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Anno XCII - N. 1 GENNAIO 2014
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“L’Angelo in Famiglia” - Pubb. mens. - Sped. abb. post. - 50% Bergamo
Direzione ed Amministrazione: Società Editrice SS. Alessandro Ambrogio Bassiano - Bergamo - Viale Papa Giovanni XXIII, 18 - Tel. 035 212344
IN VIAGGIO… Siamo fatti per partire, per cercare sempre la fonte. Per vivere in viaggio, come pellegrini e come figli che continuamente si mettono alla sequela, alla scuola di Gesù, e che... arrivati a un punto... vivono il pensiero che hanno scritto fino a lì, solo come introduzione al tema... e vanno a capo... per continuare la storia! (Madre Teresa di Calcutta)
BUON ANNO!
Auguri di un sereno anno nel Signore
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arissimi, Dio ci sta donando un altro spazio di tempo nel quale coltivare i nostri affetti, le nostre amicizie, un tempo nel quale impegnarci nel compiere il bene, senza dimenticare che il bene è veramente tale quando ci procura una crescita spirituale e non prescinde dal rapporto con Gesù, l’Amico per eccellenza, nostro Fratello e Figlio di Dio per il quale anche noi siamo figli di Dio Padre. Vorrei che anche voi, insieme con me, ringraziaste il Signore Gesù per il dono di questo tempo che porta il nome di “Anno del Signore 2014”. Grazie Signore per questo tempo! Non sappiamo che cosa tu ci
riservi in questo anno. Noi abbiamo tanti progetti da realizzare, ma sappiamo che lo scorrere del tempo è nelle tue mani. Anche tu hai per noi progetti, magari diversi dai nostri. Tu ci hai chiamati alla vita, tu ci conosci fino in fondo, tu sai quello che veramente è bene per ciascuno di noi. Non ci sveli in anticipo le tue intenzioni se non quella di dirigerci con grande Amore verso la tua Casa. Giorno dopo giorno ci introdurrai alla lettura dei tuoi progetti. Ci saranno momenti nei quali la tua volontà ci rimarrà oscura e ci chiederemo: ‘ma perché, Signore?’. Per questo ti chiediamo con umiltà di continuare a donarci,
nel corso dell’anno, una fede robusta, capace di superare i nostri pensieri e le nostre interpretazioni immediate della tua volontà e di accogliere tutto quello che tu disponi per noi. Rendici capaci di gioire con te, di soffrire con te, di amare con te, di affrontare con te le prove della vita e di conservare anche nei momenti difficili quella serenità che è propria di chi si sente in buona compagnia perché sa adagiarsi nelle tue braccia, sicuro di essere in buone mani perché sono le mani che lo hanno fatto e plasmato. Grazie, Signore, che ci permetti di iniziare un nuovo anno. Tu ci hai condotto fin qui e vogliamo che continui a condurci per mano perché solo tu sei la Via, la Verità e la Vita. Tutto è tuo: tuo è il Tempo, tuo lo Spazio, tuo il Mondo, tua la Vita. Ti ringraziamo perché ci permetti di considerare queste realtà anche nostre: il nostro tempo, il nostro spazio, il nostro mondo, la nostra vita. Rendici sapienti, però, tanto da capire che queste realtà sono nostre nella misura in cui non dimentichiamo Te, che sei l’unico che dà significato al nostro vivere. A tutti voi auguri di un sereno anno nel Signore. Con Affetto Il vostro Parroco don Luigi
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NGOLO DELLA POESIA Ti amo terribilmente, se sbocciasse un fiore ogni volta che ti penso, ogni deserto ne sarebbe pieno.... Potrei dimenticarmi di respirare ma non di pensare a te. Il grande amore non si può vedere ne toccare, si può sentire solo con il cuore. L’amore non da nulla se non se stesso, non coglie nulla se non da se stesso. L’amore non possiede ne è posseduto: l’amore basta all’amore (Gibran Kahlil Gibran)
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Ti Amo
omenica 26 gennaio 2014 celebreremo la festa parrocchiale della famiglia, in particolare festeggeremo tutte le coppie che ricordano un significativo anniversario di matrimonio. Ci è sembrato perciò opportuno pubblicare una poesia che parlasse dell’amore. Gibran Khail Gibran nato in Libano nel 1883, fu poeta, filosofo e pittore. Visse la maggior parte della sua vita negli Stati Uniti, dove morì nel 1931. È conosciuto per i suoi scritti sui temi più importanti della vita come il matrimonio, i figli, la religione, la bellezza, la gioia, il dolore e l’amore; ed in questa poesia ci parla appunto dell’amore. Nella prima parte ci parla di un amore molto intenso, puro, che travolge tutta l’esistenza del poeta al punto che potrebbe dimenticarsi di respirare ma non di pensare all’amata. Nella seconda ci elenca le caratteristiche più importanti che dovrebbe avere l’amore, una di queste è che l’amore non è e non può essere possessivo. L’amore riguarda due persone che si rapportano alla pari con uguale dignità, diritti e rispetto. Nessuno dei due ha più diritti dell’altro e non può ritenersi il “padrone” dell’altro. Purtroppo le cronache ci informano che esiste anche l’amore “malato”, l’amore violento in cui la vittima è quasi sempre la donna. Si tratta di un rapporto sbagliato in cui l’uomo considera la donna un oggetto da possedere e di cui può disporre secondo la sua volontà, mentre la donna gli deve obbedienza. Invece l’amore va costruito, conquistato e meritato ogni giorno, solo così può diventare un vero e grande amore. Allora potremo scoprire ciò che fondamentalmente dice il poeta: l’Amore si nutre solo di Amore. 3
Vorrei circondare i BIMBI che nascono con la PREGHIERA della COMUNITÀ
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o sapete che anche le campane parlano e hanno un’anima? Basta saperle ascoltare! I rintocchi si diffondono nell’aria portati dal vento e, secondo come suonano, ci trasmettono un messaggio diverso. Lo scampanio gioioso si sente quando c’è una festa religiosa, o la celebrazione di un rito come un matrimonio, le Prime Comunioni dei bambini, le Cresime dei ragazzi o la venuta di una persona importante che potrebbe essere il Vescovo o l’elezione di un Papa ecc... Fanno i rintocchi cadenzati quando avvertono che c’è la Messa o le funzioni serali, o i rintocchi per le ore che passano. Poi c’è un suono che tutti riconoscono: quello triste di quando una persona muore, oppure quando ci avvertono della celebrazione di un funerale. Le campane sono componenti essenziali della storia di una comunità, segnando i momenti belli e tristi della vita di ogni paese e scandendo il tempo che scorre inesorabile, ma che avvicina sempre più l’uomo all’incontro con Dio. Una volta si diceva, ma io lo dico anche adesso, che le campane sono la voce di Dio che invita i suoi figli alla preghiera personale e comunitaria. Parlando di campane mi viene
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in mente la bellissima pagina dei Promessi Sposi, là dove il Manzoni descrive la conversione dell’Innominato che, sentendo le campane di tutte le chiese suonare per l’arrivo del Cardinale, sente crescere dentro di sé il desiderio di mettersi anche lui in cammino verso quell’uomo capace di smuovere tante persone e di farle convenire con “una fretta e una gioia comune” verso lo stesso luogo. Veramente le campane parlano e ci comunicano messaggi che uniscono il cielo e la terra, la terra e il cielo. Ma vorrei che insieme ai messaggi che tradizionalmente conosciamo ne aggiungessimo un altro: quello che segna la nascita di un bimbo, di una bimba.
Perché suonare solo quando una persona muore?! Non sarebbe bello suonare anche quando una persona nasce? La nascita di un essere umano è un evento straordinario, meraviglioso, oserei dire “miracoloso”. Un evento che ci dice che il mondo continua, che l’amore tra due persone si è fatto visibile in un bimbo fatto ad immagine e somiglianza di una donna e di un uomo che sono diventati mamma e papà per la prima, per la seconda o per la terza volta. Sì, è giusto che le campane, in una comunità, annuncino la nascita di una creatura. Sarà un suono gioioso,
un suono d’allegrezza. Ma vorrei anche che tutti coloro che lo sentono dicano una Ave Maria per il bimbo nato. Vorrei che come l’infermiera fascia il bimbo appena nato, così la nostra comunità possa fasciare con la preghiera la creatura venuta alla luce. Pertanto cari papà e mamme, nonni e nonne fateci sapere quando nasce un bambino perché lo vogliamo circondare con la preghiera. E la comunità pregherà per i bimbi nati anche nelle messe della Domenica affidandoli, insieme con la famiglia, alla Madonna Santissima. Don Luigi
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Preghiera… in famiglia
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razie don Luigi e don Davide! Grazie per l’opportunità ad accogliere l’invito che ci avete rivolto nel periodo di Avvento: aprire la nostra casa alla preghiera. Dopo un po’ di timore nel decidere se aderire all’iniziativa il “sì” della nostra famiglia è stato corale. Così abbiamo iniziato il 29 novembre a ritrovarci con altre persone, al primo incontro eravamo in dodici (“Come gli apostoli” ha detto qualcuno) al secondo siamo saliti a sedici (dai 6
17 anni di Michela e Lorenzo agli 85 anni di nonna Lucia) ed ognuno con la freschezza o la saggezza dei suoi anni vissuti, portava sé stesso e la voglia di conoscere questo nostro Gesù, che stava per nascere, con le proprie riflessioni, tutte belle e sempre condivise con grande rispetto. Proprio ora che scrivo, abbiamo concluso il nostro terzo incontro e ci prepariamo a celebrare la terza Domenica di Avvento (detta anche Domenica della gioia: Natale si avvicina!) e credetemi quale gioia
condividere con i vicini della porta accanto e del piano di sopra un momento dell’anno così importante. Penso con un po’ di tristezza a quando questi incontri di preghiera finiranno, ma resto fiduciosa di poterne vivere altri nella prossima Quaresima. Quando leggerete questo articolo Natale sarà appena passato, l’augurio che voglio farvi è: che la vostra casa sia sempre piena di “Gioia”. Ivana e Luciano con Valentina e Federica e la “partecipazione staordinaria” di Silvia
Alla luce della profonda esperienza di preghiera in famiglia proposta per questo trascorso Avvento, proponiamo una recente omelia del Papa sul tema della famiglia che festeggeremo in parrocchia domenica 26 Gennaio 2014 in occasione del ricordo degli anniversari di matrimonio.
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO D O M E N I C A ,
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editiamo insieme su alcune caratteristiche fondamentali della famiglia cristiana. La prima: la famiglia che prega. Il brano del Vangelo mette in evidenza due modi di pregare, uno falso - quello del fariseo - e l’altro autentico quello del pubblicano. Il fariseo incarna un atteggiamento che non esprime il rendimento di grazie a Dio per i suoi benefici e la sua misericordia, ma piuttosto soddisfazione di sé. Il fariseo si sente giusto, si sente a posto, si pavoneggia di questo e giudica gli altri dall’alto del suo piedestallo. Il pubblicano, al contrario, non moltiplica le parole. La sua preghiera è umile, sobria, pervasa dalla consapevolezza della propria indegnità, delle proprie miserie: quest’uomo davvero si riconosce bisognoso del perdono di Dio, della misericordia di Dio. Quella del pubblicano è la preghiera del povero, è la preghiera gradita a Dio che, come dice la prima Lettura, «arriva fino alle nubi» (Sir 35,20), mentre quella del fariseo è appesantita dalla zavorra della vanità.
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O T T O B R E
Alla luce di questa Parola, vorrei chiedere a voi, care famiglie: pregate qualche volta in famiglia? Qualcuno sì, lo so. Ma tanti mi dicono: ma come si fa? Ma, si fa come il pubblicano, è chiaro: umilmente, davanti a Dio. Ognuno con umiltà si lascia guardare dal Signore e chiede la sua bontà, che venga a noi. Ma, in famiglia, come si fa? Perché sembra che la preghiera sia una cosa personale, e poi non c’è mai un momento adatto, tranquillo, in famiglia… Sì, è vero, ma è anche questione di umiltà, di riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, come il pubblicano! E tutte le famiglie hanno bisogno di Dio: tutti, tutti! Bisogno del suo aiuto, della sua forza, della sua benedizione, della sua misericordia, del suo perdono. E ci vuole semplicità: per pregare in famiglia, ci vuole semplicità! Pregare insieme il “Padre nostro”, intorno alla tavola, non è una cosa straordinaria: è facile. E pregare insieme il Rosario, in famiglia, è molto bello, dà tanta forza! E anche pregare l’uno per l’altro: il marito per la moglie, la moglie per il marito, ambedue
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per i figli, i figli per i genitori, per i nonni … Pregare l’uno per l’altro. Questo è pregare in famiglia, e questo fa forte la famiglia: la preghiera. La seconda: la famiglia custodisce la fede. L’apostolo Paolo, al tramonto della sua vita, fa un bilancio fondamentale, e dice: «Ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Ma come l’ha conservata? Non in una cassaforte! Non l’ha nascosta sottoterra, come quel servo un po’ pigro. San Paolo paragona la sua vita a una battaglia e a una corsa. Ha conservato la fede perché non si è limitato a difenderla, ma l’ha annunciata, irradiata, l’ha portata lontano. Si è opposto decisamente a quanti volevano conservare, “imbalsamare” il messaggio di Cristo nei confini della Palestina. Per questo ha fatto scelte coraggiose, è andato in territori ostili, si è lasciato provocare dai lontani, da culture diverse, ha parlato francamente senza paura. San Paolo ha conservato la fede perché, come l’aveva ricevuta, l’ha donata, spingendosi nelle periferie, senza arroccarsi su posizioni difensive. Anche qui, possiamo chiedere: 7
in che modo noi, in famiglia, custodiamo la nostra fede? La teniamo per noi, nella nostra famiglia, come un bene privato, come un conto in banca, o sappiamo condividerla con la testimonianza, con l’accoglienza, con l’apertura agli altri? Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso “di corsa”, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa “corsa” può essere anche la corsa della fede? Le famiglie cristiane sono famiglie missionarie. Ma, ieri abbiamo sentito, qui in piazza, la testimonianza di famiglie missionarie. Sono missionarie anche nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede! Conservare la fede in famiglia e mettere il sale e il lievito della fede nelle cose di tutti i giorni. E un ultimo aspetto: la famiglia che vive la gioia. Nel Salmo 8
responsoriale si trova questa espressione: «i poveri ascoltino e si rallegrino» (33/34,3). Tutto questo Salmo è un inno al Signore, sorgente di gioia e di pace. E qual’è il motivo di questo rallegrarsi? E’ questo: il Signore è vicino, ascolta il grido degli umili e li libera dal male. Lo scriveva ancora San Paolo: «Siate sempre lieti… il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). Eh… a me piacerebbe fare una domanda, oggi. Ma, ognuno la porta nel suo cuore, a casa sua, eh?, come un compito da fare. E si risponde da solo. Come va la gioia, a casa tua? Come va la gioia nella tua famiglia? Eh,date voi la risposta. Care famiglie, voi lo sapete bene: la gioia vera che si gusta nella famiglia non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli… La gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono
nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio, la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E soprattutto, un amore paziente: la pazienza è una virtù di Dio e ci insegna, in famiglia, ad avere questo amore paziente, l’uno con l’altro. Avere pazienza tra di noi. Amore paziente. Solo Dio sa creare l’armonia delle differenze. Se manca l’amore di Dio, anche la famiglia perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società. Care famiglie, vivete sempre con fede e semplicità, come la santa Famiglia di Nazaret. La gioia e la pace del Signore siano sempre con voi!
PREGHIERA DEL PAPA ALLA SANTA FAMIGLIA Gesù, Maria e Giuseppe a voi, Santa Famiglia di Nazareth, oggi, volgiamo lo sguardo con ammirazione e confidenza; in voi contempliamo la bellezza della comunione nell’amore vero; a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie, perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia. Santa Famiglia di Nazareth, scuola attraente del santo Vangelo: insegnaci a imitare le tue virtù con una saggia disciplina spirituale, donaci lo sguardo limpido che sa riconoscere l’opera della Provvidenza nelle realtà quotidiane della vita. Santa Famiglia di Nazareth, custode fedele del mistero della salvezza: fa’ rinascere in noi la stima del silenzio, rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera e trasformale in piccole Chiese domestiche, rinnova il desiderio della santità, sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione, dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono. Santa Famiglia di Nazareth, ridesta nella nostra società la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, bene inestimabile e insostituibile. Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace per i bambini e per gli anziani, per chi è malato e solo, per chi è povero e bisognoso. Gesù, Maria e Giuseppe voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo.
Festa degli Anniversari di Matrimonio
Festa degli Anniversari di Matrimonio
Festa degli Anniversari di Matrimonio
Domenica 26 gennaio 2014 celebreremo la festa parrocchiale della famiglia. Alla
Messa delle ore 10 festeggeremo
in particolare tutte le coppie che ricordano un significativo anniversario di matrimonio. Chiediamo alle coppie che desiderano partecipare alla celebrazione degli anniversari di dare per tempo la loro adesione al parroco.
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o i r a i D a n u i d hista c e t a c CONOSCI GESÙ? 25 - 28 - 29!!! No, non stiamo dando i numeri, ma i risultati di un test per cercare di scoprire qualcosa di più su Gesù. Sì, perché nel nostro cammino che ci porta ad analizzare il CREDO, siamo arrivati a ‘Credo in Gesù Cristo’. E allora qua quale miglior occasione per partire da un’attività che coinvolga direttamente e praticamente i ragazzi? 10 domande, 3 risposte fra cui scegliere, 4 possibili descrizioni del nostro rapporto con il Figlio di Dio: conoscente, simpatizzante, tifoso, amico. E’ stato davvero emozionante ve-dere come i fanciulli conoscono bene Gesù. Talmente bene che più della metà ha totalizzato il punteggio compreso tra 27 e 30 (il massimo), risultando AMICO di Gesù. C’erano domande di ogni tipo, alcune più facili (ad esempio: secondo te, Gesù era ‘alto, capelli lunghi, occhi scuri’ o era ‘basso, magro e con i capelli corti’), altre più impegnative, che hanno messo in difficoltà anche noi catechiste. 10
Di fronte a una domanda come Con i suoi amici Gesù: a. Cercava di non tradire la loro amicizia b. Non aveva paura a dire loro le cose in faccia c. Si dava da fare per farli stare bene qualcuno è rimasto perplesso, altri hanno indicato correttamente la B.
Dopo aver risolto tutti i quesiti, è stata la volta dell’assegnazione del punteggio e allora via… tra l’entusiasmo di chi aveva ‘preso’ 3 punti e la delusione di chi aveva accumulato solo 1 punto. Ognuno, comunque, cercava di spiegare le proprie ragioni e ogni
tanto… non aveva tutti i torti. Alla fine grande festa perché nessuno si è fermato al CONOSCENTE (di Gesù hai sentito parlare, ti è anche simpatico, ma nulla di più) o SIMPATIZZANTE (sai solo le cose che vuoi sapere), ma tanti sono risultati TIFOSI (conosci molte cose di Gesù; se lui vince ti esalti, se qualcosa gli va storto ti abbatti… proprio come un vero tifoso. Puoi fare di più) e quelmoltissimi AMICI (non tutto quel lo che Gesù dice o fa ti è chiaro, ma lui esercita su di te un grande fascino. Lui per te è disposto a opportutto: non farti sfuggire le oppor tunità di conoscerlo più a fondo e di avere con lui un rapporto di confidenza e amicizia). Siamo rimasti tutti talmente fefe lici, che i ragazzi hanno portato a casa il test, pronti per mettemette re alla prova anche i genitori e i parenti. E capire se, alla fine, vincono il cuore, la trasparenza e l’intuito dei giovani o la conoscenza e l’esperienza dei grandi… Al momento non abbiamo ancora ricevuto le risposte di mamma e papà: sono sicura che arriveranno, ma per noi, almeno per ora, hanno vinto i ragazzi! Paola
LE VITE DEI SANTI
Sant’Antonio Abate, 17 gennaio 2014 Sant’ Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nacque a Coma in Egitto (l’odierna Qumans) intorno al 251. Figlio di agiati agricoltori cristiani, rimasto orfano prima dei vent’anni con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l’esortazione evangelica di vendere quello che possedeva e darlo ai poveri. Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo il Santo dedusse che, oltre alla preghiera, si doveva dedicare a un’attività concreta. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni si narra che fosse tormentato da tentazioni fortissime e che dubbi lo assalivano sulla validità della vita solitaria. Così la leggenda vuole che si sia confrontato con altri eremiti che gli consigliarono di perseverare nella vita da eremita e staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allo-
ra, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella roccia nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio e privo di sensi sarebbe stato raccolto da alcune persone, che si recavano alla tomba per portagli del cibo, e trasportato nella chiesa del villaggio dove si rimise. In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata con una fonte di acqua. Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio. Con il tempo molte persone vollero stargli vicino
tanto che, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio. Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, “guarigioni” e “liberazioni dal demonio”. Nel 311, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, tornò ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Tornata la pace, Antonio visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, all’età di 105 anni, probabilmente nel 356. Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco vengono posti sotto la protezione di Sant’Antonio in onore del racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori. Per questo, tra i molti malati che accorrevano per chiedere grazie e salute, molti erano afflitti dal male degli ardenti, conosciuto anche come fuoco di sant’Antonio. Sant’Antonio è anche considerato il protettore degli animali domestici, tanto da essere solitamente raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle ponendoli sotto la protezione del Santo. 11
Ricordo Ricordo L
’anno appena trascorso ha racchiuso in sé molti cambiamenti, grandi difficoltà economiche e per la nostra comunità un distacco sofferto dal nostro parroco Don Franco che è stato chiamato dal Vescovo, dopo ben 14 anni fra di noi, ad offrire il suo servizio in un altro paese bergamasco. Ci siamo sentiti orfani e, forse, ingiustamente privati della sua competenza e del suo modo semplice ma efficace di affrontare le difficoltà. L’arrivo di Don Luigi ha lenito il dolore dello strappo: con il suo sorriso ci accoglie giornalmente nella casa di Dio e con la presenza costante di Don Davide continuiamo le nostre attività comunitarie con rinnovato entusiasmo. *** Vorrei però ricordare una figura di sacerdote che ha dato molto alla Chiesa di Bergamo. Don Sergio Colombo, arrivato in punta di piedi nella parrocchia di Redona nel lontano 1981, ci ha lasciati all’inizio di ottobre. La folla di fedeli e amici che hanno partecipato al suo funerale è l’esempio lampante di come ognuno di noi lo sentisse vicino, quasi un amico esclu12
sivo tanto era la sua vicinanza alla gente nei momenti importanti della vita, nella gioia e nel dolore. Le sue omelie nelle messe funebri sapevano cogliere l’essenza della persona scomparsa donando una sorta di balsamo per affrontare la perdita della persona cara. Ha concelebrato il mio matrimonio, ha battezzato i miei figli, ha accompagnato con discrezione chi ci ha lasciato in questi anni, ci ha offerto con i suoi scritti spunti e riflessioni per interrogarci sulla nostra fede. In ultimo la testimonianza più grande viene dalla pubblicazione del suo testamento spirituale di cui vorrei riportare alcuni stralci significativi (da L’Eco di Bergamo del 15/10/13). “Sono felicissimo di avere vissuto. Ho trovato bello il tempo e il luogo che Dio mi ha dato per vivere la mia avventura fra gli uomini. Me ne vado pieno di riconoscenza per tante per-
sone che mi hanno aiutato ed insegnato a vivere: a partire dai miei genitori e della mia famiglia di Calcinate...”. “La malattia della fine mi ha portato nelle regioni più oscure della nostra fragilità. Questa discesa che ti dà un po’ di vertigine mi ha però, stranamente, reso ancora più grato e commosso per i regali che la vita mi ha fatto, di cui sono stato trop-
po poco stupito e riconoscente. Ho cercato di rispettare fino in fondo la discrezione di Dio, il suo silenzio. Ma Egli si è fatto ancora più vicino nel dono di un senso profondo di fraternità: mai mi sono sentito così fraterno, così uguale, così uno tra gli altri come in queste regioni della debolezza e della paura in cui tutti passiamo e da cui sale l’universale invocazione al soccorso e alla salvezza...”.
“Ho tanta voglia di vedere il Signore, di incontrarlo. Sono curioso di vedere che cosa saprà darmi di più di quanto mi ha già dato in questa vita. Sono emozionato nel pensare a che cosa vorrà dire per me vivere accanto a lui! Ho voglia di ritrovare alcune persone il cui distacco mi ha lacerato. Ho voglia di ritrovare la bellezza di questo mondo che abbandono con tanta nostalgia. Nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Con questo esempio ci prepariamo ad affrontare un nuovo anno e tutto quello che il Signore riserverà ad ognuno di noi, accompagnati da questa grande fede in Dio e negli uomini che Don Sergio ha dimostrato sino alla fine. (Cinzia)
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