Maddalena Matoso, elogio della lentezza

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MADALENA MATOSO

ELOGIO DELLA LENTEZZA

L’illustratrice di fama internazionale vive a Lisbona, città natale di sant’Antonio, festeggiato a giugno in giorni grandi e caldi…

Madalena Matoso è una promessa mantenuta nel mondo dell’illustrazione per l’infanzia. È nata a Lisbona, la città natale di sant’Antonio, dove sfilate di bande e balli per strada durano tutta la notte precedente e il 13 giugno si fa una grandissima festa. Nelle vie si mangiano le sardine arrostite e si espongono i troni del Santo. Un po’ dei colori e della vitalità della città sono entrate nelle tavole di Madalena, che ha uno stile inconfondibile, semplice e profondo.

Alcuni suoi libri sono tradotti in Italia: Quando sono nato, Quanti siamo in casa? A cosa serve? (Topipittori) con testi di José Maria Vieira Mendes e Isabel Minhòs Martins e Qui dentro. Guida alla scoperta della mente (Mondadori).

In questi libri si affrontano temi complessi, anche filosofici, ma li si scioglie in modo straordinariamente trasparente, anche grazie alle illustrazioni di Madalena, che ha affinato la sua tecnica con una lunga formazione, arricchita poi con la sua vita e la sua solarità.

Laureata in Comunicazione e Design a Lisbona, specializzata a Barcellona e alla Scuola internazionale di Sarmede in Italia, ha fondato con tre amici Planeta Tangerina nel 1999 (studio di grafica e anche casa editrice). Ha vinto molti premi e riconoscimenti in Portogallo e alla Bologna Children’s Book Fair. Al termine dell’edizione 61 della Fiera internazionale di Bologna l’abbiamo intervistata.

Come hai cominciato a illustrare? Da ragazzina ti piaceva disegnare?

Ho sempre amato le storie e il disegno. Quando ero piccola mia madre mi dava fogli e matite e passavamo molto tempo a disegnare (senza un tema specifico o indicazioni di altro tipo). Mi ricordo che a volte ero molto presa dal disegno che stavo facendo e mi piaceva molto questa sensazione: mi pareva di entrarci dentro così che mi sembrava che il disegno si stesse facendo da solo, ero completamente immersa nel mondo del disegno. Sono cresciuta e ho continuato a trarre piacere dalle illustrazioni, dalle storie e dalla relazione tra le due. Ho cominciato facendo alcuni libri artigianalmente che distribuivo in famiglia e agli amici… così ho cominciato.

Quando hai capito che potevi farne un lavoro?

Ho studiato alla Facoltà di Belle Arti e non ho pensato molto a quale sarebbe stata la mia futura professione. Mentre stavo studiando è arrivata a Lisbona una mostra di illustrazione per l’infanzia intitolata Le immagini della Fantasia (curata dall’illustratore ceco

Štepán Zavrel che venne a vivere a Sarmede in Italia nel 1968); quando ho visto questa mostra ho capito forse per la prima volta che l’illustrazione avrebbe potuto diventare una professione e che questo era qualcosa che mi sarebbe piaciuto fare.

Che libri leggevi da bambina?

Mi piacevano libri molto diversi. C’è un’autrice portoghese Sophia de Mello Breyner che ha scritto alcuni libri per bambini che apprezzavo molto. Mi piacevano anche libri con animali, racconti tradizionali…

La tua formazione avviene anche in Spagna, in Italia... perché il linguaggio dell’illustrazione per l’infanzia è universale?

Penso che sia sempre bene conoscere altri paesi, vivere del tempo fuori del nostro piccolo mondo. Per diverse ragioni e non solo professionali. Quando stavo a Barcellona, ho conosciuto diversi professori e colleghi di varie parti del mondo; allargare gli orizzonti porta cose molto buone.

Padova è la città dove sant’Antonio ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, tu sei nata e lavori a Lisbona, città dove il Santo è nato. Rappresenta qualcosa per te?

Sant’Antonio è il santo patrono di Lisbona ed è uno dei santi popolari (sant’Antonio, san Giovanni, san Pietro) che si commemorano in giugno. Per me questi santi sono santi di allegria, amicizia, incontro, festa… santi di giorni grandi e caldi.

A Lisbona il 12 e il 13 giugno la città esplode in una festa meravigliosa. Ce la racconti?

In tutti i quartieri ci sono sardine e musica. Tutta la gente è nelle strade (tanto che a volte non si riesce a camminare). Ci sono basilico e marce popolari. È una festa molto allegra con una grande mescolanza di persone.

Cosa consigli ai ragazzi che vogliono fare questo mestiere?

Che vedano tante cose, che facciano tanto. Soli, con amici. Che non rimangano ad aspettare una chiamata. Che facciano progetti perché solo concretizzando progetti impariamo e riusciamo a migliorare per il progetto successivo.

Tu hai vinto tanti premi, hai uno stile originalissimo: si può guardare tutto quello che fanno gli altri, ma poi come ci si caratterizza? Come si diventa un artista originale?

Penso che il miglior modo di trovare la nostra voce sia di fare le cose dal di dentro per l’esterno, cioè non pensare un disegno a partire dalla forma ma a partire dal suo interno. A volte alcuni artisti si specializzano in una determinata tecnica o materiali. Non è il mio caso. Io amo sperimentare cammini diversi, ma siccome la mia mano è la stessa, la testa è la stessa, questa voce personale finisce per emergere. Ci sono artisti che fin dall’inizio hanno uno stile molto identificabile. Io non ho cercato “uno stile”. Ma penso che, nel momento in cui stavo lavorando a diversi progetti, questa voce ha cominciato ad emergere. Ho lasciato entrare anche il caos nei miei progetti. Nella fase iniziale di un libro, quando sono alla ricerca del cammino da seguire, lascio che il caos faccia parte di questa ricerca e questo mi ha aiutato molto.

Quanto Lisbona entra nei tuoi libri e nelle tue illustrazioni?

Io non vivo nel centro di Lisbona, vivo in periferia… ma vado tutte le settimane a Lisbona. Penso che sia inevitabile che tutto ciò che viviamo entri nei progetti che facciamo… Non è una cosa premeditata, ma il mio modello di finestre, di strade o di porte sono le finestre, le strade o le porte che ci sono nelle città in cui sono cresciuta e vivo, e finiscono per essere le finestre, le strade o le porte che appaiono nei disegni che faccio. È una cosa inconsapevole, ma mi hanno detto che si nota questa “origine”.

C’è un messaggio universale che vuoi dare con i tuoi libri ai ragazzi e alle ragazze?

Avere momenti di nulla, di vuoto o di silenzio. È bene avere alcuni spazi vuoti nella nostra vita. Potete anche stare a guardare una parete bianca, come faceva la poetessa Wisława Szymborska. Fate attenzione ai dettagli. Guardate le cose molto piccole. Osservate ciò che è molto lento. Potete provare a disegnare più lentamente possibile o a muovervi più lentamente possibile. È molto difficile, ma vedrete che ne vale la pena!

Testo Laura Pisanello Illustrazioni Madalena Matoso

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