Navelli

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NAVELLI



GRANDE STORIA



I primi insediamenti italici nella zona di Navelli si fanno risalire ai Vestini intorno al VI sec. a.C. L’attuale paese fu fondato dall’unione in epoca medievale (VIII-X sec.) di sei villaggi: Villa del Plano, Villa della Piceggia Grande, Villa della Piceggia Piccola, Villa di Santa Lucia, Villa del Colle e Villa di Turri; come traccia dei villaggi originali, nella piana restano alcune chiese medievali, come quella di Santa Maria in Cerulis citata già nel 787 sul Chronicon Vulturnense. I villaggi originali si riunirono in un unico castello, costruito sul colle dove tuttora si trova il paese, già citato nel 1092 una bolla del Monastero di San Benedetto in Perillis. La fortezza era dotata di una torre che, in epoca rinascimentale, venne trasformata nel campanile della chiesa parrocchiale. Sulle rovine del castello, poi, fu costruito nel 1632 il Palazzo Baronale.Le abitazioni vennero costruite in epoca medioevale nella zona della “Villa di Piceggia grande”, ampliandosi in epoca rinascimentale verso la “Villa di Piceggia piccola”: le due zone, medievale e rinascimentale, sono ancora distinguibili nell’abitato. Il castello di Navelli appartenne alla Diocesi di Valva e nel 1269 partecipa alla fondazione del Comitatus Aquilano nel Quarto di Santa Maria. Per sedare i conflitti relativi al pagamento delle decime, il 29 agosto 1424 passa da quella di Valva alla diocesi di L’Aquila su iniziativa di Papa Martino V. Nel 1423 il Navelli si difese dalle truppe di Braccio da Montone, arrendendosi senza però essere espugnata; per onorare la resistenza all’assedio, venne concesso dalla Regina Giovanna II di Napoli di inserire nello stemma del paese la scritta “Navellorum Merito Coronata Fidelitas”. Il 4 e 5 dicembre 1456 un disastroso terremoto distrusse numerosi centri, alcuni dei quali mai più ricostruiti. Nel 1498 il Castello di Navelli fu cinto da mura.



PRODUZIONE





CAPITOLO 4

TERRITORIO 1964 -NARRATO 1979


ieri

oggi

domani

La strada corre dritta nella piana riarsa. Pietre calcaree affiorano dai campi arati tra antiche pievi, castelli diroccati e case sparse. I monti intorno sono già imbiancati. E fra cespugli rossi di bacche della rosa canina e ciuffi d’ erba spunta qualche piccolo fiore lilla: sono i pochi Crocus sativus scampati alla meticolosa raccolta di fine ottobre. Muti testimoni di una risorsa che ha reso famose nei secoli queste terre brulle a trenta chilometri da L’ Aquila: lo zafferano. Siamo sull’ altopiano di Navelli, da alcuni ribattezzato con sintesi riduttiva l’ «altopiano del risotto». Eppure c’ è ben più del risotto negli orizzonti dei contadini che con fatica coltivano ancora i fiori dell’ «oro rosso». Lo zafferano è un prodotto prezioso e quello di Navelli è unico nel suo genere. Il più pregiato al mondo, dicono i puristi della cucina delle spezie. E almeno sotto il profilo economico nessuno può negarlo: quest’ anno il prezzo è cresciuto dai 7 ai 9-10 euro al grammo; 9-10 mila euro al chilo, più del tartufo.

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L’oro rosso di navelli di Zanini Luca, 24 AGOSTO 2006, Corriere della Sera Navelli

Vabbene che per fare un chilo di zafferano ci vogliono i pistilli di 200-230 mila crocus, estratti a mano, un fiore dopo l’ altro, dai pazienti abitanti della piana. Ma il compenso vale la fatica. E anche la lavorazione: fino a pochi giorni fa un centinaio di famiglie di Navelli e Civitaretenga passavano i pomeriggi chine sui tavoli di marmo, nelle grandi cucine scaldate dai camini su cui viene essiccato il fiore, a estrarre il loro tesoro da montagne di delicati petali. Sono trent’ anni che pastori e contadini sopravvivono in queste terre povere grazie allo zafferano. Eppure c’ è stato un periodo in cui il crocus ha rischiato era stato,di scomparire dall’ altopiano. A portarcelo nel XIII secolo, il monaco Santucci, dominicano inquisitore al Tribunale di Toledo, originario di Navelli. Dalla Spagna aveva contrabbandato i bulbi del prezioso fiore. Cent’ anni dopo la produzione locale era già rinomata nel mondo come «Zafferano dell’ Aquila». La spezia era così preziosa che con le gabelle sul suo commercio si pagò la costruzione della basilica di San Bernardino (1454) a L’ Aquila. Ma se nel 1890 la raccolta di zafferano di Navelli era arrivata a 40 quintali di pistilli (in Italia se ne consumano oggi 100 quintali l’ anno),

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gli anni 60 segnarono il tracollo: rovinati dall’ import di zafferano di bassa qualità dal Nordafrica, tremila contadini aquilani abbandonarono la coltura. Nel ‘ 71, la rinascita, con la fondazione della Cooperativa Altopiano di Navelli. Eppure ancora oggi i giovani di Navelli non ne vogliono sapere: «L’ età media dei soci è di 55 anni. Qui, a 800 metri di altitudine, il crocus sativus ha trovato un habitat ideale e da esso si ricava il migliore zafferano del mondo con cui i ristoratori locali impreziosiscono i piatti . Il segreto sta anche nella tecnica di coltivazione. Mentre altrove i bulbi del crocus vengono coltivati perennemente, a Navelli ogni anno, in agosto, i bulbi vengono cavati e selezionati e reimpiantati. Tra ottobre e novembre, lo zafferano fiorisce. Si raccolgono uno a ad uno gli stimmi di colore rosso acceso. Per produrre un chilo di zafferano servono circa 200 mila fiori e cinquecento ore di lavoro manuale. Gli stimmi, per potersi conservare, vanno essiccati sulla brace e si riducono a un sesto del loro peso originario, poi macinati e ridotti in polvere. Il migliore è comunque quello che resta sotto forma di stimmi interi, e costa al dettaglio circa nove euro al grammo, da qui «oro rosso».

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Altopiano del risotto di Zanini Luca, 23 NOVEMBRE 2001, Corriere della Sera Navelli

C’ e’ un piccolo fiore lilla che negli ultimi trent’ anni ha permesso a pastori e contadini di una delle aree piu’ povere d’ Abruzzo di sopravvivere e a volte prosperare. E’ il Crocus sativus: un croco, uno di quei fiorellini che in montagna sbucano in ottobre e novembre fra le prime chiazze di neve. Ogni anno gli abitanti dell’ altopiano di Navelli, una trentina di chilometri da L’ Aquila, ne raccolgono circa 8 milioni. Una montagna di petali delicati tra i quali si cela il vero tesoro di queste terre sassose: lo zafferano. Anzi, il miglior zafferano del mondo. Raccolto e lavorato a mano: fiore per fiore, cento famiglie estraggono i pistilli che celano la spezia. Utilizzata non solo per il famoso “risotto alla milanese”. Un viaggio da L’ Aquila a Navelli, l tra antiche pievi, castelli diroccati e campi pettinati dall’ aratro, alla vigilia delle nevicate che renderanno percorribili le vicine piste da sci di Campo Felice, puo’ condurre alla scoperta di una delle coltivazioni piu’ singolari del centro Italia. Ad introdurla fu, nel XIII secolo, il monaco Santucci, che dalla Spagna era tornato al paese d’ origine,portando i bulbi .[…]

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