L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA
Tra le novità di rilievo che la Riforma Urbani ha prodotto, rientra anche quella relativa alla qualità architettonica, sebbene l’iter normativo non sia ancora concluso e sembra essersi momentaneamente arrestato. Data l’importanza dell’innovazione, sembra opportuno trattarne in questa sede, ribadendo l’avvertenza che ancora non si è giunti alla fase finale del procedimento legislativo. Il 25 luglio 2003 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla qualità architettonica, segnando una tappa decisiva verso la risoluzione dei problemi relativi alla tutela dell’architettura contemporanea e verso la nascita di una cultura della qualità architettonica ed urbanistica. Nella relazione illustrativa al provvedimento si mette subito in evidenza la necessità “…di richiamare l’attenzione dei cittadini, delle istituzioni, dei
professionisti e di tutti quanti operano nel settore, sul tema della qualità dell’architettura, dell’urbanistica, degli spazi urbani e del territorio e del raggiungimento di più elevati standard di progettazione e di realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture, in grado di contribuire alla salvaguardia del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita della collettività…”.
Preliminarmente, è bene soffermarsi sul fatto che il riconoscimento della qualità dell’architettura e dell’urbanistica come bene sociale è stato il principio ispiratore del disegno di legge, facendone scaturire un impegno rilevante in termini economici e legislativi per valorizzare, tra l’altro, i concorsi di progettazione per la realizzazione delle opere pubbliche e per superare l’impasse determinato dalla normativa di riferimento sulla tutela dell’architettura contemporanea. L’art. 1 richiama l’art. 9 della Costituzione, affermando la finalità della legge che è quella di promuovere e tutelare la qualità dell'ideazione e della realizzazione architettonica, cui si riconosce particolare rilevanza pubblica. La nozione di qualità architettonica viene precisata nell’art. 2 , in base al quale (per qualità architettonica e urbanistica) “…si intende l’esito di un
coerente sviluppo progettuale che recepisca le esigenze di carattere funzionale, sociale e formale poste a base della ideazione e della realizzazione dell’opera e che garantisca il suo armonico inserimento nell’ambiente circostante…”. Una definizione di tale tipo non trova precedenti nell’attuale ordinamento giuridico, segnando in definitiva un notevole progresso in un più ampio progetto di “qualità della vita “. Nell’ambito di questa finalità, di carattere generale, relativa alla qualità vengono poi individuati (art. 3) gli obiettivi necessari per perseguirla, che sono :
a) l'incentivazione della qualità del progetto e dell'opera architettonica, con riferimento anche agli interventi di riqualificazione; b) il ricorso ai concorsi di idee o di progettazione per gli interventi nuovi e di recupero; c) la partecipazione dei giovani progettisti ai concorsi di idee o di progettazione, anche mediante la previsione nei bandi di una riserva a loro favore di parte dei rimborsi spese destinati ai concorrenti ritenuti meritevoli che non risultino vincitori; d) l'ideazione e la progettazione di opere di rilevante interesse architettonico; e) l’individuazione delle opere di architettura contemporanea di particolare valore artistico; f) la promozione dell'alta formazione e della ricerca; g) la conservazione, la gestione e la valorizzazione degli archivi di architettura contemporanei. h) la piena attuazione e valorizzazione del principio di accessibilità quale criterio progettuale. Uno degli aspetti più innovativi e che si riflettono anche sulla tutela dei beni culturali in generale è quello relativo alla lett. e) dell’art. 3 e cioè l’individuazione delle opere di architettura contemporanea di particolare valore artistico. Con riferimento a questo oggetto, appare utile aprire un’ampia parentesi per meglio comprendere il problema che si pone in proposito. La questione principale legata all’architettura contemporanea, da un punto di vista giuridico, è indubbiamente legata alla verifica della sussistenza nell’ordinamento giuridico di qualche forma di tutela e a fortiori se sia possibile prospettare una simile esigenza, sentita e condivisa da più parti per questo tipo di opera. Da questo punto di vista, oltre che al dibattito scientifico, in corso da diverso tempo ormai, sulla necessità o meno del riconoscimento, della valorizzazione e della tutela delle arti contemporanee, è sufficiente soffermarsi su una delle più rilevanti linee di intervento della riforma ministeriale del 1998 (confermata da quella successiva del 2004) per capire come questa esigenza sia “sentita” dallo stesso legislatore. In particolare, si fa riferimento, nell’ambito delle articolazioni del Ministero per i beni e le attività culturali, alla previsione di una nuova area di competenza specificata per la prima volta con la riforma del 1998 e confermata in quella del 2004: quella dell’arte e dell’architettura contemporanea. Si legge nella relazione motivante il D.lgs. 20 ottobre 1998, n. 368 che questa area, appena indicata, è frutto dell’idea “…che alla fondamentale funzione di
salvaguardia della nostra eredità culturale debba accompagnarsi quella del sostegno alla formazione e diffusione di nuove testimonianze della sensibilità creativa della nostra epoca …”.
Con queste parole viene affermato il principio fondamentale del riconoscimento, della promozione, della valorizzazione e, conseguentemente, della tutela delle arti, ed in particolare dell’architettura, contemporanee. Questi compiti sono stati affidati, in primo luogo, alla DARC, la Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee, istituita con il DPR n. 441 del 29 dicembre del 2000. All’interno di questa Direzione Generale esiste un Servizio Architettura e Urbanistica che opera, tra l’altro, in due aree tematiche: la promozione della progettualità contemporanea e la tutela dell’architettura degli ultimi 50 anni. La riorganizzazione del Ministero compiuta dal D. lgs. n. 3/2004 e dal Regolamento collegato (ancora in fase di approvazione) prevede la collocazione della Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanee nell’ambito dell’articolazione del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici . L’art. 10 del Regolamento conferma al comma 1 l’attribuzione in capo alla DARC di funzioni e compiti in materia di promozione della cultura architettonica ed urbanistica e dell’arte contemporanee. In particolare, in coordinamento con il disegno di legge sulla qualità architettonica, il comma 2 prevede, alla lettera c), che il Direttore Generale
promuova la qualità del progetto e dell’opera architettonica e urbanistica ,anche mediante ideazione e, d’intesa, con le amministrazioni interessate, consulenza alla progettazione di opere pubbliche di rilevante interesse architettonico, con particolare riguardo alle opere destinate ad attività culturale, ovvero che incidano in modo particolare sulla qualità del contesto storico-artistico e paesaggisticoambientale; alla lettera d) che il Direttore Generale dichiari l’importante carattere artistico delle opere di architettura contemporanee, ai sensi dell’articolo 20 della legge 22 aprile 1941, n. 633; alla lettera e) che il Direttore Generale ammetta ai contributi economici le opere architettoniche dichiarate di importante carattere artistico e gli interventi riconosciuti di particolare qualità architettonica o urbanistica. In base alle considerazioni appena svolte, si ricava agevolmente che la presenza di un centro abilitato al riconoscimento e alla tutela delle opere di architettura e di arte contemporanee manifesta la sussistenza dell’interesse istituzionale per il soddisfacimento di questa esigenza. Si tratta di verificare a questo punto quale tipo di tutela sia stato predisposto per le opere ascrivibili al settore e se possa essere considerato efficace. L’individuazione delle eventuali forme di tutela deve necessariamente procedere su due piani, in quanto il nostro ordinamento prende in considerazione le opere dell’architettura contemporanea da due punti di vista diversi, a seconda dell’interesse da tutelare. Il primo è quello peculiare della tutela dei beni culturali, così come individuati dalla normativa vigente. Il Codice, salvo qualche aggiustamento relativo alla contraffazione delle opere ed agli attestati di autenticità – artt. 178 e 64 - , non produce delle innovazioni significative rispetto alla posizione assunta dal legislatore con il
Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali. Da questo punto di vista, la normativa vigente esprime chiaramente il concetto che tutto quello che può essere “contemporaneo” non rientra nella tutela prevista dalle disposizioni in materia di beni culturali, se non prima che sia trascorso un certo limite di tempo. La norma di riferimento è contenuta nel comma 5 dell’art. 10 , che ripetendo quanto già previsto dalla normative precedenti – sino a comprendervi le disposizioni della legge n. 1089 del 1939 - , dispone che “…non sono soggette alla disciplina del presente Titolo – riferito alla Tutela dei beni culturali – le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e) che siano opera di autore
vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni…”
Un’innovazione invece è quella che prevede l’art. 11, con riferimento ai beni oggetto di specifiche disposizioni, in base al quale sono da includere , qualora ne ricorrano i presupposti e le condizioni, e limitatamente alla previsione della disposizione specifica, anche le opere dell’architettura contemporanea di particolare valore artistico, nella ipotesi di cui all’art. 37 ( Contributo in conto interessi), comma 4. In un certo senso, dopo aver affermato l’esistenza di un centro istituzionale abilitato alla tutela dell’architettura degli ultimi 50 anni, riscontrare che esiste una norma che impedisce di fatto l’applicazione della tutela peculiare dei beni culturali alle opere che non abbiano almeno cinquant’anni potrebbe lasciare quantomeno perplessi. Tuttavia è bene precisare che questa apparente incongruenza è dovuta nei due casi a delle motivazioni diverse che rispondono ad esigenze diverse. In particolare, per quanto riguarda il limite temporale, è ormai osservazione prevalente che il legislatore abbia voluto fare in modo che la produzione artistica più recente non fosse sottoposta ai vincoli normativi imposti dalla disciplina di tutela dei beni culturali, in quanto potrebbe venire limitata la commerciabilità delle opere e la libertà dell’artista, pregiudicato sul piano economico dalla impossibilità di far circolare liberamente le proprie opere. Questa è stata l’indicazione prevalente fornita dalla dottrina riguardo alla ratio legis del limite temporale imposto ai fini della tutela del bene culturale (in linea con la ormai “storica” relazione che accompagnava il testo legislativo del 1939). Il dibattito dottrinale che si è sviluppato sul tema, soprattutto a partire dagli anni 80, ha tuttavia evidenziato l’esistenza di questa incongruenza relativa alle opere di arte contemporanea, mettendo in rilievo una forte esigenza di superamento della disposizione in esame, non tanto diretta all’eliminazione del predetto termine, quanto e più specificamente orientata a prevedere una possibile, sia pure limitata, azione di concreta tutela di opere che abbiano età inferiore a cinquanta anni, rispettando alcune condizioni particolari, quale, ad esempio, quella che si tratti di opere il cui autore sia deceduto [ TAMIOZZO]
Da un altro punto di vista, nel corso del tempo si è fatta sempre più strada l’idea che la tutela sotto forma di vincolo non debba essere vista necessariamente con disfavore ai fini della determinazione del valore economico dell’opera. Il vincolo di per sé non causa alcun deprezzamento del bene, anche se ne limita la commerciabilità al territorio nazionale. Al contrario, il vincolo produce sicuramente degli effetti positivi sul valore del bene. Si pensi, ad esempio, al fatto che il vincolo costituisce indubbiamente una certificazione ufficiale dell’autenticità del bene e della sua rilevanza per il patrimonio culturale del Paese oppure agli indubbi vantaggi fiscali che il bene vincolato apporta. Il legislatore, tuttavia, con le sue prescrizioni contenute nel Codice, pur mostrando un’apertura nei confronti di alcuni aspetti relativi alla tutela di opere contemporanee, è rimasto fermo nella sua posizione assunta in merito al limite temporale, che non è stato ancora abbattuto né limitato nella sua durata, preferendo intervenire con miglioramenti su di un altro tipo di tutela che può essere predisposta a favore di questa tipologia di opere e che è stata riconfermata nel disegno di legge sulla qualità architettonica. Si tratta della tutela offerta dalla normativa sul diritto d’autore, di cui è bene fornire qualche opportuna informazione. In particolare, il dato normativo è quello offerto dagli artt. 20 e 23 della legge sul diritto d’autore (l. n. 633 del 1941) e l’art. 15 del regolamento di esecuzione, il R.D. n. 1369 del 1942. Sono queste le norme che prevedono la possibilità per l’autore dell’opera architettonica di richiedere alla competente autorità statale il riconoscimento dell’importante carattere artistico della sua opera, con la conseguente ammissione ai relativi contributi economici, e altresì, fatto ancora più rilevante, l’attribuzione della facoltà all’autore di studiare e attuare le modifiche dell’opera che dovessero rendersi necessarie nel corso del tempo. Si ritiene utile, anche in questo caso, procedere ad alcune osservazioni sui pochi dati offerti in proposito dalla normativa. In primo luogo, l’opera architettonica che trova tutela all’interno della legge sul diritto d’autore è soltanto un’opera dell’ingegno, dotata cioè del carattere della creatività, che, per la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, si risolve nella novità ed originalità della stessa. In altri termini, quell’opera è dell’ingegno perché è frutto dell’apporto individuale , personale dell’autore e perché “…stimola reazioni diverse da quelle che nel medesimo percipiente possono stimolare altre opere preesistenti…”, per dirla con la dottrina maggioritaria [GRECO-VERCELLONE] Che cosa comporta il fatto che l’opera sia dell’ingegno? La sottoposizione alla tutela prevista dalla l. d.a. e, pertanto, il riconoscimento all’autore di un insieme di diritti di utilizzazione economica dell’opera ( indicati agli artt. 12 e ss. l. d.a. ) e di diritti a difesa della personalità dell’autore, che costituiscono il c.d. diritto morale dell’autore ( indicati negli artt. 20 e ss. l. 633 del 1941). Si pensi al diritto di rivendicare la paternità dell’opera o al diritto di opporsi a modifiche dell’opera lesive dell’onore e della reputazione dell’autore.
In tema di modificazioni, inoltre, esiste una norma dedicata esclusivamente alle opere di architettura. Si tratta del secondo comma dell’art. 20 della legge richiamata, in base al quale le facoltà spettanti all’autore vanno contemperate con quelle inerenti al diritto di proprietà che spetta a persona terza rispetto all’autore. E’ questo l’aspetto che maggiormente riguarda ed interessa queste osservazioni relative ad un’efficace tutela dell’opera architettonica contemporanea. Uno dei problemi collegati alla tutela di questo tipo di opera, infatti, risiede nel possibile conflitto che potrebbe instaurarsi con le ragioni della proprietà. La norma, in ambito generale, prevede che l’autore non possa opporsi alle modifiche che si rendano necessarie durante o dopo l’esecuzione della stessa, in funzione delle esigenze del proprietario o del committente: in tal modo è data la prevalenza alle facoltà inerenti al diritto di proprietà rispetto quelle inerenti al diritto morale d’autore. Un temperamento, però, è previsto, proprio nel caso delle opere dell’architettura, a favore del diritto d’autore e a scapito del diritto di proprietà, quando all’opera sia riconosciuto importante carattere artistico, su richiesta dell’autore. In tal caso, come si diceva in precedenza, spetta all’autore lo studio e l’attuazione delle modifiche dell’opera, che si rendessero necessarie. E’ quasi superfluo ricordare che l’indicazione di cui all’art. 15 del regolamento del 1942, riferita al Ministro per l’educazione nazionale debba intendersi oggi al Ministro per i beni e per le attività culturali, quale autorità statale competente al riconoscimento del carattere artistico dell’opera. E’ possibile chiedersi a questo punto se il temperamento delle ragioni della proprietà su quelle dell’autore dell’opera architettonica garantiscano o meno una certa forma di tutela dell’opera stessa. In effetti, anche in questo caso, si può constatare che esistono degli aspetti problematici la cui soluzione potrebbe comportare una più efficace tutela dell’opera de qua. Il primo problema da affrontare e risolvere (come si vedrà più avanti il legislatore lo ha fatto nel disegno di legge sulla qualità architettonica) è quello relativo alla natura privatistica del procedimento de quo. E’ indubbio, infatti, che il legislatore del 1941 ha previsto nell’art. 15 del Regolamento che l’iniziativa del riconoscimento sia esclusivamente del privato, a tutela di un suo interesse (diritto) privato, non costituendo, cioè, frutto di una doverosa iniziativa propria dell’autorità pubblica. L’intervento di quest’ultima non riveste natura pubblicistica, secondo il tenore della norma richiamata, in quanto non può essere esercitato d’ufficio, come dovrebbe avvenire invece ove vi fosse un interesse pubblico da tutelare, non essendo ipotizzabile che la P.A. per la tutela di un interesse pubblico, debba attendere l’iniziativa privata. [In questo senso, si è anche espressa la giurisprudenza con un’interessante sentenza del TAR Toscana, sez. III, n. 454 del 15 marzo 2000. ]
Un’altra conseguenza, strettamente legata a questo aspetto, è quella data dal fatto che l’autore, e solo l’autore, sarà il soggetto legittimato a dare l’avvio al procedimento di riconoscimento del carattere artistico dell’opera. L’intervento della P.A., oltre a non poter essere esercitato d’ufficio, non potrà in alcun modo essere sollecitato da altro soggetto privato che non sia l’autore, neanche quindi se si trattasse di un erede dell’autore stesso. La ratio legis appare chiara: è l’autore, l’unico soggetto che possa apportare modifiche all’opera, una volta che si vengano a rendere necessarie, in quanto a lui si deve la creazione della stessa . Si tratta evidentemente, una volta riconosciuto dalla P.A. il particolare valore artistico dell’opera, di un diritto personale e intrasmissibile legato alla creatività dell’artista. Fin qui la parentesi relativa alle problematiche legate alla tutela dell’architettura contemporanea. Si tratta di analizzare a questo punto se il disegno di legge sulla qualità architettonica abbia previsto delle disposizioni adeguate dirette alla soluzione dei problemi da ultimo segnalati. In effetti, l’art. 6 (Opere di architettura contemporanea di particolare valore artistico) sembra confermare l’adozione da parte del legislatore di prescrizioni adeguate per la soluzione dei problemi segnalati, dirigendosi nel settore del diritto d’autore come strumento idoneo per la tutela delle opere di architettura contemporanea. In particolare, il Ministero per i beni e le attività culturali, d’ufficio o su proposta della regione, della provincia o del comune, provvede, sulla base di criteri e standards predefiniti con decreto del Ministro, a dichiarare il particolare valore artistico di cui all’art. 20, comma 2, l.d.a. Un’altra novità riguarda la dichiarazione di particolare valore artistico che dovrà essere comunicata all’autore, al proprietario, possessore o detentore dell’opera ed al comune nel cui territorio l’opera è ubicata. Un ulteriore aspetto innovativo viene affrontato nel comma 3 dello stesso articolo, dove si legge che la dichiarazione rilasciata viene revocata nel caso in cui sia verificata la mancata persistenza del particolare valore artistico dell’opera, dopo che siano intervenute le modificazioni della stessa di cui al comma 1 dell’art. 20 l.d.a. E’ utile osservare, inoltre, la possibilità prevista, nell’art. 7 del disegno di legge esaminato , del conferimento di riconoscimenti ad enti pubblici e soggetti privati che “…abbiano commissionato, ideato o realizzato opere di rilevante
interesse architettonico o urbanistico, artistico…”
opere dichiarate di particolare valore
Infine, il comma 4 dell’art. 9 prevede che sul prospetto principale (o comunque in modo pubblicamente visibile) degli edifici, dichiarati di particolare valore artistico ex art. 6, venga riportata “… l’indicazione del progettista, del
committente e dell’esecutore delle opere nonché della dichiarazione di particolare valore artistico…” Per concludere l’esame del disegno di legge sulla qualità architettonica, si ricordano anche le previsioni di cui all’art. 13 che prevede la costituzione della
Fondazione per la qualità architettonica e dell’ambiente ad opera del MiBAC, del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e delle Regioni. La Fondazione rappresenta per gli stessi e per gli altri soggetti partecipanti un centro di elaborazione propulsione di idee, criteri e metodologie nella materia, prestando anche attività di consulenza.