macchine. Lavoro e matematica - Son mille e non più mille, a fine mese -, a imbuto, sette&trenta, verso il centro qualcuno ascolta musica a un semaforo, a destra sfreccia un motorino, cosce al vento - Adiuva me!, Signore di Corsie preferenziali -, io butto il braccio fuori e il gambero barrato ferma ed apre. Corso Gastaldi è un'allucinazione, in prospettiva Fate Morgane vaporizzano orizzonti, palazzi ai lati, vecchie alle fermate e Genova diventa un marmo appena sbozzato, un drago steso sulla schiena, San Giorgio già bestemmia su una Jaguar, mentre il bestione sputa in alto fumo e in basso piscia aria condizionata. Corso Gastaldi, in fondo, è l'illusione che finirà anche lunedì - si spera -, rumore bianco a fine trasmissioni, lo schermo della notte. Chi non ha mai peccato, scagli o taccia, si cerchi un altro impiego, un posto al mondo, o smetta di far finta che gli piaccia.
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sezione A lingua italiana segnalato a pari merito
Sezione B Dialetto triveneto e mantovano Classifica 2014 1° classificato “Assà par gatar rechia” Motto: Schirat Vincitore: Sergio Balestra di Sant’Orsola (Trento) 2° classificato “Profumo de pan” Motto: Istè de na olta Vincitrice: Anna Maria Lavarini di Verona 3° classificato “Tre mane” Motto: Sa fato la luna Vincitrice: Nerina Poggese di Cerro Veronese (Verona) Segnalati a pari merito “Al me “amòr” malà” Motto: Il cesellatore di zolle Vincitore: Fabio Barbon di Spresiano (Treviso) “El rajo” Motto: Battissisola Vincitrice: Rita Mazzon di Padova “Sércoli de vita” Motto: Folegnàn Vincitore: Giacomo Campedelli di Bosco Chiesanuova (Verona)
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sezione B dialetto triveneto o mantovano primo premio Profilo critico SERGIO BALESTRA di Sant’Orsola (Trento) ASSÀ PAR GATAR RECHIA Una poesia originale, al di fuori degli schemi classici della poesia dialettale trentina, con una simpatica venatura di sottile ironia e un temperato sentimentalismo, oltre ad una fervida fantasia in cui trovano posto bimbi che giocano, ragazze che imbastiscono accordi in armonia, un sentiero nel bosco ( uno dei tanti della val dei Mocheni ) ed uno scoiattolo che dall’alto di un abete guarda giù impaurito. Un aspetto del mondo fantastico della montagna tutto racchiuso nello spazio di una trentina di versi messi giù con parole poetiche di un semplice affabulante candore. Italo Bonassi
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SERGIO BALESTRA ASSA' PAR GATAR RECHIA Abbastanza per trovare pace
sezione B dialetto triveneto o mantovano primo premio
Co' le mè art fruàde, engabolà da na scrìmia scolòbia, ghe tendo al temp e cerco de smolinar le aze de la vita.
Con i miei attrezzi (strumenti) logorati, ingannato da un acume infecondo, sorveglio il tempo e cerco di dipanare le matasse della vita.
Ma pù che fogo, pù le se 'ngartia, me scampa el cao... E resto live, enmatonì. E siànca so che non gò patrie, gnanca paroni - sat - da siorìr giò, seguto a menar el me' magòn entorno e assarme encaviciar dal salvanel. Ma tut de bot me ciapa maraveja - e podo gaver redenzio, almanco en cit vardàr popi che giùga, scoltàr dedi matèi che se 'ngegna a embastìr su n'acordo de armonia. O che 'ngualnòt vegna la to' cara man a farme sgnòdole che me consola. E nissun ven pù le lagrime a scodìr. Po' già l'è assà, assà par gatar rèchia, podèr nar de sbighez su par i boschi dreo ai me' insogni già mezi sgrempenadi, su sintéri che sol mi so, e cognosso... E scontrar el schiràt, che 'ntrà le dase el sfodega, el scampa sora a 'n péc e dal cimal el cuca giò smarènt, ma po'... - ah, te'l vedessi! tan' che 'n fradel, el me snasa 'l cor. 17
Ma più frugo, più si aggrovigliano, mi sfugge il bandolo... E resto lì, stordito. E sebbene so che non ho patrie, neanche padroni - sai - da sviolinare, continuo a portare la mia angoscia attorno / e lasciarmi abbindolare da baluginìi di specchi. Ma all'improvviso mi prende meraviglia - e posso avere salvezza, almeno un po' guardare bimbi che giocano, ascoltare dita ragazze che si ingegnano per imbastire un accordo in armonia. O che al crepuscolo venga la tua mano così cara / a farmi coccole che mi consolano. / E nessuno viene più le lacrime a riscuotere. Poi già è abbastanza, abbastanza per trovar pace, / poter andare di traverso su nei boschi / dietro ai miei sogni già mezzi sgangherati, lungo sentieri che solo io so e conosco.
E incontrare lo scoiattolo che tra i rami rovista, scappa sopra un abete e dalla cima guarda giù impaurito,
ma poi... - ah, lo vedessi! come un fratello, mi annusa il cuore.
sezione B dialetto triveneto o mantovano secondo premio Profilo critico ANNAMARIA LAVARINI di Verona PROFUMO DE PAN Un gustoso quadretto della vita di campagna di una volta, dipinto con la delicata nostalgia e il rammarico di chi sa che è un mondo destinato a rimanere vivo solo nella memoria. E con la memoria la poetessa fa rivivere la “corte granda”, l’aia cotta dal sole, gli strilli dei bambini, lo “sbraitar” delle oche e delle galline, l’abbaiare dei cani. E un vecchio gelso, ultimo superstite di una generazione di gelsi che un tempo davano quei piccoli frutti dolci e succosi, e le cicale che forse friniscono ancora da qualche parte, e le rane che non si sa più dove siano finite, e l’odore della stalla e i gerani nei barattoli di conserva ai balconi. Cosa resta di tutto questo? Forse solo il profumo del pane che si faceva in casa, il pane di una volta che profuma ormai solo la memoria. Italo Bonassi
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sezione B dialetto triveneto o mantovano secondo premio
ANNAMARIA LAVARINI PROFUMO DE PAN
Profumo di pane
Un mondo pitoco ma onesto seràsù nei brassi de la corte granda
Un mondo povero ma onesto racchiuso nelle braccia della corte grande.
'N te i giorni de istà sora el selese brustolà da 'l sol, intorcolà al ciassar de i butini, 'l sbraitar de i ochi, galine e 'l baiar de un can imboressà.
Nei giorni d'estate sopra l'aia cotta dal sole, attorcigliato allo strillare dei bambini, lo strepitare di oche e galline e l'abbaiare di un cane festoso.
Sora 'l vecio morar un loinar de sigale che solo a sera g'avarea lassà 'l posto a litanie de rane e i grìi, e 'n te l'aria se smissiava udor de stala co profumi de legna, de fen, de pan.
Sopra il vecchio gelso un frinir di cicale, che solo a sera avrebbero lasciato il posto a litanie di rane e grilli, e nell'aria si mescolava odore di stalla con profumi di legna, di fieno, di pane.
N' alegria de colori beava i oci, panoce giale a caval de i pontesei, rose rampeghine e girani rossi rubin drento bandoti sbusoladi A note se smorsava i ciassi, se scancelava i colori e se chietava l'udor de stala, restava solo 'l profumo de pan a far girotondi co i sogni drento la corte indormensada.
Un'allegria di colori beava gli occhi, pannocchie gialle a cavallo dei poggioli, rose rampicanti e gerani rosso rubino dentro bussolotti bucherellati. A notte si spegnevano i chiassi, si cancellavano i colori e si quietava l'odore di stalla, restava solo il profumo di pane a fare girotondi con i sogni dentro la corte addormentata.
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sezione B dialetto triveneto o mantovano terzo premio Profilo critico NERINA POGGESE di Cerro Veronese (Verona) TRE MANE Una poesia che ci dà uno scorcio di vita agreste, rappresentato con una vena sentimentale di nostalgia, la nostalgia che si ha per ciò che era anche nostro e che non è più, con le care figure degli zii che scartavano per i loro piccoli nipoti le caramelle, e i voli delle lucciole di cui oggi non rimane neppure più la memoria, ed il drammatico “stroo de giasso”, il buio di ghiaccio che ha strappato la poetessa dalla mano di suo padre. Non ci sono più i vecchi di allora, non ci sono più nemmeno le loro ombre, tutto cancellato da una mano di calcina. E ora, dice la poetessa, ora tocca a lei scartare le caramelle da regalare ai piccoli nipoti. Italo Bonassi
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sezione B dialetto triveneto o mantovano terzo premio
NERINA POGGESE TRE MANE
Tre mani Non ci sono più ombre di vecchi su strade chiare che si sono fatte grigie di asfalto come i miei pensieri. Non ci sono più zii che scartavano bonbon e zuccherini e storie di anguane / spingendomi avanti quando il buio di ghiaccio mi ha lacerato dalla mano di mio padre / e sotto i miei passi sono cresciute le ortiche. Fuori mano è il tempo di cacciare voli di lucciole che rimbalzavano fra i sogni che provavano ad alzarsi da un campo / di frumento e papaveri diventato capezzagna di colpo. Nessuno mi dice più "ascolta bambina" nel cortile, in piazza, nel portico dei ricordi le tarme hanno inghiottito i visi cari arrugginiti ormai come falci. Una mano di calcina sui vecchi, grida di ragazzi, rumore di ruote e confusione sotto il campanile che ha lancette da giostra. Passo e in un vetro sento tutte le mie rughe ed i chiassi che mi si sbriciolano via, cerco nella tasca e ... accipicchia! Ora sono io con caramelle da regalare.
No gh'è pì ombrie de veci su le strade ciare che sa fato grise de sfalto come i me pensieri. No gh'è pì sii che descartaa siele e sucarini e storie de anguane parandome 'nvanti quando el stroo de giasso m'à sbregà da la man de me papà e soto i me passi è cressue le ortighe. Fora man l'è el tempo de cassar sgoli de slusarole che rembalsaa fra i sogni che proaa a learse da on campo de formento e papaveri dentà scaessagna de paca. Nissun me dies pì "scolta butina" on corte, on piassa, nel portego de i ricordi i caroi i à 'ngiotio le face care rudene ormai come missore. Na man de calssina su i veci, sighi de bocia, bordel de rue e russia soto el campanil che gà rade da giostra. Passo e ne on vero sento tute le me rughe e i ciassi che me se sfregola ia, rumo on scarsela e ... cape! 'Desso son mì con caramele da regalar.
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sezione B dialetto triveneto o mantovano segnalato a pari merito
FABIO BARBON AL ME “AMOR” MALA’
Al mio “amore” ammalato Nei brividi di uno spavento ho nascosto il cuore, e nel vederti ammalata ho setacciato il dolore: è l'ascoltare il silenzio della morta parola cercando il senso della tua vita nuda, è il guardare lontano con i tuoi occhi chiusi cucendo speranze su giorni disperati.
Nei grisoli de na spasemàda go scónto el cuòr, e nel védarte malàda go tamisà el dolòr: xe el scoltàr el silensio de la morta parola çercàndo el senso de la to vita nùa, xe el vardàr distante co i to òci serài cusendo speranse su zórni desperài.
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sezione B dialetto triveneto o mantovano segnalato a pari merito
RITA MAZZON EL RAJO
Il raggio
Tra le sfese de la persiana se slonga pian un rajo più picoo de un rigo E pur l'ocio se ferma se incanta Dal scuro el passa a sto spigolo de naransa a sto bacheto che dindoa che ride El soe me spia El trema El me da sgrisoli caldi su la pee Distirà sul leto çerco la me pase Ma lu el siga I anni sbianca e la paroa se sbrega Sensa più fiù vado massa a capo Xè come quando me rampego su par i scaini e go bisogno de na fermada Strenzo el pensiero lo tegno fisso Go zà paura che el rajo scapa che el se scançea ne la note scura Aor also i oci digo na preghiera e ancora na volta la speransa me rancura
Tra le fessure della persiana si allunga piano un raggio più piccolo di un rigo Eppure l'occhio si ferma si imbambola Dal buio passa a questo spicchio di arancia a questo bacchetto che dondola che ride Il sole mi spia Trema mi da brividi caldi sulla pelle Distesa sul letto cerco la mia pace Ma lui grida Gli anni sbiancano e la parola si spacca Senza più fiato vado troppo a capo E' come quando mi arrampico su per i gradini ed ho bisogno di una sosta Stringo il pensiero lo tengo fisso Ho già paura che il raggio scappi che si cancelli nella notte scura Allora alzo gli occhi dico una preghiera e ancora una volta la speranza mi raccoglie
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sezione B dialetto triveneto o mantovano segnalato a pari merito
GIACOMO CAMPEDELLI SÉRCOLI DE VITA Ancó slànso 'n le spinàre malandrìni sércoli de vita, i tràgo là con fià parché i se pónda parché i se béca, parché i sàpia che anca i sgràfi i sa èssar malcunè e che anca sóto pèl i sbrùsia tanto. Slànso 'n le spinàre malandrìni sércoli de vita che tuto aréa credèsto ma proprio no cossì ... e òlto pagina, par arfiàr 'nté 'l dimàn con on sércolo serén sula me facia!
Cerchi di vita Oggi lancio nei rovi malandrini cicli di vita li lancio là con forza perché si pungano perché si sentano beccati perché sappiano che anche i graffi sanno essere molto pesanti da sopportare e che anche sotto alla pelle bruciano molto. Lancio nei rovi malandrini cicli di vita di loro potevo immaginare tutto ma non che fossero così ... e giro pagina per respirare dolcemente il mio domani con un sorriso sereno e fatto a cerchio sul mio viso!
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Sezioni speciali Sezione C Premio speciale: poesia dedicata a Giuseppe Caprara e alle sue città di Ala e Avio 1° classificato “Ne resta de ti” (Ci resta di te) Motto: Radici del tempo Vincitrice: Lia Cinà Bezzi di Villa Lagarina (Trento) Sezione D Premio speciale: Ragazzi under 16 1° classificato “Ritorni” Motto: Aletheia Vincitrice: Francesca Varago di Treviso
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sezione C Poesia dedicata a Giuseppe Caprara o alle sue città di Ala e Avio Premio Speciale Profilo critico LIA CINA’ BEZZI di Villa Lagarina (Trento) NE RESTA DE TI Solo chi ha conosciuto Giuseppe Caprara quand’era vivo ha potuto e saputo dedicargli dei versi così toccanti e struggenti, ricordando le sue montagne, quelle che sovrastano Ala, l’Adige, e il sole che tramonta dalle parti della Vignola, lassù, dietro il Baldo. La séntet Bepi la canzom? La senti, Giuseppe, la canzone della sera,con quel frusciare delle pale del mulino e lo scricchiare leggero del vento sulle ortiche? Una ninna nanna che sembra un pianto. Basta un foglio, su cui annodare ricordi e nostalgia, parole che sono un singhiozzo di chi cerca nella memoria di ridare vita all’albero spaccato in due prima di arrivare in cima.. Italo Bonassi
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sezione C Poesia dedicata a Giuseppe Caprara o alle sue città di Ala e Avio Premio Speciale
LIA CINA’ BEZZI NE RESTA DE TI Ne resta de ti sol le parole, poesie del témp che no smarìss, le brusa piam nel fogolar del cór. A sera le sgóla sul Vignól o 'ntrà le zènge empituràe de luna. Le sbìsega lizére 'nté l'Aviana.
Ci restano di te solo le parole poesie del tempo che non svaniscono bruciano piano nel focolare del cuore. A sera volano sul Vignola o tra le cenge dipinte di luna. Frugano leggere nell'Aviana.
La séntet Bepi la canzom? Par che la pianza 'ntrà le pale del molim, ancor quel sgriciolar setìl quasi nina nana de vént che dindola l'ortiga.
La senti Bepi la canzone? Sembra che pianga tra le pale del mulino ancora quello scricchiolare sottile quasi ninna nanna di vento che dondola l'ortica.
E t'ài lassà fiori sul sentér quel caminar fadighe tra sgrèbeni e sudor e lampi che à scavezzà 'n alber en do prima che te rivessi en zima.
E hai lasciato fiori sul sentiero quel camminare fatiche tra terreni scoscesi sudore e lampi che hanno spaccato un albero in due prima che tu arrivassi in cima.
Cossì la vita, ala del tèmp, la 'ngrópa ricordi col destrani, vóze ciàra 'nté la nòt. Na pena, en fòli piem de parole e 'l to ricordo Bepi, quasi en sangiót.
Così la vita, ala del tempo annoda ricordi e nostalgia voce chiara nella notte. Una penna, un foglio pieno di parole e il tuo ricordo Bepi quasi un singhiozzo.
Ci resta di te
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sezione D Sezione Ragazzi under 16 premio speciale Profilo critico FRANCESCA VARAGO di Treviso RITORNI Una poesia fresca, per dirla con l’autrice “come l’acqua che erompe da una fonte”, la descrizione dell’alba che “erompe”, ma senza violenza, con la forza della natura, che è quella della vita, con la rinata chiarità del giorno che riporta alla luce cascate di petali, con il cielo e i venti che riprendono a spirare. Non dobbiamo avere paura della terra, ci dice la giovane autrice, la terra che forse conosce la nostra follia, le nostre corse nel vento. Ci veglia l’acqua, che è forza di vita, col suo quieto parlottare di ritorni. Italo Bonassi
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sezione D Sezione Ragazzi under 16 premio speciale
FRANCESCA VARAGO RITORNI Hai udito? Qualcosa è esploso nella notte, come erompe l'acqua da una fonte, senza violenza alcuna, con la sola forza della vita, cosÏ l'alba ha portato cascate di petali, frutti a piene mani e il ritorno dei figli del cielo e dei venti. La terra ci accoglie senza paura; conosce forse la nostra follia e le nostre corse nel vento? Ma ora non curiamocene, ci veglia l'acqua, nel suo quieto parlare di ritorni...
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Ricordo di Giuseppe Caprara Giuseppe Caprara, grande Invalido di Guerra, da un angolo appartato del suo amato Trentino, la nostra cittadina di Ala, registrava le voci profonde della sua ricca interiorità e le impressioni che la natura e la vita che gli fluiva d’accanto gli suggerivano. Caprara era stato chiamato alla poesia per una interiore necessità, giacché in essa egli aveva trovato un mezzo di redenzione e di partecipazione penetrante, se pur riflessa e ordinata sulla trama delle memorie, alla vita che, dal suo letto al quale per anni era stato inchiodato, contemplava in pura obiettività. Data questa situazione di solitudine e di sofferenza ci si potrebbe aspettare una poesia d’ispirazione pessimistica e invece no, la poesia di Caprara è specchio della sua vita e dopo l’invalidità contratta, è sorretta dalla speranza e da una immensa fede negli ideali cristiani. Giuseppe Caprara era nato ad Avio il 15 luglio 1921 e risiedeva ad Ala dal 1940. Sposato, 4 figli, 7 nipotini, conduceva vita ritirata per una grave infermità di Guerra. Ha scritto molto in dialetto e in italiano dal 1964 in poi. Vinse moltissimi premi in vari concorsi. Fra le sue opere ricordiamo le raccolte: Dal me lèt (1964), Fra pianzer e cantar (1966), Quando ne fa vel la malinconia (1968), Prà de l’aurora (1971), ‘n pass sul sentèr (1975), Lucciole (1977), Una notte io sono nato (1977), Biografia del pittore Daniele Scaglioni, Serafino (1979), Avio nel tempo (G. Libera, 1981), Vecia Zima (Centro Bronzetti, Trento, 1981), Poesie (raccolta postuma, pubblicata nel 1983 a cura dei poeti del Filò di Trento e con il contributo della Cassa Rurale di Ala). Giuseppe Caprara è morto ad Ala il 28 febbraio 1982. Nel 1997 è stato pubblicato dal Comune di Ala e dalla Biblioteca comunale il volume a cura di Elio Fox con un saggio di Renzo Francescotti Caro Bepim… Ricordo di Giuseppe Caprara a quindici anni dalla scomparsa: saggi, lettere, poesie, contributi, testimonianze. [adattamento da testo di Elio Fox] 30
I Giurati del Premio “Giuseppe Caprara” 2014 sono: Italo Bonassi (Presidente di Giuria)
Nato in Alto Adige, laureato a Padova in Scienze Agrarie, risiede a Rovereto dal 1975. E’ direttore responsabile del bimestrale di poesia e critica poetica “Quaderni” del Gruppo Poesia 83. E’ poeta, saggista, critico, giornalista pubblicista e operatore culturale, con all’attivo oltre dieci raccolte di poesie. Presidente del Gruppo Poesia 83, è socio di varie associazioni culturali e presidente o membro di diverse giurie di Premi Letterari nazionali.
Roberto Caprara
Figlio del poeta Giuseppe Caprara, ne ha ereditato la sensibilità per la poesia, “sconfinando” nella scrittura teatrale con ottimo successo di critica e pubblico. Attento lettore di poesia e prosa, partecipa a numerosi premi letterari, ricevendo riconoscimenti e apprezzamenti soprattutto per le sue liriche. E’ membro di giuria di vari concorsi regionali e nazionali.
Antonia Dalpiaz
E’ nata e vive a Trento, dove scrive romanzi, testi teatrali in lingua italiana e in dialetto, e poesie. Si è laureata al DAMS di Bologna in discipline dello spettacolo. Segue per le testate dei quotidiani locali gli spettacoli teatrali. Cura laboratori e animazioni alla lettura per bambini e ragazzi. E’ membro di giuria di vari concorsi di poesia in lingua italiana e in dialetto.
Gemma Nardelli Mosna Trentina, è appassionata poetessa e raffinata artista, sempre alla ricerca di nuove possibilità di espressione, con all’attivo numerose mostre personali e pubblicazioni dalle quali traspare la sua poliedricità e sensibilità. E’ membro di giuria di vari concorsi di poesia in lingua italiana e in dialetto.
Pietro Sartori
Veronese, già presidente del Cenacolo di Poesia dialettale “Berto Barbarani” di Verona e fondatore di una Scuola di Poesia,
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Ha presentato la Cerimonia di premiazione: Giuliana Raffaelli Bonassi
Nata a Bolzano, risiede a Rovereto dal 1974. Giornalista pubblicista radiotelevisiva, per anni voce nota di Radio Rovereto Stereo. Presentatrice di premi letterari nazionali e internazionali e manifestazioni culturali varie, nonché storico-turistiche, sportive e d’arte. Collabora con alcune riviste di cultura e attualità, tra cui i Quaderni del Gruppo Poesia 83.
Intermezzi musicali a cura di: Valentina Moser – tastiera Klaus Broz - violoncello
La famiglia Caprara, il Comune di Ala e il Comune di Avio ringraziano tutti coloro che hanno partecipato al premio e che lo hanno reso uno dei concorsi nazionali di poesia più partecipati a livello italiano. Arrivederci alla prossima edizione, la 29., nel 2015!
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