Fonti documentarie sulla nascita delle Repubbliche democratiche del 1799 a Taranto e nel suo territorio.
Mostra documentaria promossa in occasione del secondo centenario della Repubblica Napoletana 1799~ 1999.
Taranto, Castello Aragonese Sala d'Armi 3-15 maggio 1999
Si ringrazia per la collaborazione offerta: prof. Vittorio De Marco, direttore della Biblioteca Arcivescovile di Taranto "G. Capecelatro", Monsignor Antonio Pulito, archivista della Curia Metropolitana di Taranto, rag. Emanuele Papalia, presidente della Camera di Commercio di Taranto, prof. Giovangualberto Carducci. Si ringraziano altresÏ l'Archivio di Stato di Napoli, la Biblioteca "P. Acclavio" di Taranto, il C.R.S.E.C. di Ostuni e le Poste Italiane S.p.A. filiale di Taranto. Si ringrazia la Marina Militare per l' ospitalità concessa e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della mostra. . Assicurazione Allianz-Subalpina Assitaras di Fulvio Olanda Bacheche Artbema-Taranto ' Pubblicazione fuori commercio, destinata a biblioteche pubbliche e scolastiche, archivi, centri di documentazione, istituti universitari. . La riproduzione totale o parziale dei testi è subordinata alla citazione della fonte. E' vietata la riproduzione delle immagini dei documenti contenuti nel presente catalogo con qualsiasi mezzo compresa la fotocopia. Opera realizzata nella programmazione prevista ed approvata dalla delibera G.R. n.3720/98
" Siam liberi in fine ... ": Tratto da il Monitore Napoletano, IO numero del 2 febbraio 1799 In prima di copertina:
Intervento grafico su
"PIAZZA
GRANDE"
dipinto
di
propaganda
carbonara,
1816
Comitato organizzativo: Monsignor Nicola Di Comite, ,vicario Generale Arcidiocesi di Taranto Giuseppe Orlando, resposabile C.R.S.E.C. TA/52 OmelIa Sapio, direttore Archivio di Stato di Taranto
Cosma Chirico Loredana Como Michele Durante Antonio Giovinazzi Domenico Greco Domenico Mairota Lucia Martellotta Vito Paradiso OmelIa Sapio Silvana Tarantini
Cura del catalo~o: Cosma Chirico
Cura editoriale:
Ricerca e schedatura fonti dell' Archivio di Stato di Napoli: Maria Alfonzetti Cosma Chirico
Teresa Chiatante, Cosma Chirico, Anna Maria Chirulli Ricerca e scnedatura delle fonti Archivio Storico Diocesano di Taranto: Ricerca e schedatura fonti dell' Archivio di Stato di Taranto: Maria Alfonzetti Maria Teresa Andriani Angelo Chimienti
Teresa Chiatante Anna Maria Chirulli Silvana Nicoletti
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Video scrittura:
Ricerca bibliografica:
Gabriella Latronico Comasia Ricci
Rosa Ivone Anna Maria Pavone
F otoriproduzione:
Hanno inoltre collaborato per il C.R.S.E.C.Ta/52:
Luigi Buono Croce Mannino Massimo Turco
Impaginazione Grafica: Sema - CentroStampa Digitale Via Puglie, 22 Taranto
Maria Accattatis Aurora Cottino Tina De Santis Antonietta Esamini Marisa Galli Maria Mairota Anna Maria Tundo
Fonti documentarie sulla nascita delle Repubbliche democratiche del 1799 a Taranto e nel suo territorio.
Mostra documentaria promossa in occasione del secondo-centenario della Repubblica Napoletana 17991999.
Taranto, Castello Aragonese Sala d'Armi 3-15 maggio 1999
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l Catalogo e la Mostra sugli episodi tarantini nell'ambito della Rivoluzione Napoletana del 1799, inseriti nelle attività culturali organizzate dal
Comitato dei Festeggiamenti di San Cataldo, Patrono di Taranto, confermano un appuntamento ormai diventato consuetudine. Si intende offrire alla Città e all'intera Provincia una nuova occasione per conoscere, pensare e riflettere sulla storia della nostra Comunità. L'occasione è importante perché coincide con il secondo centenario dell' avvenimento che segnò in maniera indelebile le vicende dei contemporanei e condizionò quelle dei posteri. Mentre gli storici, con rinnovato impegno, riesaminano e re interpretano i fatti, l'Arcidiocesi di Taranto mette a disposizione l' A.r chivio della Curia Metropolitana perché la documentazione custodita possa contribuire ad integrare ed alimentare la conoscenza del vero. Non è un caso che la Chiesa di Taranto sia impegnata con notevoli sforzi, anche finanziari, a riorganizzare la sua Biblioteca e i suoi Archivi per renderli fruibili agli studiosi ed agli esperti, fiduciosa negli effetti positivi che la disponibilità di tali strumenti può offrire alla cultura della Comunità. Ringrazio tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita di questo progetto e formulo i migliori auguri per la migliore prosecuzione di queste attività.
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Benigno Luigi Papa Arcivescovo
Metropolita di Taranto
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on la proposta progettuale di riflessione sugli episodi tarantini della Rivoluzione Napoletana del 1799, il Centro Servizi -Educativi . e
Culturali TA/52 ha inteso raggiungere una serie di obiettivi che ha reputato opportuni e utili per la città di Taranto. In primo luogo contribuendo a testimoniare una attenzione e una presenza territoriale non occasionale nell'ambito di innumerevoli manifestazioni che vengono proposte in occasione del secondo centenario degli avvenimenti. Di ciò è testimonianza la mostra preparatoria presentata nel 1993 con la collaborazione de li 'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e l'ausilio dell' Archivio di Stato di Taranto. In secondo luogo offrendo un contributo mirato alla conoscenza dei fatti partendo da una base documentale, cercando di sottrarli da un lato alle inevitabili tentazioni retoriche e dall'altro alle interpretazioni sommarie e preconfezionate di chi applica per estensione giudizi generali a situazioni locali e particolari poco approfondite. Inoltre, rivolgendo la Mostra e il Catalogo in modo particolare agli insegnanti e .agli studenti, si è inteso proporre un percorso didattico pedagogico metodologicamente coerente e utile in ogni circostanza. Attraverso collaborazioni e sinergie, inoltre, si è puntato ad evidenziare l'opportunità del lavoro svolto in comune che accresce e non sottrae eventuali meriti ai partecipanti e, idealmente, propone un itinerario paradigmatico per l'intera comunità. L'organizzazione operativa è stata curata dal C.R.S.E.C e dall' Archivio di Stato di Taranto ma, la lunga e non convenzionale serie delle collaborazioni, citate
in altra parte del volume, evidenzia gli apporti necessari per la realizzazione di un progetto culturale. L'inserimento infine di questa attività nelle Manifestazioni Civili del Comitato di San Cataldo, Patrono di Taranto, del quale fanno parte gli Enti e le istituzioni più rappresentative della città, e di ciò ringraziamo il Vicario Generale della Arcidiocesi, Mons. Dott. Nicola Di Comite che lo presiede, ci induce a ,
ritenere che virtualment,èssa possa intendersi come realizzata da tutta la Comunità. .
Giuseppe Orlando Responsabile CRSEC TN52
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iam liberi in fine ... ", titolo della mostra e catalogo sulla nascita delle Repubbliche democratiche del 1799 a Taranto e nei Comuni della sua
attuale provincia, fu il grido di esultanza con il quale gli entusiasti patrioti giacobini accompagnarono in tutto il Regno l'innalzamento dell' Albero della Libertà, simbolo dell' avvenuta democratizzazione. Fu un grido, un auspicio, un'aspirazione; non ancora purtroppo potè concretizzarsi in effettiva e duratura conquista. Le Repubbliche democratiche ebbero infatti vita effimera, furono spazzate via dalle truppe sanfediste nello spazio di pochi mesi. Mancò - si è ripetutamenteaffermato - la partecipazione delle masse popolari che, troppo prese dal problema della ripartizione dei latifondi, scarso 'interesse mostrarono per teorici principi libertari ed egalitari. I governi democratici rimasero, infatti, governi di notabili e di una colta borghesia illuminata, lontani e spesso in contrasto con le esigenze del popolo. L'esperienza democratica vissuta in quei mesi risultò, tuttavia, di basilare importanza: vennero diffuse e propagandate idee che, seppure non immediatamente assimilate, pian piano si fecero strada, si insinuarono nelle coscienze di tutti e risultarono fondamentali- nelle successive vicende risorgimentali. Questi i temi, dunque, affrontati nella mostra e raccontati attraverso l'esposizione di una ricca e articolata documentazione, estesa ' cronologicamente dal 1796 al 1815.La ricerca delle fonti è stata condotta esaminando innanzitutto i fondi conservati nell'Archivio di Stato di Taranto e
nella biblioteca delPIstituto, e allargando poi l'indagine all'Archivio di Stato di Napoli e all'Archivio Storico Diocesano di Taranto. Il percorso espopsitivo è articolato in quattro sezioni: La prima sezione "Re Ferdinando si allèrta" descrive i preparativi militari messi in atto dal Re per affrontare la guerra contro la Francia. Con una seire di dispacci e ordini inviati a tutti i sudditi del Regno il Sovrano raccolse armi, denaro e uomini, aggravando, soprattutto nelle nostre terre, il disagio di una popolazione già misera costretta in più a ~ubire nuove imposizioni di tributi e la leva forzosa. La seconda sezione "Si pianta l'Albero della libertà" racconta quasi in . cronaca, grazie alla ricca docuÌnentazione reperita, i giorni della Repubblica vissuti a Taranto, Martina, Massafra, Sava, Pulsano ed altri comuni della attuale provincia di Taranto. Dagli eventi narrati vengono evidenziati soprattutto gli umori popolari e lo spirito di partecipazione delle diverse comunità. La terza sezione "I Borboni reagiscono" espone gli accadimenti successivi alla caduta della Repubblica Partenopea. Vengono documentati gli arresti, le confische di beni e i processi celebrati contro molti nostri conterranei accusati di reità di Stato. La quarta ed ultima sezione "Arrivano i francesi" sottolinea le difficoltà che le municipalità del capoluogo ioni co e di molti Comuni limitrofi dovettero fronteggiare con l'arrivo delle truppe francesi di occupazione, in seguito alla Pace di Firenze. Al peso economico per il mantenimento delle truppe e del loro alloggiamento si unirono spesso tensioni determinate dalla turbolenta convivenza
tra cittadini e soldati stranieri. Il percorso espositivo si conclude con la documentazione relativa alle serie di riforme amministrative, giudiziarie e finanziarie introdotte nel Regno da Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat che profondamente incisero sulla società meridionale, abolendo gli antichi eradicati privilegi feudali. La mostra .e il catalogo che ora qui presentiamo, si inseriscono in un piÚ ampio programma di valorizzazione del patrimonio documentario del nostro territorio che, da diversi anni, l'Archivio di Stato di Taranto ha intrapreso. Preziosa è risultata la collaborazione con il C.R.S.E.C.-Taranto 52 e con la Curia Arcivescovile di Taranto per la felice conclusione dell'iniziativa. Per concludere un vivo ringraziamento va a tutti coloro che a vario titolo hanno reso possibile l'allestimento della mostra e infine a tutto il personale dell' Archivio di Stato, in particolare a coloro che, pur non direttamente coinvolti nel progetto, lo hanno in vari modi agevolato
dotto OmelIa Sapio Direttore dell' Archivio di Stato di Taranto
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Il Largo del Palazzo reale nel 1777 (Veduta del lato verso la Calata del Gigante)
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"Siam Liberi in :Jine..."
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l 18 maggio 1796 Ferdinando IV di Borbone, rivolgendo un accorato appello ai "suoi fedeli ed amati sudditi", li invitava ad impugnare le armi contro il nemico per la difesa
della "Religione, del trono e di ogni 10rQ proprietà" (doc. 1). Napoleone Bonaparte infatti aveva varcato i confini degli Stati italiani, dirigendosi pericolosamente verso il centro della penisola. Per prepararsi militarmente ed affrontare la Francia, il Regno di Napoli aveva bisogno di armi, volontari e denaro. Per quanto riguarda il rifornimento di armi, poichè l'urgenza della situazione non permetteva di poterle costruire, nè di acquistarle da paesi stranieri, un dispaccio del 30 giugno1796 dispose che tutti i ·sudditi del Regno di qualsiasi condizione, in possesso di fucili per propria difesa o per uso di caccia, li dovessero consegnare per la causa dello Stato riscuotendo dal Regio Fisco un prezzo stabilito da due periti armieri. Alla formazione di un corpo di volontari invece e al suo accrescimento, il Sovrano aveva già provveduto con diversi
Il Re Ferdinando IV
ordini reali uno dei quali, datato 2 settembre 1796, garantiva privilegi ad ogni gentiluomo e 19
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benestante che si fosse arruolato personalmente o avesse inviato alle frontiere del Regno almeno 20 volontari in buona salute ed atti alle armi. Per reperire il denaro necessario alle
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di
guerra
un' altra
disposizione reale prescrisse c~e le chiese e i luoghi pii dessero alla Zecca dello Stato tutti gli argenti sacri, salvo quelli necessari al culto divino e che i cittadini consegnassero i propri oggetti preziosi che sarebbero stati trasformati in ' denaro contante. In ottemperanza a questi ordini neli' ottobre 1796 dal Palazzo Arcivescovile di Napoli fu inviata una "Notificazione" a tutti i Prelati, Vescovi e Rettori del Regno, chiedendo quali fossero i pezzi d'argento da considerarsi riservati alle sacre funzioni (doc.3), mentre i cittadini procurarono di consegnare all'Ufficiale del Procaccio scatole di oggetti preziosi per contribuire al grande prestito necessario allo Stato (doc.7). La regina Maria Carolina
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"Siam Liberi in :Jine..."
Considerando poi che i Francesi erano nemici del cristianesimo, decisi a svellerlo da ogni paese cosÌ come lo avevano "strappato dal seno della loro nazione", il sovrano indirizzò il18 maggio 1796 una lettera anche ai "Vescovi e Prelati dè due Regni" ai quali sottolineando la peculiarità di quella che sarebbe stata non solo una guerra di Stato ma anche di Religione, Ferdinando IV chiedeva di infondere coraggio nei loro diocesani, persuadendoli ad arruolarsi nelle truppe reali per sconfiggere gli invasori (doc.2).
Tumulto della plebe innanzi alla Reggia "Viva il re e morano i Giacobini!"
20 dicembre 1798
A questo proposito l'Arcivescovo di Taranto Giuseppe Capecelatro procurò di infonnare
le comunità ecclesiastiche della Diocesi riguardo quest'ultimo accorato appello del re. 21
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Tuttavia, come ci risulta, non sempre i discorsi dei religiosi riuscirono ad inculcare nei cittadini tanto amor di patria da invogliarli all'arruolamento. Lo dimostra infatti la scarsa intraprendenza dei terziari del Convento di S.Mada delle Grazie di Grottaglie i quali, animatamente incitati alla difesa della patria dal loro padre "correttore" frà Isidoro Pemisco, che li aveva convocati a tale scopo, ne delusero le spettative dichiarando apertamente fa loro mancanza di coraggio (doc.4). Alla' vigilia delle ostilità il sovrano, probabilmente per creare intorno a sè il consenso delle popolazioni meridionali nel difficile momento che si svolgeva? decise di far sentire la propria presenza nelle città del Regno, onorando anche Taranto di una sua visita, annunciata per il 19 aprile 1797 (doc.5). In
qu~ll ' occasione
l'insigne Monsignor Capecelatro organizzò una solenne cerimonia
religiosa nella Cattedrale ordinando la presenza di tutto il Clero secolare e regolare e riferendo successivamente al sindaco della città i sentimenti di gratitudine espressi dal re per la fedeltà alla Corona dimostrata dalla nostra popolazione (doc.6). Intanto lo scontro con la Francia, che già aveva esteso il dominio diretto sull'Italia con la formazione tra il 1796 e i11797 delle Repubbliche giacobine, diventò inevitabile per il Regno di Napoli quando i francesi invasero lo Stato della Chiesa-e proclamarono il 12 febbraio 1798 la Repubblica Romana. Ferdinando di Borbone allora, forte dell'appoggio dell' Austria, Russia ed Inghilterra, decise di attaccare le posizioni francesi a Roma, rendendo operativa l'organizzazione militare già affrontata in precedenza. Nonostante gli eserciti borbonici fossero particolarmente sguarniti a causa delle molteplici -diserzioni degli anni precedenti e delle epidemie che avevano decimato migliaia di uomini, le autorità militari, prima di procedere alla coscrizione obbligatoria, decisero di 22
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formare un esercito mediante l'arruolamento volontario, stabilito con reali ordini del 24 febbraio (doc. l l), offrendo premi e regalie a coloro che spontaneamente avessero aderito all'iniziativa. Giunsero cosĂŹ in Puglia i "commissionati della leva", assistiti da privati reclutatori ai quali venivano promessi grandi privilegi in proporzione ai volontari che sarebbero riusciti ad inviare in Sessa o in Capua, luoghi destinati alla raccolta dei soldati.
La Plebe ammazza il corriere del re, Ferreri, e ne trascina il cadavere.
21 dicembre 1798
Nelle operazioni di reclutamento furono anche coinvolti i baroni che dovevano fornire un milite per ogni cento vassalli attraverso un'opera di persuasione e non di coercizione e i "capi ecclesiastici" (doc.12) che, servendosi dei sagrestani laici e dei guardiani dei conventi,
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avrebbero dovuto procurare ai reali eserciti una quantità di volontari proporzionata al numero di ecclesiastici che componevano i monasteri.
Questa prima fase di reclutamento si rivelò presto inefficace, tra l'altro in alcuni casi la divulgazione del bando di leva fu svolta dalle amministrazioni locali in maniera tale da suscitare disapprovazione ed ilarità nella cittadinanza (doc.8). Gli abitanti delle nostre province, scarsamente avvertirono il sentimento patriottico e se qualcuno si arruolava sulla spinta di vistose ricompense, ben presto, sensibile ai disagi della vita militare diSertava o se aveva disponibilità economica, trovava un suo sostituto in cambio di un'ingente somma di denaro. Attraverso i documenti abbiamo prova della scarsa adesione della gioventù pugliese a questa iniziativa militare a tal punto che il padre bacelliere Vincenzo Carriero, guardiano del Monastero dei padri convenutali di Martina, in mancanza di volontari disponibili, aveva dovuto ingaggiare due adolescenti che neppure risultavano idonei a servire nei reali eserciti, con la speranza che, data la loro giovane età, col tempo sarebbero rientrati nella "giusta misura" prevista dalle reali istruzioni. (doc.lO) Quindi dopo questo tentativo deludente di arruolamento volontario, i ministri. borbonici decisero di adottare i mezzi coereitivi con l'emanazione del dispaccio dell' Il-.agosto 1798 sulla leva forzosa pubblicato in tutti i luoghi del Regno · il 2 settembre (doc.11). In questo ,
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documento si ordinava che ogni "città, terra ò casale del Regno" fornisse all'esercito reale sollecitamente un certo numero di milizie, fissato da Sua Maestà in proporzione alla popolazione di ogni paese, per il giorno 3 di settembre. L'elezione dei soldati avrebbe dovuto svolgersi nel "Pubblico Parlamento", per mezzo di "bussola", iniziando prima dalle famiglie più numerose e
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gradualmente fino a quelle formate solo da due persone. Nel .
reale dispaccio inoltre era previsto l'impegno economico dovuto da ciascuna Università a sostegno degli inQividui prescelti pèr la leva e della;loro famiglia oltre a gravissime pene per i 24
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trasgressori e pesanti sanzioni quali l'esilio perpetuo e la confisca di tutti i beni per i governanti delle città che si fossero rivelati inadempienti alle norme prescritte dalle autorità. La
frenetica
corsa
all'armamento continuò poi ad essere alimentata anche da un provvedimento del 15 dicembre 1798 che prevedeva in ogni località la formazione di masse armate che, guidate da un "comandante
o
sottocomandante", affrontasse e sconfigge.sse il nemico, in nome della religione cattolica e della "Sovranità del Reame". Anche in questo caso ogni Università avrebbe dovuto fornire agli individui armati viveri per otto giorni, con denaro rimborsato dal Regio Erario (doc.22).
successivamente ,., {
Queste decisioni governative provocarono reaZlOfll emotive di ogni genere tra le popolazioni pugliesi: dall'angoscia delle madri e delle mogli che correvano in chiesa ad offrire doni votivi per la salvezza dei propri parenti, alla disperazione dei giovani soldati che
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ricorsero a qualsiasi sistema per evitare la leva, giungendo persino a procurasi violente ferite o nei casi estremi togliersi la vita col veleno. Le testimonianze del turbato stato d'animo delle nostre genti all'indomani del dispaccio reale sono presenti negli atti dei notai, preziosi custodi della cronaca di quei giorni turbinosi: singolare è l'atto di donazione di una madre Rosa Fanelli di Martina che, avendo una famiglia numerosa, tenuta a fornire un individuo per la guerra, nonostante la profonda sofferenza all'idea di separarsi da uno dei suoi cinque figli maschi, con discorsi persuasivi riuscì ad infondere tanto coraggio da spingerne uno a presentarsi per l'arruolamento nell'esercito reale. A questo figlio la nobile signora donò un'ingente somma di denaro per affrontare agevolmente le spese di viaggio e per un'eventuale esenzione dal servizio qualora il Sovrano avesse accordato "la grazia dei cambi" (doc. 13). Altrove si presero decisioni diverse come quella dei quattro fratelli Caramia che tentarono inutilmente di evitare l'arruolamento cui erano obbligati, inviando alloro posto il fratello sposato e impegnandosi a corrispondergli annualmente una somma di denaro per ciascuno, ma "ignorando che il Re avrebbe rifiutato i soldati casati" (doc. 17). Ma, al di là della famiglia coloro che dovevano obbligatoriamente arruolarsi cercavano comunque di essere sostituiti da qualcun altro, a determinate condizioni, in cambio di forti ricompense, dando origine ad un vero e proprio commercio (doc.18). In questo fosco quadro caratterizzato dalle imposizioni dei tributi e dalla rinnovata confisca di "tutti gli argenti", che coinvolse anche le maggiori chiese del Regno tra cui la Cattedrale di S.Cataldo (doc. 16), si univano le disastrose condizioni finanziarie dei comuni. Questi, già gravati da ogni genere di imposizione, ed impegnati a risolvere i problemi del servizio postale, reso insicuro dagli avventurieri che funestavano le campagne, dovevano anche affrontare le spese per il trasporto dei coscritti nei confini di Sessa e di Capua (doc.20). Inoltre la maniera estremamente
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sollecita con la quale erano state intraprese le operazioni di arruolamento diede luogo a frodi, ingiustizie ed errori che mal tollerate dalle nostre genti, sfociavano in tumulti e sollevazioni popolari. Esemplare fu la ribellione avvenuta la notte tra l' 11 e il 12 settembre 1798, provocata dai soldati martinesi che, infuriati per i favoritismi e le condizioni inumane alle quali erano stati costretti nel "corridoio" del convento dei Padri Riformati in attesa di partire senza alcun equipaggiamento per Sessa, assalirono il Palazzo sede della Corte Ducale, distruggendo suppellettili e documenti d'Archivio che incendiarono nella pubblica piazza (doc}4). Questo episodio preoccupò la popolazione martinese per le conseguenze che avrebbe potuto avere sulle reclute la reazione vendicatrice delle autorità borboniche: in tal senso significativa è la presenza di un gran numero di attestati notarili (alcuni dei quali esposti in questa mostra), rogati il 12 settembre giorno successivo alla rivolta, nei quali. alcuni individui appartenenti alla leva dell 'università di Martina tentarono di dimostrare la propria estraneità ai tragici eventi accaduti quella notte (docc.14 e 15). Comunque tra tante difficoltà e mille dubbi, l'esercito borbonico era ormai pronto e nella prima metà del novembre 1798 marciò verso lo Stato Pontificio per riportarlo sotto il dominio del suo legittimo sovrano. Partendo a capo del suo esercito Ferdinando IV inviò ai suoi sudditi una lettera raccomandando loro fedeltà a Dio e alla sua Compagna, rimasta alla guida dello Stato (doc.21). Da quel momento gli avvenimenti si susseguirono con la velocità di un lampo: la sconfitta delle truppe napoletane, la fuga di Ferdinando IV, l'affermarsi della presenza francese in Napoli e in tutte le province meridionali.
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"Siam Liberi in Jine. .."
n.l
1796 maggio 18, Napoli
n.2
1796 maggio 18, Napoli
"Affettuosa" lettera di Ferdinando IV ai suoi sudditi.
Lettera di Ferdinando IV ai vescovi e ai prelati del Regno delle Due Sicilie.
ASNa, Dispacci a stampa, n.l 09
ASNa, Dispacci a stampa, n.ll O
Ferdinando indirizza ai suoi sudditi una le~era con la quale esorta tutti a prendere le armi per la difesa della Religione, del trono e delle personali proprietà.
Ferdinando IV, alla vigilia della sua partenza per la guerra, sollecita i Prelati del Regnoaffmchè esortino tutti i diocesani a.d unirsi alle truppe reali per combattere un nemico che non rispetta "nè legge, nè proprietà, nè vita, nè Religione", che profana i templi, perseguita i sacerdoti e calpesta quanto di più sacro esiste.
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n.3
1796 ottobre 3, Napoli
Notificazione di un reale dispaccio sulla requisizione degli argenti nelle chiese del Regno. ASNa, Dispacci a stampa, n.131
L'Arcivescovo di Napoli partecipa a tutte le Congregazioni e Luoghi Pii, ai parroci e regolari un dispaccio reale in risposta al dubbio insorto nei Vescovi del Regno su quali argenti possano essere conservati per le funzioni sacre e quali invece debbano essere consegnati "per soccorrere lo Stato nelle attuali dispiacevoli urgenze".
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nA
1796 novembre 19, Grottaglie
Invito rivolto ai frati del convento di S. Francesco di Paola di Grottaglie a collaborare per la difesa dello Stato e della Religione.
I terziari rispondono concordemente di "non avere il coraggio di andarci".
n.5
1797 aprile 17, Taranto
ASTa, notaio Lupoli Vito Pietro, Grottaglie, 1796, scheda 215, c.BOr
Editto di Monsignor Capecelatro per l'arrivo del Re.
Fra Isidoro Pernisco, correttore del venerabile convento dei frati minimi di S.Francesco di Paola, sotto il titolo di Santa Maria delle Grazie in Grottaglie, raduna tutta la comunità del convento in esecuzione degli ordini reali comunicatigli "nella maniera più energica" la mattina del 12 novembre di detto anno 1796 dal vescovò di Taranto, Mons. Giuseppe Capecelatro. Aperta la riunione, invita i terziari fra Michele Sicoli di Bitonto, fra Vito Ciardo di Gagliano, fra Giovanni la Pesa di Grottaglie e fra Leonardo Angelini di Martina a servire "di bona voglia" la Maestà del sovrano "nella presente guerra", "persuadendoli ed animandoli con vari pressanti motivi ... e specialmente quelli per la difesa dello Stato e della Religione".
ASDT, Registro degli Editti, 1797, fo1.32v.
In seguito alla notizia de li 'arrivo del Sovrano in città, previsto per il giorno 19 aprile 1797, Monsignor Capecelatro ordina a tutto il Clero secolare e regolare di essere presente alla funzione, che sarà celebrata nella Cattedrale,' nel corso della quale il Re riceverà la solenne benedizione. L'Arcivescovo dispone che tutti i canonici, preti, diaconi, suddiaconi, chierici, novizi e i convittori del Seminario dovranno indossare gli abiti corali e dovranno occupare il posto loro assegnato dai maestri di cerimonia, per ricevere degnamente il Re. L'editto dovrà essere affisso nella sacrestia maggiore della Cattedrale.
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1797 maggio 12, Taranto
n.6
Lettera dell 'Arcivescovo Capecelatro sulla permanenza a Taranto dei Reali. ASTa,
Comune di
Taranto,
1600 - 1797, reg.1, c.158r
Affari
diversi,
L'Arcivescovo di 'Taranto Giuseppe Capecelatro comunica al Sindaco Vincenzo Capitignano i sentimenti di gratitudine espressi dalla Augusta Sovrana e dal Principe ereditario per le dimostrazioni di "fedele attaccamento" ricevute dalla popolazione tarantina in occasione della loro permanenza nella cittĂ .
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6.
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n.7
1797 settembre 26, Taranto
Verbale di consegna al Procaccio di una scatola di gioie destinate al Sovrano per le spese di guerra. ASTa, notaio Mannarini Francesco Antonio, Taranto, 1797, scheda 279, cc.455r-456r
Luigi Brundesini, ufficiale del Procaccio, in presenza di Michele Gennarini e Valentino Zingaropoli, prende in consegna una scatola contenente "diverse gioie, ori, argenti e due ripetizioni" apprezzati da gioiellieri di Taranto e valutati in 3287 ducati. Tali gioielli di proprietà del barone Francesco Blasi dovranno essere consegnati in Napoli al consigliere Giuseppe Zurlo commissario del Tribunale di Guerra per contribuire al reperimento delle ingenti somme necessarie ad affrontare le spese di guerra. Il libro del Procaccio registrava il credito vantato da quanti erano chiamati a contribuire al grande prestito voluto dal Re.
n.8
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1798 febbraio 18, Massafra
Dichiarazione giurata resa in merito ad un reale dispaccio sul bando d'arruolamento. ASTa, notaio Castronovo Michele Angelo, Massafra, 1798, scheda 328, cc. 12r - 14r
Il pomeriggio della domenica del 18 febbraio 1798, Giovanni Fiore, Giuseppe di Pierro e Orazio N otaristefano, rispettivamente "serviente", "tamburrino" e "persona che sa di lettere", tutti di Massafra, si recano dal notaio Michele Angelo Castronovo di Massafra, per rendere una dichiarazione giurata sui fatti accaduti quella stessa mattina. Il dottor Vincenzo Broja della città di Massafra, a seguito del Real Dispaccio fattogli pervenire dal preside Marulli di Lecce, aveva dato incarico ad Orazio Notaristefano di provvedere alla divulgazione del bando di arruolamento per "farsi soldato di qualunque reggimento" con un "ingaggiamento" di nove ducati da riscuotersi presso lo stesso Broja. Il detto Notaristefano, allora, aveva chiamato Giovanni Fiore e Giuseppe di Pierro, "serviente" e "tamburrino" dell 'università di Massafra per divulgare tale bando nei luoghi soliti della città. La maniera in cui fu condotta tale operazione suscitò la disapprovazione della cittadinanza e in alcuni casi ilarità.
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"Siam ..ciberi in :fine..."
n.9
Provincia di Terra d 'Otranto.
1798 giugno 15, Botrugno
Asta, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, c.287r .
Nomina conferita a Marco Aurelio Preve per promuovere la leva volontaria nella e
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Certificato di reclutamento relativo a Leonardo Antonio Nigro di Martina.
ingaggiare altri volontari disponibili, giunse alla decisione di reclutare ugualmente i due adolescenti con la speranza di una successiva crescita data la loro giovane età.
ASTa, notaio Semeraro Sebastiano, Martina, 1798, scheda 272, cc.273v-277v
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n. lO
1798 giugno 16, Martina
Leonardo Antonio Nigro di Martina insieme a Francesco Ettorre, rispettivamente di diciassette e sedici, anni, essendo disponibili ad arruolarsi come volontari nei reali eserciti, si presentarono dinanzi al padre bacelliere Vincenzo Carriero . guardiano del venerabile monastero dei padri conventuali di Martina, incaricato del reclutamento volontario. Il religioso allora invitò il magnifico Francesco Ferrante, "caporale reclutante" che per diversi anni aveva servito nel "reggimento di fanteria detto di Lucania", affinchè esaminasse con la "misura di reclutazione" i due giovani martinesi. La "giusta misura" secondo le reali istruzioni, consisteva in "5 palmi e 2 pulici" ed in effetti il Ferrante dichiara di aver giudicato i suddetti Nigro ed Ettorre non idonei al suddetto servizio; tuttavia, poichè il. padre guardiano non era riuscito ad
1798 agosto Il , Napoli
Reale Dispaccio inviato a tutte le Università del Regno col quale si promuove l a l eva ''fiorzosa. " ASNa, Dispacci a stampa, n.195
Nei primi mesi dell'anno Ferdinando IV aveva inviato in tutte le Province del Regno numerosi incaricati per promuovere la leva volontaria, a tale iniziativa il 20 aprile era seguito l'ordine indirizzato a Baroni, Vescovi e Capitoli di procurare una detenninata quota di volontari. L'eccessiva lentezza di tali operazioni, la mancanza di un reale riscontro e la presente urgenza inducono il Sovrano a promuovere "per bussola in tutte le città, terre e casali di questo Regno, una leva di milizie provinciali", secondo una serie di prescrizioni elencate nel suddetto dispaccio.
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n.12
1798 agosto 16, Taranto
Lettera di Monsignor Capecelatro per la difesa e la conservazione dello Stato. ASDT, Registro degli Editti, 1798, fol.39r
L'Arcivescovo Giuseppe Capecelatro invia una lettera ai prefetti delle congregazioni della città e della Diocesi per incitare i confratelli a partecipare volontariamente alla difesa della Religione, della Patria, e del Trono "nelle attuali circostanze del Regno". In questa lettera sono spiegati i motivi per cui il Sovrano sollecita i suoi sudditi perché si attivino concretamente per la difesa e la conservazione dello Stato. L'Arcivescovo sottolinea che, in ricorrenza della festa dell'Assunta, duranté la predica, Egli ha parlato già ai fedeli dei doveri che essi hanno per la Patria e per il Sovrano e si è raccomandato perché i tarantini si distinguano fra tutte le altre popolazioni del Regno per l'inviolabile amore per la Religione e per lo Stato. Invita quindi le confraternite affinchè indichino dei confratelli che volontariamente siano disposti a servire il Sovrano, con la promessa di provvedere direttamente ai bisogni delle. loro famiglie e di inviare una lettera di raccomandazione Ial Sovrano di elogio per la fedeltà .e 'la prontezza dimostrata. Conclude la lettera impartendo a tutti i fedeli la Sua benedizione.
n.13
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1798 settembre 6, Martina
Donazione di una considerevole somma di denaro da parte della vedova Rosa Fanelli al figlio Francesco Giacomo Basile, costretto ad arruolarsi nei reali eserciti. ASTa, notaio Cito Francesco Maria, Martina, 1798, scheda 245, cc.197r-198r
In base al dispaccio reale dell' Il agosto .1798, pubblicato in tutti i luoghi del Regno il 2 settembre 1798, tutte le famiglie numerose dovevano "prestare un individuo per servire in qualità di. soldato durante il bisogno della guerra". Pertanto Rosa Fanelli, vedova di Pietro Basile, avendo una famiglia composta da cinque maschi e due femmine, dichiara che "malgrado il dolore che dovea costargli la separazione di uno tra i suoi figli, ebbe il coraggio ... d'ispirar loro de' nobili sentimenti, perchè uno tra essi si offrisse volontario al servizio militare". Francesco Giacomo, il maggiore "tra i figli della signora Rosa, mostrò "la sua intrepidezza" e si presentò al Parlamento della città di Martina per essere "filiato". Sua madre allora, "per mostrare ... le marche indelebili del suo materno attaccamento ... ", dona a suo figlio tutto il denaro necessario che gli servirà per il viaggio fino a Napoli e per il soggiorno nella capitale in attesa del giorno stabilito per la presentazione in Sessa. Inoltre la donatrice "per far ritornare nel suo seno un 37
"Siam Liberi in :Jine..."
figlio" offre anche il denaro necessario per un' eventuale possibile esenzione allorchè il sovrano dovesse "accordare la grazia dei cambii", opportunità che si realizzerà successivamente: il 20 settembre dello stesso anno. Infatti Giuseppe Montanaro si offrirà come volontario a servire nei reali eserciti al posto di Francesco Giacomo Basile per la somma di 700 ducati.
n. 14
1798 settembre 12, Martina
Attestazione relativa ai tragici avvenimentz riguardanti l'assalto al palazzo della corte ducale di Martina nella notte dell' 11 settembre 1798 ASTa, notaio Chiara Donato Antonio, Martina, 1798, scheda 265, cC.456v-46Or
Il magnifico Vincenzo Faraone, don Nicola Ferrara, mastro Francesco Rondinone e Pietro Colella, di Martina, prestano una dichiarazione in merito ad alcuni avvenimenti accaduti l' Il settembre 1798 a Martina. Quella sera Francesco Paolo Fedele, soldato destinato dall 'Università di Martina per la reclutazione richiesta dal sovrano, si era recato nel monastero dei Padri Riformati, fuori dalle mura della città, per presentarsi al cospetto del sindaco Giuseppe Caramia, del Governatore e Giudice della Corte Ducale Luigi Ricchettie del pubblico Parlamento, riuniti per "revistare" le
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reclute. Queste ultime erano state radunate tutte nel corridoio del monastero in attesa di partire il giorno successivo per Sessa, luogo destinato dal Re.per convogliare le milizie. Poichè i reclutati non avevano l'equipaggiamento idoneo alla partenza, i loro parenti pensarono di recarsi presso l'edificio religioso e consegnare ogni genere di conforto al proprio congiunto. Il sindaco ed il governatore allora, per facilitare questa operazione, diedero ordine di aprire la porta del corridoio in cui si trovavano le reclute perchè queste potessero incontrare"} propri parenti. Gli attestanti assicurano che Francesco Paolo Fedele si ritirò nella casa patema "prima dell' ora mezza della notte" in obbedienza agli ordini dei superiori. Successivamente mentre essi si trovavano insieme al suddetto Fedele, continuano i testificanti; sentirono che alcune reclute avevano forzato le porte e le finestre del palazzo dell'Università, sede della Corte, appiccando il fuoco "a tutti li mobili e carte che ivi si trovavano, buttando li mobili sudetti e carte dalla finestra e bruggiate venivano nella publica piazza... " Tali avvenimenti si verificarono dall'una di notte fino alle tre e mezzo dell' Il settembre, periodo di tempo nel · quale la recluta anzidetta era stata in compagnia degli attestanti e quindi risultava estranea ai tragici avvenimenti di quella notte.
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n.15
1798 settembre 12, Martina
Attestazione di estraneità ai tragici avvenimenti accaduti la notte dell 'Il settembre in Martina a favore della recluta Martino Antonio Lupoli. ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio, Martina, 1798, scheda 303, cc.51r-52r
Mastro Vincenzo e mastro Raffaele La Mama di Martina dichiarano di essere a
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conoscenza che Martino Antonio Lupoli, loro vicino di casa e volontario nella leva forzosa, la sera dell' Il settembre a tre quarti di notte circa si trovava nella propria casa con suo padre, per cui risulta estraneo all' incendio dei documenti che si verificò nel palazzo della Corte a cui seguì una "mozione di popolo". Gli attestanti inoltre assicurano che il suddetto Lupoli si trattenne in casa del padre fino alle cinque della notte.
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n. 16 1798 settembre 20, Taranto
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Napoli i 409,35 ducati ricavati, per essere reimpiegati a favore del Sovrano.
Versamento a favore della Regia Zecca di una somma equivalente al valore dell'argento di cui è fatta la nicchia che custodisce la statua di S. Cataldo.
n.17
ASTa, notaio Mannarini Francesco Antonio, Taranto, 1798, scheda 279, cc.522r-523r
Convenzione relativa al reclutamento d) soldati nei reali eserciti.
Avendo il Re ordinato di consegnare tutti "gli argenti superflui", tutte le maggiori chiese del Regno dovettero _ mettere a disposizione i loro tesori. Anche le porte d'argento della nicchia nella quale era custodita la statua del S. . Protettore di Taranto, S.Cataldo, fatte costruire appena cinque anni prima, avrebbero seguito analoga sorte se, dietro supplica, il re non avesse concesso il permesso di conservarle, " ... senza mandarsi alla zecca, per non perdersi la manifattura e l'indoratura ... ". La città doveva però pagare il controvalore relativo. La devozione dei tarantini al loro Santo si fece subito sentire e, "accumulate le somme del denaro equivalente all'importo dell 'argento che esiste in dette porte ... " . Nicola Intonti, procuratore della venerabile cappella del glorioso S.Cataldo, consegnò a
ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio, Martina, 1798, scheda 303, cc. 58r- 61r
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1798 settembre 20, Martina
Poichè con reale dispaccio de 11 ' 1-1 settembre 1798 fu ordinata la leva forzosa delle famiglie numerose, Giuseppe Caramia insieme ai suoi figli Martino Nicola, Francesco, Pietro e l'altro figlio sposato Lorenzo, attestano la volontà di quest'ultimo di recarsi a servire nei reali eserciti al posto dei fratelli non sposati a condizione che gli stessi contribuiscano con 30 carlini l'anno ciascuno in quanto egli era ammogliato ed in attesa di un figlio. Tale convenzione ' tuttavia viene annullata poichè una grazia del Re rifiutò i soldati "casati". Lorenzo Caramia pertanto ritornò da Ariano di Puglia con licenza del dottor Vitantonio Blasi, "conduttore degli individui militari".
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n.18
1798 settembre 21, Martina
Convenzione tra Martino Liuzzi ed Emanuele Martucci per la sostituzione di . quest 'ultimo nella guerra contro la Francia. ASTa, notaio Ancona Angelo Michele, Martina,1798, scheda 295, cc 640v - 644v
Martino Liuzzi di Martina si offre come volontario a servire nei reali eserciti occupando la piazza di Emanuele Martucci, soldato "della quota di cento dodeci di questa illustre università di Martina", durante _la guerra èspressata nel dispaccio dell' Il agosto 1798, pubblicato per tutti i luoghi del Regno il 2 settembre alle ore Il,00. A titolo di esecuzione Emanuele Martucci offre al suo sostituto 800 ducati da consegnare secondo determinate condizioni.
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1798 ottobre Il, Fragagnano
Attestazione relativa alle operazioni di reclutamento dei soldati nel comune di Fragagnano. ASTa, notaio de Maria Francesco, Fragagnano, 1798, scheda 286, cc. 184r-186r
I giovani sorteggiati per la leva nel comune di Fragagnano, temendo brogli da parte delle autorità che avevano proceduto
all'estrazione, avevano inoltrato con il sostegno di due amministratori comunali, un ricorso al Sovrano contro il sindaco Francesco Natale Rochira. A difesa del sindaco intervengono ora i due amministrattori, Cataldo Pagliara e Pietro Brigante, i quali attestano davanti al notaio de Maria che essi non avevano firmato alcuna denuncia e che il Rochira allora "si dimostrò fedele ed e~atto esecutore de' veneratissimi sovrani ordini ... che infatti furono eseguiti, senza che ci fosse menoma mancanza, netarppoco doglianza dell 'Individui eletti ... ". Inoltre si riservano di adire alle vie legali nei confronti di quei "figli d'iniquità" che li avevano coinvolti nella vicenda.
n. 20
1798 nòvembre 26, Manduria
Acquisto di attrezzature idonee al trasporto delle reclute in Sessa. . ASTa, notaio Amò Giuseppe, Manduria, 1798, scheda 270, cc. lO9v-lllv.
Il sindaco di Manduria Giambattista Tarentini, dovendo provvedere, in ottemperanza a superiori ordini del 2 settembre -1798, al trasporto in Sessa delle reclute dovute da quella università all'esercito reale, dopo averne discusso in . Parlamento, ordina l'acquisto di traini per tale uso erogando la somma di 238 ducati. 43
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Secondo il reale re scritto citato, le truppe reclutate nelle Province di Terra di Lavoro, di Montefusco, di Lucera, di Trani e di - Lecce dovevano presentarsi nella città di Sessa al generale Daniele de Gambs.
felicità dei suoi eserciti, come d'altronde si è già ordinato di fare nella Cattedrale.
n. 22
1798 dicembre 15, Napoli
Reale Dispaccio sulle masse armate.
n.21
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1798 novembre 29, Taranto ASNa, Esteri, n.4330
Trasmissione della lettera del Re in occasione della sua partenza. ASDT, Fondo Arcivescovi, Carte Capecelatro, b.l , fasc.5 , doc?
Partendo alla testa dei suoi eserciti, Re Ferdinando IV ha inviato in tutto il Regno una lettera a stampa, in data 22 novembre 1798, con la quale ha voluto ricordare l'amore fraterno sempre nutrito per i suoi sudditi, ha raccomandato loro di essere sempre fedeli a Dio e alla sua Compagna, che lascia alla guida degli Stati, e di comportarsi sempre da valorosi Napoletani. Monsignor Capecelatro, il 29 novembre, inoltra a tutti i reverendi copia della lettera del Re, incaricandoli di farla pubblicare solennemente e di illustrarne a voce il contenuto ai fedeli per raccomandare loro di pregare per la salvezza del Sovrano. Aggiunge poi un postscriptum per suggerire che sarebbe degno della gratitudine del popolo organizzare un Triduo ai SS. Protettori di ciascun luogo della Diocesi, per la salvezza del Re e l? 44
Mentre le armate francesi, al comando di Giovanni Cha-mpionnet si dirigono verso sud, Ferdinando alla vigilia della sua fuga in Sicilia invia a tutta la popolazione del Regno un reale dispaccio in cui invita "ad accorrere armati in massa" per attaccare e combattere il nemico con coraggio e fermezza.
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Emblema della Repubblica
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lla notizia dell'imminente arrivo di Championnet al comando di truppe francesi, la corte napoletana venne colta dal panico tanto che il 22 dicembre 1798 i Sovrani si
imbarcarono sulla nave ammiraglia di Nelson per cercare riparo a Palermo.
Combattimento tra Francesi e lazzaroni per le vie di Napoli
A NapolÌ intanto, vinta la resistenza dei lazzaroni, con decreto del 24 gennaio 1799 Championnet diede ufficialità alla Repubblica Partenopea proclamata due giorni prima, sulla piazza di Castel S.Elmo, dagli impavidi ed entusiasti patrioti giacobini.
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"Siam Liberi in :Jine..."
Nelle province del Regno l'eco di questi eventi giungeva confusa e contraddittoria generando paura, sconcerto e tensioni. Nei posti di ritrovo più comùni (piazze, osterie, sacrestie delle chiese) di ogni piccolo borgo
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accendevano
vivaci
discussioni e già si delineavano i diversi schieramenti non sempre ben definiti. C'era chi si rammaricava per le sorti del Monarca e chi invece salutava l'arrivo dei francesi come una liberazione da secoli di angherie e sopruSI.
C'era chi,
rassegnato,
considerava questi avvenimenti un ennesimo cambio di padrone e chi inv~ce,
carico di aspettative, VI
riponeva una eccessiva fiducia di cambiamento (doc.23). La verità sui fatti di Napoli approdò nelle nostre terre verso metà gennaio per bocca· di una schiera di profughi (generali. borbonici; emigrati
L'Albero della Libertà
stranieri, principesse, contadini fuggiaschi, disertori e sbandati) giunti da noi nel tentativo di 48
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trovate un più facile imbarco per la Sicilia o l'Austria e porsi in salvo (doc.24). Notizie confermate poi sia da lettere private che i giacobini pugliesi, presenti nella Capitale al momento della proclamazione della Repubblica, fecero recapitare ai loro compagni di fede sparsi nelle province del Regno, sia successivamente dai primi proclami ufficiali repubblicani spediti da Napoli ai rappresentanti delle diverse amministrazioni locali. Taranto fu tra le prime città a ricevere, la mattina dell'8 febbraio, due plichi contenenti i proclami insieme alle istruzioni per procedere, sull'esempio della Capitale, all'instaurazione della "democrazia". L'Arcivescovo Capecelatro e il commissario cittadino don Michele Gennarini, destinatari delle missive, si premurarono di avvisare immediatamente, per mezzo di pubblici banditori, la popolazione e di convocarla a raccolta subito dopo l'ora di pranzo nell' atrio del Palazzo Arcivescovile. Qui si procedè alla nomina del presidente e dei deputati del nuovo governo democratico. La folla convenuta, tra cui molti rappresentanti della nobiltà cittadina, seguendo le indicazioni dell'Arcivescovo elesse presidente un titubante don Francesco Antonio Calò e tra i deputati il sacerdote Giovan Battista Gagliardo, il più autorevole rappresentante del movimento giacobino di Taranto (doc.25). In verità la folla aveva in un primo momento acclamato, a voce unanime, presidente l'Arcivescovo Capecelatro che, con
decisione ed argomentate scuse, aveva respinto
l'incarico. Nonostante le sue simpatie verso quei circoli culturali, culla delle nuove idee, e la sua personale amicizia verso molti giacobini" dichiarati, il Presule rimaneva legato da vincoli di fedeltà al re e soprattutto ad una cultura di spiritualità, pietà e pace sociale, come emerge dai diversi editti e lettere da lui emanati (docc.55, 63, 70, 80, 81).' 49
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Si pianla. l'albero delJa, libertà
Proclamata quindi anche a Taranto la Repubblica, il giorno succeSSIVO, 9 febbraio, il popolo guidato da un indomito ed esultante Giovan Battista Gagliardo si recò nella Piazza Maggiore e tra l'euforia J;CIlASU.m1l
generale venne piantato nel mezzo della piazza l'albero
MONITORE NAPOLITANO
della libertà, emblema del
Sabato J4· PioVoso anno vn ddli1 Li~!!rtà; I" ddJa Repubblica NJpoletanl' una, cd iuujyislbile (.2.. Febor;1l() 1792 )
Governo Repubblicano. L'euforia generale non venne condivisa dal presidente Calò che anZI
sembrava
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infastidito
da
queste
manifestazioni; il patrizio tarantino, divenuto presidente suo malgrado, si preoccupava
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di non esporsi eccessivamente nel timore di un futuro non improbabile ritorno del Re (doc.26).
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SUI Il primo numero del Moni/ore Napoli/ano , Giornale scritto da Eleonora Fonseca Pimentel
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cappelli, con in testa al corteo la bandiera rossa-gialla-blu confezionata nelle prime ore del mattino dal sarto Ignazio Basile, al suono di trombe, tamburi e grancasse, attraversò la Marina e si diresse acclamante al Regio Castello.
INNO PATRIOTTICO JlBL CITTADINO
LUIGI ROSSI PI!:R LO BRUCIAMENTO DELLE IMMAGINI DE' TIRANNI
Posta iII musiw dal cittadino Cimma"osa, da cantarsi nella. festa de' 30 fiorile SOT10 L ' ALBERO D.5LLA LIBERTÀ. AV.Al'ITl Jlol J'4LAZZO li .... Z.lOlfA.LE
7. o Predator ddl ' An!;lia La sp~me tlla qual' {; ? Al libero Vesuvio ,'uoi ricondurre i re ? S. Trema: tue navi in ceDere Fra pnco ridurrà
I. Su d' UII Sovrano l'upulo Sovrano più nUII v' C : AI foco. indegne imagini, ltcne ormai, dc' re.
4. Perisca una prugenit! Nt:mica di virtù, Che J' tlom costringe a gemete In dura scrv ilil.
2. Già dalle vostre cem:ri Sorge la Libertà. Che annunzia al mondo libero La sua Sovranità.
5 . A(c~ndi deh ! Promeh:o • Tua face ;\' rai dd Sol : Reca la vita, e l'anima In qll esto amico suul.
3. O foco, almo principio Dd tutto creator, l regi in le ritro\ iliO Un Nume distruttor.
6. Possa per te risorgere A' rai d' un pill bt:1 di L'uom, che tra ceppi barbari A Liht:rtà mori.
Il divoran\t' incendio Coe i n: consuma già . 9. E Ilon tem er ch~ al Caucaso Giove ti leghi il piè, Se Giove è re tlt' Despoti, Noi non auh iam pill re.
IO.Qut:sLoche alle aure svelltula Vessillo tricolor. Rispetto a' Numi imprimere Sa nelle sfere ancor.
Ritratto ed inno del Cimarosa
Durante il percorso vennero lanciati insulti nel confronti dei Sovrani e,
In
segno di
sfregio, colpite con fango e sassi le insegne borboniche impresse sugli edifici pubblici e privati.
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"Siam Liberi in 3ine..."
Occupato il Castello fu issata quindi sulla torre piÚ alta la bandiera tricolore perchè fosse ben visibile, a tutti i cittadini e alle imbarcazioni in arrivo nel porto, che Taranto era divenuta città repubblicana (docc.27,28,29). Per i filoborbonici si aprirono le vie della fuga, dell'imboscamento, del carcere o dell'arruolamento nelle truppe controrivoluzionarie dei fedeli al Re e alla Santa Religione (docc.32, 38,48,50,51).
Altro emblema della Repubblica
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Si pianla 1'albero deIla liberlà
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La lotta contro la Repubblica esplose infatti quasi immediatamente. In particolare nel Salento essa si presentò subito molto agguerrita, alimentata da una massa popolare povera, affamata di terra, arretrata e delusa; il comando delle operazioni qui fu assunto con autorevolezza in particolare da due capitani anglo-corsi Boccheciampe e De Cesari. Gli anglo-corsi facevano parte di quella schiera di emigrati, cui si è già fatto cenno, che approdarono sulle coste pugliesi quando, scacciati dai francesi dalla loro isola e rifugiatisi a Napoli, dovettero abbandonare anche questa città ormai in rivolta. Già a fine dicembre 1798 e nel successivo mese di gennaio alcuni di loro, venuti a Taranto, furono ospiti dell' Arcivescovo Capecelatro e da questi poi aiutati a raggiungere la Sicilia (doc.24). Il Boccheciampe e il De Cesari invece rimasti nel capoluogo ionico, dopo la democratizzazione della città, riuscirono ad evitare la carcerazione nascondendosi e spostandosi di volta in volta nei paesi limitrofi ancora fedeli al Re. Anzi nei loro spostamenti cominciarono a svolgere la loro opera di rastrellamento di uomini armati da impiegare in difesa della causa monarchi ca (doc.33, 34). Parallelamente all 'azione filoborbonica per tutto febbraio anche gli emissari repubblicani iniziarono a spostarsi in tutti i Comuni per propagandare le nuove idee e spingere le amministrazioni cittadine verso una risoluzione democratica (doc.37). Ogni comunità anche piccola divenne terreno di scontri tra fazioni repubblicane e filoborboniche, con il prevalere ora delle une ora delle altre: diversi sono gli episodi documentati avvenuti a Ginosa, Massafra, Mottola, Manduria, Montemesola, Grottaglie, Castellaneta, Laterza (docc.35, 37, 38, 39, 49, 62, 68). A Pulsano e Sava i repubblicani riuscirono a metà febbraio a piantare, seppure per soli pochi giorni, l'albero della libertà (docc.36, 37). 53
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Una posizione quasi unanimemente rivoluzionaria fu assunta invece da Martina, la.più giacobina delle città del territorio tarantino, che con maggiore intensità e convinzione delle altre visse l'esperienza repubblicana e che più delle altre subì poi la ferocia della reazione e repressione borbonica.
Bandiera della Santafede
Martina sin dagli inizi del XVIII secolo fu un centro culturale di grande vivacità: una dotta borghesia locale e un ceto ecclesiastico illuminato (spesso vi si aggregava l'Arcivescovo Capecelatro) avevano dato vita a diversi circoli e associazioni dove si dibatteva di scienze, morale, arte, filosofia, letteratura, economia e dignità umana.
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Le notizie sulla proclamazione della Repubblica Partenopea furono salutate, pertanto, dal popolo martinese, nel quale la cultura liberale era già largamente insinuata, come occasione agognata di tradurre in atti il proprio percorso ideologico. Anche Martina piantò quindi, contemporaneamente a Taranto, il suo albero della libertà vigilando con instancabile tenacia contro ogni tentativo di sovvertire il nuovo governo (doc. 41,42). Ai primi di marzo mentre l'annata borbonica organizzata dal Cardinale Ruffo marciava sotto il segno della "Santa Fede" attraverso la Calabria per risalire in Puglia, i capitani Boccheciampe e De Cesari a capo di due colonne annate si diressero rispettivamente a Taranto e Martina, avendo saputo dell'imminente arrivo di milizie francesi, già acquartierate nei pressi di Barletta. Nella città bimare queste circostanze dettero coraggio ai
filoborbo~ici
che, con la
complicità di una delusa massa popolare, del presidente ed alcuni deputati del governo repubblicano cittadino, in verità molto poco repubblicani, riuscirono a cospirare e organizzare la rivolta (doc.43). Così il giorno 8 marzo mentre il Governo tarantino inviava i propri rappresentanti a rendere giuramento di fedeltà ai francesi, nella notte i fedeli alla causa borbonica, capeggiati da Francesco Perrone, si recarono nella Piazza Maggiore e abbatterono l'albero della libertà, ponendo fine all'esperienza repubblicana vissuta per un mese dalla città (docc.44, 45). Il popolo chiamato a raccolta il 9 marzo, con lo stesso entusiasmo manifestato un mese prima, salutò questa volta l'innalzamento delle insegne di Re Ferdinando, strappò le coccarde repubblicane e intonò canti in onore dei monarchi (doc.47).
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Si pianta 1'albero del1a libertà
Nei giorni successivi, giunte in
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città le truppe del Boccheciampe, molti tarantini armati, sotto il comando del già citato Perrone, si unirono al capitano corso per sostenere
l'attacco
contro
Martinesi (docc.44, 46) . . La
cittadina
murgese
fu
protagonista di una resistenza davvero eroica e, solo per il tradimento degli armlgerI ducali, subì un' amara sconfitta dopo uno scontro duro e bagnato di sangue. Il 17 marzo, abbattuto l'albero,
seguirono numerosi arresti, feroci incursioni, incendi, saccheggi;
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FABRIZIORvFFO
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furono depredati anche i più miseri arredi di ogni abitazione (docc.5254, 86).
Il Cardinal Fabrizio Ruffo, da capitano
La reazione tanto temuta
dall' Arcivescovo Capecelatro, che in quei giorni era ospite in Martina nel tentativo di placare gli animi inducendoli alla non violenza e alla pace, fu di gran lunga superiore alle più pessimistiche previsioni.
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Il Presule tarantino, arrestato insieme ai superstiti patrioti martinesi e liberato dopo un colloquio chiarificatore con il Boccheciampe, fece ritorno nella sua sede arcivescovile ·da dove emise un editto con cui invitò le popolazioni della Diocesi a ritornare nella fedeltà al Sovrano e a prestare aiuto all'incaricato del Re di Napoli, capitano Boccheciampe (doc. 55). Restavano, infatti, ancora repubblicani molti Comuni del versante settentrionale della Provincia: a Massafra e Castellaneta, ad esempio, solo ai primi di aprile venne issato l'albero della libertà (docc.57, 58, 66). Le diverse colonne armate borboniche comandate da De Cesari, Boccheciampe e Ruffo avanzarono quindi verso nord, "realizzando" durante il loro passaggio i Comuni man mano incontrati e rafforzandosi grazie al contributo di queste popolazioni. Infatti Taranto, Palagiano, Massafra, Mottola, Gioia, Castellaneta offrirono armi, mezzi di trasporto e soldati e piansero i propri concittadini periti .nei successivi. scontri presso Casamassima, i15 aprile, e Altamura, il 9-10 maggio (docc.59, 69, 48, 68, 70, 71, 72, 94). Caduta nelle mani del Ruffo anche Altamura ultima roccaforte giacobina, la causa monarchica potè contare nella nostra regione sulla definitiva vittoria. Taranto e i Comuni vicini si impegnarono con rinfrancata dedizione a ripristinare l'antico ordine. L'Arcivescovo Capecelatro emanò una serie di editti a tutta la Diocesi con i quali ribadì la necessità di ristabilire pace e tranquillità nel Regno, tornare nella fedeltà al Re Ferdinando, riaprire il Seminario tarantino, ·fondamentale per una formazione della futura classe ecclesiastica ispirata ai principi della tolleranza e pietà cristiana (docc. 77, 80). Diversi Comuni si affrettarono a rinnovare le cariche amministrative eleggendo sindaci e deputati di indiscussa fede monarchica (docc.49, 56, 84). Molti cittadini coinvolti nell' esperienza democratica si adoperarono a prenderne immediata distanza, ricorrendo a falsi attestati e in alcuni casi a ingenue e patetiche 57
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Si pianta l'albero de11a liberià
dichiarazioni di estraneità (docc.28, 30, 60, 61, 65, 67, 82, 87). Il popolo martinese, benchè ridotto alla miseria, riuscì a trovare il denaro per inviare suoi rappresentanti a testimoniare la fedeltà al Re e il patrizio tarantino, don Tommaso Ciura, ordinò allo scultore napoletano Giuseppe Pagano una statua raffigurante il Re Ferdinando IV per dimostrare il suo personale attaccamento e quello dell ' intera città all' amatissimo Sovrano (docc.64, 83).
Repubblica Partenopea 1799 Piastra da dodici carlini personalizzata (drit)
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I Francesi, invece, da acclamati salvatori e "veri cristiani" (doc.23) divennero nemici e, nelle carceri del Regio Castello, vennero a lungo detenuti i generali francesi Dumas e Manscurt catturati in seguito ad un naufragio nel porto di Taranto a metà maggio (doc.73-75). Il 22 giugno anche Napoli fu costretta alla resa e abbattuta la Repubblica Partenopea si
dette il via ad una durissima repressione: innumerevoli furono gli arresti, le confische e i processi celebrati contro i patrioti giacobini accusati di reità di Stato; le condanne e le esecuzioni furono di esemplare crudeltà. Taranto salutò il ritorno dei Sovrani a Napoli con un'emblematica lettera, scritta dal suo Arcivescovo, da dove traspare tutto lo spirito con cui la città e lo stesso Prelato parteciparono all'esperienza repubblicana. I Tarantini -dice il Capecelatro- nutrirono sempre sentimenti di fedeltà al Re, malgrado la sottomissione al nuovo Governo. Con zelo, fatica, sagacia e diplomazia, cercarono di mantenere l'ordine pubblico e protessero la città, evitando vendette private e odi reciproci (doc.81). Argomentazioni queste che, esposte con dotta eloquenza, consentirono allo stesso Arcivescovo di ottenere il perdono nel processo di reità celebrato a suo carico (doc.97).
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n.23
1799 maggio 6, Sava
Testimonianza di alcuni cittadini di Sava su certi fatti accaduti in zona, collegati al diffondersi dei moti rivoluzionari esplosi a Napoli nel gennaio 1799. ASTa, notaio Gigante Oronzo, Sava, 1799, scheda 306, cc.23v-25r
Bartolomeo Toscano, trentasettenne mastro calzolaio, ed Arcangelo Saloperto, quarantasettenne mastro fabbricatore, entrambi di Sava, su richiesta di Paquale Gallo riferiscono, sotto giuramento, al notaio alcune frasi che hanno inteso pronunciare da un compaesano, nella sacre stia della chiesa matrice, una mattina del mese di gennaio dell' anno 1799. I due amici, in · attesa dell'inizio della messa, stavano discutendo tra loro, "con sommo do lore e dispiacere", dell'immediata partenza "dell'amabilissimo Sovrano dalla Città di Napoli per i tradimenti avuti dalli ribelli ". Intervenne nella conversazione Giovanni Pajazzo, anch' egli di Sava, il quale manifestò "con qualche arroganza" il suo pensiero, affermando che il Re si meritava di "più di quello che ha incappato", perchè aveva "rovinato" i suoi sudditi "con tasse e pagamenti". Aggiunse che l'arrivo dei francesi, da lui ritenuti "veri cristiani", avrebbe sicuramente migliorato le condizioni del popolo. 60 .
Nello stesso atto il notaio raccoglie, poi, una seconda dichiarazione, rilasciata dal predetto Bartolomeo Toscano e da altri due uomini di campagna: Paolino Rossetti e Giovanni Prudenzano. I tre riferiscono che nel giorno di domenica 5 maggio dell'anno 1799 s'intrattenevano nella pubblica piazza con varie persone e ragionavano sulla "gita" fatta da "li Calabresi mandati dal Signor Deputato di S.M. de Cesare nella città di Martina per eseguire i comandi avuti contro li Giacobini". In proposito, gli attestanti riportano altre frasi pronunciate nell'occasione dallo stesso Pajazzo. Egli contraddicendo le loro parole, "come se volesse disanimar la Gente", sosteneva non essere vero che li Calabresi erano "andati contro li Giacobini · ma bensì contro li Realisti di detta Città di Martina e che entrati ne discacciarono li Realisti ed il Popolo Basso e loro si unirono con li Giacobini avendo serrate le porte della città".
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n.24
1800 aprile 17, Maruggio
Dichiarazione del dottor Oronzo Nicola Cosma di Sava il quale attesta di aver assistito il 16 gennaio 1799 allo sbarco di cinque individui fedeli al Re.
che prevedeva la consegna di un dispaccio al castellano di Taranto e il loro successivo trasferimento a ~essina. In questa città li attendeva una fregata per portarli a Brindisi. Qui avevano incarico di imbarcare il marchese del Gallo e le sorelle del defunto re Luigi di Francia.
ASTa, notaio Buono Giuseppe, Maruggio, 1800, scheda 311, cc.48v-49v
Il notaio Giuseppe Buono di Maruggio raccoglie, in merito ad un episodio avvenuto il giorno 16 gennaio dell' anno 1799 nei pressi della torre del Monte dell' Ovo, hi testimonianza del dottor Oronzo Nicola Cosma. Egli, infatti, trovandosi quel giorno sulla spiaggia, in territorio di Torricella, per mostrare a suo figlio minore le barche dei pescatori che solitamente attraccano in quella zona, notò alcune persone annate di schioppi correre verso un'imbarcazione a remi, prossima alla riva, e sollecitare gli occupanti allo sbarco. Accortisi della presenza del dottore, gli uomini annati lo invitarono con cenni delle mani ad avvicinarsi. Appressatosi al gruppo, Cosma riconobbe Angelo Parziale, sindaco della terra di Torricella il quale, essendo analfabeta, gli chiese di leggere e di controllare i passaporti e le fedi di carico dei naviganti sbarcati, nel frattempo, dalla lancia. I cinque individui sbarcati, tutti con la coccarda reale, dichiararono di trovarsi in viaggio per portare a termine una missione
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n. 25
1799 ottobre 27, Taranto
Attestato sulla costituzione, /'8 febbraio 1799, del Governo provvisorio di Taranto. -ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc.365v-366v
Domenico Ressa ed altri testimoni dichiarano che nel pomeriggio dell' 8 febbraio 1799 il popolo tarantino si adunò nell' atrio del palazzo arcivescovile dove, come ordinato dall'arcivescovo Giuseppe Capecelatro con sue istruzioni e proclami, si procedette all'elezione del presidente e dei deputati del nuovo governo municipale. Presidente fu eletto il patrizio Francesco . Antonio Calò, nonostante egli più volte avesse declinato l'incarico "allegando i notorii acciacchi di sua salute". Erano presenti Saverio Carducci con i figli, Tommaso Ciura, Nicola Ulmo, Ludovico e Biagio Carducci, Cataldo Galeota, Giuseppe de Beaumont e Giulio Foresio.
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n.26
1799 novembre 7, Taranto
Dichiarazione sui fatti accaduti nella Piazza Maggiore,. di Taranto la mattina del 9 febbraio 1799. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc.379r-380r
Fedele Nardelli, Paolo Augenti ed altri cittadini di Taranto attestano, dinanzi al notaio de Quarto, che la mattina del 9 febbraio dell'anno 1799, mentre si trovavano nella bottega del Nardelli, sita nella Pubblica Piazza Maggiore, videro giungere in detta piazza i rappresentanti della Repubblica, proclamata il giorno precedente. Mentre i deputati don Giambattista Gagliardi e don Saverio Miglietta innalzavano nel centro della piazza l'albero della libertà, il Presidente della Municipalità don Francesco Antonio Calò stava seduto, a causa della sua cagionevole salute, nello studio del notaio Sassi, sito nella stessa Piazza Maggiore. All'invito del Gagliardi di partecipare più attivamente all' evento, il Presidente, poggiandosi sulle spalle di due amici e ravvolto nel .cappotto, si spostò malvolentieri vicino all'Albero della Libertà senza comunque fare o dire alcunché.
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n.27
ID
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1799 ottobre 7, Grottaglie
Testimonianza sul comportamento del sacerdote Giovanbattista Gagliardo, visto in compagnia di Saverio Miglietta capeggiare un gruppo di persone animate da spirito rivoluzionario filofrancese. ASTa, notaio de Sanctis Francesco Antonio, Grottaglie, 1795-1799, scheda 200, cc.9r-lOr
Vincenzo Pignatelli, Ignazio Distano e Cataldo Corvino rendono testimonianza, innanzi al notaio, di un episodio accaduto a Taranto nella strada pubblica della Marina nel mese di febbraio del 1799. Essi, infatti, raccontano di aver visto nei pressi della Torre Nuova, ove si trovavano a discutere di certi loro affari, un gruppo di persone rumoreggianti avanzare minacciosamente. Le guidava il sacerdote Giovanbattista Gagliardo e Sergio Miglietta, che recavano ben visibile sul loro cappello una nocca con i colori francesi, emblema della rivoluzione scoppiata a Napoli giorni addietro. Il clamore della folla spinse Antonio Albano, che si trovava all'interno della Torre, ad uscirne. Gagliardi, allora, gli si scagliò contro "con la schiuma alla bocca", mentre Saverio Miglietta "impugnando il palosso " lo minacciò costringendolo "a prendere fango dalla strada e buttarlo sopra un' antica rovinosa
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impresa " collegata nel muro della stessa Torre Nuova. Ma, notano i testimoni, "l'impresa non restò punto macchiata" ed aggiungono anche che il simbolo che si voleva far imbrattare di fango all ' Albano non era altro che "quella impresa della città".
n.28
1800 agosto 3, Taranto
Dichiarazione di un sarto sulla confezione il 9 febbraio 1799 della bandiera Repubblicana. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc.203r-204r ,
Ignazio Basile, "mastro sartore" di Taranto dichiara che la mattina del 9 febbraiol799, mentre era di guarnigione al Regio Castello di Taranto insieme ad altri, gli furono consegnati dal comandante don Giambattista Teroni tre pezzi di tela di Francia di tre diversi colori con l'ordine di cucirli insieme. Dopo un' ora lo stesso Basile vide entrare nel Regio Castello molti cittadini che con violenza si impossessarono del Castello issandovi una bandiera che riconobbe essere quella da lui cucita. Solo tale dichiarazione, uguale a quella già resa nel 1799 al colonnello Marsiglia dallo stesso Basile, corrisponde, a suo dire, alla verità dei fatti. 64
n.29
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1800 luglio 31, Taranto
Diffida nei confronti di un notaio che ha estorto false dichiarazioni sui fatti del febbraio 1799. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc.20Iv-203r
Ignazio Tanieri, Giuseppe Nicola Zoppo, Saverio Giuliano e Stefano Sorrento dichiarano che il giorno precedente, 30 luglio, furono chiamati dal notaio Marino Giorgio di Putignano a deporre circa i fatti avvenuti nel febbraio 1799, al tempo della Repubblica, nel Regio Castello di Taranto, dove essi dichiaranti si trovavano in quei giorni di guarnigione. Gli stessi dicono di aver riferito dinanzi al notaio Giorgio che la mattina del 9 febbraio 1799 fu situata in detto Castello la bandiera .tricolore da Saverio Miglietta seguito da un gran numero di cittadini che con violenza occuparono il Castello. Eguale deposizione fu dagli stessi già resa l'anno precedente al tenente colonnello don Diego Marsiglia giunto a Taranto per ordine sovrano. I dichiaranti diffidano ora il notaio Giorgio perchè, carpendo la loro buona fede e facendo firmare un foglio in bianco, ha in realtà riportato sullo stesso dichiarazioni diverse da quelle dagli stessi rese.
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n.30
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1800 gennaio 20, Taranto
Dichiarazione sulla provata fede realista di tre notai, durante il governo repubblicano. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc.16r-17r
Antonio Villano, maestro tintore napoletano e operaio presso il reale opificio di Taranto, il sacerdote Pietro Luccarelli e Vincenzo Mignogn~ dichiarano che nel febbraio dell' anno 1799 venne ordinato dal governo provvisorio della nuova repubblica di redigere l'inventario dei beni dell' opificio diretto da Alberto Montefiore. L'incarico venne affidato ai notai Matteo Sanarica, Giovanni Cicala e Luigi d'Eredità. I dichiaranti giurano di non aver mai sentito questi notai proferire parole ingiuriose o di disprezzo all'indirizzo del Sovrano.
n.31
1799 giugno 7, Taranto
Dichiarazione sulla condotta del giacobino Domenico Corona. ASTa, notaio de Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1799, scheda 319, cc. 123v-124v.
Baldassarre Blasi, Pompeo Longo, Fedele N ardelli ed altri dichiarano che, nei
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giorm In cui era issato nella piazza maggiore di Taranto "l'infame albero" della Repubblica francese , don Domenico Corona si recò nel "fondaco" di Fedele N ardelli e, in presenza dei dichiaranti, proferì parole offensive contro i Sovrani, lodando invece la condotta francese. Insulti furono dallo stesso Corona rivolti anche nei confronti del Boccheciampe e de Cesare che a suo dire erano "due demograti e birbi" e meritavano la fucilazione per come incitavano il popolo a difendere la bandiera napoletana.
n.32
1815 novembre 8, Taranto
Attestato del tenente dei Dragoni Cosimo Santini. ASTa, notaio Miani Gaspare, Taranto, 1815, scheda 352, cc. 115r-118v.
Cosimo Santini di Taranto ex tenente dei Dragoni della Provincia di Terra d'Otranto ed altri testimoni dichiarano che nel 1799 ai tempi della rivoluzione napoletana, volendo essi abbattere l'albero della "sedicente Repubblica" per issare la bandiera "di Sua Maestà Ferdinando IV" di Borbone, furono arrestati dagli "impiegati" della suddetta Repubblica e incarcerati nel Real Castello. Furono liberati solo in seguito quando, sedata la rivolta, fu nuovamente "spiegata la bandiera gloriosa della prefata Maestà". 65
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n.33
1800 febbraio 24, Taranto
Attestato sul comportamento e sulla figura di Francesco Antonio Calò, presidente del governo repubblicano. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc . 57 ~r58r
Pietro Acclavio dichiara che, dopo tre giorni dalla costituzione della repubblica, fu chiamato da Francesco Antonio Calò, allora presidente del governo repubblicano, che gli confidò di aver ricevuto pressioni per procedere all'arresto di alcuni emigrati corsi nascosti in una masseria di proprietà dell' Acclavio, all'insaputa dello stesso. Il dichiarante, verificata la veridicità delle informazioni del Calò, dispose per l'allontanamento dei corsi. In occasione dell'attestato l'Acclavio si dichiara ammirato per la pietà dimostrata dal Calò e per il fedele attaccamento dello stesso verso il Sovrano, nonostante la carica ricoperta.
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180 l gennaio 1, Manduria
Testimonianze di fatti a difesa del re, avvenuti nel febbraio 1799. ASTa, notaio de Allegranza Bonaventura, Manduria, 1801 , scheda 217, c. Iv
Bonafede Gerunda, Regio Amministratore del Ripartimento di Manduria, attesta che nel mese di febbraio 1799, andando insieme ad Antonio Bocchesciamps (sic) e a Giambattista De Cesare ad "animare tutti i popoli alla difesa del Nostro Re, Dio Guardi, e della Santa Religgione", giunto in prossimità di S. Vito degli Schiavi, gli si fece incontro il sindaco di detta città Michele de Laurentiis con moltissima altra gente tra cui Vincenzo Leo, il chirurgo Giuseppe Giovan Carella e Vincenzo Gagliano. Questi ultimi, oltre ad essersi mostrati pronti a qualunque bisogno e "essersi conosciuti fedelissimi al sovrano", gli presentarono "molta gente armata in forma di soldati", incaricata di seguire i
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detti Boccheciampe e De Cesare in quei luoghi "ove richiedeva il preciso bisogno". Attesta inoltre il Gerunda di aver ricevuto dallo stesso sindaco De Laurentiis la somma di 32 ducati e che c'era stato
bisogno del loro aiuto a Brindisi, Lecce, Taranto, ed in altri luoghi "tanto a favore del prefato sovrano che della Santa Religgione, ed il tutto a spese di quella università di S.Vito".
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n.35
1800 febbraio 27, Mottola
Testimonianza sulla posizione repubblicana assunta dal vicario della Diocesi, don Vincenzo Leopizzi. ASTa, notaio de Novellis Carlo, Mottola, 1800, scheda 205, cC.19r-21r
Vito Antonio Catucci e Raffaele Notaristefano attestano che il vicario della Diocesi, don Vincenzo Leopizzi, era tornato da Massafra in Mottola sabato 9 febbraio 1799, portando pubblicamente il cappello noccato "colla nocca tricolore cioè blò, gialla e rossa". La sera stessa del sabato il Leopizzi aveva consegnato una simile nocca al canonico padre Marinosci che in sua assenza lo aveva sostituito come provicario e che si era da lui recato in visita. La domenica mattina il predicatore quaresimale aveva a sua volta incitato la popolazione ad "abbracciare volentieri il nuovo sistema, come quello mandatoci da Dio", influenzato, a detta dei testificanti,
dallo stesso Leopizzi che, in assenza del Vescovo, rappresentava il solo capo spirituale della Diocesi.
n. 36
1800 aprile 16, Pulsano
Esposizione dei fatti avvenuti in Pulsano nel febbraio 1799. ASTa, notaio Nunni Pietro, Pulsano 1800, scheda 237, cC.99r-lOlv.
Il sindaco e gli eletti dell'università di Pulsano narrano i fatti occorsi nella detta città nel febbraio 1799 quando in piazza fu piantato l'albero della libertà. Dopo cinque giorni Pasquale Fanigliulo, che per otto anni era stato soldato nelle truppe reali, spiantò l'albero innalzando al suo posto "l'immagine, ossia ritratti del Re e Regina ... " Quasi tutta la popolazione invocò il Re, strappandosi dal cappello la coccarda francese.
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n.37
1800 gennaio 24, Lecce
Testimonianze rilasciate da alcuni cittadini di Sava sui fatti accaduti in paese nel febbraio 1799. ASLe, notaio Mazzotta Gaetano, Lecce, 1800, prot.46/l 09, cC.8r-20v
Innanzi al notaio Mazzotta di Lecce alcuni cittadini di Sava rendono le loro testimonianze circa gli eventi che portarono alla proclamazione della Repubblica in Sava. Il 13 febbraio, raccontano, mentre i paesi vicini avevano già piantato l'albero della libertà giunse a Sava un deputato della Repubblica, il tarantino don Michele Gennarini per sollecitare la nascita del nuovo governo anche in questa cittadina. Ricevuto dal sindaco Luigi Lomartire e con l'aiuto degli altri eletti il giorno successivo, 14 febbraio, dette lettura in Municipio dei proclami repubblicani: e, accompagnato da un popolo festante adornato di coccarde tricolori francesi , piantò l'albero della libertà fatto approntare dal sindaco Lomartire (lo stesso sindaco in quanto . mastro falegname contribuÌ attivamente alla sua costruzione). Venne poi issata la bandiera rossa, gialla e blu confezionata utilizzando gli apparati della Chiesa. Molta gente partecipò alla manifestazione tra cui numerosi sacerdoti, opponendosi alla resistenza di alcuni 70
cittadini contrari alla nuova forma di governo. Il Gennarini democratizzata Sava si recò nella VIcma Manduria mentre I . filoborbonici savesi il 17 febbraio riuscirono a spiantare dalla loro piazza il vessillo repubblicano. All ' indomani di questi eventi Sava come gli altri paesi fu scenario di rivalItà e risentimenti tra i rappresentanti delle due fazioni in lotta con reciproche accuse, denuncie, carceraziap.i e tentativi di omicidi.
n.38
1799 dicembre 5, Ginosa
Opposizione dei regalisti alla nuova repubblica. ASTa, notaio Bastelli Vito Domenico, Ginosa, 1799, scheda n.327, cc. 164v.-165v.
I magnifici Alessandro e Achille Castri a, Domenico Zigari, Girolamo Ramaglia, Vito e Agostino Malvani e Giuseppe Nicola Panetti, tutti di Ginosa, attestano che fin dal mese di febbraio, dopo le notizie sul pericolo che la "sedicente repubblica francese" costituiva per la monarchia, da veri regalisti, guidati da Alessandro Castia, sfilarono per le vie della città con la coccarda monarchica, dando il buon esempio alla popolazione.
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Ad essi si era unito don Nicola Campagnuoli, avvocato famoso e molto stimato che trattava affari particolari nei supremi Tribunali di Napoli e che da anni dimorava a Ginosa. Lo stesso, assistendoli legalmente, dava loro saggi consigli e li iO
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incitava anche a recarsi a Matera ed in altri luoghi per opporsi coraggiosamente alla repubblica già costituita, con l'intesa che in caso di pericolo avrebbero tutti trovato asilo a Palermo dove già si era rifugiato il Re.
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n.39
1800 marzo 2, Massafra
Attestato fatto da Irene Di Pierro a discolpa di Giuseppe Colafati di Massafra, già accusato di aver oltraggiato le insegne borboniche nel febbraio 1799. ASTa, notaio de Sanguine ' Giovanni Battista, Massafra, 1800, scheda 262, cc.64v - 66r
Alla presenza del notaio Giovanni Battista De Sanguine e del giudice ai contratti Domenico Putignano, Irene Di Pierro, moglie di Giovanni Antonio Matila, giura di aver precedentemente dichiarato il falso circa il presunto oltraggio alle insegne reali da parte di Giuseppe Colafati di Massafra. I fatti risalgono al febbraio 1799, quando nell' osteria del di lei fratello Damiano, sita nel basso della città, un gruppo di massafresi circondò alcuni forestieri di professione "pettinacapi" (parrucchieri), li rimproverò per la loro fede realista, tolse loro il cappello da cui strappò la noçca con le insegne borboniche, la calpestò e pronunziò offese ignominiose. Interrogata su detti avvenimenti nel novembre dello stesso anno dall'inquisitore reale, don Crispino De Vincentiis, cui toccava l'accertamento dei delitti politici in quel comune, la Di Pierro aveva riconosciuto nel suo concittadino Giuseppe Colafati uno dei responsabili dell'oltraggio.
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Adesso la sua COSCienza, su sollecitazione del proprio confessore, la spinge a dichiarare il vero, cioè che ella, pur presente nell'osteria, non vide affatto il Colafati, ma fu indotta alla erronea dichiarazione precedente dal desiderio di non contraddire l'analoga denuncia fatta da suo fratello Damiano, a cui temeva ~ diversamente di nuocere.
n.40
1804 aprile 14, Mottola
Notizia sull 'incendio dei documenti della Regia Camera avvenuto a Ceglie il 16 febbraio 1799. ASTa, notaio de Novellis Giacomo, Mottola, 1804, scheda 341 , cc. 21 r-22r
Don Rocco Giuri della terra di Ceglie, governatore e giudice nella città di Mottola, testifica riguardo ad alcuni avvenimenti accaduti il 16 febbraio 1799 in Ceglie quando ricopriva la carica di catasti ere. Sorpreso dal "rivoltoso popolo", egli ricorda di essere stato costretto ad esibire tutti i libri catastali, di tasse di strade di Puglia ... come ancora il librone di Regia Camera" che furono poi dati alle fiamme nella pubblica piazza " in guisa che non ne comparvero neppure le vestiggia"
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n.41
1801 gennaio 18, Martina
Testimonianza su Giacinto Martucci, capo della repubblica in Martina, per alcuni fatti avvenuti nel febbraio 1799.
sua opera di delazione presso il Preside della Regia Udienza riguardo ai movimenti dei repubblicani.
n.42 ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio, 1801 , scheda 303, cc. 21r-22r
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1799 luglio 27, Martina
Martina,
I fratelli don Bonaventura e Vitantonio Giuliani e il reverendo sacerdote Giovanni Giuliani di Martina testificano riguardo ad un episodio avvenuto in un giorno non precisato del febbraio 1799 nel periodo in cui era stato piantato "l'albero della libertà". Il capo della Repubblica, Giacinto Martucci, chiese al sacerdote Giuliani di incontrare presso la sua casa Giuseppe Belsito, incaricato dalla Sacra Regia Udienza di Lecce di svolgere incarichi in Martina, perchè mostrava apertamente di essere "troppo attaccato alla corona". In quella occasione il Martucci, con autorità minacciò il Belsito di fucilazione o di espulsione con tutta la sUa famiglia da Martina se non avesse deciso di imbracciare il fucile a favore della repubblica ,dicendo esplicitamente che era a conoscenza della
Sequestro di armi e munizioni da parte di Boccheciampe e De Cesare. ASTa, notaio Ancona Domenico Martina, 1799 -1803, scheda 231 , c.69
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Domenico Blasi, sindaco di Martina, dichiara al Governatore di quella università che Vitantonio Blasi, medico cerusico, il magnifico Martino Arcangelo Serra, Nicola Antonio de Santis, Felice de Leonardis ed altri cittadini martinesi si erano recati nel febbraio precedente, su ordine del prosindaco Giacinto Martucci, sulla torre di S. Leonardo per prelevare un cannone, due "moschetti" ed altre munizioni da trasportare in Martina. Nel marzo successivo poi il suddetto armamentario era stato prelevato dalle truppe dei "Signori incombenzati" Boccheciampe e De Cesare prima della loro partenza da quella città.
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1799 ottobre 28, Taranto
n.43
Fede giurata sullo "svellimento dell'infame albero republicano ", avvenuto nella notte dell'8 marzo 1799. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc.366v-368r.
Domenico e Francesco Silvestri , Giuseppe Micela, Francesco Granieri ed altri cittadini di Taranto dichiarano che il giorno 8 marzo 1799 si radunarono insieme
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a Raffaele Silvestri per definire il piano relativo all'abbattimento dell"'infame albero repubblicano", innalzato nella piazza maggiore di Taranto dal sacerdote Giovanbattista Gagliardi di Taranto e Saverio Miglietta di S. Pietro in Galatina. Ribadita da tutti la necessità della segretezza dell' operazione perchè non giungesse all'orecchio del Gagliardo, fu in tale occasione da Raffaele Silvestri assicurato che il tutto era già noto a Francesco Antonio Calò, presidente della municipalità.
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Abbattuto tale albero alle ore quattro di sera di detto giorno, Raffaele Silvestri ordinò a tutti i partecipanti all'operazione 'di togliersi la coccarda francese e calpestarla. Avendo gli stessi mostrato timore che la cosa potesse giungere a conoscenza del Calò, furono nuovamente rassicurati dal Silvestri che il Calò era a conoscenza di tutto, anzi aveva ordinato si facesse in tal modo.
n.44
1799 giugno 19, Taranto
Attestato sull'operazione di svellimento dell'albero repubblicano avvenuto nella notte dell'8 marzo 1799. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc. 166r-167r -'
Damiano Conte, Nicola Valentini ed altri attestano in quanto testimoni oculari dei fatti che, alle quattro della notte tra 1'8 e il 9 marzo 1799, alcuni filoborbonici tarentini capeggiati da Francesco Perrone si recarono nella Piazza Maggiore cittadina e, a costo delle loro vite, spiantarono e bruciarono l'albero repubblicano innalzando al suo posto le Gloriose Insegne del Re Ferdinando. Stessa azione fu da questi condotta immediatamente dopo nel Regio Castello. I testimoni aggl:ungono che successivamente la città di Taranto, "regalizzata", si mise a disposizione del 76
capitano Boccheciampe giunto nella Provincia di Terra d'Otranto per ristabilire l'ordine sovrano in tutte le altre città e paesi. Furono affiancati. alle truppe del Boccheciampe 53 individui tarantini con a capo Francesco Perrone che aveva dato indiscussa prova della sua sincera fedeltà al Re. Nelle azioni di "regalizzazione", affermano i testimoni, Francesco Perrone fu ferito ad un braccio rimanendo· inabile al lavoro e conseguentemente incapace di provvedere alla sua famiglia.
n.45
1799 novembre 15, Taranto
Deposito agli atti del notaio per futura memor,ia di alcuni documenti relativi alla fine del Governo Repubblicano in Taranto. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc.387v-391r
Tommaso Valentini presenta al notaio per futura memoria le seguenti scritture in suo possesso: - lettera dell' Il marzo 1799 con la quale Nicola Ulmo, eletto governatore di Taranto, all'indomani del ristabilito ordine sovrano, avverte don Tommaso Valentini di ritirarsi nel convento dei Padri Cappuccini di Taranto con i suoi compagni per non incorrere nella "reale indignazione". - Attestazione del 20 settembre 1799 del notaio Matteo Sanarica a favore di don Giuseppe Antonio Ceci, don Tommaso
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Valentini e del notaio Tommaso Valentini, eletti deputati del governo democratico. Dovendo essi portarsi il giorno 8 marzo incontro ai francesi di stanza a Barletta, manifestarono preoccupazioni per i pericoli di tale missione. Obbligati comunque a partire dalla perentori età del sacerdote Gagliardi, vennero però nella stessa notte immediatamente richiamati per la avvenuta restaurazione in Taranto dell' ordine sovrano. - Attestazione rilasciata da don Giuseppe Fallone ed altri il 25 ottobre 1799 con la quale si sottolinea la rjluttanza sempre mostrata dal magnifico Tommaso Valentini ad aderire al governo repubblicano, malgrado la sua elezione in quel periodo a Giudice di Pace della municipalità, oltre che la soddisfazione mostrata dallo stesso per il ristabilito ordine sovrano in Taranto.
n.46
1799 giugno 25, Taranto
Attestato in favore del filoborbonico Francesco Perrone ferito in uno scontro con un gruppo di "malcontenti" massafresi . nel marzo 1799. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto 1799, scheda 324, cc. 168r-169v
Cataldo Pupino ed altri dichiarano che il loro amico Francesco Perrone, insieme a Diego Colucci, la notte dell'otto marzo abbattè l'albero della libertà che era stato
eretto nella piazza maggiore di Taranto e il mattino dopo issò la bandiera reale, sostenuto e applaudito dalla popolazione tarantina, nonostante "le minaccie si facevano dalle popolazioni de luoghi vicini insorgenti" . Lo stesso Perrone si unì dopo qualche gIOrno alI' eserci to di Francesco Boccheciampe con circa cinquanta uomini e sostenne un attacco contro i martinesi.As~alito poi vicino Massafra da un gruppo di insorti, per difendere alcuni documenti diretti al cardinale Ruffo, .Vicario generale del Re, venne gravemente ferito ad un braccio.
n.47
1800 giugno 7, Taranto
Attestazione di gaudio per l'abbattimento dell 'albero della libertà in Taranto. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 255, cc.217v-219r
I signori Aniello Nardelli, Giuseppe Nicola Peluso e Giuseppe Guida, della città di Taranto, trovandosi nella pubblica piazza per trattare i loro affari, attestano che, essendo stato abbattuto l'infame albero della libertà, il 9 marzo 1799, don Tommaso Portulano affisse sui muri della città varie canzoni composte in lode di Sua Maestà e della famiglia reale, non potendo trattenere in sè la grande felicità per il lieto avvenimento. Inoltre mise in musica una 77
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bellissima canzonetta cantata all'intero pubblico dinanzi all'effige dell' amabilissimo Sovrano, in occasione
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n.48
1799 novembre 5, Taranto
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1799 ottobre 25, Grottaglie
Testimonianza sulla figura di Pietro Nitto, tenente del Reggimento dei Cacciatori, a seguito del Cardinal Ruffo e su alcuni fatti avvenuti nel marzo 1799.
Atto pubblico contenente la trascrizione del testo della patente di governatore della città di Grottaglie rilasciata da Francesco Boccheciampe a Domenico Giuseppe Mele.
ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1799, scheda 255, cc.403v-405v
ASTa, notaio Lombardi Rocco, Grottaglie, 1799, scheda 301, cC.72v-74v
I signori Giuseppe Morales di Napoli, Paolo Catapano, Francesco Perrone, Angelo Domenico Parabita, Michele Falio, Giuseppe Micera, Vincenzo di Gregorio, Raffaele Galiandro, Fedele Nardelli, Giuseppe Nicola Zoppo, tutti di Taranto, dichiarano che il loro paesano e conoscente don Pietro Nitto, tenente del Reggimento dei Cacciatori, ritornò da Napoli a Taranto, allora Repubblicana. Dopo il 9 marzo del 1799 partì nuovamente dicendo pubblicamente che si sarebbe recato in Matera seguendo Sua Eminenza il Cardinal Ruffo, vicario generale di Sua Maestà, che già si trovava in quel luogo, per debellare la città di Altamura. I deponenti aggiungono ancora che il sopra citato don Pietro era un "giovine di buoni costumi e morigerato" e che il di lui padre Omobono Nitto, in segno di felicità per il ristabilito ordine monarchico, vendette il grano del suo negozio in piazza a quindici carlini il tomolo, due carlini in meno del prezzo corrente.
Il notaio Lombardi, recatosi presso la casa della "magnifica Università" di Grottaglie "residenza del sig. Governatore" e sede della Corte per l'amministrazione della Giustizia incontra Domenico Giuseppe Mele per prendere visione della sua "patente di Governatore" della città e trascriverne, su sua richiesta, il testo in un "pubblico e solenne atto". In premessa, il notaio fornisce qualche notizia circa l'attribuzione della carica di Governatore a Domenico Giuseppe Mele, di professione notaio e proveniente dalla vicina città di Oria. Si apprende così che egli rivestiva questa carica "dacchè vacava per la mancanza del sig. D.Antonio Masci allora Governatore che se n'era fuggito da questa prefata città" e che detta fuga avvenne "nel tempo medesimo che transitò da questa città istessa lo spettabile Incombernzato da S.M. (Dio Guardi) il sig. Francesco Boccheciampe. Quest'ultimo, come si legge nell' atto notarile, spedì personalmente al "nobile soldato armato di
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schioppo", Domenico Giuseppe Mele, la patente di Governatore avendo egli stesso "conosciuto e sperimentato il zelo per il sovrano, la probità e giustizia" del notaio Oritano, il quale mostrò anche fervore nella "difesa della Religione di S.M. (Dio Guardi)".
Definite le modalità di attribuzione della carica e precisato anche il luogo, Grottaglie, e la data, il 13 marzo 1799, in cui la patente fu rilasciata, il notaio ricopia fedelmente quanto scritto nel documento esibitogli.
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1799 ottobre 27, Grottaglie
Attestazione di due cittadini di Montemesola da cui risulta che Pietro Chirico è persona fedele al Re. ASTa, notaio Lombardi Rocco, Grottaglie, 1799, scheda 301, cc.74v-75v
Michele Santoro e Arcangelo Santoro della "convicina terra di Montemesola" dichiarano, in Grottaglie, innanzi al notaio Lombardi di sapere "molto bene per averlo udito e sentito che Pietro Chirico loro paesano in tutti i passati tempi revoluzionari è stato siccome lo è un vero e sfacciato Realista affezionatissimo del Re nostro Ferdinando quarto che Dio sempre feliciti". Aggiungono anche che la devozione al sovrano, proclamata apertamente dal Chirico, è stata da lui dimostrata non solo a parole ma anche nei fatti. I dichiaranti, infatti, affermano di sapere che egli "in quei suddetti tempi rivoluzionari che fu propriamente 14 marzo del corrente anno 1799 si portò di persona" in Grottaglie "a farsi fare la bandiera reale a sue proprie spese" e che, rientrato in Montemesola, "con le sue proprie mani situò la bandiera reale suddetta nella pubblica piazza". Dichiarano, infine, i due testimoni di sapere pure che Pietro Chirico successivamente "si portò a proprie sue spese appresso lo spettabile Incombemzato di S.M. (Dio Guardi) sig. D.Francesco
Boccheciampe di unità coll'individui degli altri paesi per far realizzare quei tali paesi ostinati e persistenti verso la repubblica".
n.51 .
1799 luglio 4, Martina
Testimonianze su un arresto da parte della municipalità rivoluzionaria avvenuto il 14 marzo 1799. ASTa, notaio Chirulli Bonaventura, Martina, .1799, scheda 309, cc. 56v-58r
Il magnifico Leonardo Antonio Miani ed altri testimoni di Martina" su richiesta di Nicola Mignozza di Mottola, attestano che la mattina del giovedì 14 marzo 1799, don Nicola, avendo portato in Martina tre proclami ricevuti da "Sua Altezza Boccheciampe", fu arrestato dagli ufficiali della municipalità rivoluzionaria, rinchiuso nelle pubbliche carceri e guardato a vista dai soldati. Gli attestanti ricordano anche che pubblicamente si aveva notizia che era in preparazione il "processo verbale" per la sua fucilazione.
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n. 52
1799 settembre 20, Martina
n. 53
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1799 giugno 6, Martina
Testimonianza su un omicidio avvenuto nel marzo del '99
Testimonianza sul sacco di Martina, avvenuto il 17 marzo 1799. .
ASTa, notaio Semeraro Sebastiano, Martina, 1799, scheda 272 , cc.97r-99r
ASTa, notaio Chirulli Bonaventura, Martina, 1799, scheda 309, cc.42r-45r
Michelangelo Tagliente dichiara che il giorno 16 marzo 1799 rimase uccisa la moglie Vit' Antonia Cito, durante gli scontri avvenuti in Martina davanti alla chiesa del convento dei Padri Conventuali tra la popolazione martinese e le truppe reali, giunte in quella terra per spiantare l'albero della libertà. Avendo lo stesso Michelangelo Tagliente accusato dell'omicidio in un primo tempo il padre Francesco Simeone appartenente a quel cOIivento,. ritira ora l'accusa, precisando che l'autore del delitto è da ricercarsi tra i soldati dellle truppe reali.
Don Michele e don Francesco Casavola padre e figlio di Martina, a richiesta del notaio Donato Antonio Chiara, arrestato per la sparizione di alcuni depositi di denaro da lui custoditi, dichiarano che dall'Il al 16 marzo 1799, assistendo il notaio per alcune sue faccende, notarono nell' armadio dove erano con~ervati i protocolli molte borse piene di denaro. Quando la mattina del 17 marzo in Martina si verificò il "sacco", gli attestanti dichiarano di aver temuto per quei depositi: infatti, vennero a sapere dal notaio Chiara che questi aveva "patito il sacco nella sua casa" e che tra i beni mobili aveva perso anche quei depositi.
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Padre e figlio Casavola, verificarono personalmente in seguito che l'abitazione del notaio era stata devastata, il mobile che conteneva i protocolli era stato aperto con
un "strumento contundente" simile ad un' accetta ed era stato scassinato il cassetto di sinistra dove gli attestanti avevano visto i depositi di denaro. {j
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n.54
1800 maggio IO, Taranto
n.55
1799 marzo 22, Taranto
Attestato su di un avvenuto saccheggio nelle campagne martinesi nel marzo 1799.
Editto -di Monsignor Capecelatro sul sostegno da accordare ali 'incaricato del Re.
ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc. 129r-132r
ASDT, Fondo Arcivescovi , Carte Capecela!To, b.1, fasc.6, doc.3.
Raffaele Luccarelli ed altri testimoni dichiarano che, nel mese di marzo dell' anno 1799 e precisamente durante la Settimana Santa, ritornò dalla terra di Martina l'esercito di Boccheciampe che andava ripristinando ' l'ordine sovrano nella provmCla. Al seguito di tale esercito vi era Nicola de Natale, tenente dei Cacciatori, il quale mise in vendita 12 animali provenienti dal saccheggio che egli insieme ai suoi uomini aveva perpetrato nelle campagne martinesi. Tale vendita, alla quale tra gli altri partecipò il Luccarelli, ingenerò tafferugli in città, poichè ritenuta non del tutto. legittima. A tali disordini venne posto fine grazie all'intervento della Guardia Civica.
Monsignor Capecelatro Arcivescovo di Taranto indirizza agli arcipreti e ai capi ecclesiastici della D-iocesi un Editto da esporre in tutte le chiese. Motivo dell 'Editto è il sostegno all'incaricato del Re di Napoli e alla sua azione volta a riportare all'ubbidienza alla corona le popolazioni della Diocesi. L'incaricato del sovrano (di cui Mons. Capecelatro non fa mai il nome), infatti, aveva incontrato serie difficoltà nella sua missione a causa della diceria che lo voleva autoproclamatosi Principe ereditario. L'Arcivescovo, pertanto, è costretto a far ricorso a tutto il proprio ascendente per smentire tali voci e lo fa affermando di aver ricevuto personale conferma della loro infondatezza da parte del diretto interessato. Conclude, infine, esortando i suoi diocesani a ritornare alla fedeltà al loro legittimo Sovrano.
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n.56
1799 marzo 17, Manduria
n.57
1799 novembre 5, Massafra
Deposizione del sindaco repubblicano di Manduria e nomina di un sindaco fedele alla corona.
Dichiarazione sui fatti avvenuti nell 'aprile 1799 in Massafra al tempo della Repubblica.
ASTa, Comune di Manduria, Conclusioni del Decurionato, 1799-1844, b.ll, cC.3r-4r
ASTa, notaio Casulli Angelo Maria, Massafra, 1799, scheda 287, cC.187 -188
Il regio governatore della città di Manduria, Antonio Candido, annuncia al popolo adunato nel chiostro del convento dei Riformati di S.Francesco, che il dottor Giambattista Tarantini a causa delle "presenti insurgenze", è decaduto dalla carica di sindaco e propone di indicare altro nominativo "che fosse d'intiera probità, condotta ed attaccato al Real Trono, senza punto poter cadere ombra di qualunque sospetto, ma esser fedele e vero realista, nè di aver preso soldo o esercitato veruno impiego in nome della Republica". Il popolo, accogliendo l'invito del governatore, acclama "a piena voce" alla carica di sindaco della città di Manduria il cav. Costantino Primi ceri "essendo egli l'unico attaccato al Real Trono".
Il 5 novembre 1799, dinanzi al notaio Angelo Maria Casulli di Massafra si presentano spontaneamente i massafresi Ignazio Scarcia, Marco Zaccometti, Arcangelo Simone, Orazio Domenico Pagliara, Raffaele Pagliara, Giuseppe Scaliggina, Carmine Trani e Ciro Guittore, e così dichiarano sotto giuramento "affinchè sempre risplen4ino coloro, che sono stati attaccati alla Religione, al Trono, e alli adorabili Sovrani, che Iddio sempre feliciti".Nei primi giorni di aprile del 1799 era stato piantato a Massafra l'infame albero della libertà che gli attestanti, perchè di fede monarchi ca, non potevano tollerare; mentre a Taranto quell' albero era stato già bruciato per iniziativa del cavaliere Nicola Ulmo. Proprio da quest'ultimo avevano deciso di recarsi insieme con il loro capo don Vito Nicola Pulignano, molto amico dell'Ulmo, che voleva fare a Massafra quello che era stato già fatto a Taranto. Ricevendoli, l' Ulmo aveva consigliato di "bruggiare subito detto infame albero, ed inalberare i gloriosi Reali Stendardi". Seguendo quel consiglio, alla presenza del Pulignano, l'albero, piantato due giorni e . 85
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mezzo pnma, fu abbattuto e furono innalzati contemporaneamente vessilli reali della casa di Borbone.
n.58
1799 aprile 24, Taranto
Inventario della eredità di Antonio Corvace morto in uno scontro vicino Casamassima nell'aprile del 1799.
1799 lugli021, Massafra
Dichiarazione giurata di un gruppo di cittadini di Massafra contro il deputato locale Stefano Galiotta di professione calzolaio. ASTa, notaio de Sanguine Giovanni Battista, Massafra, 1799, scheda 262, cc.58r-59r
Su sollecitazione del sacerdote Michelangelo Fasano e di Antonio Maria Chiarello, i cittadini del comune di Massafra Pietro Bianco, Vincenzo Ramundo, Francesco Casulli, Giuseppe Decarlo, Michele Scarcia, Pasquale Presta, Rocco Fanizzi, Giosafatta Pavone, Vincenzo Vaccarelli, Giovanni Mignozzi, giurano alla presenza del notaio De Sanguine di riconoscere in Stefano Galiotta uno dei capi della sedizione antiborbonica. Stefano Galiotta, deputato comunale e calzolaio, aveva proferito in pubblico e privato terribili minacce contro i presunti nemici del popolo, in ciò spinto dalla propria indole invidiosa, menzognera e pronta ad infamare anche le persone più oneste.
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n.59
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ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda 324, cc.89r-91r
Rosa Broja e Pietro Corvace, rispettivamente moglie e figlio di Antonio Corvace, chiedono al notaio che sia stilato, per · cautela degli eredi, un pubblico inventario dei beni del loro congiunto, presumibilmente morto. I due raccontano che il capitano Boccheciampe, incaricato dal Sovrano di ristabilire l'ordine nel suo Regno dopo gli episodi rivoltosi, era giorni addietro giunto a Taranto. Don Antonio Corvace si era nella circostanza messo subito a disposizione dell'armata filoborbonica offrendo il suo traino e cavalli per il trasporto di ordigni di guerra. Partito al seguito del Boccheciampe fu coinvolto negli scontri che si ebbero nei pressi di Casamassima contro le popolazioni dei casali limitrofi. Diverse furono le vittime dello scontro tra le quali presumibilmente lo stesso Corvace, come fu riferito da alcuni individui presenti ai fatti.
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n.60
1799 aprile 12, Mottola
Attestato a favore di Francesco Antonio Semeraro di Mottola. ASTa, notaio de Novellis Carlo, Mottola, 1799, scheda 205, cC.9v-lOr
Numerosi abitanti di Mottola attestano la buona condotta e l' alta moralità del loro concittadino Francesco Antonio Semeraro e negano che abbia mai sparlato del Sovrano. Aggiungono inoltre che lo stesso Semeraro al momento si trovava in Massafra per assistere la moglie malata.
n.61
1799 aprile 13, Massafra
Giuramento a conferma della fede borbonica del magnifico Francesco Semeraro da parte di un gruppo di suoi concittadini di Mottola. ASTa, notaio De Sanguine Giovanni Battista, Massafra, 1799, scheda 262, cC.50r - 51r
Davanti al notaio De Sanguine e a Domenico Putignano giudice ai contratti, si effettua una dichiarazione giurata da parte dei seguenti signori tutti concittadini di Mottola: Raffaele Gesualdo, Giuseppe Dimeo, Domenico Rotundo, Vitantonio Gentilesca, Pietro Vetrano, Nunzio Rotundo, Pietro Sportelli, Marco Antonio . Lapenna, Pasquale Semeraro, Pietro
Palmisano, Giuseppe Angelini. I suddetti cittadini della città di Mottola non per forza, o dolo, ma spontaneamente a giusta richiesta loro fatta per la verità, fanno fede giurata che il magnifico Francesco Semenlro, anche lui di Mottola, è stato sempre fedele alla Corona e al Trono, avendo sempre dato manifesti segni di tale attaccamento in vari incontri e occasioni.
n.62
s.d. (ma 1799), Laterza
Richiesta di Giovanni Tommaso Parisi di Laterza per ottenere un incarico di prestigio, in virtù della sua fedeltà al Re. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.236
Il dottor Giovanni Tommaso Pari si "galantuomo" di Laterza, con dispaccio reale del 13 febbraio 1798, emanato dalla Reale Segreteria di Guerra, aveva ricevuto l'incarico di procurare vetture parte da tiro, parte da soma con i rispettivi vetturini, per il trasporto di viveri e foraggi da Laterza, Castellaneta e Ginosa sino a Lecce, allo scopo di rifornire i reali eserciti. In base alle attestazioni degli amministratori delle anzidette università, tale compito era stato svolto dal Parisi con impegno, precisione e senza recare loro alcun disagio. Con analogo zelo aveva assolto i suoi compiti anche quando con un dispaccio dell' ottobre successivo gli era stato ordinato di spedire 87
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gli stessi rifornimenti in Napoli adeguatamente scortati. I meriti del "galantuomo" laertino non finivano qui: egli infatti aveva anche dato prova di grande fedeltà alla "Corona", mettendo in pericolo la sua vita, quando al tempo "dell' infame partito republicano" aveva difeso la sua città dalle minacce dei ribelli paesi limitrofi, in modo particolare "dagli abbominevoli" altamurani, infondendo nel popolo i principi dell' obbedienza e devozione alla Maestà del Re. Facendo leva su quanto esposto, il Parisi supplica il Sovrano affinchè, in virtù della sua provata fedeltà, gli sia affidata l'amministrazione di una "agenzia regia" per uno dei feudi appartenenti al Governo.
n.63
1799 aprile 15, Taranto
Lettera di Monsignor Capecelatro per l'esposizione della Sacra Pisside. ASDT, Fondo Arcivescovi, Carte Capecelatro, b.l, fasc. 6, doc.12.
L'Arcivescovo Capecelatro scrive al padre superiore dei conventuali di Taranto una lettera esponendo l'intenzione di promuovere iniziative per rafforzare nei fedeli la fede e il culto della pietà affinchè la città, bisognosa di particolari cure in questo momento, possa sperare nella pace e nella tranquillità. 88
A questo fine prega il reverendo Padre superiore di esporre nella chiesa la Sacra Pisside già dalla sera stessa, affinchè i fedeli, radunati al tocco della campana delle ventitrè e trenta, possano adorarla mentre recitano le solite preghiere. La lettera continua còn la preghiera di accompagnare questo atto di culto con un breve discorso rivolto ai fedeli incitandoli alla non violenza ed esortandoli all'amore fraterno e all'adempimento, per quanti non l'abbiano già fatto, del Santo Precetto pasquale.
n.64
1799 aprile 20, Martina
Dichiarazione di ubbidienza della popolazione martinese alla Sovrana Maestà ASTa, notaio Santoro Eustacchio, Martina, 1799, scheda 264, cc.65v-66v
Avendo saputo che in Taranto erano giunte le truppe di Ferdinando IV di Borbone, la popolazione della Terra di Martina, il "Capitolo e Clero di Regolari e di ogni parte di ceto", convocati "sul cimiterio" .della Chiesa matrice di S.Martino, decidono di eleggere una "deputazione" che si rechi presso una delle "altezze", incaricate dalla Reale Maestà, per dichiarare l'ubbidienza della popolazione martinese alla volontà sovrana, nonostante le miserevoli condizioni economiche in cui versano i cittadini di quella terra.
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n.65
1799 aprile 25, Taranto
n.66
1801 febbraio 26, Castellaneta
Attestato sulla fedeltà alla causa monarchica di Felice Michalef di Malta.
Attestato sulla democratizzazione di Castellaneta avvenuta nell 'aprile 1799.
ASTa, notaio de Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1799, scheda 319, cc.99v-101r
ASTa, notaio Romano Vincenzo, Castellaneta, 1801, scheda 291, cc.49v-50r
Fedele di Pace, Cataldantonio Mignogna, Vincenzo Giangrande ed altri possessori di barche di Taranto attestano, in quanto esperti, che l'imbarcazione approdata da più di un mese nel porto cittadino con a bordo alcuni maltesi ed ufficiali napoletani e francesi è proprio la corvetta di Padron Felice Michalef di Malta. Il Michalef, aggiungono, svolgendo da diversi anni le sue attività commerciali fra Taranto e Malta, è persona nota in città e stimata per la sua onestà e fedeltà alla causa monarchica. A testimonianza del giudizio espresso, i barcaioli riferiscono che circa due anni addietro il Michalef, ancorato nel porto di Taranto quando in città giunsero i Reali Sovrani, in segno di saluto e ossequio fece partire dalla sua corvetta diversi spari.
I signori Nicola Ziferri, Vincenzo e Paolo Erario, Giuseppe Nicola Scarano e Quintino Tarquinio di Castellaneta attestano che Vincenzo Petrardo di Nardò, armigero del Principe di Acquaviva, in occasione delle turbolenze del 1799 che portarono alla democratizzazione di Acquaviva, poichè perseguitato e minacciato, si rifugiò a Castellaneta con tutta la sua famiglia: la moglie, i figli e le nuore. Nel momento in cui anche Castellaneta aderì alla rivoluzione, i suoi figli Giovanni e Leonardo furono arrestati ed egli fu costretto a rifugiarsi per circa un mese nel limitrofo bosco di Montecamplo e non ritornò in città finchè l'insurrezione non venne sedata dai soldati del Re.
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n.67
1799 ottobre 25, Castellaneta
Testimonianza sulla opposizione di Ignazio Margherita al Governo democratico. ASTa, notaio Casamassima Vito Lorenzo, Castellaneta, 1799, scheda 326, cc.l74v-175v
Angelo Terrusi e Pietro Morea di Castellaneta attestano che Ignazio Margherita di Taranto, da molti anni "casato e domiciliato" in Castellaneta, "capo maestro sartore", era stato sempre "in maniera singolare attaccato al trono del nostro amatissimo Sovrano" tanto che nei tredici giorni che in Castellaneta fu eretto "l'infame Albero dell'efimera libertà", non prese mai le armi, anzi si ritirò in campagna con la sua famiglia da dove ritornò dopo che fu ripristinato il governo monarchico.
n. 68
1799 settembre 17, Castellaneta
Testimonianza sulla persona di Angelo Terrusi e sul suo operato a favore del Re. ASTa, notaio Casamassima Vito Lorenzo, Castellaneta, 1799, scheda 326, cc. 139v-140r
Giuseppe Pincipicchio e Giuseppe Angelo Battaglini di Castellaneta attestano che Angelo Terrusi, della medesima città, nel 1780, dopo essersi fatto volontario nella milizia provinciale e aver fatto arruolare 90
altri, era stato a Brindisi e a Taranto, e che insieme ad altri "miliziotti" si era recato a Napoli. Attestano ancora che in queste ultime rivoluzioni del Regno si era mostrato "attaccatissimo" al trono reale e insieme a molti altri concittadini fedeli "portò in trionfo i ritratti dè Nostri Augusti Sovrani". Al seguito di Sua Altezza Francesco Boccheciampe si "portò all'attacco" di Martina, quindi in Matera "per far argine ad Altamura che, divenuta ribelle, la minacciava" e, per ultimo con il Cardinale Fabrizio Ruffo, vicario del Regno, partecipò all' attacco di Altamura.
n.69
1800 settembre 23, Castellaneta
Testimonianza sulle numerose spese sostenute dal sindaco di Castellaneta in occasione del passaggio delle truppe borboniche dirette ad Altamura. ASTa, notaio Casamassima Vito Lorenzo, Castellaneta, 1800, scheda 326, cc.234v-236r
Quattro deputati eletti dal popolo e numerosi altri cittadini attestano che, durante le passate rivoluzioni del Regno, il sindaco di Castellaneta don Vincenzo Picaro, dal 1798 al 1799 aveva sostenuto, in occasione del passaggio delle truppe del Boccheciampe e del de Cesari, numerose e influenti spese per il vitto dei soldati e per
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la biada dei cavalli, per gli attrezzi militari e i traini. Alle truppe francesi, dirette all' attacco di Martina e poi di Altamura, si erano uniti molti cittadini anche da Taranto e ufficiali, tra cui il marchese di Fragagnano. Questi ultimi avevano requisito cavalli da alcuni privati, i quali erano poi stati risarciti dalla stessa Università di Castellaneta. Il sindaco era stato costretto a provvedere a tutto l'occorrente anche dietro pretese insistenti delle troppe. L'Università di Castellaneta aveva poi dovuto sostenere anche le spese di trasferimento a Taranto di numerosi rei di Stato e testimoni.
n.70
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1799 luglio 29, Mottola
Attestato sul comportamento filoborbonico di alcuni abitanti in Palagiano nella primavera del 1799. ASTa, notaio Sigismondo Pietro Nicola, Mottola, 1799, scheda 226, cc.3Or-31r
Su richiesta di Giuseppe Tommaso Belmonte di Palagiano, alcuni suoi concittadini attestano che, quando passò dalla terra di Palagiano sua Altezza Reale "con molte truppe di gente e masse ben armate", il detto Belmonte, "come attaccato alla corona", volendo seguire il Re con venti uomini suoi compaesani, fece
richiesta di armi agli amministratori locali; questi rifiutarono la sua richiesta affermando che non erano in possesso di armi sufficienti. Detta richiesta e il conseguente rifiuto avvenne nella pubblica piazza di Palagiano alla presenza di molti testimoni.
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1802 novembre 15, Taranto
Attestato relativo ad una sanguinosa rivolta sedata in Altamura nell 'aprile 1799. ASTA, notaio Greco Michele, Taranto, 1802, scheda 325 , cc. 165r-167r
Mastro Pietro Pepe, mastro Gaetano Altamura e -mastro Cataldo Nardelli di Taranto, per ordine del giudice della Corte Municipale di Taranto, attestano che nell' aprile del 1799, Francesco Amore, marito di Lucrezia Perrino di Bitonto, residente a Taranto da molti anni, si trovava insieme a loro nella truppa al seguito del De Cesare.l primi di maggio partiti tutti verso Altamura per sottomettere questa città alla maestà siciliana, si ebbe una sanguinosa bàttaglia nella quale persero la vita molti individui. Francesco Amore fu visto "morto a terra e ferito nel petto e nella gola la palla tirata con schioppo". Per ordine del De Cesare, tutti i cadaveri furono raccolti e sotterrati nelle fosse fuori le mura della città di Altamura. 91
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n. 72
1802 ottobre 22, Taranto
Lettera al giudice della Corte Municipale di Taranto sulla morte di Giovanni Spinosa avvenuta nel maggio 1799. ASTa, notaio Greco Michele, Taranto, 1802, scheda 325 , cc.l48r-148v
Giacomo Pezzolla di Fasano supplica Michele Gennarini, giudice nobile della Corte Municipale di Taranto, di autorizzare la testimonianza di alcuni tarantini in merito alla morte di Giovanni Spinosa, suo concittadino. Questi si era arruolato nelle "truppe in massa" che, al seguito di Don Giovanni Battista de Cesare, nel mese di maggio 1799 erano giunte in Taranto per ripartire subito dopo alla volta della città di Altamura. Qui si incontrarono con le truppe del Cardinale . Ruffo giunte per "sottomettere quella città all'ubbidienza di Sua Maestà siciliana". Nella sanguinosa battaglia che ne derivò, "fra il conflitto delle archibugiate e sparo di artiglierie", persero la vita molti uomini tra cui anche il su nominato Giovanni Spinosa.
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1799 maggio 13, Taranto
Attestato sulla custodia e prigionia dei generali francesi Dumas e Manscurt. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto 1799, scheda 255, cc. 204r- 206v
Il regio governatore don Mario de Raho, il sindaco e gli eletti della città di Taranto, dichiarano di aver ricevuto una lettera datata 8 maggio 1799 da parte del generale don Giovanni Battista de Cesare contenente l'ordine di tenere in custodia i due generali ' francesi Dumas e Manscurt catturati in seguito ad un naufragio. Ritenendo il Regio Castello il luogo più sicuro per la custodia, gli stessi riferiscono di aver chiesto al comandante militare don Giovanni Battista Teroni e al capo truppa della guarnigione civica del castello, Francesco Mignogna di detenere i suddetti generali francesi in attesa di essere eventualmete consegnati al Cardinale Fabrizio Ruffo. Prima di essere accolti nel Castello i loro bagagli vengono perquisiti per verificare l'eventuale presenza di armi.
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1799 maggio 15, Taranto
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1799 maggio 16, Taranto
Giuramento di fedeltà a Ferdinando IV da parte di prigionieri francesi e genovesi.
Perquisizione di prigionieri francesi e genovesi.
ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1799, scheda 255, cC.206v-209r
ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1799, scheda 255, cc. 209v-214r
Il notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, su richiesta del Regio Governatore di Taranto don Mario de Raho, del sindaco Giulio Foresio e degli altri rappresentanti il Governo cittadino, si reca con gli stessi presso il venerabile Seminario Arcivescovile dove erano custoditi alcuni prigionieri genovesi, francesi ed altri. Qui giunti, in ottemperanza degli ordini ricevuti dal Generale della V e VI Divisione delle Truppe Cristiane del Regno, don Giovanni Battista de Cesare, il Governatore de . Raho cpiede ai prigionieri di giurare pubblicamente dinanzi al notaio che da parte loro non saranno prese le armi contro Sua Maestà per almeno due anni. Pertanto innanzi al notaio de Vincentiis e al notaio Catapano sfilano i 25 prigionieri dell' equipaggio genovese, i prigionieri dell' equipaggio naufragato nei pressi della spiaggia di Monacizzo e infme i prigionieri francesi; tutti prestano il giuramento richiesto prima della loro partenza dal porto di Taranto. Tre dei prigionieri francesi vengono trattenuti e condotti nelle fortezze del Regio Castello, i generali Dumas e Mascur insieme alloro servitore Pietro Gues.
Il regio governatore politico Mario de Raho, il rappresentante del popolo don Nicola Ulmo, il sindaco Giulio Foresio e Camillo Boffoluti eletto al Governo civico, insieme a Giovanni Giuseppe Scialpi moderatore e Francesco Mignogna capogruppo della truppa civica, si recano al . Seminario Arcivescovile di Taranto per incontrare i prigionieri genovesi e francesi, detenuti per ordine di S.ua Maestà, in procinto di partire da Taranto per Messina. In ottemperanza alle lettere, l'una dell' 8 maggio inviata allo stesso de Raho dal generale della V e VI divisione delle truppe cristiane del Regno, e l'altra del 14 maggio inviata dal Preside provinciale ai deputati del popolo, i prigionieri devono depositare tutte le "armature e gioie e altre robbe di valore" e il denaro in loro possesso, ad eccezione di una piccola somma occorrente per il viaggio. Gli oggetti depositati vengono elencati e di essi redatto un inventario. Si procede cosÌ alla perquisizione, e per ogni prigioniero viene annotato il contenuto del suo bagaglio. I genovesi non posseggono altro che oggetti di uso personale e piccole somme di 95
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denaro, mentre i francesi sono costretti a lasciare oggetti vari, come orologi d'oro e d'argento "di carriera", posate d'argento, scatole "per uso di tabacco"~ tazze e vasi, gioielli e ingenti somme di denaro in scudi di Francia, zecchini veneziani, Luigi d'oro e monete turche. Tra i detenuti è presente anche un "negoziante francese di Egitto" che lascia tutta la sua merce consistente in stoffe di lino, cotone e seta, fazzoletti, tovaglie e lenzuola. La perquisizione dei generali Dumas e Mascur e dei rispettivi attendenti non viene effettuata in quanto i loro bagagli si trovavano depositati e già controllati nel regio Castello, come si evince da un altro istrumento il giorno prima redatto dallo stesso notaio de Vincenti.is. Tutto ciò che viene requisito ai prigionieri viene poi posto in una cassa chiusa, legata con funi e sigillata, con cera di Spagna rossa, con una corniola, rappresentante una dama con una palma in mano, appartenente al governatore militare del Regio Castello, Giovanni Battista Teroni, presente fin dall 'inizio a tutta l'operazione. Tale cassa viene mandata a casa del regio cassiere Giuseppe de Sinno. I prigionieri con tutti i loro effetti personali, scortati da guardie, vengono poi consegnati a don Giacomo de Stefano comandante dei due galeoni che li condurranno a Messina.
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1799 maggio 24, Martina
Attestato sull'accusa di giacobinismo rivolta ai martinesi. ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio Martina 1799, scheda 303, cc.34v-36r ' ,
Vitarcangelo Baretta, Giovanni Lacarbonara ed altri attestanti di Martina, dichiarano che essendo!ii recati in Taranto per condurre carboni e prelevare del sale, fu vietato loro l'accesso alla città così che furono costretti a rimanere circa ad un miglio di distanza dalla stessa. Il motivo di tale rifiuto consisteva nell'imputazione di essere giacobini. Nell'aprile dello stesso anno poi, continuano ad esporre Baretta e Lacarbonara, alcuni loro amici che si erano recati a Taranto nel fondaco del sale , trovarono la medesima ostilità da parte dei tarantini che oltre ad impedir loro di fare rifornimento di sale, accusarono tutti i martinesi di essere giacobini e repubblicani.
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n.77
1799 maggio 30, Taranto
Lettera di Monsignor Capecelatro sulla chiusura del Seminario. ASDT, Fondo Arcivescovi, Carte Capecelatro, b.l, fasc.6 doc. l O.
Monsignor Capecelatro invia una lettera a tutto il Clero della città e della Diocesi per
ricordare come la Chiesa abbia sempre promosso l'istituzione dei Seminari ecclesiastici, ritenendo che dalla educazione dei giovani chierici dipenda la riuscita dei Ministri della Religione. Nella Diocesi di Taranto, il Seminario ecclesiastico, dopo tanto impegno profuso, finalmente cominciava a dare i primi frutti, ma per gli eventi che avevano sconvolto l'ordine pubblico nel Regno, erano giunte al 97
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Seminario, da tutta la Diocesi, richieste per autorizzazione della Chiesa. richiamare nelle case paterne i propri figli. Infine Mons. Capecelatro esorta tutti ad evitare che i tumulti politici influiscano In quei dolorosi frangenti si era inoltre sull' osservanza della disciplina confidando subita l'occupazione del Seminario da parte nella vigilanza dei sacerdoti sui chierici che di laici inviati dal Governo. La lunga vivono isolati nelle proprie case, nella presenza di quegli stranieri aveva arrecato speranza che la chiusura temporanea del notevoli danni sia alle strutture che agli Seminario non incida sul decoro e l'onore arredi. del Clero. ' Al momento il Seminario non era nelle condizioni di ricevere gli 77. alunni, né comunque lo sarebbe stato a breve. Per ovviare a questa situazione, Mons. Capecelatro dispone che tutti i diaconi e suddiaconi della città e i chierici più VICInI all' ordinazione <!Il/ne.dre omq/fJlillo {7bt, ("Ctfti~ Clfà,.·, c. fà~!y/' r,w/r.t· ~/.i/Q.k le: seguano le lezioni di f"lcc. nc/"&noro~ Morale e Teologia . impartite giornalmente dal ):<;':~"(I'.(,.."''PO r.t'''~. ;/,../di; t;;r~,"" . /'~;rt_/~" , .. /; ~ //. ~r/ fU';;. fu·./Uyo ,'I. 't-/ rettore nel suo . ~;u~· tx,ya CrI'/,<,tl/I\1"'~:J~" "'""Ir..L? - .U. ~d' ..,r~~;/'IIlI~~D j.~ C!.ktal4.#J appartamento abituale e :/ {;cy::l/rC,. ..... (- ~: ... ny" '" c~'ut,. cl!", ?06t7" I ,~ .'..l'.,,,~) C ~,,/~ . •r!! che ogm giovedì '. at.yCr.e ..'" 'J'o. '#An' ANna ')'i'-?'ù iII, l nUl/"Urli' Fr·'t1,~ .l's ' ", pomeriggio si tenga una otctl'.v ~ '<vf{,"'N.I'''' Icf/",' .G!&uonc,., ~ 7~.;;d · ~ ..Ì'k ;;<,./da·fy.V'''' lezione obbligatoria di l;:'c:.,[ dI ;;Q/.l-~" :'''~~ é)N~ì "j""".y.-..,., !.:",y.~:_.r~r :-"'.I4".~· Eloquenza nel Seminario, . } ,..1 4,.,r~' c,,~ 4',,,,/,,,//..} ••/t" ""eh ~.,., .I t;J pena l'esclusione all ' ordinazione stessa. Qff~?,; ~'lf);'7''' t'.t;../'"m,..,. •A-c/;/./ .,P'''u"c ), /t.',/~yc 'Y)"~," .... ,,~/ ~"UA";/'" .rl'f/7~;"~ qy.A1'4 / ,,' ,i.. I··..,..{~"" l''''''''' cr. ""!: Dispone inoltre che tutti i (I 41 n(f#l~u#' L.] m."c.....:pc. 1 ,j" j."u ~/~j{t dc .4,." .''l''';;'/trmM''' chierici non in condizione 'l~~' 4/ ~ICIlJm.t",r~ ,.~,.,,' ~"'.IU.' ,,_;(' ,__rrl'AJ:rc.., /oc,,,,,' di seguire tali insegnamenti debbano t.,.,... .le \7,..;,,;;c.;~ ,,,,: ~,,4 , ~~n)&.. b~'fJ". u ,(:yd p,. ';M-,,~, avvalersi dei maestri che • rt ?~~l O'~ Jd'~' [i.,);" ..",,;7.. t!A V u~yd"'I'1-:~ ,9,," lllsegnano in casa, dietro .~?,"lc.. An»... , ; ~~, c~t'It .,./..J L/,AI~-.d) L', '.:h#''''.'~ L~.A _,:J!",A:J': 1
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n.78
1799 giugno 26, Taranto
n. 79
Il
1799 giugno 24, Taranto
Quietanza di pagamento per il trasporto di ordigni da guerra.
Dichiarazione su varie disavventure occorse a Raffaele e Giuseppe la Nave.
ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1799, scheda324,cc.171r-l72v
ASTa, notaio De Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1799, scheda 319, cC.136r-138r
Francesco Malagnino, Giovanni Calviello, Aniello Castellano, Antonio di Cuja e Francesco Sportiello, vetturini di Taranto, dichiarano di aver ricevuto dal tenente colonnello dei Reali Eserciti di Sua Maestà, don Scipione Lamarra, l' ordin~ di mettere a disposizione i loro traini e cavalli per trasportare attrezzi da guerra da Taranto alla capitale del Regno. Partiti il giorno l giugno ed eseguiti gli ordini, i vetturini fecero regolare ritorno nella loro città. Per quanto riguarda il pagamento del viaggio compiuto, gli stessi dichiarano di non aver percepito la somma di ducati 63, pari alle sei giornate del viaggio di ritorno da Napoli a Taranto e di averne chiesto soddisfazione ai rappresentanti del Governo cittadino. Da questi, pertanto, alla presenza del notaio de Quarto, i vetturini ricevono la somma richiesta impegnandosi comunque a restituirla alla cassa municipale nel caso in cui la stessa dovesse in seguito pervenire loro da parte dell' Amministrazione dei Reali Eserciti.
Nicola Cataldo Russo, Domenico la Gioia e numerosi altri cittadini di Taranto attestano che Raffaele e Giuseppe la N ave, padre e figlio, padroni di un peschereccio avevano compiuto diversi viaggi da Crotone a Taranto e da Taranto a Russano per ordine di Sua Eminenza il Cardinale Ruffo sia trasportando vari plichi diretti a Sua Altezza Boccheciampe, sia trasportando soldati.Non avevano ottenuto in cambio alcun pagamento ma patito diversi danni per aver abbandonato il loro mestiere di pescatori. Giuseppe la Nave, inoltre, aveva subito diverse disavventure: inviato a Brindisi era stato infatti catturato da alcuni giacobini, poi direttosi in Massafra per portare un plico a Boccheciampe era stato assalito da naturali del posto (nonostante lo scontro fosse stato cruento egli era riuscito comunque a consegnare i documenti a Sua Altezza Boccheciampe).
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n.80
1799 giugno 27, Taranto
n.81
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1799 giugno 30, Taranto
Editto di Monsignor Capecelatro sulla indizione di un Triduo e di una processione in onore del Santo Patrono.
Lettera pastorale di Monsignor Capecelatro nella circostanza del riacquistato Regno.
ASDT , Fondo Arcivescovi, Carte Capecelatro, b. l, fasc.6, doc.6.
ASDT, Registro degli Editti, 1799, fol.64r.
Allo scopo di rendere grazie a Dio per l'aiuto prestato alle armi lealiste nelle ultime vicende insurrezionali, il 27 giugno 1799 l'Arcivescovo di Taranto pubblica un Editto col quale indice 'un triduo che dovrà cominciare dalla successiva domenica. Inoltre, poiché nelle precedenti settimane rivelatesi piuttosto burrascose per il resto del Regno, Taranto, a detta di Mons. Capecelatro, ha goduto di "quiete" e di "pace" e di questo va dato merito all'intercessione del Santo Patrono, l'Arcivescovo decide in suo onore una processione che partirà dalla Cattedrale alle 13 della stessa domenica 30 giugno. La processione dovrà essere illuminata da torce e candele e ad essa sono convocati sia il clero secolare che quello regolare, oltre a tutte le confraternite laicali della città. L'editto, infine, oltre ad essere affisso in cattedrale, dovrà essere notificato personalmente sia a tutti i superiori della comunità, sia ai priori delle confraternite.
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L'Arcivescovo Capecelatro si rivolge a tutti i tarantini per esprimere i motivi che lo rendono fiero dei suoi fedeli: la giustizia e la gratitudine sono le basi del suo discorso epistolare. L'Arcivescovo non vuole ricordare le dolorose vicende che per molto tempo hanno oppresso i popoli del Regno perché questo ricordo contrasterebbe con la , gioia e l'allegria del momento e ne rinnoverebbe la memoria. Egli, piuttosto, mette in risalto che i tarantini nutrirono sempre sentimenti di fedeltà verso il Sovrano, - malgrado la sottomissione al nuovo Governo e che Taranto fu costretta a seguire l '-esempio funesto delle altre Province e a sottostare alla "legge della Capitale". Solo quando, continua l'Arcivescovo, si ebbe la certezza dello scampato pericolo in seguito all'allontanamento del nemico e si sostituirono le insegne repubblicane con la reale bandiera, soltanto allora, il popolo esultò e SI abbandonò a festose manifestazioni di gioia.
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Ben presto questa gioia fu offuscata dalla notizia di un improvviso tumulto nei paesi vicini dove ritornarono le insegne repubblicane, ma i tarantini, costanti nella loro fedeltĂ al Sovrano e consapevoli di non poter co~tare sulle loro forze, si rivolsero al Santo , .;. Protettore Cataldo. E il prodigio avvenne: le truppe nemiche che giĂ avevano occupato la Capitale, si diressero "I altrove . A questo punto Capecelatro fa un elogio a tutta la popolazione per aver dimostrato l'incondizionato "attaccamento al Re, al suo Padre, al suo Signore", per aver mantenuto l'ordine l' pubblico, e continua il suo discorso epistolare ' esprimendo sentimenti di gratitudine per aver protetto la cittĂ con molto zelo e con molto sudore tanto da suscitare l' invidia di tutte le cittĂ del Regno. Termina il discorso con un importante e saggio avvertimento di
S. Giovanni che esorta ad abbandonare le vendette private, a perdonare le offese e ad amarsi l'un l'altro e invia la sua benedizione pastorale. 81.
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n. 82
1800 gennaio 2, Maruggio
Dichiarazione rilasciata da alcuni cittadini di Maruggio circa l 'irreprens ib ile condotta e fedeltà al sovrano del diacono D.Lucio Grande. ASTa, notaio Bono Giuseppe, Maruggio, 1800, scheda 311, cC.1v-.2r
Il Reverendo sacerdote secolare Antonio Lanarva ed altri venti cittadini di Maruggio dichiarano sotto giuramento che il loro concittadino Lucio Grande, giovane diacono "di buonissimi costumi", e rispettoso nei confronti dei suoi superiori, assiste alle sacre funzioni ed è assiduo nella frequenza dei sacramenti della penitenza e dell 'Eucarestia. Gli stessi dichiaranti precisano, inoltre, che il suddetto diacono non "mai ha dato scandalo alcuno alla popolazione, nelle passate turbolenze dello Stato", e si è mostrato fedele alla Sacra Corona del Sovrano.
recano fuori la porta della città e propriamente nel casino di campagna di Saverio Carducci dove è alloggiato lo scultore napoletano Giuseppe Pagano. Questi era stato incaricato di scolpire cinque statue in pietra d'Ostuni in ricordo della visita compiuta dal sovrano e dalla sua famiglia nella 'Città di Taranto: una doveva rappresentare il re Ferdinando IV e le altre le quattro virtù (Giustizia, Fortezza, Prudenza e Carità). Il Parlamento cittadino, ideatore dell'iniziativa, aveva nominato vari deputati per dirigere e controllare la costruzione delle statue da collocare nella Pubblica Piazza. Lo scultore con questo atto pubblico attesta di aver ricevuto l'incarico dal Ciura, che per "dimostrare al Sovrano il suo particolare attaccamento", gli aveva anche anticipato la somma di sessantatré ducati e gli aveva procurato un alloggio.
n. 84 n.83
1800 marzo 6, Taranto
Appalto per la costruzione di alcune statue in onore del Re Ferdinando IV ASTa, notaio de Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1800, scheda 319, cC.71r-72v
Su istanza dell ' illustre Tommaso Ciura, patrizio tarantino, il notaio e i testimoni si 102
1800 aprile 5, Manduria
Proposta di riconferma al/a carica di Sindaco per Costantino Primiceri suddito fedele al Re. ASTa, notaio de Giorgio Carlo, Manduria, 1800, scheda 298, c.65r
Un gruppo di "zelanti" cittadini di Manduria, avendo saputo che il giorno sei aprile si sarebbe proceduto alla elezione dei
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nuovi amministratori di quella università, presentano al notaio, affinchè questi lo consegni al Parlamento cittadino, un documento da essi redatto e sottoscritto nel quale propongono la conferma degli attuali governanti. Secondo gli ordini superiori, i nuovi amministratori dovevano essere persone "probbe, benestanti e di sperimentata attività, zelo ed attaccamento alla Maestà Sua Dio Guardi". Ma, sottolineano i proponenti, non essendo stato possibile stabilire quali individui in quella città fossero dotati delle qualità richieste nel Reale Dispaccio, qualsiasi scelta non ponderata, avrebbe rischiato di trasgredire le disposizioni e perturbare la popolazione. In base a tali considerazioni allora ' i . cittadini avanzano la proposta sopra descritta, sostenendo in particolare la figura del Sindaco in carica, cavalier Costantino Primiceri dichiarato "realista, acclamato dal popolo", confermato da "Sua Altezza", dal Sacro Regio Consiglio e dalla Regia Camera della Sommaria. Egli nelle precedenti "rivolture" e durante il suo governo aveva sempre mostrato fedeltà al sovrano, interesse verso le esigenze della collettività e si era adoperato alacremente per conservare la città "nell'antico governo monarchi co", guidando le operazioni con le quali Manduria aveva concorso col "suo contingente per sovvenire allo Stato ed al riacquisto del Regno".
n.85
1801 maggio 25, Taranto
Attestato sui fatti accaduti in S. Giorgio la notte del 19 aprile 1800 contro presunti giacobini. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1801 , scheda 324, cc.181r-183r
Il dottor Cataldo Motolese e Giuseppe Pesce giungono verso le ore 24 con il loro calessino nella piazza di S.Giorgio. Il loro cammino viene impedito da un folto numero di persone che alle reiterate richieste del passaggio, a stento lo permettono "con parole insultanti contro dei predetti"; " ... usando della somma prudenza ... " i due continuano per la loro strada ma, poichè la giumenta si è "adombrata" il dottor Cataldo è costretto a scendere e, questa volta, a reagire. Ne nasce una feroce colluttazione al grido rivolto al Motolese e al Pesce "dateli a quest'anime burrarate coi coltelli, pistole, quel che tenete, a questi giacobini futtuti, uccidete li" . La lotta a questo punto diventa rabbiosa: fuggi fuggi generale, coltellate e pietre che volano da tutte le parti. Alla fine, colpito per tremenda fatalità proprio dai suoi stessi compagni, rimane ferito Emanuele Motolese, mentre il dottor Cataldo colpito alla testa cade a terra morto.
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n.86
1800 maggio lO, Taranto
Dichiarazione sul comportamento immorale di un tenente del Corpo dei Cacciatori.
Giuseppe Cataldo Palumbo di Taranto, insieme a don Falcone di Gioia e don Pappacena di Napoli, tutti amici di Angelo Brundesini, attestano che il suo figliastro Giuseppe de Luca non aveva mai preso parte alla infame Repubblica del 1799.
ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cC.l31r-l31v
Lorenzo Pirolo, capitano della squadra di campagna della Sacra Regia Udienza di Lecce, invia al governatore di Taranto Mario de Raho una lettera in cui delinea la figura di Nicpla Natale tenente del Corpo dei Cacciatori della Regia Udienza. Questi che, al seguito di Boccheciampe nella difesa dello Stato, si era macchiato di enormi delitti tra cui furti di animali, estorsioni e frodi, in occasione dell' attacco contro i nemici in provincia di Bari, era fuggito con tutti i suoi cacciatori armati. Condannato dal Tribunale di Lecce alla fucilazione, riuscì ad evitare la pena nascondendosi.
n.87
1800 maggio 21, Taranto
Attestato sull'estraneità di Giuseppe de Luca agli avvenimenti del 1799. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 255, cc. 142r - 143r
I signori Cataldo Greco, Nicola e Michele Fanuzzi, Ignazio Amadeo e 104
n.88
1800 giugno 23, Taranto
Dichiarazione sulla condotta di Cataldo Porcanio, soldato di Sua Maestà. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 255, cc. 290v- 293v
I signori Vincenzo Ferretti, Francesco Lentini, Giuseppe Michele Resta, Giuseppe Saracino, Giacinto del Giudice, Cataldo di Punzio, Michele Sellitto e Cataldo Zippa, tutti di Taranto, attestano che Cataldo Porcanio, figlio di Fedele, loro paesano conoscente e amico da più tempo, per sette anni aveva servito, come soldato, Sua Maestà, militando nei Reali Reggimenti nella città di Napoli. Aggiungono, inoltre, che nel passato anno 1799, in occasione delle Rivoluzioni del Regno, dopo essere ritornato in Patria, si era posto al servizio del Re nelle regie fortezze di Taranto, dopo che questa stessa città si era "realizzata".
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n.89
1800 agosto 11, Taranto
Attestato sull 'imminente arrivo dei francesi. ASTa, notaio Greco Michele, Taranto, 1799-1800, scheda 325, cC.6r-7v
Il magnifico Angelo Blasi di Taranto attesta che la sera dell' 8 luglio 1800, durante la notte, si accorse che in un gruppo di persone, non riconoscibili per l'oscurità, vicino alla Chiesa di S. Giuseppe, si parlava dell'imminente arrivo dei francesi che avrebbero assalito la Cittadella "per demogratizzarsi questa città".
n.90
1800 agosto Il, Taranto
Attestato sul comportamento regalista di Gaspare Panarel/i. ASTa, notaio Greco Michele, Taranto, 1799-1800, scheda 325, cc.3v- 6r •
Liborio Pometti mastro scarparo di Taranto e Gaetano Miali, mastro cappellaro di Martina,.residente in Taranto dichiarano che il Magnifico Gaspare Panarelli durante la rivoluzione dell' anno precedente mostrò apertamente di appoggiare la corona borbonica. Egli infatti fu visto affianco ad altri "realisti" spiantare l'albero della libertà e riacquistare con le armi la fortezza della Cittadella. .
Incaricato dai capitani Boccheciampe e Giovanni Battista De Cesare di reggere la fortezza e frenare i malcontenti del popolo, Panarelli per i suoi meriti in seguito, divenne "foriere" della Provincia di Lecce e "alfiere"della Cittadella. Successivamente quando si cominciò a vociferare di un assalto a quella fortezza da parte dei francesi, il Panarelli si preparò all'attacco potenziando gli artiglieri. Avendo verificato la falsità di tale notizia, allorchè settimane dopo giunse voce che i francesi erano fuggiti dall'Italia, l'alfiere in atto di decisione, prese delle coma, le legò ad una mazza e le mostrò dall'alto della cittadella. A causa di questo gesto, riferito al comandante del Castello, il Panarelli fu incarcerato.
n.91
1800 agosto lO, Taranto
Attestato su alcuni provvedimenti presi per difendere la città. ASTa, notaio de Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1800, scheda 319, cC.207r-208v
Cosimo di Punzio ed altri artiglieri delle reali fortezze di Taranto attestano che verso la fine del mese di luglio di quell'anno hanno assistito ad un incontro tra Giovanni Battista Terone, comandante delle regie fortezze della città, e Gaspare Panarelli, alfiere della Cittadella. Quest'ultimo, 105
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preoccupato poichè in città "correvano cattive notizie", aveva chiesto al suo comandante, per difendere meglio la città dalla parte di ponente, di chiudere la porta - della Cittadella un'ora dopo la mezzanotte, di far rientrare a quella stessa ora tutti i soldati pe~a "un dovuto castigo" e di aumentare gli artiglieri di guardia alla detta fortezza.
n.92
1800 ottobre 27, Taranto
Cittadini francesi detenuti nel! 'Ospedale e nel Lazzaretto di Taranto ASTa, notaio de Giuseppe Lorenzo Paolo, Taranto, 1800, scheda 319, cc.256r-258r
Giuseppe Scialpi, Raffaele Castellano, Luigi Lanzalonga, Emanuele Decristano e Vincenzo Castellano di Taranto; addetti alla custodia di alcuni detenuti francesi, rendono dinanzi al notaio de Giuseppe una testimonianza a favore di Francesco Fasciano. Attestano nella circostanza che la sera del passato 21 luglio il suddetto Francesco Fasciano era in servizio di guardia di alcuni francesi detenuti nel lazzaretto sito fuori Porta Napoli, mentre Vincenzo Castellano svolgeva lo stesso compito presso l'Ospedale cittadino dove erano detenuti altri francesi ammalati. 106
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1800 ottobre l,Taranto
Editto del Vicario generale Antonio Tanza sull 'esortazione all 'arruolamento dei sudditi. ASDT, Registro degli Editti, 1800, faI. 84r .
Il Vicario generale Antonio Tanza, con questo editto, intende rispondere alla sollecitazione del Preside provinciale, dietro invito del re, di comunicare alla Diocesi il bisogno urgente dell' esercito reale di completare l' arruolamento nei reggimenti e quindi di incoraggiare i giovani a prendere le armi. Il sacerdote comincia col ricordare alla popolazione quali sono i doveri verso il Re, verso la religione e verso la patria e continua rimarcando che la religione cristiana considera quelli verso lo Stato come doveri verso Dio, perché i Principi regnano in nome di Dio e quindi bisogna ubbidire loro per coscienza e non solo per timore della loro collera. Tanza prosegue la sua lettera ricordando che i doveri del suddito sono doveri cristiani, come la Chiesa ha inteso sin dai primi secoli, quando i cristiani, sebbene perseguitati da chi sedeva sul trono di Roma, furono sempre tra i primi ad arruolarsi nelle legioni romane, lasciando vivo il ricordo del valore di tanti martiri per la difesa della religione e per la difesa dell'Impero. Lo Stato e la Chiesa hanno
Si pianta l'albero della libertà
quindi il diritto di esigere dai loro figli l'adempimento di questi doveri, il cui rifiuto sarebbe indegno di buoni cristiani. Il Vicario generale conclude comunicando che per coloro i quali saranno pronti a seguire il Sovrano, saranno
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assicurati premi, soldi, pensioni, onori e gradi militari. Dispone, infine, la pubblicazione dell ' editto nella Cattedrale e in tutte le chiese della Diocesi.
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n.94
1800 dicembre 20, Taranto
Attestato sulla figura e sulla posizione politica di Pietro e Omobuono Nitti. ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc. 436r-437r
Tommaso Portulano ed altri attestano che Pietro Nitti, tenente dell' esercito di Sua Maestà, durante la passata repubblica abbandonò il suo accampamento e si nascose in Taranto fino al ritorno dei Borboni. Dichiarano inoltre che suo padre Omobuono N itti, anch' egli fedele alla corona, per portare sollievo . alla popolazione, fece vendere il suo grano ad un prezzo più basso di quello corrente e venne per questo motivo eletto dai tarantini al Governo della città. I suddetti testimoni dichiarano infine che Pietro si arruolò poi nell' esercito del cardinale Fabrizio Ruffo, Vicario Generale del Regno, quando questi arrivò a Matera.
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n.95
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1800 dicembre 30, Taranto
Dichiarazione rilasciata · Circa gli avvenimenti accaduti a Taranto il giorno 23 dicembre 1800. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 225, cc.714-717
Il nobile Mario de Raho dei Baroni di Castineto, patrizio della città di Lecce, ufficiale dell' esercito regio e governatore regio della città di Taranto attesta che il giorno 23 dicembre, avendo avuto notizia che i detenuti del Castello si erano impossessati delle artiglierie e delle armi e facevano fuoco contro la città, sprezzante del pericolo, in nome del sovrano, organizzò la resistenza della popolazione contro i forzati che durò giorno e notte. Questa resistenza fece sì che gli stessi non uscissero dal Castello ed invadessero la città. A conferma di quanto dichiarato dal governatore Mario de Raho è allegato un attestato del Sindaco e di tutti i cittadini in cui si lodano l'ottima condotta e zelo del governatore.
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n.96
1802 aprile 7, Taranto
n.97
1801 marzo 25, Taranto
Testimonianza a favore dell 'alfiere del Castello di Taranto in merito agli avvenimenti del 23 dicembre 1800.
Editto del Vicario generale Antonio. Tanza di ringraziamento a tutto . il Clero per l 'affetto dimostrato ali 'Arcivescovo.
ASTa, notaio Greco Michele, Taranto, 1802, scheda 325, cc.65v-68r
ASDT, Registro degli Editti, 1801 ,foI.86r.
Carlo Ricciardi, Bartolomeo Raho sergenti invalidi e Giuseppe Todaro armiere del Real Castello, autorizzati dal tenente collonnello Don Ignazio Flekenstein, governatore e comandante delle Reali Fortezze di Taranto, rendono davanti al notaio una testimonianza a favore dell' Alfiere del Castello Cosimo Santini relativamente alla ribellione dei servi di pena avvenuta il 23 dicembre del 1800. All'epoca il Santini, comandante la guarnigione, si trovava nella stanza del Corpo di Guardia e, quando si verificò la rivolta, tentò di sedare gli an}mi e di resistere agli assalti dei rivoltosi senza successo: difatti questi ultimi lo assalirono, lo disarmarono e lo trascinarono in varie zone del Castello. Infine usarono anche violenze e maltrattamenti verso la moglie.
L'abate Antonio Tanza invia un Editto al Capitolo e Clero della città e agli arcipreti e Capitoli . della Diocesi, perché venga pubblicato nella Cattedrale e nelle chiese della Diocesi. L'Abate comunica che le notizie del grande giubilo del Capitolo e. Clero della città, di tutte le Chiese della Arcidiocesi e delle manifestazioni pubbliche di filiale tenerezza . per il r.i stabilimento dell ' Arcivescovo, dopo tutte le traversie passate, sono pervenute allo stesso Monsignore, che ha dato incarico di informare i sudditi figli del suo sincero compiacimento per tanta amorevole carità, del suo apprezzamento per la sensibilità e la tenerezza dimostrata durante le disgrazie passate e della personale riconoscenza che cercherà di dimostrare in ogni occasione . possibile.
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L'abate aggiunge che la data precisa del ritorno dell'Arcivescovo sarĂ comunicata con altra circolare, e rinnova l'invito a continuare a pregare Iddio per gli
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amatissimi Sovrani e Principi ereditari, per la tranquillitĂ pubblica del Regno e della Chiesa e per la salute dell' Arcivescovo_
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J 'l3orfuni reagiscono
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Opo aver riconquistato le Province meridionali, il cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria con le sue bande di sanfedisti e di briganti attaccò Napoli dove, nel
frattempo, i lazzaroni avevano organizzato una rivolta contro i giacobini. Il meglio della borghesia intellettuale e della nobiltà illuminata di Napoli oppose una valorosa resistenza, ma alla fine fu costretta ad accettare la resa offerta dal cardinale e stipulata il 23 giugno 1799. In dispregio degli accordi stabiliti dal Ruffo, l'ammiraglio inglese Nelson, sostenuto da Maria Carolina, iniziò nei confronti dei giacobini del Regno una spietata repressione.
In Napoli fu istituita una Giunta di Stato che in poco più di un anno giudicò circa trentamila indi\ti.dui arrestati e incarcerati nelle varie prigioni del Regno. I processi si svolsero •
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disprezzo
della
giustizia " ... non solo tutt'i mezzi della difesa erano tolti, ma erano spenti tutt'i sensi di umanità". Erano accusati di lesa maestà, e quindi meritevoli di morte, tutti coloro che avevano ricoperto cariche istituzionali durante la Repubblica, coloro che avevano
combattuto
L'Ultima lettera di un condannato a morte (Gregorio Mattei)
l'esercito di Ruffo, coloro
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che avevano assistito all'innalzamento dell'albero nella piazza dello Spirito Santo e tutti quelli che avevano offeso con parole o con scritti la persona del Re e la sua famiglia. Morirono così in appena quattordici mesi, da giugno 1799 a settembre 1800, novantanove
Ferdinando restitutore della Religione
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patrioti e tra essi Ignazio Ciaia di Fasano, Ignazio Falconieri, Oronzo Massa e Pietro Paladil!i, tutti di Lecce. Quelli che riuscirono a sfuggire alla morte, poichè "per leggereZza o follia ... non avean fatto altro che parlare .. .", furono condannati all'esilio e alla deportazione.
Il ritorno dei Principi ereditarii a Napoli
La Giunta di Stato inviò nelle Province i "visitatori politici", una vera e propna magistratura speciale con compiti e poteri ampi di carattere politico e giudiziario.
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Questi, facendo uso anche di spie e delatori, indagarono sul comportamento dei cittadini durante "le passate emergenze", quindi procedettero alla cattura dei rei dandone notizia al Vicario Generale. Compiti del visitatore politico erano anche quelli di sollecitare i vescovi a scegliere parroci timorati e fedeli a Dio e al Sovrano e di proporre al Re i nominativi di quei sudditi che si erano distinti a favore della monarchia per eventuali incarichi e gratificazioni in denaro, nonché disporre che le proprietà degli arrestati per reati di Stato venissero sottoposte a sequestro o a confisca. A Napoli, nel dismesso Collegio di S. Il ritorno a Napoli di re Ferdinando
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"l'Amministrazione Generale dei beni e delle rendite dei rei di Stato". Il primo commissario generale, incaricato dal re il 21 luglio 1799 (doc.98), fu Gaetano Ferrante che elaborò un piano (doc.99) secondo il quale ogni Provincia del Regno doveva avere un visitatore economico. Per Terra d'Otranto e Lucania fu il tarantino marchese Della Valva a cui successe il 20 aprile 1800 il marchese Della Schiava che sarà il firmatario del "Notamento generale di tutti i rubricati in materia di Stato con i relativi carichi repubblicani con la distinzione se indultati o condannati". In esso il marchese, su ordine della Real Segreteria di Stato, elencò il 116
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4 novembre 1801 i circa mille rubricati in materia di Stato relativi alla sola Provincia di Lecce. Dai visitatori economici dipendevano i regi incaricati uno dei quali, per Terra d'Otranto, fu Francesco Antonio Pinto (doc. 100). Il sequestro dei beni veniva eseguito di norma dal governatore locale coll'assistenza del mastrodatti della corte locale; i beni mobili e immobili venivano poi consegnati ad un proamministratore che in teoria doveva garantirne le rendite, tenerne un bilancio, rispondere della
gestione
di
tali
beni
all'amministrazione generale in Napoli. Tali proamministratori regi avevano competenza su vari comuni della stessa Provincia. Biagio· Carducci lo era infatti per Taranto e casali di Massafra, Mottola, Castellaneta, Palagiano, Martina, Grottaglie, Francavilla. Oria, Manduria e Sava. Furono così sequestrati il 17 maggio 1799, per ordine del generale Giovan Battista de Cesari, tutti i beni del reo di Stato Domenico Terrusi di Castellaneta; il 18 maggio , davanti al governatore della stessa città, Gaetano Magliani, toccò ai beni dei fratelli Vitoronzo e Raffaele Sarapo; il 7 maggio
furono
Domenico Sgobba.
sequestrati quelli di Eleonora Fonseca Pimentel
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Furono circa mille i rubricati per reati di Stato della Provincia di Lecce, di cui oltre 400 dell' attuale provincia di Taranto; fra questi i massafresi Nicola Giannotta (doc. l 05), Gaetano Scarano (doc. l 05) e Giuseppe Colafati (doc. l 09); Francesco Pagliari di Castellaneta (doc.115); i fratelli De Siati (doc.121) e Francesco Giacomo Basile (doc.124) di Martina; l'intera famiglia Marinosci di Mottola (doc.125); Antonio Michele Lamanna di Palagiano (doc.126). Molti di tali rubricati furono-incarcerati, altri esiliati, altri ancora costretti alla fuga, tutti sopportarono il sequestro o la confisca dei beni. Le famiglie dei presunti rei vennero ridotte sul lastrico, senza mezzi di sostentamento, private di tutto, perfmo degli oggetti necessari alla sopravvivenza (doc.123). Costrette persino a pagare le guardie assegnate alla ·custodia dei propri familiari in carcere (doc.114), inviavano a Napoli accorate suppliche per implorare aiuti e ottenere i tenui sussidi che la "clemenza del sovrano" aveva stabilito per aiutare le famiglie rimaste senza sostentàmento; sussidi che spesso, come è testimoniato dai documenti, venivano sospesi dal Fisco ( doc.121). Le suppliche continuarono a pervenire anche dopo l'armistizio di Foligno quando giunse il secondo reale indulto del febbraio 1801 in favore dei colpevoli di reati politici. Giovan Battista Gagliardo, il sacerdote 'giacobino, "non avendo più modo di vivere", chiese un sussidio giornaliero di tre carlini. Il commissario repubblicano Michele Gennarini, scarcerato a seguito del reale indulto del febbraio 1801, si trovò in gravi difficoltà economiche. Molti rei di Stato della nostra terra, una volta scàrcerati non trovarono più le loro proprietà, dissipate : Pietro Antonio La Gioia fu vittima come tanti altri dell' amministrazione corrotta del consegnatario Nicola Gargiulo, (docc. 110, 112-114, 116, 117,119,120). Nicola Gargiulo, figlio del notaio martinese Francesco Saverio, personaggio equivoco già durante la rivoluzione, si salvò dall'accusa di giacobinismo passando dalla parte dei regalisti e ottenne addirittura la carica di proamministratore dei beni di molti rei di Stato di Taranto e 118
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comuni limitrofi; fu peraltro incaricato di raccogliere informazioni e condurre indagini sulla permanenza dell'Arcivescovo Capecelatro in Martina nei giorni della democratizzazione (doc. 108) Nell'estate del 1800, "il Re mosso dalle generali lagnanze che l'amministrazione dei beni dei rei di Stato sequestrati e confiscati" non fosse ben regolata, che vi fossero "de guasti, delle malvessazioni ed occultazioni in grave danno dello Stato", accusò il commissario Ferrante di concussione e dispose che "fosse condotto in Palermo ove attualmente rattrovasi detenuto nel Castellammare". Dispose quindi una verifica della passata amministrazione affidandone il compito al marchese di Montagano che, il 25 ottobre 1800, inviò nelle province una disposizione secondo la quale tutti i proamministratori, incaricati regi, razionali, massan e consegnatari, erano tenuti a rendere
conto
della gestione
delle
"confidenze" di ciascun reo di Stato loro affidato e ad inviare a Napoli gli atti di sequestro, gli inventari dei beni, i registri di introito ed esito fino a tutto agosto 1800. Essi dovevano quindi denunciare, pena la sospensione dall'incarico, tutti "li sconcerti, guasti
e
disordini", della passata
amministrazione, eventuali "occultazioni di mobili, generi, semoventi, ogli, grani, orzi Ignazio Ciaia, Presidente della Repubblica Napoletana
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ed altro e se la vendita de medesimi" fosse avvenuta "colle legali sollennità e senza dolo o inganno a persone vere o simolate. Le numerosissime richieste per rientrare in possesso dei propri beni, in molti casi, non potevano essere accolte poichÊ i Borboni, ritornati sul trono di Napoli, avevano assegnato ai loro fedeli seguaci delle quote, prelevando le dalle "confidenze" dei rei di Stato (doc.62). A Fabrizio Ruffo vennero assegnati cosÏ 15.000 ducati di pensione, a Giovan Battista de Cesare di Casalabrida e Giovan Francesco Boccheciampe di Oletta 4.000 ducati, oltre al titolo di barone e al grado di Brigadiere dei reali eserciti (doc. 104). Al marchese Della Schiava, visitatore in Terra d'Otranto, 1200 ducati; perfino il villano Buonafede Gerunda di Monteiasi, colui che aveva accolto per primo Boccheciampe e De Cesari, venne ricompensato con una lauta pensione e accolto alla Corte di Napoli. La pace di Firenze, conclusa il 26 marzo 1801, decretò l'amnistia e la restituzione dei beni agli esuli che poterono finalmente tornare in Patria. Giovanni Battista Gagliardo
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n.98
1799 luglio 24, Napoli
Lettera con la quale Giuseppe Zurlo, della reale Segreteria di Finanze, comunica al cavaliere Gaetano Ferrante la nomina di amministratore generale dei beni dei Rei di Siato sequestrati o confiscati. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.237, inc.3
n. 99
1799 luglio 31 , Napoli
Piano dell 'Amministrazione dei Beni dei rei di Stato formato da Gaetano Ferrante. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.269/bis 275/2
Gaetano Ferrante, eletto Amministratore Generale dei beni dei rei di Stato, trasmette, qualche giorno dopo la nomina, a Giovanni Acton capitano generale e consigliere di Stato di S.M., il piano generale di detta amministrazione articolato in 20 punti. Ferrante stabilisce che in ogni Provincia si debba destinare un regio incaricato che presieda e curi l'amministrazione dei beni dei rei di quella Provincia. A tali incaricati sarà dovuto un soldo. Ogni incaricato potrà proporre il numero di erari regi che crederà necessario al suo lavoro. Ad ogni incaricato Ferrante manderà le necessarie istruzioni per la buona economia dei beni loro affidati.
Ogni incaricato dovrà corrispondere una "pleggeria" alla reale Amministrazione Generale corrispondente all'importo di un quadrimestre o semestre della rendita di tuttj l beni affidati alla di lui amministrazione. Gli incaricati dovranno presentare il bilancio dei .beni confiscati o sequestrati. L'Amministrazione Generale avrà sede in Napoli in una officin!:i collocata in una parte dell'abolito Collegio del SS. Salvatore. ES,sa sarà articolata in Segreteria con un segretario, due sottosegretari e tre aiutanti e in una Razionalia con cinque razionali. Compito della Segreteria sarà tenere il carteggio con i regi incaricati, il registro , dei dispacci e consulte, il notamento di tutte le decisioni che saranno prese nella discussione dei conti; la Razionalia terrà, invece, i conti di tutti i beni dei rei di Stato.
n.l00
s.d. (ma 1799 luglio 31, Napoli)
Nota dei soggetti che Gaetano Ferrante propone per la Reale Officina dell 'Amministrazione Generale dei Beni dei Rei di Stato. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b. 269/bis.275/2
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n.101
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ASNa, Carte dei Rei di Stato, Amministrazione beni e carteggi degli amministratori, b.190, f.21
Elenco dei condannati per reati di Stato della Provincia di Terra d'Otranto.
101.
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n.l02
1799 agosto 6, Taranto
Nomina di periti per apprezzare una masseria di proprietà del reo di Stato Michele Gennarini. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola,Taranto, 1799, scheda 225, cc.299r-299v
Michele Gennarini, · usufruendo di un permesso, esce dalle prigioni del Castello di Taranto "ove si ritrovava per la voluta di lui reità" e, nell'abitazione del regio Castellano, nomina alcuni periti per apprezzare e . valutare la masseria Marzanello di sua proprietà che si risolve a vendere a Giuseppe de Sinno ''trovandosi la sua casa in circostanze poco favorevoli".
n. 103
1799 agosto 15, Napoli
Copia del bando emanato in tutto il Regno da Gaetano Ferrante, Amministratore Generale dei Beni dei rei di Stato circa le usurpazioni causate dai baroni ribelli nei loro feudi. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.237, inc. 3
Gaetanto Ferrante "dè Marchesi di Ruffano cavalier di Giustizia del sagro inclito ordine gerosolimitano, Generale Amministratore dei Beni e Rendite dè Rei di Stato", dichiara che, avendo ricevuto il 21 luglio dal Sovrano la Generale 124
Amministrazione dei Beni dei Rei di Stato, intende portare avanti il suo compito con "quella esatta cura che ad un diligente padre di famiglia si appartiene". A questo scopo e poichè per i disordini patiti nel Regno erano nati numerosi "sconcerti" ed abusi, emana il presente bando articolato in cinque principali punti.
n.104
s.d. (ma settembre 1799)
Supplica di Giovan Battista de Cesari per ottenere dal Sovrano il feudo di Castel del Monte. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.237, inc.3
TI Re, ''volendo dare m contrasegno della particolare soddisfuzione del 9.lO real animo al benemerito don Giovan Battista de Cesari, che con noto zelo e segnalato attaccamento" si era distinto nella difesa del Regno contro i nemici ed i nbelli, aveva con dispaccio del 3 agosto 1799 nominato de Cesari Brigadiere del Reale Esercito e gli aveva conferito il titolo di Barone con m'annua rendita di 4000 ducati. TI Brigadiere de Cesari aveva rivolto, in seguito, tma supplica al Sovrano per ottenere il feudo di Castel del Monte in Provincia di Bari, .appartenuto ai beni sequestrati al duca di Andria TI 24 settembre 1799 la Gimta di Stato, per il tramite della Reale Segreteria di Stato ed Azienda, dispa;e l'appIezzo del feudo da parte dell'ing. Giuseppe Giordani, tDma di sottoporre 13 richiesta a S.M. il Re.
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n.l05
1799 dicembre 3, Massafra
Protesta del sindaco di Massafra contro i notai Nicola Maria Giannotta e Gaetano Scarano carcerati per reità di Stato. ASTa, notaio Rotelli Luca Maria, Massafra, 1799, scheda 331, cC.26v-28r
Don Francesco D'Eri sindaco della città di Massafra, incarica il notaio Rotelli Luca Maria di portarsi presso le carceri di Massafra ove erano detenuti i notai Nicola Maria Giannotta e Gaetano Scarano perchè rei di Stato. Il sindaco fa sapere a Giannotta e a Scarano che, non potendo loro più attendere alla riscossione della gabella della farina, di cui erano affittuari, dovevano in giornata stessa trovare la "pleggeria di una persona benestante" (ossia persona disposta a prendersi la responsabilità e garantire il servizio in loro vece) e non macchiata di reità. Il notaio Rotelli, aggiunge che il sindaco D'Eri, in caso di mancata "pleggeria", avrebbe provveduto ad affidare "ad altre persone sicure e libere da reità di Stato" la gabella della farina, rivalendosi, poi, contro di loro, per "danni, spese ed interessi patiti e patiendi" dall'università di Massafra. A queste dichiarazioni d'intenti i "carcerati" rispondono che era impossibile in un solo giorno trovare la "p leggeri a" e che l'università di Massafra comunque non 126
poteva vantare alcun credito nei loro confronti. Lo Scarano, tuttavia, indica come suo sostituto il notaio .Giambattista de Sanguine mentre non era in grado di indicare altra persona benestante che potesse sostituire don Nicola Maria Giannotta.
n. 106
1799-1800
Bilancio dei beni sequestrati al reo di Stato Giovan Battista Gagliardo, durante l'amministrazione particolare di Emanuele Fanuzzi. ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1800, scheda 297, cC.9Or-116v
Il sacerdote Giovan Battista Gagliardo a causa "delle passate turbolenze del Regno" era stato arrestato e carcerato in Napoli come reo di Stato. I suoi beni, sequestrati, erano stati affidati a Biagio Carducci in quel momento proamministratore in Taranto dei beni dei presunti giacobini. Successivamente, il 25 novembre di quell' anno 1799, per disposizione dell' Amministratore Generale, Gaetano F errante, inviata all'incaricato della Provincia di Terra d'Otranto Francesco Antonio Pinto e al regio Governatore di Taranto, tale amministrazione era passata ad Emanuele Fanuzzi che doveva renderne conto a Napoli.
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A vendo la Suprema Giunta di Stato emanato nei confronti del Gagliardo una "condanna di asportazione" senza confisca o sequestro, l suoi beni erano stati dissequestrati con lettera comunicata
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all' amministratore in data 5 aprile 1800. In base a tale dissequestro, cessando il suo incarico, Fanuzzi restituÌ al fratello del sacerdote tutti gli introiti pervenuti dalla gestione dei beni amministrati.
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n.107
S.d. (ma 18(0)
Dubbi sorti circa l'irregolarità del sequestro dei beni del reo di Stato Giovanni Battista Gagliardo. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Amministrazione beni e carteggi degli amministratori, b.190/12
n. 108
1800 gennaio 16, Martina
Dichiarazione in merito alla permanenza dell 'arcivescovo Giuseppe Capecelatro in Martina al tempo della Repubblica. ASTa, notaio Ancona Angelo Michele, Martina, 1800, scheda 295, cC.24v-26r
Il reverendo sacerdote don Giacomo Canonico Varrone di Martina dichiara di essersi conferito insieme ad altri individui martinesi nella città di Taranto per sottoporsi ad un interrogatorio in merito ad alcune "cause di stato". L'indagine riguardava la permanenza dell' Arcivescovo Monsignor Capecelatro in Martina all'epoca in cui era stato piantato l'albero della libertà. Alla domanda se il prelato avesse predicato contro la Maestà del Sovrano, fomentando la popolazione a favore della sedicente Repubblica, l'attestante rispose di non saperne nulla, poichè in quei giorni incandescenti, aveva pensato bene di ritirarsi in casa.
Tuttavia, aveva poi aggiunto di aver sentito da altri che l'Arcivescovo aveva discorso con il popolo di "Religione e coraggio". Il funzionario Gargiulo, che conduceva l'interrogatorio, decise di riportare nella deposizione quelle parole, portando il testificante come testimone "de auditu" di Monsignor Arcivescovo e non per averle sentite da altri. Inoltre gli fece sottoscrivere che le indicate espressioni erano riferibili all'adottato governo repubblicano, mentre per l'attestante dovevano riferirsi alla difesa dei cittadini contro i soldati in massa che da Taranto e Fasano correvano ad invadere Martina.
n. 109
1800 febbraio 12, Massafra
Testimonianza relativa ad una deposizione resa davanti al subdelegato per i reati di Stato. ASTa, notaio Pignatelli Francesco Saverio, Massafra, 1800, scheda 287, c.5r-5v
Fedele Bruno di Massafra, ricorda, nell'attestato reso davanti al notaio, di aver rilasciato una dichiarazione nel mese di novembre dell' anno 1799 al "subdelegato per li rei di Stato" Crispino de Vincentiis, in cui affermava che trovandosi a lavorare come garzone nell'osteria di Tommaso Ciura di Taranto, un giorno erano entrati nel 129
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locale alcuni forestieri che vendevano pettini per capelli e che portavano tutti una nocca reale sul cappello. Il giorno dopo nell'osteria erano entrati alcuni massafresi che incontrando i forestieri li avevano insultati dicendo che dovevano togliersi quella nocca dal copricapo e togliendo con forza dalla testa di uno di loro il cappello, lo avevano gettato per terra, calpestandolo sotto i piedi.
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Fedele Bruno attesta anche di aver testimoniato nella deposizione rilasciata al subdelegato che nel gruppo dei massafresi c'era anche il suo compaesano Giuseppe Colafati, cosa riferitagli, per貌, da Damiano di Pierro di Massafra. Proprio per questo egli giura dinanzi al notaio, "per non perdersi l'anima, e per non restar pregiudicato detto ... Colafati".
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n. 110
1800 marzo 14, Taranto
Convenzione stabilita per l'amministrazione dei beni dei rei di Stato di Taranto. ASTa, _notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1800, scheda 324, cc. 65v-70r
Nicola Gargiulo, figlio del notaio Francesco Saverio e fratello del sacerdote don Pietro Giovanni, ratifica un patto sottoscritto con Bonaventura Pedace di Lecce, col quale si impegna a versargli la cauzione relativa alla gestione e amministrazione dei beni dei rei di Stato. A maggiore garanzia della solvibilità nei confronti del Pedace, l'impegno formale viene sottoscritto anche dal padre e dal fratello del nuovo curatore.
n. 111
1800 maggio 13, Mottola
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governatore di Francavilla Cri spino de Vincentiis, inquisitore dei rei di Stato, su incarico del cavaliere d'Ajala. Giunti a Massafra, il segretario Gian Filippo Resta ordinò loro di compilare, sotto sua dettatura, un elenco delle "Persone dabbene del paese e Realiste atte a testificare sulli fatti accaduti nel tempo delle scorse turbolenze". In seguito al loro rifiuto, il Resta minacciò di arrestarli, sbattendo loro in faccia il foglio. Essi furono così costretti a sottoscrivere la lista con la data in bianco apponendo il sigillo universale. Per evitare ritorsioni future da parte degli esclusi dall'elenco, il Caramia e il de Novellis sottolineano che la compilazione di detto elenco era avvenuta sotto costrizione.
n.112
s.d. (ma 1800), Taranto
Attestato sulla richiesta di un elenco di realisti della città di Mottola
Supplica dei cittadini di Taranto a Sua Maestà contro Nicola Gargiulo, proamministratore dei beni dei rei di Stato.
ASTa, notaio Sigismondo Pietro Nicola, Mottola, 1800, scheda 226, cC.28r-29v
ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.241
Il sindaco Pietro Caramia e il secondo cancelliere Giacomo de Novellis, di Mottola, attestano di essere stati convocati, con l'ordine di portare con sè il sigillo universale, a Massafra nel giorno 28 ottobre 1799; l'ordine era pervenuto dal
I cittadini "zelanti" di Taranto supplicano il sovrano affinchè si prendano seri provveçlimenti nei confronti del proamministratore dei beni dei rei di Stato, Nicola Gargiulo, uomo inviso alla collettività, "vera spia al popolo tarantino 131
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anche in tempo dell'iniquo governo" repubblicano. Quest'uomo, primogenito del notaio Francesco Saverio Gargiulo di Martina, era residente con tutta la famiglia in Taranto e si era distinto soprattutto come rivoluzionario, incitando il popolo alla rivolta e richiedendo "impieghi repubblicani" . I supplicanti attestano ancora che, al tempo in cui la Capitale era stata democratizzata, quando in Taranto l'Arcivescovo aveva riunito tutta la popolazione .nell' atrio del palazzo arcivescovile per eleggere il governo provvisorio, il notaio Francesco Saverio Gargiulo aveva manifestato l'ardente desiderio di essere eletto deputato. Inoltre suo figlio Nicola per l'amicizia che lo legava a Giovan Battista Gagliardo "frenetico per lo partito de francesi", aveva svolto per diverse notti il ruolo di "caporonda", girando per le strade della città. Nonostante l'atteggiamento favorevole alla rivoluzione, continuano i cittadini, il Gargiulo non aveva esitato a passare dalla parte dei regalisti non appena la situazione era diventata critica per i repubblicani, ottenendo addirittura l'ufficio di proamministratore dei beni dei rei di Stato, esistenti in Taranto, Martina, Massafra e Grottaglie, incarico che spesso svolgeva insieme al padre notaio
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I supplicanti allora, sottolineando l'immoralità di tale personaggio che essendo stato una volta traditore, avrebbe potuto "altrove mutar cielo", informano il sovrano delle difficoltà finanziarie del proamministratore, accusandolo di fare un uso illegale del denaro proveniente dal patrimonio dei rei di Stato "per secondare i suoi capricci e mantenere la scostumata sua vita distratta nelle galanterie del mondo". 112.
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n.113
1800 giugno 4, Taranto
Atto protestativo nei confronti di Francesco Saverio Gargiulo proamministratore del patrimonio del reo di Stato Pietro Antonio La Gioia.
responsabile di qualsiasi danno potrà derivargli dalla mancata osservanza della sua volontà.
n. 114
1800 giugno 6, Taranto
ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1800, scheda 297, cc 88v-9Or
Istanza prodotta da Carlo Gennarini figlio del reo di Stato Michele.
Pietro Antonio La Gioia, presunto reo di Stato, avendo saputo che Francesco Saverio Gargiulo, pro-amministratore insieme al figlio Nicola del patrimonio che gli era stato sequestrato, intendeva procedere alla vendita delle "derrate" derivanti dallo stesso, fa pervenire al suddetto proamminitratore, tramite il notaio Valentini Tommaso, un' istanza redatta in forma di atto pubblico. In essa La Gioia, dichiarando la sua ormai provata innocenza (era in attesa del sovrano "Indulto" che gli avrebbe permesso di rientrare in possesso dei suoi beni), sostiene di essere stato vittima di una "impostura orditagli per privati capricci dè suoi malevoli". Viene sostenuto in questa operazione dall'amministratore dei beni dei rei di Stato per tutto il Regno,cavalier Ferrante, al quale aveva esposto gli effetti disastrosi che l'iniziativa del Gargiulo avrebbe avuto sulle sue condizioni finanziarie. Il La Gioia intima al proamministratore di sospendere immediatamente la vendita dei frutti del suo patrimonio, sottolineando che lo riterrà
ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 225, cc. 167v-168v
Carlo Gennarini, figlio di Michele "attualmente detenuto per supposta inquisizione di reità di Stato", chiede al notaio Francesco Saverio Gargiulo, proamministratore dei beni sequestrati ai rei di Stato di non sottoporre ad asta pubblica le quarantasette salme di olio di proprietà di Michele Gennarini depositate presso il negoziante Giuseppe De Sinno. La vendita viene disposta per ordine della Real Giunta di Stato per soddisfare un credito vantato da Vincenzo Ficatelli. Nell'elencare i motivi che osterebbero a tale vendita, Carlo Gennarini sostiene che in tale olio sono riposte le speranze di sopravvivenza della numerosa famiglia Gennarini "gravata di obbligazioni, tralle quali merita quella di alimentare e pagar le guardie ad un' infelice padre detenuto da più mesi senza delitto e che ha bisogno di sostegno nella sua cadente età".
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n.115
1800 luglio 25, Castellaneta
n.116
1800 agosto 20, Taranto
Gratificazione al notaio Francesco Casamassima per l'aiuto dato alla famiglia Pagliari.
Attestazione relativa al dissequestro dei beni del reo di Stato Pietro Antonio La Gioia.
ASTa, notaio Casamassima Vito Lorenzo, Castellaneta, 1800, scheda 326, cc.183v-185r
ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1800, scheda 297, cc. 16Ov-162r
Don Francesco Saverio Pagliari attesta, alla presenza del notaio Francesco Casamassima di Castellaneta, che il 25 aprile del 1799 fu preso dal popolo e trasportato in Taranto dove rimase detenuto nel Castello fino al febbraio del 1800. In sua assenza il suddetto notaio aveva preso a cuore le sorti della sua famiglia composta da sette persone, (la moglie, una anziana sorella, tre figli maschi e due femmine), provvedendo alloro mantenimento. Il Pagliari ora per disobbligarsi cede allo stesso notaio alcune "fedi di credito" che vantava sui beni di famiglia.
Pietro Antonio La Gioia dichiara di aver ricevuto con la posta della sera precedente ordini "diretti al Preside Visitatore" di Terra d'Otranto da parte del Cavaliere Ferrante relativi al dissequestro dei suoi beni. In virt첫 di queste disposizioni quindi il La Gioia, ormai libero da ogni colpevolezza, ritiene che si possa dichiarare "soppressa" "l'incombenza" della gestione del suo patrimonio, affidata al proamministratore Gargiulo, "desiderata per avere le mani in pasta, per profittare delle altrui sostanze e per opprimere gli oppressi".
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n. 117
1800 settembre 18, Taranto
Atto protestativo nei confronti del proamministratore d.ei beni del reo di Stato Michele Gennarini. ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1800, scheda 225, cC.523r-525r
Michele Gennarini presenta una protesta al notaio Francesco Saverio Gargiulo che
aveva sostituito il figlio Nicola Gargiulo nominato dal marchese Gaetano Ferrante quale pro amministratore dei beni di esso Gennarini. Nella protesta si fa riferimento alla scarsa cura messa dal notaio nell' amministrare la masseria Bellalto che aveva subito notevoli danni nelle coltivazioni e nel mantenimento degli animali. 135
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Nella replica il notaio Gargiulo ascrive tali danni ai consegnatari della masseria scelti dalla Regia Corte di Taranto nel periodo del sequestro, ai quali però non erano state mosse critiche.
n.118
s.d. (ma 1801), Napoli
Istruzioni per eseguire il dissequestro dei beni dei rei di Stato a norma del dispaccio del 5 giugno 1801. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.269/bis275/13
Il marchese di Montagano, che dal settembre 1800 aveva sostituito Gaetano Ferrante nell' Amministrazione Generale dei beni confiscati e sequestrati ai rei di Stato, emana una serie di norme alle quali i razionali dovranno attenersi nel dissequestro dei beni.
n.119
s.d. (ma 1801), Taranto
Supplica di Pietro Antonio La Gioia di Taranto all'amministratore dei beni dei rei di Stato del Regno. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Amministrazione Beni e carteggi degli amministratori, b.190/ 19
Pietro Antonio La Gioia dichiara, ad un anno di distanza dal dissequestro del suo 136
patrimonio, la mancata restituzione delle rendite derivanti dallo stesso da parte del pro-amministratore Nicola Gargiulo. Secondo le attestazioni del supplicante, i motivi di quanto detto sarebbero state causate da un complotto, teso a suo danno, tra il regio incaricato' don Francesco Antonio Pinto, Nicola Gargiulo e Domenico Chisena, i quali avrebbero rivolto le suddette rendite a proprio profitto. Pertanto il La Gioia, trovandosi sull"'orlo della disperazione" a causa delle difficili condizioni economiche ed oppresso dai creditori, implora il Marchese Montagano (nel frattempo succeduto a Gaetano Ferrante, arrestato per concussione), affichè vengano presi provvedimenti contro i responsabili della sua rovina che "godono tranquilli nel seno della impunità". Il supplicante inoltre ricorda di aver già in passato prodotto ricorsi presso la Generale Amministrazione dei beni dei rei di Stato e sottolinea che anche ai più pressanti ordini il Gargiulo aveva risposto "col linguaggio dell'uomo male intenzionato", rafforzando il grave sospetto che "si abbia mangiato tutto e che vedendosi oggi alle strette vada procrastinando per allontanare il fulmine che lo sovrasta".
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n. 120
1801 agosto 16, Taranto
n. 121
1801 agosto 25, Martina
Lettera di Nicola Gargiulo al marchese della Schiava.
Atto di procura per il dissequestro del patrimonio dei fratelli De Siati, rei di Stato.
ASNa, Carte dei Rei di Stato, b.l90/14
ASTa, notaio Ancona Angelo Michele, Martina, 1801, scheda 295, cC.298r-299r
Nicola Gargiulo, proamministratore dei beni dei rei di Stato invia al marchese della Schiava, Preside e Governatore delle Armi di. S.M., una lettera in risposta all'ordine, impartitogli dal marchese di Montagano, Amministratore Generale, di consegnare i conti della gestione delle "confidenze" dei rei di Stato tarantini La Gioia e Gennarini. Questi, a parere di Gargiulo "ordendo la piÚ nera impostura hanno ricorso in Generale Amministrazione auspicando simili ordini". N ella lettera il proamministratore promette "in ventura" di inviare i documenti relativi al dissequestro per dimostrare "i falsi ricorsi delli de La Gioia e Gennarini, i quali per essere stati disturbatori dello Stato, come è noto a V.E., intendono essere disturbatori della mia tranquillità per causa d'essere io stato il pro amministratore de' di loro beni".
Don Ambrogio De Siati di Martina viene nominato procuratore da suo fratello Giannantonio e da donna Maria Teresa Fanelli, loro madre, per rappresentarli in Ruffano nelle operazioni di "dissequestro" del loro patrimonio presso don Francesco Antonio Pinto, "regio incombenzato" nella Provincia di Lecce per l'amministrazione dei beni dei rei di Stato. I beni dei fratelli De Siati erano stati sequestrati nel novembre 1799 in escuzione degli ordini superiori del Governatore e Giudice della Corte Ducale; il patrimonio consistente in tre masserie, denominate "luogoporcile", "serra del Porco e del Pardone", era stato affidato al consegnatario don Filippo Tagliente. Donna Maria Teresa Fanelli vedova di Domenico De Siati, rimasta priva di mezzi di sussistenza, era stata giĂ costretta ad inoltrare una supplica a Gaetano Ferrante (generale amministratore dei beni dei rei di Stato) per ottenere mensilmente una somma di denaro, anche "a titolo d'alimenti", dagli introiti derivanti dal patrimonio sequestrato. (l) ASNa, Carte dei Rei di Stato e carteggio degli amministratori, bb.194-195
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121.
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n.122
1803 gennaio IO, Caserta
Dispaccio del generale Giovanni Acton contenente il Decreto Reale sul perdono dei rei di Stato. ASDT, Fondo Arcivescovi, Carte Capecelatro, b.l , fasc.8 , doc.!.
Il Vicario Generale trascrive il Decreto Reale dellO gennaio, rimesso dalla Real Segreteria, su ordine del generale Giovanni Acton. Il Re di N~poli nel Decreto ribadisce il perdono reale per quanti si siano macchiati di delitti nel corso dell ' insurrezione di
quattro anni prima. Diffida, inoltre, quanti insistano (o intendano insistere) nel riproporre delazioni e denunce all' attenzione diretta del Sovrano o dei suoi Tribunali e Ministri in relazione a quei fatti. Dal perdono sono esclusi quanti abbiano ancora processi in corso o pendenti e quanti, incuranti del perdono reale, abbiano di recente nuovamente commesso reati di tentata insurrezione in Sicilia. A coronamento del Decreto, infine, decide la decadenza dell'interdizione dai pubblici uffici precedentemente comminata ai responsabili dei giĂ citati delitti.
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n. 123
1803 gennaio 25, Martina
Attestato sulle precarie condizioni economiche della famiglia De Siati nel marzo 1799. ASTa, notaio Chiara Donato Antonio, Martina, 1803, scheda 265 , cc. 53v-54v
Mastro Vincenzo La Marra "sartore" e Vito Bruno di Martina rendono alcune dichiarazioni a proposito delle difficoltà in cui si trovò la signora Maria Rosa Casavola, vedova di don Marco Vincenzo De Siati, nel marzo 1799 a causa del saccheggio ricevuto per "le note circostanze del Regno". Il sarto La Marra dichiara che la signora era rimasta sprovvista di "mobili, vesti, mante e pannamenti" e per provvedere alle esigenze di tutta la famiglia fu costretta ad acquistare da lui ciò che le occorreva per la spesa di oltre 500 ducati. Vito Bruno, addetto al servizio della signora Casavola, dichiara le spese sostenute dalla sua padrona per amministrare la masseria, i vignali, gli
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uliveti e le vigne di cui era proprietaria in Grottaglie, non potendo occuparsene personalmente.
n124
1803 aprile 1, Martina
Procura per il dissequestro dei beni del reo di Stato Francesco Giacomo Basile di Martina. ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio, Martina, 1803, scheda 303, cc 44r-45r .
Francesco Giacomo Basile dichiara che tra il 1799 ed il 1800 per ordine sovrano furono assoggettati al sequestro i suoi beni e fu destinato amministratore dell'Azienda dei Rei di Stato il marchese Montagano. Con lettera del 26 marzo 1803 gli giunse avviso dalla Ducal Corte, delegata dal Preside marchese della Schiava, di fare domanda per il dissequestro dei beni, al marchese Montagano. Il Basile nomina pertanto Tommaso Grande, suo procuratore con facoltà di agire in Lecce al suo posto.
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n. 125
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In considerazione di tutto ciò i due chiedono di rientrare in possesso delle loro proprietà, tanto più che "è della ispezione della Maestà Vostra far cadere la limosina in beneficio de' vassalli che SI sono dimostrati fedeli ... ".
s.d. (ma 1803), Mottola
Supplica dei fratelli Semeraro contro la famiglia Marinosci. ASNa, Carte dei Rei di Stato, Dispacci, b.241
I fratelli Vincenzo e Pasquale Semeraro di Mottola supplicano il Sovrano affinchè conceda loro di rientrare in possesso di una masseria ceduta, per i debiti contratti, alla famiglia Marinosci. Nelle trascorse emergenze del Regno i fratelli Marinosci Michele, Nicola e Giuseppe Antonio "spiegando il carattere di repubblicani, sovvertivano la popolazione", cosa che sarebbe riuscita se i due supplicanti, nominati dal De Cesari Governatore il primo e sindaco il secondo, non l'avessero impedito "mantenendo sempre detta popolazione coll'attaccamento alla Sacrosanta Persona di S.M.". Furono anzi proprio le relazioni fatte dai Semeraro al De Cesari e al Cardinale Ruffo, Vicario Generale del Regno, a portare alla confisca dei beni dei suddetti Marinosci e fu attraverso i "lumi" dati dai due al Governatore di Francavilla Cri spino de Vincentiis che questi potè raccogliere informazioni utili per punire i ribelli. 142
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n 126
1806 agosto 12, Massafra
Dichiarazione del carcerato Pietro Speciale circa un tentativo di ricatto nei confronti del reo di Stato Antonio Michele Lamanna di Palagiano. ASTa, notaio Casulli Angelo Maria, Massafra, 1806, scheda 287, cc 193r-194r
Pietro Speciale, ongInario di Palagianello ma residente a Palagiano, si presenta spontaneamente, il 12 agosto 1806, dinanzi al notaio Angelo Maria Casulli ai
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Massafra, dichiarando sotto giuramento che era in carcere a Palagiano insieme con il reo di Stato Antonio Michele Lamanna quando il IO agosto 1806 il suo compagno di prigionia era stato chiamato dinanzi al cancello del carcere da Angelo Raffaele Scafogliero e Giuseppe Ancona. Questi ultimi gli avevano proposto, in cambio della libertĂ , di testimoniare che il dottor Giuseppe Madaro era stato il suo complice e capo.Avendo il Lamanna risposto che era tutto falso e che non sapeva nulla, era rimasto in prigione.
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'armistizio di Foligno del 18 febbraio 1801 e la successiva Pace di Firenze conclusa il 26 marzo 1801 e ratificata il 25 aprile seguente, comportarono
pesanti condizioni imposte al Regno di Napoli che dovette rassegnarsi a cedere diversi territori e a garantire ai rei di Stato l'amnistia e la restituzione dei beni sequestrati. Con un patto segreto Napoleone, cui non sfuggiva la posizione strategica della penisola salentina per opporsi alla egemonia inglese nel mediterraneo, ottenne dal Re di Napoli di poter occupare la Provincia di Lecce per un anno con circa tredicimila uomini. Il 23 aprile 1801 un primo nucleo di francesi al comando del generale Soult gIUnse
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taranto
preceduto
e
accompagnato dalle lettere circolari inviate in tutte le chiese della Diocesi dal Vicario Generale Antonio Tanza il quale, in assenza dell'Arcivescovo Capecelatro, invitava la popolazione ad obbedire alle disposizioni
sovrane
che
raccomandavano di dimenticare quanto era -accaduto durante la guerra e di fornire ospitalità e amicizia alle truppe francesi (docc. 127 e 128). Nei giorni seguenti vennero requisiti il Seminario arcivescovile (doc. 134) e i numerosissimi conventi della città nei
Il generale Pietro Chaderlos De Laclos,
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quali, fatti sloggiare i monaci, si acquartierarono i primi seimila soldati, mentre molte altre migliaia trovarono alloggio nei vicini comuni : Grottaglie, Manduria, Martina e Massafra (doc. 155). Agli ufficiali, per speciale disposizione, venne riservato un trattamento migliore: furono infatti ospitati da famiglie locali, quasi mai contente di offrire loro vitto e alloggio. All'onta della occupazione militare e ai problemi preesistenti di preoccupante miseria economica e sociale (doc.164), si aggiunsero per la Provincia di Lecce e per Taranto in particolare quelli derivanti dal mantenimento delle truppe d'occupazione (docc. 130, 133, 136-141) e quelli dovuti ai rapporti non sempre facili fra i soldati francesi e la popolazione locale. Anche se il generale Soult aveva prescritto la più severa disciplina ai suoi uomini e aveva raccomandato, secondo le direttive di Napolèo,ne, di mantenere un buon accordo con le autorità locali e con il popolo, tuttavia non mancarono in questo anno di convivenza incidenti e provocazioni determinate dall'arroganza dei soldati francesi (docc. 129, 131, 132) e dalla diffidenza dei cittadini. Finalmente la sera del 6 aprile 1802 giunse a Taranto la notizia che l'Inghilterra e la Francia avevano firmato la Pace di Amiens, la notizia venne accolta con luminarie e colpi di cannone dalle fortezze della città. Gioacchino Murat quaranta franchi del 1810 con la testa del Re (dritto)
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"Siam Liberi in Jine. .."
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Il trattato firmato il 27 marzo prevedeva l'evacuazione della Puglia da parte dei francesi che abbandonarono le loro postazioni nel giro di un mese, tanto che ai primi di maggio Soult, dopo aver dato l'ultima sontuosa festa in città , salpò per Napoli. Ma fu solo un breve intermezzo. L'Inghilterra, che con la pace di Amiens aveva promesso di lasciare Malta, in realtà vi
rimase,
provocando una
nuova
dichiarazione di guerra da parte della Francia e la decisione di occupare ancora una volta la Puglia. Nell'es~te del 1803, tredicimila francesi al comando del generale Gouvion Saint Cyr invasero tutta la penisola salentina e gran parte della Provincia di Bari. Il quartier generale venne stabilito in Taranto e ancora una volta il palazzo arcivescovile divenne alloggio del comandante francese. La marcia per raggiungere Taranto, nel caldo torrido di quell' estate, aveva estenuato l'armata, diversi furono i decessi per dissenteria, fra i quali quello del generale Laclos. Pierre Choderlos de Laclos, generale dell'artiglieria francese e letterato, autore delle "Liaisons dangereuses", morĂŹ nel palazzo della famiglia De Sinno presso la quale aveva trovato alloggio. Il suo cadavere venne sepolto nell'isola di S. Paolo dove i francesi 149
"Siam Liberi in :Jine. .."
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stavano costruendo un forte e dove lo Stato Maggiore dispose la costruzione di una tomba
per
onorarne
la
memona,
commissionandone gli ornamenti allo scultore napoletano Giuseppe Pagano (doc. 148). Questa nuova occupazIOne della piazzaforte militare si svolse in un clima di maggIOre
nervoslsmo
e
malumore
determinato anche dalla Corte napoletana che qui inviò i suoi provocatori, mentre segretamente faceva preparativi di guerra e promuoveva un nuovo reclutamento (docc. 135, 142, 144, 145, 159), fatti questi che scatenarono nelle Province del Regno tumulti e numerose diserzioni. Le città occupate rivissero gli stessi problemi: il peso delle spese di vettovagliamento delle truppe (docc. 156, 158), di alloggio (doc. 149), le stesse prepotenze (docc. 151, 152). Nel frattempo l'avanzata di Napoleone era diventata inarrestabile; il 24 gennaio 1806 il Re abbandonava la capitale del Regno e nei primi giorni di febbraio l'esercito francese entrava nel napoletano, mentre ancora una volta Taranto e il suo porto tornarono in auge. Il 3 maggio 1806 Giuseppe Bonaparte venne a Taranto, visitò le fortificazioni e dispose il ripristino delle batterie e la sistemazione dei forti rimasti incompleti. Mentre la Chiesa si affrettava ad invitare la popolazione a ringraziare il Signore per le 150
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strepitose vittorie dell'Imperatore dei francesi e Re d'Italia (doc. 162), le amministrazioni cittadine predisponevano i festeggiamenti e le celebrazioni in onore dei reali (docc. 167, 168). Cominciava così il periodo che i libri di storia ricordano come il decennio francese. In questi anni i conquistatori si dedicarono a consolidare le posizioni acquisite e soprattutto a fondare la nuova amministrazione civile, finanziaria e giudiziaria. Di capitale importanza, queste riforme, perché destrutturavano antichi privilegi e mettevano ordine in una materia, quella fiscale, da sempre sfuggita a qualsiasi controllo. Fondamentale la legge del 2 agosto 1806 (doc.161) che recitava senza possibilità di equivoci che "la feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni sinora baronali, ed i proventi qualunque che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità, dalla quale saranno inseparabili" . Venivano spazzati via privilegi di casta ed esenzioni per diritto divino ed ognuno doveva corrispondere tasse a
se~onda
del reddito
accertato. Vennero approntati i catasti descrittivi provvisori (doc. 171) che dovevano lasciare il passo a quelli geometrici, defmitivi che però, si trascinarono fin dopo l'Unità d'Italia. L' istituzione delle Intendenze provinciali ed il nuovo assetto delle amministrazioni provinciali e comunali (doc. 165), fu l'altra grande innovazione introdotta nel decennio. Dove fino ad allora sindaci ed amministratori si eleggevano solo per tutelare privilegi e proprietà di patrizi che agivano come burattinai nell' ombra, si procedette ad elezioni più democratiche. Una vera e propria rivoluzione, come si vede, che non risolse però tutti i problemi nello spazio di un mattino. Molti decenni dovevano ancora passare per arrivare a definire accuratamente quote fondiarie e tasse di capitale; molti Intendenti dovevano succedersi per pianificare e dare assetto più moderno alle province e alla loro gestione, ma sicuramente le leggi del 1806 sono la pietra miliare dalla quale partire per poter finalmente parlare di uno stato improntato alla modernità e con qualche connotazione di maggiore giustizia. 151
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n.127
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1801 aprile 20, Taranto
Editto del Vicario generale Antonio. Tanza sul libero transito accordato aifrancesi. ASDT, Registro degli Editti, 1801 , fol.88v.
Il Vicario Generale Antonio Tanza inoltra questo editto perché venga pubblicato in tutte le chiese della Diocesi e perché tutti gli ecclesiastici dell 'uno e l'altro Clero ne facciano capire l'importanza. Con la pace · tanto sospirata, è stato accordato alle truppe francesi il libero transito nel Regno, per la sicurezza del quale sono stati impartiti ordini ai Ministri regi e militari. Ma per assicur"a re la quiete pubblica, il Re desidera che sia la voce della religione ad inculcare i doveri da segUIre In questa situazione. Tanza ricorda a tutta la popolazione della Diocesi che vi è obbligo di obbedire alle disposizioni del 152
Re che sono sempre dirette al bene dei suoi sudditi, tanto più quando sono ordini relativi ai più sacri diritti del Sovrano: quelli di pace e di guerra. Aggiunge che se si è avuto il prezioso dono della pace, tanto più bisogna sentirsi obbligati all'amore, alla benevolenza, all'ospitalità e all'amicizia verso i francesi, non solo per evitare le pene stabilite per i disubbidienti, ma per principio di coscienza ai comandi del Re. Raccomanda inoltre che è necessario ribadire che quanto aveva portato ostilità nei confronti di una Nazione amica non era brutale furore , ma solo principio di obbedienza agli ordini del Re che, se seguiti in tempo di guerra, devono esserlo ancora di più in tempo di pace. 127.
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n.128
1801 maggio 13, Taranto
Lettera circolare del Vicario generale Antonio Tanza sul trattato di pace. ASDT, Registro degli Editti, 1801 , fo1.86v.
Il Vicario generale Antonio Tanza con lettera circolare rende noto un dispaccio del 2 maggio 1801, proveniente dalla Real Segreteria di Stato e Guerra, contenente la Sovrana Risoluzione del 21 Aprile 1801 sul trattato di pace stipulato tra la Corte di Napoli e la Repubblica francese. Attraverso il dispaccio, il Re intima ai suoi sudditi di dimenticare quanto è accaduto durante la guerra, di eliminare ogni animosità verso i francesi e di recuperare l'armonia che c'era in tempo di pace. Il Sovrano, sicuro della lealtà del governo francese, intende far rispettare esattamente le convenzioni contenute nel trattato e si augura ·che la presenza delle truppe francesi sia un freno per i malintenzionati che volessero turbare la tranquillità pubblica, dato che i comandanti francesi hanno l'ordine' di sedare qualunque forma di protesta e di schiacciare sul nascere qualsiasi mossa sediziosa contro la quiete del Regno.
Il Sovrano comanda inoltre che i sudditi del Regno usino verso i francesi, soprattutto se generali e comandanti, forme di cortesia e di ospitalità, in modo da dar loro l'idea di trovarsi tra gente leale e cortese. Per coloro che dovessero recare offesa o danno alle truppe francesi, è previsto il massimo rigore "ad modum belli". Il Re dispone inoltre che tutte le autorità militari, politiche ed ecclesiastiche del Regno rendano note le sue disposizioni con lettere circolari. In osservanza di tali ordini, in data 13 maggio, viene inoltrata questa lettera circolare perché le disposizioni reali siano pubblicate nella Cattedrale e in tutte le chiese dell'Arcidiocesi e perché vengano inculcati nella popolazione gli esatti adempimenti.
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1801 maggio 19, Taranto
Protesta per danni alla pesca provocati da soldati francesi. ASTa, notaio Massarotti Ignazio, Taranto, 1801, scheda 273, cc.32r-37r
Filippo Fanuzzi e Giuseppe di Florio, conduttori delle acque del fosso del Mar Grande e del Mar Piccolo, denunciano il fatto. che i soldati francesi acquartierati nel Castello sono soliti calarsi nel punto del fosso detto "Gradone" per prelevare le cozze. Gli stessi attestano che, nonostante il ricorso fatto al regio visitatore don Domenico Acclavio e all'amministratore generale della Regia Corte di Lecce Ignazio Maria Marrese, il fatto persiste: alcuni soldati francesi calano i panieri ad altri che a nuoto passano il canale prelevando tutte le cozze presenti nelle adiacenze del Castello fin sotto i ponti, recando danno anche alla pesca dei "voscioli". Un altro atto di denuncia redatto dal notaio Pasquale de Quarto di Taranto porta il regio visitatore Acclavio a protestare presso il tenente generale de Bourcard; ma la situazione non cambia, anzi si inasprisce in quanto i soldati francesi cominciano anche a tirare pietre dal Castello ai custodi del fosso, procurando danno alle reti destinate alla pesca dei "voscioli". I conduttori chiedono allora ai notai Ignazio Massarotti, Lorenzo Paolo de Giuseppe, Pasquale de Quarto e Tommaso
Valentini di Taranto e Michele Greco di Martina di recarsi sul luogo ad osservare di persona ciò che accade di solito. Incontratisi tutti fuori Porta Lecce vicino al ponte vecchio, dirimpetto alla porta segreta del Castello, il gruppo dei notai, guidati dai conduttori suddetti, vedono 12 soldati francesi che, nuotando nel canale detto la "Posta", prelevano cozze nere dal fondo, altri che si mantengono a galla poggiandosi sulle reti lacerandole e altri ancora che portano 50 sacchi pieni di cozze. Sorpresi dai custodi in barca, i soldati reagiscono violentemente. Spostati si nel luogo detto la "Fontanella" dalla parte di Mar Piccolo, i notai osservano ancora altri soldati in acqua che prelevano altre cozze direttamente dai pali. I conduttori Fanuzzi e di Florio ribadiscono, infine, le conseguenze disastrose che questa situazione comporta non solo all'allevamento delle cozze ma anche alla pesca dei "voscioli".
n.130
1801 giugno 5, Martina
Attestato sul precario stato di salute del sindaco di Martina impegnato ad alloggiare le truppe francesi. ASTa, notaio Ancona Domenico Filippo, Martina, minutario, 1799-1803, scheda 231 , cc.442r-444v
I dottori fisici e cerusici Alfonso Carella e don Angelo Ancona di Martina, in 155
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esecuzione degli ordini della Corte Ducale di Martina, dichiarano come medici ordinari di don Ambrogio Basil'e, sindaco di Martina, il precario stato di salute del loro paziente. Questi fu colpito da un'insolazione mentre, su ordine degli "Ufficiali regi", andava in giro nel territorio martinese a raccogliere paglia "per approvisionare la truppa francese".
n. 131
·1801 giugno IO, Massafra
Dichiarazione a favore del percettore della gabella del pane contro i soldati francesi. ASTa, notaio Madaro Onofrio, Massafra, 1801, scheda 334, cc.4r-5r
Il lO giugno 1801 Vincenzo Penna, Gennaro Petruzzi, Pasquale D'Amati, Domenico Laterza, Giuseppe Pulignano, Giuseppe De Felice e Vincenzo Giovinazzi, tutti di Massafra, rendono una dichiarazione giurata a favore di Tommaso Chiariello, perc«ttore della gabella del pane, circa quanto stava accadendo in città. Affermano, infatti, di aver potuto osservare i soldati francesi, ·dimoranti nel comune di Massafra, vendere le loro razioni di pane "agli uomini di campagna" e ad altri cittadini ad un prezzo inferiore di quello della città perchè non gravato di gabella. Questo andazzo aveva provocato, perciò, una diminuzione della panificazione e della vendita del prodotto soggetto alla gabella. 156
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n. 132
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1801 luglio 30, Massafra
Accertamento dei danni causati dagli occupanti francesi al palazzo AmatiCasavola di Massafra. ASTa, notaio de Sanguine Giovanni Battista, Massafra, 1801, scheda 262, cc. 108v-1 09v
Nicola e Giuseppe Frappietri, maestri falegnami e Ignazio Scarcia e Vincenzo Castigli, maestri muratori, accertano l'ammontare dei danni causati al palazzo Amati-Casavola, sito in Massafra, ad opera delle truppe francesi che ivi avevano soggiornato per circa tre mesi continuativi durante l'occupazione della città. Il palazzo, appartenente alla signora Grazia Amati, vedova Casavola, ai figli Nicola, Gennaro e Francesco, unitamente a Don Felice Fratti de Casavola, è sito in località "La Gravina", attaccato al ponte. Dichiarano i maestri falegnami che i danni a porte, finestre e stipiti, comprese chiavi e ferramenti~ ammontano a 50 ducati. I maestri operai a loro volta accertano un danno per complessivi 12 ducati; si devono infatti effettuare lavori diversi alle strutture murarie, nonchè la ripulitura dei pavimenti dal letame ivi presente.
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n.133
1801 settembre 26, Taranto
n.134
1801 novembre 1, Taranto
Invito del visitatore economico Domenico Ace/avio rivolto al sindaco di Tar.anto per l'imposizione di una gabella.
Editto di Monsignor Capecelatro sulle modalità di proseguimento degli studi in seguito all'occupazione del Seminario.
ASTa, Comune di Taranto, Conclusioni del Decurionato, 1784-1830, b.7, c.1 08r
ASDT, Registro degli Editti, 1801 , fol.95r.
Il Visitatore economico Domenico Acclavio invia al sindaco di Taranto Cataldo Galeota l'invito affinchè il parlamento cittadino imponga "qualche gabella che sia il meno che si possa onerosa alla popolazione". Tale richiesta nasce dalla necessità di dover provvedere ad urgenti opere pubbliche che non potevano essere eseguite per mancanza di fondi nelle casse del Comune. La città, infatti, dovendo "accorrere alle multiplici spese alle quali tutto dì soggié!ce per la permanenza della truppa francese stabilita in quartier generale", aveva sostenuto spese superiori alle rendite comunali lasciando scoperti perSInO l pagamenti fiscali cui era tenuta.
Durante l'occupazione delle truppe francesi il Seminario viene occupato e quindi i giovani ecclesiastici non hanno più la possibilità di continuare i loro studi. Per questo motivo, l'Arcivescovo Capecelatro emana un editto e tramite il Vicario Generale, l'abate Antonio Tanza, ordina che lo stesso venga affisso nella Cattedrale secondo le forme stabilite di affissione e defissione. Malgrado le incessanti premure dell' Arcivescovo, il Seminario non può essere disponibile in breve tempo, per cui Egli dispone che agli studenti privi di mezzi economici sarà data una somma di danaro sufficiente per pagare gli studi presso le case di alcuni canonici da lui indicati. Questi sacerdoti, continua la lettera, adempiranno degnamente ai loro doveri verso i giovani ecclesiastici meno abbienti
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nei quali l' Arcivescovo nutre molta fiducia. Questa opportunità offerta ai giovani studenti poveri dà loro la possibilità
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di conseguire l'attestato di profitto senza il quale non potrebbero mai essere ammeSSI alle future ordinazioni.
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n.135
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1801 novembre 24, Martina
Consegna al notaio di un documento originale relativo alla sostituzione di Francesco Giacomo Basile nel Reggimento di Cavalleria. ASTa, notaio Semeraro Marco Vincenzo, Martina, 1801 , scheda 318, cc. 351v - 353r
Sventato ormai ogni tentativo rivoluzionario nel Regno di Napoli da parte dei francesi invasori e dei "sediziosi" nemici interni, a Ferdinando IV ' sembrò il momento opportuno per riorganizzare i corpi militari ed operare una più regolare distribuzione degli stessi al fine di difendere più stabilmente il territorio e assicurare la pubblica tranquillità tra i suoi cittadini. Pertanto il Sovrano a partire dal 12 luglio 1800 emanò una serie di decreti atti . al raggiungimento di tale scopo, disponendo che nei suddetti corpi militari fossero inseriti gli individui arruolati con la leva del 2 settembre 1798, oltre a quelli che si trovavano nelle milizie provinciali, ed infine i volontari che volessero servire nei reali eserciti.Si prevedeva inoltre la sotituzione per chi non avesse potuto prestare il proprio servizio a difesa della patria. In questo contesto riorganizzativo si inserisce il documento relativo a Francesco Giacomo Basile di Martina il quale dichiara di essere stato convocato da Ambrogio
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Agabita, ufficiale del Reggimento di Cavalleria, per ricevere la filiazione ed essere incorporato ,nel suddetto reggimento come individuo ascritto nella leva forzosa del 2 settembre 1798 per la quota dell 'Università di Martina. L'attestante tuttavia sostiene di aver presentato un suo sostituto in Capua il 24 ottobre 1798 che fu arruolato al suo posto dal brigadiere dei Reali eserciti e colonnello del Reggimento di Fanteria Guglielmo . Dillon, incaricato de Il 'ammissione dei miliziotti. A tal proposito, quindi, per suffragare ·la sua testimonianza, Francesco Giacomo Basile consegna il documento originale, relativo alla sostituzione operata nel f 798, al notaio Semeraro affinchè questi la consegni personalmente in copia legale all 'ufficiale del Reggimento Agabita.
n.136
s.d. (ma 1802), Manduria
ASNa, Visite economiche, Manduria, bb. 601-602, fasc.85
Il sindaco di Manduria, Costantino Primiceri lamenta come "dopo essere stati esposti a tutte l'esorbitanze di una truppa transitante senza ordine e che con violenza voleva ciocchè chiedeva, si è avuto il dolore di restar mortificati su la lealtà de conti dati". Primiceri fa riferimento alle spese e alle vessazioni sopportate dalla città di
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Manduria nel 1801 durante il passaggio delle truppe francesi; a tali disagi si era aggiunta la mortificazione di vedere contestati i conti di tali spese che il 19
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giugno 1801 gli amministratori comunali avevano presentato all'avvocato fiscale Winspeare per essere approvati.
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S.d. (ma 1802), Manduria
Costo di una razione di sale per ogni soldato francese di passaggio nella città di Manduria.
Costo di una razione di vino per ogni soldato francese di passaggio nella città di Manduria.
ASNa, Visite economiche, ·Manduria, bb.601-602, fase. 85
ASNa, Visite economiche, Manduria, bb. 601-602, fase. 85
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s.d. (ma 1802), Manduria
Bi/ancio delle spese per l'acquartieramento delle truppe francesi in transito nella città di Manduria.
Bi/ancio delle spese sopportate dalla città di Manduria per alcuni soldati francesi ammalati.
ASNa, Visite economiche, Manduria, bb. 601-602, fasc. 85
ASNa, Visite economiche, Manduria, bb. 601-602, fasc . 85.
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n. 142
1802 aprile 23, Martina
Consenso prestato su uno scambio di soldati per la leva provinciale di Martina ASTa, notaio Semeraro Marco Vincenzo, Martina, 1802, scheda 318, cC.83r-83v
Maria Nunziata Lisi di Locorotondo sposata e residente in Martina è legittima moglie di Giuseppe Chimenti di Martina. Quest'ultimo è stato dato in cambio di Luigi Giovine di Ostuni per soldato di nuova leva, perchè servisse per 5 anni nello "squadrone provinciale di Lecce" secondo i reali ordini. . L'attestante presta il suo consenso affinchè, suo marito serva per 5 anni in cambio di Luigi Giovine da soldato nello squadrone provinciale di Martina, ma non in altri luoghi nè per un tempo che non siano i 5 anni.
n.143
1802 giugno 24, Massafra
Dichiarazione giurata sui fatti accaduti a Massafra durante una notte del mese di marzo 1802 ASTa, notaio Castronovo Michele Angelo, Massafra, 1802, scheda 328, cC.79r-82r
Francesco Riccio, quella notte mentre era in compagnia del capitano francese don Francesco Saverio Lamotthe, comandante 164
la piazza di Massafra, vide arrivare nel castello, dove alloggiava l'anzidetto comandante, i dottori fisici Nunzio Francavilla e Giovanni Loviello ed i notai Giovanni Izzinosa e Nicola Giannotta perchè invitati dallo stesso Lamotthe. Il capitano francese aveva invitato i notai e i dottori fisici per tentare di ricomporre una lite sorta tra essi e l'ex governatore di Massafra Gioacchino Perelli. Il Perelli, viene attestato dal notaio Giaoootta, si era reso reo di varie malefatte, di aver cioè "occultato omicidi, infanticidi, ladri di strada pubblica, reo di sodomia ed altri delitti". Il capitano Lamotthe chiede comunque un atteggiamento di maggiore comprensione nei confronti dell'ex governatore ormai vecchio e malandato.
n. 144
1802 giugno 26, Martina
Convenzione stipulata per uno scambio di persona per la leva provinciale di Martina ASTa, notaio Cito Francesco Maria, Martina, 1802, scheda 245, cc. n.n.
Don "Ambroggio" Basile di Martina, che agisce per conto del fratello Francesco Giacomo, viene a convenzione con mastro Vincenzo Cito di Martina affinchè questi vada a servire nella Milizia Provinciale in vigore dei Reali ordini al posto di
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Francesco Giacomo per la somma di 60 ducati. "Ambroggio" promette di pagare 30 ducati, subito, all'atto di presentazione del Cito dinanzi a Sua Eccellenza Marchese della Schiava Preside della Provincia. Gli altri 30 ducati saranno corrisposti all' atto della chiamata a servire nella "milizia viva fuori della propria Padria".
n.145
1802 agosto 16, Martina
Dichiarazione relativa al matrimonio di un giovane arruolato come "soldato miliziotto ". ASTa, notaio Semeraro Marco Vincenzo, Martina, 1802, scheda 318, cc.174v-175v
Vitantonia D'Arcangelo di Martina dichiara di aver già contratto matrimonio "per verba de futuro" con Angelo Vito Liuzzi della stessa terra con l'approvazione dei rispettivi genitori. Nonostante il futuro sposo si trovi ascritto, in base agli ordini sovrani del 2 settembre 1798, come "soldato miliziotto" della nuova leva della quota di Martina del suddetto anno, la attestante esprime il desiderio di unirsi ugualmente in matrimònio con il Liuzzi dichiarando che, se non dovesse trovare uno scambio in sua vece, il suo sposo continuerà ad essere "soldato miliziotto provinciale".
n.146
1803 marzo 26, Taranto
Attestato riguardante una violenta lite con ferimento di un ufficiale napoletano, la sera del 22 aprile 1802. ASTa, notaio de Vincentiis Domenico Antonio, Taranto, 1803, scheda 333, c.20r
Il reverendo Paolo Riscelli dell'ordine dei Padri minimi di S.Francesco di Paola ed il sacerdote Luigi Putignano dell' ordine di S.Giovanni di Dio, entrambi di Taranto, col permesso della Curia Arcivescovile fanno il seguente attestato. Il reverendo Paolo Riscelli dichiara che la sera del 22 aprile 1802, verso le 22, avendo sentito delle "grida provenienti dall' Appennino" S.Domenico, affacciatosi alla finestra, vide che un ufficiale napoletano stava litigando con Raffaele Luccarelli perchè pretendeva di essere alloggiato nella sua casa. L'ufficiale, pur avendogli il Luccarelli data la propria disponibilità, "non volle nulla sentire" e gli diede una "guanciata" che gli "fece uscir del sangue dalla bocca" e lo fece cadere. Il Luccarelli, rialzatosi, riferisce ancora il Riscelli, disse che sarebbe ricorso ai suoi superiori; ma l'ufficiale, estratta la "sciabla", incominciò a dargli "dè colpi". Accorse in aiuto del Luccarelli suo figlio Giuseppe Cataldo il quale, essendo nei pressi e avendo visto quanto accadeva, diede una spinta all'ufficiale che, cadendo, "urtò colla faccia alla sua sciabla ignuda" 165
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procurandosi un taglio al mento con fuoruscita di sangue. Il sacerdote Luigi Putignano a sua volta attesta, in aggiunta a quanto detto dal Riscelli, che dal posto dove si trovava non ha potuto vedere se la sciabola dell 'ufficiale fosse sfoderata o nel fodero, nè da dove fuoruscisse il sangue del detto ufficiale dopo la caduta. Afferma però di aver visto in seguito fuggire Giuseppe Cataldo Riscelli.
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prendeva dal vicino bosco di pini con la "redina" (specie di barroccio impiegato per trasporti di breve percorso) del monastero. Evitava di fare ritorno in Massafra per non transitare nelle vicinanze dei soldati francesi scongiurando, così, un' eventuale requisizione della "redina".
n. 148
1803 novembre 21, Taranto
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Convenzione con uno scultore napoletano per ornare la tomba del generale francese Laclos
Dichiarazione giurata sulla presenza di soldati francesi.
ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1803, scheda 297, cc.235v-238v
ASTa, nòtaio Castronovo Michele Angelo, Massafra, 1803, scheda 328, cc.66r-67r.
Saverio Greco, ingegnere e gerente gli affari del Genio francese stanziato con le truppe nella città di Taranto, quartier generale~ del Departo di Puglia, stipula una convenzione con lo scultore napoletano Giuseppe Pagano abitante da diversi anni in Taranto. L'ingegnere per conto dello Stato Maggiore e degli ufficiali dell'artiglieria . francese commissiona allo scultore una statua in pietra martinese per ornare la tomba del generale francese di artiglieria Lac1os. Il generale era morto poco tempo prima nel palazzo di Giuseppe De Sinno, dove aveva il suo alloggio. Il suo cadavere era stato trasportato e seppellito nell'isola di S.Paolo in Mar Grande, lontana dal porto di Taranto sei miglia circa.
n.147
L'Il giugno 1803 su richiesta del monastero di S. Benedetto di Massafra, Domenico Giovanni Guffreda e Michele Scarcia, entrambi di Massafra, si costituiscono davanti al notaio per rilasciare una dichiarazione giurata. Essi attestano che il "trainiere" Gioacchino Tisci, a servizio delle monache di S. Benedetto, aveva dimorato dal marzo 1802 fino a circa la metà di aprile 1803 nella masseria "Popa", di proprietà del monastero, nei pressi della quale erano acquartierati i soldati francesi. In detta masseria, "ove stava giorno e notte" il Tisci, scaricava la legna che 166
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Per onorarne e tramandarne la memoria lo Stato Maggiore francese aveva deciso di allestire nel nuovo forte che si stava costruendo su quell' isola una tomba "affinchè in ogni futuro tempo se ne avesse della memoria". La convenzione, che si articola in otto punti , prevede che Pagano debba scolpire due statue rappresentanti una il Tempo e l'altra la Poesia, entrambe dell' altezza di palmi sei e mezzo (quasi due metri), complete di emblemi. Lo scultore si obbliga inoltre a scolpire altri ornamenti per l'urna oltre a due "trozzi d' artigliaria" e "due sfingi". Le sculture dovranno essere eseguite sulla base dei modelli conservati dal Comandante del Genio Dhautpul. Per il lavoro, che dovrà essere consegnato nel termine di quattro mesi, Pagano riceverà duecentoventi ducati d'argento. Fra le clausole SI stabilisce infine che, partendo le truppe francesi dal Regno di Napoli prima
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del termine dei lavori, il Pagano dovrà essere pagato per il lavoro fatto fino a quel momento. 148.
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n. 149
1803 dicembre 9, Manduria
lJiéhiarazione relativa alle spese erogate per l'approvvigionamento delle truppe francesi di passaggio in Manduria. ASTa, notaio de Giorgio Carlo, Manduria, 1803, scheda 298, cc.101r-l02v
Il Sindaco e gli uditori della Università di Manduria informano il governatore politico della suddetta città circa un problema sorto per la fornitura destinata alle truppe francesi stanziate nel loro territorio. Questi i fatti: il comandante francese Roche, di stanza in Manduria, aveva richiesto all'amministrazione locale molte vetture e cavalli con "boni" non vistati dal comandante di piazza Napolitano. I rappresentanti dell 'Università allora, non potendo sostenere le spese richieste dai padroni delle vetture, ~vevano informato il comandante francese che, in assenza di un suo intervento economico, come era accaduto per il passato, essi sarebbero stati impossibilitati a provvedere alla suddetta fornitura. Gli amministratori comunali si dichiarano, quindi, estranei ad eventuali futuri disguidi, attribuendone la responsabilità al comandante di piazza Napolitano, il quale aveva" stimato di bene" allontanarsi proprio nel momento in
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cui le truppe francesi, provenienti da Otranto, Lecce e Gallipoli, erano di passaggio in Manduria. Il governatore della città, dopo aver ascoltato il Sindaco e gli uditori, non rientrando nelle sue competenze l'erogazione di spese per la fornitura alle truppe francesi, promette di fare un "formale rapporto" al Preside della Provincia per ulteriori provvedimenti.
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1804 giugno IO, Martina
Testimonianza giurata di alcuni membri della banda musicale annessa alle truppe francesi. ASTa, notaio Greco Gaetano Dionisio, Martina, 1804, scheda 303, cc.91r-93r
I coniugi Giovanni Cipelletti di Cremona e donna Cristina Colomba di Milano, membri addetti alla banda della truppa francese residente in Martina, con autorizzazione del comandante Crepard, rendono una dichiarazione a favore di Giuseppe Nicola e Vincenzo Selvaggi, padre e figlio, in casa dei quali erano alloggiati. I Selvaggi, accusati di omicidio nella persona di Raffaele Fischetti, vengono scagionati dai suddetti testificanti.
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n.151
1804 luglio 14, Taranto (25 messidoro anno 12)
' Inventario delle "robe" depredate ad un chirurgo napoletano da parte di una lancia francese. ASTa, notaio Leo Francesco, Taranto, 1804, scheda 338, c.16r
L' inventario, in lingua francese, è allegato, insieme alla descrizione di quanto accaduto, ad un atto di procura col quale il medico napoletano, residente in Siracusa, Pietro Crocillo: fa presente al generale francese Saint Cyr, ("San 'Ciro" nel documento) come e di quanto egli sia stato "predato" .. Il Crocillo, rivolgendosi al generale "San Ciro", nella lettera di accompagnamento allegata all'atto di procura presentata dal procuratore Cataldo Galeota, spiega come egli, il12 giugno 1804, verso mezzogiorno; navigando da Malta verso Siracusa su un bastimento inglese nominato "Santa Maria di puerto Salvo", giunto al Capo di
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Morreporco, e precisamente in vista del castello Moriace, sia stato assalito da una lancia con "paviglione" frances~, nascosta "dentro un grottone del detto Capo". Spiega inoltre di essersi dichiarato un "Napoletano" e di aver 'esibito tutte le sue "carte" che lo giustificavano, ma di non essere stato ascoltato, anzi di essere stato fatto prigioniero insieme a tutto l'equipaggio. Alle sue rimostranze gli venne risposto di rivolgersi al generale francese di stanza in Taranto. Partiti quindi alla volta di Taranto, verso le ore 4 di Spagna di detto giorno, la lancia t "speronara" f rancese pre d o" un a lra siciliana con bandiera napoletana carica di vino. Verso le ore "dieci di Spagna" il comandante francese ordinò al suo equipaggio di "spogliare tutti i prigioneri dell'una e dell'altra speronana" e di farli sbarcare. Il Crocillo aggiunge di essere stato lasciato al Capo di Santa Croce presso la città di "Agosta" e di essere stato fatto anche segno di colpi di fucile da parte dell' equipaggio francese.
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n. 152
1804 luglio 20, Taranto
Risarcimento di danni causati dalle truppe francesi al giardino del convento di S. Teresa di Taranto '.
ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1804, scheda 297, cc.303r-308v
Domenico Acclavio, regio amministratore dei beni del soppresso monastero di S. Teresa di Taranto, in adempimento di un reale dispaccio, corrisponde una somma a Pietro Antonio Palmisano come risarcimento dei danni subiti dal giardino del suddetto convento. N elI' anno 180 l, infatti, per l'arrivo delle truppe francesi in città, erano stati requisiti diversi conventi, tra cui il convento di S. Teresa, adibito ad ' ospedale militare. Il giardino del convento, tenuto in fitto dal Palmi sano per settanta ducati all'anno,era stato danneggiato sia dalle truppe di guardia all' ospedale sia perchè i soldati morti venivano lì seppelliti. La situazione non era migliorata con la partenza dei francesi: danni continuarono ad essere cagionati dai "Cacciatori apruntini" succedutisi nella guardia del convento (ridotto ad arsenale) e, in ultimo, dal ritorno delle truppe francesi.
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n.153
1804 settembre 20, Taranto
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153.
&ioglimento di società per la fornitura di viveri e foraggi alle
truppe francesi ASTa, notaio VaIentini Tommaso, Taranto, 1804, scheda 297, cc.342r-348v
Francesco Cazalet, ''manutenzionario generale dè viveri e foraggi per le truppe francesi" stanziate· nel Regno di Napol~ dichiara di aver stipulato qualche tempo prima una convenzione con Slgnon Denantes e Baugè per la fornitura di viveri e foraggi all'annata francese. La costituzione della società, descritta in sei articoli ed espressa in lingua francese, comportava il deposito di circa cinquantamila ducati. Poichè il signor Baugè non aveva ottemperato agli obblighi stabiliti negli articoli del contratto, Cazalet dichiara sciolta la società e chiede che il socio presenti subito i conti della sua amministrazione per i mesi di gennile, fiorile, pratile, messidoro, termidoro e fruttidoro.
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n. 154
1804 settembre 27, Taranto
impiegati e giornalieri dei magazzini del vino e dei foraggi.
Convenzione per la fornitura di viveri alle truppe francesi di stanza a Taranto
154.
ASTa, notaio Valentini Tommaso, Taranto, 1804, scheda 297, cc. 353r359r
Il francese Francesco Chegnet stipula una convenzione con Michele Piria di Scilla, subappaltatore della fornitura di viveri e foraggi per le truppe francesi di stanza e di passaggio nelle piazze di Taranto, Francavilla, Massafra e Martina. Francesco Chegnet SI impegna a distribuire le . razioni di pane, riso, sale, carne e legna alle truppe francesi della sola piazza di Taranto, compreso l'ospedale militare. Il prezzo di ogni razione sarĂ di circa otto grana e per tutte le razioni il francese si impegna a versare al Pria mille ducati in contanti e altrettanti in derrate. Si stabilisce inoltre che Chegnet consegnerĂ gratuitamente dieci razioni al Pria, tre al capo magazzini ere e le occorrenti razioni agli 174
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n. 155
1805 giugno 21, ~assafra
Attestato sull'acquartieramento delle truppe francesi nel comune di Massafra ASTa, notaio Casulli Angelo Maria, Massafra, 1805, scheda 287, cc.22Or-223r
Il 21 giugno 1805, si presenta spontaneamente, dal notaio Angelo Maria Casulli di Massafra, un gruppo di autorevoli esponenti della comunità massafrese composto da: don Donato Brunetti, don Antonio D'Elena, dottor Francesco Saverio de Sanguine, Vito Domenico Ispinosa e i canonici Domenico Nicola e Francesco Flemma, Vincenzo Bernalda e Giacomo Giovinazzi. Tutti dichiarano e attestano sotto giuramento che quando, ai primi di luglio 1803, i francesi entrarono nel Regno di Napoli, in Massafra fece il suo ingresso un battaglione di circa settecento soldati svizzeri che si sistemarono parte nel convento di San Agostino, altri nel castello, e altri ancora nelle case private di Santaguida e Montimurro e anche nel corpo di guardia situato nella Piazza. Aggiungono inoltre che l'Università di Massafra si era assunta l'onere di provvedere a tutti i bisogni della truppa e, tra le altre cose, al reperimento delle lenzuola di tela e dei paglioni dove dormire, non essendo disponibili le "lettiere". I soldati si adattarono a dormire sui sacconi di paglia sostituiti ogni mese perchè, a contatto col
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terreno, SI nempivano di insetti. Ma in seguito, nell'ottobre 1803, a causa di nuove proteste, il sindaco fu obbligato dal tenente colonnello svizzero a recarsi a Taranto, per procurare ai soldati delle letti ere di canna da sistemare sopra tufi. Proseguendo nelle loro dichiarazioni i massafresi attestano anche che, nel dicembre del 1803, il battaglione svizzero lasciò Massafra e fu sostituito dalla "prima leggiera francese".Quest'ultima, rifiutando di dormire nelle "lettiere di canne", occupò con la forza abitazioni private rimanendovi per molti giorni fino a quando non ottenne delle lettiere in legno (in parte costruite a Massafra e in parte fatte venire da Palagiano e da Grottaglie o procurate presso il Regio Magazzino di Taranto). Dichiarano inoltre che i francesi avevano preteso anche della paglia nuova per i sacconi, lenzuola pulite, paglioni e trecentonovanta coperte. Anche questa volta era stata sempre l'Università di Massafra a sostenere tutti gli oneri derivanti dall'occupazione militare. Il 20 dicembre 1803 era, poi, giunto a Massafra il "Secondo Battaglione della prima leggi era Francese", composto da circa seicento soldati, e a febbraio 1804 una compagnia di Granatieri che si era fermata nel paese sino a tutto il mese di ottobre dello stesso anno. Ricordano anche che a Massafra avevano sostato tutte le truppe provenienti da Tara~to, quelle di passaggio e quelle che si erano date il cambio nella città di Taranto .. 175
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I massafresi, dinanzi al notaio, non mancano di attestare che il prezzo della paglia, a causa della sua scarsitĂ , a gennaio del 1804, poteva raggiungere anche "carlini venti il cantaro". L'ultima attestazione riguarda i costi dei
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trasporti: il prezzo di una vettura per trasporto è "di carlini venti per ogni giornata di carrozzina andandosi in Taranto, mentre raggiunge i quattro ducati al giorno per un viaggio fino a Gioia del Colle che dista da Massafra sedici miglia".
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n.156
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1805 luglio 17, Napoli
Trasmissione di un reale dispaccio della real Segreteria di Stato e di Azienda sull 'imposizione del dazio sul vino. ASTa, Comune di Taranto, ConclusionU del Decurionato, 1784-1830, b. 7,cc.163r-l64r
La Regia Camera trasmette, alla Regia Udienza Provinciale, alla Regia Corte di Taranto e delle cittĂ vicine, un reale dispaccio emanato dalla Real Segreteria di Stato ed Azienda in data 8 luglio con cui si autorizzava una deliberazione del parlamento tarantino. L'universitĂ di Taranto aveva, infatti, deliberato di imporre un dazio di cinque carlini a soma sul vino forestiero che entrava in Taranto per via mare o per via terra. I proventi di tale dazio dovevano essere introitati dal cassiere comunale per far fronte alle spese di mantenimento dei soldati francesi acquartierati.
n. 157
1805 luglio 18, Martina
Promessa di matrimonio di un soldato della leva, senza la nece~saria licenza. ASTa, notaio Semeraro Marco Vincenzo, Martina, 1805, scheda 318, cc.167r-168v
Vitantonio Carella di Martina, soldato miliziotto della leva del quarto squadrone di Martina, e Maria Rosa Caliandro, vedova, promettono vicendevolmente di contrarre matrimonio nel termine di due mesi. Tale accordo contrastava con gli ordini Sovrani, per i quali i soldati non potevano contrarre matrimonio se non con una licenza dei legittimi superiori del Tribunale Militare. Si evince dall'atto che per ottenere tale licenza era necessaria una ingente somma di denaro.
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n. 158
1805 luglio 18, Massafra
Sequestro dei beni degli amministratori comunali di Massafra ASTa, notaio Colafati Francesco Paolo, Massafra, 1805, scheda 332, cc. 38r-39r
Don Giuseppe Agostino Fanelli il 18 luglio 1805 rende una dichiarazione giurata sulla venuta a Massafra di don Francesco Spungano, funzionario della Regia Percettoria di Lecce. Il Fanelll attesta, infatti, che il IO dicembre del decorso anno 1804, il detto Spungano venne per riscuotere i "pesi fiscali" dovuti dall'università di Massafra, e per essa, dai suoi amministratori. Questi, nelle persone del dottor Carlo Torella Barulli, Giuseppe Tosques, notar Domenico Derrico, _Ignazio Depierris, Antonio Mastropaolo, Giuseppe Russo e Giuseppe Francavilla, riferirono al "percettore" sullo stato deficitario delle casse comunali in seguito alle migliaia di ducati occorsi per il mantenimento dei soldati francesi di stanza nella città di Massafra. A queste affermazioni lo Spungano invitò il cassiere del comune di Massafra, notar Marc' Antonio de Leonardis, a mostrargli i libri degli "esiti" e degli "introiti" per accertare se vi fosse pubblico denaro "in mano di detto cassiere".
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Dalla verifica fatta alla presenza degli amministratori si riscontrò che le uscite superavano le entrate di 170 ducati. A seguito del debito riscontrato, il "percettore" fece sequestrare i beni degli amministratori che venneto consegnati al suddetto dichiarante don Giuseppe Agostino Fanelli (presso il quale ancora si detengono), "per dame conto a quella Regia Percettoria" .
n. 159
1805 dicembre 20, Martina (
Atto pubblico sulla busso/a"
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ASTa, notaio Bruni Martino, Martina, 1805, scheda 339, cc.203r-209r
Con un dispaccio Reale, il Sovrano ordinava a tutte le terre del Regno la "reclutazione a bussola" di tutti gli individui aventi un' età compresa tra i 20 e i 40 anni; con la stessa disposizione autorizzava qualunque "bussolato" a rappresentare in sua vece un sostituto, purchè questi fosse del suo stesso paese, oppure un "soldato veterano con licenza netta". In base a quanto detto, -Gian Lorenzo De Siati di Martina, avendo il figlio primogenito in quella fascia di età, stipula un accordo con Tommaso d'Ettorre, soldato veterano: sarà il D'Ettorre a servire nei Reali eserciti invece di suo figlio 179
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Domenico, nel caso di estrazione di quest'ultimo dalle "bussole degli allistati". Il compenso pattuito. di 500 ducati d'argento sarà consegnato a Napoli dopo l'accettazione del d'Ettorre nei Reali eserciti da parte dell'Ispettore di Sua Maestà.
n.160
1806 giugno 8, Taranto.
Attestato sulle condizioni di vita della famiglia Galizia che ospita un musico francese. lì
ASTa, notaio de Vincentiis Giuseppe Nicola, Taranto, 1806, scheda 255, cC.271r-274v
Per ordine della Curia arcivescovile tarantina e del Regio Governatore (cui si è rivolto don Vincenzo Galizia), il sacerdote Cataldo Pupino, il diacono Emanuele Schinaia e il medico Domenico Ficatelli rendono una dichiarazione sulle condizioni di vita della famiglia Galizia, composta di sette persone che vIvono in poche stanze buie e malsane "a basso. la Marina". Nonostante tale situazione, la Deputazione degli Alloggi aveva destinato una delle due camere di casa Galizia per alloggio di un musico francese e 4i sua , moglie; a nulla erano valse le lamentele e i reclami del padrone di casa tanto che i figli del Galizia erano stati costretti ad alloggiare . in casa di parenti.
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n.161
1806 settembre 14, Grottaglie
Abolizione, della feudalità decretata il 2 agosto 1806. ASTa, Comune di Grottaglie, Conclusioni decurionali, 1806-1832, b.7, cc. 4r-6v
-Il primo eletto comunica ai decurioni riuniti in parlamento che nella pubblica piazza di Grottaglie è stata affissa una circolare emanata dal preside della Provincia con cui si annuncia l'abolizione della feudalità decretata dal Sovrano in data 2 agosto 1806. Il Decurionato cittadino per gratitudine e riconoscenza, per essere stata la popolazione liberata dal vassallaggio nei confronti del duca Caracciolo Cicinelli e dell' Arcivescovo di Taranto, decreta tre giorni di festeggiamenti -con illuminazioni, f\lochi di artificio e solenne Te Deum. Stabilisce inoltre che ogni anno, il 2 ago.sto, si debba ricordare tale acquistata libertà con ''una sontuosa e pomposa festa".
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n.162
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1807 luglio 13, Taranto
Lettera del Vicario Generale per la vittoria di Napoleone sui russi
ASDT, Fondo Arcivescovi, Capecelatro, b.1, fasc.8, doc.6.
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1808 febbraio 28, Taranto
Convenzione per la fornitura di quattromila razioni di viveri al giorno per le navi francesi. .
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Il Vicario generale, l'abate Antonio Tanza, invia una lettera agli arcipreti della Diocesi di Taranto per comunicare la notizia giunta dall'Intendente della Provincia della strepitosa vittoria riportata dall'Imperatore dei francesi e Re d'Italia sui russi. Incarica gli stessi di procedere subito alla pubblicazione del "Bollettino stampato", allegato alla suddetta lettera, in tutte le chiese della Diocesi e invita tutta la popolazione a radunarsi nelle rispettive parrocchie per compiere gli atti religiosi di ringraziamento.
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n. 163
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ASTa, notaio de Quarto Pasquale, Taranto, 1808, scheda 324, cC.162r-164v
Pasquale Giambarba, incaricato del servizio amministrativo del porto di Taranto, e Bartolomeo Cheynet, provveditore contabile dell' armata di terra, stipulano una convenzione per la fornitura giornaliera, alle navi francesi presenti nella rada di Taranto, di 4000 razioni di viveri. Nella convenzione si stabilisce che ogni razione sarà composta di venti sette once di pane, una "carafa" scarsa di vino, nove once di carne fresca, quattro once e mezzo di piselli o fave o fagioli, due once di riso o pasta, olio, sale e aceto. Si stabilisce, tra l'altro, che saranno somministrati la carne "senza testa nè garretto", il pane "cotto della vigilia", il vino senz'acqua e tutte le altre derrate di ottima qualità. Ogni razione sarà pagata dal signor Giambarba quattordici soldi, "moneta attuale di Francia".
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n. 164
1808 novembre 30, Taranto
Censimento della popolazione di Taranto divisa nei quattro Pittaggi. ASTa, Comune di Taranto, Conclusioni del Decurionato, 1784-1830, b.7, c.207r
Don Luigi Orlando pittaggiero di S. Pietro, don Gabriele Grossi pittaggiero di Turripenne, don Vito Massarotti pittaggiero di Ponte e don Nicola Greco pittaggiero di Baglio, espongono la situazione degli abitanti di Taran~o dopo aver esaminato i libri dello "Stato delle Anime" dei quattro rioni della città. Dalla verifica dei libri risulta che la città di Taranto è composta da 15910 abitanti e che i poveri ascendono a 3108 unità.
n. 165
1809 gennaio 15, Taranto
Delibera del Decurionato di Taranto istituito con decreto di Giuseppe Napoleone del 18 ottobre 1806. ASTa, Comune di Taranto, Conclusioni decurionali, 1784-1830, b.7
Il Decurionato, nuovo organo rappresentativo delle Università, doveva essere formato dalle persone più probe della città, dette decurioni, scelti a sorte da una lista di proprietari con non meno di 24 ducati di rendita annua.
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Il numero dei decurioni variava da un mhl.imo di dieci persone nei comuni con meno di 3000 abitanti ad un massimo di trenta nei comuni più popolosi. Il decreto del 18 ottobre stabiliva tra l'altro che almeno un terzo dei decurioni doveva saper leggere e scrivere.
n.166
1809, Taranto
Registro degli atti di nascita del comune di Taranto a tenore del Real Decreto del 29 ottobre 1808. ASTa, Stato Civile, Atti di nascita, Taranto, 1809, Vol.1
Lo Stato Civile cominciò a funzionare nel Regno di Napoli dal IO gennaio 1809 a norma delle disposizioni del Codice Napoleone e·del R. D. di Gioacchino Murat del 29 ottobre 1808. Il decreto stabilì che i sindaci dei comuni dovessero curare la formazione di tre diversi registri contenenti le nascite e le adozioni, i matrimoni e le morti; le copie di questi, alla fine dell' anno, dovevano essere depositate, una presso l'Archivio del comune, e l'altra presso la cancelleria del Tribunale di IO Istanza che per la Terra d'Otranto risiedeva a Lecce. In precedenza tali compiti erano svolti dalle parrocchie.
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1810 febbraio 25, Taranto
Trasmissione di una circolare della Sottintendenza ai Sindaci del distretto di Taranto sul ritorno del Re in Napoli. ASTa, Comune di Taranto, Conclusioni del Decurionato, 1784-1830, b. 7, cC.26Or-261 r
Il Sottintendente del distrett,o di Taranto, Cataldo Galeota, invia ai Sindaci una circolare con la quale si invitano le città a festeggiare il ritorno "di S.M. nè suoi Stati" suggerendo le , manifestazioni e le celebrazioni per solennizzare tale felice avvenimento. Si dispongono due serate di "illuminazioni generali consecutive, con messa e con sollenne Te Deum nel primo giorno festivo in rendimento di grazie dovuto all'Altissimo per la custodia che ha presa di S.M. nel di lei viaggio". Si invita inoltre a promuovere "altri segni di gioia" che possano diffondere la fiducia nell'Augusto Sovrano "dal di cui amore dipende unicamente la felicità dello Stato". La mattina del 4 marzo 1810, accettando l'invito del Galeota, nella cattedrale di Taranto viene cantata la messa con solenne Te Deum e subito dopo davanti alla chiesa vengono sparate quattro batterie di fuochi artificiali, formate da Giovanni Lo Savio "fochista" della città.
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1810 marzo lO, Taranto
Circolare del Sottintendente Galeota per solennizzare l'onomastico della Regina. ASTa, Comune di Taranto, Conclusioni del Decurionato, 1784-1830, b. 7, cc.262r-263v
Il Sottintendente ricorda al Sindaco di Taranto che il giorno 25 marzo 'ricorre "il' giorno natalizio dei nostri adorabili Sovrani ed il giorno onomastico di S.M. la Regina" e dispone che tale ricorrenza venga solennizzata. I festeggiamenti durano tre giorni durante i quali la città viene illuminata notte e giorno. Nell'ultimo di tali giorni, domenica, nella cattedrale viene celebrata una messa e cantato il Te Deum con musica eseguita dal maestro di Cappella Damiano Sorrenti (nell'esecuzione vengono impiegati tre violini, due strumenti a fiato e quattro "lautisti") Dal pulpito della cattedrale viene tenuto un solenne sermone dal predicatore quaresimale don Michele del Giudice. Infine davanti alla Cattedrale vengono sparati dei fuochi artificiali confezionati dal "maestro focaiolo" Giovanni Lo Savio, a chiusura delle manifestazioni.
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1810 dicembre 20, Taranto
Atto di matrimonio celebrato tra Giacomo Fleuret, tenente comandante della Gendarmeria Reale e Raffaella Antonia Serangio in ottemperanza alle disposizioni del real decreto del 29 ottobre 1808 del Codice Napoleone. ASTa, Stato Civile, Atti di matrimonio, 1810, reg.6, c.78r
n 170
1811 ottobre 22, Taranto
Atto di procura di Rosa Gennarini, moglie di un tenente del Reggimento di fanteria svizzera al comando del generale S. Cyr nel Regno di Napoli. ASTa, notaio de Vincentiis Domenico Antonio, Taranto, 1811, scheda 333, cC.293r-296r
La signora Rosa Gennarini, figlia del fu Michele, autorizzata da suo marito Giorgio d'Abraham, primo tenente nel reggimento di fanteria svizzera nel Regno di Napoli, sin dall'anno 1806 sotto il comando del generale S.Cyr, dovendo partire da Taranto per seguire suo marito nel reggimento svizzero, nomina suo procuratore generale speciale il signor Gaetano Gigante, affinchè faccia le Sue veci e Ìn suo nome segua i beni testamentari del padre Michele Gennarini.
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1812, Taranto
Registro partitario del Catasto Murattiano di Taranto a norma del r.d. del 4 aprile 1809. ASTa, Catasto Murattiano, vol.I
Il r.d. del 4 aprile 1809 provvide alla formazione dei Catasti provvisori i quali furono eseguiti sulla base dalle norme dettate in esso e nei successivi decreti del 12 agosto e del l o ottobre dello stesso anno. Detto descrittivo o anche provvisorio, in attesa cioè della compilazione del Catasto geometrico questo, indicato come Murattiano fino all'Unità d'Italia, comprendeva gli immobili urbani e i terreni assoggettati ad una unica imposta fondiaria; tanto che nel catasto provvisorio si trovano beni rustici e immobili di ogni genere con l'indicazione puntuale delle vane destinazioni d'uso. Successivamente venne operata una separazione tra l'imposta sui terreni e quella sui fabbricati e nel 1865, con la legge del 26 gennaio, fu sancita la nascita del Catasto urbano o edilizio.
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n.172
1812, Manduria
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1814 gennaio 24, Lecce
Registro delle sentenze del Giudicato di Pace di Manduria a norma del r.d. del 20 maggio 1808.
Sentenza di divorzio pronunciata dal Tribunale di prima istanza della Provincia di Terra d'Otranto.
ASTa, Giudicato di Pace di Manduria, 2째 Foglio di Udienza Civile, 1812, vol.l, b.l
ASTa, Stato Civile, Atti diversi per le pubblicazioni di matrimonio, Mottola, 1815, b.3, fasC.l2
Il Giudicato di Pace venne istituito dai francesi nelle Province del Regno napoletano di qua dal Faro con la legge di ordinamento giudiziario del 20 maggio 1808. Esso sostituiva, nella giurisdizione locale, le Corti regie e baronali che si erano formate pi첫 o meno disorganicamente attraverso le varie legislazioni succedutesi dall'Alto Medioevo alla vigilia della conquista napoleonica. A questa magistratura era preposto un giudice monocratico con competenze minime in campo civile e penale.
Vita Maria Carri ero di Mottola aveva presentato domanda di divorzio da suo marito Cesare Scarano condannato "alla pena dei ferri in vita ed alla esposizione alla gogna per un'ora nella pubblica piazza di Mottola". La Carriero ottiene il divorzio in ottemperanza dell' art.261 del Codice Napoleone.
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][lnledb1ccee Presentazioni :
t Benigno Luigi Papa Arcivescovo Metropolita di Taranto
pago
11
dotto Giuseppe Orlando Responsabile CRSEC T A/52
pago
12
dotto Omella Sapio Direttore dell' Archivio di Stato di Taranto
pago
14
Re Ferdinando si allerta
pago
17
Si pianta l'albero della libertĂ
pago
45
I Borboni reagiscono
pago
111
Arrivano i francesi
pago
145
Bibliografia
pago
190
Si ringrazia per la collaborazione offerta: Prof.ssa Carmen Abet, direttrice dell'Istituto Musicale "G.Paisiello" Prof.ssa Giusi Francavilla
Finito di stampare nel mese di aprile '99 Sema Industrie grafiche Taranto 099.732.55.87 Massafra 099.880.16.14