PRODUZIONE
STORIE, TRADIZIONI E REALTA’ ATTUALI
PROFONDITA’ DIMENTICATE LE MAESTRIE IN ABRUZZO ABSTRACT PARTE 0: Tema cap.0: Produzione cap.1: Metodologia
PARTE 1: cap.2: Economia_ISTAT: rilettura cap.3: Territorio e infrastrutture cap.4: Grande Imprenditore cap.5: Piccolo e medio imprenditore cap.6: Artigiano PARTE 2: Viaggio in vitro cap.7: La regione si fa in quattro cap.8: Sovrapposizioni cap.9: Influenza e relazioni cap.10: Realtà dimenticata
PARTE 3: Conclusioni cap.11: La regione si fa in quattro
Bibliografia
ABSTRACT Il territorio italiano ha tra le sue peculiarità quella di essere costellato da un numero altissimo di piccoli borghi che da molti anni stanno subendo il fenomeno dello spopolamento. Ciò comporta l’abbandono di questi luoghi con la conseguente perdita di territori che sono risorse importantissime sia dal punto di vista culturale che turistico. I numeri sono molti alti si parla di 5.308 “paesi abbandonati”. “I «paesi fantasma» rappresentano il 72% di tutti i comuni italiani, uno spaccato d’Italia in cui vive circa un quinto della popolazione nazionale, più o meno dieci milioni di persone. Questi piccoli paesi rappresentano la memoria storica di un’Italia che ormai non c’è più. L’urbanizzazione e lo sviluppo economico hanno fatto in modo che l’attenzione degli italiani si spostasse sempre più nelle grandi città, abbandonando in una specie di dimenticatoio sociale un grandissimo numero di piccoli paesi, che sono rimasti per lo più abbandonati. Il fenomeno ha avuto inizio nel secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione, quando migliaia e migliaia di persone abbandonarono le proprie case in montagna o in campagna per recarsi in città alla ricerca di nuove fortune. La vita doveva ricominciare e l’unico modo per trovare lavoro e sicurezza economica era quello di trovare un impiego sicuro nei grandi centri urbani. Il fenomeno provocò, come deteriore effetto collaterale, la scomparsa di gran parte dei mestieri legati all’artigianato. Dei 5838 «paesi fantasma», sono 2831 i comuni che rischiano di scomparire, veri e propri centri a rischio estinzione. Questi ultimi ricoprono una superficie di circa centomila chilometri quadrati. Il fenomeno dei «paesi fantasma» interessa molto il Centro-Sud e le zone appenniniche. I piccoli centri alpini si sono salvati grazie all’industria del turismo, quelli del nord invece hanno continuato a sopravvivere grazie alla vicinanza alle grandi città industrializzate e, fatto non secondario, grazie a infrastrutture tale da consentire agli abitanti di raggiungere le città in poco tempo e in modo piuttosto confortevole. Al Centro-Sud la situazione è invece molto diversa. Migliaia di paesini si sono spopolati. La situazione più pesante si registra in Basilicata — dove ben 97 centri sono a rischio estinzione —, nelle parti montuose della Sicilia e della Sardegna, nelle aree interne di Marche e Toscana e su tutto l’arco dell’Appennino Meridionale, dall’Abruzzo alla Calabria, passando per il Molise. “ (Il Tempo, 25-07-2005) Di fronte a questo quadro generalizzato è importante pensare a delle strategie che consentano di fornire nuove prospettive e nuove speranze a coloro che vivono all’interno delle aree a rischio spopolamento. Il progetto si propone di attivare un processo di rivitalizzazione del tessuto socioeconomico dell’area locale per mezzo dell’opportuna valorizzazione del patrimonio artistico, ambientale e culturale localmente sedimentato.
PARTE 0
TEMA
0 PRODUZIONE
“In quella società che conosce la cultura dell’oggetto spinto alla perfezione, l’amore dell’oggetto ben fatto produce effeti benefici sensibili per tutta la vita di relazione dell’individuo; soprattutto un gusto sano del rispetto per il rispetto”. Peguy
Prima di qualsiasi discorso a riguardo, è parso opportuno domandarsi e ricercare l’uso e significato del termine produzione/produttività. Ricercando tra le pagine di un comune vocabolario o del web si è constatato che produzione deriva dal latino productione (m) “prolungamento”, poi (lat.tardo) “il far avanzare, fa uscire”, da productus, part. pass. da producere. Concepita come insieme di operazioni attraverso cui i beni vengono creati, trasformati e/o modificati, con l’impiego di risorse materiali o immateriali (ad esempio energie umane), in modo tale da renderli utili o più utili, cioè idonei a soddisfare i bisogni. Tale definizione è applicabile pressoché a qualunque attività umana e non, in qualunque disciplina, anche non tecnica. A causa della generalità della sua definizione, il termine “produzione” assume sfumature diverse a seconda del tipo di risorse trattate, dei risultati ottenuti, e del contesto in cui è utilizzata. Soffermandosi nel campo economico, essa comprende: - la trasformazione materiale o fisico-tecnica di beni in altri beni (ad esempio: dal legno al mobile) e nella prestazione di servizi (ad esempio: il trasposto di beni); - il trasferimento dei beni nello spazio; - il trasferimento dei beni nel tempo attraverso lo stoccaggio o la conservazione per rendere i beni disponibili per il consumo nel momento più opportuno; - l’adattamento quantitativo che consiste nel riunire piccole partite di beni o nel frazionare grandi quantitativi di prodotti per soddisfare le esigenze dei consumatori.
Nella tradizione economica e culturale dell’Abruzzo, il lavoro artigiano ha svolto un ruolo certamente non marginale. Per secoli, in questa regione, artigianato, agricoltura e pastorizia si sono alimentati vicendevolmente: il lavoro contadino e l’allevamento di bestiame ovino hanno avuto caratteri di complementarità fin dall’età del bronzo, quando si è imposta un’economia mista di sussistenza e di massimo sfruttamento possibile delle risorse messe a disposizione da un ambiente naturale aspro e montagnoso. L’artigianato si è inserito in questo quadro produttivo come attività di servizio all’economia agro-pastorale e da questa sua preminente funzione ha tratto molteplici risorse per una costante e, in alcune fasi storiche, rigogliosa presenza, adattandosi con notevole duttilità tecnica ed organizzativa alle differenti richieste del mercato. Le botteghe di fabbri, falegnami, ramai, scalpellini, tinai, ceramisti, calzolai ed altri ancora hanno prodotto beni indispensabili alle loro comunità, trasmettendo da una generazione all’altra, da maestri ad apprendisti, un prezioso patrimonio di tecniche ed abilità pratiche, tese sempre a coniugare l’estro con la precisione e l’accuratezza esecutiva, l’obiettivo estetico con l’indispensabile funzionalità degli oggetti. E accanto a questa produzione di servizio diffusa sul territorio in modo capillare, ed attiva fino al recente passato, gli artigiani abruzzesi sono stati e sono tuttora portatori di una tradizione il cui livello artistico e tecnico ha conferito loro una meritata fama anche oltre i confini regionali. E non vanno dimenticate, inoltre, la raffinatezza dei tessuti in lana e delle tele da corredo, le forme precise e leggere dei lavori ad intreccio, la minuta varietà dei decori ad intaglio su legno, le creative soluzioni nei mosaici su vetro.Oggi più che mai, l’artigianato si rinnova anche in Abruzzo.
I maestri che operano in diverse località della regione, consapevoli depositari di un’esperienza secolare nella trasformazione della materia che si pone al di sopra delle uniformi produzioni di serie, propongono al mercato attuale le proprie capacità di integrare motivi e tecniche di una tradizione illustre con nuovi spunti di ricerca nei materiali e nel design, realizzando con uguale competenza oggetti d’uso come manufatti di notevole rilievo artistico. Nelle loro opere si conserva, così, e si rivitalizza costantemente una porzione significativa dell’identità culturale abruzzese. E’ sembrato pertanto opportuno indagare il rapporto che intercorre tutt’ora, ma è da sempre esistito, tra maestranze ed industria.
1 METODOLOGIA
ANALISI PRELIMINARE
fase 1 10_0315 10_0316
10_0322
Il primo approccio ha visto un’analisi separata delle informazioni riguardanti le industrie e l’artigianato. Si è preso come riferimento la banca dati dell’ISTAT, cercando di indagare: -come l’Abruzzo si collochi tra le altre regioni d’Italia -il rapporto produttivo che intercorre tra le varie province.
Parallelamente è stata sviluppata una ricerca bibliografica col tentativo di conoscere meglio la storia economica abruzzese e le tradizioni artigianali.
10_0327
SELEZIONE DATI
fase 2 10_0330
Individuazione dei settori di maggiore produzione e della loro collocazione geografica. VIAGGIO
10_0402
fase 3
10_0408
I centri d’interesse così evidenziati sono divenuti le mete del nostro viaggio. Viaggio, della durata di quattro giorni, nato con l’intento di ottenere più risposte, eventuali conferme e smentite delle ipotesi sollevate precedentemente.
ASSEMBLAGGIO DATI
10_0410
fase 4 10_0416
10_0422
fase 5 10_0503 _
Raccolta e sovrapposizione di dati ed informazioni ottenuti nelle tre fasi sopra elencate con lo scopo di indagare la struttura produttiva di base della regione nella sua totalità e l’eventuale coinvolgimento dei borghi abbandonati presi in esame. Successiva loro archiviazione e formulazione della tesi.
RAPPRESENTAZIONE Volontà di rendere chiara e leggibile la tesi sostenuta, attraverso l’attenta formulazione di un processo logico avvalorato da una molteplicità di dati tecnici, grafici e fotografici, in grado di restituire un quadro esaustivo dell’attuale realtà produttiva.
PARTE 1
INDAGINE
2
ECONOMIA_ISTAT: RILETTURA
L’Istituto nazionale di statistica è un ente di ricerca pubblico. Presente nel Paese dal 1926, è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. Opera in piena autonomia e in continua interazione con il mondo accademico e scientifico. Dal 1989 l’Istat svolge un ruolo di indirizzo, coordinamento, assistenza tecnica e formazione all’interno del Sistema statistico nazionale (Sistan). Il Sistema è stato istituito con il decreto legislativo 322/89 per razionalizzare la produzione e diffusione delle informazioni e ottimizzare le risorse destinate alla statistica ufficiale. Del Sistan fanno parte l’Istat, gli uffici di statistica centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato, degli enti locali e territoriali, delle Camere di Commercio, di altri enti e amministrazioni pubbliche, e altri enti e organismi pubblici di informazione statistica.
3
TERRITORIO E INFRASTRUTTURE
4
GRANDE IMPRENDITORE
non rispetta questi criteri h a meno di 250 dipendenti; ha un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di euro, oppure ha un totale di bilancio annuo non superiore a 27 milioni di euro; il capitale o i diritti di voto non sono detenuti per il 25% o più da una sola o, congiuntamente, da più imprese non conformi alla definizione di PMI (fanno eccezione le società finanziarie pubbliche e le società di partecipazione al capitale di rischio o, purché non esercitino alcun controllo, gli investitori istituzionali; la soglia del 25% può inoltre essere superata se il capitale è disperso in modo tale che sia impossibile determinare da chi è detenuto e se l’impresa dichiara di poter legittimamente presumere che non è detenuto per il 25% o più da una o più imprese non conformi alla definizione di PMI).
Il “modello” di sviluppo abruzzese, incentrato sui processi d’industrializzazione, presenta una tale varietà e originalità di percorsi da imporsi come laboratorio storiografico di livello nazionale ed europeo. È difficile trovare una regione che nell’età contemporanea registri una metamorfosi altrettanto radicale. È difatti difficile parlare di industria nell’Abruzzo preunitario, visto l’altissimo livello di ruralità indicato dalla quota di addetti all’agricoltura e alla pastorizia, che sfiorava il 90% dell’intera popolazione attiva. Il setificio stentava a integrare, per scarsità o arretratezza di impianti, la pur e semplice bachicoltura con la trattura e la filatura; il lanificio rimaneva ancorato a una dimensione essenzialmente locale, poiché impedito in ogni ulteriore sviluppo dalla mancanza di capitali e dalla concorrenza estera; le industrie rurali non riuscivano a separarsi dal contesto agricolo per evolvere tecnicamente e organizzativamente verso un moderno sistema di fabbrica. Ma oggi l’Abruzzo da “profondo Sud” è la regione meno “meridionale” della penisola, inserendosi ormai tra le aree maggiormente progredite dell’Italia centro-settentrionale. Il fatto forse più significativo di questo cambio di rotta è stato l’allentamento prima e lo scioglimento poi del legame con la Puglia: l’esaurirsi della grande transumanza spingeva l’Abruzzo a un parziale distacco dal Mezzogiorno. Soltanto nel secondo dopoguerra si verificò il passaggio decisivo da una società rurale a una società pienamente industrializzata, segnalato dalla netta discesa della quota di forza-lavoro occupata in agricoltura. Tuttavia manca ancora la grande industria, specie se paragonata alle regioni del nord Italia e del resto d’Europa. Ciò è sicuramente dovuto alla difficile e variegata natura del territorio, aggravato dalla scarsità di vie di comunicazione, ma anche alla mancata formazione di un ceto industriale locale e quindi alla netta prevalenza degli interventi e delle iniziative dall’esterno. Nel territorio troviamo dunque dei casi puntuali industriali, e non una uniformità territoriale, sorti principalmente nella provincie economicamente più sviluppate, Pescara e Chieti : ne è un esempio la fabbrica Brioni Roman Style, azienda d’abbigliamento sorta a Penne nel 1959 e che attualmente fornisce 65 negozi monomarca sparsi in tutto il mondo. L’impianto della SIV (Società Italiana Vetro) a San Salvo, la più grande e moderna fabbrica di vetro d’Europa e una delle più automatizzate di Italia. O ancora, la Honda Italia Industriale S.p.A. fondata nel 1971 ad Atessa, con l’originale denominazione di I.A.P. Industriale S.p.A. (Industria Automotoagricola Produzione) col compito di assemblare i motocicli provenienti da oltreoceano ed importare direttamente i prodotti con marchio Honda sul territorio nazionale. Infine, il pastificio dei fratelli De Cecco, realizzato nel 1886 a Fara San Martino, divenuta oggi l’ottava azienda regionale per reddito fatturato.
5
PICCOLO E MEDIO IMPRENDITORE
ha meno di 250 dipendenti; ha un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di euro, oppure ha un totale di bilancio annuo non superiore a 27 milioni di euro; il capitale o i diritti di voto non sono detenuti per il 25% o più da una sola o, congiuntamente, da più imprese non conformi alla definizione di PMI (fanno eccezione le società finanziarie pubbliche e le società di partecipazione al capitale di rischio o, purché non esercitino alcun controllo, gli investitori istituzionali; la soglia del 25% può inoltre essere superata se il capitale è disperso in modo tale che sia impossibile determinare da chi è detenuto e se l’impresa dichiara di poter legittimamente presumere che non è detenuto per il 25% o più da una o più imprese non conformi alla definizione di PMI).
Mentre manca la grande fabbrica propulsiva, sono relativamente numerose le aziende piccole e medio-piccole. Tra il 1951 a il 1981 la dinamica regionale, evidenziata dal crollo degli addetti nel settore primario e dall’ascesa del reddito pro capite, appare quasi strepitosa. Nel 1980 la popolazione tende a scivolare dalla montagna alla collina, alle zone costiere, attratta da migliori opportunità di lavoro, di consumo, di spostamento, di relazione sociale, di fruizione dei servizi pubblici e privati. Difatti, la maggior parte delle piccole e medie imprese è concentrata lungo la costa: di maggior evidenza risultano le industrie dell’abbigliamento, seguite da quelle dei materiali da costruzione, del legno, metalmeccaniche, chimiche e farmaceutiche, della carta, delle pelli e del cuoio. Le aree più interessate sono quella compresa fra Chieti Scalo e Pescara, caratterizzata da una particolare varietà di settore merceologico, e quella lungo la piana del Fucino dove, accanto agli stabilimenti più importanti e d’impianto meno recente, sono sorte molte piccole industrie, con prevalenza della lavorazione del legno, dei manufatti in plastica, dei materiali da costruzione. Di gran lunga più estese anche nell’interno della regione sono le numerose aziende alimentari di olio, vino, salumi, formaggi. In modo particolare del primo, tanto da essere considerata la “regione dell’olio”. Le dinamiche che hanno portato a un simile risultato si individuano nei rapporti tra modernità e tradizione, dialettica tra programmazione e spontaneismo, interazione tra mercati globali e contesto locale, nessi tra operatore pubblico e iniziativa privata, ruolo dell’intervento straordinario nei meccanismi di crescita, incidenza dei fattori “non economici” nello sviluppo, qualità e consistenza della borghesia industriale nel Sud Italia, ricadute del sapere tecnico-scientifico sulle opzioni imprenditoriali.
6
ARTIGIANO
Un artigiano è un lavoratore esperto che utilizza attrezzi, macchinari e materie prime per la produzione o la trasformazione di determinati oggetti.
Il mondo dei mestieri, scomparsi o in estinzione, può considerarsi tra le più rigogliose memorie che ci legano a un passato neanche troppo lontano e non soltanto a quello personale, ma anche a gruppi di cui abbiamo ereditato i segni. I valori, documentari e testimoniali, hanno un’intensa dimensione socializzante di carattere antropico, storico e culturale. Ogni mestiere è cifra di una manualità vissuta come prestigio personale e dignità collettiva. Un racconto irripetibile, “tale che qualsiasi ricerca, più sagace, acribica e appassionata che si voglia, dal cinema alla narrativa, alla pittura, difficilmente possa far rivivere nella loro integrità, accenti, frammenti gergali, toni e timbri di voci, suoni, colori, odori, ritmi gestuali, prossemiche, sapori e quegli esili grumi di umori, così particolari, che appartengono soltanto a chi li ha personalmente esperiti nella loro quotidianità”. Ora secondo alcuni pensatori e sociologi, la società dei consumi si muove verso una finalizzazione del consumatore, con la manipolazione psicologica di ogni bisogno. Si assiste, secondo Baudrillard, “al dissolvimento della relazione simbolica legata alla gestualità tradizionale del lavoro artigiano”. I mestieri si possono diversificare in un’iridescente eterogeneità. “Di alcuni prendiamo, a diapositiva identitaria, la gestualità, la mimica, la prossemica, nel loro essere sempre affannati, sudaticci, iperattivi a parole e gesti, quasi sempre con perenne raucedine. Di altri artigiani, affiora la loro ridanciane ria e ciarleria. […]Alcuni artigiani quasi si confinavano in una chiusa oligarchia ereditaria, con tutti i reconditi segreti del mestiere. Attorno a tutti, un intridente polline come di malinconia e coraggiosa filosofia esistenziale.” Si entra nelle antiche botteghe, quasi sempre a pianterreno o negli scantinati, come dopo aver varcato una soglia invisibile, oltre la quale si distaccano dal mondo della gente lì fuori, ritmi, misure di spazialità e suoni, colorazioni e penombre. Avvolti in nuove percezioni, rapporti più corposi e vicini di persone e oggetti. “Tocchi il senso e il corpo del foco delle forge, il cuore del legname, dei trucioli, l’anima del cuoio, del ferro, dell’argilla, sapori digrumi e semi di suoni, di luci e bagliori, chiaroscura ture scandite di pause, silenziosità nutrite di vocii, schiocchi, picchiottolii, tinelli: tutto un fascino di genuinità riscoperte; che evocano fette di pane da grano antico, estratte da annose madie di <fratello faggio>”. Nella tradizione economica e culturale dell’Abruzzo, il lavoro artigiano ha svolto un ruolo certamente non marginale. L’artigianato si è inserito in questo quadro produttivo come attività di servizio all’economia agro-pastorale e da questa sua preminente funzione ha tratto molteplici risorse per una costante e, in alcune fasi storiche, rigogliosa presenza, adattandosi con notevole duttilità tecnica ed organizzativa alle differenti richieste del mercato. Le botteghe di fabbri, falegnami, ramai, scalpellini, tinai, ceramisti, calzolai ed altri ancora hanno prodotto beni indispensabili alle loro comunità, trasmettendo da una generazione all’altra, da maestri ad apprendisti, un prezioso patrimonio di tecniche ed abilità pratiche, tese sempre a coniugare l’estro con la precisione e l’accuratezza esecutiva, l’obiettivo estetico con l’indispensabile funzionalità degli oggetti. E accanto a questa produzione di servizio diffusa sul territorio in modo capillare, ed attiva fino al recente passato, gli artigiani abruzzesi sono stati e sono tuttora portatori di una tradizione il cui livello artistico e tecnico ha conferito loro una meritata fama anche oltre i confini regionali. E non vanno dimenticate, inoltre, la raffinatezza dei tessuti in lana e delle tele da corredo, le forme precise e leggere dei lavori ad intreccio, la minuta varietà dei decori ad intaglio su legno, le creative
soluzioni nei mosaici su vetro. Oggi più che mai, l’artigianato si rinnova anche in Abruzzo. I maestri che operano in diverse località della regione, consapevoli depositari di un’esperienza secolare nella trasformazione della materia che si pone al di sopra delle uniformi produzioni di serie, propongono al mercato attuale le proprie capacità di integrare motivi e tecniche di una tradizione illustre con nuovi spunti di ricerca nei materiali e nel design, realizzando con uguale competenza oggetti d’uso come manufatti di notevole rilievo artistico. Nelle loro opere si conserva, così, e si rivitalizza costantemente una porzione significativa dell’identità culturale abruzzese.