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SISTEMI DI COMUNICAZIONE E RELAZIONI UMANE di Ermanno Detti
Se ne parla così tanto che sembra quasi di trattare una questione di moda, una questione così sulla bocca di tutti che finirà col dissolversi come una bolla di sapone. Invece no, è una realtà che riguarda tutto il mondo e tutte le persone, si tratta delle inedite vie della conoscenza, degli inediti stili cognitivi legati allo sviluppo delle nuove tecnologie che invadono, senza nemmeno affaticarci, la nostra quotidianità e la modificano. Dilagano insomma nella vita e nei rapporti umani: la partecipazione stessa alla comunità reale viene sempre più spesso sostituita dalla partecipazione alla comunità dei social.
Cambiano dunque i sistemi di comunicazione e con essi le relazioni fra le persone, cambia il modo di apprendere, di informarsi, di sapere e di conoscere. Restano aperte alcune questioni – difatti su queste ci sono posizioni diverse – se muta o no il sapere stesso, se si modificherà il nostro pensiero, se la creatività e le capacità inventive dell’uomo si apriranno di più grazie ai nuovi strumenti o se avverrà il contrario.
Nelle pagine seguenti affrontiamo il tema senza porci l’obiettivo di rispondere alle grandi domande (questo compito spetta a chi studia e ricerca con ben altri strumenti), ma tentando di tratteggiare un pezzo del futuro che in parte è già presente. Pare ormai assodato che la comunicazione scritta mantenga la sua importanza (ce lo confermano anche i recentissimi dati Istat pubblicati qui di seguito), ad essa si affiancano però altre forze equivalenti, come l’immagine e l’oralità. Muta difatti sotto i nostri occhi l’editoria che anche con la produzione scritta e cartacea si avvale sempre più delle immagini e della parola orale, ricorrendo a nuovi intrecci con il digitale (podcast, audiolibri, QR code). Ci sono casi in cui l’immagine è predominante sulla scrittura (pensiamo agli albi illustrati o ai graphic novel), anzi talvolta la scrittura è assente come nei silent book. Cambia anche il modo di promuovere l’editoria: quella dei book influencer è una realtà sorprendente, ma è una realtà alla quale dedichiamo spazio nelle pagine che seguono. C’è infine un’altra sorpresa, il fiorire, lento ma pare inesorabile, di librerie specializzate per adulti e ragazzi di libri in cui l’immagine esercita un certo predominio (in questo numero ci limitiamo a presentarne una di Roma, ma è solo la prima).
In sostanza, parte della nostra rivista è dedicata a queste tematiche così riassumibili: nuovi sistemi di comunicazione, nuovi stili cognitivi, mutamenti dell’editoria, ricerca di novità nella promozione editoriale, nuove librerie specializzate al passo con i tempi.
Potremmo chiudere qui il discorso, magari interrogandoci su quanto potrà durare la nostra critica cartacea basata su inchieste e sforzi divulgativi. Ma, bandendo tentazioni pessimistiche, vorremmo invece segnalare altri due temi su cui interveniamo in queste pagine e che terremo a bada nei prossimi numeri. Il primo riguarda l’intervento sui bambini e i ragazzi con una domanda: in mezzo a questi cambiamenti, quali studi ci presenta la pedagogia? Abbandoniamo i nostri giovani così, iperconnessi e forse anche isolati? Come possono famiglia e scuola intervenire in maniera seria? E come intervenire nelle diverse situazioni (segnaliamo il bell’articolo sui bambini in ospedale)? Registriamo anche nella nostra società adulta segnali di povertà educativa? Se sì, quali interventi politici gli Stati debbono mettere a punto?
La seconda questione riguarda la qualità dei libri, certo molto buona e curata, a partire dall’impiego attento delle immagini fino all’attenzione ai problemi sociali, dal bullismo all’ambiente. Ma avete mai tentato un confronto tra la letteratura attuale e quella della nostra tradizione? Che fine hanno fatto i romanzi umoristici o l’umorismo ovunque presente? Rintracciate qualche segno di umorismo negli attuali romanzi anche a sfondo sociale?
C’è un saggio molto importante nelle pagine che seguono, ci dice quanto nella letteratura per bambini e ragazzi il ridere sia necessario (ma una volta si rideva di più anche nella letteratura per gli adulti).
EDITORIALE
SISTEMI DI COMUNICAZIONE E RELAZIONI UMANE, di Ermanno Detti, p. 3
IL NUOVO MONDO E LE NUOVE VIE DELLA CONOSCENZA
Lettura e scrittura: arricchimenti e impoverimenti
I GIOVANI E I POTENTI STRUMENTI DEL WEB Intervista a Giovanni Solimine, di Franca De Sio, p. 6
Dai recenti dati Istat
LIBRI DI CARTA SEMPRE NEL CUORE DEI LETTORI di Miria Savioli, p. 10
Educare alla lettura oggi pensando al domani
NUOVI SCENARI PER UN MONDO FUTURO di Elisabetta Vanzetta, p. 14
Fuoritesto – I SOGNI DI UN CAMALEONTE FINALISTA DELLA SEZIONE KIDS DEL PREMIO INGE FELTRINELLI, di Milvia Morciano, p. 17
Dalla libreria Risma alle altre di quartiere «PRIMA DI TUTTO VIENE L’IMMAGINE»
Martina Polimeni a colloquio con Serena Dovì, p. 18
La bambina dalle uova d’oro VOGLIO FARE LA BOOK INFLUENCER! di Franca De Sio, p. 20
Un direttore di stile dietro le quinte dei libri
IL MESTIERE DELL’ART DIRECTOR
Ferdinando Albertazzi incontra l’art director Mauro Ortolani, p. 22
EDUCAZIONE E APPRENDIMENTO – CONNESSI E SMARRITI SUL PALCOSCENICO DELLA RETE di Paola Parlato, p. 24
OLTRE FRONTIERA
Sul comico e sulla sua necessità UNA RISATA CI SALVERÀ di Chiara Lepri, p. 26
Fuoritesto – È PROPRIO STRANO, DALLA TESTA AI PIEDI, di Clelia Tollot, p. 29
Leo Lionni venticinque anni dopo
IL GENIO DELLA SEMPLICITÀ
Rossana Sisti a colloquio con Francesca Archinto, p. 30
Le scuole in ospedale
PAROLE CHE CHIUDONO FERITE E SCHIUDONO MONDI di Alessandra Merighi, p. 32
Fuoritesto – PAROLE E ILLUSTRAZIONI IN OSPEDALE, di Lucia Zaramella, p. 34
COMUNICAZIONE – CINQUE MINUTI AL GIORNO! di Anna Oliverio Ferraris, p. 37
Scritti di: Ferdinando Albertazzi, Giuseppe Assandri, Giuseppe Capozza, Franca De Sio, Ermanno Detti, Giuseppe Fiori, Ilaria Iapadre, Chiara Lepri, Gian Piero Maragoni, Maria Milvia Morciano, Alessandra Merighi, Anna Oliverio Ferraris, Paola Parlato, Martina Polimeni, Nadia Riccio, Fernando Rotondo, Miria Savioli, Rossana Sisti, Elisa Spadaro, Clelia Tollot, Elisabetta Vanzetta, Lucia Zaramella
INTERVENTI E INTERVISTE
I mali delle esistenze umane
IL PITTORE CHE DENUNCIA GLI ORRORI DELLA GUERRA di Maria Milvia Morciano, p. 38
Fuoritesto – PEDAGOGIA E FASCINO DEL RACCONTO NELLA NARRATIVA PER RAGAZZI di Giuseppe Capozza, p. 41
Dalla mostra alle Scuderie del Quirinale CALVINO E I GIOVANI di Maria Milvia Morciano, p. 42
PER CALVINO – LA FIABA DI ITALO di Giuseppe Fiori, p. 44
La casa editrice in primo piano/Storiedichi
STORIE PER RICONNETTERSI CON CIÒ CHE È VIVO di Giuseppe Assandri, p. 46
Marino Cassini, ritorno a Isolabona
QUANDO I BAMBINI CERCAVANO L’ORCO di Fernando Rotondo, p. 48
Fuoritesto – UNA DENSA BIBLIOGRAFIA SULLA PRODUZIONE LIBRARIA PER I GIOVANI di Giuseppe Assandri, p. 50
S.O.S. SCUOLA – QUALCHE REGOLA PER TUTELARE I BAMBINI DALLA DIPENDENZA DA SMARTPHONE, di Giuseppe Assandri, p. 51
LE SCHEDE
Fuoritesto – DICK BRUNA E IL CONIGLIETTO MIFFY, di Rossana Sisti, p. 53
Fuoritesto – GRANDI E BAMBINI, ATTENTI ALLE CADUTE!, di Paola Parlato, p. 54
Fuoritesto – L’AMORE PER LA LETTURA CHE NASCE DALL’ASCOLTO, di Elisa Spadaro, p. 56
Fuoritesto – LE AVVENTURE DI COYOTE E RODEO, di Giuseppe Assandri, p. 57
Fuoritesto – SE C’È LA GUERRA ANCHE I BAMBINI MUOIONO!, di Franca De Sio, p. 58
Fuoritesto – L’ORRORE DA NON DIMENTICARE, di Paola Parlato, p. 60
Fuoritesto – COM’È DIFFICILE PARLARE DI DEMOCRAZIA, LIBERTÀ E RISPETTO di Ermanno Detti, p. 61
RILETTURE IN LIBERTÀ – CALVINO E BASILE, di Gian Piero Maragoni, p. 62
Pepeverde
N. 21-2024 gennaio/marzo
Rivista trimestrale
Iscrizione al Registro della Stampa del Tribunale di Roma
n. 15/2019 del 21/02/2019
Anno VI n. 21/2024
Direttoreresponsabile
Anna Maria Villari
Direttore editoriale
Ermanno Detti
Comitato Scientifico
Massimo Baldacci, Silvia Blezza Picherle, Lorenzo Cantatore, Liliana Dozza, Franco Frabboni, Donatella Lombello, Juan Mata Anaya, Marco Pellitteri, Giovanni Solimine, Jack Zipes.
Redazione
Giuseppe Assandri, Alessandro Compagno, Valentina De Propris, Franca De Sio, Giuseppe Fiori, Loredana Genua, Tiziana Mascia, Paola Parlato, Luisa Salvadori, Clelia Tollot, Luciano Vagaggini, Tito Vezio Viola.
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Lettura e scrittura: arricchimenti e impoverimenti
I giovani e i potenti strumenti del web
Intervista a Giovanni Solimine, di Franca De Sio
Giovane bibliotecaria, agli inizi degli anni Ottanta frequentai un corso di aggiornamento organizzato dalla Regione Umbria, il docente di biblioteconomia era Giovanni Solimine. Bastarono poche ore di lezione per rafforzare in me l’idea che la biblioteca pubblica debba svolgere un ruolo politico nella società: garantire a tutti la possibilità di accedere al sapere, di confrontarsi con gli altri, di manifestare liberamente le proprie idee, deve essere un Forum nella sua accezione latina. Nel corso degli anni Solimine ha avuto alti e importanti incarichi e, tra l’altro, ha tenuto per anni sulla nostra rivista la rubrica “Il grillo parlante”. L’intervista che segue tratta alcuni fenomeni che riguardano la lettura tra i giovani, così lucidamente analizzati anche nei suoi scritti più recenti.
La rivoluzione digitale ha un impatto sempre maggiore su tutti gli ambiti del quotidiano. La tecnologia viene spesso usata in modo passivo, consumando ciò che viene proposto. Si calcola, inoltre, che circa il 30% dei bambini dai 6 ai 10 anni utilizzano abitualmente gli smartphone. Ma come leggono i ragazzi oggi?
La diffusione degli smartphone, che per molti di noi sono il principale se non l’unico device che utilizziamo per connetterci alla rete e per comunicare con gli altri, è dovuta a mio avviso, a due motivi: la sua multifunzionalità –lo usiamo per leggere, per scrivere, per guardare video, per ascoltare musica, per giocare e per mille altri usi, tra i quali la telefonia non è neppure quello prevalente – e la sua possibilità di connettersi in mobilità. Ciò ha consentito allo smartphone di riempire tutti gli
spazi della nostra giornata che prima erano vuoti e di essere in rete anche quando non siamo né a casa né al lavoro. Il risultato è che ormai la maggior parte del traffico di Internet passa attraverso la rete mobile e gli smartphone. Durante il lockdown gli smartphone e i tablet hanno consentito il mantenimento di un minimo di relazioni sociali e, per i più giovani, di continuare a studiare. Uno degli effetti è che si è abbassata l’età media in cui i ragazzi cominciano a usarli. Ovviamente, ci sono i pro e i contro. Parlavi di passività: come sempre, le responsabilità – o addirittura le colpe, se vogliamo usare questo termine –non sono da attribuire agli strumenti, ma all’uso che ne facciamo e al contesto in cui ciò avviene. Possiamo fare molte più cose, ma rischiamo di perdere il governo delle nostre azioni. Spesso l’input da cui si avvia un utilizzo non parte da noi, ma da una no-
tifica: nel campo dell’informazione, per esempio, spesso non siamo noi a decidere su quale argomento informarci e a quale fonte rivolgerci, ma sono le notifiche ad attirare la nostra attenzione e a spingerci di informarci su una questione piuttosto che su un’altra e a scegliere chi ci fornisce l’informazione.
In una ricerca diretta da Lella Mazzoli dell’Università di Urbino1, condotta su circa duemila giovani di età compresa fra i 14 e i 19 anni la lettura è al quinto posto, sembrerebbe un dato quasi soddisfacente, ma cosa si intende per lettura?
Quella ricerca ha dimostrato che la lettura – che solitamente identificavamo con la lettura di libri – assume tante diverse forme quando diventa lettura online. Oltre alla messaggistica, ai post e ad altri frammenti di testo, passando ai contenuti “culturali” veri e propri, troviamo ai primi posti i testi delle canzoni (letti dal 90% degli intervistati), i racconti (87%), le notizie di attualità (86%), gli articoli di giornale (76%), i romanzi (71%), i fumetti e i graphic novel (65%), i saggi (64%), le poesie (62%), le biografie (61%). Questa varietà ci conferma che le motivazioni alla lettura possono essere le più disparate:
1 Il futuro del leggere. Giovani e lettura, una storia contemporanea, a cura di Angelo Piero Cappello, Roma, Castelvecchi, 2023.
curiosità, intrattenimento, studio, approfondimento o semplicemente piacere e ricerca di emozioni.
Se tutto è lettura, senza distinzione tra i formati tradizionali della comunicazione scritta (libri, giornali e riviste) e altri media, e senza distinzione di contenuti (testi di canzoni, post, blog etc…), sembra che siano i giovani a leggere di più…
I giovani hanno sempre letto di più degli adulti e, fino a qualche anno fa, più dei giovani delle generazioni precedenti. Questo anche perché gradualmente è andato crescendo il grado di istruzione e con esso il livello delle competenze linguistiche, che è alla base della capacità e della facilità di lettura. Per circa mezzo secolo – a partire dagli anni Sessanta, quando l’Istat ha cominciato a fare le sue indagini e rilevò che il 16% degli italiani leggeva un libro all’anno, e fino al 2010, quando questa percentuale si è quasi triplicata – la crescita è stata costante ed ha riguardato anche la lettura di libri nel tempo libero. Non dobbiamo dimenticare i grandi passi in avanti che si sono fatti proprio a partire dagli anni Sessanta con la scuola media unificata, l’innalzamento dell’obbligo scolastico, l’apertura delle università anche a chi non proveniva dai licei, per non parlare poi della crescita di consapevolezza scaturita dal ‘68, dal movimento di emancipazione femmi-
nile, dalle lotte libertarie, dalla crescita della partecipazione alla vita sociale e politica: la gente ha cominciato a guardarsi intorno, voleva capire, farsi un’opinione e l’ampliamento delle basi della lettura è stata una naturale conseguenza. Poi qualcosa è cambiato e il processo di crescita si è arrestato: la percentuale dei lettori di libri è stagnante intorno al 40% della popolazione.
Quello che è accaduto negli ultimi 1015 anni merita di essere analizzato nel dettaglio, perché così comprendiamo le dinamiche dei fenomeni e i fattori che li determinano. Secondo l’Istat il 2010 segna col 46,5% la punta massima nella percentuale dei lettori in Italia, poi comincia un netto declino: a partire dal 2011 si è registrato un calo notevole nella lettura e in soli tre anni sono spariti dai radar circa tre milioni di lettori. Nel periodo 201116 il fatturato del comparto editoriale è sceso da circa 3,5 miliardi di euro a 2,7 e la percentuale dei lettori è calata al 40,5. Se guardiamo attentamente dentro i dati delle singole fasce d’età, ci accorgiamo che, a fronte di un calo medio di sei punti nella percentuale dei lettori nel periodo 2010-16, tra le generazioni più giovani si è aperta una vera e propria voragine, raggiungendo addirittura uno scarto negativo di oltre quattordici punti nella fascia 1114 e di dodici punti nella fascia 1517, di gran lunga più pesante di quanto non sia accaduto per le altre
generazioni; infatti è da rilevare che, nello stesso periodo, tra gli over 60 la lettura ha tenuto o è addirittura cresciuta. Quindi, ciò che è accaduto dal 2010 in poi può essere compreso solo osservando i comportamenti dei giovani lettori: dobbiamo mettere in collegamento gli indici di lettura in quelle fasce d’età con la diffusione della connessione dati in mobilità a tariffe flat. In quegli anni il web è diventato il primo e a volte l’unico canale per l’accesso all’informazione e alla conoscenza ed è esploso l’uso dei social network. Inutile sottolineare che questa vera e propria migrazione di massa verso la rete ha riguardato principalmente giovani e adolescenti e che il distacco dalla lettura di libri verificatasi nei ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 17 anni non si è diretto verso il libro digitale, ma è andato in direzione di altri canali di intrattenimento e di apprendimento: essenzialmente i social network e le piattaforme streaming e satellitari. A soffrirne è stata la “lettura profonda”, quella di testi lunghi e complessi, che richiede maggiore concentrazione, incompatibile con lo stile multitasking che tutti, ma i giovani in particolare, abbiamo assunto.
I ragazzi leggono più sul web o su carta?
I ragazzi sono onnivori e fanno di tutto. Sanno anche distinguere e si orientano, a seconda dei casi, sulle modalità di lettura e verso i supporti che garantiscono una maggiore funzionalità. Dall’indagine citata prima risulta, per esempio, che per la lettura dei testi delle canzoni prevale il web (84% contro 11%), mentre per i romanzi avviene il contrario (il 59% degli intervistati li legge su carta e solo il 21% online). I racconti brevi, invece, sono da considerare un genere “anfibio” e in questo caso le preferenze si equivalgono quasi (il 56% si rivolge al digitale e il 51% all’analogico).
I romanzi vengono in gran parte letti su carta. Forse perché sulla carta si può più facilmente dilatare il tempo
di lettura? Non c’è limite di connessione, gli occhi sono sottoposti a minore stress rispetto allo schermo, il cervello è più libero di rileggere e ripensare.
Un testo narrativo richiede i suoi tempi e i suoi ritmi, una sua lunghezza e anche una sua lentezza, necessaria per accostarsi gradualmente a una storia, alla descrizione degli ambienti e delle atmosfere, per entrare in un’altra epoca storica, per comprendere il carattere dei personaggi e immedesimarsi nelle vicende che li uniscono. Non bisogna avere fretta e, infatti, gli studiosi di scienze cognitive, come Maryanne Wolf, parlano di «pazienza cognitiva».
Per indicare l’attenzione dedicata alla pagina scritta vengono usate varie espressioni («lettura ravvicinata», «lettura critica», oltre alla già ricordata «lettura profonda»), riferite all’attenzione esclusiva cui le pratiche di lettura tradizionali ci hanno abituato: una lettura il più delle volte lenta e prolungata nel tempo, come quella dedicata a un romanzo o a un saggio –non importa se fruiti su supporto cartaceo o elettronico – molto diversa da
ciò che accade quando stiamo navigando in rete con un dispositivo mobile, e accediamo al testo breve postato tramite un social network o ad altri frammenti di conoscenza che possiamo recuperare con un motore di ricerca o che ci vengono proposti da una notifica, testi che a volte ci limitiamo a scorrere, a scansionare con lo sguardo senza leggerli davvero.
Sono cambiati i generi letterari e anche i modi di scrivere. Si preferiscono frasi brevi, ritmi cinematografici, si rifugge da descrizioni lunghe. La frenesia con cui tutti cercano di fare contemporaneamente più cose sembra aver contaminato anche la scrittura e la lettura…
Lettura e scrittura sono pratiche che subiscono i condizionamenti ambientali, oltre che influenzarsi reciprocamente.
Procediamo con ordine. La frenesia di una vita impaziente, di un tempo che ci sembra non bastare mai, in cui cerchiamo di infilare tante cose, senza riuscire a rinunciare a nulla neppure per un attimo, ci spinge a modificare anche il tempo della lettura, che di per
Respiriamo nel Wi-Fi, i nuovi modi del conoscere viaggiano su file audio e video, podcast, audiolibri, documentari... La lettura avviene sempre meno spesso su carta. L’apprendimento non passa quasi più attraverso la comunicazione scritta. Oralità e immagine sembrano predominare, quasi in una sorta di regressione storica. Per esercitare questa nuova forma di lettura e di apprendimento occorrerà allenarsi, abituare il cervello a fare distinzioni e a muoversi in modo anfibio, tra analogico e digitale, e in contemporanea tra un’attività e un’altra. Dice Solimine: «Organizziamo la nostra attenzione come lo schermo del nostro computer, con tanti file aperti simultaneamente: alcuni attivi, altri in stand-by, ridotti a icona. Concentrarsi su una cosa soltanto ci sembra troppo
poco...». Ma la velocità di un elaboratore elettronico può battere la ricchezza delle
sé non è comprimibile: oggi tutto è più veloce, ma per leggere un libro si impiega lo stesso tempo necessario due secoli fa. Ciò è – come ho cercato di dimostrare nel mio ultimo volume – all’origine del prevedibile successo degli audiolibri, che si sta già manifestando da un paio d’anni. Ancora una volta ci tornano utili gli avvertimenti dei cognitivisti: i motivi per i quali gli audiolibri potrebbero avere successo sono gli stessi che preoccupano di più. L’ascolto di un libro ci allontana ancora di più dalla lettura profonda praticata sui testi scritti e dalla complessità del libro: è una lettura “semplificata” e “leggera”, il cui ritmo è deciso dal narratore e non dall’ascoltatore (che di fronte a un testo particolarmente difficile o impegnativo, può tornare indietro con lo sguardo e rileggere), praticabile con una «attenzione distratta» e non esclusiva (possiamo ascoltare un libro mentre guidiamo l’auto, mentre facciamo esercizi ginnici, mentre giriamo il sugo sui fornelli), esposta al rischio di «divagazioni mentali», spesso praticata su testi non particolarmente impegnativi, che assimila la lettura all’intrattenimento, e che quindi va nella direzione
variabili fantastiche del nostro cervello?
Conviene ancora elogiare la lentezza della lettura su carta?
Giovanni Solimine
CERVELLI ANFIBI, ORECCHIE E DIGITALE
Esercizi di lettura futura
Aras Edizioni, Fano, 2023, pp. 132, € 14,00
Altri suoi libri recenti, tutti Edizioni Laterza: LA CULTURA ORIZZONTALE, (con Giorgio Zanchini), 2020;
SENZA SAPERE
Il costo dell’ignoranza in Italia, 2014; L’Italia che legge, 2010.
del multitasking e di quei cambiamenti nei comportamenti umani di cui si diceva già prima.
Passando poi al tema della scrittura, mi sembrano molto interessanti i risultati di una recente ricerca sull’impoverimento della comunicazione scritta, coordinata dal linguista Nicola Grandi dell’Università di Bologna. Gli appartenenti alla generazione di WhatsApp scrivono tanto: ma scrivono messaggi brevi, spezzettati, conditi di emoticon. Frasi non necessariamente stringate ma immediate, ispirate dal momento, sollecitate dall’interlocutore con cui stiamo chattando. Con il risultato che nessuna generazione ha mai scritto tanto quanto i ventenni di oggi. Chat e social media sono un fiume in piena di parole quotidiane. Quando però i giovani devono dare forma a un testo complesso, si arenano. Vale anche per gli studenti universitari. L’indagine ha coinvolto oltre duemila studenti di 45 atenei, chiamati a redigere un testo di massimo 500 parole. I risultati, valutati sia da un algoritmo che da una correzione umana, hanno rivelato una preoccupante omogeneità nelle capacità espressive e una marcata difficoltà nello sviluppare contenuti complessi. Sorprendentemente, il 50% degli errori riguardava la punteggiatura, evidenziando una carenza nella capacità di utilizzare la lingua in modo articolato. L’uso frequente dei social, secondo il professor Grandi, ha portato a una scrittura più frammentata e superficiale, in contrasto con la scrittura
riflessiva e strutturata tradizionalmente praticata in ambito scolastico e accademico. Ci si sarebbe aspettati risultati migliori tra gli iscritti ai corsi di laurea umanistici, ma non c’è una forte correlazione con la facoltà di appartenenza, mentre appare evidente l’influenza delle condizioni socio-economiche della famiglia di origine, così come si nota un divario di genere, con risultati migliori tra le ragazze rispetto ai coetanei maschi.
Oggi la scrittura sembra derivare più dall’oralità e dall’uso quotidiano della lingua, piuttosto che dalle esperienze di lettura, e in particolare dalla lettura di testi letterari, e ciò comporta un indebolimento delle competenze linguistiche ed espressive e una ridotta capacità di redazione di un testo complesso.
Un fenomeno interessante è che a indirizzare le scelte dei ragazzi nella lettura sono in gran parte i “pari”, cioè sono i ragazzi della stessa età dei lettori che, servendosi di vari media danno consigli, fanno recensioni, convincono. Sarebbe una bella cosa, se non venisse il sospetto che rispondano anch’essi a leggi di mercato…
È proprio così. La rete, offrendoci smisurate possibilità per fare da soli qualsiasi cosa, ha delegittimato coloro che in una «cultura verticale» godevano di uno status di autorevolezza che permetteva di influenzare le opinioni altrui. A questi influencer di una volta si è sostituito quello che pos-
siamo chiamare il «potere dei pari», e cioè una trasmissione culturale orizzontale, che utilizza i potentissimi strumenti del web. Posta in questi termini, saremmo di fronte a una democratizzazione delle relazioni culturali e quindi il fenomeno avrebbe una connotazione totalmente positiva, specie se fosse accompagnata, rispettivamente per chi emette e per chi recepisce un messaggio, da competenze e senso critico. Ma farei attenzione quando la rete fa da megafono a chi, a partire da poche e banali notizie recuperate sul web, si ritiene esperto di qualsiasi cosa e, magari alzando la voce, riesce a conquistare uno spazio che gli consente di prevaricare. Ma questi sono effetti deformanti, che qui ora non ci interessa discutere. Tornando a noi, tendo a interpretare positivamente la novità molto rilevante cui stiamo assistendo, con tanti giovani e adolescenti che coltivano su TikTok la propria passione per i libri e la lettura. Mi sembra una cosa molto apprezzabile: questo social ha offerto ai ragazzi modi nuovi per parlare di libri, con un linguaggio veloce e informale. I booktoker danno consigli di lettura, che vengono ascoltati proprio perché provengono da un “pari”, da chi cioè condivide la stessa sensibilità dei giovanissimi che seguono questo social network. Per effetto di questo fenomeno abbiamo assistito al successo commerciale di libri, a volte di autori ed editori poco noti, che hanno scalato le classifiche in modo assolutamente imprevedibile, senza passare per i tradizionali canali della promozione editoriale.
Riprendo l’ultima parte della tua domanda: una degenerazione è quella che si determina quando qualcuno che ha la possibilità di condizionare i gusti e le scelte delle persone abusa della fiducia dei suoi follower facendo pubblicità occulta, e lo fa in modo talmente subdolo da ingannare la buona fede di chi ne ascolta i consigli. Mi fermo qui, altrimenti finiamo col parlare del pandoro della Ferragni.
Dai recenti dati Istat
Libri di carta sempre nel cuore dei lettori
di Miria SavioliPur in un panorama di cambiamenti in atto, i dati Istat confermano che le preferenze dei lettori sono ancora fortemente orientate verso il libro di carta. Nonostante la praticità dell’ebook e il costo più contenuto rispetto alla carta, i lettori non hanno ancora percorso in massa la via della seta che va dal libro cartaceo a quello digitale.
I lettori di libri nel 2022
Secondo i dati Istat, nel 2022, il 39,3% delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di aver letto almeno un libro (cartaceo, e-book/libro online o audiolibro) nell’anno. Il valore registra una diminuzione rispetto a quanto rilevato nel
2021 quando la quota di lettori si era attestata al 40,8% (2021)1. Se i dati Istat rilevati nel 2020 avevano evidenziato un minimo effetto positivo della pandemia sui comportamenti di lettura della popolazione e la quota di lettori aveva toccato il 41,4%, i dati registrati nel biennio
2021-2022 dipingono uno scenario molto diverso. La crescita registrata durante la pandemia, infatti, non si è consolidata e il risultato è che nel 2022 la quota di lettori registra il valore più basso degli ultimi 22 anni. Nel 2022, però, un segnale in controtendenza arriva dai lettori più piccoli. Infatti, la diminuzione della quota di lettori non è stata trasversale in tutte le fasce di età e, contrariamente a molti adulti che hanno registrato una perdita di interesse verso la lettura di libri, tra i bambini e i ragazzi la quota di lettori è lievemente aumentata nella fascia tra i 6 e i 14 anni ed è rimasta stabile in quella di 15-17 anni.
Lettori di libri di 6 anni e più (a) Anni 2010-2022 (per 100 persone della stessa classe di età)
(a) Hanno letto almeno un libro (cartaceo, ebook, libro online o audiolibro) per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mesi precedenti.
Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie "Aspetti della vita quotidiana".
Persone di 6 anni e più per comportamenti di lettura
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(a) Hanno letto almeno un libro (cartaceo, ebook, libro online o audiolibro) per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mes iprecedenti l’intervista.
(b) Libri cartacei insieme a e-book/libri on line oppure libri cartacei e ascolto di audiolibri oppure e-book/libri on line e ascolto di audiolibri oppure libri cartacei, e-book/libri on line e ascolto di audiolibri. – Informazione non disponibile.
Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie "Aspetti della vita quotidiana".
Si tratta di un piccolo segnale positivo che però assume un valore importante se paragonato al forte crollo registrato nel periodo 2010-2016 quando la quota di lettori era diminuita di oltre 8 punti percentuali tra i bambini di 610 anni, di oltre 14 punti nella fascia 11-14 e di 12 punti in quella di 1517 anni (rispetto ai 6,3 punti percentuali della media della popolazione). I dati del 2022 confermano così il trend positivo registrato a partire dal 2017, quando l’interesse verso la lettura nella fascia 6-17 ha iniziato una lenta ripresa anche se alternata a qualche oscillazione negativa.
Il libro di carta ancora al primo posto
Nonostante negli ultimi anni sia continuamente cresciuta la produzione di libri in formato digitale2, la quota di lettori che preferisce leggere libri di carta è ancora nettamente superiore a quella di coloro che scelgono la lettura in digitale.
Nel 2022, infatti, i lettori di libri car-
tacei continuano a rappresentare la quota più consistente: il 34,1% della popolazione di 6 anni e più dichiara di leggere libri cartacei (per un totale di 19 milioni 113 mila persone), un valore di poco inferiore a quello rilevato nel 2018 quando la quota di attestava al 37,3%.
Al contrario l’interesse della popolazione verso la lettura di e-book e/o libri online, pur avendo registrato una crescita significativa negli ultimi anni, rimane ancora molto contenuto: nel 2022 l’11,1% della popolazione di 6 anni e più (6 milioni e 200 mila persone) dichiara di leggere libri utilizzando supporti digitali (erano 3 milioni e 600 mila nel 2015, pari al 7,1% della popolazione di 6 anni e più).
Anche l’ascolto di audiolibri si conferma un’attività residuale nelle preferenze dei lettori, nonostante la crescita degli ultimi anni. Nel 2022 è stata un’attività svolta da 1 milione 85 mila persone, pari all’1,9% della popolazione, un valore più che raddoppiato rispetto al 2018 quando la quota di lettori si attestava allo 0,8%.
Le preferenze dei lettori: l’uso esclusivo o combinato dei supporti
I dati Istat ci consentono anche di analizzare se i lettori utilizzano un supporto in modo esclusivo (solo carta e solo e-book) o se, invece, combinano l’uso dei diversi supporti e se nel tempo queste preferenze sono cambiate.
Nel 2022, l’uso esclusivo dei libri cartacei si conferma come la scelta di lettura più diffusa. Sette lettori su dieci dichiarano, infatti, di aver letto solo libri cartacei (69,8%) e solo un lettore su dieci dichiara di aver letto esclusivamente e-book (12,4%), mentre la quota di chi ha utilizzato diverse tipologie di supporto si attesta al 17,4%. Il confronto con i dati del 2018 mostra però come, pur se lentamente, qualcosa stia cambiando: sono aumentati i lettori che scelgono solo gli e-book (dal 7,9% al 12,4%) e quelli che utilizzano diversi supporti (dal 13,7% al 17,4%) a fronte di una diminuzione dei lettori che dichiarano di aver letto solo libri
Lettori di libri di 6 anni e più per classe di età e supporti utilizzati per leggere (a) Anno 2022 (per 100 lettori di 6 anni e più)
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(b) Libri cartacei, e-book/libri online o audiolibri. Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana.
cartacei (dal 78,4% al 69,8%).
I cambiamenti registrati tra il 2018 e il 2022, di fatto, non hanno cambiato lo scenario generale. Come nel 2018, i dati del 2022 confermano due cose importanti: la prima è che persistono abitudini consolidate tra i lettori che si polarizzano ancora prevalentemente sull’utilizzo esclusivo del libro cartaceo e la seconda è che, almeno per ora, il cambiamento nelle abitudini di lettura non si sta orientando in modo prevalente verso la modalità “solo digitale” ma piuttosto verso la modalità “mista” dove carta e digitale convivono e si alternano senza che il lettore operi una scelta definitiva verso un supporto a discapito dell’altro. In questo quadro complessivo i segnali più forti di apertura al cambiamento arrivano dai lettori di 20-24 anni, tra i quali il 41% legge solo e-book o libri online o combina l’uso dei diversi supporti facilitati anche dalla familiarità che hanno nell’utilizzo dei supporti tecnologici per lo studio, lo svago, la comunicazione.
I profili dei lettori
Nel panorama appena tracciato vanno però evidenziate le differenze che si rile-
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75883-?4060@@543-/01-A0 ?8-9?//3;43-/.;-6.BB.;.-60:;0-C:D (b) e-book/ibri online
(a) Hanno letto almeno un libro (cartaceo, ebook, libro online o audiolibro) per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mesi precedenti l’intervista.
vano se si tiene conto del genere, dell’età e del titolo di studio dei lettori.
La lettura esclusiva di libri cartacei è più diffusa tra i lettori più piccoli (86,4% tra i 6-10 anni), quelli più anziani (89,6% tra i lettori di 75 anni e più) e quelli con bassi titoli di studio. È più elevata tra le lettrici (71,9% rispetto al 66,9% dei lettori) con differenze di genere che sono più marcate nelle fasce di età adulte e anziane.
Diverso è il profilo dei lettori che preferiscono leggere solo e-book/libri online. La scelta esclusiva della lettura di libri in digitale prevale tra i lettori (il 15,5% rispetto al 10,1% delle lettrici). È più diffusa tra i lettori più giovani e gli adulti (il 16-19% nella fascia tra i 15-54 anni) e quelli più istruiti (il 12,1% tra i lettori laureati e appena il 4% tra i lettori che possiedono al massimo la licenza media).
La lettura su più dispositivi non mostra particolari differenze di genere, mentre il profilo per età è simile a quello dei lettori di soli e-book. In questo caso, ancor più che per la lettura di soli e-book, la variabile che discrimina maggiormente è il titolo di studio: il 24,5% dei lettori laureati di 25 anni e più dichiara di utilizzare più
supporti per leggere a fronte del 4,1% dei lettori che possiedono al massimo la licenza media.
Per leggere un e-book non basta saper leggere
Spesso pensiamo alle scelte dei supporti utilizzati per leggere i libri pensandole come delle scelte legate al gusto: scelgo di leggere il libro di carta perché mi piace il suo profumo o perché mi piace toccare le pagine, scelgo di leggere un e-book perché l’e-reader è più comodo (può contenere migliaia di libri) ed è più leggero da portare in viaggio o durante gli spostamenti quotidiani. Meno spesso ci soffermiamo a pensare che per molte persone, soprattutto quelle più anziane, non sempre si tratta di una libera scelta. Gli strumenti digitali disponibili per leggere, infatti, non garantiscono un accesso democratico alla lettura tanto quanto il libro cartaceo sia per motivi di tipo economico sia per motivi legati alle competenze e abilità proprie di ciascun individuo.
Per leggere un e-book, infatti, serve un investimento economico in più rispetto al libro di carta (acquisto del
supporto e abbonamento a internet) e, soprattutto, è necessario avere competenze digitali senza le quali non è possibile accedere al libro in formato digitale.
Infatti, mentre per leggere un libro di carta basta saper leggere, per leggere un e-book sono indispensabili competenze digitali che non tutti possiedono. Pensiamo alle persone anziane: hanno imparato a leggere a scuola, ma chi insegna loro a usare un e-reader? Chi insegna loro a comprare un ebook online? Chi insegna loro a usare una carta di credito online?
Nel 2022, la gran parte degli anziani non ha avuto alcun rapporto con Internet. Tra le persone di 75 anni e più solo il 20,9% dichiara di aver usato Internet nei 3 mesi precedenti l’intervista e anche se tra le persone 65-74 anni la situazione migliora arrivando al 57,2%, la quota di anziani “esclusi” rimane ancora molto alta, in particolare tra le donne.
Ancora più significativi sono i dati relativi alle competenze digitali. Nel 2021, meno della metà della popolazione di 16-74 anni aveva competenze
digitali almeno di base (48,3%) secondo i criteri utilizzati nel Digital competence framework 2.0 adottato dal Consiglio dell’Unione Europea. Questa quota scende drasticamente al 17,7% delle persone di 65-74 anni (il 12,5% tra le femmine e il 23,4% tra i maschi).
Per chi non ha competenze digitali, gli e-book e i libri online non potranno mai rappresentare un’alternativa al libro cartaceo, per queste persone il libro di carta rimane il mezzo più democratico di accesso alla conoscenza.
Note
1 I dati presentati in questo articolo sono tratti dalle seguenti pubblicazioni Istat: Lettura di libri e fruizione delle biblioteche. Anno 2022, Statistiche Today, 18 maggio 2023, https://www.istat.it/it/archivio/284591. Produzione e lettura di libri in Italia. Anno 2021, Statistiche Report, 14 dicembre 2023, https://www.istat.it/it/archivio/292165. La fonte dei dati è l’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana”. L’indagine si basa su un campione di 25 mila famiglie distribuite in circa 800 comuni italiani di diversa ampiezza de-
mografica. Le informazioni vengono raccolte con tecnica mista utilizzando un questionario online che viene autocompilato dai rispondenti (tecnica CAWI, Computer-Assisted Web Interviewing) oppure attraverso un’intervista diretta con questionario sia elettronico sia cartaceo, somministrato da un intervistatore (tecnica CAPI/PAPI, Computer-Assisted Personal Interviewing e Paper and Pencil Interviewing). A partire dal 1993, l’indagine viene svolta ogni anno e le informazioni raccolte consentono di conoscere le abitudini dei cittadini. I temi indagati sono: scuola, lavoro, vita familiare e di relazione, abitazione e zona in cui si vive, tempo libero, partecipazione politica e sociale, salute, stili di vita. Maggiori informazioni sono disponibili al seguente:
https://www.istat.it/it/archivio/91926.
2 Tra il 2013 e il 2022 il numero di copie di opere librarie a stampa pubblicate anche in formato e-book è quasi triplicato passando da 14 mila 916 a 38 mila 810. Nel 2013 poco meno di un quarto delle opere a stampa veniva pubblicato anche in versione e-book mentre nel 2022 si arriva al 45%. La quota è in leggero aumento (+2,6%) rispetto al 2021, mentre la pubblicazione di opere esclusivamente in formato e-book è in diminuzione nell’ultimo anno (-8,1% rispetto al 2021), dopo il forte incremento registrato nel periodo pre-pandemico (+67,6% rispetto al 2019). La quota di titoli pubblicati a stampa per i quali è disponibile una versione anche in audiolibro è pari al 5,7% ed è in lieve aumento rispetto all’anno precedente (un punto percentuale).
di età e supporti utilizzati per leggere (a) Anni 2018-2022 (per 100 lettori della stessa classe di età)
(b)
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(a) Hanno letto almeno un libro (cartaceo, ebook, libro online o audiolibro) per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mesi precedenti l’intervista.
(b) Libri cartacei, e-book/libri online o audiolibri.
Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana.
Educare alla lettura oggi pensando al domani
Nuovi scenari per un mondo futuro
di Elisabetta VanzettaMai come ai giorni nostri anche per chi si occupa di promozione e di educazione alla lettura sarebbe utile avere una sfera di cristallo per osservare il futuro e impostare azioni adeguate. È chiaro che stiamo vivendo un momento di passaggio e di evoluzione del leggere nelle sue forme, nei suoi supporti e nei suoi effetti sui lettori. Un’evoluzione radicale e veloce, che sta irreversibilmente modificando la dimensione del leggere soprattutto tra i giovani e i ra- gazzi. È altrettanto evidente che non possiamo adesso misurare questo mutamento i cui veri effetti saranno studiabili solo fra alcuni anni. Ciononostante, sui cambiamenti della lettura si è già cominciato a riflettere, fare ricerca, valutare, esprimere opinioni e ipotizzare scenari.
La ricerca
Sono varie le pubblicazioni uscite negli ultimi anni che mettono a confronto, spesso in opposizione, la lettura analogica tradizionale su supporto cartaceo e quella nuova, di-
gitale su diversi supporti tecnologici1 La differenza che maggiormente viene evidenziata è, in sintesi, che la lettura digitale è un processo veloce, orientato al multitasking che elabora molte informazioni, mentre la lettura analogica è riconducibile a una funzione
cognitiva e riflessiva più lenta, che richiede tempo per una comprensione più profonda2
La ricerca in questo campo è in essere e quelli che si possono trovare nelle pubblicazioni dedicate, se pur sostenuti da dati statistici, sondaggi e analisi, sono risultati ancora in evoluzione. È comunque importante leggerli e studiarli per non far finta di nulla quando si educa alla lettura, mettendo la testa nella sabbia, e continuando a lavorare con i libri e i ragazzi come si è fatto fino a qualche anno fa, risultando non solo anacronistici, ma anche noiosi e inefficaci. L’atto del leggere implica per definizione la presenza di tre elementi: l’autore, il testo e il lettore. A questi oggi si deve aggiungere anche il supporto, che fa molto la differenza.
Se da una parte ci sono coloro che oppongono nettamente la lettura analogica su carta e quella digitale su dispositivo, evidenziando i pro e i contro di ciascuna, dall’altra sempre più esperti tendono verso una visione “integrata” e complementare delle due modalità per cui entrambe concorrono all’attività del lettore che, considerando le proprie esigenze personali, a un certo punto dovrà aver acquisito la competenza al punto tale da saper decidere quale utilizzare, come e per quale scopo, a preferire una rispetto all’altra. Ad oggi, infatti, anche se ancora importante,
«il libro non è più centrale proprio perché la pratica della lettura non è più la stessa (…) [e non si può non tenere] conto di quanta preoccupazione c’è nel mondo intellettuale, specie in chi si è formato nel ‘900, sugli esiti di questi processi e sulle conseguenze sulle nostre strutture cognitive, sulla qualità di formazione e informazione e quindi del discorso pubblico, e in ultima analisi anche delle nostre democrazie»3
È innegabile che l’educazione alla lettura debba adattarsi ai nuovi modelli che stanno prendendo piede, perché anche se
«la storia delle forme di comunicazione e di produzione culturale ci insegna che ogni volta che un nuovo mezzo espressivo si è affacciato nella vita dell’umanità, la prima sensazione che si è avvertita è che il nuovo fosse destinato a spazzare via tutto quello che c’era prima (…). Passata l’euforia, destinata a polarizzare l’attenzione, abbiamo visto invece che i diversi mezzi imparano a convivere, riposizionandosi e riassestandosi, spesso combinandosi in un’offerta sempre più ricca e diversificata. (...) [Tuttavia] la radicalità del cambiamento rispetto all’evoluzione che la storia della comunicazione umana ha conosciuto nei secoli passati mi sembra evidente: non si sta discutendo di un nuovo mezzo che prende il posto di quelli che lo avevano preceduto, ma di una sfida più avanzata, di un nuovo orizzonte di riferimento, che assorbe e ingloba tutto»4
Il cervello bi-alfabetizzato
Il futuro è probabilmente verso un «cervello bi-alfabetizzato», come lo definisce Marianne Wolf o un «cervello anfibio» come lo presenta Giovanni Solimine, un cervello, cioè in grado di raggiungere e utilizzare competenze diverse, analogiche e digitali, di diverso tipo da mettere in campo nelle circostanze giuste.
Fatte queste premesse, si deve anche considerare il tempo quale altro fattore determinante per la lettura e l’educazione alla lettura. Oggi, pur disponendo ciascuno di molto più tempo libero rispetto agli inizi del secolo scorso, la motivazione più utilizzata per giustificare il non leggere è la mancanza di tempo.
«Esiste una forte relazione tra il sovraccarico cognitivo e il modo in cui utilizziamo il tempo. Abbiamo la sensazione che ventiquattr’ore al giorno non siano sufficienti per fare tutto quello che vorremmo o che pensiamo di dover fare. E così infi-
liamo nel nostro tempo tante cose e cerchiamo di farle contemporaneamente (…). Organizziamo la nostra attenzione come lo schermo del nostro computer, con tanti file aperti simultaneamente: alcuni attivi, altri in stand-by, ridotti a icona. Concentrarsi su una cosa soltanto ci sembra troppo poco. (…) È la qualità del tempo a essere cambiata, così come la nostra disponibilità a destinarlo a determinate attività»5.
In questo scenario la lettura analogica, che richiede adesso lo stesso tempo che in passato, non è più considerata “conveniente” ed è spesso associata a qualcosa di desueto. Non si tratta, infatti, di non aver tempo per leggere, ma di vedere i tempi della lettura come troppo lenti e dilatati rispetto al ritmo frenetico cui siamo abituati. Allo stesso modo anche la concentrazione prolungata stanca o viene a noia se pur si sta leggendo qualcosa che interessa. La lettura veloce tipica del digitale, il cercare visivamente all’interno di una pagina degli indizi che aiutino a farsi un’idea sommaria dei contenuti, è utile per certi scopi, ma se rimane l’unica modalità di let-
tura, conduce verso un impoverimento cognitivo con progressivo abbassamento anche della conoscenza dei contenuti e della loro elaborazione critica. In questo modo viene progressivamente meno la «pazienza cognitiva»6 e si rischia superficialità e pressapochismo.
Biblioteche, processi cognitivi, indici di riflessione
Riguardo al tempo, Chiara Faggiolani ha sostenuto anche in un suo intervento in un convegno a Trento7 che una delle motivazioni più citate per la non frequentazione delle biblioteche è appunto la mancanza di tempo. Questa mancanza è attualmente dovuta al modo in cui il tempo è organizzato sul lavoro e alla continua aumentata richiesta di efficienza e produttività, dalla disorganizzazione temporale, per cui tutti devono continuamente adeguarsi agli impegni degli altri e dalla densità temporale per cui il tempo acquista valore solo se è pieno all’inverosimile e si fanno tante cose contemporaneamente. In questo contesto, ciò che viene quindi sacrificato sono il tempo libero e la noia, entrambe condizioni che molto
favoriscono la pratica della lettura8
Il tempo, inoltre, è fattore fondamentale anche per l’apprendimento della lettura e l’allenamento dei processi cognitivi che a essa sottendono. Ogni circuito neuronale si consolida o si atrofizza in base a quanto viene usato e anche se i processi legati alla lettura lenta su carta si sono sviluppati prima e hanno plasmato il cervello, non è detto che, per questo, non possano perdere potenza e andare persi. Sappiamo che la lettura non è una competenza innata e nemmeno eterna. La si deve apprendere e tenere costantemente attiva. La si può modificare solo potenziandola, diversificandola in base alle esigenze del testo e del supporto, oppure la si può lasciar indebolire e morire del tutto9. E questo sarebbe un vero peccato.
Quindi, ecco alcuni punti su cui si dovrebbe riflettere in quanto educatori alla e della lettura:
– l’apprendimento della lettura non può prescindere dal libro cartaceo. È fondamentale che i processi cognitivi di base siano appresi e allenati “lentamente” su supporti tradizionali, avvicinando i nuovi lettori al testo digitale gradualmente10;
– la bibliodiversità è importante più che mai, ma il concetto di “biblio” va ampliato anche nel senso del supporto oltre che della tipologia testuale, cer-
cando, senza pregiudizi di evidenziare pro e contro, potenzialità e limiti di tutto;
– la bibliodiversità così intesa implica veicolare e apprendere modalità specifiche di lettura per ogni tipologia di testi e di supporti, avvalendosi probabilmente, almeno a oggi, delle competenze di persone diverse;
– la crossmedialità è un altro concetto da considerare e sviluppare il più possibile, tessendo relazioni tra i vari media, ma anche tra le varie tipologie testuali, sfruttando la loro complementarietà;
– le forme “ipertestuali” del digitale offrono potenzialità di lettura in continuo sviluppo, sta al lettore e a chi lo educa imparare a sceglierle, gestirle e a sfruttarle opportunamente; – l’idea della centralità del lettore non va mai dimenticata e venire incontro alle sue peculiarità può essere facilitato dalla grande disponibilità e varietà di materiali e media adesso disponili; – distrazione, impazienza cognitiva, superficialità, ignoranza funzionale, mancanza di coinvolgimento personale sono nemici dell’educatore alla lettura, che deve esserne consapevole per non farsi sopraffare e per non arrendersi al loro avanzare; – non dimenticare che esiste una stretta relazione tra la lettura, la frequentazione di biblioteche fisiche in-
tesa come partecipazione culturale attiva e il benessere, la qualità della vita delle persone.
Stiamo vivendo un momento di passaggio affascinante o angosciante in base al punto di vista dal quale lo si osserva. La sfida dell’educazione alla lettura è sempre più grande, ma non per questo si deve evitare di accettarla.
Per finire ecco la “conclusione provvisoria” di Angelo Piero Cappello all’introduzione al volume Il futuro del leggere:
«il futuro del leggere» può prevedere lettori senza libri? Oggi non lo sappiamo: ma sappiamo per certo che si può diventare lettori senza libri, a condizione che le abilità di lettura siano state curate sui libri. Se domani la tecnologia ci dovesse offrire l’opportunità di crescere lettori senza libri, anche questo è certo, il nostro cervello e noi saremo in grado di adeguarci: in questo senso, il futuro del leggere non deve temere il cambiamento ma deve appropriarsene per rimanere sempre una bella e piacevole «storia contemporanea»11.
Bibliografia di riferimento
– Angelo Piero Cappello (a cura di), Il futuro del leggere. Giovani e lettura, una storia contemporanea, Roma, Castelvecchi, 2023.
– Chiara Faggiolani (a cura di), Le biblioteche nel sistema del benessere, Milano, Editrice Bibliografica, 2022.
– Chiara Faggiolani, Ripensare biblioteche e servizi culturali per il benessere dei giovani, in: Che Fare?, aprile 2022, https://che-fare.com/almanacco/cultura/biblioteche-servizi-culturali-benessere-giovani.
– Lisa Iotti, 8 secondi. Viaggio nell’era della distrazione, Milano, Il Saggiatore, 2020.
– Giovanni Solimine, Cervelli anfibi, orecchie e digitale. Esercizi di lettura futura, Fano, Aras Edizioni, 2023.
– Maryanne Wolf, Lettore vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Milano, Vita e Pensiero, 2018.
– Maryanne Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Milano, Vita e Pensiero, 2009.
Note
1 Tra i vari libri sull’argomento pubblicati nel 2023, spunto per questa riflessione sono in particolare il libro di Giovanni Solimine Cervelli anfibi, orecchie e digitale. Esercizi di lettura futura (Aras Edizioni), i risultati di una ricerca del Cepell pubblicati in Il futuro del leggere. Giovani e lettura, una storia contemporanea (Edizioni Castelvecchi) a cura di Angelo Piero Cappello, e l’intervento di Chiara Faggiolani su che-fare.com Ripensare biblioteche e servizi culturali per il benessere dei giovani.
2 Cfr. per es. Giovanni Solimine, Cervelli anfibi, orecchie e digitale. Esercizi di lettura futura Fano, Aras Edizioni, 2023, pp. 16-24.
3 Giorgio Zanchini, Introduzione a Giovanni Solimine, Cervelli anfibi, orecchie e digitale. Esercizi di lettura futura, Fano, Aras Edizioni, 2023, p. 9.
4 Cfr. Giovanni Solimine, Cervelli anfibi, orecchie e digitale. Esercizi di lettura futura, Fano,
FUORITESTO
IAras Edizioni, 2023, p. 16 e p. 22.
5 Ibidem, pp. 86-87.
6 Cfr. Marianne Wolf, Lettore vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Milano, Vita e Pensiero, 2018.
7 Le biblioteche nella transizione che stiamo attraversando. Giornata di studi Adolescenti, giovani adulti e biblioteche: presente e futuro. Trento, 12 dicembre 2023.
8 Cfr. Elisabetta Vanzetta, Elogio della lentezza, in: il “Pepeverde”, Roma, Valore Scuola, n. 6/2020.
9 Cfr. Marianne Wolf, Lettore vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Milano, Vita e Pensiero, 2018.
10 Cfr. Andrea Lombardinilo, Il futuro della lettura. Cultura e comunicazione, in: Angelo Piero Cappello (a cura di), Il futuro del leggere. Giovani e lettura, una storia contemporanea, Roma, Castelvecchi, 2023, pp. 34-35.
11 Angelo Piero Cappello (a cura di), Il futuro del leggere. Giovani e lettura, una storia contemporanea, Roma, Castelvecchi, 2023, p. 16.
I SOGNI DI UN CAMALEONTE FINALISTA
DELLA SEZIONE KIDS DEL PREMIO INGE FELTRINELLI di Milvia Morciano
sognidiuncamaleonte è una storia che scioglie di tenerezza, che emoziona e tiene legati fino al finale con le sue parole poetiche e i bellissimi colori sgargianti. Una storia che segue il filo della favola della tradizione più antica, snodandosi in un ciclo di 7 notti e 7 giorni. Il “Pepeverde” ne ha parlato sul numero 19 di luglio-settembre dello scorso anno.
Non stupisce che sia tra i finalisti nella cinquina del Premio Inge Feltrinelli, menzione speciale Kids, dedicato alla letteratura per l’infanzia. Si tratta di un volume edito da 24 Ore Cultura nel 2023, le cui autrici sono donne di nazionalità lituana: il racconto è di Jurga Vilė, mentre le illustrazioni sono di Lina Sasnauskaitè. Completa il volume una scheda scientifica di Violeta Lazarevičiené.
La storia affronta il delicato rapporto tra gli umani e la natura, in questo caso un animaletto indifeso, Leo. Una natura incompresa dalla quale si pretende sempre qualche utilità e in questo caso persino divertimento. Ma il piccolo camaleonte, catturato e sradicato dal suo habitat, smette di cambiare colore e si rattrista, diventa tutto nero. I colori tornano nei suoi sogni e sognando lui rie-
sce a sopravvivere. La più piccola della famiglia capisce. La bimba, della quale non conosciamo il nome, se lo mette in tasca e lo libera sulla spiaggia.
Il Premio Inge Feltrinelli è promosso dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Gruppo Feltrinelli e dedicato alla
tutela dei diritti umani. Come leggiamo sul sito internet dedicato, «raccontare il mondo, difendere i diritti. Un premio rivolto a persone di genere femminile e alle nuove generazioni che si propone di premiare tre linguaggi – quello dell’inchiesta giornalistica, quello del libro (tra fiction e non fiction) e quello dei podcast – scommettendo sulla parola come veicolo di partecipazione civile»
La premiazione avverrà l’8 marzo prossimo, Festa delle donne.
Gli altri libri concorrenti della sezione kids sono: L’ammiraglio si è preso il cielo di Marianna Balducci, Edizioni Clichy (1922); Laterradinessuno, di Maria José Floriano, edito da Kalandraka (2023); Una damigella non in pericolo di Bethan Stevens, edito da Settenove (2023).
Jurga Vilè
Lina Sasnauskaitè
I SOGNI DEL CAMALEONTE
24 ORE Cultura, Milano, 2023 pp. 44, € 16,50 da 4 anni
Dalla libreria Risma alle altre di quartiere
«Prima di tutto viene l’immagine»
Martina Polimeni a colloquio con Serena Dovì
Novità assoluta, nascono nuove librerie per tutte le età con libri che hanno come base comunicativa prima di tutto l’immagine, graphic novel e non solo. È una nuova tendenza dell’editoria che da qualche tempo ha iniziato a plasmare anche l’idea di libro e di libreria. Si tratta della sempre più massiva presenza di albi e libri illustrati, graphic novel e fumetti, considerati ormai a tutti gli effetti vere e proprie opere di letteratura. Se fino a pochi anni fa questi testi erano etichettati in senso dispregiativo come «libri per bambini e ragazzi» e occupavano scaffali marginali di biblioteche e sezioni accessorie di librerie, oggi hanno conquistato posizioni centrali, rappresentando soprattutto una grande percentuale del mercato editoriale del nostro paese. Nascono luoghi dedicati proprio a questi volumi, piccole librerie con identità forti che resistono alla massificazione della grande distribuzione. I quartieri cittadini vengono plasmati da vere e proprie pratiche di prossimità, poiché il più delle volte queste librerie sono parte attiva nella vita culturale, organizzando presentazioni, mostre, festival, eventi letterari, ma anche book club per promuovere la lettura.
Così è per tante piccole realtà di Roma, come la Libreria Risma del quartiere Pigneto (via Augusto Dulceri, 51), specializzata in libri illustrati per adulti, come da volere della sua fondatrice Serena Dovì, che abbiamo incontrato. La Libreria Risma segue proprio la filosofia di Serena, che nel 2016 ha deciso di cambiare vita, lasciando il suo lavoro di montatrice di cartoni animati e aprendo da sola Risma. È lei che fa la selezione di tutto quello che si trova al suo interno e definisce come usare lo spazio. «Di base la filosofia è far conoscere il più possibile i fumetti per quello che ho sempre pensato fossero, cioè delle opere d’arte, delle opere dallo stesso valore di bellissimi romanzi o saggi».
Aprire una libreria che è basata sulle immagini è sicuramente una bella sfida.. È capitato che qualcuno entrasse senza capire cosa vendessi, senza rendersi conto che fosse una libreria per adulti. Questo
perché solitamente l’immagine è legata alla letteratura per l’infanzia e se in Francia, per esempio, sono decenni che gli adulti leggono i fumetti senza doversi vergognare, in Italia quando io ero piccola, 30 anni fa, i fumetti li leggevano solo i bambini, era una cosa per forza legata all’infanzia. Il fatto che solo chi è piccolo possa godere dell’immagine mi sembra ingiusto, sono convinta che la lettura debba essere una gioia, un modo per arricchirsi e passare anche semplicemente il tempo, con gioia appunto.
Oltre la dimensione della gioia, fondamentale e fin troppo spesso trascurata, cosa significa per te la lettura di un fumetto?
Il fumetto ti permette di esplorare universi mentali immaginati dall’autore attraverso il disegno. Il fumetto attraverso il balloon racconta delle cose e attraverso le immagini ne racconta delle altre, può essere molto complesso, soprattutto per chi non
ne è abituato, ma è sicuramente un’esperienza completa. Mi capita di dover suggerire dei fumetti a chi non li ha mai letti e, in quel caso, cerco qualcosa di classico, qualcosa a cui magari una persona possa essere più avvezza, perché ci sono dei fumetti difficili, per i quali serve essere un po’ allenati. Spesso il testo è molto piccolo e anche questo è uno scoglio per alcuni, quindi è comune leggere prima i testi e poi tornare indietro per guardare anche tutte le immagini. Ognuno acquisisce un metodo personale.
Perché proprio questo nome, “Risma”? Cercavo un nome che fosse corto e che fosse inerente al mondo della carta e ho comprato un libro su 100.000 nomi di cose. E alla fine, Risma… mi è piaciuto per il suo doppio significato in italiano: nella sua accezione più immediata rimanda alla risma della carta, che è un blocco di, un’unità di misura della carta, ma risma significa anche gruppo, ‘gente di quella risma’ detto anche in modo dispregiativo per definire dei ribelli, un significato che non si usa più troppo nel contemporaneo, ma che a me piaceva molto. Ed è soprattutto una parola breve, che io mi immaginavo anche graficamente, in modo semplice e chiaro.
Il dominio dell’immagine
Quanto è importante secondo te il rapporto tra testo e immagine?
Per me è importante l’immagine. Ci sono anche dei fumetti senza parole, i fumetti muti, i cosiddetti silent book, per i quali c’è, per la loro realizzazione, una grande ricerca: i silent book non sono per niente semplici da leggere, proprio perché manca un testo a cui attaccarsi per seguire la storia. Penso che dovremmo un po’ rivalu-
tare l’immagine, cosa che in parte sta già avvenendo..
Questo è uno spazio in cui le immagini sono le protagoniste...
Spesso organizzo mostre qui in libreria. Oltre alle presentazioni di fumetti e libri, mi piace proprio dare risalto alle illustrazioni e alle immagini. Sono mostre sia di immagini che poi sono diventate fumetti, sia di illustrazioni tout court. In questo momento c’è in esposizione un’artista messicana, che si chiama Carla Dueñas, che ha fatto degli acquerelli mentre era in vacanza in montagna e poi ne ha tirato fuori un libro molto intimo fatto in autoproduzione. Che è un altro settore che mi interessa moltissimo, se realizzato in un certo modo.
Fare ricerca e creare rete
Come funziona la ricerca per i libri della tua libreria?
Mi piacciono molto le autoproduzioni librarie perché hanno delle forme che non rientrano in quelle a cui siamo abituati, alla forma libro classica, e soprattutto perché spesso sono frutto di necessità interiore. Non sono libri che vengono autoprodotti perché mancano gli editori che sposano il progetto, ma per volontà
dell’autore. E qui ci sono tante di queste fanzine e autoproduzioni, tra illustrazioni e fumetti, di autori che arrivano qui da me con il loro libro. Molti vengono direttamente qua e mi portano le loro cose, davvero di tutti i tipi: dalle fanzine, ai poster, alle cartoline, ai kit per fare collage, un po’ di tutto e un po’ casereccio, fatto a mano. Sono molto affascinata dal mondo del self publishing perché è molto libero e si basa soprattutto sul piacere di fare.
Piacere di fare e piacere di leggere! C’è una rete tra te e altre librerie del settore per promuovere la lettura?
Tra il Pigneto e Torpignattara ci sono molte librerie e con la maggior parte di esse collaboriamo. Siamo in ottimi rapporti, non ci facciamo concorrenza, anzi credo che si stia sviluppando un vero e proprio fermento culturale. In particolare Risma collabora, insieme ad altre realtà del quartiere, con il festival «Bande de Femmes» organizzato dalla libreria Tuba, per il quale propongo ogni anno il lavoro di un’illustratrice donna, dato che il festival è dedicato a fumetto e illustrazione femminile femminista. Ma c’è anche una collaborazione importante con la libreria Leporello, anch’essa gestita da una donna, Chiara Capodici, con cui organizziamo un festival in piazza legato al tema della città, «La città che non c’è», realizzando una mostra diffusa nel quartiere. Con le librerie più lontane, quelle di altre città è più difficile collaborare per questioni logistiche, ci conosciamo alle fiere e c’è sicuramente del sostegno.
Meglio esporre i libri giusti, che gli ultimi libri
Qual è il rapporto di una libreria come questa con le tendenze dell’editoria legate alla distribuzione classica? È chiaro che io mi devo documentare sulle tendenze e avere a che fare con quello che vende, però devo ammettere che qui da me non funziona troppo. In libreria ho una sezione di libri classici senza figure, quindi romanzi e saggi, Ma, ad esempio, ho cercato i libri più venduti nel 2023 e mi sono accorta che di quei testi avrò avuto 2-3 copie l’uno di cui alcune mi sono anche rimaste, e invece ho venduto tantissimo di un’altra cosa. Credo che la tendenza ai grandi numeri in una piccola libreria come questa, che ha un’esposi-
zione di 30 metri quadri, non abbia senso, quello che conta sono i libri che posiziono in orizzontale, i libri di cui vedi la copertina. Se io decido che un libro è bello e lo voglio vendere lo metto in orizzontale, lo faccio vedere di più e si vende di più. Io ho in orizzontale, in esposizione, libri vecchi, molti libri vecchi. Diciamo che l’editoria è bellissima, ma è anche, come dire, molto, fin troppo prolifica, è difficile seguirla, insomma. E soprattutto sembra che un libro sia vecchio subito dopo essere uscito. Questa cosa mi crea molta tristezza, perché ci sono dei libri, così come dei fumetti, che non invecchiano e che è giusto che vengano sempre proposti ai clienti, più dell’ultima uscita che serve a stare sul pezzo.
Qual è il tipo di lettore che frequenta questa libreria?
I lettori sono molto diversi. Molti vengono a fare regali, perché, evidentemente, tutto questo colore, questa varietà, questa fantasia, rende il regalo molto bene apprezzato. Poi ci sono quelli che vengono a comprare per loro stessi, la maggior parte amanti del fumetto, quindi sanno già cosa vogliono. Altri mi chiedono consigli, per esempio i non lettori di fumetti che si vogliono avvicinare a questa tipologia di libro. Poi c’è tutta una parte di lettori di libri classici, senza figure, perché ho un gruppo di lettura abbastanza frequentato con cui leggiamo un libro al mese e con il quale ci riuniamo per parlarne. Faccio delle collaborazioni con i locali della zona ed è un modo per invogliare a leggere e conoscere scrittori e testi nuovi. Il gruppo di lettura ha permesso anche la creazione di legami nuovi, di amicizie, di momenti di scambio e, soprattutto, ha insinuato nelle nostre vite frenetiche e piene di stimoli la dimensione della lentezza. I libri mi accompagnano da sempre e mi piace che siano proprio degli oggetti fisici a permettermi di avere dei momenti di pace.
L’idea di lettura che Serena Dovì con la libreria Risma vuole proporre è semplice: «leggere è divertente, è un bellissimo modo per informarsi, ma anche per trascorrere del tempo, se si sceglie il libro giusto..». L’intento è creare un vero e proprio cambio di prospettiva per allontanare la lettura dal mondo dell’acculturazione e considerarla molto più vicina a quello del piacere.
La bambina dalle uova d’oro
Voglio fare la book influencer!
di Franca De Sio
Spigliata, gesticolante, ammiccante e moderatamente polemica quando si riferisce al mondo dei grandi, la bambina vive e cresce su YouTube, Instagram, Pinterest e Tiktok. Punta gli occhi su di te e a pupille dilatate ti invita a leggere un libro.
Se sei un giovanissimo lettore, e soprattutto un fan che sul web ha già scambiato opinioni con lei, non ti sottrai all’invito: altro libro, altro commento, altro like! Puoi fidarti dei suoi consigli, è come se fosse una tua sorellina, sei cresciuto guardando i suoi video, l’hai vista giocare con i suoi pelouche nella sua cameretta, sfogliare i libri sul letto, mostrarti le copertine e le illustrazioni. Ti fa vedere un libro di duecento pagine: «il titolo è…, la scrittrice è…, parla di… Mi è piaciuto molto, ogni sera me ne ha letto un po’ di pagine, il mio papà». Le invidi il
libro, la cameretta e il papà, sapendo che delle tre potrai averne solo una: il libro. La cameretta ce l’hai già, anche se non è così colorata e fashion. In quanto al papà, dove lo trovi un altro così disponibile e bravo, soprattutto con la telecamera del telefonino? Il papà l’ha allevata seguendo i consigli del pediatra, che aderisce alla campagna “Nati per Leggere”, quando ha visto che quei consigli avevano prodotto una piccola lettrice è stato così entusiasta che ha voluto farlo sapere a tutti: l’ha filmata e “pubblicata”. Il pubblico che ha visto quel primo video è andato ben oltre la cer-
chia di amici e parenti: faccine sorridenti, cuori e commenti strabiliati venivano da ogni dove. La grazia e la sicurezza appena un po’ saccente con cui la sua bambina settenne indicava la composizione e il contenuto del prodotto cartaceo (titolo, autore, editore, pagine, trama, illustrazioni, gradimento) avevano commosso ed entusiasmato nonni, genitori e zii, ma anche alcuni maestri, bibliotecari, librai, editori. Come negare a tanta gente una replica? «Vieni qui, piccolina, zia Gina vorrebbe che tu presentassi il libro che ti ha regalato per Natale. Facciamola contenta, giriamo un video!». E poi: «Vieni qui, piccolina, l’editore del libro che hai mostrato nel video della settimana scorsa ha pubblicato questa nuova storia, vuoi parlarne ai tuoi fan?»; e poi: «C’è una ditta di giocattoli che vorrebbe che tu mostrassi…»; e poi: «Questa stilista vorrebbe che tu indossassi…» e via così. Nonostante la vecchia canzone, i figli crescono, ma le mamme non invecchiano e i papà si mantengono eccezionalmente attivi, partecipi ed è proprio il caso di dire à la page: «Lo sai, piccolina, cosa prevede l’Amazon Influencer Program, per chi è bravo come te a dare consigli sui libri?». Il papà studia tutte le tecniche per essere un buon videomaker, mentre la bambina, ormai undicenne, rispetta coscienziosamente i comandamenti per essere una buona book influencer: condensare in pochi minuti il messaggio, catturare l’attenzione
con parole, suoni e immagini, essere convincenti, coinvolgenti, stabilire una connessione intima con i fan. Ad esempio, mentre illustra la trama del libro può irrompere la risata della sorellina o il miagolio di un gatto, sono fatti comuni in molte famiglie, incursioni che lei commenta divertita, instaurando con i fan una relazione emotiva. Ma nulla è improvvisato, ogni movimento, frase e parola fa parte di una sorta di storyboard costruito e provato più volte. Vale la pena: nel listino DeRev 20231 un nano influencer può guadagnare su YouTube fino a millecinquecento euro per post.
I book influencer sono sempre più giovani
Farli leggere per raccontare in video quello che avevano letto fu un nuovo modo escogitato dagli adulti per invitare i giovani alla lettura, insegnanti e bibliotecari se ne servirono fin dagli anni Ottanta. Le videorecensioni dei ragazzi sostituivano le schede-libro cartacee affisse con puntine colorate sulle bacheche di sughero messe in bella vista nelle biblioteche: «Questo libro s’intitola…, lo ha scritto…, te lo consiglio perché…». Poi attraverso i social media i giovani hanno conosciuto i loro autori più da vicino: foto, video, interviste, blog. Hanno stabilito con loro un legame affettivo, ne hanno seguito la vita privata, condiviso le idee, a volte collaborato alla nascita di una nuova storia fin dalla scrittura, e ne hanno consigliato agli amici la lettura. Ne è nata una
forma di comunicazione di carattere quasi familiare, di prossimità, con lo sfondo di oggetti e situazioni comuni, fondata sull’emozione condivisa: ti parlo di questo libro mentre prendo il caffè del mattino, mentre cammino nel bosco, mentre ascolto la musica seduta sul divano, con il mio gatto accanto. Dal 2020 il fenomeno dei book influencer ha avuto un’evoluzione velocissima, passando attraverso canali sempre più efficaci: da Facebook e Twitter a YouTube, Instagram, TikTok. Di quest’ultimo, la costola BookTok, esplosa proprio durante gli anni della pandemia negli Stati Uniti, ha influenzato le vendite di libri più di ogni altro mezzo di informazione. In Italia ha avuto più di due miliardi di visualizzazioni nel 2023. I book influencer sono prevalentemente giovani che consigliano i giovani, i loro gusti sono orientati al genere fantasy e romance, non segnalano solo gli ultimi libri usciti, determinano il successo anche di titoli dimenticati2. Per l’editoria è stata una manna. Ricercati da autori e case editrici, invitati a fiere e saloni del libro, alcuni diventati loro stessi scrittori, ispiratori di romanzi o di intere collane3, molti book influencer hanno trasformato il loro hobby in lavoro, anche ben pagato4. Ma se la loro età prima oscillava tra i 18 e i 35 anni, ora si è notevolmente abbassata, anche in Italia non sono più una rarità i baby book influencer di 7,10,12 anni5. Sull’onda del successo dei baby influencer generalisti, anche il marketing editoriale si rivolge a loro e le istituzioni che si occupano di promozione della lettura li
Vinvitano a fiere e seminari, gli affidano rubriche in tv, li premiano, meritatamente: sono spigliati, informati e accattivanti. Resta il problema della loro tutela, affidata ai genitori e a una vecchia legge di quasi sessanta anni fa6, sull’uso dei minori nello spettacolo.
Note
1 https://forbes.it/2023/07/05/cresce-mercato-influencer-italia.
2 La canzone di Achille di M. Miller, tradotta e pubblicata in Italia nel 2013, rilanciata dalla book influencer Ayman Chaudhary, ha raggiunto i due milioni di copie vendute. In Italia una delle più seguite book influencer è la trentenne Ilaria Zodiaco, che su molti canali consiglia anche scrittori dell’Ottocento e del Novecento.
3 Molti editori sui loro siti mettono in evidenza «Consigliato su BookTok»; una book influencer è protagonista del romanzo Tutta colpa del booktok (Piemme); Baccalario ha avviato la collana Booktok, storie della durata di un reel (Einaudi ragazzi).
4 Megi Bulla (@labibliotecadidafne), ingegnera civile di 28 anni, ha lasciato il lavoro per occuparsi di campagne pubblicitarie per gli editori.
5 Ne segnalo alcuni: la dodicenne Penelope Deleo (il Fantastico Mondo di Penny) ha iniziato a sette anni, l’undicenne Lorenzo Galli (Null) a 8 anni, Valeria Scatasta (Lavettasacrasia), ora dodicenne, ha iniziato a 10 anni. La ventiduenne Federica D’Angelo (@sogno.libri) ha iniziato a 15 anni, conduce il programma BookCrossing di RaiKids in collaborazione con Biblioteche di Roma.
6 Legge n. 977/1967, Art. 4.
Un direttore di stile dietro le quinte dei libri
Il mestiere dell’art director
Ferdinando Albertazzi incontra l’art director Mauro Ortolani
Modella il libro dal formato al carattere tipografico, dall’impaginazione con “gabbie” che miscelano testo e immagini alla copertina. Quello dell’art director è un mestiere sotto traccia, non adeguatamente conosciuto e di conseguenza apprezzato dal pubblico. Eppure è decisivo…
L’art director tende alla bellezza del libro ma non solo. È decisivo per catturare l’occhio del riguardante davanti a una vetrina stipata di titoli: primo, ineludibile impulso all’acquisto, poi corroborato dal ventaglio di illustrazioni che lo seducono sfogliando le pagine. Nei libri per i piccoli e i bambini hanno un ampio respiro, ma la tendenza corrente le infiltra sempre di più nelle storie per gli adolescenti e perfino nei romanzi per i giovani adulti.
Tra gli art director più quotati spicca Mauro Ortolani, sulla breccia professionale da un trentennio nel segno di una dedizione appassionata, di una estrosità spumeggiante e di una inventiva inossidabile, da artefice di razza. Non è affatto un caso, che sia stato tra i primi e più convinti fautori dell’espansione dell’illustrazione in atto.
Partiamo però dai silent book, con le illustrazioni in pagina in solitario: con quali peculiarità?
Nei silent book le immagini sono l’unica lingua, il che li rende particolarmente complessi, a livello progettuale e creativo. Le illustrazioni raccontano la storia facendo a meno delle parole, perciò ogni immagine è il tassello di un puzzle che, una volta composto, ha un fascino adescante. Da direttore artistico coordino alcuni illustratori talentuosi,
che negli anni ho scoperto e formato nei corsi di grafica editoriale e di storia della stampa e dell’editoria che tengo all’Accademia di Belle Arti di Viterbo, dando loro l’opportunità di mettersi alla prova e di crescere in questo ambito così singolare.
Come?
Imposto il progetto editoriale e li guido lungo il divenire della storia, a volte anche con scelte apparentemente drastiche. Che, innestate nella progettazione, inducono a rispettare molte più regole e norme di quanto lo stesso illustratore possa percepire, perché troppo concentrato sulla creazione della singola tavola. A conti fatti, il mio ruolo è perciò quello del direttore d’orchestra, che porta ciascun elemento a operare in perfetta armonia con gli altri. Per arrivare a trasmettere emozioni di forte impatto senza chiamare in causa, appunto, le parole.
E la disposizione delle immagini? È capitale, in un silent book: ogni pagina è una nuova scena che si svela, creando una narrazione fluida e coinvolgente, sempre chiara. La cosa interessante è che, nonostante non ci siano parole, i lettori “indossano” per così dire la storia e, a poco a poco, diventano anzi la storia. In quanto le illustrazioni accendono l’immaginazione, rendendo l’esperienza personale e unica.
Come si caratterizzano le tavole per gli albi illustrati, dove attualmente devono spesso supplire a narrazioni sciape ed esangui?
Negli albi illustrati, dove talvolta le narrazioni possono risultare carenti, le illustrazioni assumono un ruolo vitale. Da art director, il mio approccio è improntato a trasformare ogni pagina in un mondo immaginario vivido, con illustrazioni fortemente accalappianti. Ogni tratto, ogni colore è selezionato con attenzione, per comunicare gli eventi e le emozioni che arricchiscono la trama. Spesso mi piace inserire, all’interno delle tavole, citazioni personali o con nitidi riferimenti culturali, per far “vivere” ai bambini scampoli della nostra storia. Le illustrazioni devono comunque sfoggiare una personalità propria, uno stile distintivo che le renda riconoscibili e si sposi armoniosamente con la storia. Bisogna inoltre curare certosinamente ogni dettaglio, per aggiungere profondità alla narrazione.
C’è un aspetto chiave, in questo processo?
La flessibilità tematica. Che si tratti di una storia avventurosa o educativa, le illustrazioni devono arricchire ogni singolo contesto, suggestionando chi le guarda. Ogni pagina non può non configurare un’esperienza che coinvolge i sensi, trasportando i lettori in ambiti impregnati di atmosfera. Del resto le immagini ci appartengono fin dalla nascita, sono la nostra prima forma di comunicazione non corporea. Va inoltre sottolineato che una componente interattiva è spesso ben accolta. In ogni modo, che siano dettagli nascosti da scoprire o aperture creative delle pagine,
le illustrazioni stimolano il coinvolgimento attivo del lettore, rendendo la lettura un’esperienza ancor più personale e intrigante. Sono, in definitiva, uno strumento inalienabile per riflettere la diversità in tutte le sue sfaccettature.
Personaggi, ambienti e storie devono rappresentare il mondo in tutta la sua ricchezza e varietà, perché ciascun piccino si possa vedere riflesso in quelle pagine. Senza contare che le illustrazioni possono spingersi oltre i confini convenzionali, portando nuove prospettive e approcci creativi che donino un carattere distintivo, e subito riconoscibile, all’albo illustrato. L’importante è, tuttavia, rispettare i piccoli lettori: le immagini non devono mai essere autoreferenziali e, in più, l’illustratore non può nemmeno considerarsi un “artista” svincolato dalle esigenze del mercato.
E nei libri per i bambini, sedotti dalla magia di storie già più lunghe e articolate?
Nel vasto catalogo editoriale dei libri per bambini, c’è da sempre uno spazio particolare per storie più lunghe e articolate, una magia che può innescare un’avventura più sfaccettata. Da art director, apprezzo profondamente la capacità di queste storie di trasportare i bambini in mondi intricati e ricchi di dettagli. Anche se oggi, in Italia almeno, i bambini non vengono purtroppo educati alla lettura in modo corretto.
In che senso?
Spesso siamo proprio noi adulti ed educatori ad allontanarli, imponendo storie classiche e polverose, non lasciando loro la libertà di scelta, sia del genere narrativo che delle storie stesse. Perciò penso libri dove le narrazioni si sviluppino su molte pagine, con racconti che prendono forma e si compiono lentamente, permettendo ai personaggi di crescere e maturare. Il che offre l’opportunità di affrontare sfide complesse e di creare connessioni emotive più durature.
Affascinarsi, dunque, per affascinare?
Mi affascina la capacità di queste storie di coinvolgere i bambini in una narrazione articolata, di incoraggiarli a esplorare nuove idee e di stimolare la loro immaginazione in modo più sfumato. Il peso delle illustrazioni è di conseguenza ancora più significativo, poiché deve sostenere e arricchire una trama più complessa, con meno spazio a disposizione rispetto ai silent book. Per accompagnare i bambini in un viaggio di scoperta, che si evolve con il loro sviluppo intellettuale ed emotivo.
Al bando staticità e prevedibilità, insomma...
Nella direzione artistica, guardo a queste storie più lunghe come a “oggetti libri” in continua evoluzione. La scelta delle illustrazioni, la struttura delle pagine, la gabbia grafica e l’uso del colore, devono integrarsi in modo da sostenere la complessità della trama. Ogni elemento visivo contribuisce così a rendere la lettura un’esperienza avvincente e pregnante. Nel modus operandi, un ruolo importante lo riveste il graphic design, spina dorsale di ogni tipo di prodotto editoriale che, insieme a me, costruisce l’oggetto libro in toto.
Passiamo alle illustrazioni per le storie più strutturate e articolate, mirate agli adolescenti. E perfino per i romanzi destinati ai giovani adulti… La mia determinazione nell’espandere le valenze dell’illustrazione alle storie per adolescenti e ai romanzi per ragazzi è alimentata da un connubio di passione, ragionamento strategico e visione professionale orientata all’innovazione. In primis, c’è il cuore: la profonda convinzione che l’illustrazione sia un partner narrativo essenziale. Le immagini hanno il potere di catturare l’essenza di una storia in modo viscerale, per arrivare ad accoccolarsi nel cuore dei giovani lettori. La testa gioca poi un ruolo cruciale,
nel mio approccio: esplorare nuovi orizzonti visivi, nei libri per ragazzi, implica una profonda comprensione del pubblico, delle tendenze di mercato e delle sfide educative e culturali. Questo approccio razionale alimenta la volontà di spingersi oltre i confini convenzionali e di abbracciare nuove forme di espressione visiva.
Cuore e testa al servizio della sua professionalità, scolpita a tutto tondo… La professionalità entra in gioco nella capacità di coniugare la creatività con una gestione pragmatica dei progetti. Da art director cerco costantemente modi innovativi per integrare l’illustrazione nei romanzi per ragazzi, collaborando con gli illustratori nello sviluppo di un linguaggio visivo unico. In sintesi: la mia determinazione nell’espandere il ruolo dell’illustrazione è il risultato di una passione profonda, fatta di studio, di visione strategica e di approccio professionale. Cuore, testa e competenza sono attivati per mettere in pagina storie per adolescenti e romanzi per ragazzi che non solo prendono visivamente, ma arricchiscono anche l’esperienza di lettura in modo significativo e duraturo.
Illustrazioni ovviamente modulate a seconda dei generi narrativi e che promuovono il ritorno in grande spolvero del bianco e nero…
Per la progettazione editoriale ho indagato ogni forma creativa, dando valore a qualsiasi linguaggio visuale, compresi il fumetto e la graphic novel. L’adattamento delle illustrazioni ai vari generi narrativi, include una riflessione sull’uso del bianco e nero: questa scelta non solo ha rilevanza artistica, ma anche economica, considerando l’attuale aumento dei costi di stampa. Da cui, imprenditorialmente, non si può affatto prescindere. Difatti il ritorno al bianco e nero, già presente da anni nel fumetto, oltre a un valore artistico assume oggi una rilevanza pratica. La sfida come art director diventa, quindi, trovare equilibrio tra creatività e sostenibilità economica, trasformando il bianco e nero da semplice scelta estetica a risorsa editoriale. L’uso del bianco e nero può insomma diventare una firma estetica distintiva, un marchio che caratterizza i progetti.
Connessi e smarriti sul palcoscenico della rete
di Paola Parlato
Luci e ombre su una generazione che fatica a trovare un equilibrio fra l’eccesso di risorse e la povertà delle parole
Tutti connessi H24
In metro tutti assorti ciascuno sul proprio telefono cellulare, chi per controllare, chi per digitare messaggi, chi per parlare rumorosamente. I più giovani sono quelli più assenti, ignari di qualunque cosa accada intorno. Una volta a casa si dedicheranno ad altri strumenti, ad altre connessioni. I genitori protestano debolmente, con cantilene sempre uguali, che richiamano allo studio e alla lettura e incassano in risposta alzate di spalle. Anche a scuola del resto i ragazzi tengono il loro smartphone silenzioso ma ben in vista sotto il banco, dietro i libri. E quasi sempre sulla cattedra, accanto al registro giace lo smartphone del docente. Scenari che sono la cifra del nostro tempo e animano quotidianamente discussioni informali e studi specifici.
Tanta attenzione è dovuta alla novità ma ancor più alla pervasività di queste nuove tecnologie, inoltre il nuovo in quanto tale è sempre terreno fertile che offre ricchi spunti per la riflessione e la discussione e spesso le opinioni personali incrociano i pareri degli esperti. Il progresso scientifico e i cambiamenti che determina nell’economia, nella società, nella cultura e nel costume sono da sempre oggetto di accesi dibattiti e all’entusiasmo per i miglioramenti e i vantaggi apportati alla vita delle persone si affiancano i dubbi e le paure e il nuovo è vissuto ora come meraviglia ora come diavoleria da fermare. Un tempo era più facile metabolizzare i cambiamenti, anche perché erano meno rapidi. Il tempo intercorso fra la nascita della radio e la diffusione della TV a colori è di circa 70 anni, molti ne sono intercorsi fra le prime difficili comunicazioni telefoniche attraverso il centralino e i primi telefoni cellulari. E quando nelle case sono entrate le
prime enciclopedie pagate a rate e i loro aggiornamenti quinquennali, nessuno avrebbe immaginato che dopo alcuni decenni sarebbe stato possibile, attraverso la rete, accedere in tempo reale a quello che sta avvenendo nel mondo. Solo qualche anno è passato invece fra la comparsa dei primi “telefonini” grandi come telecomandi e i fantastici iPhone dei nostri giorni. Nel giro di qualche anno i cambiamenti sono stati profondi e radicali, sicuramente a livello della comunicazione in-
terpersonale, ma anche relativamente alle modalità di attenzione e concentrazione si sono rilevate innegabili trasformazioni. Non mancano infatti ricerche e studi sui cambiamenti prodotti nel cervello, sullo sviluppo dell’intelligenza, sulla vita relazionale soprattutto di bambini e ragazzi. Le neuroscienze cercano di misurare e codificare le trasformazioni e sempre più frequentemente i salotti televisivi si affollano di psicologi e di esperti della comunicazione.
La comunicazione al tempo dei social
E poi sono arrivati i social network grazie ai quali è possibile dialogare, guardare e farsi guardare, condividere pensieri e opinioni, ma anche banalità e volgarità, raggiungere in diretta parenti e amici lontani, ma anche spiare
o denigrare altri membri del gruppo. Così come è possibile perseguitare una persona e distruggerne l’immagine e la reputazione. All’interno di nessuna comunità – classe, scuola, quartiere, paese – la risonanza di una notizia o di un giudizio infamante raggiungerà mai l’amplificazione mediatica di un social. Da una recente indagine è risultato che oltre i due terzi degli adolescenti intervistati hanno dichiarato di essere stati vittime di bullismo o danni all’immagine sui social. E questa è l’altra faccia della medaglia. Infatti la comunicazione sui social consente a chi vuole di non esporsi direttamente con la propria persona, è possibile scegliere il look, il trucco, la foto ritoccata da postare, talvolta con l’accompagnamento di parole, di frasi riciclate o copiate da altri contesti, per offrire a chi segue un’immagine fasulla, un’identità taroccata che riscatti dalle proprie insicurezze, dalla scarsa stima di sé. Ma allo stesso modo può accadere che la mistificazione sia operata da altri, che altri costruiscano ed espongano situazioni fasulle, per invidia, per astio, per noia, per quel divertimento ottuso che non riconosce più le persone in quanto tali, ma le riduce a figurine con cui divertirsi. E sciaguratamente non sono mancati negli ultimi anni dolorosi episodi di suicidi di ragazzi o di gravi situazioni di disagio.
Al di là di queste situazioni estreme va però sottolineato che sono certamente cambiate le modalità di relazione fra coetanei, il modo stesso di vivere l’amicizia o anche i primi innamoramenti. Le lunghe discussioni fra amici fra un compito e l’altro, i grandi temi su cui ci si azzuffava, le lunghe passeggiate, la fisicità degli sguardi erano le tappe di un rito di passaggio che oggi sempre più si affronta in solitudine.
Che ne è stato della comunità educante?
Ci interessa qui soffermarci sull’aspetto più delicato e importante del problema: i cambiamenti prodotti dall’uso massiccio delle nuove tecnologie nei bambini e nei ragazzi, con le relative implicazioni in campo psicopedagogico, educativo e didattico. Sotto accusa quelle che vengono definite le grandi assenti: la famiglia e la scuola, che sembrano in molti casi aver abdicato al loro ruolo.
La competenza dei genitori è tradizionalmente considerata “naturale” e “spontanea”, che non necessita cioè di particolari abilità da acquisire. Questo era forse plausibile quando la società mutava lentamente, le differenze di mentalità fra le generazioni non erano così significative, il conflitto non era eclatante e i modelli di riferimento restavano a lungo credibili. Oggi le differenze fra genitori e figli non sono molto grandi per quanto riguarda mentalità, costume, stili di vita, ma la conflittualità e l’incomunicabilità sono talvolta maggiori e le famiglie hanno in molti casi perso credibilità e autorevolezza. Rispetto all’uso precoce delle nuove tecnologie poi l’atteggiamento di molte famiglie è dettato da scarsa consapevolezza. Sempre più spesso capita di incontrare bambini portati a spasso nella carrozzina che maneggiano con grande maestria tablet o cellulari. Si tratta il più delle volte di semplici giochi accessibili ai più piccoli, ma così avvincenti da tenerli tranquilli per un tempo anche lungo. I genitori dal canto loro sono grati a questa abile baby sitter elettronica capace di tenere buoni i più piccoli per un tempo molto più lungo di quello che garantivano un tempo i caroselli televisivi. Spesso le mamme e i papà al parco non chiacchierano con altri genitori, ma approfittano della in-
sperata tranquillità per smanettare a loro volta tranquilli sui loro apparecchi. Non è uno scenario apocalittico ma del tutto realistico e quelli non sono cattivi genitori, anche perché sono spesso vittime di un equivoco. Credono cioè, in perfetta buona fede, che l’abilità con cui i piccoli pigiano i tasti e utilizzano i giochi elettronici sia segno di sviluppo precoce e di più pronta intelligenza. Quando i bambini crescono, sempre più precocemente il videogioco viene sostituito da un vero e proprio telefono cellulare, con cui potranno continuare a giocare ma anche chiamare gli amichetti o inviare messaggi. Inutile dire che è radicalmente cambiata anche la concezione del gioco: i giochi elettronici soppiantano sempre più i giocattoli anche tra i più piccoli e via via che crescono i ragazzi utilizzano sempre meno giochi all’aperto o di gruppo, preferendo videogiochi sempre più sofisticati, anche collettivi. Per le famiglie è quasi impossibile opporsi alle richieste o mettere freni ai comportamenti dei figli, per assuefazione, per paura che si sentano diversi dagli altri o che i divieti possano produrre turbamenti o devianze. E per paura di ferirli spesso rinunciano a educarli e renderli più forti.
Se la famiglia ha uno statuto più informale e la sua azione è fortemente improntata a spontaneità e buon senso (anche se viene da chiedersi come mai sono praticamente spariti i vecchi corsi per genitori, che si tenevano frequentemente nelle nostre scuole) il silenzio assordante della scuola in questi anni ha sicuramente meno giustificazione. La scuola è cambiata e ha aperto le porte a moltissime novità, ma soprattutto di tipo tecnologico. Le nostre aule sono tutte fornite di LIM, spesso di computer; le procedure burocratiche sono molto facilitate dai supporti tecnologici, così come sempre più l’uso delle nuove
tecnologie è l’oggetto di formazione e aggiornamento. Le generazioni di alunni si avvicendano mostrando di anno in anno cambiamenti sempre più radicali e la loro dipendenza dalla rete è sempre più forte anche nello studio. Per inventare una storia utilizzano appositi siti, così anche per fare una traduzione o per svolgere un compito di una qualunque disciplina. In classe sono perennemente connessi, anche quando è severamente vietato dai regolamenti. La loro scrittura manuale peggiora sempre più, ma soprattutto si cominciano a vedere con chiarezza gli effetti della comunicazione veloce sui loro elaborati. La rete offre sempre più prodotti prêt-à-porter, dal tema svolto alla guida per l’esposizione di una lezione di filosofia.
Questi gli aspetti strettamente didattici, che certamente non sono i più importanti. L’aspetto più grave è che molti di questi ragazzi non credono più di poter affrontare un compito, una performance senza il supporto della rete. Questo significa perdita di fiducia nelle proprie capacità e nella propria autonomia di pensiero. Inoltre la loro assoluta incapacità di separarsi dai loro strumenti elettronici si configura sempre più come una vera e propria dipendenza.
Ma gli insegnanti quanto sono capaci – fra i programmi da svolgere e una burocrazia sempre più esigente da inseguire – di essere educatori? dovremmo anzi dire quanto e dove sono stati preparati a esserlo? Le problematiche sopra accennate sono molto serie e richiederebbero forti interventi. Si tratta di guidare questi giovani a riconoscere le loro fragilità e le loro dipendenze e a recuperare una maggiore fiducia nelle risorse proprie e del gruppo. Non si tratta certo, per fare un esempio, di stigmatizzare una dipendenza o chiedere l’intervento dello specialista in orario extrascolastico; basterebbe cominciare da un seminario sulla libertà attraversando i maggiori pensatori che se ne sono occupati. O promuovere a scadenze regolari incontri di gruppo su problematiche giovanili in cui abbiano la possibilità di confrontarsi con le proprie debolezze e con quelle degli altri. Si tratta naturalmente solo di esempi e non si pretende che tutti debbano essere in grado di improvvisare competenze o modelli di intervento, sono solo esempi di una buona scuola, se ci fosse e se ci fossero la volontà e le risorse per costruirla.
Sul comico e sulla sua necessità
Una risata ci salverà
di Chiara Lepri*
Quali sono, se ci sono, nella produzione editoriale attuale per bambini e ragazzi, le opere che hanno alla base la comicità e che scatenano il ridere nei nostri giovani lettori?
«Al di là di ogni equilibrio»
«Il bambino, bisogna farlo ridere. […] Ridete con lui, è vostro per la vita. Divertitevi con lui, divertitelo, arrivate alla molla del riso scatenato, senza più né senso né misura: è una conquista i cui effetti dureranno per un tempo incalcolabile. […] Bisogna aver riso col bambino al di là di ogni equilibrio, perché l’equilibrio sia un ritorno riposante, una sensazione rasserenante, e non una conquista faticosa»1. È, questa in apertura, un’appassionata e convincente esortazione che Gianni Rodari – esponente di punta di quella linea del sorriso che da Collodi ai giorni nostri (passando da Vamba, Rubino, Tofano) – rivolge nel 1971 agli adulti dalle pagine del “Giornale dei genitori” ben comprendendo la centralità e la formatività del coltivare
* Per i confronti illuminanti sulle letture dei bambini desidero ringraziare Fiorenza Poli, referente per la Toscana di Nati per Leggere e bibliotecaria presso la BiblioteCanova dell’Isolotto, Firenze, ed Emanuele Ortu, ricercatore indipendente.
Chiara Lepri è docente all’Università degli studi Roma Tre.
il comico nella vita infantile e, più in generale, nella cultura umana. E certo si può dire che la sua intera produzione letteraria abbia ampiamente testimoniato questa postura poi “teorizzata” in altre riflessioni2: lo stesso ricorso al fantastico ha contribuito a nutrire un terreno entro il quale la rappresentazione rovesciata del reale ha espresso, di fatto, una provocazione e una critica alle strutture socio-culturali più statiche e conservatrici attraverso quel sovvertimento dello status quo che diverte e al tempo stesso spinge a ripensare il presente. Quali le sue strategie stilistiche? Rodari colloca il proprio originalissimo contributo lungo una traiettoria letteraria che coniuga la comicità popolare (alla Collodi) a un umorismo più sottile e raffinato (alla Vamba); ma vi è anche, nella sua elaborazione intellettuale, l’esempio di Lewis Carroll con i suoi calembours e nonsense e quello –politico ed eversivo – dei surrealisti del primo Manifesto: una miscela prodigiosa destinata a fare scuola e che, servendosi della parola e nel suo manifestarsi in forma narrativa o poetica (si pensi al limerick e alle associazioni
inconsuete), provoca stupore, sconcerto e riso nelle accezioni più positive di “apertura” all’altro/al nuovo e di complicità/accoglimento verso il diverso, il non codificato3. Nel gioco linguistico rodariano, poi recuperato in molta poesia per l’infanzia sino ai nostri giorni, la parola si è mostrata ai più piccoli in tutta la sua carica ludica e nella sua intrinseca ambiguità, dilatando le potenzialità semantiche e gettando una luce su prospettive inedite: «vi sono poesie che, proprio perché mettono in evidenza le possibilità del linguaggio, introducono un comico della poesia», osserva Lucie OlbrechtsTyteca, per poi arguire che è «con questo [che] si viene a cogliere lo stretto legame che esiste tra il comico e la poesia come strumento capace di ridestare la nostra coscienza del linguaggio. […] Non ce ne rendiamo conto finché il poeta ci trascina nel suo slancio, ma basta che ci rivolga un cenno d’intesa perché ci rimettiamo a ridere. […] Dalla fabbricazione di parole senza significato fino alle poesie più raffinate, il comico del linguaggio assume tutte le forme, si riallaccia a tutti gli aspetti del nostro strumento
di comunicazione; ed è proprio questa ubiquità uno dei suoi tratti più notevoli»4. Siamo dunque nel campo di una letteratura che offre visioni ulteriori e invia suggerimenti e allusioni al nostro mondo interiore; la proiezione che ne scaturisce rinnova i significati per un’esperienza più ampia delle cose e del mondo.
Il comico, del resto, nelle sue sfumature di umorismo, sarcasmo, ironia, humour noir – che qui non importa distinguere – non è una pratica disimpegnata e puramente evasiva, come si tende a ritenere, ma una delle tante strategie di spiazzamento con cui si decostruiscono le idee logorate e i linguaggi abusati5. È per questo un fenomeno che riflette, nei motivi e nei termini attraverso cui si manifesta, un preciso contesto storico-culturale: i bambini della contemporaneità si approssimano alle riscritture dei Viaggi di Gulliver come a una straordinaria avventura per mare ignorando l’opera originale in quattro tomi che Swift compose nel 1726 sotto forma di satira per criticare aspramente la società del suo tempo, mentre le burle di Gian Burrasca, ancorché esilaranti e insuperabili, solo ai lettori “più maturi” svelano l’irrisione delle falsità sottese alle rigide convenzioni di una borghesia di primo Novecento ancorata a quelle «buone cose di pessimo gusto» di gozzaniana memoria. Ecco allora che ha senso distinguere, nella storia della letteratura per l’infanzia, percorsi diversi che dalla seconda metà dell’Ottocento – in parallelo a un’immagine d’infanzia che va lentamente emancipandosi da istanze di governo e di conformazione – si intrecciano nelle “fabbricazioni” del comico secondo quelle rappresentazioni archetipiche che Henri Bergson tripartisce tra comico delle forme, comico di situazione e di parola e comico di carattere6 .
Comico e “dintorni”, oggi
Ciò premesso – e rinviando ad altri validi approfondimenti una riflessione sui sentieri del riso nella letteratura
per l’infanzia postrodariana7 – quali direttrici del comico persistono oggi nella produzione editoriale rivolta ai più piccoli? In altri termini: quali libri scatenano la risata dei nostri giovani lettori in un tempo in cui la fruizione narrativa corre per vie ibride e difformi?
In realtà si confermano spassose, soprattutto tra i lettori più piccoli, tutte quelle storie che si riferiscono al «basso corporeo»: si pensi a un capostipite d’autore come L’incredibile storia di Lavinia di Bianca Pitzorno (Edizioni EL, 1985), una rivisitazione della piccola fiammiferaia in cui la protagonista viene dotata da una stravagante fata di un anello magico capace di tramutare tutto in «cacca», o al divertentissimo albo in rima Chi me l’ha fatta in testa? di Werner Holzwarth e Wolf Erlbruch (Salani, 1989). Lo notava già Rodari nella Grammatica della fantasia a proposito delle storie «tabù», quelle che è «utile raccontare ai bambini» ma di fronte alle quali molti arricciano il naso sebbene rappresentino «un tentativo di discorrere col bambino di argomenti che lo interessano intimamente ma che l’educazione tradizionale relega in generale tra le cose di cui ‘non sta bene parlare’: le sue funzioni corporali, le sue curiosità sessuali»8
D’altra parte con le storie «tabù» siamo
dinnanzi a un tema antico, boccaccesco, il cui principio comico si lega ai riti carnevaleschi e al gioco nel dare luogo a un rovesciamento che abbatte le barriere e le gerarchie, libera gli individui dalla loro condizione, consente all’uomo di ritornare a se stesso e di sentirsi «umano fra altri esseri umani», come scrive Michail Bachtin ne L’opera di Rabelais e la cultura popolare9 collocando il «principio materiale e corporeo della vita» nella tradizione popolare e plebea, ossia tra gli incolti. Su questo piano, non è difficile immaginare come il «corpo grottesco» sorpreso nelle sue funzioni biologiche coinvolga in profondità anche l’infanzia, irresistibilmente attratta da ciò che la riguarda da vicino e che la cultura adulta tendenzialmente inibisce.
Ma va osservato che permane un comico di parola e di situazione che si conferma vincente. In questo ampio campo, nel quale si annoverano i grandissimi e sempreverdi Astrid Lindgren e Roald Dahl (se non emendato!) con i più recenti contemporanei Ulf Stark e Maria Parr, solo per fare due nomi e rinviare ad altra sede i necessari approfondimenti, oggi non sembra possibile ignorare il successo di pubblico di due recenti e distinti fenomeni editoriali, entrambi emblematicamente ascrivibili a una tipologia connotata da plurilinguismo.
Il primo di questi, che gode di un reiterato e costante interesse da parte di generazioni di decenni dall’anno della sua comparsa nel nostro mercato editoriale, il 2008 da Il Castoro, è la serie Diario di una schiappa dell’autore americano Jeff Kinney. L’umorismo, in questo caso, fa leva sulle sfortunate vicende del protagonista, Greg, al suo ingresso nella scuola media, aderendo a un cliché piuttosto prevedibile. Come scrive Paola Zannoner, «la figura tipica di molta narrativa preadolescenziale e adolescenziale è quella dell’imbranato, il ragazzo impacciato, timido, che non riesce mai a fare quello che vorrebbe e che si sente inadeguato nelle situazioni. Polarizzando su di sé in modo iperbolico le mancanze e le aspettative tipiche di questa fascia d’età, l’imbranato letterario contribuisce a fare da specchio ad atteggiamenti e comportamenti che il lettore non sa decodificare e che tende a rinchiudere in una visione nevrotica di sé. La rivelazione in chiave umoristica di una condizione contribuisce a ridimensionare gli aspetti di sofferenza e di solitudine e a ridefinire la propria personalità in relazione agli altri»10. Ma l’appeal che la serie sprigiona non risiede soltanto in questo meccanismo di rispecchiamento emotivo: sul piano testuale, l’adozione della forma diaristica che imita la scrittura a mano e soprattutto gli intermezzi fumettistici (peraltro non nuovi in letteratura poiché già introdotti da Vamba ne Giornalino di Gian Burrasca) ne fanno una lettura indubbiamente seducente perché vicina alle esperienze dei nostri ragazzi, che sono come “acciuffati” e portati dentro le pagine:
SETTEMBRE
Martedì
Prima di tutto voglio chiarire una cosa: Questo è un GIORNALE DI BORDO, non un diario. Lo so che sulla copertina c’è scritto diario, ma quando Mamma è andata a comprarlo le ho detto CHIARO E TONDO che ne volevo uno dove non ci fosse scritto “diario”.
Appunto. Adesso manca solo che qual-
che idiota me lo scopra e si faccia l’idea sbagliata. [Segue vignetta raffigurante un “bullo” che strattona Greg e gli dà della “femminuccia”].
L’altro fenomeno editoriale a cui si fa riferimento imperversa tra i giovanissimi da poco più di un anno e porta il nome di Pera Toons, pseudonimo del fumettista e content creator aretino Alessandro Perugini. Dapprima conosciuto sui social e su youtube, oggi l’autore ha all’attivo otto libri a fumetti pubblicati da Tunué che assicurano il «100 divertimento!» e promettono di far «ridere a creepypelle». Nelle prime coloratissime pagine si avverte che la missione di Pera Toons «è quella di strapparti un sorriso tutti i giorni per rendere la tua vita un pizzico migliore», infatti il libro contiene strisce dal tratto essenziale che snocciolano senza soluzione di continuità freddure, battute, doppi sensi talvolta dal sapore greve e non sempre alla portata dei bambini nei rimandi scatologici e più triviali:
Ciao Kiwi! Hai visto la mia ragazza? Sono io! È che devo farmi la ceretta. [la striscia mostra due kiwi, uno sbucciato, l’altro no].
Ehi… ehi tu… ciao… ehi… ehm, scusi?
Come mai non mi considera? Perché si chiama gir-a-ffa. [le strisce mostrano due scimmie che si rivolgono a una giraffa. In calce si legge una didascalia: Nella giungla ho visto una scimmia con il perizoma. Era un orango-tanga!].
Quali elementi accomunano questi due tipologie di libro? Innanzitutto entrambe privilegiano una narrazione verbo-visuale nella quale il “visivo” –come emerge anche dal font irregolare dei caratteri tipografici (Geronimo Stilton docet) – è predominante ed ha un valore complementare per la comprensione del testo; vi sono poi aspetti di trasgressività legati al linguaggio, così come vi è il gioco dei doppi sensi; infine, le boutade sono connotate da velocità, brevità e incisività pur pre-
supponendo, nell’elaborazione non sempre immediata dei sottintesi, un’arguzia tutta adulta – soprattutto nel caso di Pera Toons.
Dunque la comicità si origina non soltanto dai contenuti, siano essi poveri o ricchi, ma anche dai “dintorni” del testo: attraverso l’immagine, l’umorismo manifesta i suoi risvolti più sottili, notava Carla Poesio in tempi non sospetti11, intuendo il peso di tutto ciò che sta intorno al testo verbale in un libro che avvicina al genere con successo. Non a caso, specialmente in Pera Toons, la comicità è coadiuvata da una rottura delle forme narrative tradizionalmente codificate e dall’uso di una molteplicità di codici narrativi che senz’altro aderiscono all’idioletto dei nostri ragazzi, sempre più protesi verso una comunicazione rapida, semplificata e rapsodica, che non invita a sostare né ad approfondire ma tende a stimolare una risata “grassa”. Le stesse strisce, infatti, si ritrovano su youtube sotto forma di minime sequenze video, nelle quali alla fissità delle immagini si accompagna una voce robotica e monocorde, quasi ipnotica.
Ai due fenomeni editoriali, che aprono interrogativi sulle scelte dei nostri ragazzi, sempre più influenzate da fattori legati al marketing e alla crossmedialità dei prodotti culturali, va riconosciuto, tuttavia, un indiscutibile pregio. Si tratta in ambedue i casi di letture che raggiungono i bambini attraverso il “contagio”, il passaparola, il riderne insieme, lo scambio di opinioni. Quando ciò accade il libro si fa un tesoro ancora più prezioso perché, oltre a suscitare il riso come in questi casi, unisce, crea comunità, produce scambio, confronto dialettico. Quel confronto che sostanzia, accresce, ridefinisce – ci auguriamo – i significati del leggere.
Necessità del comico
Il nostro tempo ci richiede di saper osservare attraverso la lente del comico. In altri termini, oggi più che mai è necessario uno sguardo ironico, cioè uno
sguardo obliquo sulle cose e sul mondo. Lo sguardo ironico è un «bagaglio obbligato dell’uomo attuale»12 la cui mente deve farsi autocritica, dissenziente, inquieta, capace di stare in una dimensione metadiscorsiva.
In educazione l’ironia va coltivata e portata dentro i processi formativi, come ci ricordano Raffaele Laporta e Giovanni Maria Bertin in due saggi fondamentali e di straordinaria attualità13. Si comprende allora come sia indispensabile l’incontro con tutte le forme narrative che ne valorizzano lo sviluppo: esse consentono l’esperienza ironica attraverso un approccio ludico e legato al piacere del leggere. E una tale esperienza non può che contribuire alla formazione di un pensiero aperto alla relatività, alla demistificazione di ogni presunzione di assolutezza, alla decostruzione del dogmatismo proprio e altrui e, con esso, di ogni fanatismo14. È, quest’ultimo, un nodo cruciale e fortemente attuale perché nell’adozione di punti di vista autonomi e nell’ammissione di soluzioni alternative si generano la coscienza democratica e la disponibi-
lità ad accogliere l’altro. Il processo di costruzione di una mente ironica non può però esimere l’“universo adulto” (genitori, educatori, operatori culturali a vario titolo – anche autori e editori) da un impegno serio e progettuale nella direzione di una scelta di qualità della proposta libraria. Note
1 G. Rodari, Appunti per un mini-manuale del “dialogo” fra padri e figli (1971), in “il Giornale dei Genitori”, n. 58-59, 1980, p. 30.
2 Si veda, per esempio, il capitolo Storie per ridere in G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 1973.
3 Cfr. F. Ceccarelli, Sorriso e riso. Saggio di antropologia biosociale, Torino, Einaudi, 1988, p. 315.
4 L. Olbrechts-Tyteca, Il comico del discorso. Un contributo alla teoria generale del comico e del riso, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 69.
5 Cfr. W. Pedullà, Le armi del comico. Narratori italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 2001, p. 5.
6 H. Bergson, Il riso. Saggio sul significato
del comico (1900), Milano, Rizzoli, 1961.
7 A questo proposito, si vedano il fascicolo dattiloscritto a cura di F. Cambi, R. Guarnieri, M.L. Meacci, Il comico nella letteratura giovanile, contributo del Gruppo Toscana in occasione del XIII Convegno nazionale UNELG-IBBY, Bologna 8 aprile 1995; i volumi E. Beseghi (a cura di), La gaia scienza. Saggi sul riso, Milano, Mondadori, 1998; E. Ficarelli, E. Miari (a cura di), Ridere, sorridere, leggere. La difficile arte dell’umorismo nei libri per ragazzi, Campi Bisenzio (FI), Idest, 2000; P. Zannoner, Libro, facci ridere! Ricette di lettura e scrittura umoristica, Milano, Mondadori, 2001 e il numero monografico sul tema del “Pepeverde”, Roma, Valore Scuola n. 26/2005.
8 G. Rodari, Grammatica della fantasia, cit., p. 119.
9 M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi, 2001, p. 13.
10 P. Zannoner, Libro, facci ridere! Ricette di lettura e scrittura umoristica, cit., p. 32.
11 C. Poesio, Humour see Fluid see Wit, in “LiBeR”, n. 37, 1998, p. 27.
12 F. Cambi, E. Giambalvo (a cura di), Formarsi nell’ironia: un modello postmoderno, Palermo, Sellerio, 2008, p. 14.
13 R. Laporta, Il senso del comico nel fanciullo, Bologna, Malipiero, 1957; G.M. Bertin, Disordine esistenziale e istanza della ragione, Bologna, Cappelli, 1981.
14 Cfr. G.M. Bertin, Disordine esistenziale e istanza della ragione, cit., p. 219.
È PROPRIO STRANO, DALLA TESTA AI PIEDI di Clelia Tollot
Rumple Buttercup non ha solo uno strano nome, è tutto strano, dalla testa ai piedi: è un piccolo mostro, ha tre ciuffi di capelli in testa, cinque denti storti, il corpo ricoperto di squame e il piede sinistro più lungo del destro. Sta sempre da solo, nel suo nascondiglio sotterraneo, in un tombino accanto al cesto della spazzatura e parla solo col suo amico immaginario (che però non gli risponde mai). Qualche volta esce dal nascondiglio e si camuffa con una buccia di banana sulla testa. Così nessuno può prenderlo in giro per la sua bruttezza. Come ogni anno, aspetta la parata delle frittelle allo zucchero filato Pigia Pigiama, ma quando esce Rumple non trova la buccia di banana nel cestino. Come fare a uscire allo scoperto senza travestirsi? Per un momento si sente perduto e piange. Poi sente una voce: qualcuno che gli chiede se quest’anno non verrà alla pa-
rata. Non è il suo amico immaginario, è un bambino dal mondo di sopra che gli parla. Anche lui, in fondo, è strano: ha l’apparecchio ai denti, la pelle ricoperta di lentiggini e non riesce a pronunciare la
“erre”. Per Rumple è una scoperta che cambia tutto.
La verità è che tutti in qualche modo siamo “strani”, ma possiamo vivere allegramente la nostra unicità. Questa favola moderna fa incontrare i lettori con un personaggio buffo, tenero, sgraziato, ma che fa tanta simpatia e rivela il “Rumple” che si nasconde dentro ciascuno di noi.
Matthew Gray Gubler
RUMPLE BUTTERCUP
Una storia di banane, appartenenza ed essere se stessi
Trad. Sante Bandirali
Collana “I geodi”, Uovonero, Crema, 2023 pp.132, € 17,50 da 6 anni
Leo Lionni venticinque anni dopo
Il genio della semplicità
Rossana Sisti a colloquio con Francesca Archinto
«Quando mi chiedevano che cosa volevo essere da grande, la risposta era sempre, senza esitazione, “un artista”. Per me, Arte era una parola generosa, che includeva pittura, scultura, canto, suonare il pianoforte, e ora architettura».
Eartisti erano Le Fauconnier, zio Piet, mia Madre, Van Gogh, Rembrandt, Mondrian, Berlage, Chagall, la persona che aveva dipinto il calendario appeso nella cucina di Oma (la nonna in olandese) Grossouw e i copisti al Rijksmuseum». Artista, in quel senso generoso del termine, non uno specialista, Leo Lionni lo era diventato attraversando con una vita lunga il ‘900 e, sempre con le valigie in mano, Paesi e continenti, collaborando con i più grandi artisti dell’epoca, dal giovanissimo Andy Warhol a Saul Steinberg, da Willem de Kooning ad Alexander Calder, mentre quel sogno infantile prendeva corpo. Aveva frequentato la pittura, la scultura, la grafica e il design creando manifesti e campagne pubblicitarie che hanno fatto storia, era stato art director di fama nelle più prestigiose agenzie, direttore di riviste, fino ad approdare alla scrittura e all’illustrazione per l’infanzia. Mondi interconnessi dentro cui si è mosso. Sempre progettando e sperimentando linguaggi nuovi, da professionista, con lo slancio del creativo e la saggezza delle mani. Da ragazzo si era trasferito prima negli Stati Uniti da Amsterdam dove era nato nel 1910, in una fami-
glia dove l’arte era di casa, poi in Italia a Genova e a Milano, quindi dopo le leggi razziali di nuovo in America e di nuovo in Italia, nel Chianti dove è vissuto fino alla fine, nel 1999. Esattamente venticinque anni fa. «Ricordo – aveva scritto nella sua autobiografia, Tra i miei mondi, uscita negli Stati Uniti nel 1997 e pubblicata nel 2014 da Donzelli – che una volta ho detto di considerarmi al 100% italiano e al 100% americano. Forse mi riferivo proprio a queste due componenti: la creatività che avevo imparato in Italia negli Anni Trenta e la concretezza professionale appresa negli Stati Uniti». «Era un grande Leo Lionni, e ci manca». È il rimpianto di Francesca Archinto, direttrice editoriale di Babalibri, la casa editrice che ha fondato nel 1999, punto di riferimento per l’opera di Leo Lionni. Una storia partita da lontano, con Rosellina Archinto, mamma di Francesca, pioniera dell’editoria per bambini che con la Emme, la casa editrice fondata nel 1966, aveva portato i libri per i più piccoli dentro la modernità, conferendo loro la stessa dignità dei libri per adulti, con un progetto che coniugava bellezza grafica e contenuti di alto livello e faceva leva sui più bei
nomi della cultura e dell’illustrazione internazionale. È stata lei a portare in Italia Piccolo blu e Piccolo giallo, pubblicato da Lionni negli Stati Uniti nel 1959, sessantacinque anni fa, scovato durante un viaggio a New York. Un albo dirompente, diventato l’emblema di un’operazione culturale forte e raffinata che oggi è la cifra anche di Babalibri che di Emme ha raccolto l’eredità.
«Lionni era un artista totale – spiega Francesca Archinto – non è un caso che sia riuscito a raccontare storie innovative diventate quasi tutte dei classici, che continuano a parlare e a piacere ai bambini di oggi nonostante siano passati oltre sessanta o cinquant’anni. Storie di una modernità sorprendente come dimostra questo albo Un anno di sorprese datato 1992, ancora inedito in Italia, che abbiamo appena pubblicato come un omaggio a Lionni per questo anniversario. Una storia di amicizia tra due topolini e un tenero albero di mele che attraversa un anno e i cambiamenti stagionali. Sono convinta che questa empatia che perdura nel tempo tra Lionni e il suo pubblico di bambini sia frutto della sua lunga esperienza e competenza artistica oltre che del grande rispetto che aveva per loro e del fatto che in questo lavoro si divertiva un sacco».
«L’attenzione che Lionni metteva all’illustrazione era un pilastro del lavoro, sapeva bene di rivolgersi anche a bambini che, senza la competenza di decifrare un testo, avrebbero letto la
storia attraverso le sue figure. Usava il collage, realizzandosi direttamente le carte da cui poi ritagliava le figure, e insieme le matite, che utilizzava anche per gli sfondi, come una texture che dava rilievo ai personaggi». L’interesse e la passione per la natura hanno dato vita a pagine memorabili dove fiori, piante, erbe, rocce e sassi sembrano far parte di un unico luogo. «L’erba di Un anno di sorprese è la stessa di Bruco misuratutto – osserva Francesca Archinto – ne La casa più grande del mondo ci sono un sacco di fiori e di piante che arrivano direttamente anche dalla sua Botanica parallela. Dalla sua esperienza di botanico in erba, anzi nell’erba, che nell’autobiografia racconta molto bene. Da ragazzo adorava passare pomeriggi sdraiato a terra, a vedere tutto quello che succedeva, in alcuni terrari che si era costruito in camera».
La storia, le suggestioni del racconto e il progetto grafico: tutto s’intreccia e nulla mai prevale nei lavori di Lionni. «L’equilibro perfetto. L’idea grafica che sottende la narrazione, evidente in Piccolo blu e Piccolo giallo – spiega Archinto – dove le emozioni, gli slanci dell’amicizia, la curiosità verso gli altri, l’incontro con la diversità, nascevano da una storia di macchie colorate, da un’astrazione che i bambini, comunque abituati a identificarsi in figure senza tratti umani, orsacchiotti, topolini e coniglietti, compresero subito». Gli adulti un po’ meno e ci volle tempo perché quel racconto per immagini così essenziali venisse compreso per la proposta dirompente e rivoluzionaria che era, di apertura sul mondo, che avrebbe ottenuto in breve una risonanza internazionale. Lui in-
tanto aveva capito che quella era la svolta, la chiave che avrebbe utilizzato in tutti i suoi libri, popolati di bruchi, coccodrilli, pesciolini, lumache, pezzettini colorati e topolini. Tanti topolini. Personaggi dai nomi di bambini, un po’ poeti e un po’ filosofi, da cui in fondo si faceva rappresentare nel proporre le riflessioni profonde che gli stavano a cuore, in un linguaggio visivo alla portata dei più piccoli. Un pubblico che Lionni ha sempre preso molto sul serio.
«In ciascuno dei protagonisti delle sue storie semplici ma lontane dalla banalità – continua Francesca Archinto –c’è un po’ di Leo. C’è in Guizzino, il pesciolino nero in difficoltà nel grande mare pericoloso che perlustrandolo e conoscendone la bellezza, del mare si innamora. Così che incappando in un altro banco di pesciolini rossi impauriti capisce che non si può sempre vivere nella paura e che proprio lui, nella parte di chi guarda avanti, può capeggiare la sfida del gruppo per difendersi dai pesci grandi. E c’è in Federico, il topolino che non vuole omologarsi ma cercare la propria strada. Se i compagni raccolgono provviste per l’inverno, lui raccoglierà raggi di sole. Come dire il mondo delle idee, la poesia: il cibo dell’anima importante quanto quello per il corpo, capace di scaldare il cuore e migliorare la vita di tutti. A ognuno il suo lavoro. Un messaggio forte per i bambini». Ai quali Lionni si rivolge da adulto, senza ammiccamenti o bamboleggiamenti. «Si dice che per scrivere per i bambini devi essere il bambino – scriveva – mentre è vero l’opposto. Scrivendo per i bambini, bisogna fare un passo indietro e guardare al bambino dalla prospettiva di un adulto».
Con quasi un albo all’anno Lionni ha messo in campo storie di crescita e di scoperta di sé e personaggi simbolici controcorrente che non si lasciano travolgere dalle difficoltà: coraggiosi come Cornelio, il coccodrillo anticonformista che cammina su due zampe e vede il mondo da un altro punto di vista, riscuotendo prima il
sospetto degli altri ma alla fine l’imitazione dei compagni; determinati come Pezzettino, la creatura in cerca con forza della propria identità, o inquieti come il camaleonte desideroso di una unicità da conquistare, e ancora sognatori come Matteo, il topolino che i genitori vorrebbero medico mentre lui ansioso di vedere il mondo, capisce dopo aver visitato il Museo d’Arte, che tutto il mondo è lì e lui sarebbe stato un pittore. Un’eco dell’infanzia di Lionni e della sua aspirazione bambina ad abbracciare l’Arte nutrita nella sua famiglia artistica anche dai Klee e i Kandinsky che lo zio Piet collezionava oltre che da quello Chagall appeso tra la porta dell’abbaino e la sua stanza nella casa di Amsterdam che faceva viaggiare la sua fantasia. Una camera che custodiva anche i suoi amati terrari. «Non molto tempo fa, – aveva scritto – mi sono reso conto che le dimensioni dei miei libri per bambini sono esattamente quelle dei miei terrari. E ho anche scoperto che i protagonisti delle mie fiabe sono le stesse rane, gli stessi topi, spinarelli, tartarughe, lumache e farfalle che vivevano nella mia stanza più di tre quarti di secolo fa. […] I miei mondi in miniatura, sia quelli di ieri circondati dalle pareti di vetro sia quelli di oggi racchiusi fra copertine di cartone, si somigliano in maniera sorprendente. Gli uni e gli altri sono le alternative ordinate e prevedibili a un universo caotico, ingestibile, terrificante».
Le scuole in ospedale
Parole che chiudono ferite e schiudono mondi
di Alessandra Merighi1Un laboratorio di scrittura permanente tra i ragazzi degli istituti superiori e delle scuole in ospedale2, perché lo scrivere ha un potere terapeutico e può essere d’aiuto a raccontarsi interpretando la realtà attraverso la finzione.
«I
l mio Teseo mi ha colta a 20 anni. Lui e il cancro, la stessa violenza… chi sarei diventata se Teseo non mi avesse violentata? [...] Come Elena avevo, più spiccata che mai, la tendenza ad aver bisogno di raccontarmi per potermi capire davvero…» scrive Martina, ex paziente dell’Area giovani del CRO (Centro di Riferimento Oncologico) di Aviano, dopo aver letto e rivissuto la vicenda di Elena di Sparta, la donna più bella del mondo, rapita da Paride e portata a Troia, nelle pagine di Loreta Minutilli3. Raccontarsi permette di ‘pensarsi’, di far luce su di sé, di trovare un significato a quanto ci accade. «A 22 anni, pensi di essere invincibile. Fino a quando arriva lei, la malattia[...]da lì inizi a pensare in modo diverso[...] io ho scoperto di essere forte[...] là fuori vedo un mondo diverso» afferma Ivan, un altro paziente Area giovani, di rimando alla lettura di Un bene al mondo di Andrea Bajani,4 una profonda riflessione sull’utilità del dolore.
Raccontarsi permette di uscire dagli spazi in cui ci troviamo, anche dalla stanza di un ospedale, di andare oltre e vedere un mondo nuovo. Questi due brani sono tratti dai testi
che Martina e Ivan avevano realizzato per l’incontro con i rispettivi autori, nell’ambito del Festival di Pordenonelegge, l’ormai consueto appuntamento organizzato insieme al dottor Maurizio Mascarin,5 responsabile dell’Area giovani, al professor Giuseppe Losapio e alla professoressa Sabrina Zanghi, al quale partecipano i ragazzi degli istituti superiori e delle scuole in
ospedale del territorio e non solo. Ogni volta, come accaduto a Ivan e a Martina, le parole lette accendono quelle dei ragazzi: la lettura innesca la scrittura, nel territorio della narrazione.
Nelle opere della letteratura che, pur nel loro particolare privato, affrontano un’esperienza umana e parlano di sentimenti umani, nella sostanza molto simili, incontriamo un pezzo di noi che ci dice qualcosa di noi. Sono opere che assumono una dimensione universale, forse perché nascono da un bisogno universale.
«Perché tanta fatica? », si chiede, ogni volta, Andrea Bajani, mentre sta scrivendo un libro: «Dopo questo, basta», si ripromette mettendosi in ginocchio e pregando che quel tormento finisca. La scrittura è sudore, dolore, disciplina, discesa nelle proprie profondità, rischio. Eppure, poi ricomincia.
«Perché l’unico modo di spostare la soglia di me, di farmi largo nel buio del senso e della forma, era procedere così, disboscando l’ignoto a furia di frasi, battendomi una strada[...] Perché scrivere è quel gesto, così ridicolo e serio al contempo, di provare a trovare la formulazione finale. Di vincere l’insensatezza, dandole una forma
[...]
A tutti accadono eventi che non hanno un senso. Se decliniamo al nostro contesto, pensiamo alla malattia che si abbatte e stravolge la vita di un ragazzo, ma anche alle numerose situazioni di malessere che incontriamo nelle nostre aule e che, a volte, sfociano nei tanti disturbi che purtroppo pare siano destinati ad aumentare. Sono eventi che paralizzano, tradiscono quell’attesa di felicità con cui nasciamo e che richiedono di essere sbozzati e di acquisire una forma, un significato. A volte, la vita riprende solo quando quegli eventi acquistano un significato.
Scrivendo, ci spiega Bajani, l’insensatezza diventa forma, cioè storia, acquista dinamicità e, come ogni storia, è anche la metafora di un messaggio che racchiude un significato. Chi l’ha scritta ha individuato il suo: ogni lettore ne troverà un altro, tra tutti i possibili, il migliore per lui.
Martina e Ivan avevano lavorato sul testo proposto e poi su di sé: leggendo le rispettive vicende, vi si erano in parte riconosciuti, avevano colto gli spazi aperti che sentivano loro e in quelli si erano ricreati, reinventati nella versione che, tra tutte le possibili, in quel momento calzava meglio, per loro. Poi si erano raccontati, dicendo io, la prima persona, l’unica a
garantire e ad assicurare la propria identità.
Dopo 10 anni trascorsi a Troia, finalmente ricondotta a casa dal suo sposo, Elena di Sparta appare ancora triste a Menelao, che le chiede: «– E di cosa hai bisogno per trovare la pace? –. Conoscevo la risposta da anni. – Di raccontare. – [...] – Racconta, allora –»7. Un dialogo indimenticabile. Martina era là con il cuore, tra loro, e capiva che solo raccontandosi avrebbe acquistato consapevolezza della nuova identità, separata dalla malattia, ormai pronta per il dopo, nella quale voleva farsi riconoscere. Quello era il significato che il testo le offriva e di cui lei aveva bisogno.
La vicenda del bambino di Un bene al mondo, che si porta sempre accanto il suo dolore perché sa che nasconderlo fa più male, aveva spinto Ivan a chiedersi che cosa farne del suo: lui si sarebbe tenuto la riscoperta capacità di resistere e la volontà di allenarsi per farcela. Una grande interpretazione che aveva prodotto un grande significato. Entrambi difficilmente avrebbero colto i rispettivi significati dalla propria quotidianità, rigida e prevedibile, come lo è, spesso, la realtà sensibile.
Quella della finzione, invece, pur nella sua irrealtà, è più ampia e permette di scorgere orizzonti imprevisti. Come ci spiega Jerome Bruner, la letteratura colloca il mondo al congiuntivo, apre all’infinita gamma delle
possibilità, richiama l’inatteso, il non ordinario8. Consentendoci di immaginare soluzioni, quando ci sembra che non ce ne siano, la letteratura può divenire terapeutica, calmare e compensare il senso di impotenza che ci coglie nelle situazioni di crisi. Ci permette anche di sprigionare le nostre risorse nascoste, quelle che non sapevamo di avere e che, una volta scoperte, entreranno nel bagaglio degli strumenti con cui procedere. Questo è importantissimo per i ragazzi, che si trovano in una fase in cui devono dotarsi di strumenti e che sono favoriti dall’elevata plasticità del loro cervello, che consente loro di adattarsi facilmente.
Il concetto di accesso alle possibilità ci porta a quello di “cura”. Luigina Mortari9 dice che “avere cura di sé”, significa preservare la propria vita e darle la forma migliore tra tutte le possibili. L’adolescenza è il momento in cui il soggetto deve scegliere quale forma dare al suo tempo, di quali significati nutrirlo, per renderlo autentico e non subirlo, un’attività progettuale che dev’essere garantita a tutti i ragazzi, a prescindere dal contesto in cui si trovino, fosse anche quello di un ospedale.
«Mi volevo felice. Era questo che desideravo semplicemente, ma a un tratto si insinuò la malattia: la convinzione che solo la tanto bramata magrezza mi avrebbe portato alla felicità. Eppure l’euforia dei primi chili persi non bastava, e man mano che tentavo di farmi piccola nel mio angolino di utopica felicità, finivo per allontanarmene sempre di più [...] Ero inquieta, triste, sola [...] Ma solo quando il perseguimento della dannosa perfezione mi condusse in ospedale, mi resi conto che la malattia si era presa tutto di me [...] Mi ero trascurata talmente tanto, che non ero più nemmeno capace di amarmi [...] Ora, essere felice significa amarmi. Accettarmi nella totalità del mio essere, perfettamente imperfetta, accogliere la possibilità di esistere e vivere a pieno le proprie potenzialità [...] Non sono ancora guarita, eppure sono certa che un
FUORITESTO
PAROLE E ILLUSTRAZIONI IN OSPEDALE
di Lucia ZaramellaFelicità: anelito effimero, aspirazione inarrivabile o fondamento concreto di vita? “Parola di cristallo”, eudaimonía greca, come suggerisce Marco Balzano: Cosa c’entra la felicità? Come trovarla? Dove? Quale visione e percezione hanno di essa i giovani adolescenti? L’opera raccoglie le riflessioni di studenti e studentesse provenienti da oltre una decina di Istituti di Istruzione Superiore (Licei, Istituti Tecnici e Professionali) prevalentemente della provincia di Pordenone, ma anche di Treviso, Torino, Udine e dalle Scuole Secondarie Superiori in Ospedale: Area giovani CRO (Centro di Riferimento Oncologico) di Aviano-PN, dal Gruppo “Microbi dal cuore grande”, Pediatria, Ospedale civile-PN. Sono testi brevi, incisivi: raccontano, in modo chiaro e sentito, esperienze vissute, emozioni, pensieri, progetti; esprimono anche dubbi, paure, incertezze. Colpiscono la profondità e la lucidità degli interventi: offrono uno spaccato del sentire adolescenziale. La felicità è «l’essenza, l’interiorità, il succo della nostra vita», fa spiccare il volo, superare limiti e paure, rimanda a una progettualità condivisa. Diventa percorso di realizzazione di sé, ricerca della propria autenticità, delle proprie passioni in un filo, che lega e muta col passare del tempo e del coinvolgimento personale.
giorno mi amerò. Un giorno sarò felice». C’è consapevolezza e anche progetto, nelle parole di Valentina, del centro disturbi alimentari della Pediatria dell’Ospedale civile di Pordenone, parole nate sulla scia della lettura di Cosa c’entra la felicità, di Marco Balzano,10 per l’ultima edizione Pordenonelegge.
C’è affinità tra medicina e letteratura: entrambe, con approcci e strumenti diversi, si occupano dell’essere umano nei suoi aspetti più fragili, precari, dolorosi, a volte tragici e anche l’incrocio tra scuola e ospedale: da qui la mia lunga collaborazione con l’Area giovani, ma anche, ultimamente con l’Ospedale civile e con altri ospedali del nostro Paese, che, grazie ai docenti SIO-Scuole In Ospedale, hanno par-
tecipato ai nostri progetti, portando un grande valore aggiunto. Insieme, cerchiamo di aiutare i ragazzi a trovare in sé i significati e gli strumenti che servono loro per crescere.
Insieme, li invitiamo a narrarsi, perché analizzino e diano un ordine ai diversi pezzi della loro esistenza in movimento, perché sbroglino un po’ il caos dell’età adolescenziale, perché si mettano alla ricerca di quell’identità che li aiuterà ad agire e a compiere scelte. Le storie degli altri li aiutano: vivere vite diverse tra le pagine di un libro, esperienze anche forti per le quali non si pagano conseguenze, incontrare personaggi, creare connessioni con sé, dà la possibilità di conoscersi, di sperimentarsi. Presupposto del tutto è la capacità di imme-
Scuola, conoscenza, scrittura, lettura, arte, scienza, musica, sport, osservano i giovani, assumono, quindi, un ruolo importante, aiutano a crescere, a risvegliare la coscienza, a maturare per raggiungere un’idea concreta di felicità. Ciò implica, forse, impegno, dedizione? Di sicuro condivisione: nel confronto tra se stessi e gli altri la felicità esplode e si moltiplica. Anche i ragazzi all’ospedale non sono la malattia, sono “fiori in espansione”, legati al mondo in una progettualità, di cui la scrittura è il collante. Arricchiscono il testo le espressive illustrazioni a colori di studenti e studentesse del Liceo artistico “E. Galvani” (Cordenons, PN). I proventi della pubblicazione saranno devoluti alla ricerca sui tumori adolescenziali.
A.A.V.V.
NOI, LA FELICITÀ.
PAROLE E ILLUSTRAZIONI DEI RAGAZZI
E DELLE RAGAZZE DEGLI ISTITUTI
SUPERIORI E DELLE SCUOLE
IN OSPEDALE
Edizioni L’Omino Rosso, Pordenone, 2023 pp. 216, € 18,00 da 14 anni
desimarsi, uno strumento più importante di quanto si creda.
Le neuroscienze ci dicono che non si tratta solo di un aspetto emotivo, ma di qualcosa di più complesso, che coinvolge i neuroni specchio, quelle particolari cellule del nostro cervello che si attivano quando dobbiamo compiere un’azione finalizzata, ma anche quando osserviamo un altro soggetto compierla. In un certo modo, riflettono, nel nostro cervello, i comportamenti degli altri. I neuroni specchio si attivano anche quando leggiamo e favoriscono una specie di tuffo completo nella vicenda. Quella vicenda entrerà a far parte della nostra memoria e con lei il significato a essa attribuito, che potrà essere utilizzato nel futuro.
Ester era un’alunna di 14 anni del mio istituto; quando riuscivano a tenerla in classe, dormiva. Una sua insegnante, mia amica, mi aveva chiesto di aiutarla e di consigliarle un libro, sperando potesse dare sollievo al periodo difficile che stava attraversando. Un giorno la vidi entrare in biblioteca. La ricordo bene: sguardo basso, capelli blu rasati da un lato, felpa col cappuccio e mani in tasca. Voleva un horror, ma io le proposi Oro, di Marcel A. Marcel,11 la storia di una ragazzina senza genitori, che attende di essere adottata, non so perché, un intuito, il braccio si era diretto da solo verso quella copertina. Ester accettò e promise che sarebbe ritornata. Il giorno seguente la incrociai in corridoio e lei mi disse con un accenno di sorriso che il libro era bellissimo, parlava di lei. Le chiesi di scegliere il passaggio che parlava di lei e di scriverlo in un post-it
giallo, che poi avrei attaccato alla lavagna della biblioteca insieme a tutti gli altri. Due giorni dopo, ritornò in biblioteca con un cuoricino rosa, il suo post-it e lo collocò in un angolo. Vi lessi: «Voleva piacere, voleva fare una buona impressione, essere amata a prima vista» e, accanto, aveva disegnato un cuoricino blu.
Le parole del libro avevano acceso in Ester la consapevolezza di sé, erano state terapeutiche. Le facevano capire che non era la prima a provare la sensazione dell’abbandono. Gli adolescenti cercano qualcosa che possa aiutarli nella costruzione della propria esistenza, che possa rassicurarli sul fatto che quella è stata ed è l’impresa di tutti. Quelle parole stabilivano anche una relazione tra me e lei: ascoltandola, io la riconoscevo così com’era e soddisfacevo il suo bisogno di essere riconosciuta, comune a tutti gli esseri
umani, e che può realizzarsi solo quando ci si racconta a qualcuno che ascolta.
Stare bene a scuola è fondamentale. Le emozioni sono strettamente collegate all’apprendimento, perché tutto avviene nella nostra mente. Quando si apprende si pensa, ma i pensieri influenzano e sono influenzati dalle emozioni.
Le emozioni negative rischiano di compromettere l’autostima, di impedire la concentrazione e la memorizzazione. Sentirsi impotenti e inferiori agli altri paralizza, essere incapaci di reagire davanti a una prova non soddisfacente penalizza. Se si è capaci di conoscersi, di comprendersi e accettarsi, tutto questo sarà, in parte, risparmiato o diverrà più sopportabile. Una sofferenza risparmiata a un ragazzo malato che si trova catapultato in un’altra dimensione, costretto a tro-
Le proposte di Edizioni Conoscenza
L’insegnante di sostegno, a cui questo libro è dedicato, sta al centro della progettualità della scuola più di ogni altro componente del Consiglio di classe e dell’équipe pedagogico-didattica. Deve fare fronte, infatti, a bisogni educativi speciali di alunne e alunni che presentano, ciascuno, specificità di cui tenere conto. Il suo ruolo, molto complesso, ha una altissima finalità: non solo aiutare gli alunni e le alunne che gli sono affidati ad acquisire i fondamentali delle discipline, ma anche e soprattutto aiutarli a crescere in autonomia, lavorando sulle loro diversità, valorizzando le loro abilità, promuovendo la loro partecipazione. In una parola accompagnan-
Giancarlo Gambula
UN VALIDO SOSTEGNO
doli verso una cittadinanza attiva. In questo volume gli insegnanti di sostegno, e quanti si preparano a diventarlo, troveranno un corso di formazione completo per costruire un curricolo davvero inclusivo che accompagni bambini e giovani con disabilità a vivere l’esperienza scolastica sentendosi parte di una comunità. Imparando a usare al meglio gli attuali strumenti della progettazione individualizzata e personalizzata. Nel libro sono presenti dei QR code che rimandano a una documentazione e una modulistica in rete molto utile per aiutare l’insegnante di sostegno a compilare i piani individualizzati.
I piani educativi individualizzati in una scuola inclusiva
Collana “INCONTRI”, pp. 192, € 20,00
www.edizioniconoscenza.it
vare un significato alla sua malattia, a integrarlo come qualcosa di separato da sé, a riprogettare la sua identità, a raccontarla a qualcuno per sentirsela riconosciuta,12 e, quindi, a rimpadronirsi di un linguaggio che era stato cancellato da quello della medicina o della perdita.
La narrazione può fare molto. Lo sanno benissimo gli insegnanti che estendono a tutta la classe il progetto di scrittura che noi proponiamo a uno dei loro alunni che, in quell’occasione, è anche alunno dell’Area giovani o di una scuola in ospedale. È salute per tutti: il ragazzo in questione continua a sentire di appartenere alla classe, e di portarvi un’esperienza nuova, i suoi compagni si arricchiscono dello sguardo più lungo e profondo che la malattia porta con sé.
«Leggendo la tua storia, mi sono resa conto che la mia era stata una scelta [...] ora che ci ripenso, potevo benissimo lasciare tutto in pausa [...] però che senso avrebbe avuto? Mi sarei solamente chiusa in me stessa e lasciato che la malattia avesse la meglio su di me, mi imprigionasse. E allora ho continuato a fare la mia vita di sempre, a studiare, a vedermi con i miei amici», scrive Gerta, un’altra paziente dell’Area giovani, rivolgendosi a Oliva Denaro, splendida ragazzina nata dalla penna di Viola Ardone, che, nella Si-
cilia degli anni ‘60, rifiuta un matrimonio riparatore e sceglie di essere libera. La scelta di Oliva aveva colpito Gerta,13 che si rendeva conto della sua, quella di non farsi imprigionare dalla malattia e di continuare a esserci, per sé, per la famiglia, per gli amici. Una decisione portata avanti con grande maestria e successo. «Tra tanti anni noi ci ritroveremo, e anche lei verrà a farci visita se, grazie a tutte le esperienze passate assieme, noi saremo ancora una classe unita. Probabilmente ci chiederà se siamo ancora tutti amici, se i nostri sogni siano diventati realtà [...] Io le parlerò di fisica, che è sempre stata per me ciò che i Greci chiamavano “daimon”, una grande passione che si rafforza giorno per giorno, io spero sostenuta anche da un po’ di talento. È grazie a lei che ho compreso il mio desiderio di impiegare ciò che so fare, il mio daimon, per aiutare gli altri, ad esempio attraverso le varie applicazioni, in ambito medico, della fisica [...] E poi lei se ne andrà, e ognuno di noi tornerà a percorrere la propria strada. Forse passeranno anni prima di poterci incontrare di nuovo, ma, ogni volta che guarderò indietro, rivedrò il suo viso gentile a ricordarmi di continuare a lottare per ciò che mi fa essere felice».
Inizia e si conclude così, il testo che
Chiara dedica a Gerta, nello stesso incontro con Marco Balzano, sulla felicità.14
Intrecciare le proprie storie significa costruire il mondo. Insieme.
Note
1 Docente di lettere all’Istituto “F. Flora” di Pordenone.
2 La particolare realtà di una scrittura collettiva che proviene dagli studenti degli istituti superiori e dai ragazzi delle scuole in ospedale del CRO di Aviano, di Pordenone e di altre regioni d’Italia, è resa possibile perché sostenuta da un gruppo di docenti che incentivano le loro classi o i loro pazienti a parteciparvi. Appuntamento fisso di tale attività è l’organizzazione di un incontro con l’autore, che si realizza nell’ambito di Pordenonelegge grazie al sostegno di Valentina Gasparet, curatrice del festival. Dal 2020, i numerosi testi prodotti dai ragazzi vengono raccolti in un volume, i cui proventi sono devoluti alla ricerca sui tumori adolescenziali. I primi due, nati come contest di scrittura quando la pandemia non consentiva l’incontro con l’autore, Sposta la tua mente al dopo…e raccontalo, Samuele Editore, Pordenone, 2020 e La storia siamo noi, Samuele Editore, Pordenone, 2021, sono scaricabili nella versione ebook dalla pagina di Pordenonelegge, nella sezione Editoria.
3 L. Minutilli, Elena di Sparta, Milano, Baldini e Castoldi, 2019.
4 A. Bajani, Un bene al mondo, Torino, Einaudi, 2016.
5 Maurizio Mascarin è il responsabile dell’Area giovani del CRO (Centro di Riferimento Oncologico) di Aviano (PN), reparto creato nel 2006 per la cura specifica dei pazienti adolescenti oncologici; Giuseppe Losapio insegna lettere all’ISIS Sacile-Brugnera; Sabrina Zanghi insegna lettere all’Istituto “F. Flora” di Pordenone.
6 A. Bajani, Mai dire mai più, “La LetturaCorriere della sera”, n. 29, 13-11-2022.
7 L. Minutilli, Elena di Sparta, cit., pp. 188189.
8 J. Bruner, La fabbrica delle storie. Diritto, letteratura, vita, Roma-Bari, Laterza, 2002.
9 L. Mortari, Aver cura di sé, Milano, Raffaello Cortina, 2019.
10 M. Balzano, Cosa c’entra la felicità. Una parola e quattro storie, Milano, Feltrinelli, 2022.
11 M. A. Marcel, Oro, Milano, Feltrinelli, 2016.
12 A. Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Roma, Castelvecchi, 2022.
13 Il testo di Gerta è tratto da Rosa rosae rosae, Pordenone, Samuele Editore, 2022, p. 25.
14 I testi di Valentina e Chiara sono tratti da Noi, la felicità, Pordenone, Edizioni L’Omino Rosso, 2023, rispettivamente alle pagine 11 e 109.
Cinque minuti al giorno!
Nel libro Checosatiavevodetto!?!, pubblicato nell’anno 2000, gli psicologi Denis Donvan e Deborah McIntyre presentarono un approccio, secondo loro efficace, per iniziare un dialogo autentico con i figli e le figlie fin dai primi anni di vita. In quel libro raccomandavano di dedicare cinque minuti al giorno a ciascun figlio, in un momento tranquillo della giornata, come il pomeriggio o la sera. Non soltanto per abituarli all’espressione di sentimenti, risentimenti, aspirazioni, desideri, ma anche per conoscerli meglio e poterli orientare. L’ispirazione dei «cinque minuti al giorno» nacque dall’esperienza dei due psicologi come terapeuti di famiglie di militari. Le esercitazioni, le assegnazioni di nuove basi, i traslochi e le mobilitazioni inaspettate mettevano queste famiglie di fronte a rapidi e frequenti cambiamenti. In tali circostanze, i bambini, costretti a cambiare residenza, scuola e amici, spesso non riuscivano a comunicare ai propri genitori il loro disagio, le loro difficoltà e anche i loro successi. Tenevano tutto dentro, il che generava instabilità e mancanza di fiducia che potevano poi sfociare in incomprensioni e disturbi comportamentali.
di Anna Oliverio Ferraris
mento. Consigliarono a un certo numero famiglie di dedicare, durante il giorno, cinque minuti privati con ciascun figlio. Durante questo breve lasso di tempo, i figli potevano confidare liberamente al genitore tutto ciò che solitamente tenevano per sé: risentimenti, litigi, incom-
famiglia. Basandosi su questi risultati incoraggianti, i due psicologi perfezionarono il loro strumento di comunicazione e di dialogo.
Durante i cinque minuti di colloquio, è essenziale permettere ai bambini e ai ragazzi di esprimersi in modi spontanei. Il genitore ascolta, osserva e frena l’impulso di giudicare o insegnare immediatamente qualcosa. Domande e ramanzine devono lasciare spazio a ciò che il bambino ha da raccontare, favorendo la libera espressione di desideri, emozioni, sentimenti, successi o fallimenti. Il figlio deve sentirsi libero di parlare di qualsiasi cosa gli stia a cuore, sapendo di essere accolto e capito, senza giudizi o condanne. La conoscenza che il genitore acquisisce di suo figlio durante questi colloqui confidenziali gli servirà per impostare i suoi interventi educativi.
prensioni con insegnanti amici o compagni, successi, insuccessi, cattivi voti, preoccupazioni, aspirazioni, desideri, delusioni. I risultati iniziali furono promettenti: diminuiva l’isolamento dei figli e aumentava la stabilità emotiva in
Donvan e McIntrye avevano notato che molti genitori “indaffarati”, presi dalle numerose incombenze domestiche e lavorative, non pensavano di poter instaurare un dialogo con i figli, sia per mancanza di tempo e sia perché sottovalutavano le capacità espressive e comunicative dei bambini e degli adolescenti. Non pensavano che, se pure non parlano dei loro stati emotivi fisici e mentali, dei loro desideri e delle loro aspirazioni, i figli hanno, a ogni età, una vita interiore che modella i loro comportamenti e i rapporti con gli altri. Decisero quindi di condurre un esperi-
Un aspetto cruciale del “metodo” è che il tempo deve essere riservato e privo di distrazioni o interruzioni come telefonate, televisore, videogiochi o altro. È dunque necessario scegliere un luogo tranquillo e assicurarsi che questi preziosi minuti non siano in competizione con altre attività quotidiane. Un secondo aspetto importante è che non bisogna essere pressanti ma lasciare che il bambino o ragazzo si esprima secondo i suoi tempi. Le prime volte potrà dire poco o niente, man mano, sentendosi più a suo agio, si scioglierà. Difficile che si confidi se non si sente sicuro di essere ascoltato e capito.
Ovviamente ognuno potrà adattare il “metodo” al contesto di vita e alle necessità proprie e del figlio: il dialogo potrà durare cinque minuti ma anche qualche minuto in più; potrà verificarsi ogni giorno oppure ogni due/tre giorni o, ancora, con una scansione settimanale.
I mali delle esistenze umane
Il pittore che denuncia gli orrori della guerra
di Maria Milvia MorcianoLa grande mostra su Goya, in corso a Milano, non è soltanto occasione per scoprire e approfondire una delle figure più importanti della storia dell’arte, ma anche per riflettere sulla propria coscienza sociale, specie di fronte alle guerre che da sempre affliggono ogni tempo, compreso quello attuale. Una chiave di lettura originale, molto attraente per i più giovani, per comprendere attraverso l’arte anche i mali delle esistenze umane, è offerta da un libro a fumetti edito da 24 Ore Cultura, pubblicato per l’occasione. L’autore, Otto Gabos, ne parla con noi raccontandoci la sua ispirazione e la sua esperienza.
Èun mistero come nelle arti figurative – ma anche nella letteratura, nella musica, insomma in qualsiasi genere – all’improvviso, in un dato periodo storico, emerga qualcuno che sovverte ogni regola e ne cambia completamente la “maniera”, lo stile. E da quel momento in poi nulla sarà più come prima.
Concentriamoci sulla pittura: vengono subito alla mente nomi come Giotto, Piero della Francesca, Michelangelo, Caravaggio e poi via via nel tempo risalendo il corso della storia, fino all’epoca contemporanea. Pittori che non somigliano a nessun predecessore e iniziano un nuovo modo di intendere l’arte, che attraggono come calamite una nuova visione delle forme, della luce, dei simboli e delle idee. Naturalmente non sono delle monadi isolate che appaiono all’improvviso, esiste sempre una compagine storica, una preparazione sociale, che poi confluisce in alcuni singoli artisti che definiamo grandissimi.
Nella lista, compare di sicuro Francisco Goya, pittore spagnolo, vissuto a cavallo del XVIII e XIX secolo, nato a Fuendetodos, piccola città nei pressi di Saragozza nel 1746 e morto a Bordeaux nel 1828. Un artista che non lascia mai scampo a una pura visione estetica, che realizza opere per periodi e blocchi di temi diversi ben individuabili. Alcune opere sono di stampo classico, come un eburneo Cristo in croce dipinto in età giovanile e poi
donne bellissime distese – come non ricordare la Maja vestida e quella desnuda – fanciulle dalle lunghe ciglia, ventagli e parasole e ancora ritratti isolati e gruppi di nobili in posa secondo il gusto dell’epoca ma con un realismo, sguardi e modi che denotano una solida indipendenza ispiratrice. La Spagna appare reale, vivida, con i suoi colori e i simboli distintivi, come le corride. Paesaggi gentili popolati da bambini e giovani resi con tratti quasi di bambola.
Arte come denuncia sociale
I suoi disegni e le sue pitture riassumono in sé ironia, amarezza, gioco e realtà cruda, e denunciano il mondo a lui contemporaneo dilaniato e difficile. Poi ci sono i dipinti “neri”, con caproni, demoni, stanze buie dei manicomi e ancora Il colosso e Saturno divora i suoi figli, immagini mitologiche che non hanno nulla del placido mondo d’Arcadia o delle lussuose corti barocche.
Alcune sue opere sono diventate, usando una parola di moda nel nostro tempo, iconiche. Soprattutto ricordiamo Il 3 maggio 1808, con l’esecuzione di giovani madrileni da parte dei soldati francesi, simbolo della guerra d’indipendenza spagnola. Le opere di Goya ci spingono a interrogarci e poi infine, a inquietarci. È considerato uno dei pionieri dell’arte moderna e questo perché le sue opere sono sia manifesti di denuncia sociale, sia viaggio d’abisso nell’inconscio.
La mostra a Palazzo reale di Milano
Il sonno della ragione genera mostri è senza dubbio l’incisione più conosciuta ed emblema della dualità che da sempre dilania l’uomo, soprattutto dell’uomo moderno, e che ha ispirato il titolo stesso della mostra in corso fino al 3 marzo a Palazzo reale di Milano: Goya. La ribellione della ragione. Un’esposizione resa possibile dal prestito da 80 dipinti, incisioni, stampe e matrici in rame del pittore spagnolo e arricchita da numerosi eventi collate-
rali, conferenze, concerti e manifestazioni. Il progetto espositivo è stato promosso dal Comune di MilanoCultura e realizzato da 24 Ore Cultura, Gruppo 24 Ore, in collaborazione con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid. La mostra e il catalogo, sempre edito da 24 Ore Cultura, sono a cura del professor Víctor Nieto Alcaide.
In questa occasione, Otto Gabos, fumettista, illustratore e autore, professore all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha pubblicato un libro a fumetti, Francisco Goya. La tentazione dell’abisso, 24 Ore Cultura.
stato vittima di un male misterioso che l’ha reso sordo, per cui da un certo punto in poi ha lavorato con questa deprivazione sensoriale».
Il libro è un dialogo con l’artista. Un’ossessione da sempre vissuta che ora Gabos ha avuto occasione di poter raccontare. Non si tratta di una biografia, ma piuttosto di un confronto. Gabos racconta di essersi ispirato a Effetto notte di Truffaut, un film nel film, un dietro le quinte che diventa il racconto stesso. La copertina e i fumetti del libro sono come cosparse di sfumature infinite ottenute con pochi colori: quelli terrosi del giallo, del
Un dialogo e un confronto attraverso il linguaggio dei fumetti
Il volume è stato presentato anche nella cornice speciale dei Comics & Games di Lucca, dove ho potuto incontrare e intervistare l’autore che ci ha parlato del “suo Goya” e delle ragioni del libro.
Un volume dalle illustrazioni raffinate, com’è nello stile dell’autore, che colpiscono perché alle volte sembra sia stato messo in atto un gioco di vera sovrapposizione, come se Gabos fosse riuscito a ottenere la magia dell’identificazione, che ha svelato lui stesso: «a un certo punto per immergermi nel suo spirito, ho disegnato diverse sequenze coi tappi nelle orecchie; ho fatto questo esercizio per vedere quali erano le sensazioni. Infatti, Goya è
marrone e del grigio che si diffondono creando un’atmosfera onirica «che è la costante dei miei libri», nota l’illustratore, che è anche la cifra riconoscibile di Goya.
Goya, fumettista ante litteram
Otto Gabos si chiede cosa avrebbe realizzato Goya se fosse vissuto adesso. «Tra le altre cose, magari avrebbe potuto disegnare fumetti, visto che ha un segno, soprattutto nelle Tauromachie, in cui c’è questo tratto, i personaggi sono molto descritti, c’è il segno del grottesco». Le incisioni di Goya ricordano molto il fumetto, «ho trovato delle analogie e quindi c’è stato proprio un gioco di inseguimento, del rimpiattino: ho studiato Goya, immaginato Goya che appariva e che mi ha
seguito per diversi mesi».
Tra le opere che più l’hanno colpito c’è il Colosso che apre il libro e poi il Sonno della ragione che sulla copertina si trasforma nel suo autoritratto. «Ma una delle pitture che mi piace di più è quella del Cane interrato, tant’è che l’ho messo anche all’interno del libro. Quest’opera è uno dei dipinti di Goya più avveniristici, per la gestione dello spazio, la figura minima… sembra quasi un quadro astratto da come è strutturato».
Un pittore che non fa sconti
«La cosa che mi piace di Goya è proprio il fatto che lui era rivoluzionario senza essere un politico, l’approccio che aveva nel racconto. Era un artista che raccontava, proprio così come a
me piace raccontare», dice Gabos, che conclude: «Ho trovato in questo senso tante affinità». Baudelaire diceva che Goya è stato il primo artista del grottesco. E chiavi del grottesco si trovano nelle opere con il manicomio, oppure in quella sorta di sabba, in quelle danze, quelle feste di piazza. «Ho disegnato con la lente d’ingrandimento per mettere in evidenza i volti delle persone», dice Gabos, «in questi volti affiora il grottesco nella vita dei disgraziati». Ma anche nei ritratti dei nobili: «Come pittore ufficiale ritraeva i dignitari di corte, però non fa mai sconti, non esegue ritratti edulcorati in cui c’è l’abbellimento: le persone sgradevoli rimangono tali per cui questa sua costante, anche di prendersi gioco dell’esistenza o cantare questa ballata della disgrazia, perché la
vita è fatta così, era diventata una sua costante».
Attraverso l’ironia, la denuncia sociale
Un libro di fumetti attrae soprattutto un pubblico giovane e il fatto che parli di un artista, del suo mondo ma anche di quello circostante, antico e attuale, è una chiave diversa e originale per conoscere un pittore così affascinante ma anche “utile” alla formazione di una coscienza civile.
Infatti Gabos si sofferma proprio su questo aspetto: «Posso dire che si intravvede nelle opere di Goya una morale e un’etica molto moderne, ma espresse sempre attraverso la lente dell’ironia. A margine delle incisioni, scriveva dei commenti che potevano essere criptici, ermetici ma tendenzialmente sempre ironici». L’arte del pittore spagnolo si presta anche a una lettura di denuncia sociale pur non volendo farlo in maniera ufficiale. Goya non può essere definito un artista di arte sociale, anche perché erano altri tempi. Però vederlo in questa prospettiva, di come ha trattato certi temi tipo gli orrori della guerra – un tema purtroppo di attualità – non prende le parti, non è nemmeno patriottico, non santifica questo o quello, ma denuncia l’orrore. Il massacro e la carneficina sono ovunque, da ogni parte. Gabos parla di Goya con passione: «La sua arte non diventa il Grand Guignol, in cui si prova piacere nel mostrare il sangue, ma mette in chiaro cos’è la guerra, quali sono gli orrori, quali le aberrazioni che comporta. Questa è una denuncia formidabile laddove a quel tempo la pittura celebrava le grandi vittorie, basti ricordare i dipinti napoleonici. Nel suo caso ci sono soltanto vinti e tragedie. E questa è un’assoluta rivoluzione. Per questo considero Goya un rivoluzionario, perché fino a quel momento non c’era stato nulla di simile. Il suo impegno politico, pur non essendo lui un politico di natura, era però evidente nella sua opera».
PEDAGOGIA E FASCINO DEL RACCONTO NELLA NARRATIVA PER RAGAZZI di Giuseppe Capozza
La seconda edizione del libro pubblicato nel 2017 da Angelo Nobile, docente di Letteratura per l’infanzia all’Università di Parma e direttore della rivista “Pagine Giovani”, conserva pressoché invariato l’impianto generale della prima, con approfondimenti tematici e maggiore spazio riservato ai cartoon, alle schede di libri per ragazzi recentemente editi e alla bibliografia aggiornata. L’orientamento pedagogico-didattico, cifra caratterizzante l’intero lavoro dell’autore, si arricchisce quindi di ulteriori ampliamenti disciplinari di ordine psico-sociologico, concernenti contenuti, linguaggio, apparato iconografico e grafica dei libri rivolti al pubblico infantile e adolescenziale. Costante l’attenzione alle esigenze e ai bisogni formativi dei giovani lettori, non sempre rispettati dal mondo editoriale (attento essenzialmente al ritorno commerciale) e tenuti in debito conto dalle figure educative di riferimento: genitori, insegnanti, bibliotecari, animatori.., non tutte adeguatamente informate o professionalmente formate.
La trattazione si apre con l’esposizione delle ragioni dell’approccio pedagogico al libro per ragazzi; la pedagogia alla quale l’autore fa riferimento non è quella normativa di stampo tradizionale, vicina alla filosofia dell’educazione, ma quella che, accogliendo gli apporti provenienti dalle scienze psicologiche (incluse le neuroscienze), si apre alla complessità degli eventi che caratterizzano lo sviluppo evolutivo dei bambini e dei ragazzi, con particolare attenzione sia ai condizionamenti negativi che alcune letture possono esercitare sulla loro personalità (violenza, aggressività, bullismo, eccessiva provocazione emotiva, pregiudizi razziali, stereotipi culturali e di genere...), sia a quelli più positivi, di cui si avverte la necessità di promozione (intercultura, prosocialità, corrette dinamiche relazionali, rispetto per l’altro, anche se "diverso"...). Il libro adatto ai minori appare all’autore quello che riesce a coniugare in maniera equilibrata arte letteraria (limpidezza di stile, proprietà di linguaggio, narrazione dialogata, limitate digressioni descrittive, finale aperto alla speranza) ed educazione ai valori umani e civili (amore, amicizia, accoglienza, solidarietà), anche attraverso l’attivazione dei processi di identificazione con i personaggi positivi
della vicenda, e che promuove al tempo stesso spirito critico e autonomia di giudizio. Di contro, l’autore raccomanda che i legittimi intenti educativi non soffochino la fantasia e non compromettano il fascino della narrazione, pena l’allontanamento del giovane dalla lettura.
Da segnalare il capitolo dedicato alla fiaba quale genere trasmigrante e alle sue recenti riscritture (in chiave femminista, umoristica, horror, come sbrigliato gioco della fantasia, ecc.), con approfondimento della relativa problematica sociopsico-pedagogica e didattica.
Anche le illustrazioni non possono prescindere dalla realtà psicologica, dalle esigenze formative e dai diritti dei loro interlocutori e destinatari, nei quali trova un limite la libertà creativa dell’artista. Sono tenute a rispondere a una pluralità di requisiti, puntualmente precisati, non essendo sufficiente l’elevato livello estetico che spesso possono vantare. Non sono rare le illustrazioni astratte, cupe, angoscianti, caotiche, fortemente stilizzate, simboliche, né quelle incongruenti rispetto al testo o che veicolano falsi storici e scientifici.
Per quel che attiene la veste grafica, particolarmente adatti ai piccoli lettori appaiono i libri cartonati, con font ordinati, leggibili e impaginazione non caotica, che non indulgano a un esasperato lettering e quindi a caratteri di stampa diversi per formato, colore, dimensione, direzione della scrittura.
La preoccupazione per la comprensione del testo, determinata dalla dissincronia di conoscenze tra autore e lettore, è più
volte richiamata, e sollecita l’accompagnamento dell’adulto durante la lettura. Questa esperienza condivisa diviene per l’adulto anche opportunità di conoscenza dei gusti, interessi, desideri, aspirazioni ed anche reazioni emotive che le letture suscitano nei più piccoli. Questa è una delle tante sollecitazioni che il volume suggerisce; il saggio, infatti, contiene numerosi approfondimenti utili alla conoscenza delle caratteristiche di un universo letterario non riducibile al mero piacere del testo, che in una scheda di sintesi quale è questa non possono essere tutti riassumibili, se non in elenco di citazioni: paure infantili di fonte narrativa, ruoli familiari, sessualità, censura, Salgari come esempio di classico dell’avventura, serialità editoriale legata a personaggi ricorrenti, recensioni critiche di libri per l’infanzia e l’adolescenza recentemente editi, analisi dei cartoon “Peppa Pig” e “Masha e Orso” (curata dal compianto Giuseppe Cristofaro).
Il saggio non ha la pretesa di illustrare compiutamente e tanto meno di risolvere tutte le problematiche legate alla produzione editoriale rivolta all’età evolutiva, ma si segnala per l’analisi chiara, coerente ed approfondita – resa con linguaggio rigoroso, eppure accessibile – delle questioni caratterizzanti la specificità della letteratura giovanile; chiunque (sia esso genitore, insegnante, studioso, scrittore, illustratore, editore) abbia a cuore la formazione dei bambini e dei ragazzi attraverso quel potente strumento che è la lettura, troverà in esso spunti di riflessione critica e un orientamento per la scelta e la valutazione delle tante proposte editoriali che invadono il mercato.
Angelo Nobile
NUOVA PEDAGOGIA
DELLA LETTERATURA GIOVANILE
Collana “Scholè”
Morcelliana, Brescia, 2023 pp. 336, € 26,00
Dalla mostra alle Scuderie del Quirinale
Calvino e i giovani
di Maria Milvia Morciano
Il 4 febbraio, alle Scuderie del Quirinale, si sono chiusi i battenti della mostra «Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte», ideata e realizzata per celebrare i cento anni dalla nascita (l’autore è nato il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas de La Habana, Cuba). Ne abbiamo parlato con uno dei maggiori studiosi dell’opera dello scrittore, che ha curato sia la mostra che il catalogo: il professor Mario Barenghi, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Milano-Bicocca. Ci si è chiesti come sia possibile organizzare sugli scrittori mostre solo documentarie e fotografiche, che espongano autentiche opere d’arte letteraria. Opere che abbiano non solo un rapporto diretto con l’autore ma anche con altre capaci di scoprirlo, quel rapporto. E ci si chiede anche se sia possibile che allestimenti simili riscuotano reale interesse, soprattutto in un pubblico molto giovane. Insomma, si tratta di riuscire a dare corpo a ciò che il lettore fino a quel momento aveva potuto solo immaginare e di materializzare in concreto un’idea. E non è facile.
Presenti in mostra le illustrazioni di grandi illustratori come Emanuele Luzzati. Con l’eccezione dei disegni irreperibili di Sergio Tofano.
Una mostra di successo
La mostra, per chi ha avuto la fortuna di visitarla, rimarrà a lungo nel cuore perché, oltre appagare desiderio di bellezza e di conoscere meglio uno scrittore molto amato, ha incantato sia gli adulti che hanno riscoperto la loro giovane età, sia i ragazzi che si sono sentiti compresi, presi sul serio. In ogni caso, la sensazione più forte, attraversando le sale, è quella di essere accompagnati da un amico invisibile, uno molto simpatico.
Calvino ha scritto per tutti e chiunque può intercettare nelle sue pagine l’alfabeto segreto che decifra la propria vita. Non è difficile riconoscersi in
una sua storia, in un personaggio, in un pensiero. L’ambizione della mostra era quella di rivolgersi sia a chi già conosce Calvino, e magari ne è un lettore appassionato, sia a chi non lo conosceva. «La speranza, naturalmente, è che chi conosce Calvino abbia scoperto qualcosa di nuovo, essendo la sua opera molto variegata e molto ricca, e che gli ospiti abbiano tratto da questa visita lo stimolo a leggere Calvino che ovviamente è l’obiettivo ultimo di qualunque mostra dedicata a uno scrittore», dice Barenghi.
Una duplicità che parte dal significato stesso dell’aggettivo “favoloso” nel titolo della mostra. «Favoloso nel senso
di straordinario, con riferimento al successo che lo scrittore ha riscosso su generazioni di lettori, ma anche nel senso di ‘favolista’, autore di testi fantastici e di fiabe in senso stretto. Calvino è un autore molto vario, sperimenta vari tipi di narrativa e lavora contemporaneamente a più opere, offrendo diverse possibilità di approccio. Questa è anche una delle ragioni della sua fortuna», aggiunge il curatore della mostra.
Un altro obiettivo è stato riuscire a mostrare il suo immaginario visuale, che riveste sicuramente un ruolo molto importante. Lui stesso, infatti, ha dichiarato che all’origine di ogni sua invenzione c’è un’immagine. Questa relazione così stretta tra parola e immagine alla fine si traduce anche nei simboli fisici visibili come l’albero, la foresta, la città.
Un labirinto e il suo doppio di specchi
L’allestimento segue l’ordine cronologico, ovvero la vita stessa di Calvino e all’interno di questa si innestano le diverse aree tematiche e le sue opere, una parte importante delle quali dedicata ai ragazzi, perché Calvino teneva moltissimo ad avere un rapporto con il pubblico più giovane. Apre la
mostra il grande albero di legno e cartone, opera di Eva Jospin, che sicuramente ricorda Il Barone rampante Una sezione è interamente dedicata alle Cosmicomiche che è anche un dialogo con il mondo delle scienze, con immagini fornite dalla ricerca scientifica astronomica. Ci sono autografi, copertine, molte fotografie, ritratti. Soprattutto, ci sono opere d’arte antiche e moderne e perfino un’armatura intera, che da lontano sembra enorme, di acciaio scintillante, della metà del XV secolo, appartenuta a Federico I il Vittorioso, che naturalmente incarna Il Cavaliere inesistente. E ancora un manoscritto miniato datato tra il XIV e il XV secolo per evocare viaggi e fiabe di Calvino a partire dagli anni Cinquanta. Un grande arazzo di manifattura franco-fiamminga detto “millefiori”, perché tessuto fittamente di fiori e animaletti, del 1530-1535. Infine impossibile dimenticare quella che è anche l’immagine della locandina della mostra, il dipinto a olio di Vittore Carpaccio, “San Giorgio che uccide il drago” del 1516, proveniente
dall’Abbazia di San Giorgio Maggiore a Venezia.
Opere moderne, spesso anche ironiche, allegre, come Il gioco degli scacchi di Enrico Baj del 1988, o i ritratti di Tullio Pericoli, ma anche le caricature che si disegnava Calvino stesso. Poi ancora due nuove, una di Emilio Isgrò e una di Giulio Paolini e molte altre che secondo il professor Barenghi hanno potuto evocare aspetti dell’universo calviniano.
Un itinerario attraverso il mondo calviniano costruito come un labirinto pieno di specchi, dove è stato possibile anche ricostruire i rapporti con le case editrici, Einaudi e Franco Maria Ricci.
Le edizioni illustrate e l’assenza dei disegni di Sergio Tofano
In mostra c’erano l’edizione commentata del Barone rampante e le opere illustrate: sia le Fiabe italiane, sia Il Visconte dimezzato con molti degli inconfondibili disegni di Emanuele Luzzati. Infine è stato possibile sco-
prire un aspetto meno conosciuto, il progetto di fiabe teatrali che Calvino concepì insieme a Toti Scialoja per il secondo canale della TV dei ragazzi; il progetto non fu mai realizzato, ma costituisce una prova ulteriore dell’interesse per i lettori più giovani.
Una sorpresa, le novelle di Marcovaldo, che tra l’altro per molti anni è stato il libro più venduto dell’intero catalogo Einaudi, sono state scritte a partire dai primi anni Cinquanta, pubblicate a puntate con i disegni di Sergio di Tofano in parte su “l’Unità” e in parte sul “Corriere dei Piccoli” e infine in volume. Ebbene i disegni di Tofano in mostra non c’erano. A margine, il professore parla di questo qualcosa che in mostra non c’era: «Calvino dedica parole importanti alla sua collaborazione con Sergio Tofano. Il fatto che il Marcovaldo esca con i disegni, con le sue illustrazioni, è considerata dallo scrittore quasi come un diploma di nobiltà. In mostra purtroppo i disegni e le tavole di Sergio Tofano non ci sono perché in realtà non sappiamo dove siano. Non siamo riusciti a capire se esistono ancora, chi ne ha ancora, forse le aveva Giulio Einaudi… Insomma è stata una ricerca infruttuosa».
L’emozione delle prime letture
Le letture giovanili sono state un modello di Calvino per tutta la vita. «L’emozione della lettura di Stevenson o di Kipling, quando era ragazzo, si può sempre percepire nei suoi racconti. Ad esempio in Se una notte d’inverno un viaggiatore il protagonista è un funzionario editoriale, quindi è un lettore di professione che rimpiange però una specie di paradiso perduto, l’epoca in cui da ragazzo andava a leggere i romanzi che gli piacevano – ovviamente leggeva per piacere e non per dovere – e si attardava chiudendosi dentro il pollaio», racconta il professor Barenghi che prosegue ricordando come la scoperta della lettura sia un orizzonte sempre presente in Calvino.
CPER CALVINO
LA FIABA DI ITALO
di Giuseppe Fiori
’era una volta un antico Paese, con il mare azzurro tutt’intorno e al suo interno montagne innevate, ma anche miniere e vulcani, e fabbriche con lunghe ciminiere; un Paese con contadini e operai, impiegati e marinai, che per venti lunghi anni era stato sotto il tallone di un dittatore calvo e sanguinario.
Lui aveva costretto grandi e bambini a vestirsi di nero, il sopruso aveva preso il posto della giustizia e la povertà quello dell’istruzione e del lavoro; così aveva mandato in guerra l’intero popolo per nascondere il fatto che il vero nemico era proprio lui. Ma alla fine in molti lo capirono, compresi i soldati che aveva mandato alla guerra, e nell’antico Paese tornarono colori sgargianti.
Un bambino di nome Italo (si chiamava quasi come il suo Paese) vedeva tutto questo, e molte altre cose che gli altri non vedevano del tutto, perché Italo aveva uno sguardo prismatico! Già, un prisma con le facce di diversi colori che sapeva illuminare la realtà, anche quando era scura e deprimente.
Come tutti i bambini, Italo amava le fiabe, quelle del suo Paese in particolare, tanto che da grande… Ma questo lo racconterò tra poco.
Come tanti di noi, quel bambino s’imbatté in un burattino, anzi meglio, in un libro chiamato Pinocchio: «Il primo libro – ebbe a dire da grande – che tutti incontrano dopo l’abecedario, o prima».
In occasione del centenario di Pinocchio – scusate il salto temporale –Calvino scrisse sul quotidiano “La Repubblica” del 19 aprile 1981: «Il segreto di questo libro, in cui sembra che nulla sia calcolato, che la trama sia decisa volta per volta a ogni puntata di quel settimanale (il “Giornale per i bambini”) – con varie interruzioni, una
volta come se fosse finita con la morte del burattino impiccato; ma come era possibile fermarsi lì? – sta nella necessità interna del suo ritmo, della sua sintassi d’immagini e metamorfosi, che fa sì che un episodio deva seguire all’altro in una concatenazione propulsiva».
Italo Calvino deve aver avvertito molto presto quella felicità naturale che la scrittura sa riservare, con la scoperta dell’istinto, proprio di Collodi, «di non lasciar cadere mai una frase che sia grigia o senza concretezza o senza
guizzo». Il guizzo dell’immaginazione che incanterà presto i suoi lettori giovani e adulti, non più vestiti di nero e non più in guerra, e finalmente interessati non soltanto a una realtà contingente ma anche a ciò che potrebbe altrimenti accadere.
Perché se l’immaginazione è pienamente parte della realtà, ed è forte e vitale la contiguità che tra loro si stabilisce, allora il suo potere può cambiare il mondo, ampliando dovunque gli spazi di libertà e contrastando ingiustizie e disuguaglianze di ogni
stampo. Il mondo immaginato è spesso diviso dal mondo reale da una sottile membrana che di fatto non li separa ed è in questa linea di non confine che opera tutta la forza dell’immaginazione. Lo dimostrano anche le leggende e le tradizioni popolari che si nutrono spesso più di elementi immaginari che di elementi reali (anche se le stesse tradizioni e leggende vengono poi richiamate per irrobustire gli elementi identitari – che dovrebbero essere i più realistici – di una popolazione).
Ecco allora che le fiabe diventano un terreno anche per altre scritture, più fantastiche o fantascientifiche o più realistiche, un terreno su cui lo scrittore tornerà periodicamente; come nei primi anni Cinquanta (quando appunto era già un grande), e l’editore Einaudi lo incarica di costruire una raccolta e una trascrizione delle Fiabe italiane sul modello dei fratelli Grimm, le cui trascrizioni hanno conservato un linguaggio semplice e fantasioso, adatto al lettore infantile.
Calvino aveva da poco pubblicato Il visconte dimezzato e nella storia del visconte Medardo di Terralba prevaleva il tono fiabesco e la vena fantastica, ma soprattutto è lo scrittore italiano per cui la fiaba è una faccenda molto seria, che non può essere ristretta a una sola stagione della vita. Come spiegò nelle Lezioni americane, il suo interesse per la fiaba non nasceva da una fedeltà a una tradizione etnica o dalla nostalgia per l’infanzia e per le sue letture, ma piuttosto da «un interesse stilistico e strutturale, per l’economia, il ritmo, la logica essenziale con cui sono raccontate».
E poi le fiabe sono di natura migratoria, viaggiano in un tempo e in uno spazio che la formula «C’era una volta» sembra voler di continuo ricordare; le trame, i personaggi, le immagini e le tracce delle fiabe vivono di un nomadismo perenne sui sentieri della realtà immaginata, dove rimangono appena visibili le impronte di che le racconta.
Quel viaggio sulle fiabe di tutto un Paese, dalle montagne innevate al mare che sembra cingerlo d’assedio, restituisce a Italo Calvino una verità che probabilmente aveva intuito già da bambino con il suo sguardo prismatico: una verità che esprime in via
definitiva nell’Introduzione alle Fiabe italiane
«Ora che il libro è finito, posso dire che non è stata un’allucinazione, una sorta di malattia professionale. È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quell’unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento rumino delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che è appunto il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare poi un adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano. E in questo sommario disegno, tutto: la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma la loro parità
sostanziale; la persecuzione dell’innocente e il suo riscatto come termini d’una dialettica interna a ogni vita; l’amore incontrato prima di conoscerlo e poi subito sofferto come bene perduto; la comune sorte di soggiacere a incantesimi, cioè d’essere determinato da forze complesse e sconosciute, e lo sforzo per liberarsi e autodeterminarsi inteso come un dovere elementare, insieme a quello di liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il liberarsi liberando; la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari che portano alla salvezza e al trionfo; la bellezza come segno di grazia, ma che può essere nascosta sotto spoglie d’umile bruttezza come un corpo di rana; e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante cose, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste».
Questo scriveva quel bambino di nome Italo nato cent’anni fa nel Paese che ha il suo nome.
O quasi.
Storie per riconnettersi con ciò che è vivo
La casa editrice in primo piano/Storiedichi di Giuseppe Assandri
Nel gennaio 2023, da un’idea di Silvia Zanardi, è nata Storiedichi Edizioni, naturale evoluzione di Storiedichi.com, il magazine digitale che da dieci anni pubblica storie di armonia fra uomo, ambiente e mestieri tradizionali, invitando a riflettere su se stessi e sulla meraviglia della natura1.
È
sorprendente la strada compiuta in un tempo così breve da questo nuovo marchio editoriale che propone «piccoli viaggi per scoprire la bellezza silenziosa tra cielo e terra». Silvia Zanardi ha una solida professionalità alla spalle: giornalista professionista e responsabile di un’agenzia di comunicazione, per un anno ha studiato il mondo della letteratura per bambini, con una particolare attenzione agli albi illustrati, prima di decidere di aprire una casa editrice. Al termine della bella mattinata trascorsa insieme a Mestre, Silvia mi regala un libro che mi incuriosisce molto, scritto a quattro mani con Anna Sandri, L’appuntamento. Venezia 19 marzo 1914 (Linea Edizioni, 2022), che racconta una storia vera. Nel viaggio di ritorno a casa lo leggerò avidamente e mi emozionerò al rac-
1 Un classico è Le stagioni dell’animaso. Storie di montagna attorno a un tavolo di larice (€ 16,00, da 14 anni), con testi raccolti da Germana Cabrelle e illustrati da Maria Chiara Bianchini, un diario di pensieri e di ricordi d’infanzia di una donna nata e cresciuta ai piedi delle Dolomiti, Gianna Tavernaro, che apre la porta della sua casa accogliendo ospiti da tutta Italia (il maso «El camin che fuma»).
conto di una tragedia lontana nel tempo, ma che somiglia ad altre ben più vicine a noi. Silvia racconta come è nata l’idea, un po’ temeraria, di fondare una casa editrice e del logo scelto per presentarsi: un albero stellato. L’albero rappresenta il presente, le radici e la stella i sogni, l’immaginazione i sentieri luminosi che abbiamo dentro. Parliamo dei primi titoli pubblicati (La bussola degli elfi, Passo dopo passo) e di quelli in preparazione: Filastrocche selvatiche (che abbiano recensito sul “Pepeverde” n. 20) e Buon volo. Ape regina di Monica Colli e Alessandro Volo, con illustrazioni di Maria Cristina Bet (€ 15,00, dai 6 anni) che mi sembra emblematico del tipo di storie che Storiedichi Edizioni intende proporre in un mercato editoriale che insegue e brucia rapidamente novità, spesso effimere e legate a mode mainstream. L’albo tocca con grande delicatezza il tema della morte, ma non è il solito libro sul lutto perché la morte dell’ape regina – a cui l’apicoltore Gianni dedica un pensiero colmo di gratitudine, augurandole “buon volo” per il suo ultimo viaggio – è intesa come parte della vita, come
un passaggio che apre a un cambiamento, sia per chi va sia per chi resta. Le illustrazioni (realizzate a mano con tecnica mista acquerello e pastelli) sono tenui e ariose e trasmettono un messaggio di luce e leggerezza, raccontando il senso e la forza di una comunità capace di dare sostegno anche nei momenti più difficili. L’albo può essere letto a casa, in famiglia e può diventare anche uno strumento didattico per affrontare con delicatezza e onestà il tema della morte, a partire dalle domande che i bambini pongono già alla scuola dell’infanzia e all’inizio della scuola primaria. Questo libro (che completa una trilogia di albi sul mondo delle api) nasce da un’accurata progettazione ed è stampato su carta ecologica FSC. Il libro è realizzato in collaborazione con l’associazione ProXXIma APS di Milano che opera per diffondere la conoscenza delle api, rivolgendosi in particolare ai bambini. Mi viene e spontaneo osservare della analogie con la spiritualità buddista: «sarebbe piaciuto al maestro zen Thich Nhat Hanh» dico a Silvia, raccontandole del mio recente viaggio in Vietnam, sulle orme del grande maestro da poco scomparso, che ha saputo proporre agli occidentali modi concreti di vivere con gioia il momento presente e una grande vicinanza alla Madre Terra.
A fine anno è uscito un libro davvero speciale, il primo libro per adulti realizzato da Bimba Landmann come au-
trice e illustratrice (Piccoli pensieri blu, € 18,00, dai 14 anni e per tutti). Si tratta di 32 pensieri, accompagnati da disegni realizzati con diverse sfumature di blu. Il libro si articola in otto capitoli, proponendo un possibile percorso per esplorare diversi momenti e situazioni di vita: il sogno e le ambizioni, il desiderio di mettere radici e tagliare legami, ricordi, la voglia di sentirsi leggeri e liberi di volare, con una tavola piena di rondini e la scritta «chi potrà mai conoscere le nostre intime migrazioni?». Le parole scelte aiutano i lettori a immaginare e a pescare nei propri ricordi e sensazioni: «Fuori da ogni notte mi attende il canto di primavera»; «Abbiamo tutti salvezze inaspettate». I disegni sono nati in un momento difficile e delicato per l’autrice, che in quel periodo non riusciva più a disegnare, ma con la creatività è riuscita a superarlo, regalandoci disegni e parole dense, e di grande suggestione. «Notte dopo notte si torna da dove si è venuti», guardando il cielo stellato e la linea immaginaria che unisce le costellazioni. Ciascuno di noi può provare a immaginare di cosa è fatta una giornata qualunque: pensieri, scadenze, carta, musica, sentimenti, immagini…. Ogni giorno è diverso, unico ed è meraviglioso scoprirlo. Blu è il colore simbolo di Bimba Landmann: è il colore del cielo e del mare che lo riflette, il colore dell’incontro tra cielo e terra, tra immaginazione e storia. Il libro si presta allo sviluppo di laboratori artistici per esprimere la propria creatività o per ritrovare se stessi, in situazioni diverse, dai gruppi di lettura con i ragazzi sino alla libroterapia.
Per ora Silvia fa quasi tutto da sola, con il supporto di chi cura la parte grafica, ed è molto attiva sui social (Facebook e Instagram). Il 2024 sarà un anno molto impegnativo, con l’apertura di una sede con una vetrina sulla strada accanto a un negozio storico di caramelle. Uno spazio aperto al pubblico in cui sfogliare e acquistare i libri, fare incontri e laboratori. Tra le prime uscite di un anno denso di novità segnaliamo Siamo cellule e..ci
piace la pace! di Leonardo Maria Frattini, illustrato da Maria Chiara Banchini (pp. 32, €14,50, da 4 anni): Cellule è una canzone per la pace che Frattini ha scritto per il Corodoro, un coro di 60 bambini della Bassa Veronese che fa parte della Galassia dell’Antoniano. L’albo illustrato può essere sfogliato e grazie al QR code all’inizio del libro si può cantare la canzone, composta nel 2022 all’inizio del terribile conflitto tra Russia e Ucraina, ancora in corso. Il messaggio è semplice e potente: siamo tutti fatti di cellule e solo grazie alla loro connessione e continua interazione possiamo esistere. Tra i nuovi albi in uscita c’è Il frutto squisito di Alberto Benevelli e Loretta Serofilli (pp. 36, €16,20, da 3 anni), che ha per protagonista Gioia, una scimmietta che vive felicemente in una foresta. Un giorno Gioia scorge un magnifico frutto e comincia ad arrampicarsi sull’albero per coglierlo e mangiarlo. Ma ecco che prima un cobra, poi una tigre, un elefante e altri animali le danno dei consigli su cosa deve fare per raggiungerlo. Gioia dà loro retta procurandosi le cose più disparate (scarponi, corde, medicine, uno spazzolino da denti, persino un televisore…), troppe cose, che in realtà non servono e che anzi le impediscono di cogliere in tempo il frutto squisito, ormai caduto marcio ai suoi piedi. Il prossimo frutto, Gioia se lo conquisterà da sola, contando sulle proprie forze. Liberarsi delle cose che non sono veramente utili può regalare un senso di grande leggerezza e benessere. E ciò non vale certo solo per i bambini, ma per tutti, in un mondo in cui sono gli influencer a dettar legge su quel che si deve acquistare e consumare!
Alla Fiera di Bologna 2024, la prima per Storiedichi Edizioni, sarà presentato un albo di grande rilievo, scritto dall’autrice e illustratrice inglese Cathy Eliot, Biofilia, (Traduzione di Sara Marconi, pp. 54, € 20,00, da 8 anni), il cui prototipo è stato scovato dall’editore proprio alla Fiera di Bologna del 2023 nello stand della Cambridge School of Arts. La parola “biofilia” (che significa letteralmente “amore per la vita”) suggerisce un modo assai efficace e immediato per esprimere il legame tra uomo e natura. Cathy Eliot ha scelto (accompagnandole con disegni coloratissimi, realizzate a mano con tecnica mista acquerello-pastelli) 14 parole dal mondo che invitano a entrare in relazione con tutto ciò che è vivo. Parole intraducibili se non nella lingua nativa in cui sono parlate. Ad esempio, «shinrin-yoku», l’espressione giapponese che significa “bagno nel bosco”, la parola nederlandese «uitwaanen» (“correre nel vento che rinvigorisce”) o la parola italiana «meriggiare» che richiama suggestioni di Montale. Immagini e parole seguono il ritmo delle stagioni e invitano a esplorare la natura e coglierne la meraviglia. Il libro, fruibile in diverse situazioni, nella lettura dialogica o in gruppo, può essere utilizzato anche come base per laboratori di arte terapia. Seguiremo dunque con curiosità il percorso di Storiedichi Edizioni, dopo un inizio così promettente, confidando che saprà crescere senza tradire il progetto iniziale, dando valore al tempo, alla cura dei dettagli, alla qualità delle storie, osservando la natura e i modi in cui gli esseri umani possono rapportarsi a tutto ciò che è vivo, coltivando gesti e azioni salutari e accoglienti.
Marino Cassini, ritorno a Isolabona
Quando i bambini cercavano l’Orco
Il leggendario bibliotecario della De Amicis di Genova e fondatore del collegato Centro Studi Letteratura Giovanile e della rivista “LG Argomenti”, scomparso lo scorso dicembre all’età di 92 anni, fa tornare in mente i versi di Vincenzo Cardarelli: «È la Liguria terra leggiadra./ Il sasso ardente, l’argilla polita,/ s’avvi- vano di pampini al sole./ È gigante l’ulivo…». E tale lo ricorda chi scrive: «Alto, grande, grosso, la barba bianca corona le phisique du rôle di Marino Cassini, bibliotecario del tutto particolare, come deve essere un bibliotecario per ragazzi che si rispetti. La sua immagine è quella di un Orco dal quale però i bambini amano lasciarsi rapire per correre dietro il desiderio, il sogno, il piacere della lettura. Alla funzione predatrice che svolgono i libri della biblioteca a cui l’Orco accudisce, ne corrisponde una speculare e non meno voluttuosa esercitata dai racconti e dalle storie che Cassini scrive»1.
Nato nell’entroterra a Isolabona (Ventimiglia) Cassini ha abitato a lungo sul mare, a Genova e poi ad Albissola (Savona), mantenendo sempre il segno della ligusticità, carattere aspro e deciso, tenace e sostanziale che caratterizzerebbe la gente di Liguria. Al suo vero paese dell’anima, Isolabona, in val Nervia, dove conservava casa, però Cassini tornava sovente e poi ha abitato ancora, perché là era nato e cresciuto, diventato uomo da ragazzo. È importante sottolineare questa connotazione non tanto anagrafica quanto geo-antropologica, e lo si vedrà meglio parlando dello scrittore. Il quale dispiega tutta un’ampia gamma fabulatoria di generi letterari che la fantasia creativa dell’autore sa suonare come una tastiera musicale, dagli “alti” ai “bassi”: romanzo storico e/o sociale, di guerra, fantascientifico,
poliziesco, misterico-orrorifico, autobiografico, umoristico, libro-gioco, favola, che spesso, però, si incontrano, sovrappongono, ibridano.
Al tempo stesso vi sono cinque temi o motivi che attraversano e segnano i generi: etico-civile, multiculturale, memoriale, geo-culturale, umoristico. Questi generi, filoni che si possono definire «costanti narrative», sono a loro volta unificati sotto il cielo dell’avventura, che sappiamo essere fin dalle origini il vero motore della letteratura per ragazzi e di cui Cassini, accanto a Mino Milani, è stato uno dei più autentici interpreti
Fantascienza e gialli
Proprio a proposito della non comune abilità che possiede questo «apprezzato e vivace autore» di unire
vicende legate all’ultima guerra e la dimensione dell’avventura con il sigillo del giudizio etico-civile, Pino Boero e Carmine De Luca segnalano la capacità dei suoi personaggi di «umanizzare la storia arida dei manuali, [di] rendere vivi gli ideali astratti raccontati dai libri, [di] dar segno tangibile che è l’uomo con i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue viltà, la sua intelligenza, le sue autonome scelte a costruire la storia»2. E, a proposito di «avventure nella storia», Angelo Nobile sottolinea che l’autore «sa ricreare con ricca invenzione, non disgiunta da scrupolosa documentazione, magiche atmosfere storiche, ricche di fascino e di mistero»3. Insomma, come scrive Teresa Buongiorno, si tratta di un «narratore […] di robusto spessore […] Una storia del libro per ragazzi del secondo Novecento italiano non può dimenticare la sua presenza, ferma e discreta, punto di riferimento per tutti, attento sempre ai temi dei diritti della persona e dell’integrazione razziale»4
Ripercorrendo in breve l’elenco delle sue opere si vede che l’avvio della carriera di scrittore avviene sulla spinta di uno dei suoi più grandi amori di lettore, la fantascienza. Il primo libro, Da un metro a tre centimetri (1964) è chiaramente ispirato a Tre millimetri al giorno di Ralph Matheson, maestro indiscusso del fantastico, dalla fantascienza all’horror. Resta il rammarico che Cassini non abbia voluto proseguire lungo il sentiero intrapreso con
i racconti di Oltre il confine (1996), malgrado i riconoscimenti ottenuti, quando agli occhi dei lettori più attenti si rivelò un autore capace di collocarsi all’incrocio tra un Dickens e un King della Riviera di Ponente. Ai temi classici della fantascienza Cassini tornerà una ventina d’anni dopo con L’ultima Arca (1982) e Gli ultimi sopravvissuti (1984), ma con una sensibilità che va oltre l’elemento puramente avventuroso-avveniristico. Dopo l’esordio lo scrittore si inoltra nei territori della Storia. In quella antica, come in Il tesoro del medico di Toledo (1969), Lo schiavo del Faraone (1970), La grande Olimpiade (1971), che addirittura anticipa il tema odierno delle società multietniche, con l’Arconte ateniese che adotta come figlio un giovane pastore africano, che così potrà correre e vincere i giochi olimpici. Ma anche nel filone moderno legato a vicende di guerra: Operazione Overlord (1969), sullo sbarco degli Alleati in Normandia; Torpedini umane (1971); D20. La lunga battaglia dell’acqua pesante (1972), sulla coraggiosa azione dei partigiani norvegesi che impedirono a Hitler la costruzione della prima bomba atomica; Zurigo. Operazione cassaforte (1978); Tempo d’odio e tempo d’amore (1984), che segue i percorsi paralleli di un seminarista che si fa partigiano e di un soldato tedesco che scopre la follia della guerra e del nazismo.
Esattezza e credibilità della ricostru-
zione di epoche storiche e di ambienti geografici offrono lo scenario naturale e il segno caratterizzante di una apprezzabile capacità di intrecciare, senza confusione né ambiguità, rigore storico e fantasia creativa. Soprattutto quando il vissuto d’infanzia entra nel tessuto narrativo ancora più prepotentemente e profondamente: come ne I ricordi di Cirò, romanzo autobiografico che fa centro sulla memoria personale, ma intrecciata con quella storica, dall’infanzia all’adolescenza di un giovane del ponente ligure, nel tempo della seconda guerra mondiale. Il tutto visto, però, attraverso un filtro particolare, gli occhi di una capretta, creatura amata dal nostro Marino con un amore che l’essere vivente non umano ricambia con pari trasporto. Sono gli anni di un bambino attento e curioso che porta la ca-
pretta al pascolo, poi quelli terribili della guerra e della partenza dell’adolescente per studiare ad Alessandria. Che un giorno torna a casa e Cirò non c’è più: rimane il ricordo di una delle cose più belle della fanciullezza, e a noi lettori la testimonianza di una singolare recherche tra biografia e poesia. Dopo Cirò è tempo di un altro grande amore, il genere poliziesco, del resto già toccato con Processo sotto l’Olimpo (1995), dove alla sbarra c’è Paride. Ora, però, è anche tempo di andare oltre le suggestioni della mitologia, con la trilogia di romanzi polizieschi di collocazione moderna, ancorché legati, pure essi, a memorie di letture, di ambienti e situazioni, di vita vissuta dell’autore: Anonima furti, Sinfonia in giallo e Vacanze movimentate (tutti 2003). In proposito, si può notare la presenza di tre elementi che connettono tra loro questi libri. Innanzitutto, l’esplicito riferimento ai classici del genere, agli autori e ai loro ormai leggendari detective: da Sherlock Holmes di Conan Doyle a Poirot e Miss Marple di Agatha Christie, senza dimenticare gli antenati più illustri, a partire da Dupin di Poe. Il secondo elemento è rappresentato dall’ambientazione nel ponente ligure, tra Isolabona, dove trascorrono un’estate di avventurose indagini i 13-14enni protagonisti di Vacanze movimentate, e la Costa Azzurra, terra di banchieri, industriali, fabbricanti d’armi, miliardari, malavitosi in colletti bianchi, turisti di un giorno in Anonima furti. In
terzo luogo, Cassini connette, riprende e ammoderna il filone più classico del giallo per ragazzi, quello che va da Tom Sawyer detective di Twain a Emilio di Kästner e a La teleferica misteriosa di Pessina, utilizzandone gli ingredienti più tipici: i ragazzi in gamba, l’avventura e il mistero, la banda che indaga per riparare le ingiustizia dei grandi verso i piccoli, con una critica più o meno aperta dei vizi della società adulta, ma anche un pizzico di umorismo sdrammatizzante. Spesso in un set di paesi, carruggi, piazzette, finestre e balconi con vasi che profumano di gerani e basilico.
Islabonita e Itaca
Non è illogico collegare la propensione per il giallo con il gusto sempre coltivato con grande maestria per il gioco enigmistico – che spesso serve a risolvere i casi indagati – sia in forma narrativa, come ne I racconti del gufo (1988), uno dei primi librogame scritti da italiani, sia in forma manualistica, come in Giocare
con Edipo (2002), sia in forma più ibrida, come in Edo. Sfida alla “De Amicis” (2010), dove la passione enigmistica si sposa felicemente all’amore mai tradito per la biblioteca e la bibliofilia, come già nel racconto I libri sbiaditi (1993). Né va scordato il frequente zampillare di una fresca vena di umorismo vivace e rassicurante, come ad esempio in Risate lunghe. Racconti umoristici (2004), in cui Cassini “allunga” quattro barzellette, e nel recente Barzerime (2022), che dà loro forma di versi in rima, filastrocche e giochi. Dopo Cirò, che resta il libro definitivo della giovinezza e della memoria, Cassini ha scritto quasi esclusivamente libri gialli e di enigmistica, con la filatelia altra sua grande passione. Morta Cirò, è ritornato con la scrittura a Isolabona, che ha assunto i mitici eppur così realistici contorni dell’isola non trovata di Gozzano, della Islabonita di Nico Orengo nel Salto dell’acciuga, per ritrovarvi la sua Itaca, dove pure Argo è morto. È tornato nell’isola-rifugio che consente solo brevi viaggi nel mar giallo
del gioco poliziesco ed enigmistico, là dove l’odore del mare risale fino ai paesini delle Alpi Marittime mescolandosi ai profumi del basilico e delle altre piante ed erbe che danno i gusti ai piatti di ravioli di magro, di coniglio con le olive e di capra e fagioli. In fondo, restiamo sempre quelli che siamo nati e dove sempre torniamo, come scrive Costantinos Kavafis: «Itaca t’ha donato il bel viaggio./ Senza di lei non ti mettevi in via./ Nulla ha da darti più./ E se la ritrovi povera, non t’ha illuso./ Reduce così saggio, così esperto,/ avrai capito che vuol dire un’Itaca.»
Note
1 La sua Itaca si chiama Isolabona, “LG Argomenti”, 1, 2011, p. 16 (articolo del quale il presente è rielaborazione e aggiornamento).
2 P, Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, Roma/Bari, Laterza, 1995, p. 357.
3 A. Nobile, Letteratura giovanile, Brescia, La Scuola, 1990, p. 203.
4 T. Buongiorno, Dizionario della Letteratura per Ragazzi, Milano, Fabbri, 2001, p. 100.
UNA DENSA BIBLIOGRAFIA
SULLA PRODUZIONE LIBRARIA PER I GIOVANI di Giuseppe Assandri
Il libro Guida tascabile per maniaci dei libriperragazzi (Edizioni Clichy, Firenze, 2023, pp. 612, € 19,00), realizzata dal collettivo fiorentino The Book Fools Bunch con Carla Ghisalberti (curatrice della scelta dei titoli contenuti), è una guida all’esplorazione di oltre un secolo di produzione libraria destinata ai giovani lettori. Nell’introduzione Ghisalberti spiega così il senso della parola maniaci: «L’aggettivo maniaco, da intendersi nel senso meno clinico possibile, ci sta. Il maniaco di libri per ragazzi riesce a coglierne i valori, da quelli estetici a quelli di senso, apprezza le novità di cui sono portatori e anche una certa eternità che li attraversa».
La densa bibliografia è organizzata in modo interessante, peccato solo l’assenza di illustrazioni, si sentirebbe il desiderio di vedere le copertine, quanto meno quelle degli albi illustrati. I classici sono elencati per periodo: quelli più antichi, quelli più attuali e quelli che forse saranno
i classici di domani. La sezione “Gli imperdibili” invece è suddivisa per fasce di età, così come in parte anche “I 101 libri necessari per crescere”, con schede descrittive.
Molto utile l’organizzazione delle sezioni “Il Cosa”, “Il Come” e “Le Questioni”. La prima sezione è suddivisa in base al contenuto dei libri: favole, miti e fiabe, racconti, serie, poesia, diari e lettere, divulgazione, fumetti. La seconda, “Il Come”, suddivide i libri in base alla forma che possono assumere: per esempio albi illustrati, libri senza parole, brulicanti, fotografici, accessibili. La terza, “Le Questioni”, propone libri che permettano di affrontare questioni importanti trattandone punti di vista diversi e opposti, si hanno così per esempio Nascere e morire, Coraggio e paura, Qui o altrove, Guerra e pace. Non mancano una sezione dedicata agli autori, divisi in scrittori (Penne), illustratori (Matite), e autori completi (Penne & Matite), e un’ultima parte dedicata alle case editrici, che rispondono ad alcune domande della curatrice presentando il loro lavoro.
Qualche regola per tutelare i bambini dalla dipendenza da smartphone
di Giuseppe Assandri
Abbiamo letto sui giornali o sentito raccontare con il passa parola che i bambini alla classica domanda «Cosa vuoi fare da grande?», non rispondono più «il calciatore» o «la cantante» ma rispondono con la naturalezza di chi ha le idee chiare: «Voglio fare l’influencer!». Il recente tormentone che ha riempito le pagine dei giornali e i notiziari televisivi sulla campagna pubblicitaria di un famoso pandoro col volto sorridente di Chiara Ferragni, celeberrima imprenditrice e blogger italiana, e delle sue poco trasparenti donazioni in beneficienza hanno focalizzato l’attenzione su un ruolo e su una “professione” che sino a pochi anni fa non esisteva neppure.
Cosa c’entrano gli influencer con la scuola?
Sembra difficile ignorare semplicemente il fenomeno non solo per il giro d’affare miliardario che lo accompagna, ma per l’incredibile seguito che alcuni personaggi pubblici che svolgono il ruolo di “testimonial” per determinati prodotti commerciali hanno sulle giovani generazioni e sui ragazzi. Anzi addirittura sui bambini della scuola primaria.
Tra gli interventi che sono apparsi sui media, ricordiamo l’articolo (“La Stampa”, 15 gennaio) della scrittrice (ed ex docente liceale) Paola Mastrocola, nota anche per le sue opinioni polemiche, non di rado sostenitrice della «scuola di una volta». Il titolo anticipa la tesi, variamente argomentata: «Sogno il tramonto degli influencer prima di trasformarci in topi» (il riferimento è alla fiaba del pifferaio di Hamelin che porta tutti alla rovina) descrivendo un fenomeno – che ha dietro enormi interessi economici e meccanismi di controllo sociale e di fabbrica del consenso – votato a trasformarci più di quanto già siamo in «consumatori». Tutto ruota intorno alla categoria dei “follower”, cioè dei “seguaci”. E il numero dei “follower! è il criterio per misurare il successo e il valore commerciale e monetario di un influencer, che non non si limita a farsi riprendere accanto a un determinato “prodotto” (anche “Carosello”, cinquant’anni fa
lo faceva!) ma diffonde modelli di vita e di comportamento. I testimonial (la coppia Fedez-Ferragni è solo un esempio) condivide con i propri follower momenti di vita quotidiana e familiare (compresi i figli e le malattie). Tutto ciò chiama in causa il ruolo crescente e fuori controllo dei social media, a cui sono esposti bambini in età sempre più precoce. L’abitudine di regalare un tablet a bambini della scuola dell’infanzia o uno smartphone per la prima comunione è qualcosa che può far accapponare la pelle a molti di noi, ma che per tante persone è considerando normale, anzi trendly. La scuola, a mio parere, non dovrebbe rimanere in silenzio su un argomento come questo. In tal senso appare assai opportuna e stimolante la proposta di Daniele Novara, il pedagogista piacentino fondatore del CPP (Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) a cui abbiamo più volte dato voce e spazio sulla pagine delle nostra rivista. Su “la Repubblica” del 27 gennaio, possiamo leggere di «Sei regole per tutelare i bambini dalla dipendenza da smartphone». Proposte chiare e praticabili. Nessuno si sogna di bandire gli smartphone (che noi stessi usiamo) dalla vita. Ma niente videoschermi nei primi tre anni di vita. Smartphoine dai 14 anni. Preadolescenza e adolescenza, mai dispositivi digitali di notte e attenzione alla quantità di tempo. Niente dispositivi digitali durante i pranzi in famiglia. Prevenire la dipendenza da videogiochi evitando l’uso libero non regolato.
Tutto ciò riguarda le famiglie, certo, ma anche la scuola. Credo che i collegi docenti – che con dissennato dimensionamento scolastico sempre più assurdo –
rischiano di trasformarsi sempre di più in momenti burocratici che tradiscono profondamente i motivi per cui 50 anni fa erano nati gli organi collegiali – dovrebbero occuparsi di questi problemi. Per essere tutti più consapevoli e attrezzati per interagire e dialogare con i ragazzi di oggi.
Che cosa c’entrano gli influencer con la letteratura per ragazzi?
Sta alla scuola dunque la possibilità di offrire agli allievi occasioni di fare esperienze reali (non soltanto davanti a uno schermo) e di allenare il pensiero critico, attraverso reali confronti di opinioni diverse, visioni del mondo, scelte, modelli di vita. La letteratura per ragazzi di qualità – non solo quella omologata alle mode mainsteam e alle parole d’ordine del pensiero unico – è una straordinaria opportunità di nutrire le menti. I grandi autori e i grandi libri che possiamo proporre in tanti modi ai ragazzi sono uno straordinario tesoro e campionario. Una rivista come la nostra ha proprio questo nel suo DNA.
Che cosa sta succedendo nel mondo dell’editoria per ragazzi, sempre più sottoposto alle leggi del mercato che impone di produrre e vendere prodotti omologati, infischiandosene della qualità? Sta succedendo che si pubblicano libri di autori che spesso non sono veri scrittori – quelli che hanno dietro di sé una formazione, una ricerca e una conoscenza della letteratura per ragazzi – ma che sono in realtà degli influencer, che possono garantire per la loro presenza sui social un grande bacino di follower. Ce lo dicono le voci più attente e critiche di chi lavora nell’editoria.
Preferire chi ha centinaia di migliaia di like a chi si è costruito un mestiere come autore e può garantire un alto volume di vendite è una scelta, che riguarda soprattutto i grandi gruppi editoriali ma che rischia di fare tendenza abbassando ancora di più la qualità dei libri pubblicati. Senza inutili allarmismi, è un invito ad aumentare la viglianza e a essere aggiornati e critici nel difendere la qualità.
Per il “Pepeverde”, una questione cruciale e identitaria.
Le schede
Silvia Borando
SI VEDE NON SI VEDE Minibombo, Reggio Emilia, 2024 pp. 26, € 10,90 da 2 anni
Straordinario questo libro gioco ideato da Silvia Borando. Pubblicato nel 2024 in un nuovo e maneggevole formato invita il bambino a guardare bene nelle pagine nelle quali sono riprodotti sempre gli stessi animali di colore diverso (un topo grigio, un elefante viola, un coccodrillo rosso, un gatto nero, quattro pulcini gialli, ecc.). Ma attenzione, sfogliando il libro (cartonato e con gli angoli arrotondati) cambiano i colori degli sfondi delle pagine e quando esse sono grigie il topo scompare, quando sono verdi il coccodrillo scompare, quando sono viola scompare perfino l’elefante… Resta però di regola un segno, un utile indizio, di regola il bianco degli occhi o la zanna bianca dell’elefante. Una volta capito il meccanismo anche un bambino di uno o due anni può passare il suo tempo a indovinare qual è l’animale che manca! Sfogliando e risfogliando avanti e indietro.
Il divertente esercizio si basa su dei veri e propri concetti utili nella vita, quelli della visibilità e dell’invisibilità delle cose del
mondo. È bello e divertente imparare a osservare quello che c’è intorno a noi, a volte scoprendolo a partire da un indizio.
Ermanno Detti
Anthony Browne
WILLY SOGNA
Trad. Sara Saorin
Collana “Le piume” Camelozampa, Monselice (PD), 2024 pp. 32, € 18,00 da 4 anni
Del grande autore inglese, vincitore del Hans Christian Andersen Award, un albo che costituisce un omaggio all’arte e al potere dell’immaginazione in tutte le forme. Protagonista assoluto il simpatico scimpanzé Willy, ritratto in tanti modi fantasiosi e imprevedibili. Willy ama sognare e i suoi sogni sono coloratissimi squarci di vita onirica, ma al contempo reali e ricchi di riferimenti. Willy sogna e assume via via innumerevoli identità, come in un inesauribile paese dei sogni. Nella tavola riprodotta in copertina, Willy dorme sdraiato su una poltrona sospesa tra cielo e mare. Sfogliando l’albo, pieno di dettagli surreali e divertenti, scopriamo Willy che sogna di
essere un divo del cinema, oppure un cantante o un ballerino. Ma anche un pittore, un esploratore o un famoso scrittore. A volte Willy sogna di poter volare. Di essere un gigante oppure minuscolo. Un mendicante oppure un re. Di essere in un paesaggio strano (come in un quadro di Dalì) o in altomare. Sogna il passato (e lo vediamo piccolo) e qualche volta il futuro (immaginando di avere una famiglia). L’ultima tavola è uguale alla prima, con Willy seduto in poltrona, come tutti noi. Senza limiti alla sua immaginazione.
Clelia Tollot
Nicola Cinquetti
IL VIAGGIO DI KIRAN
Ill. Maria Girón Collana “Le piume” Camelozampa, Monselice (PD), 2023
pp. 32, € 17,00 da 5 anni
C’è luna piena, un bambino distoglie lo sguardo dalla finestra e lo volge verso il lettore. Quasi a invitarlo a condividere con lui l’attesa per il grande giorno che sarà domani. Kiran non riesce a dormire. Con lui il lettore torna a guardare fuori dalla finestra: un cane cammina lungo i muri e annusa una traccia, a lui Kiran vorrebbe dire la sua emozione, ma la bestiola lo saluta con un abbaio e continua per la sua strada; un gatto sullo spigolo del tetto manca la presa su una civetta che vola via; un enorme elefante dondola la proboscide passeggiando per la strada. Kiran si volta verso i compagni che dormono, che non crederanno mai a quel che ha visto.
È una notte che segna un passaggio. Come in tutti i riti che sanciscono importanti cambiamenti le figure di riferimento assumono vesti nuove, simboliche. Le illustrazioni materializzano il senso dell’attesa, il viaggio in aereo, il sogno, l’arrivo tra gente e lingue diverse, l’abbraccio ad un’àncora di affetto. La narrazione poetica e diretta di Cinquetti apre a considerazioni semplici e profonde. Ovunque è possibile ritrovare il verso del gatto, della civetta e del cane. È bello sentire per la prima volta il “verso” della mamma. È una storia sull’adozione, raccontata ai bambini con lo sguardo di un bambino, quello che un bravo scrittore sa conservare.
Franca De Sio
Fulvia Degl’Innocenti
UNA GRANDE SCATOLA
PER UN GRANDE SOGNO
Ill. Caterina Farnia
La Margherita, Cornaredo (MI), 2024
pp. 32, € 14,00 da 5 anni
Bambini e gatti hanno sempre subìto il fascino delle scatole vuote, soprattutto se grandi. Figuriamoci l’entusiasmo della settenne Alessia quando, sfrattati i due gatti, può appro-
priarsi di quella che conteneva un’intera poltrona! Un contrappunto di parole e immagini racconta l’ambiente familiare, il papà che si addormenta cullato dai rumori della Formula1 trasmessa in tv, la mamma alle prese con il fratellino neonato, e poi colori, colla, forbici, tutto l’armamentario con cui la bambina si mette d’impegno a lavorare attorno alla grande scatola, per realizzare la sua idea. Quando finalmente aprirà la porta della sua cameretta, i genitori am-
mireranno e vedranno, ma con gli occhi di un’immaginazione condizionata dagli stereotipi di genere. «Non è una casa per le bambole!» urla Alessia alla fine. È un nuovo albo della preziosa collana “Orango rosa” che, con garbo e ironia, tratta temi sociali e di attualità proponendoli all’attenzione dei piccoli e alla riflessione dei grandi.
Franca De Sio
James Marshall
GEORGE E MARTHA BIS!
LupoGuido, Milano, 2024 pp. 152, € 18,00 da 5 anni
George e Martha e George e Martha bis sono i due albi che raccolgono le storie dei due ippopotami nati dalla fantasia di James Marshall, ora proposti da LupoGuido. Furono pubblicati in raccolta negli Stati Uniti nel 1997, per ricordare i 25 anni dalla scomparsa del loro autore. Nella prefazione di Maurice Sendak, riportata nell’edizione italiana, si legge:
«James rimbrottava, spettegolava, rimproverava, ma amava e perdonava sempre. Tutte queste sue qualità sono state infuse con generosità nelle sue opere e non c’è esempio migliore dei libri di George e Martha per mostrare lo sfolgorante caleidoscopio dell’arte Marshalliana. […] L’opera di Marshall è senza tempo, fresca e fragrante come un prato di primavera. […] Se uno degli attributi più notevoli di James è il suo genio per l’amicizia, allora George e Martha sono la quintessenza di quel genio. Questi cari ippopotami squinternati e con i piedi per terra sono un piacere per tutti, non solo per i bambini». Il filo dell’amicizia che corre tra i due grossi protagonisti non si interrompe per i piccoli sgarbi, per le debolezze e le incomprensioni, è un filo perenne e teso, che rafforza la sua fibra con l’accettazione e la tolleranza, ma anche con il gusto di una rivincita covata a lungo, servita fredda e condita di straripante allegria. Martha che aspetta la primavera, per schizzare George
FUORITESTO
Lcon la pompa dell’acqua ne è un esempio: è un invito a non essere permalosi, a non prendersi troppo sul serio. Quel che conta davvero è l’amicizia.
Franca De Sio
Federica Ortolan
PER TUTTE LE PIOGGE!
Ill. Elena Ceccato
Carthusia, Milano, 2023 pp. 32, € 17,90 da 5 anni
È possibile sensibilizzare ai rischi del cambiamento climatico sin dalla tenera età? Per tutte le piogge!, edito dalla casa
DICK BRUNA E IL CONIGLIETTO MIFFY di Rossana Sisti
’ultimo arrivato della collana “The Illustrators”, le monografie portate in Italia dall’Inghilterra dall’editore LupoGuido e dedicate ai maestri dell’illustrazione del Novecento, ci racconta l’olandese Dick Bruna. Uno sguardo retrospettivo a tutto tondo sulla vita e le creazioni di un artista diventato famoso in tutto il mondo per le serie della coniglietta Miffy che nel ‘71 alla sua morte erano già state tradotte in oltre cinquanta lingue. Per tutta la vita il padre di Dick aveva sperato di vedere il figlio a capo della storica casa editrice di famiglia a Utrecht, ma lui considerava quel mondo noioso mentre fin da ragazzo era stato attratto dalla musica, dalla grafica e dalle avanguardie artistiche. Poi aveva intrapreso l’arte del grafico, realizzato copertine di libri (famose quelle per i romanzi di Simenon), creato loghi per collane editoriali e mani-
festi che considerava una forma d’arte. Fu negli anni Cinquanta che Bruna sperimentò anche le delizie della progettazione e realizzazione di libri per l’infanzia con esperimenti di forme e colori. E poi arrivò Miffy. Il coniglietto dalle forme essen-
ziali, con due punti per gli occhi e una croce per bocca, nato durante una vacanza nel 1955 con suo figlio al mare mentre un coniglietto saltellava tra le dune. Da personaggio di una storia della buonanotte a protagonista di una serie di librotti colorati per la prima infanzia, il passo è stato breve. I piccoli lettori potevano godere di una proposta modernista a loro misura, alternativa all’illustrazione elaborata e pesante dell’epoca. Una rivoluzione i cui dettagli e le curiosità sono alcune delle tante chicche racchiuse in questa monografia.
Bruce Ingman, Ramona Reihill
DICK BRUNA
LuopoGuido, Milano, 2023
pp. 112, € 24,90
da 5 anni
editrice Carthusia, dimostra di sì e che, nel caso specifico, lo si può fare raccontando una storia in grado di stimolare la sconfinata immaginazione dei bambini.
In un giorno come tanti di un inverno straordinariamente freddo, gli abitanti di un villaggio in una terra lontana vedono incombere sulle loro teste una nuvola marrone come il legno. E, in effetti, dal cielo iniziano a cadere riccioli e trucioli, che vengono raccolti con prontezza per accendere fuochi e stufe e fronteggiare il clima ostile. Con altrettanta sollecitu-
dine vengono fatte provviste di ciò che le successive e singolari nuvole riversano sulla comunità: latte e goccioline fondenti per provvidenziali bevande ristoratrici, farina e, perfino, zucchero filato!
Gli abitanti del villaggio diventano di giorno in giorno meno operosi perché confidano di poter sopravvivere grazie ai doni inconsueti che piovono dal cielo. Quando, però, arriva una nuvola carica di acqua nessuno se ne cura. Solo il vecchio Arturo continua a fare provviste.
Ma si sa che in tempi di cambiamento climatico non si può stare tranquilli e che a inverni gelidi possono avvicendarsi estati soffocanti. La pioggia da seccatura si rivela, quindi, con le fattezze di bene prezioso e nel villaggio ci si accorge dell’importanza di preservare le risorse del pianeta e di utilizzarle con avvedutezza. Non resta che augurarci che la medesima consapevolezza diventi presto patrimonio anche di chi ascolterà questa storia.
Ilaria Iapadre
Marcelo Simonetti Maria GirònI MIGRANTI
Trad. F. Citarella, T. Masoch, I. Carmignani
Kalandraka, Firenze, 2023 pp. 36, € 16,00 da 6 anni
La paura di ciò che non conosciamo può assumere le forme più bizzarre: due fratelli, che ignorano il significato della parola “migrante”, sentono crescere in loro il timore di ciò che li attende dal momento in cui viene annunciato il prossimo arrivo di due migranti nella loro scuola. Iniziano a fantasticare su cosa possano essere e non ci sono adulti a rispondere ai loro dubbi, forse perché gli adulti danno troppo facilmente per scontato che i bambini già sappiano le cose più complesse della nostra realtà.
Quando in classe trovano due bambini nuovi, i due fratelli fanno subito amicizia e dimenticano la timorosa attesa dei “migranti”, perché le categorie della scoperta e della socialità
sono molto più congeniali ai bambini delle etichette degli adulti.
I pastelli di Giròn, dai toni allegri e rassicuranti, accompagnano il testo di Simonetti nel quale i giovani lettori potranno rispecchiarsi.
Nadia Riccio
Anne Richardson
IL POLPO HA ZERO OSSA
Ill. Andrea Antinori
Collana “A tutta scienza”
Editoriale Scienza, FirenzeTrieste, 2023 pp. 80, € 18,90 da 7 anni
Ah, la matematica! Può stupire, appassionare senza complicate operazioni o contorte numerazioni? Come? A ben
GRANDI E BAMBINI, ATTENTI ALLE CADUTE! di Paola Parlato
Capitomboli è un libro decisamente originale. Il personaggio unico di questo albo è un signore grosso e buffo che si chiama proprio così, Capitomboli, e ci fa sorridere con le sue rocambolesche cadute.
Le cadute sono di tanti tipi, ce n’è per tutti i gusti, per tutti i momenti e per tutte le situazioni. Si può liberamente scegliere la caduta più adeguata alla propria necessità, cadute di tutti i tipi e per tutti i gusti, insomma cadute “fai da te”. C’è la caduta distratta, la caduta elegante, la caduta disperata, la caduta per spinta o quella a tuffo, quella buia e la caduta sbrilluccicosa!
Questo libro ha un messaggio per ogni età, fa sorridere i più piccoli con la semplicità e la linearità delle forme e dei disegni e ogni capitombolo suscita la loro ilarità.
C’è poi un significato simbolico, un mes-
saggio anche per i meno giovani: si cade e quasi sempre non è possibile evitarlo, è vero però che se si impara a cadere in modo sapiente, anche se non si riesce a evitarlo è possibile cascare senza farsi
troppo male e ci si può rialzare. Nelle ultime tavole poi decine di piccole riproduzioni del personaggio danzano nell’aria accompagnate da frasi dal sapore quasi filosofico come “La caduta è un gesto di amore, rialzarsi è un gesto di amore.”
L’illustrazione di Angeletti in questa storia ha una funzione fondamentale, alla semplicità del disegno, delle linee che costruiscono le piccole figure, si unisce il sapiente uso del colore, che copre l’intera pagina e alterna la delicatezza dei toni pastello alla luminosità dei verdi e dei gialli smaglianti.
Beniamino Sidoti
CAPITOMBOLI
Ill. Roberta Angeletti
Sabir, Savignano sul Rubicone (CF), 2024 pp. 44, € 17,00
guardare tutta la vita quotidiana, la vita del nostro Pianeta, ma anche dell’Universo è intrisa dell’affascinante mondo dei numeri.
L’albo illustrato, tradotto in più di dieci lingue, con testi chiari, essenziali, si rivolge direttamente al piccolo lettore, invitandolo, come in un gioco, a guardarsi attorno, a contare, a misurare, a quantificare, a interrogarsi sui numeri per conoscere il mondo che lo circonda. Quante zampe ha la formica? Quanto misura la goccia di pioggia più grande? Quante punte ha un fiocco di neve? E per fare una palla di neve quanti fiocchi ci vogliono? Quante volte batte il cuore di un orso nero americano in un’ora? Tante risposte partendo dai numeri in successione ordinata: dallo zero al nove e, con le potenze di dieci, fino a nove miliardi e oltre, perché il lettore può contare all’infinito.
I numeri, infatti, sono straordinari, creano magie: lo Zero da solo è il nulla. Il polpo ha zero ossa e può infilarsi in spazi molto piccoli, ma se si mette lo Zero dopo un numero intero, questo diventa subito dieci volte più grande. È la magia delle potenze di dieci. Ogni numero racconta se stesso in alcune sue forme e trasformazioni insieme allo zero. Una mela ha cinque logge seminali, ma cinquecentomila sono i dollari per cui è stato venduto un pizzico di polvere lunare o i libri per bambini posseduti dalla biblioteca del Congresso
a Washington, la più grande al mondo. Tante curiosità, tante informazioni di botanica, anatomia, zoologia, astronomia, geografia associate ai numeri. Eccezionali, coloratissime le illustrazioni che rappresentano ogni concetto rendendolo immediatamente comprensibile, oltre che gradevole. Un albo stimolante, ben strutturato, che sorprende, invita a esplorare, a prendere dimestichezza con le quantità numeriche, a esorcizzare la paura dei numeri, a “viverli” come una scoperta e un magico piacere.
Lucia Zaramella
Edward van de Vendel
Anoush Elman
MISHA. IO, I MIEI
TRE FRATELLI
E UN CONIGLIO
Ill. Annet Schaap
Trad. Laura Pignatti Sinnos, Roma, 2024 pp. 144, € 13,50 da 8 anni
Un libro capace di raccontare senza retorica e venature didascaliche l’avventura di chi deve lasciare il proprio paese e ricominciare una nuova vita, come accade alla piccola Roya costretta a fuggire dall’Afghanistan e a compiere con la propria famiglia e altri fuggiaschi un lungo viaggio. Quando entra nella sua nuova casa nel paese di accoglienza, l’Olanda, la bambina è felice. Che bello avere una cucina, le camere da letto, un gabinetto e
perfino un giardino! E come sarebbe bello poter avere un animale da compagnia. All’inizio, la richiesta di Roya suona strana, ma poi viene accettata e Roya, con i fratelli maggiori va in un negozio di animali a sceglierlo. Misha è un coniglietto nano che conquista il cuore di tutti. È bello potergli raccontare del proprio paese e condividere con lui la vita di ogni giorno e scoprire, attraverso le parole dei fratelli e dei genitori, il lungo percorso compiuto, le marce a piedi, i pericoli affrontati, il tempo trascorso nei centri di accoglienza, l’attesa per poter avere una nuova cittadinanza. Misha un giorno scompare e bisogna a ogni costo ritrovarlo, cercandolo dappertutto e convincendo l’anziana signora che l’aveva trovato a restituirlo a Roya e alla sua famiglia. Il libro, ricco di incontri, fa scoprire ai lettori il valore delle differenze culturali e dei legami familiari, in un viaggio che apre la mente.
Giuseppe Assandri
Santiago Ginnobili IN CONTINUA EVOLUZIONE
Ill. Guido Ferro Trad. Elena Rolla Kalandraka, Pontevedra (FI), 2023 pp. 28, € 17,00 da 8 anni
Dalla casa editrice spagnola Kalandraka arriva un libro illustrato che parla a bambini curiosi (ma – avvisiamo − è difficile resistergli anche in età più avanzata). A firma dell’epistemologo argentino Santiago Ginnobili e meravigliosamente impreziosito dai disegni di Guido Ferro (godibilissimi quelli ispirati ai vecchi manuali scientifici), In continua evoluzione è, infatti, un invito a non smettere mai di fare domande, indagare, cercare ri -
sposte e avventurarsi in territori del sapere inesplorati. Una postura e un approccio alla vita che hanno certamente contraddistinto la figura storica a cui si ispira la narrazione: il rivoluzionario naturalista Charles Darwin. A partire dal lascito culturale del padre della teoria dell’evoluzione, l’autore si rivolge con fare colloquiale ai giovani lettori e illustra loro il metodo darwiniano mediante il quale è possibile capire chi siamo e da dove veniamo e scoprire quanto il mondo sia più complesso, bello e interessante di come possiamo immaginare. Una consapevolezza, questa, a cui si è approdati non senza coraggio e mettendo necessariamente in discussione ciò che si dava per scontato.
Nell’incoraggiare le nuove generazioni a fare proprie l’audacia e l’originalità di pensiero, Ginnobili ricorda che «la conoscenza si costruisce collettivamente e si può sempre migliorare». Rivela, dunque, alle giovani lettrici e ai giovani lettori uno sconfinato campo di possibilità in cui si può scegliere di appropriarsi delle idee, modificarle, svilupparle, integrarle, condividerle o anche di proporne di migliori o di nuove a beneficio dell’umanità.
Ilaria Iapadre
FUORITESTO
L’AMORE PER LA LETTURA CHE NASCE DALL’ASCOLTO di Elisa Spadaro
Ilhami è un bambino turco che odia leggere. Frequenta la prima media e un giorno, mentre si dispera perché la maestra gli ha dato come compito quello di leggere un libro a settimana e riassumerlo in classe, incappa in una vecchia cabina telefonica abbandonata da un circo, si porta la cornetta all’orecchio e…«Ascolta…». Una voce inizia a raccontargli una storia. Qualcosa si accende in lui, la storia è lì tra le sue mani, adesso può ascoltarla e raccontarla in classe senza leggere mai nessun libro. Ha risolto il problema! E in effetti le cose per un po’ vanno così. La classe è sempre più rapita dai suoi racconti, la maestra sempre più affascinata e lui… sempre più curioso. Ossessionato dalle storie della cabina telefonica con il marchio di fabbrica Yuan Huan, inizia a tormentarsi: quale sarà il segreto della misteriosa voce che gli parla attraverso la cornetta?
Ilhami lo scoprirà presto e capirà che, come gli ha suggerito la maestra a inizio anno, se si vuole il tempo si allunga, che
LuogoComune
VULCANI
Ill. LuogoComune
Collana “A tutta scienza”
Editoriale Scienza, FirenzeTrieste, 2023 pp. 80, € 18,90 da 8 anni
Vulcani: giganti di fuoco. Un testo illustrato, affascinante, rigoroso, ricco di informazioni e curiosità: tratta i vulcani sotto ogni aspetto. Di notevole effetto, cattura fin dalla copertina: opaca e ruvida al tatto, nell’imponente cono vulcanico scuro; liscia, lucida, nello scorrimento dei rivoli di lava scarlatta in eruzione.
Ma che cos’è un vulcano? Che cosa lo alimenta? Quali sono le aree vulcaniche più attive sulla Terra e perché? Si possono trovare anche su altri pianeti? Quali sono i tipi di eruzione e di materiali prodotti? Chi sono i vulcanologi e di quale strumentazione si avvalgono?
Quali sono i più importanti
vulcani attivi o quiescenti del mondo? Il viaggio conoscitivo inizia da approfondimenti scientifico-geologici, che pongono l’attenzione sulla struttura della Terra, sui movimenti delle placche continentali e oceaniche, sui vari tipi di vulcani e rocce vulcaniche.
Interessante è anche conoscere i vulcanologi al lavoro, muniti di equipaggiamento. In particolare colpiscono le spericolate
tutti hanno una storia da raccontare e che un buon libro è più prezioso di qualsiasi connessione.
Questo libro è un libro speciale, anche perché parla! Lo si può sia leggere che ascoltare. Tra le pagine è presente un QR Code che rimanda all’audiolibro, narrato da Pierpaolo De Mejo. Miyase Sertbarut è un’appassionata autrice per ragazzi di origine turca che molto spesso tratta temi complicati, come la povertà e le difficoltà dei sistemi educativi.
Questo libro è entrato nella Ibby Honour List 2022 e l’autrice è candidata al premio Hans Chrisitan Andersen per 2024.
Miyase Sertbarut
LA CABINA TELEFONICA DI YUAN HUAN
Trad. Maria Chiara Cantelmo
Emons Raga, Vignate (MI) 2024 pp.150 € 14,00 da 9 anni
vicende dei coniugi francesi Maurice e Katia Kraft, «i diavoli dei vulcani», che con i loro studi hanno contribuito a salvare comunità e a sensibilizzare sui pericoli chi vive alle pendici di un vulcano.
Dal punto di vista culturale i vulcani nella storia, considerati divinità e forze soprannaturali, hanno dato origine a miti e leggende, che, nelle varie parti del Pianeta, si connotano di somiglianze; famosa per la nostra cultura è l’officina di Efesto, il dio del fuoco. Dopo l’esposizione delle grandi eruzioni della storia, il volume si chiude con un tour virtuale alla scoperta dei principali vulcani terrestri e con un sintetico glossario di alcuni termini utilizzati nel libro. Corredato da grandi illustrazioni a colori, grandi cartine geografiche, da precise, esplicative grafiche, ben strutturato e curato, il testo è chiaro, coinvolgente, porta il lettore a viaggiare alla scoperta dei segreti e delle forze
primordiali delle imprevedibili montagne incandescenti.
Lucia ZaramellaNicola Davies
UNA BALENA
TRA LE STELLE
Ill. di Petr Horáček
Trad. di Beatrice Masini
Collana “A tutta scienza” Editoriale Scienza, FirenzeTrieste, 2023 pp. 96, € 19,90 da 8 anni
Un libro suggestivo, curato, per conoscere e per sognare, con pagine interamente illustrate, piene di colore: suscita emozioni, evoca sentimenti e ricordi. Quaranta storie si susseguono: alcune serie, altre buffe, in prosa e in rima; celebrano la vita, la Natura, gli animali, un giardino dove prevale la natura selvaggia, gli alberi, l’oceano e il mare, i nomi di una farfalla, i pianeti. Sono
nate «a rovescio, all’incontrario»: sono state, infatti, le immagini dell’Illustratore a ispirare all’A. poesie, contenuti scientifici, storie, testi reali o fantastici di mondi immaginari, di conversazioni irreali.
C’è il pangolino, che una volta stava al sicuro e nessuno lo conosceva, ma ora le sue squame girano in sacchi per il mondo; c’è la balena stella, che nuota nella corrente delle galassie e che, forse, il lettore può sentire cantare, se guarda in su; ci sono le storie fiabesche del cane con cinque zampe e del
gatto con tre, della regina dei pesci, che racconta meraviglie del mare blu. Si può volare in groppa a un pipistrello per imparare i segreti della notte stellata; andare a spasso con l’ippopotamo e l’ombrello; imparare la canzone della tigre, che scompare e riappare; essere abbacinati di stupore dalla presenza di un minuscolo cardellino o dal lampo turchese del martin pescatore; conoscere il titanosauro, il celacanto e il T. rex; danzare con la Terra attorno al Sole; incontrare l’orso polare, che trova tutto buono, quando ha fame. C’è anche la nonna bizzarra con un merlo sulla spalla; poi, il gatto della strega; c’è la notte con gli umani chiusi in «scatole», mentre tutto ciò che è selvaggio si riprende il mondo; c’è il melo amico…
Stupende le illustrazioni, che mostrano la bellezza del nostro Pianeta e delle varie creature che lo popolano di giorno e di notte. Un libro piacevole da leggere e osservare per fantasticare, provare sensazioni, co-
gliere sfumature e scoprire significati diversi di parole e immagini a seconda dei momenti della lettura.
Lucia Zaramella Rossana Bossù IL SOFFIO DELLA BALENACamelozampa, Monselice (PD), 2023 pp. 80, € 24,90 da 8 anni
Il fascino del mare risiede nella sua vastità e nella sua profondità misteriosa. Il mare ha ispirato generazioni di artisti, poeti e scrittori perché rappresenta soprattutto una frontiera inesplorata, che alimenta il desiderio di scoperta e di conoscenza. La varietà della vita marina ha come suo esempio più importante la balena, tra le cui specie si trova la balenottera azzurra, «il più grande animale conosciuto mai esistito sulla Terra».
Le balene occupano da sem -
pre un ruolo iconico nella letteratura, soprattutto quella per ragazzi. Da Pinocchio a Moby Dick le balene possono emergere come figure affascinanti e misteriose, come mostri da sconfiggere o come metafore per esplorare temi più ampi, come la solitudine o la connessione profonda tra l’umanità e il vasto mondo oceanico. «La grandezza smisurata della balena affascina gli uomini fin dalla notte dei tempi. La sua mole, la sua natura di animale acquatico e sfug gente, il suo sottrarsi alla
LE AVVENTURE DI COYOTE E RODEO di Giuseppe Assandri
Una magnifica storia on the road (Premio Strega 2023), che cattura il lettore, diverte e commuove, con personaggi difficili da dimenticare e un rapporto padre e figlia vero e fuori dagli schemi. La voce narrante è quella di Coyote, una ragazzina di dodici anni che da cinque vive insieme a Rodeo (guai a chiamarlo papà!) attraversando in lungo e in largo gli Stati Uniti a bordo di un autobus trasformato in casa. Quando i due l’hanno comprato, sulla fiancata c’era una scritta a caratteri cubitali «Scuola elementare Voyager», ma Coyote ha cancellato quasi tutte le lettere ed è rimasta la scritta «Yager» che è diventato il nome della loro casa viaggiante a quattro ruote, attrezzata con mobili e oggetti di recupero, con tutto quello che serve per una vita senza mete e binari fissi, sempre in viaggio tra stazioni di servizio, campeggi, luoghi di sosta sempre diversi.
All’inizio Coyote incontra un bambino a cui offre una granita e riceve in cambio un gattino che chiama Ivan e che entra a far parte della famiglia aperta a ospitare compagni di viaggio che cercano qualcosa o qualcuno. C’è un dramma all’origine di tutto: cinque anni prima, un
terribile incidente si è portato via la mamma e le sorelle di Coyote e da quel momento l’imperativo è stato dimenticare tutto e guardare avanti. Finché una telefonata della nonna rivela a Coyote che il parco della cittadina di Poplin’ Spring sarà raso al suolo, dove sono morte la madre e le sorelle e dove lei ha seppellito i suoi ricordi in una capsula del tempo. Inventandosi sempre nuovi sotterfugi, Coyote fa di tutto per ritornare lì, per smettere di fuggire e ritrovarsi. Intenso e commovente il finale, in cui ciascuno è più consapevole e aperto alla vita che verrà.
Dan Gemeinhart
L’IMPREVEDIBILE VIAGGIO
DI COYOTE SUNRISE
Trad. Aurelia Martelli
Giralangolo, Torino, 2022
pp. 380, € 16,00 da 11 anni
vista hanno dato vita a fantasie, leggende e paure che hanno trasformato la balena in animale fantastico, mostro marino distruttore, di navi e divoratore di uomini». Decimate da secoli di caccia senza scrupoli queste maestose creature svolgono un ruolo cruciale negli ecosistemi marini, la loro vita sociale è complessa e lunghi sono i viaggi migratori che le contraddistinguono. Il libro di Rossana Bossù racconta l’universo delle balene in tutte le sue particolarità, indagandone la morfologia e l’evoluzione nei secoli, il battito cardiaco, le diverse specie, le caratteristiche che le hanno rese degli animali popolari e carismatici. I canti e la mitologia aggiungono fascino al loro mondo misterioso negli oceani.
Martina Polimeni
Annalisa Strada
UN COLPO ALLA PORTA
UN COLPO AL CUORE
Postfazione di Liliana Segre
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2023, pp. 188, € 16 da 10 anni
L’autrice narra con mano felice la vicenda della famiglia Sarano che, attraverso avventurose peripezie, riesce a scampare alla deportazione e alla Shoah. È nonna Miriam a raccontare al nipote la vicenda, attingendo ai ricordi del nonno e al contenuto di una valigia di oggetti, il cui valore si scoprirà alla fine. Dalla Turchia, il piccolo Alfredo segue i genitori in Italia e va a studiare a Milano dove si laurea e inizia a lavorare per il Comune, nei primi anni del Fascismo. Con l’avvento delle leggi razziali nel 1938 la condizione degli ebrei si fa sempre più
difficile. E quando, dopo l’armistizio, i tedeschi da alleati diventano occupanti, è sempre più pericoloso restare a Milano. Con la moglie Diana e le due figlie, Alfredo si rifugia in un piccolo paese delle colline marchigiane, Mombaroccio. Qui la famiglia vive esperienze drammatiche, a
diretto contatto con i soldati tedeschi che si installano in casa facendo trattenere il fiato ai protagonisti e ai lettori, sino al momento della Liberazione e dell’inizio di una nuova vita. Il messaggio – sempre valido anche nelle circostanze più difficili – è che non bisogna mai perdere la speranza, perché «il bene si può fare. Sempre».
Giuseppe Assandri
Sofia Gallo
FUGA NELLA NEVE
Salani editore, Milano, 2024 pp. 208, € 14,90 da 10 anni
La scrittrice torinese, dopo Un’estate in rifugio (Salani, 2022), torna a raccontare un’avventura che si snoda tra
SE C’È LA GUERRA ANCHE I BAMBINI MUOIONO! di Franca De Sio
La dedica dice: «A ogni bambino toccato dall’oscurità della guerra. Che possa essere l’ultimo.» Troppe volte l’abbiamo sperato, anche ora che nel conteggio dei morti è fornita a parte la cifra relativa all’infanzia, non contando quella mutilata di genitori e parenti. Per ricostruire un senso comune di umanità dobbiamo cominciare dai bambini e dai ragazzi, offrendo esempi, ricordando storie. Ne è convinta l’A., pachistana e britannica, impegnata per le Nazioni Unite in progetti per i rifugiati, che ha esordito con The Extraordinary Life of Malala Yousafzai. Basato su una storia vera e documentata, il suo romanzo sfata i pregiudizi sui rapporti tra musulmani ed ebrei e ricorda l’opera di Sidi Abdel-Qadir Benghabrit, rettore della grande moschea di Parigi, che salvò un migliaio di ebrei dalla persecuzione nazista. Lo sdegno per i soprusi, la pietà, il coraggio di agire vincendo la paura, la solidarietà che non conosce egoismo, la consapevolezza di essere nel giusto, la forza e la consolazione attinta dalla fede sono i valori che illuminano l’agire di Safiyyah. Figlia dell’amministratore della moschea, appassionata consultatrice di mappe nella
biblioteca di Madame Odette, affettuosa visitatrice di un vecchio studioso di botanica, nipote amatissima di una nonna che dall’Algeria e poi dall’Andalusia si è portata dietro la passione per le arance, è una ragazzina serena che vive in un contesto affascinante.
Con l’arrivo dei tedeschi tutto cambia. I bibliotecari collaborano alla resistenza; il padre con l’Imam e il rettore della moschea preparano e consegnano falsi do-
cumenti agli ebrei; poi il primo bombardamento sotto cui si trova Safiyyah; le farfalle di carta contro l’oltraggio alla scienza; la nonna che invita a guardare oltre la guerra, fissando il cielo pieno di stelle; gli ebrei nascosti nella sala riservata alle donne; i gattini che distolgono dalla disperazione i due bambini ebrei; la sua famiglia che improvvisa una cena per celebrare la pasqua ebraica in sostegno della sua amica Hana; le derrate del mercato nero che sembrano provenire da un’altra vita. Sarà Safiyyah che guiderà i rifugiati verso la salvezza.
Un romanzo prezioso su cui riflettere molto, compresa la nota storica e i ringraziamenti: «A ogni anima che sceglie il coraggio e la verità e non si piega davanti all’oppressione e alla brutalità».
Hiba Noor Khan
LA GUERRA DI SAFIYYAH
La Nuova Frontiera Junior, Roma, 2024 pp. 352, € 18,50 da 11 anni
sentieri di montagna e boschi, casali isolati e baite. Ma questa non è una vacanza, è la fuga di due bambini ebrei – Angelo e Lidia – per mettersi in salvo dalla minaccia di cadere nelle mani dei soldati nazisti ed essere deportati.
Angelo ha undici anni e conosce già il significato delle parole «deportazione»e «leggi razziali» e insieme alla sua cuginetta Lidia frequenta la scuola ebraica di Torino. I loro genitori, per sottrarsi alla cattura, li affidano alla portinaia della casa per dare loro una chance di salvezza. I bambini, che da ora in poi si chiameranno Diana e Antonio, vengono accolti e poi mandati in un luogo più sicuro, il paese di Rivalba, affidati al parroco Don Caramello. Ufficialmente, sono due orfani di famiglie evangeliche che hanno bisogno di un riparo e insieme agli altri bambini della parrocchia vanno a scuola e partecipano alle funzioni religiose cattoliche, anche se non sanno recitare le preghiere.
La trama si dipana con frequenti cambi di scena e luoghi, in un territorio che dai paesi affacciati sul Po raggiunge Chivasso dove è acquartierato il comando tedesco, le montagne delle valli di Lanzo sino alla Valle d’Aosta vicino ai confini di Stato. Tanti i personaggi incontrati, i dialoghi, i pericoli e i momenti di paure e coraggio, le marce nella neve, che di-
ventano sfide e occasioni per crescere. Una vicenda, ambientata negli inverni del ‘43 e del ‘44, che trae liberamente spunto da racconti ascoltati dal padre e dal nonno dell’autrice, filtrati e sviluppati con sapienza e passione.
Giuseppe Assandri
Hanna Harms
IL MONDO SENZA API
Giralangolo, Torino, 2023 pp. 112, € 18,00 da 12 anni
Come sarebbe il mondo senza api e perché gli insetti impollinatori sono così importanti per l’ecosistema? Attraverso delle illustrazioni suggestive e un testo dettagliato di particolari
Hanna Harms spiega l’importanza vitale delle api e il loro ruolo fondamentale nella produzione alimentare. Una postfazione del Prof. Jürgen Tautz, entomologo, melittologo, scienziato comportamentale e professore emerito presso il Biocentro dell’Università di Würzburg, offre un quadro ancora più dettagliato. Le api sono responsabili della pollinazione, che favorisce la crescita di frutta, verdura e molti tipi di colture. La dipendenza umana da questi impollinatori rende cruciale preservarli per garantire la sicurezza alimentare e la diversità biologica. Inoltre, le api sono indicatori della salute dell’ambiente e la loro sconcertante diminuzione riflette problemi più ampi, come l’inquinamento, l’utilizzo di pesticidi dannosi per la salute e i cambiamenti climatici. Preservare le api significa proteggere l’equilibrio dell’ecosistema e il nostro approvvigionamento alimentare. «Molti di noi considerano gli insetti soltanto degli esseri fastidiosi, disturbatori e parassiti, di conseguenza la loro scomparsa può essere motivo di gioia. Mentre in realtà è una tragedia: perché il nostro fu-
turo dipende da loro». Comprendere l’importanza delle api può insegnare ai ragazzi la connessione tra gli esseri viventi e l’ambiente che li circonda, incoraggiando un senso di responsabilità verso la natura e il bisogno di preservarla. «Il mondo senza api sarebbe un mondo grigio. Un futuro cupo. Perché il mondo delle api è anche quello degli esseri umani».
Martina Polimeni
Sergio Badino
MILLE PAPAVERI ROSSI
Piemme, Segrate (MI), 2023 pp. 256, € 16,50 da 10 anni
La guerra di Piero è una celebre canzone di Fabrizio De André. I versi commoventi di questo brano creano una dolorosa frattura fra l’immagine di un maggio luminoso allietato da «mille papaveri rossi» e la morte del protagonista, colpito dalla fucilata di un soldato «con la divisa di un altro colore». La canzone presenta con poche pennellate uno spaccato drammatico che può appartenere a qualsiasi guerra, il passaggio repentino dall’esplosione della vita alla morte, e sullo sfondo l’immagine di una «Ninetta» innamorata. Affascinato dalla canzone l’autore immagina la storia di Piero prima di quel momento
tragico. Sullo sfondo delle colline del Monferrato ragazzi spensierati assistono prima alla nascita del fascismo fino alla tragedia della guerra. Intanto l’amicizia con Nina si è trasformata in amore, ma la guerra e la chiamata al fronte di Luigi-Piero spezzeranno per sempre i loro sogni.
Paola Parlato
Randa Ghazy
LA MIA PAROLA È LIBERA Rizzoli, Milano, 2023 pp. 202, € 16, 50 da 12 anni
Randa Ghazy, scrittrice italiana di origine egiziana che ha pubblicato il suo primo romanzo di impegno politico e di grande successo a soli 15 anni (Sognando Palestina, Rizzoli,
2009), dedica questo libro ad alcune vere e proprie eroine, donne nate in alcuni tra i paesi più instabili politicamente e più arretrati sul terreno dei diritti delle donne, che hanno combattuto per questi diritti a rischio della loro libertà e della loro stessa vita.
La prima figura di questa straordinaria galleria è Doria Shafik, egiziana, amante della giustizia, della verità e della libertà, che più volte incarcerata ottenne dopo anni di dure lotte il diritto di voto per le donne egiziane. Shireen Abu Akleh, palestinese, ha pagato con la vita il desiderio di raccontare al mondo l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Seguono la libanese Georgina Rizk, l’algerina Djamila Bouherid, l’irachena Haifa Zangana, la yemenita
Tawakkol Karman, prima donna Premio Nobel per la pace del mondo arabo. Queste sei rivoluzionarie, che
Randa Ghazy racconta con la sua scrittura appassionata e sempre ampiamente documentata, non sono state importanti solo per le lotte condotte nel loro paese, ma eroine che non hanno avuto paura di combattere patriarcato, colonialismo, disparità sociali, economiche e di genere. Esse hanno messo il proprio coraggio al servizio della libertà di tutte le donne del mondo.
Paola Parlato
Lorenzo Gasparrini
I RAGAZZI POSSONO ESSERE FEMMINISTI?
Ill. C. Portolano
Settenove, Cagli (PU) pp. 176, € 17,00 da 12 anni
Questo libro presenta un interessante capovolgimento delle logiche più comuni, è il primo infatti sull’autodeterminazione
dei maschi. La formula felice è rappresentata innanzitutto dall’intreccio del testo di Gasparrini, filosofo femminista ed esperto di problemi adolescenziali, alternato in perfetta armonia con le immagini e i fumetti della brava Cristina Portolano.
Il libro si articola in diciotto capitoli, che affrontano temi
FUORITESTO
L’ORRORE DA NON DIMENTICARE di Paola Parlato
Questa narrata da Elvira Hempel è una dolorosa storia autobiografica ed è dedicata alla sorellina Lisa, a cui non fu risparmiato, a soli due anni, l’orrore della camera a gas. È fra le rare testimonianze scritte, l’unica tradotta in italiano, di un crimine nazista meno conosciuto.
È possibile a soli sette anni essere marchiati con una approssimativa diagnosi di inferiorità mentale ed essere condannata per questo all’eutanasia? Sì, se si è nel pieno della follia nazista che produsse fra gli altri orrori un programma di eugenetica razziale mirato a eliminare ogni tara genetica da adulti e bambini, con lo scopo di preservare la purezza, e con essa la superiorità, della razza tedesca. Le due bambine erano tedesche e sane, la loro “tara” era un papà definito asociale, per essere alcolizzato e senza lavoro. Il primo passo era una diagnosi sommaria a cui seguivano gli orrori di un manicomio. A questo primo inferno seguiva l’eliminazione di queste persone “guaste”, inde -
gne di vivere e soprattutto di procreare. Il programma di eugenetica eliminò, fra il 1939 e il 1945, più di trecentomila persone.
Elvira fu miracolosamente risparmiata
diversi di grande interesse, si rivolge ai ragazzi e si propone di dare risposte alle domande più frequenti che nel corso degli anni sono state rivolte all’autore nelle scuole dove è intervenuto. Soprattutto si vuole scardinare l’idea che il femminismo appartenga a una cultura rigidamente di genere e antagonista per definizione dei maschi e dei loro valori. Demolire i pregiudizi e gli stereotipi è fondamentale per battere la cultura del patriarcato, le ingiustizie e le violenze che spesso ne scaturiscono. Portare questo dibattito tra i più giovani può far nascere la consapevolezza delle ingiustizie che ancora discriminano le donne e gettare il seme di una mentalità diversa, rispettosa delle differenze nella totale uguaglianza dei diritti e delle opportunità.
Paola Parlato
davanti alla camera a gas, non fu così per la piccola Lisa. Elvira Hempel si è battuta fino alla morte perché le vittime del programma eugenetico rientrassero a pieno titolo tra le vittime dell’Olocausto, ma la sua battaglia non è ancora stata vinta.
È una storia dura, ma proprio perché drammaticamente vera, merita di essere conosciuta dai più giovani, perché l’orrore non deve mai essere dimenticato o rimosso.
Elvira Hempel Manthey
LA PICCOLA HEMPEL
Utet, Milano, 2024 pp. 224, €19,00 da 12 anni
COM’È DIFFICILE PARLARE DI DEMOCRAZIA, LIBERTÀ E RISPETTO di Ermanno Detti
Ho avuto qualche difficoltà a presentare ai nostri lettori questo libro di Alki Zei, La tigre in vetrina, riedito da Salani nel 2023. Mi è difficile perfino capire e spiegare perché, penso che il motivo sia in queste pagine avvincenti e piene di valori e principi elementari che dovrebbero essere presenti in ogni persona che noi definiamo “per bene”. Allora ho riletto il libro e alla fine ho trovato, spero, il filo per scriverne. Va premesso che questo non è un libro a tema, è un romanzo storico, leggero e piano, ambientato nel 1936, in un’isola della Grecia, Lagamari, quando questa nazione finì sotto la feroce dittatura di Metaxas. Protagoniste sono due sorelline, Melissa e Mirtò, che amano i giochi innocenti e soprattutto le storie. Attorno a loro una famiglia normale offre una normale e felice quotidianità. A rendere le giornate meno noiose alle due bambine c’è un nonno che studia gli antichi e narra di Dedalo e del volo di Icaro e di altri miti per discutere sui principi e sulle difficoltà del progresso umano. E c’è il cugino Nikos, studente di chimica all’università di Atene, che quando torna nell’isola è una festa per Melissa e Mirtò: lui inventa storie lunghe e a puntate partendo da una tigre impagliata in una vetrina di casa.
L’avvento della dittatura mette purtroppo fine a questa serena atmosfera familiare. Mentre una delle due bambine, ignara di quello che sta accadendo, viene addirittura coinvolta dalla scuola che la rende partecipe di azioni propagandistiche del regime, il nonno sembra perdere le sue capacità di narratore e Nikos sarà costretto a nascondersi e poi a fuggire perché si era impegnato per il mantenimento della democrazia, quindi contro la dittatura di Metaxas. Il finale sfiora il tragico, ma la speranza di un ritorno della libertà non abbandona mai i personaggi.
Melissa e Mirtò sono due bambine così spontanee e semplici
che nel loro naturale vivere giocando, fantasticando (sono così solidali che inventano perfino una loro lingua) e ascoltando storie danno al romanzo uno spessore nuovo che permette processi identificativi nei lettori bambini,
mentre invita gli adulti a riflettere sui bisogni dell’infanzia. I grandi valori dell’umanità fioriscono nelle pagine, a volte tra le righe, a volte nelle righe stesse. Nel gioco “fiaba dell’Iliade” Mirtò sta dalla parte di Ettore, mentre Melissa è dalla parte di Achille, perché è greco come lei. Ma qualcuno farà alle due sorelline un discorso molto strano e dice che i greci avevano torto perché erano andati a occupare un territorio straniero. Anche Mirtò è meravigliata: se lei è greca può essere d’accordo con il nemico? La risposta in questo caso sembra essere, anzi è, solo una: “Se la Grecia volesse conquistare un paese straniero e iniziasse una guerra, noi greci dovremmo aiutare il popolo straniero affinché non venga ridotto in schiavitù”. Viene in mente l’arti-
colo 11 della nostra Costituzione, che racchiude concetti di rispetto per gli altri popoli, ripudia la guerra e dispone il nostro Paese a rinunciare alla sovranità per la pace.
Straordinariamente spassoso il personaggio di Nikos, che all’avvento della dittatura fa credere a tutti che fugge dall’isola e dalla Grecia in modo fantasioso: a cavallo della tigre. Per andare in Spagna a combattere per la democrazia a fianco di quelli che cantano, dice. E porterà la libertà anche a Lagamari in modo che nessuno possa guastare i loro giochi. “A presto ragazzine!”, saluta mentre se ne va con un sorriso.
Il romanzo di Alki Zei era stato già pubblicato in Italia. Ora è qui riproposto da Salani in una nuova e raffinata traduzione. La pubblicazione, avvenuta nel 2023, vuole anche celebrare il centenario della nascita della scrittrice, nata nel 1923 ad Atene. Considerata la più importante autrice greca di libri per ragazzi, Alki Zei ha inventato, oltre a numerosi personaggi per bambini, anche testi per il teatro di marionette. È vissuta spesso in esilio durante le guerre e le dittature, anche durante la dittatura dei colonnelli del 1967 si trasferì con il marito a Parigi, per rientrare dopo la restaurazione della repubblica. È morta nel 2020.
Alki Zei
LA TIGRE IN VETRINA Trad. Tiziana Cavasino Salani, Milano, 2023 pp. 206, € 15,90 da 10 anni
Calvino e Basile
di Gian Piero Maragoni
l mio intento d’oggi non è quello di incensare Calvino (nell’anno dei festeggiamenti centenarî) onde usurpi vantaggio per me, come un villanzone che, imbucatosi senza invito in un ricco banchetto, vi facesse buon pro ingollando bevande e cibi a quattro palmenti, ma invece quello di approfittare dell’occasione pòrta dai tempi, per parlar di un autore che amo a tal punto, da mai avere osato (come un timido cuore solitario) scriver pur una riga su di lui.
Mi riferisco a un poeta barocco cui dobbiamo il massimo novelliere fiabesco e dialettale della nostra letteratura (e non soltanto d’essa): il napoletanissimo Basile, artefice del Cunto de li cunti. Calvino, il quale parecchia della sua attività di scrittore non – in proprio applicò alle favole italiane di retaggio più o meno popolare, ci ha lasciato uno studio* riguardante giustappunto la celebre raccolta anche nota come Pentamerone sulla scia del Boccaccio più illustre.
Il saggio di Calvino sovrabbonda di tutti i pensieri predominanti negli anni della semiologia coltivata da boves et oves, ma senza mai incorrere in alcuna esorbitanza tecnica, o sparata, che alieni il lettore un poco volage o non inteso a sforzar le meningi (ed entrambe siffatte proprietà confermano il Nostro come un autore non solo aggiornato allora a puntino, ma anche tale da doversi contare tra i più coscienti – e più rispettosi – degli assensi i quali si dovessero concedere alle voghe e ai Diktate via via imposti dalle ore volubili). Grati comunque dobbiam professarci a Calvino per il grande coraggio che ha mostrato accostandosi a Basile senza punto impacciarsi del gravame (tedioso talvolta, o fin fuorviante) di ricerche addensatosi a lui intorno per opera di etnologi e antropologi nonché pur di
* La mappa delle metafore, in Giambattista Basile, Il Pentamerone. ossia. La fiaba delle fiabe.Tradottadall’anticodialettonapoletano e corredata da introduzione e note storiche di Benedetto Croce, Roma-Bari, Laterza, 1974 (19251), vol. I, pp. V-XIX.
storici della fiaba. Il Nostro, cioè, non sembra curarsi (anche se è tanto avveduto da non aprire alcuna onerosa polemica) di tutte le questioni relative alle fonti e alle origini del Cunto (se antiche, se demotiche, se esotiche) e punta a dirittura su quello che lo qualifica e lo esalta come secrezione della mente barocca, vale a dire l’adduzione di tropi. «Viva la faccia!» mi si permetta di sclamare con vivo sollievo, considerando che la Quellenforschung pare essersi oggimai trasformata nel mezzo più sicuro e più spedito per oscurare il valore di un’opera, anziché per svelarlo e chiarirlo nelle sue sode e profonde ragioni.
Quel tanto di sudditanza culturale (per rapporto a Lévi-Strauss in diebus illis) che Calvino, per amore o a denti stretti, non può esimersi dal subire e scontare nell’occuparsi di racconti e folklore, sembra esprimersi nel frequente ricorso, circa tutte le metafore del Cunto, a talune dicotomie ed archetipi, che, associate al concetto di «alternanza» (pronto, a sua volta, a prolificare nell’irricevibile, in baroco, antitesi fra «spontaneità» e «ridon-
danza verbale»), finiscon per postulare dei poli paritetici, epperò equivalenti, e quindi per eriger delle gabbie, più che mai congeniali allo psicologo ma affatto inservibili per l’utente che aspirasse a cimentare con gusto il suo bernoccolo di secentista.
Il meglio del contributo di Calvino sta piuttosto nella gran cordialità ch’egli sembra a sé dettare (con successo) quando, immedesimandosi in Basile, prende lui proprio («chiudere una porta, soffiare su una candela, ravviarle i capelli») ad arieggiare i suoi floridi isocoli, o lui medesimo a sbozzare traslati visivi (il Pentamerone come «filiforme arabesco» e come «disegno d’un “tappeto soriano”») che con ingegnoso anacronismo si spingono fino a evocare il materico di Alberto Burri («lo spessore delle perifrasi si gonfia o si distende, si dispone a strati o a grumi»).
Inoltre Calvino – per concludere – col suo esempio ottiene di ammaestrarci su di una verità fondamentale (benché non sospettata dai pacioni), e cioè che lo spoglio dei temi letterarî (ed artistici in genere) è l’altra faccia – tersa e illuminante – di quello stesso formalismo che colleziona e classifica figure retoriche, provvedendo a fornirne tabelle complessive e strutturate in cui esse riposano assortite (oltreché nelle loro quiddità) secondo direttrici cronologiche attraverso il sistema dei generi, quasi fossero scacchi giocati giusta le norme che guidan ciascuno nel commercio con ciascuno degli altri. Che badare ai motivi letterarî costringa l’esegeta a confrontarsi ogni volta con un “quando” ed un “come” i quali dipendon da tempo e da area in cui essi appaiono precettati (quanto dire, la stupenda lezione donataci dalla scuola di Friburgo nei suoi proprî esponenti più cubitali: Giovanni Pozzi ed Alessandro Martini), è dunque ovvio per Italo che distingue a colpo sicuro, nel mare magnum delle metafore di Gian Alesio Abbattutis, la cifra ed i carati di ognuna d’esse, in sé et inter alias
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