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TERRITORIO NARRATO
IL TERRITORIO NARRATO
Geografie dell’abbandono
Laboratorio di progettazione degli interni 2 Professori: Gennaro Postiglione, Lorenzo Bini, Agostino Petrillo Tutors: Michela Bassanelli, Marco Di Nallo, Marco Lampugnani, Elena Naldi
Mara Brozzi Francesca Pozzi Stefania Prina Alice Truant
Borghi abbandonati Frammenti percettivi. Tra oggettivo e soggettivo
Il secondo libro è nato a partire dal viaggio intrapreso in Abruzzo che si è posto come primo obiettivo la verifica dei cinque personaggi, scelti come portavoce e icone dell’Abruzzo all’interno del primo libro elaborato. Ma è stato anche un viaggio che ci ha visto direttamente protagoniste e narratrici in prima persona del territorio che scoprivamo. Secondo la definizione di paesaggio come impressione estetica fornitaci da Humboldt, il territorio é considerato l’oggetto di una contemplazione estetica, che si origina a partire da un cumulo di sensazioni, per poi divenire un “ein”, una sintesi, un uno. Anche questo secondo libro vuole tentare di proporsi come raccolta di “frammenti” e di “impressioni” che portino, in qualche modo, ad una “sintesi”. Articoli, Haiku, fotografie e video, sono stati i mezzi con cui abbiamo provato a raccontare in prima persona il territorio abruzzese, cercando di farci suggestionare dai luoghi che ci circondavano. Ne è nata una raccolta di “frammenti percettivi” di un luogo così come noi lo abbiamo vissuto e che hanno composto poi l’intero libro: parole, poesie, immagini e video, ossimori e sinestesie, colori e suoni. Un libro quindi più soggettivo ma che comunque tenta di analizzare e catalogare i frammenti raccolti, ponendoli in relazione tra loro, facendoli in qualche modo comunicare, rendendoli immediate e tangibili testimonianze della percezione di un luogo.
INDICE CAPITOLO 1 STRATEGIA DI RICERCA
saggio: VERIFICA DEI CINQUE PERSONAGGI
CAPITOLO 2 RACCOLTA FRAMMENTI
2.1 Articoli di giornale
2.2 Haiku
2.3 Sinestesie
2.4 Video
CAPITOLO 3
CONCLUSIONI FINALI_cartoline di viaggio
CD ALLEGATO
indice
1 STRATEGIA DI RICERCA
STRATEGIA DI RICERCA
interviste opinioni
LA GIORNALISTA
voci
immagini
colori
LA FOTOGRAFA
percezione
sensazioni
emozioni
LA POETESSA HAIKU
ricordi
movimento
suoni
LA VIDEOMAKER
ritmo
media
Borghi abbandonati
Le tappe
Vallenquina
5° TAPPA
Serra
4° TAPPA
Castelbasso
6° TAPPA
Castel del Monte S.Stefano di Sessanio
3° TAPPA
1° TAPPA
Castelvecchio Calvisio 2° TAPPA
percorso
Il pastore Il nostro viaggio si è posto come primo obiettivo la verifica dei quattro personaggi, artificio letterario del primo book elaborato, scelti come narratori del territorio abruzzese. Il primo personaggio protagonista del nostro racconto era un pastore. Il pastore viene assunto come emblema dell’attività pastorale tanto praticata in Abruzzo, nonchè della tradizione della transumanza lungo gli antichi tratturi. Oggi la pastorizia è praticata prevalentemente da immigrati dell’est; a Santo Stefano di Sessanio, Elvira, giovane macedone, si occupa della vendita di formaggi di pecora. Nelle piccole botteghe dei borghi visitati la lana resta un antico materiale ancora lavorato. Lungo le strade percorse si osservano ancora numerose pecore accompagnate dai bianchi cani, pastori abruzzesi. Tra i prodotti tipici figurano numerose varietà di formaggi di pecora, arrosticini, uno dei vini locali si chiama Pecorino. Molti borghi come S.Stefano di Sessanio sono collocati lungo l’antica via romana della lana. L’assesore al turismo di Serra Rocca S.Maria conta nel suo comune circa 10.000 pecuri nel periodo estivo.
saggio
Il contadino In seguito al viaggio in Abruzzo, alla verifica dei quattro personaggi, ipotizzati si è aggiunto una quinta figura emblematica: il contadino. Il contadino porta con sè il profondo valore della terra, radicato negli abruzzesi. Gran parte del turismo si basa sull’offerta di prodotti tipici come funghi, spinaci selvatici e altri prodotti offerti dalla terra: così ci racconta l’assessore al turismo di Serra. Percorrendo il territorio abbiamo notato che gran parte della provincia di Teramo è ancora suddivisa in campi coltivati. Lungo i tornanti che conducono a Vallenquina, lungo il ciglio della strada, un contadino, con una vecchia tuta da benzinaio, coltiva con amore il suo piccolo appezzamento, una sorta di piccola e verde terrazza sulla vallata senza alcun parapetto. Nel borgo di Castelvecchio Calvisio un’anziana signora ha creato un vero e proprio pollaio all’interno della sua vecchia casa dai muri a secco.
saggio
Il guardiaboschi Il terzo personaggio scelto è un guardiaboschi, portavoce della natura incontaminata d’Abruzzo. Il 33% del territorio abruzzese è rappresentato da parchi naturali ed aree protette. E’ la regione più verde d’Italia. I borghi visitati sono immersi nel parco del Gran Sasso-Laga circondati da verdi vallate e aspre montagne. Il territorio montuoso inaccessibile ha dettato l’abbandono di questi centri. Vallenquina, è raggiungibile solo dopo un lungo percorso tra verdi tornanti. Serra è un piccolo villaggio collocato su una verde terrazza sulle montagne. Nel comune dello stesso borgo il calendario riporta la figura di un guardiaboschi, qui una delle principali attività é legata alla legna. Il turismo, ci racconta l’assessore, è legato alla natura e ai prodotti tipici: funghi e spinaci spontanei. Nelle montagne che circondano Castel del Monte è possibile intraprendere percorsi sciistici o a cavallo. Persino la bottiglia del vino o il nome della rua riportano le icone naturali-boschive del lupo e dell’orso.
saggio
Il vecchio Il quarto personaggio chiave del territorio abruzzese narrato è un vecchio abitante dei borghi abbandonati visitati. Figura emblematica per comprendere e ricostruire il modo di vivere, le credenze e le usanze di queste piccole comunità arroccate sui monti. Il vecchio è dunque personaggio custode di queste pietre, di queste case, in cui appare ancora incisa la memoria collettiva e l’immenso patrimonio intangibile di questi centri “disabitati”. La voce di un anziano seduto sull’uscio di una casa, su una panchina o al bar a giocare a carte, un’anziana donna vestita di nero, testimoniano della miseria, delle beghe di campanile, dell’emigrazione, del terremoto che hanno travagliato i borghi abruzzesi presi in esame. Serra: un unico abitante, custode della vuota chiesa, case crollate e senza tetto. Castelvecchio Calvisio: porte chiuse, muri in pietra silenziosi. Finestre da cui non si affaccia più nessuno, macerie. Le case fantasme ospitano vecchi arredi ormai non più utilizzati.
saggio
Il serparo L’ultimo personaggio è un serparo, assunto come emblema della forte identità religiosa, a tratti pagana, di questa regione. Al centro dei borghi visitati vi è sempre una chiesa. Nel borgo abbandonato di Serra protagonista del villaggio, posta su una piccola altura, una chiesetta vuota e senza tetto. A Castelvecchio Calvisio e a Castelbasso nel silenzio dell’abbandono le campane risuonano per le rue solitarie. Nella vallata che circonda l’albergo diffuso di S.Stefano di Sessanio un campanile svetta nel verde. Sulla porta chiusa di piazza Carlo del prete è infissa una semplice croce in legno. Presso il comune di Serra dove ogni anno si perpetua la processione pagano-naturale delle lumache il calendario riporta la figura della Madonna. Il fondatore della fondazione Menegaz di Castelbasso non conta il numero degli abitanti nel borgo, bensì il numero di parrocchiani. Il giornale locale riporta nelle prime pagine la processione dei serpari di Cocullo.
saggio
2 FRAMMENTI
2.1 ARTICOLI DI GIORNALE
Santo Stefano di Sessanio
L’Aquila
Venerdì 7 maggio 2010 UNA MATTINA NELL’ALBERGO DIFFUSO
Albergo diffuso turismo muri a secco
DANIEL KIHLGREN camini secolari
Rivitalizzazione fuliggine
scale Profumo d’antico Arti e mestieri autenticità contemporaneo
Jannis Kounellis VALLATA Geppetto Memoria eco voci APE CROSS via della lana cronaca
Il rumore dei nostri passi riecheggia per le vie del borgo, tra il tubare di piccioni, il gracchiare delle cornacchie e il canto di maggio delle rondini. Intorno a noi spesse mura a secco, il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga. Caratteristico abitato d’altura, circondato da un perimetro murario fortificato, rappresenta solo uno tra i numerosi borghi arroccati dell’Italia Centrale. Oggi S.Stefano ospita Sextantio, esclusivo albergo diffuso progettato da Daniel Kihlgren, giovane investitore che negli ultimi cinque anni si è aggiudicato all’interno di questo centro storico un patrimonio immobiliare di circa 3500 mq, facendone impennare i prezzi fino a qualche migliaio di euro al mq. Dopo le grandi emigrazioni nei primi decenni del ‘900 del borgo non restavano che romantici ruderi, oggi riconvertiti, con un approccio di tipo conservativo, a struttura ricettiva. Il restauro, quasi un omaggio all’arte povera di J.Kounellis, di cui scorgiamo un libro, appoggiato su una vecchia panca di legno, ripropone gli arredi interni autoctoni, i classici mobili della nonna e la scura fuliggine di camini secolari, accostati a elementi dalle linee contemporanee come i bianchi sanitari delle lussuose camere. Si sente il Profumo d’Antico, lo stesso riportato su una delle suggestive insegne di legno infisse sopra le botteghe artigianali del borgo. Il restauro ha forse privato il centro della sua genuina autenticità di borgo abbandonato, ma al tempo stesso ha saputo rivitalizzarlo. Qui la vita sembra scandita dai ritmi di lavoro appartenenti al passato, lontani dalla frenesia cittadina. Turisti, prevalentemente inglesi e nordamericani, vi cercano un angolo di relax alla riscoperta dell’Italia vera, dell’Italia inespressa, ci racconta il gestore dell’albergo. Un’ aspirapolvere, le ruote di una carriola, la macchina tosaerba, e il motore scoppiettante di un’ Ape Cross, carico di sedie da regista, sono i protagonisti delle giornate a Santo Stefano. Sull’uscio della porta ci accoglie il personale dell’albergo: un’anziana signora con la scopa in mano ed Elvira, giovane romena, in Italia da appena un mese. I loro discorsi sono semplici, un mix di accento abruzzese e di cadenza dell’est Europa: -“Se vinco il Super Enalotto mi compro tutto l’albergo diffuso”. Dopo una visita alle botteghe delle arti e mestieri in cui si lavorano formaggi caprini, tessuti di canapa e lana, emblema della fervente attività pastorale locale, si mangia da “Geppetto”, ristorante più che casereccio dove le lampade sono ricavate da coppi di terracotta e dalla cui finestra si scorge il campanile che domina la vallata sottostante. In questo borgo, si ha l’impressione di perdersi, ma poi ci si ritrova sempre nelle due stesse piazzette: Medicea e del Prete, dove dominano scale e texture di pietra, si sente l’eco delle voci dei pochi abitanti, il collare di un gattino randagio è fatto con un semplice filo di lana e i vasi di fiori sono ricavati da tronchi di legno. Accoglienti e sorridenti, i pochi abitanti di Santo Stefano non paiono così chiusi. Dal finestrino dell’Ape Cross, che impazza per le vie del borgo, la mano dell’anziano guidatore ci saluta, il rumore del suo motore apre e chiude il sipario della nostra visita al Borgo.
cronaca
Castelvecchio Calvisio L’Aquila Venerdì 7 maggio 2010 QUIETE IRREQUIETA NEL BORGO FANTASMA
Abbandono terremoto SOLITUDINE SUONO DELLE CAMPANE Speranza fede religiosa prospettive scale finestre silenti Emigrazione autenticità Rua delle Sentinelle M.C.Escher
PIETRA
cronaca
fantasmi
Memoria eco voci SILENZIO ultime anime
Il rumore dei nostri passi riecheggia per le vie del borgo, al numero 10 di via Del forno, non c’è un citofono. Nessuno risponde. La soglia in pietra è liscia, consunta dal passaggio, ma nessuno la attraversa più. Varcato l’ingresso ci troviamo di fronte ad uno scenario di solitudine. Uno spazzolino, qualche bottone, un ramo d’ulivo secco, un’immaginetta della Madonna, un calzino logoro, vecchio come come colui che deve aver dormito in questa casa, spadellato in questa vuota e triste cucina. Pare di essere sul set di un film dell’orrore, popolato da fantasmi, in queste stanze silenziose, stanze di un borgo abbandonato: Castelvecchio Calvisio. Per le viuzze del centro non un rumore, solo il suono delle campane, risuona per tutto il borgo. In un luogo tanto denso di memoria si scatenano gli scatti fotografici che tentano di cogliere il suggestivo, quanto malinconico sapore di questo borgo. All’ emigrazione, avvenuta a partire dagli anni ’60, fino al pressoché totale abbandono negli anni ’80 , causato da scarsa accessibilità, assenza di occasioni di lavoro e di servizi di prima necessità, si è aggiunta la tragedia del terremoto dell’Aquila, che si è fatto sentire anche in queste case. A raccontarcelo è Fausto Di Battista, residente all’Aquila, che, insieme al fratello, sta trasformando la casa natale dei suoi genitori a Castelvecchio, in una residenza di villeggiatura estiva. Gli abitanti legati alle proprie origini, come ognuno di noi , non vogliono abbandonare i ricordi familiari, sperano nell’intervento di qualche buon santo, che come Kihlgren a S.Stefano di Sessanio, avendo “lu soldi”, possa ridare vita a questo centro disabitato. Di Battista, incontrato, quasi per miracolo nel borgo, continua il suo racconto: la speranza di tutti è quella di una rivitalizzazione del borgo attraverso il turismo. Il borgo di Castelvecchio, propone un turismo all’insegna della natura, della tranquillità e dell’enogastronomia, tra i prodotti tipici la zona offre: lenticchie, zafferano di Navelli e il non plus ultra, l’olio. Salutato il nostro intervistato, disponibile persino a offrirci “nu café”, continuiamo a camminare tra le rue . Ovunque balconi senza soletta e scale senza parapetto né fine. Ricordano i mondi impossibili del grafico olandese Escher che soggiornò per lungo tempo in Abruzzo, visitando Sulmona e tanti altri paesi. Se non ci fossero i contatori dell’Enel, si dubiterebbe della presenza dell’elettricità. Una tendina, un vaso fiorito e uno stendibiancheria sono i pochi segni di vita delle circa 160 anime rimaste qui a Castelvecchio. Il nostro percorso si conclude in via delle Sentinelle. Mi chiedo chi possa fare la guardia a questo luogo. La strada è chiusa, un muro interrompe la visuale sull’ampia vallata che circonda il borgo, verso l’ermo colle. Non resta nessuno da intervistare, solo noi stessi.
cronaca
Castel del Monte
L’Aquila
Venerdì 7 maggio 2010 BORGO STORICO E NUOVO CENTRO A CONFRONTO
pietra textures
strada
scale
Cinta muraria
TRASFORMAZIONE centro arroccato
MONTAGNE Botteghe
cronaca
Emigrazione abitudini nuovo
piazzetta lastricata
Borghi d’Italia
Memoria
bar
voci
SILENZIO
cantiere villaggio
Dislocazione
Sono le h 18.00. Nei due bar di Castel Del Monte, affacciati sulla strada, è ora di giocare a carte. “Eravamo quattro amici al bar” citando la celebre canzone di Gino Paoli. Per noi è invece l’ora di un caffè, prima di proseguire il nostro tour tra i borghi abbandonati d’Abruzzo. Il barista ci interroga sul perché della nostra visita, non mi sento un’ ospite molto gradita, ho la netta sensazione di aver interrotto, con il mio ingresso nel locale, la routine della partita pomeridiana. Il borgo di Castel Del Monte differisce da S.Stefano di Sessanio e Castelvecchio Calvisio. Ai piedi del centro storico arroccato, sono presenti edificazioni moderne, esempi di edilizia anni ’60, abitazioni, di scarso valore architettonico, dagli infissi in alluminio dorato, per intenderci. Il borgo in questi anni è stato investito da un discreto fenomeno di ripopolamento. Gli emigrati, rientrati a casa, alle vecchie e malandate case in pietra, hanno preferito edificare nuove abitazioni, dotate di moderni comfort. Castel Del Monte è annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Sorseggiando il mio caffè domando al barista che cosa ne pensi. Forse però siamo troppo abituati alle bellezze che ci circondano, saggio Marcel Proust a definire Il vero viaggio non come di nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Lasciato il villaggio moderno si risale verso il centro storico. La visita al paese antico può iniziare da Porta S. Rocco, che un tempo era parte della cinta difensiva, ancora visibile. “Lavori in corso” cita un cartello. Il borgo è un centro in trasformazione, costellato da rossi tubi flessibili e betoniere. Nonostante il borgo sia in fase di ristrutturazione, al momento della nostra visita regna il silenzio. In mezzo alla piazzetta lastricata una palla da gioco, ma nessun bambino gioca per le strada. Il territorio comunale è incluso nella Comunità montana Campo Imperatore-Piana di Navelli. La sua vicinanza alla piana di Campo Imperatore ha favorito la pastorizia. Ironia della sorte, sulla via del ritorno, un bianco cane da pastore abruzzese, poi ribattezzato maremmano, attraversa la strada. Attorno a noi il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, una natura un po’ desolante, dai toni freddi. Difficile non pensare ai paesaggi della romantica Sehnsucht di Friedrich. Sono le stesse montagne che fanno da sfondo a Fontamara, il più celebre romanzo dell’autore abruzzese Ignazio Silone che scrive: “A chi sale a Fontamara dal piano del Fucino, il villaggio appare disposto sul fianco della montagna grigia brulla e arida come su una gradinata”. …E Silone scrive ancora: ” Fontamara somiglia dunque , per molti lati, a ogni villaggio meridionale il quale sia un po’ fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori dalle vie del traffico, quindi un po’ misero e arretrato e abbandonato dagli altri”. Castel Del Monte, uno dei borghi più belli d’Italia, uno dei numerosi borghi abruzzesi in via di abbandono, un’ importante occasione di memoria e di studio . Questi centri attestano processi territoriali che hanno interessato il centro Italia, portano i segni dell’uomo, testimoniano i rapporti in trasformazione tra montagna e sostenibilià.
cronaca
Valleinquina Teramo Sabato 8 maggio 2010 UNA ROCCA SOLITARIA TRA I MONTI DELLA LAGA
paesaggio
campana
ristrutturazione
paesaggio
rocca
VALLATA
cronaca
torre merlata
verdi tornanti
Profumo d’antico
romantico
Briganti
Inaccessibilità
natura
Arti e mestieri autenticità
monti
fiori
BONIFACIO
solitudine
Il percorso verso Valleinquina è lungo e tortuoso, attraverso il parco nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga. Verdi tornanti, pecore e bianchi pastori abruzzesi si susseguono lungo il tragitto. Ancora una volta silenzio e solitudine sono le sensazioni che ci accompagnano, solo i bar al ciglio della strada sono sempre popolati. Sono i Bar italiani, i corrispondenti dei bistrot francesi o dei fast food americani che caratterizzano il nostro paese, riportano vecchie insegne di marchi di caffè o gelato e hanno sedie in plastica affacciate sulla strada. Le rare botteghe che incontriamo sono vecchie drogherie, una sorta di bazar che rifornisce i paesani del latte, dalle gabbie per uccelli sino alle ciabatte. Qui nei paesi del teramano il mercato si fa lungo la strada provinciale, attorno ad un’ ape cross, ormai emblema del nostro viaggio, e poche bancarelle di frutta e verdure si riuniscono le anziane locali. Lasciati i centri abitati, intorno a noi solo le montagne. Sotto il monte Feltrone numerosi punti panoramici e tavoli da pic-nic. Un uomo in tuta da benzinaio smuove la terra sul suo appezzamento che pare una piccola e verde terrazza senza parapetto affacciato sulla valle sottostante. Il nostro viaggio prosegue all’ombra delle imponenti e un po’ brulle montagne circostanti, incrociamo una frazione di Valle Castellana, si chiama Macchia di Sole come i rari sprazzi di luce che di rado illuminano la strada. Giunti a Vallenquina di fronte a noi un piccolo borgo, o meglio un agglomerato di casupole attorno ad un antica rocca. Vallenquina è tutta raccolta attorno ad una rocca del XVII secolo appartenuta ai Bonifacio. La sua posizione tanto romantica, quanto inaccessibile ha determinato la continua sottoposizione del borgo a fenomeni di brigantaggio e successivamente all’abbandono. Le poche case, circondate da iris e mughetti in fiore, sono ormai solo rotta di vacanze estive. Lo scenario è quello di un borgo-castello medievale, non mancano una chiesetta con le campane, la torre della rocca merlata, recentemente ristrutturati all’insegna di un restauro “stilistico” alla Viollet-Le-Duc.
cronaca
Serra
Teramo
Sabato 8 maggio 2010 UN BORGO, UN SENTERO, UN ABITANTE
SENTIERO macerie natura circostante Abbandono solitudine STANZE VUOTE muri crollati monti chiesa solitaria TERREMOTO autenticitĂ desolazione ultimo abitante
VALLATA
cronaca
anziano
Memoria
eco
voci
SILENZIO
borgo fantasma
L’intero borgo si affaccia sul sentiero: solitudine Questo potrebbe essere un haiku, breve composizione giapponese dalla rigida metrica, incentrato sul borgo di Serra. Serra è un piccolo borgo tra i monti della Laga. L’intero villaggio, ormai ridotto a ruderi, si affaccia su un unico e sentiero sterrato che si conclude in una grande terrazza verde sulla vallata circostante. Solo una chiesa senza né tetto né porta si staglia solitaria su una piccola altura all’ingresso del borgo. Viaggia la fantasia: le sue mura sconsacrate sembrano pronte ad accogliere luminose sculture contemporanee oppure ad essere lasciate vuote, invitando alla memoria e alla riflessione come nella Vide stanza di Yves Klein. Un solo abitante, un anziano abita ancora qui a Serra. Ci riceve borbottando e richiude con sospetto la porta di casa sua, l’unica dagli infissi moderni in alluminio. Una sola anima rimasta e la tomba del cane Vasco : “Vivere, oggi voglio stare spento”. Spento come questo villaggio che oggi sembra appartenere interamente all’ultimo anziano qui residente. Un solo bidone della spazzatura, certo non raccolta dall’Amsa, contiene un maglione logoro, guanti da lavoro, certo oggetti prima appartenuti all’unico abitante, ormai custode honoris causa del borgo. Dentro le case vecchi mobili abbandonati, negli scatti fotografici un gruppo di sedie ricorda le installazioni povere e minimaliste di Kounellis, artista già ritrovato a S.Stefano di Sessanio. All’uscita dal borgo due contadini tagliano mucchi di legna fresca, accatastati sul rimorchio del trattore come cumuli di Arman o di Pistoletto. Non sarà forse un caso che il vicino borgo di Castelbasso sia diventato una rocca dell’arte contemporanea ? Lasciamo il borgo interrogandoci: sarà giusto riappropriarsi di questi borghi, appartenenti agli ultimi abitanti, custodi della materia e della memoria? Quale strategia progettuale può garantire la persistenza della memoria di queste realtà, senza stravolgerne l’autenticità? I borghi sono un patrimonio tout-court da valorizzare e, secondo la definizione di sostenibilità, da tramandare alle generazioni future.
cronaca
Castelbasso Teramo Sabato 8 maggio 2010 IL BORGO DELL’ ARTE SOSPESO TRA LE COLLINE E L’ ADRIATICO
ARTECONTEMPORANEA turismo
FONDAZIONE MENEGAZ ristoranti
e bar
Rivitalizzazione
musica Profumo d’antico eventi cultura autenticità prodotti tipici seconde case VALLATA Parrocchia COLLINE MARE voci MOSTRA GUIDO GUIDI restauro
cronaca
Il primo incontro cha facciamo a Castelbasso è Mario, residente a Roma. Mario, una sessantina d’anni, legge il suo libro poliziesco “Il giudice e il suo boia”, di Dürrenmatt, seduto su una solitaria panchina affacciata sulla vallata. Di fronte a lui il massiccio del Gran Sasso, ce ne indica la cima, nascosta dalle nuvole. Mario risiede a Roma e come tanti altri abitanti della capitale o di Milano ha trovato qui a Castelbasso il rifugio ideale per le sue gite fuori porta. Strade che corrono fra le montagne del Centro Italia, colline che digradano verso l’ Adriatico, ad appena due ore d’ auto da Roma, in queste verdissime zone dal clima temperato dove verdi diversi disegnano pendii. Castelbasso, sulle colline della Valle del Vomano, tra il Gran Sasso e l’ Adriatico, è un borgo medioevale ad un passo da Teramo, d’ inverno conta appena cento abitanti, cinto da ruvide mura, con una storia fatta di monaci, feudatari e pastori, con la sua torre pentagonale e la chiesetta trecentesca di pietra. Castelbasso non rientra infatti nel numero di borghi d’Abruzzo in stato di abbandono, il suo centro a partire dall’esperienza del 1987 Castel d’arte, grazie all’associazione Amici di Castelbasso si è trasformato in una piccola rocca dell’arte. Castelbasso è conosciuta a livello nazionale per aver ospitato artisti contemporanei del calibro di Burri, Pistoletto, Fontana, Schifano, Baj e tanti altri ancora. In questi giorni la Fondazione Melvina Menegaz ospita una personale dedicata al fotografo Guido Guidi con la serie “Fiume07”. L’esperienza dell’arte contemporanea, inizialmente guardata con sospetto dai suoi abitatanti, ha permesso la rivitalizzazione del centro del borgo. Oggi tra le case in pietra, ristrutturate secondo moderni criteri del restauro, si scorgono candele, bar e un ristorante, testimonianze dei flussi di turisti che si accalcano per le vie del borgo nei periodi estivi attratti dalle numerose iniziative proposte da “Castelbasso progetto cultura” . Acciaio e terracotta, musica e teatro, pecorino e naturalmente arte hanno letteralmente invaso questo piccolo centro storico abruzzese. E’ un luogo da transumanza artistica, «Lo spopolamento di Castelbasso sembrava inarrestabile» spiega Osvaldo Menegaz, fondatore dell’associazione “Amici per Castelbasso”, «noi vogliamo rivitalizzarlo con la cultura». Prossimo appuntamento con Alighiero Boetti e la coppia di giovani artisti Bianco-Valente che proietteranno installazioni luminose alla Dan Flavin sulle mura del borgo.
cronaca
2.2 HAIKU
L’haiku L’haiku è una forma poetica che affonda le proprie radici nella tradizione letteraria giapponese; introdotto nel XVII secolo è caratterizzato da una struttura metrica rigorosa: un componimento poetico di tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora cinque sillabe. Tema privilegiato dell’haiku è il mondo naturale, le suggestioni evocate da eventi minimi, casuali o apparentemente insignificanti; scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell’animo. La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare. La stesura poetica corrisponde all’atto di cogliere ciò che trascorre, dare immagine a ciò non può essere fissato, che rifiuta contorni. La parola, il verso, il suono, nella loro essenzialità ed immediatezza, si fanno tramite tra il mondo reale e quello sensoriale. Proprio per l’estrema brevità richiede una grande sintesi di pensiero e d’ immagine.
frammenti
Scenografia: realtĂ irreale borgo nel borgo
Silenzio: l’abbaio di un cane penetra la roccia
Muri crollati, la natura padrona invade le case
Pioggia di maggio, tra curve infinite, perse nei monti
Un abitante, Tante porte chiuse. Solitudine
Monti infiniti nascondono l’orizzonte: un castello
Valli aperte valli chiuse, la terra respira.
Dolci colline, di verdi diversi disegnano pendii
Tra case mute una finestra parla: musica si diffonde
Convivono presente e passato, inanimati
A Castelvecchio non c’è nulla e c’è tutto. Io immagino
Stanze fantasma: frammenti di vita ci raccontano
Magico mondo di muri silenti. E tutto parla
Porte chiuse, scale dimenticate, quiete inquieta
Su facciate morte finestre colorate ci sorridono
2.3 SINESTESIE
Abruzzo è paesaggio in movimento. Un paesaggio disegnato da una compresenza di linee. Layer sovrapposti di differente natura orografica: coesistono montagna, collina e pianura.
spiare le assenze
ascoltare i silenzi
volti tra le assenze
volti tra le assenze
volti tra le assenze
volti tra le assenze
SINESTESIE... dizionario italiano SINESTESIA: 1 psicol. Fenomeno psichico consistente nel sincronismo funzionale di due organi di senso, dovuto alla stimolazione di uno solo di questi. 2 ret. Particolare forma di metafora che consiste nell’associare termini pertinenti a sfere sensoriali differenti. sinestesia viene dal greco syn (= unione) ed aisthesis (= sensazione). Letteralmente significa “percepire insieme”. Sinestesia indica situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. LA SINESTESIA CONSISTE “NEL COLLEGAMENTO DEI SENSI”
2.4 VIDEO
Borghi abbandonati
Abruzzo
Scena 1
vento silenzio
fruscĂŹo
Scena 1
Scena 2
Scena 3-4
Serra Castel vecchio Calvisio COLONNA SONORA Moderat A new error
Castelvecchio Calvisio COLONNA SONORA Ellen Allien & Apparat Retina
S.Stefano di Sessanio Serra COLONNA SONORA Pink satellite Saint Germain Des Pres
video
passi
Scena 2
Scena 3
Scena 4
rintocchi motore
taglialegna
SINOSSI: Video percorso attraverso i diversi aspetti dei borghi abruzzesi durante il nostro viaggio. Associazione di immagini, suoni e parole per ricostruire un frammento della realtĂ da noi vissuta in prima persona.
video
3 CONCLUSIONI
Cartoline di viaggio
Conclusioni
Accoglienza, senso di ospitalità degli abruzzesi. Gli intervistati sono molto disponibili a rispondere alle nostre domande. Nei loro volti leggiamo la speranza per il futuro dei loro borghi natali. Sperano in una rivitalizzazione all’ insegna del turismo: risposta favorevole all’esperienza dell’albergo diffuso progettato da D. Kihlgren nonchè a proposte progettuali che coinvolgano direttamente i residenti creando per loro nuove opportunità lavorative. Occasioni di lavoro significano ripopolamento dei borghi, ormai abitati pressochè da soli anziani. Anche l’ipotesi di un flusso turistico stagionale può rivitalizzare il borgo. La ristrutturazione al fiine di creare seconde case significa, per gli abitanti del luogo, non lasciare decadere le pietre in cui sono inscritte le memorie dei genitori.
Santo Stefano di Sessanio , Borghi più belli d’Italia. ABRUZZO 2010
UN ANZIANO: volti abruzzesi Memorie e ricordi del passato
Conclusioni
Ripercorrere a piedi, a cavallo, con gli sci le antiche vie della transumanza. Natura significa inoltre prodotti tipici biologici e sostenibili, enogastromia altra potenzialità da sfruttare in ipotesi progettuali di rivitalizzaione dei borghi.
Cartoline di viaggio
Abruzzo: regione verde, dove la natura fa da padrona, terra vergine come cita D’Annunzio e l’assessore al turismo di Serra. L’abbandono e la scarsa accessibilità ha permesso all’interno montano di questo territorio di rimanere intatto. Il turismo deve puntare sull’ immenso valore paesaggistico della regione. Molti borghi rappresentano una potenzialità attrattiva proprio in virtù della loro romantica collocazione nella natura. La loro posizione permette di immaginare una rete di percorsi di relax e meditazione nel verde di cui i borghi rappresentino dei poli.
Abruzzo è Appennino, veduta dei Monti della Laga, ABRUZZO 2010
NATURA: Abruzzo, una regione verde La grande risorsa paesaggistica
Cartoline di viaggio Conclusioni
L’esperienza dell’ albergo diffuso progettata da D. Kihlgren è accettata positivamente dagli abitanti locali. Forse non risponde alla romantica aspirazione di un ripopolamento dei borghi e non solo ad un nuovo afflusso di tipo turistico. Ciascun borgo deve però essere considerato in virtù della sua accessibilità sia in un’ottica di riqualificazione turistica che nell’ipotesi di creazione di residenze al suo interno. Il parametro del valore architettonico e paesaggistico è in primo piano per il turismo. Ciascun borgo va inoltre considerato in relazione agli altri nell’ ipotesi della creazione di una rete, per una varietà di offerta turistica e di occasioni di lavoro. L’ultima riflessione sulla dismissione è se sia giusto o meno riappropriarsi di questi borghi o se lasciare che il tempo faccia il suo corso e la natura si appropri dei romantici luoghi.
Le botteghe della lana, lavorazioni artigiane, ABRUZZO 2010
ALBERGO DIFFUSO: riflessioni sull’esperienza Turismo e ripopolamento dei borghi
Cartoline di viaggio Conclusioni
Il tema dell’ abbandono dei borghi abruzzesi è complesso e vario. Si potrebbe parlare di una sorta di stratigrafia dell’abbandono. Esistono diversi borghi abbandonati, diverse tipologie di abbandono. Centri abbandonati da anni, altri svuotati recentemente in seguito al terremoto. In un’ottica di recupero dei borghi sia a fine turistici che di ripopolamento occorre distinguere oltre alle cause e alla modalità anche il grado di abbandono di tali borghi. Possiamo a prima vista scindere borghi ridotti a ruderi da borghi parzialmente recuperabili. Questa distinzione può suggerire un’ ipotesi di recupero nel caso delle rovine all’insegna della land art o del design nel caso di borghi ruderi oppure di un restauro di ripristino per i borghi in parte integri.
Borghi abbandonati, recupero e memoria, ABRUZZO 2010
ABBANDONO: romantici ruderi o rispristino? Tra memoria, autenticità e suggestione