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Anno XCII - N. 8 OTTOBRE 2014

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“L’Angelo in Famiglia” - Pubb. mens. - Sped. abb. post. - 50% Bergamo

Direzione ed Amministrazione: Società Editrice SS. Alessandro Ambrogio Bassiano - Bergamo - Viale Papa Giovanni XXIII, 18 - Tel. 035 212344

DALLA DI

PARTE

DIO

Non dobbiamo pregare per portare Dio dalla nostra parte (Dio è già per noi!), ma per avere la fede e la forza di metterci dalla parte di Dio.


Chi ben incomincia…

Chi ben incomincia…

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arissimi,

innanzitutto un bel grazie per la bella Festa Patronale che si è conclusa con una magnifica processione in onore della Madonna Santissima, la nostra Madre del Cielo, che ci ha riuniti numerosi ad onorare Gesù, suo Figlio e nostro Fratello e Signore. Possiamo dire di aver incominciato bene l’anno pastorale; ora rimane il più, e cioè il continuarlo altrettanto bene in modo che il proverbio “Chi ben incomincia è a metà dell’opera” possa risultare vero non solo nel detto, ma anche nel fatto. Ottobre è il mese dedicato al Santo Rosario e alle missioni! Il Rosario?!?! Ma, don Luigi, è una preghiera che andava bene nel tempo passato, e poi è ripetitiva, lunga, priva di fantasia… Io preferisco pregare con parole mie, ispirate dal cuore. Benissimo! Io penso, infatti, che il modo con il quale pregare sia secondario al fatto che bisogna pregare!!! Il cristiano che non sente la necessità della preghiera vive in una anoressia spirituale e prima o poi entrerà in una morte spirituale. E quello che è vero a livello personale è vero anche a livello familiare. Se in una famiglia cristiana non si sente la necessità di avere un momento di preghiera… familiare… quella famiglia, prima o poi, diventerà una famiglia nella quale si parla di tutto e si fa di tutto meno che alimentare quel rapporto con l’unico Padre che nutre l’anima della famiglia stessa, rendendola più unita e capace di perdono reciproco. Ottobre è il mese del Rosario, ma sarebbe meglio dire che ottobre è il mese nel quale la Madonna ci suggerisce che il cristiano non può fare a meno di pregare, scegliendo pure il modo che gli è più confacente, tenendo comunque presente che quando si prega insieme qualche preghiera imparata a memoria si debba usare. Ricordiamoci che il Rosario, che è considerato la preghiera dei poveri, ha formato dei santi! Ottobre è anche il mese missionario. Sarà una pura coincidenza questo binomio ‘preghiera e missione’? Penso proprio di no! Nel Vangelo Gesù ci dice: “Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt. 9,38) e anche: “Andate in tutto il mondo e pro2


clamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mr. 16,15). Preghiera e Missione! Così come non vi può essere vero cristiano senza la dimensione spirituale che si esprime nella preghiera, non vi può essere vero cristiano che non sia portatore, con la parola e con l’esempio, della buona notizia del Vangelo. Papa Francesco nel Messaggio scritto in occasione della Giornata Missionaria Mondiale ci dice che la «Chiesa è nata ‘in uscita’». La Chiesa per sua natura è missionaria. Ma la Chiesa siamo noi. Ogni battezzato deve farsi carico di trasmettere con la parola e con la vita la buona notizia del Vangelo nei luoghi nei quali vive e alle persone con le quali vive. Deve anche farsi carico, con la preghiera e la solidarietà, che la buona notizia del Vangelo possa essere conosciuta in tutto il mondo, perché tutti possano godere della gioia di sapere che c’è un Dio che ci ama e che vuole che tutti gli uomini siano salvi. «L’umanità - afferma Papa Francesco nel suo Messaggio - ha grande bisogno di attingere

alla salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall’amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell’evangelizzazione. I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie

del proprio territorio, dove vi è più gente povera in attesa». «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. Ap. Evangelii gaudium, 2). E forse è proprio per la mancanza di entusiasmo e di gioia nel vivere la nostra fede che nelle nostre comunità «…scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. […] Dove c’è gioia, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine». Abbiamo iniziato da poco l’anno pastorale nel quale siamo tutti chiamati, come battezzati, a testimoniare la nostra fede nella quotidianità del nostro vivere in famiglia, innanzitutto, e negli altri ambienti nei quali consumiamo il nostro vivere. Ma non riusciremo a svolgere questa nostra missione di testimonianza se non faremo dell’Eucaristia il centro della nostra settimana: abbiamo bisogno della Parola di Dio che ci guidi e ci incoraggi e del Pane Eucaristico che ci sostenga nella fatica, nel fare della nostra vita un costante cammino nella vita buona del Vangelo, seguendo l’esempio di Gesù. Con affetto Il Vostro Parroco Don Luigi 3


O M E L I A M O N S . A . PA G A N I in occasione della FESTA PATRONALE 7 settembre 2014

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oglio iniziare questa mia riflessione con la frase con cui Gesù conclude il brano evangelico: “In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Poichè dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Noi qui siamo riuniti nel suo nome; egli dunque è qui in mezzo a noi. E’ un atto di fede che dobbiamo fare in Gesù presente in mezzo a noi in modo misterioso ma reale, pronto ad accordarci ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno e che sia secondo la sua 4

volontà e il bene nostro. Noi tutti sappiamo e crediamo che Gesù sarà tra noi tra poco, mediante la consacrazione eucaristica che trasformerà il pane nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue. Ricevere Cristo Gesù come cibo, infatti, è il culmine della celebrazione eucaristica. Gesù stesso ci dice: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo”. Questa è una presenza tutta particolare, ma non è di questa presenza che la parola di Dio oggi ci parla, bensì di un’altra che ha luogo già adesso per il fatto che noi siamo riuniti nel suo nome, per parlare di Lui e ascoltare Lui

nostro Maestro. Anche questa è una presenza reale che dobbiamo imparare a riconoscere e a valorizzare nella nostra vita quotidiana: ogni volta che ci troviamo, fosse pure in due o tre, a pregare insieme, a leggere e meditare la parola di Dio insieme, quando ci sediamo per dialogare, magari per perdonarci qualora ci fossimo scontrati. Questo vuol dire invitare Gesù in mezzo a noi. Questo dovrebbe avvenire non solo in Chiesa, ma nei vari gruppi, come nel gruppo missionario, caritativo e così via, così pure sul lavoro e in modo particolare in ogni nostra famiglia. Famiglia, che il Concilio Vaticano II e in modo particolare


il nostro Sinodo Africano, ama chiamarla “Chiesa domestica”. Possiamo noi veramente chiamare la nostra famiglia ‘Chiesa domestica’? Dove si prega insieme, si dialoga, ci si accetta come siamo e sappiamo pure perdonarci vicendevolmente? Come è bello vedere famiglie che si incontrano nei momenti di sofferenza e così pure in quelli gioiosi. Ma nello stesso tempo come è triste vedere una famiglia o un parente che è capace di continuare giorni, settimane, mesi e anche anni nel rifiutare il perdono a chi lo chiede, nel non voler perdonare! Questo atteggiamento è come un cancro che corrode l’armonia e la pace famigliare. Questo vuol dire anche rifiutare il perdono che il Signore Gesù è sempre disposto a concederci. Oggi, nelle letture odierne, Gesù nostro Maestro è qui in mezzo a noi che ci parla: a noi metterci in ascolto profondo e attento delle sue parole. Ci propone un aspetto importante del nostro stare insieme: la correzione fraterna. In altre parole, i cristiani veri si aiutano, perciò quando sbagliano hanno il coraggio di correggersi fra loro. L’evangelista Matteo ha raccolto un certo numero di insegnamenti di Gesù nel capitolo 18mo del suo Vangelo. Gli studiosi chiamano questi insegnamenti “Il discorso di Gesù sulla comunità”. Ognuno di noi qui presente fa parte di una comunità, che può essere famigliare, parrocchiale, gruppo di lavoro o gruppo di amici. In queste comunità è facile scontrarsi, offendersi l’un l’altro e Gesù, nel brano odierno del Vangelo, ci propone appunto la correzione fraterna e ci dice come va realizzata in concreto.

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Una prima cosa importante che ci fa notare è che si deve fare qualcosa, si deve intervenire, la correzione fraterna è necessaria. Il buon Pastore nella parabola della pecora smarrita ha il do-

vere di cercarla e di fare tutto il possibile per ricondurla nel suo ovile. Questo è l’atteggiamento di Cristo Gesù: questo deve essere anche il nostro atteggiamento come cristiani, discepoli di Cristo Gesù. E’ questo il senso di tanti

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altri esempi che troviamo nella Bibbia. 4 Già nel primo libro della Genesi ricordiamo Caino il quale dopo aver ucciso il suo fratello Abele domanda a Dio: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. E la risposta è positiva. Ognuno di noi è responsabile di suo fratello e sorella. 4 Anche nella prima lettura odierna, il profeta Ezechiele è presentato come sentinella, con il compito di dare l’allarme se un pericolo minaccia il suo popolo. La sentinella era posta in alto, su una torre o sulle mura, e quando scorgeva un pericolo dava l’allarme col suono del corno, perchè tutti si mettessero in salvo. Così dice il Signore “Se tu non parli per distogliere l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te”. 4 In un altro libro della Bibbia, i così detti Proverbi, troviamo indicata quella che è la prassi del Signore: “Il Signore corregge quelli che ama” (3:12). 6

Inoltre sia qui da noi che in Malawi ci sono tanti simpatici proverbi che non sono altro che il Vangelo tradotto in spiccioli. Come ad esempio: “Dove manca la correzione, abbonda la corruzione”. “Chi ti avverte, ti ama”. “Se non hai un amico che ti avvisi dei tuoi difetti, paga un nemico perché lo faccia”... Tutto questo per dire che la correzione fraterna è necessaria. Ma Gesù non si ferma qui, passa ad indicare il come correggere e alla gradualità nel modo di intervenire. 4 In un primo momento, il più importante, ci dice che la correzione venga fatta a tu per tu e quindi con delicatezza, rispetto e solidarietà. Chi vuole correggere deve mettersi dalla parte dell’altro, non contro l’altro. Chi è corretto deve capire che lo si ama, che è per il suo bene, secondo la prassi del Signore, il quale corregge coloro che ama. Don Bosco, il grande educatore della gioventù, ci dà questo importante consiglio: “Se dovete dare un

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avvertimento, datelo da solo a solo, in segreto, e con la massima dolcezza”. Questo vale per gli educatori e, in modo particolare, per le mamme e papà nei riguardi dei loro figli. 4 Se non basta, dice Gesù, in un secondo momento la correzione sarà fatta alla presenza di 2 o 3 testimoni, e solo in un terzo momento affidare il caso alla comunità. La correzione fraterna e il come intervenire, sì è importante, ma cerchiamo di capire bene le parole di Gesù. Non è che ora dobbiamo andare in cerca di ogni sbaglio o modo di agire che notiamo negli altri, con il rischio di vedere la pagliuzza negli occhi degli altri e non la trave presente nei nostri. A questo proposito sono sapienti le parole del nostro Santo Papa Giovanni XXIII, che ci dice: “Vedi ogni cosa che succede attorno a te, sorvola molto e correggi poco”. 4 Infine anche di fronte a casi di persone che non accettano alcuna correzione e che si escludono da soli dalla comunità ecclesiale, Gesù ci ha insegnato che occorre pur sempre conservare in cuore la disposizione al perdono, all’accoglienza, al reinserimento nella comunità. Gesù ce lo ha insegnato nella parabola del figlio prodigo: tutti ricordiamo quel particolare del padre, il quale ogni sera andava a scrutare l’orizzonte, ansioso, sperando di vedere finalmente il figlio suo tornare e scoppia di gioia al suo ritorno. La gioia di Gesù nell’accogliere chi ritorna alla casa del Padre è anche la gioia della mamma, di Maria Vergine, quando uno ritorna nella Chiesa, quando uno decide nel suo cuore di cambiare vita, di iniziare vita nuova, è anche la gioia della comunità perchè Gesù, il Figlio di Maria, continua la sua presenza in mezzo a noi.


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OMELIA Don Franco Tasca in occasione della NATIVITÀ DI MARIA Quando leggiamo una storia o un romanzo o guardiamo un film, è importante partire dall’inizio, dalla prima pagina, dalla prima inquadratura; ma è altrettanto importante che noi leggiamo e vediamo anche il finale, la conclusione, altrimenti la storia rimane come sospesa e il più delle volte risulta incomprensibile e senza senso. Pensate per esempio ad una vita di Cristo che si fermasse alla sua morte in Croce. Questo Cristo “mutilato”, sarebbe ricordato solo come un povero uomo giustiziato. Ma Cristo poi è risorto e questo cambia tutto! Pensate anche a una vita di Maria

che si fermasse a Nazareth o sotto la croce. Sarebbe pure questa una vita “mutilata”. Perché il suo completamento, che poi significa approvazione da parte di Dio, noi lo vediamo solo nell’assunzione al cielo in corpo e anima. Non è molto che abbiamo celebrato la festa dell’Assunzione di Maria al cielo: cioè la conclusione gloriosa della storia di Maria di Nazaret. Oggi la storia di Maria riparte da capo, dalla sua nascita, per farci compiere nel corso dell’anno, l’intero percorso della sua vita, sempre con riferimento a Cristo.

Come sempre, la liturgia ci invita a vedere e a contemplare innanzitutto la vita di Cristo, ma con lo sguardo di Maria, con riferimento alla sua vita di donna e di madre. “La celebrazione odierna onora la natività della madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre di Dio” (Sant’Andrea di Creta). Per raccontare la nascita della futura madre di Dio, i Padri della chiesa hanno scelto una bellissima immagine: la nascita di Maria sta alla nascita di Cristo come l’aurora sta al sorgere del

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fine, inevitabilmente fiscono per cantare il magnificat con Maria: Perché? Perché si accorgono che Dio non delude, Dio mantiene le promesse, Dio salva, Dio guarda all’umiltà della sua serva e la esalta, Dio vince con il suo Figlio Gesù ogni nemico della libertà e della gioia dei suoi figli, Dio prepara per tutti coloro che lo cercano, una festa senza fine.

sole. Il sole, che viene da oriente e dall’alto, è evidentemente il Cristo, ma la nascita di Maria rappresenta il primo delicato chiarore dopo la notte buia e noi chiamiamo aurora questo momento magico e pieno di speranza. Il papa nell’omelia di questa mattina ha usato un’altra immagine,

forse meno poetica ma comunque significativa. Ha detto: “la nascita della Madonna è come l’anticamera della venuta di Gesù sulla terra”. Tutti quelli che leggono la storia della salvezza dall’inizio, dalla creazione del mondo o almeno dalla nascita di Maria, sino alla

Guardare le cose dal punto di vista di Maria e leggere la storia dell’umanità dall’inizio alla fine, ci regala speranza e ci invita a non sottrarci alle nostre responsabilità per paura di delusioni e fallimenti. L’esempio di Maria che (dice la liturgia) è per noi un segno di sicura speranza, ci dà il coraggio di farci avanti e di fare la nostra parte, perché Dio ha sempre guardato l’umiltà e non il potere, la povertà e la disponibilità delle persone credenti e non le grandi risorse dei ricchi, e ha compiuto grandi cose con la collaborazione di persone da nulla e utilizzando povertà evidenti. La festa della Natività di Maria che di fatto proietta questa comunità verso il nuovo anno pastorale, ci sollecita a fare la nostra parte, ad avere entusiasmo e a dare disponibilità, a vivere la nostra vita e la nostra vocazione come un dono per il bene comune. Papa Francesco invita spesso ad essere “veri attori di questo mondo e non soltanto spettatori!”. Un giorno ha usato una espressione molto efficace, che è un misto di italiano e di spagnolo. Ha detto: “non bisogna balconear la vita, ma bisogna immergersi nella vita, come ha fatto Gesù con la sua incarnazione”. Nel gergo argentino il verbo “balconear” significa “stare a guardare dalla finestra” o dal balcone.

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E, come in italiano, descrive un atteggiamento di pura curiosità, senza partecipazione, come quello di uno spettatore davanti al quale sta accadendo qualcosa che però non lo coinvolge, e quindi può permettersi di criticare sempre gli aspetti che non gli piacciono o su cui non è d’accordo; lui, comunque, non si coinvolge mai, si tiene da parte, sta sul balcone. Ricorda il papa che quando era professore, partecipava con la scuola cattolica alla processione del Corpus Domini. Durante il percorso della processione che attraversava il centro cittadino, era facile vedere molti “balconeros”: famiglie che sul balcone di casa attiravano l’attenzione dei fedeli e anziché pregare si dedicavano a salutare i fedeli in processione e a fare dei commenti. Un giorno un collega della scuola, gli ha dato un giudizio schietto e tagliente: “Vedi, questi balconeros sono persone vecchie di spirito che usano la fede allo stesso modo della tintura dei capelli. La fede non si vive dal balcone ma camminando”. Ricordiamoci sempre questa frase: La fede cristiana non si vive dal balcone, ma camminando insieme agli altri. Quanti balconeros ci sono a Gorle, quanti a Bonate sopra, quanti nella chiesa? Pensando alle nostre comunità, dobbiamo innanzitutto chiederci se per caso non siamo anche noi dei “balconeros”: e non solo quando c’è la processione, ma soprattutto nella vita della comunità e nel cammino di ogni giorno. Non permettiamo che siano solo gli altri i protagonisti del cambiamento e del cammino della nostra comunità: ciascuno di noi si impegni a costruire il presente e il futuro della chiesa e della società. Ciascuno metta a disposizione i suoi talenti, le sue capacità, un

po’ del suo tempo…Non limitiamoci a “balconear”, ma tuffiamoci nella vita come ha fatto Gesù con la sua incarnazione (immersione totale!), perché il cristiano è un protagonista, non può essere solo uno spettatore o un curioso che guarda dal balcone o peggio ancora un laudatore del passato e un lamentoso brontolone su ogni iniziativa. Qualcuno purtroppo non si tuffa mai, non si immerge mai, perché ha scelto come slogan per la sua vita questo: “primo non bagnarsi e non avere grane”. Se Maria si fosse comportata così, noi non saremmo qui a raccontarci la sua nascita e la nascita di Cristo, la salvezza da tutti i nostri peccati e la vicinanza del “Dio con noi”, la sua premura di madre per tutti noi e i suoi sì pieni di coraggio e di affidamento. E concludo con le parole del papa, fresche di giornata: “Oggi possiamo guardare la Madonna, piccolina, santa, senza peccato, pura, che nasce in un paese pure piccolino, prescelta per diventare la Madre di Dio; possiamo anche guardare alla storia che è prima di

lei, tanto lunga, fatta di tanti secoli, e domandarci: “Come cammino io nella mia storia? Soprattutto: Lascio che Dio cammini con me? Lascio che Lui cammini con me o voglio camminare da solo? Lascio che Lui mi accarezzi, mi aiuti, mi perdoni, mi porti avanti per arrivare all’incontro con Gesù Cristo? Questo sarà il fine, il traguardo del nostro cammino: incontrarci con il Signore. Questa domanda ci farà bene: “Lascio che Dio cammini con me, come ha fatto Maria?”. Il Dio della grande storia raccontata nella genealogia, nella quale ci sono santi e peccatori, è presente anche nella nostra piccola storia personale, perché Dio vuole camminare con ognuno di noi. Dio sta nelle cose grandi, ma anche nelle piccole. Sta accanto alla grande madre dell’umanità e accanto alla piccola Maria ancora in fasce. Sta accanto ai grandi e agli anziani di questa comunità, ma sta anche accanto ai piccoli. Tutti li ama, su tutti ha meravigliosi progetti, in tutti vede il suo figlio amato e tutti vuole salvare. 9


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Mezzoldo! VADO a

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rediamo che a volte ci vogliano davvero delle occasioni, come questa di Mezzoldo, che ti permettono di sentire musiche nuove, di trovare il tuo “io” nel silenzio della preghiera e nell’estraneo il fratello di cui hai bisogno. E’ stato come quando un cieco comincia a vedere, una persona che sente comincia ad ascoltare. E’ stata una settimana piena di incontri, riflessioni e confronti con te stesso e gli altri. Il nostro bagaglio d’esperienze si è arricchito più che mai dato che per vivere al meglio l’esperienza ci è stato suggerito di sporcarci le mani, metterci in gioco e soprattutto di non tirarci mai indietro. La paura è stata la nostra fedele compagna nelle prime ore a Mezzoldo, ma ha lasciato subito il posto allo stupore, alla voglia di fare e di capire il perché di tante cose. Crediamo che non valga la pena di raccontare con esattezza ciò che abbiamo fatto, perché ciò che conta è COME lo abbiamo fatto: lo abbiamo fatto con una passione che abbiamo riscoperto essere nuova in noi. Abbiamo capito che quello di cui abbiamo bisogno è la passione per la vita, per educare e per avere fede. Ognuno di noi ha vissuto questo cammino in modo personale, ma tutti ci siamo trovati d’accordo sul dire che ci ha segnato, ci ha un po’ sconvolto e ci ha messo in discussione, ma soprattutto ci ha dato la carica per vivere davvero e non solo sopravvivere. Il momento più bello che abbiamo vissuto è stato il momento della SPIRITUALITA’, intenso e diverso dai soliti momenti di preghiera. Sulle note della musica, ciascuno creava uno spazio tutto suo nel quale si isolava, ma si sentiva comunque parte della grande famiglia lì riunita per vivere insieme il momento della preghiera. Riscrivere poi il Vangelo in un cartoncino aggiungendo le nostre impressioni, frasi che ci venivano in mente, ci ha permesso di sentirlo nostro e di sentirci davvero partecipi ad esso. Questo momento

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intenso ci ha segnato tutti in qualche modo e ci ha permesso di riflettere su noi stessi e sulla nostra fede. Anche la messa è stata speciale, ricca di piccoli gesti significativi che ci hanno colpito e che ce la faranno ricordare per sempre. Legarsi così tanto a delle persone in una settimana poi è stato fantastico! Ci siamo scoperti un’unica grande famiglia, perché quando si vive sotto lo stesso tetto, anche se per poco, si diventa una piccola grande famiglia. Abbiamo capito che prima, di essere animatori, bisogna essere persone: saper ascoltare davvero, saper regalare il nostro tempo, noi stessi, agli occhi e alla voce dell’altro, perché l’ascolto è comunicazione! Abbiamo condiviso idee, pareri, momenti e ci siamo confrontati con persone con il nostro stesso spirito di oratorio. L’atmosfera creatasi di ascolto e confronto istruttivo, ha permesso a quelli più timidi di noi di esprimere le loro opinioni senza paure, perché alla fine siamo diventati più di un gruppo; mano a mano che condividevamo tutto, la timidezza è sparita e ha lasciato spazio alla condivisione e al confronto. Ciò avvenne perché ci fu detto che ogni persona è un dono, un dono vero! Ci fu pure detto che Mezzoldo sarebbe finito presto, per farci capire che quello che stavamo vivendo, pur essendo l’esperienza più bella in assoluto, sarebbe finita e che saremmo tornati a casa, nel NOSTRO oratorio. Trovammo ciò un po’ crudele, ma poi capimmo. Dovevamo tornare per forza, perché ciò che avevamo imparato non fosse perduto, ma trasmesso, perché ciò che avevamo vissuto fosse raccontato e condiviso. Ecco perché dovevamo tornare. Ognuno di noi ha trovato il suo stile e speriamo di condividerlo presto e metterlo a disposizione della comunità. “Ho sentito il gusto di aver scelto il mio stile”. I ragazzi che sono andati a Mezzoldo!


PELLEGRINAGGIO

ASSISI ROMA

17-25 AGOSTO 2014

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isogna dire che è stato faticoso, bisogna dire anche che è stato davvero bello e crediamo che sia un’esperienza davvero difficile da dimenticare, ma soprattutto da raccontare! Non è da tutti i giorni trovarsi in 550 a dormire in una o più palestre, camminare per venti chilometri (se non di più!) e vivere accanto a persone che fino alla settimana precedente erano perfetti sconosciuti. Le aspettative alla partenza erano molto diverse, negli occhi di qualcuno potevi leggere moltissime domande, prima delle quali: “Cosa ci faccio qui?” ma soprattutto “Che cosa mi aspetta nei prossimi giorni?”. Le risposte non sono arrivate, o meglio nessuno ce le ha date, camminare era

la risposta: camminare per conoscere, camminare per pregare, camminare per ammirare i paesaggi che avevamo attorno. Come ci è stato detto più volte nel corso della settimana, l’obiettivo del pellegrinaggio non era solo il luogo dell’arrivo, Roma, ma era anche il percorso stesso, i momenti che componevano la nostra giornata a partire dalle Lodi recitate quasi tutte le mattine, fino ai momenti “meno seri” di scherzi e risate. Momenti che sicuramente resteranno impressi nella nostra mente: la Messa di apertura del pellegrinaggio nel Duomo di San Rufino ad Assisi, l’accoglienza che i paesi che ci hanno ospitato avevano organizzato (dagli sbandieratori alla 11


banda), i balletti e le partite a roverino durante le pause pranzo (in cui, in teoria, era meglio riposarsi!), le “volate” partite cento metri prima dell’entrata della palestra che ci avrebbe ospitato e l’arrivo di corsa soddisfatti di quanto avevamo fatto durante la giornata. Solo guardarci era una grande emozione. Voltarsi indietro e vedere tanti giovani che condividevano il cammino con te, che erano disposti ad aiutarti anche se nemmeno conoscevano il tuo nome, questa era la cosa più bella: sapere che non eri solo, che potevi contare su qualcuno, che potevi chiedere e sicuramente qualcuno ti avrebbe ascoltato. L’immagine di questa fiducia che ci legava era rappresentata dalla croce di legno che abbiamo portato per tutto il pellegrinaggio: condividere il suo peso sulle spalle era come condividere un po’ della nostra fatica le-

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gata ai chilometri percorsi e al sole caldo che ci ha sempre accompagnato. Sole che abbiamo voluto portare anche in piazza San Pietro, il Papa ci ha confidato che la nostra macchia di magliette gialle dal suo terrazzino durante l’Angelus si vedeva benissimo (e probabilmente ci si sentiva anche molto bene!). Il Sabato e la Domenica a Roma sono stati densi di emozioni vissute una dopo l’altra: vedere il colonnato di San Pietro da lontano ci ha concesso di pensare che la meta era vicina e ognuno, in modo diverso, ha espresso la sua felicità legata all’arrivo a Roma. Siamo entrati nella Basilica di San Pietro passando dalla scalinata e dalla porta principale, passando in mezzo agli altri visitatori che facevano da argini a un grosso fiume di magliette gialle che cantavano e perdevano anche qualche lacrimuccia. La Domenica poi, sempre con la nostra maglietta gialla abbiamo ricevuto i complimenti dal Papa: “Siete bravi voi bergamaschi!” e abbiamo ricambiato con urla e applausi accompagnati dalle trombette da stadio che qualcuno aveva con sé. Nel pomeriggio, durante la Messa il Papa ci ha fatto visita, ha rinnovato i suoi complimenti e ci ha parlato proprio come un papà farebbe con i suoi figli: “Non importa se cadi, l’importante è non rimanere caduti!”, ci ha spiegato l’importanza del camminare nonostante restare fermi possa sembrarci una condizione di maggior sicurezza nel mondo di oggi, ma “un giovane fermo, che non rischia, è triste e finisce male, come l’acqua che non scorre e si corrompe”. I complimenti sono arrivati anche dal resto della città, nel corso della giornata, era facile essere fermati dalle persone che chiedevano se eravamo “quelli gialli” dell’Angelus e ci chiedevano di

raccontare come si era svolto in nostro pellegrinaggio. Ora, a distanza di qualche settimana, non resta che ringraziare per quanto abbiamo vissuto. Per primi i ragazzi che abbiamo conosciuto, quelli del mitico pullman numero due del nostro vicariato Scanzo-Seriate, abbiamo animato le cene con le nostre “urla affamate” speranzose che il nostro non fosse l’ultimo gruppo ad essere chiamato per la distribuzione del cibo (non ci hanno mai ascoltato! J ). Ringraziamo chi ha organizzato questo pellegrinaggio e ha consentito che tutto andasse per il verso giusto dai ragazzi dell’Upee guidati da Don Emanuele Poletti, fino ai carissimi Alpini. E poi bisogna ringraziare chi ci ha sempre sostenuto, in genere si dice dall’alto, ma in questa settimana è stato nel ragazzo e nella ragazza che avevamo a fianco, nella croce che abbiamo portato, nella gioia dell’arrivo ad ogni tappa e nelle fatica del cammino. Grazie. i pellegrini

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o i r a Di a n u i d hista c e t a c Dalle elementari alle medie S

iamo tornati! E con tante novità. Innanzitutto, quest’anno, andiamo in prima media. Il che significa: incontrarsi il mercoledì. E questo rappresenta già un grosso cambiamento. Dopo 4 anni, i bambini (ormai cresciuti) non partono più il giovedì mattina con la cartelletta di catechismo (mi riferisco soprattutto a quelli che uscivano da scuola alle 16), ma anticipano l’appuntamento di un giorno. Ci vediamo a metà settimana, facendo, quindi, da ponte tra i primi 3 giorni di scuola e gli ultimi 3, prima della domenica. Inoltre non sono più previsti 2 turni, ma un solo orario: le 14.30. Per me, questa, è un’altra importante innovazione. Perché vuol dire che i ragazzi non arrivano più trafelati da scuola, stanchi (sfido io a stare dalle 8 alle 16 in classe) e, soprattutto, affamati come lupi. Quest’anno arriveranno all’incontro con lo stomaco pieno…speriamo solo non valga il detto ‘pancia piena chiama riposo’. Inoltre trovarsi alle ore 14.30 significa beneficiare di 15 minuti in più. L’appuntamento delle 16.30 delle classe elementari, infatti, dura 60 minuti, contro i 75 del turno prima. Lungi da me farne una questione di tempo, ma 15 minuti sono utili per approfondire meglio il discorso, per dare la possibilità a tutti di intervenire, anche se questo vuol dire divagare dal percorso pensato. E, allora, anche se saremo solo in 3 gruppi con tanti ragazzi (circa 12 per classe), saremo sereni: l’importante è coinvolgerli, rispondendo alle domande e curiosità che si pongono. Utilizzeremo questi mesi per preparare le basi, le fondamenta per giungere, nel 2016, al Sacramento della Cresima. Ci impegneremo, con Lidia, Monica e Chicca, a rendere il catechismo un momento di confronto, di conoscenza a partire dalla Bibbia. Caleremo la Parola di Dio nella quotidianità dei nostri piccoli-grandi undicenni: una realtà complessa, fatta di gioie e dolori, sicurezze e paure, indecisioni e scelte. Li accompagneremo nel percorso della vita, in affiancamento ai genitori (figure fondamentali nella crescita di ogni figlio). Partiremo da loro, dalle loro richieste, esigenze, difficoltà… Lavoreremo per ‘tirare fuori’ il meglio da ognuno, anche quando si presenteranno situazioni di confronto. Li stimoleremo con filmati, immagini, giochi, racconti per raggiungere i ragazzi nelle loro emozioni e nel loro vissuto. Noi abbiamo preparato i temi, le tracce, ma saranno i ragazzi a guidarci durante questo nuovo anno catechistico. Per ora buon viaggio a tutti… Paola 14


I S E H C E T A C I T L ADU 15 0 2 4 1 20

ere, d e r c ro da VIVERE e t s i m da … stia, e o r r a e c t Eu , mis a i t s e r Euca

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’itinerario di Catechesi per Adulti iniziato lo scorso anno aveva per titolo “DONNE E UOMINI CAPACI DI VANGELO”: è ancora viva nella nostra memoria affettiva l’immagine di Gesù che, circondato dai suoi discepoli, li ammaestra e forma i loro cuori, annunciando la Buona Notizia del Regno dei cieli. Il cammino continua ora con un nuovo ciclo di incontri, secondo le indicazioni contenute nella lettera pastorale del Vescovo Francesco, che ha per titolo “DONNE E UOMINI CAPACI DI EUCARISTIA”. In questa seconda tappa i pellegrini siamo sempre noi, discepoli della comunità di Gorle; la nostra guida, il nostro maestro è sempre Gesù, che si offre a noi non solo come Parola di Dio, ma anche come Pane di Vita. Infatti nell’immagine, che fa da icona artistica quest’anno, al centro c’è il Pane eucaristico e tutt’intorno la comunità: la comunità dei discepoli è innanzitutto convocata attorno all’Eucaristia, come comunità che celebra. Dalla celebrazione liturgica e dall’incontro con Cristo la comunità trae alimento per il proprio essere Chiesa. L’immagine, che fa anche da icona biblica ai nostri incontri, è opera del nostro don Carlo ed illustra il brano tratto dagli Atti degli Apostoli (At 2,42-48) dal titolo significativo “Un cuor solo e un’anima sola”. Una comunità, animata dai medesimi sentimenti di Gesù, che cresce nell’ascolto della sua Parola, celebra nell’Eucaristia ciò che si sforza di vivere nel quotidiano: l’offerta della propria vita, la fraternità, la carità, perchè questo è il desiderio che Gesù esprime nella sua preghiera al Padre per la Chiesa: “Non prego solo per costoro, ma anche per coloro che crederanno in me mediante la loro parola, che TUTTI SIANO UNO, come tu, Padre, in me ed io in te... perché siano perfetti nell’UNITÀ” (Gv 17,20-21a;23b). Le parole di Gesù, ormai l’abbiamo sperimentato, vanno in profondità, cercano il cuore del discepolo: “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). Sono parole esigenti, che ci interrogano sulla qualità del nostro essere comunità, sul nostro modo di vivere il comandamento dell’amore all’interno della Chiesa che è in Gorle, di cui facciamo parte. Ci aiuterà nella nostra riflessione il sussidio “Un cuor solo e un’anima sola” preparato dalla diocesi composto da 12 schede con le seguenti tematiche: 15


1. Una comunità fraterna Tutti i credenti stavano insieme (Atti 2,42-48) 2. Una comunità amata Se non ti laverò non avrai parte con me (Giovanni 13,1-17) 3. Una comunità sfamata da Dio Voi stessi date loro da mangiare (Marco 6,34-44) 4. Una comunità in preghiera Ogni vivente dia lode al Signore, alleluia (Salmo 140 e 150) 5. Una comunità in continua conversione Io tutti quelli che amo li rimprovero e li educo (Apocalisse 3,14-22) 6. Una comunità illuminata dal perdono Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi (Colossesi 3,9-16) 7. Una comunità provata, ma colma di speranza Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza (Romani 8,18-27) 8. Una comunità per tutte le età della vita Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre (Giovanni 2,7-14) 9. Una comunità in cammino verso l’unità Un solo corpo, un solo spirito (Efesini 4,1-7.11-13) 10. Una comunità messaggera del Vangelo Ho visto il Signore! (Giovanni 20,11-18) 11. Una comunità solidale e vicina all’umanità Se aprirai il tuo cuore all’affamato (Isaia 58,3-11) 12. La Chiesa santa, pronta per le nozze con l’Agnello Ecco la tenda di Dio con gli uomini (Giovanni 21,1-7) Poniamoci fin da ora sotto lo sguardo di Maria, donna Eucaristica: ci guidi ad accogliere il dono del Pane di Vita insieme con la missione di offrirlo a tutti per l’unità delle nostre famiglie e della nostra comunità. Augusta, Elisabetta, Edgardo, Renzo.

Appuntamenti, come di consueto, al martedì ore 14,30 oppure al giovedì ore 20,45. Primo incontro martedì 14 e giovedì 16 ottobre.

Generosità sulle CAMPANE

DALL’11 AGOSTO AL 14 SETTEMBRE

Anche la Festa Patronale è stata motivo di generosità per sostenere la spesa delle campane. Piano piano le piccole campanelle, che formano la grande campana disegnata sul manifesto appeso alla porta della chiesa, si colorano di verde, evidenziando le offerte che vengono date direttamente al Parroco o vengono messe nel bussolotto in fondo alla chiesa. Ogni campanella colorata corrisponde ad una offerta di 50 euro. Le campanelle sono 400: quando saranno tutte colorate, avremo raccolto 20.000 euro che corrisponde alla spesa affrontata. NN. 40,00; NN. 50,00; NN. 30,00; NN. 50,00; NN 50,00; NN. 50,00; NN. 100,00; NN. 200,00; dai portatori della Madonna del S. Rosario 1.330,00; nel bussolotto in fondo alla chiesa 525,00.

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TESTIMONIANZA DALL’AFRICA Padre Benigno ci manda la testimonianza di una ragazza che ha fatto, nel mese di agosto, una visita intelligente ad un missionario in Africa. Bukavu, 09.08.14 Africa è nel cielo, nella terra e nella gente. La gente d’Africa si muove lenta ma ti smuove il cuore, ti scuote l’animo. Comunque tu sia, ferro o argilla, l’Africa ti plasma. Africa è capire di non essere capiti, e farsene una ragione. Africa è accettare la diversità, senza colpevolizzarla o volerla cambiare, in modo affettuoso e silenzioso. La povertà dilaga, è ovunque: la vedi nelle strade impolverate, la intravedi nelle viette più piccole che incrociano la strada principale, dietro le capanne, negli occhi e nelle mani dei watoto (bambini). Camminiamo nelle strade e tutti si girano, tutti osservano. Alcuni azzardano un sorriso, altri commentano con l’amico che hanno a loro fianco. E allora, come per dirgli che anche se sei un mzungu (bianco), che anche se hai la pelle un po’ più chiara, dai vestiti puliti e la pancia piena sei uno di loro, li guardi negli occhi e sorridendo dici “jambo”. E loro, quasi in automatico rispondono: “Jambo sana”. Quanto vorrei poter portare avanti la conversazione, chieder dove abitano, se hanno fratelli e sorelle, se sono andati a scuola. Però il mio francese è andato nel dimenticatoio e il kiswahili non lo parlo, quindi a malincuore mi limito a prendere le mani di questi bambini e giocare un po’ con loro. E’ così bello vedere come i bambini non abbiano pregiudizi, non abbiano barriere che li ostacolano nei rapporti umani. La loro ingenuità e la loro spontaneità ti scaldano il cuore, e così ti ritrovi a percorrere la strada seguita da decine e decine di bambini, senza dire nulla, solo tenendoli per mano. Proprio camminando tra la gente, osservando come vivono e come passano le loro giornate, mi accorgo di una cosa, evidente, forse banale, ma che mai come ora che sono qui mi è sembrata così vera: la guerra è orribile. La guerra è perdita, è disastro, è tristezza. Vedere la propria terra, la terra della propria famiglia essere così brutalmente calpestata dai “POTENTI”, da chi ne vede solo una miniera di ricchezza e non un paese di volti, di storie, di tradizioni, di bambini. Vorrei dire a tutti questi giovani che il mondo non è solo qui, tra le capanne e le strade di terra, che c’è ben altro, sia esso meglio oppure peggio. Vedo queste bambine che sono già quasi nonne, perché portano dietro sulla schiena il proprio fratellino, oppure che sollevano taniche d’acqua dal peso di 25 litri ciascuna, e mi sorprendo nel constatare che avranno sì e no 10 anni. E in tanta miseria, sento tanta energia, tanta voglia di vivere, di sorridere, che vorrei quasi raccoglierne un po’, incastrarla in un angolo di valigia e portarla su da noi, in Italia, perché credo dovremmo prendere esempio da loro. Grazie a tutti quelli che ci hanno ospitato nelle varie case missionarie, grazie per la loro ospitalità e umanità. La presenza di centri parrocchiali, di chiese e di missionari che donano completamente la loro vita per questi popoli, un po’ più sfortunati, è davvero molto importante, perché sono il loro punto di riferimento, il loro faro nel buio della notte. Grazie a Beppino che ci ha accolto e ci ha fatto entrare in un angolino del suo mondo africano, rimarrà un’esperienza molto forte e un bello spunto e lancio per il (mio) futuro. Silvia Dovigo 17


E V E R B n i E L R O G Da mercoledì 27 agosto a martedì 2 settembre 6 adolescenti del nostro oratorio hanno partecipato al corso di formazione per gli animatori guidato dall’U.P.E.E. a Mezzoldo. VD. pag. 10 Venerdì 29 agosto ha preso il via la Festa Patronale. Sono stati 11 giorni caratterizzati da incontri di preghiera, momenti di adorazione, di confessione, partecipazione alla messa, ma anche tanto divertimento e relax. Tutto si è svolto in Chiesa parrocchiale, al Santuario e presso l’area feste. Sabato 30 è stata celebrata la Santa Messa per anziani, ammalati e disabili, seguita dal pranzo a loro riservato. Domenica 31, invece, la messa delle 11.30 era dedicata ai bambini da 0 a 6 anni che sono stati affidati a Maria. Alle ore 12.30 pranzo per tutta la comunità.

Lunedì 8 settembre la nostra comunità ha avuto il piacere di ospitare Don Franco Tasca: dopo un anno è tornato, su invito del Parroco, a trovarci e ha presieduto la Santa Messa delle ore 20.30. Un doppio festeggiamento: la solennità della Natività della Beata Vergine Maria (patrona di Gorle) e il ricordo del 40esimo anno di ordinazione sacerdotale del parroco che per 14 anni ha accompagnato e spiritualmente arricchito il paese. La serata si è conclusa in oratorio tra i saluti e le golosità preparate da dolcissime signore. VD. pag. 07-08-09

Domenica 7 settembre, alle ore 17, è stata celebrata la Santa Messa solenne presieduta da Mons. Alessandro Pagani. A seguire si è svolta la processione, sempre emozionante: alcune vie del paese si sono riempite della preghiera e della musica di canti religiosi ad opera del Corpo Musicale di Scanzo offerto dal Gruppo Alpini. Grazie anche alle persone che, oltre alla fatica di portare il trono con la Madonna, hanno fatto una generosa offerta. VD. pag. 04-05-06

Benvenuto! Le campane hanno suonato a festa per la nascita di Leonardo avvenuta il 15 settembre! Tutta la comunità ha accolto con questo suono la nuova creatura affidandola con la preghiera alla Madonna. Venerdì 19 settembre alle ore 17 si è svolta l’assemblea diocesana nell’Auditorium del Seminario. La riunione è iniziata con un momento di preghiera, seguito da una relazione teologica sul tema della Lettera Pastorale “Donne e uomini capaci di Eucaristia” e dalla presentazione del sussidio biblico-catechistico-liturgico “Un cuor solo e un’anima sola”. Dopo la cenabuffet, l’intervento del Vescovo che ha commentato la Lettera Pastorale indirizzata a tutti i fedeli della dio18


cesi. A conclusione, la Celebrazione del ‘mandato’ agli operatori pastorali e la benedizione del Vescovo su tutti i partecipanti. Da martedì 23 a giovedì 25 settembre la Parrocchia ha organizzato un pellegrinaggio a Roma per tutti i collaboratori che, a vario titolo, prestano un servizio alla comunità. Un’occasione per stare insieme e conoscersi meglio, anche fuori dalla chiesa, dall’oratorio e dal paese. Sono stati 3 giorni intensi ed emozionanti culminati mercoledì mattina nell’udienza di Papa Francesco e giovedì nella Santa Messa all’altare di San Giovanni XXIII. E poi visite alla capitale, risate, preghiere e tanto divertimento. MATRIMONI Tanti fiori d’arancio in questa fine d’estate 2014: sabato 30 agosto nella parrocchia di San Pellegrino Terme sono convolati a nozze Laura e Stefano; lunedì 1 settembre a Barzana sono diventati una famiglia, davanti a Dio e alla comunità, Cristina e Alex. Sabato 6 settembre è stata la volta di Silvia e Guido a Gardone Riviera, in provincia di Brescia. Infine venerdì 12 settembre al Santuario di Sombreno si sono uniti in matrimonio Roberta e Davide. Preghiamo perché lo Spirito Santo li sostenga nella donazione reciproca e renda la loro unione serena, gioiosa e feconda.

CIAK, SI GIRA! Il sagrato della parrocchiale di Gorle, per una mezza giornata, si è trasformato in un set cinematografico per le riprese di un cortometraggio per un concorso nazionale dal titolo “Una visita in-attesa” (regia di Massimo Alborghetti). Un signore, non più giovane, è a letto e sofferente, la moglie lo assiste; dietro la moglie, l’ammalato vede un uomo elegante, tenta di chiamarlo, la moglie si guarda attorno ma non vede altro che mobili. Iniziano così una serie di flashback pochi ma significativi ricordi di una vita passata e tra questi, il giorno del suo matrimonio in chiesa. Proprio questa scena è stata girata nella nostra parrocchia. Tutto rientra in un progetto, lanciato dalla FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub), a cui ha aderito il Cinevideo Club Bergamo.

Giornata Missionaria Mondiale

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“Periferie, cuore della missione” è lo slogan per la prossima Giornata Missionaria Mondiale La missionarietà si manifesta non solo nelle periferie geografiche del mondo, ma anche in quelle esistenziali, nei nostri contesti quotidiani di vita, vissuta al fianco di persone magari meno visibili ma ugualmente bisognose di ascolto e di attenzione. Anche quest’anno il guppo missionario Miriam chiede alla comunità gorlese di sostenere le proposte di solidarietà e di riflessione in programma. Vi aspettiamo domenica 19 ottobre per l’iniziativa delle mele, bontà per la missione. 19


LE VITE DEI SANTI Santi Angeli Custodi, 2 ottobre 2014 Gli angeli sono figure celesti presenti nell’universo religioso e culturale della Bibbia, così come di molte religioni antiche. Quasi sempre rappresentati come esseri alati (in quanto forza mediatrice tra Dio e la Terra), gli angeli trovano l’origine del proprio nome nel vocabolo greco “anghelos” che significa messaggero. Non a caso, nel linguaggio biblico, il termine indica una persona inviata per svolgere un incarico, una missione. La memoria dei Santi Angeli, oggi espressamente citati nel “Martirologio Romano” della Chiesa Cattolica, come Angeli Custodi, si celebra dal 1670 il 2 ottobre, data fissata da papa Clemente X. L’esistenza degli Angeli è un dogma di fede, definito più volte dalla Chiesa (da ultimo nel Concilio Vaticano I nel 1869-70). La creazione degli angeli è affermata implicitamente almeno in un passo del Vecchio Testamento, dove al Salmo 148 (Lode cosmica), essi sono invitati con le altre creature del cielo e della terra a benedire il Signore: “Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Lodatelo, voi tutti suoi angeli, lodatelo, voi tutte sue schiere… Lodino tutti il nome del Signore, perché al 20

suo comando ogni cosa è stata creata”. Nel nuovo Testamento (Col. 1.16) si dice: “per mezzo di Cristo sono state create tutte le cose nei cieli e sulla terra”. Quindi anche gli angeli sono stati creati e se pure la tradizione è incerta sul tempo e nell’ordine di questa creazione, essa è ritenuta dai Padri indubitabile; certamente prima dell’uomo, perché alla cacciata dal paradiso terrestre di Adamo ed Eva, era presente un angelo, posto poi a guardia

dell’Eden, per impedirne il ritorno dei nostri progenitori. L’angelo per la sua semplicità e spiritualità è immortale e immutabile, privo di quantità non può essere localmente presente nello spazio, però si rende visibile in un luogo per esplicare il suo operato. Nella Bibbia si parla di angeli come di messaggeri ed esecutori degli ordini divini. La Sacra Scrittura suggerisce più volte che gli Angeli godono della

visione del volto di Dio, perché la felicità alla quale furono destinati gli spiriti celesti, sorpassa le esigenze della natura ed è soprannaturale. Il Concilio Lateranense IV, definì come verità di fede che molti Angeli, abusando della propria libertà caddero in peccato e diventarono cattivi. La tradizione cristiana ha dato il nome di Lucifero al più bello e splendente degli angeli e loro capo, ribellatosi a Dio e precipitato dal cielo nell’inferno. L’orgoglio lo portò al grande atto di superbia con il quale si oppose a Dio, traendo dalla sua parte un certo numero di angeli. Contro di lui si schierarono altri angeli dell’esercito celeste capeggiati da Michele, ingaggiando una grande e primordiale lotta nella quale Lucifero con tutti i suoi, soccombette e fu scacciato dal cielo. Il nome Lucifero e la sua identificazione con il capo ribelle degli angeli, derivò da un testo del profeta Isaia (14, 1215) in cui una satira sulla caduta di un tiranno babilonese, venne interpretata da molti scrittori ecclesiastici e dallo stesso Dante (Inf. XXIV), come la descrizione in forma poetica della ribellione celeste e della caduta del capo degli angeli.


LE VITE DEI SANTI Santi Angeli Custodi, 2 ottobre 2014 Attraverso l’insegnamento del “De celesti hierarchia” dello pseudo Dionigi l’Areopagita, gli angeli sono distribuiti in tre gerarchie, ognuna delle quali si divide in tre cori. La prima gerarchia comprende i serafini, i cherubini e i troni; la seconda le dominazioni, le virtù, le potestà; la terza i principati, gli arcangeli e gli angeli. I cori si distinguono fra loro per compiti, colori, ali e altri segni identificativi. Sempre secondo lo pseudo Areopagita, i più vicini a Dio sono i serafini, di colore rosso, segno di amore ardente, con tre paia di ali; poi vengono i cherubini con sei ali cosparse di occhi come quelle del pavone; le potestà hanno due ali dai colori dell’arcobaleno; i principati sono angeli armati rivolti verso Dio e così via. Più distinti per la loro specifica citazione nella Bibbia, sono gli Arcangeli, i celesti messaggeri, presenti nei momenti più importanti della Storia della Salvezza. Ricchissima è l’iconografia sugli angeli, la cui condizione di esseri spirituali, senza età e sesso, ha fatto sbizzarrire tutti gli artisti di ogni epoca. Specialmente i pittori vollero esprimere nei loro angeli un sovrumano stato di bellezza, avvolgendoli a volte in vesti sacerdotali o in classiche tuniche, a volte come genietti dell’arte romana, quasi sempre con le ali e con il nimbo (nuvoletta) Specifici episodi del Vecchio e Nuovo Testamento indicano la presenza degli Angeli: la lotta con l’angelo di Giacobbe (Genesi 32, 25-29); la scala percorsa dagli angeli sognata da Giacobbe (Ge-

nesi, 28, 12); i tre angeli ospiti di Abramo (Genesi, 18); l’intervento dell’angelo che ferma la mano di Abramo che sta per sacrificare Isacco; l’angelo che porta il cibo al profeta Elia nel deserto. L’annuncio ai pastori della nascita di Cristo; l’angelo che compare in sogno a Giuseppe, suggerendogli di fuggire con Maria e il Bambino; gli angeli che adorano e servono Gesù dopo le tentazioni nel deserto; l’angelo che annunciò alla Maddalena e alle altre donne, la resurrezione di Cristo; la liberazione di San Pietro, dal carcere e dalle catene a Roma; la cosmica e celeste simbologia angelica dell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista. Infine, come non ricordare la figura dell’Angelo Custode. L’esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata

nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù, nel Vangelo di Matteo, quando, indicando dei fanciulli, dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. Di solito si parla dell’Angiolo Custode soltanto ai bambini, e per questo anche l’iconografia si è fissata sulla figura dell’Arcangiolo Raffaele, che guida e conduce il giovane Tobiolo. Gli adulti, invece, spesso dimenticano il loro testimone e consigliere, il loro invisibile compagno di viaggio, il muto testimone della loro vita. E’ infatti verità di fede che ogni cristiano, dal Battesimo, riceve il proprio Angiolo Custode, che lo accompagna, lo ispira e lo guida, per tutta la vita, fino alla morte, esemplare perfetto della condotta che si dovrebbe tenere nei riguardi di Dio e degli uomini. L’Angiolo Custode è dunque il luminoso specchio sul quale ogni cristiano dovrebbe riflettere la propria condotta giornaliera. Sicuramente, non è un caso, che il 2 ottobre ricorra anche la festa dei nonni che sono per i loro nipoti sicuramente guida, sostegno, esempio, amici, consolatori, complici e fonte infinita di affetto e di tenerezza. Memoria dei santi Angeli Custodi, che, chiamati in primo luogo a contemplare il volto di Dio nel suo splendore, furono anche inviati agli uomini dal Signore, per accompagnarli e assisterli con la loro invisibile ma premurosa presenza. 21


NGOLO DELLA POESIA SALMO

(Wislawa Szymborska) Oh, come sono permeabili le frontiere umane! Quante nuvole vi scorrono sopra impunemente, quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro, quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui con provocanti saltelli! Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano, o che si posano sulla sbarra abbassata? Foss’anche un passero - la sua coda è già all’estero, benché il becco sia ancora in patria. E per giunta, quanto si agita! Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica, che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere non si sente tenuta a rispondere alle domande “Da dove?” e “Dove?”. Oh, afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione, su tutti i continenti! Non è forse il ligustro che dalla sponda opposta contrabbanda attraverso il fiume la sua centomillesima foglia? E chi se non la piovra, con le lunghe braccia sfrontate, viola i sacri limiti delle acque territoriali? Come si può parlare d’un qualche ordine, se non è nemmeno possibile scostare le stelle e sapere per chi brilla ciascuna? E poi questo riprovevole diffondersi della nebbia! E la polvere che si posa su tutta la steppa, come se non fosse affatto divisa a metà! E il risuonare delle voci sulle servizievoli onde dell’aria: quei pigolii seducenti e gorgoglii allusivi! Solo ciò che è umano può essere davvero straniero. Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento. Dall’introduzione del libro “Elogio dei sogni”, da cui è tratta questa poesia, si legge: “La poesia della Szymborska non da risposte, perché ogni domanda può solo generare altre domande. Essa parla in modo aperto, che non chiude, ma apre ulteriori spazi alla riflessione”. Questa poesia, a prima vista semplice, dal significato chiaro, in realtà ha un contenuto profondo, non solo per quello che dice ma per quello che sottintende e per le riflessioni che ci invita a fare. 22


Innanzitutto ci dice una cosa ovvia, che tutti sappiamo: in natura non esistono frontiere. Il sasso rotola dove vuole, l’uccellino vola e saltella da un confine all’altro, le foglie e i semi dei vari vegetali vengono trasportati da una sponda all’altra del mare; ecc... ecc... E’ stato l’uomo ad inventare le frontiere per poter dire questa è terra mia, e tu sei straniero e per entrare devi chiedere il permesso e rispondere a determinati requisiti, se no non entri. Per queste frontiere e questi confini si sono combattute nella storia un’infinità di guerre, milioni di persone hanno perso la vita, da una parte e dall’altra dei confini (quest’anno ricorre il centesimo anniversario dello scoppio di quella catastrofe immane che è stata la prima guerra mondiale). E’ creando le frontiere che sono nati gli stranieri, gli estranei. Noi di qua e loro di la. Noi con i diritti e loro no. Non ci curiamo dei loro problemi, ne ci chiediamo perché vogliono venire da noi, da quali tragedie fuggono, quali sono le loro speranze e quali le loro attese per il futuro. Ecco, questo è ciò che sottintende la poesia e ciò che ci stimola a pensare e a riflettere. Wistawa Szjmborska poetessa Polacca nata nel 1923 e morta a febbraio del 2012, ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1996, anno in cui iniziò ad essere conosciuta anche in Italia.

L’ORATORIO NEL PALLONE

Dopo la soddisfazione per la promozione nel girone C, la squadra dell’Oratorio

Gorle si presenta ai blocchi di partenza della stagione 2014/2015. All’inizio di questo nuovo anno calcistico, la truppa allenata da mister Briccoli, presenta alcuni nuovi innesti con la speranza che possano aiutarci a disputare un campionato all’altezza delle aspettative. La squadra dispone di giocatori d’esperienza che si integrano al meglio con giovani di buona qualità. Sicuramente il girone si dimostrerà più complicato rispetto a quello della passata stagione ma l’impegno e la serietà da parte di giocatori e società non mancheranno. Inoltre da quest’anno anche la squadra RobyMoto, con al suo interno alcuni volti gorlesi, giocherà sul campo dell’Oratorio. Vi invitiamo quindi a sostenerci durante tutte le partite casalinghe che si terranno di Sabato alle ore 16:30. Di seguito i prossimi appuntamenti e a breve il calendario completo!

sabato 11 ottobre 2014 Or. Gorle - Air Power sabato 25 ottobre 2014 Or. Gorle - Pognanese sabato 08 novembre 2014 Or. Gorle - Bar Pane Vaprio

BUON DIVERTIMENTO!!! ORARI

delle

CELEBRAZIONI

SANTE MESSE Giorni

Sabato/prefestivi: ore 18.30 ore 8.00 - 10.00 - 11.30 - 18.30 Giorni feriali: ore 9.00 - 18.00

festivi:

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“LA FAMIGLIA” e “LA CASA” PER SEPARATI, DIVORZIATI O RISPOSATI

Gruppo Diocesano“La Casa” accompagnamento persone separate, divorziate o risposate

Papa Francesco ha ritenuto importante che la Chiesa dedichi una riflessione pastorale particolarmente attenta alla realtà della “famiglia”, considerati i grandi cambiamenti avvenuti a livello sociale, culturale ed ecclesiale. Per questo ha indetto due Sinodi dei Vescovi: il primo nell’ottobre 2014 e il secondo nel 2015; di ciò si sta ormai parlando da mesi ed anche le nostre comunità sono state direttamente coinvolte riflettendo e rispondendo a un questionario inviato nell’autunno scorso in tutte le diocesi del mondo. Ora la Segreteria del Sinodo ha elaborato un documento, chiamato Instrumentum laboris, in cui sono messe in evidenza le problematiche maggiori suscitate dalle risposte al questionario: tra di esse ci sono certamente anche le questioni riguardanti “i separati, divorziati o risposati”. Senz’altro abbiamo avuto modo di seguire in questi mesi il dibattito che si è aperto nella Chiesa su queste tematiche; anche alcuni Cardinali hanno proposto le loro riflessioni e le loro proposte, come per esempio il Card. Kasper, che ha avanzato l’ipotesi di un’apertura maggiore ai divorziati risposati anche sul versante della ricezione dei Sacramenti (Confessione e Comunione). Altri hanno messo in evidenza la complessità di queste situazioni e hanno invitato a posizioni più prudenti per non venir meno alla dottrina e alla disciplina cattolica. Insomma, la discussione sembra aperta; e quindi sarà importante seguire gli sviluppi dei prossimi Sinodi. Sappiamo però che non si tratta solo di fare delle norme nuove (più aperte o più tradizionali), ma di leggere con più profondità le situazioni di vita in cui separati, divorziati o risposati vengono a trovarsi e rispondere a domande esistenziali, morali e religiose che in modo forte essi pongono alla Chiesa e alla so24

cietà, pensando sia ai coniugi che ai loro figli. Certamente tutto questo, come ci insegna Papa Francesco, deve essere fatto con il cuore pieno di comprensione e misericordia, puntando al bene autentico di queste famiglie. La Chiesa, più che mai, è chiamata oggi ad essere una comunità attenta ed accogliente per accompagnare questi fratelli in un profondo e proficuo cammino di fede. Il gruppo “La Casa” nella nostra diocesi cerca proprio di mettersi al servizio di tali cammini, a fianco di queste persone e a disposizione delle parrocchie. Le sue attività sono indicate in un apposito depliant a disposizione in parrocchia o anche sul sito internet: www.lacasabg.it (tel. 035.278224, don Zanetti). A tutti chiediamo l’impegno di essere vicini con la preghiera e l’aiuto a coniugi, figli, parenti, amici coinvolti in queste situazioni matrimoniali, affinché davvero si sentano ancora amati dal Signore e dalla sua Chiesa. p. “La Casa” don Eugenio Zanetti

Incontri di Confronto e di Formazione a Bergamo un giovedì al mese dalle 20,30 alle 22,30 presso la Comunità del Paradiso (Via Cattaneo, 7 - Bergamo) 16 ottobre 2014 - 20 novembre 2014 18 dicembre 2014 - 22 gennaio 2015 19 febbraio 2015 - 19 marzo 2015 23 aprile 2015 - 21 maggio 2015 18 giugno 2015 - 9 luglio 2015


Informazioni utili

Incontri di Ascolto e di Preghiera a Bergamo

un giovedì al mese dalle 20,30 alle 22,30: presso la Comunità del Paradiso (Via Cattaneo, 7 - Bergamo) 2 ottobre 2014 - 6 novembre 2014 4 dicembre 2014 - 15 gennaio 2015 5 febbraio 2015 - marzo 2015 (*) 9 aprile 2015 - 7 maggio 2015 11 giugno 2015 - 2 luglio 2015 cfr. don Eugenio Zanetti (tel. 035.278224).

Gli amici della “Casa” ti offrono la possibilità di effettuare incontri di gruppo (ascolto-preghiera e confronto-formazione), nei luoghi e nelle date indicate. Inoltre puoi chiedere colloqui individuali, sia per questioni personali che per una consulenza circa la possibilità di avviare una “causa di nullità matrimoniale”; per un appuntamento telefona a don Eugenio Zanetti: 035.278224. Se vuoi avere altre informazioni o suggerimenti, puoi visitare il nostro sito: www.lacasabg.it; se vuoi invece metterti in contatto con noi, oltre a telefonarci, puoi mandarci un messaggio tramite e-mail: lacasa@curia. bergamo.it oppure scriverci a: La casa, presso curia vescovile, piazza duomo, 5 - 24129 Bergamo; saremo contenti di colloquiare con te. Il nostro abituale punto di ritrovo si trova presso “La comunità del paradiso”, in via Cattaneo, 7 - Bergamo.

NUMERI TELEFONICI Casa Parrocchiale: 035.661194 Segreteria: 035.0770699 Don Davide: 035.663131 Don Carlo: 035.668690 Cineteatro Sorriso: 035.656962 Sito parrocchiale www.oratoriogorle.net Per inserzione nello spazio “In ricordo dei defunti” contattare la segreteria dell’oratorio oppure inviare una mail a bollettino@oratoriogorle.net

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