A scuola nel parco vol i

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Bruno Niola

A SCUOLA NEL PARCO

Riflessioni e percorsi di educazione alla sostenibilitĂ

Edizioni CEAPOLLINO

Vol. I

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Bruno Niola A scuola nel Parco Percorsi e pensieri di educazione alla sostenibilità Volume I

ISBN 978-88-941861-0-9

FOTO DI COPERTINA Silvia Sgrosso, elaborazione grafica Domenico Gioia FOTOGRAFIE Egidio Antonio Conte, Angela Mele, Bruno Niola, Silvia Sgrosso Si ringrazia per la collaborazione al progetto Egidio Antonio Conte, Lucia Mancusi, Angela Mele, Silvia Sgrosso, Rocco Verrascina PROGETTO “IL RICHIAMO DELLA FORESTA” FINANZIATO DALL’ENTE PARCO NAZIONALE DEL POLLINO

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SOMMARIO PREMESSA a cura di Lucia Mancusi .............................................................................................................................. 5 PRIMA PARTE: I concetti e le azioni - Cosa è l’educazione ambientale ........................................................................................................ 7 - L’educatore/conduttore ............................................................................................................................... 10 - Il gioco come momento formativo ................................................................................................. 12 - Come ci si prepara ........................................................................................................................................... 13 - Suggerimenti ed esempi di attività ............................................................................................... 15 SECONDA PARTE: Il progetto “Il richiamo della foresta” - L’idea progettuale ............................................................................................................................................. 39 - La rassegna fotografica ............................................................................................................................... 41 - Le riflessioni degli studenti e degli educatori ................................................................... 51 Bibliografia ............................................................................................................................................................... 61

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Caminante no hai camino se hace camino andar Caminante son tus huellas el camino y nada mas (A. Machado)

PREMESSA L’ambiente rappresenta un bene collettivo, un insieme di risorse non rinnovabili, alla cui gestione devono partecipare, secondo ruoli e modalità socialmente definite, tutti i cittadini di un Paese. Risulta pertanto necessario promuovere in essi, fin dai primi anni di vita, lo sviluppo di una cultura ambientale che fornisca loro strumenti adeguati per “leggere” l’ambiente rispetto ai fattori naturali e antropici che lo caratterizzano, per “interpretare” i dati utilizzando chiavi di lettura offerte dalle differenti discipline scientifiche e umanistiche, per “scegliere responsabilmente” tra le diverse possibilità gestionali, per sviluppare consapevolezza di “appartenenza” al territorio e desiderio di coinvolgimento nella sua gestione. È pertanto di fondamentale importanza che la scuola sia in grado di offrire contesti di apprendimento e metodologie didattiche adeguate al raggiungimento di questi obiettivi. In tale ottica è stato realizzato il progetto “il richiamo della foresta” di cui, la presente pubblicazione, testimonia e documenta il percorso realizzato. di Lucia Mancusi Presidente del C.E.A. Pollino Basilicata onlus

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PRIMA PARTE: I concetti e le azioni

Che cosa è l’Educazione Ambientale Oggi la natura è di moda, ma al di là della moda esistono problemi reali che devono essere seriamente affrontati dal momento che lo sviluppo industriale e l’incremento demografico vanno creando preoccupanti squilibri. Se è necessario procedere sulla strada dello sviluppo per far fronte alle esigenze di una società in espansione, è però di vitale importanza operare in modo che gli interventi non danneggino irrimediabilmente la natura e conseguentemente l’uomo che li ha progettati. Non basta promulgare delle leggi per far fronte al degrado ambientale, se tale normativa non trova riscontro in una nuova mentalità. Di qui la necessità e l’urgenza di una seria e corretta educazione ambientale delle nuove generazioni. Non è sufficiente, a questo scopo, un’informazione superficiale (come è quella diffusa dai mass-media) che rischia di rimanere parola vuota che non agisce sulla mentalità e quindi sul comportamento. Bisogna anche sradicare l’idea che sia sufficiente proteggere le singole specie minacciate di estinzione, per risolvere il problema. Occorre nello stesso tempo mantenere le distanze da quell’ “ecologia del terrore” che mira ad impressionare ma che in realtà crea una sensazione fatalisticamente paralizzante e quindi, in definitiva, di rinuncia ad intervenire. Anche nella scuola le idee non sono del tutto chiare. Ad esempio non sempre si distingue tra “educazione naturalistica” ed “educazione ambientale”. Infatti mentre la tradizione didattica ha, ormai da tempo, attribuito alla prima locuzione il significato di “studio delle scienze della natura” (zoologia, botanica e geologia), la seconda, di recente formulazione, non ha ancora un’accezione univoca. Se andiamo a cercare la parola “ambiente” su un vocabolario troviamo all’incirca questa definizione: “L’ambiente è l’insieme dei fattori fisici, chimici e biologici che condizionano l’esistenza degli esseri viventi”. Una definizione che mette in evidenza le relazioni che esistono tra gli organismi e tra questi e le caratteristiche fisiche del luogo dove essi vivono. Per educazione ambientale dovrebbe allora intendersi in maniera specifica lo studio di queste relazioni nelle quali anche l’uomo, come tutti gli altri esseri viventi, è inserito. Questa considerazione ci richiama alla mente alcune frasi della risposta che il Capo Seattle diede, nel 1854, al Presidente degli Stati Uniti che lo invitava a cedergli una vasta zona del territorio indiano: “Noi almeno sappiamo questo: la Terra non appartiene all’uomo, l’uomo appartiene alla Terra. Questo lo sappiamo. Tutte le cose son tenute insieme come il sangue che unisce la stessa famiglia. Ciò che succede alla Terra succede ai figli della Terra. Non è l’Uomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne è solamente un filo. Tutto ciò che lui fa alla trama lo fa a se stesso”. In effetti, secondo noi, l’educazione ambientale è un processo che, partendo dal-

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lo studio dell’ambiente considerato come ecosistema, cioè come l’insieme delle relazioni esistenti tra gli organismi viventi e tra questi e le caratteristiche dell’ambiente fisico, si propone di fare acquisire la consapevolezza che l’uomo e il suo intervento sono elementi di tali relazioni. “Educazione naturalistica” ed “educazione ambientale”, quindi, pur essendo due cose diverse sono strettamente correlate. Anzi riteniamo importante sottolineare che non si può realizzare una seria “educazione ambientale” se non collegandola ad un’altrettanto seria “educazione naturalistica”, a meno che non si voglia ricadere nella retorica “dei corsi d’acqua coperti dalla schiuma,... o dei rifiuti di plastica sparsi sulle spiagge”! Infatti, se l’educazione naturalistica ci fornisce gli strumenti indispensabili per capire (e primo tra tutti il concetto dinamico di ecosistema), l’educazione ambientale utilizzando questi strumenti cerca di dare ai giovani non il rimpianto di un mondo perduto ma la consapevolezza delle potenzialità progettuali dell’uomo, riconosciuto come elemento attivo di un ambiente che comunque condiziona la sua sopravvivenza. In questa prospettiva l’educazione ambientale deve coinvolgere necessariamente molte discipline: infatti se le scienze permettono di capire le interazioni biofisiche, la geografia è indispensabile per conoscere le caratteristiche fisico-antropiche del territorio, l’economia e la sociologia sono necessarie per comprendere le motivazioni degli interventi umani, le discipline artistiche per sviluppare il gusto estetico anche nell’apprezzamento delle bellezze naturali e per esprimere e comunicare emozioni e stati d’animo. La storia, in particolare, diventa, in questo contesto, una chiave di lettura indispensabile per capire l’ambiente attuale. Uno studio così condotto si rivela, tra l’altro, funzionale al conseguimento di molteplici finalità indicate nei programmi, non solo per quanto riguarda le specifiche discipline, ma anche per quanto concerne la formazione globale degli allievi. Infatti, attraverso uno studio di ambiente che si ponga il problema di scoprire una corretta utilizzazione delle risorse del territorio, è possibile mettere gli allievi in grado di esercitare la loro creatività come capacità di produrre, durante lo svolgimento delle indagini, ipotesi anche divergenti dai luoghi comuni oggi ricorrenti, e avviare i ragazzi ad assumere un atteggiamento socialmente responsabile riflettendo su come l’azione individuale abbia sempre un’influenza sulla dinamica complessiva. Forse a qualcuno potrà sembrare che tutto ciò vada oltre il campo dell’educazione ambientale. Ma non è così, perché aiutare i giovani ad acquistare autonomia di giudizio e capacità decisionale, vuol dire dar loro gli strumenti per creare un mondo nel quale l’uomo possa ancora vivere. Non ci sembra superfluo sottolineare che porre al centro dell’educazione ambientale il concetto di ecosistema, oltre a fornire ai ragazzi un fondamentale strumento per comprendere l’importanza che rivestono gli interventi dell’uomo nell’equilibrio della vita sulla Terra, viene anche incontro all’esigenza (valida ad ogni livello scolastico) di offrire agli studenti contenuti e metodi adeguati agli interessi culturali più avanzati. Infatti, come si sa, non è possibile intraprendere lo studio della

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moderna biologia senza aver compreso l’importanza che le relazioni ambientali rivestono nella selezione delle specie viventi, e pertanto nella struttura morfologica degli organismi. Lo studio delle relazioni ambientali costituisce quindi, tra l’altro, un approccio corretto alla comprensione del complicato meccanismo dell’evoluzione. In pratica il concetto di ecosistema permette ai ragazzi di: - studiare il passaggio dell’energia fra gli organismi di una comunità; - scoprire i particolari adattamenti dei vari esseri viventi ai diversi ambienti; - comprendere che le relazioni che esistono tra vegetali, fitofagi e carnivori tendono ad eliminare gli organismi meno adatti; - capire che la “variazione” produce negli individui di una stessa specie caratteristiche che li rendono più o meno adatti alla sopravvivenza, mentre l’“ereditarietà” trasmette le caratteristiche favorevoli, alle generazioni successive; - apprendere che le varie specie viventi esercitano, le une sulle altre, un controllo reciproco in conseguenza del quale si instaura nell’ambiente una situazione di “equilibrio biologico” che mantiene inalterata l’estensione numerica delle popolazioni per lunghi periodi di tempo; - rendersi conto che le relazioni che esistono tra vegetali, fitofagi e carnivori fanno sì che le alterazioni che si possono verificare negli esseri viventi che occupano un certo anello della catena alimentare si ripercuotono sempre sugli altri anelli turbando in maniera più o meno grave e duratura l’equilibrio ecologico.

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L’Educatore/Conduttore L’educatore/conduttore è la figura di riferimento che accompagna il gruppo nell’esperienza. Gestisce il momento dell’avvio delle attività, dell’accoglienza, facilitando il primo approccio col nuovo ambiente, per ricoprire in seguito altri ruoli nello svolgersi dell’intervento didattico. Una sorta di identikit che lo descrive può essere suddiviso in: - Competenza Una prima caratteristica risulta quella di possedere una doppia competenza; quella sui contenuti specifici dell’educazione ambientale e quella relativa alla relazione e alla gestione dei gruppi. - Empatia La capacità di investire anche affettivamente istaurando rapporti significativi con i partecipanti all’attività affinché il gruppo viva piacevolmente e proficuamente l’esperienza educativa. è noto che la stima e l’affetto di chi ci insegna è la molla fondamentale all’apprendimento. è altresì basilare che questo processo non degeneri in una perdita di ruolo specifico e non si creino pericolosi fraintendimenti. - Gestione dei vincoli e delle regole L’educatore è colui che fa presente i vincoli di spazio, tempo, contratto educativo. Come in tutti gli interventi educativi l’importanza di un riferimento di questo genere risulta determinante poiché il progetto educativo viene garantito anche dall’osservazione di vincoli e regole. - Modello/identificazione È importante che chi propone, insieme a nuove conoscenze, un’ipotesi di come vivere il rapporto con ciò che ci circonda, sia egli stesso un esempio col quale identificarsi. Il proprio abbigliamento, il modo in cui si vive in prima persona il rapporto con la natura e con gli animali, le proprie scelte di vita sono messaggi che arrivano più delle parole. • non trasmettere dati ma permettere un rapporto diretto con la realtà • avere la capacità di tradurre e contestualizzare • avere la consapevolezza etica dei modelli di cui siamo portatori • avere la capacità di rivestire ruoli e funzioni su piu’ livelli: • conduttore di gruppo descrivere il compito, cadenzare le fasi mediare i tempi, far rispettare i vincoli conoscere gli obiettivi e stimolare la riflessione valorizzare i contributi del gruppo riassumere e generalizzare l’esperienza • “esperto” non fonte di informazioni ma portatore di una cultura di ricerca e di curiosità • operatore culturale capacità di generalizzare e/o tradurre in altri contesti l’esperienza vissuta Alternare la dimensione dell’apprendimento individuale e di gruppo: permette la condivisione, è rassicurante e arricchente

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Alcuni suggerimenti: I BAMBINI IMPARANO QUELLO CHE VIVONO Se i bambini vivono con le critiche >>> imparano a condannare Se i bambini vivono con l’ ostilità >>> imparano a combattere Se i bambini vivono con la paura >>> imparano ad essere apprensivi Se i bambini vivono con la pietà >>> imparano a commiserarsi Se i bambini vivono con il ridicolo >>> imparano a essere timidi Se i bambini vivono con la gelosia >>> imparano a cosa sia l’invidia Se i bambini vivono con la vergogna >>> imparano a sentirsi colpevoli Se i bambini vivono con la tolleranza >>> imparano ad essere pazienti Se i bambini vivono con l’ incoraggiamento >>> imparano a essere sicuri di sè Se i bambini vivono con la lode >>> imparano ad apprezzare Se i bambini vivono con l’ approvazione >>> imparano a piacersi Se i bambini vivono con l’ accettazione >>> imparano a trovare amore nel mondo Se i bambini vivono con il riconoscimento >>> imparano ad avere un obbiettivo Se i bambini vivono con la partecipazione >>> imparano ad essere generosi Se i bambini vivono con l’ onestà e la lealtà >>> imparano cosa sia verità e giustizia Se i bambini vivono con l’ amichevolezza >>> imparano che il mondo è un posto bello in cui vivere Se i bambini vivono con la sicurezza >>> imparano ad avere fede in sé stessi e in coloro che li circondano Se i bambini vivono con la serenità >>> imparano ad avere tranquillità di spirito. Dorothy L. Nolte

Com’è il bravo educatore? cosa deve o non deve fare? Queste sono alcune istruzioni e concetti basilari con i quali l’educatore deve imparare a convivere per svolgere in maniera adeguata il suo servizio. Partiamo dal significato di educare i ragazzi: ciò non significa “addestrare” ma far emergere le caratteristiche che sono dentro i bambini, non riempirli come vasi. Da questo concetto si può partire per proseguire un cammino da “educatore”. Per essere educatori bisogna aver chiara una premessa fondamentale: Fare l’educatore non è un obbligo, ma una scelta. Bisogna quindi avere la volontà di stare a contatto con i giovani e di vivere in mezzo a loro. Cercare di amare ciò che i bambini amano, capirli, aiutarli e voler loro bene e soprattutto ascoltarli rispondendo alle loro domande. Come rispondere? in maniera chiara, facilmente comprensibile, magari premettendo una piccola definizione e poi un paio di esempi. (Tenete presente che il tempo di ascolto di un bambino della fascia di età 6-12 è di circa 10’). Avere cuore per i ragazzi e avere i ragazzi nel cuore. Far capire che se siamo lì con loro non è perché non avevamo niente di meglio da fare ma perché loro sono importanti, le cose che dicono ci interessano ed essere con loro fa stare bene anche noi. Se il nostro affetto è sincero, se traspare dai gesti, sarà più facile diventare loro amici.

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Non sentire ma ascoltare, non vedere ma guardare. La conoscenza, la comunicazione passano attraverso l’ascolto; l’educatore dovrebbe “coltivare” un paio di “antenne” per captare gli umori, i desideri, gli interessi, le incomprensioni. Ascoltare dunque, ma anche osservare i movimenti, i gesti, gli atteggiamenti per cogliere quello che viene detto non solo con le parole ma anche con il corpo. Tutte queste piccole regole comportamentali, anche se spesso possono sembrare scontate e inutili, non lo sono affatto: rendono l’ambiente in cui il bambino vive più sereno e formativo, fanno anche sì che, se applicate, l’educatore possa essere considerato dai ragazzi come una “autorità” da ascoltare e alla quale ubbidire, ma anche una persona che gli voglia bene e dalla quale si sentono protetti.

Il Gioco come Momento Formativo Attraverso il gioco entriamo a stretto contatto con i ragazzi, abbiamo la possibilità di osservarli da vicino, di conoscerli meglio, di rapportarci con loro nella maniera ideale. Però è necessario saper giocare con i ragazzi e insegnare loro a farlo. Viviamo in una società che vive di una stressante competitività, evitiamo di esasperare i nostri utenti con la sete di vittoria ma valorizziamo: - le regole del gioco (fondamentali per un parallelo con la vita odierna fatta di regole) - lo spirito di gruppo e la coesione fra tutti gli elementi facenti parte del gruppo - il puro e semplice divertimento che può derivare anche da autoironia, una sconfitta clamorosa… - le capacità di ciascuno, non escludendo i deboli - la voglia di esprimersi dei ragazzi che abbiamo di fronte - le loro aspettative, non le nostre per loro - le debolezze per renderle forza di gruppo Non per questo però va sottovalutata la preparazione del gioco che invece deve essere ben curata e precisa: - stabilire durata - tenersi pronti anche in caso di pioggia con gioco sostitutivo e/o modificato - fare un planning dei giochi da fare nelle settimane di attività - pensarlo in tutte le sue parti - dividersi bene e chiaramente i compiti - spiegare bene il gioco ai ragazzi - condurlo in maniera onesta, imparziale e con serietà…poi un pizzico di fantasia non guasta!

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Come ci si prepara 1) ANALISI · chi sono i ragazzi/e a cui proponiamo le attività · i fini da raggiungere da parte del gruppo e dei singoli (fini educativi) · le capacità e le possibilità del gruppo di educatori · l’ambiente e gli spazi in cui si opera · possibilità economiche · disponibilità del tempo di educatori e ragazzi 2) STESURA DEL PROGRAMMA Si devono tenere presenti: · Tempi e periodo · luoghi · conduzione ed equipe · tempo atmosferico tenersi sempre pronti in caso di pioggia con attività e giochi al chiuso · ambientazione fantastica costumi & scenografie · materiali · pubblicità · Iniziative e cose pratiche · Gite 3) REALIZZAZIONE Fatto il programma occorre preparare il TUTTO per tempo 4) LA SCALETTA Sintetizza la visione pratica delle attività da svolgere (per ogni giornata): · ciò che deve essere fatto · quanto e quanto dura · da chi · con quali materiali · orari di massima · le attività 5) LAVORO D’EQUIPE Gli educatori sono gruppo, <<equipe>>. è così che si muovono. è il modo migliore per permettere un lavoro incisivo sia nel risultato delle attività sia nei fini educativi. Un’equipe di educatori è positiva se esprime queste caratteristiche : · definizione delle responsabilità · definizione dei ruoli

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definizione degli incarichi concreti, pratici solidarietà coerenza affiatamento rispetto e stima amicizia

6) VERIFICA La realizzazione di un progetto ha sempre bisogno di verifiche sia durante lo svolgimento che alla fine delle attività. Durante · per cambiare, modificare, ristabilire equilibri Alla fine · per valutare l’attività svolta · per correggere e trarre spunti

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Suggerimenti ed Esempi di Attività ________________ ATTIVITÀ PER L’ACCOGLIENZA ________________ Alice abita in… Mettiamoci in cerchio. Chi comincia pronuncia il proprio nome seguito da “abito in…” indicando il luogo in cui vorrebbe abitare all’interno di un ambiente naturale (il bosco, il mare, il fiume e...). L’amico, o l’amica, alla sua destra deve ripetere ciò che ha detto il primo (tu sei… e abiti in…), e a sua volta dice il proprio nome e dove abita. Ora tocca al terzo che ripete nome e abitazioni dei due che lo precedono e aggiunge il suo nome e dove abita. Si chiude il cerchio con l’ultimo che dovrà ricordare nomi e abitazioni di tutti. Siamo tutti animali Sediamoci in cerchio. Si estrae a sorte chi deve cominciare presentarsi dicendo il proprio nome seguito dal verso, dal nome e da qualche comportamento dell’animale preferito. Seguendo il cerchio, tutti si presentano. Ad esempio “io mi chiamo Luca e sono un maao gatto che sta andando in cerca di un topo”, “io mi chiamo Sonia e sono una zzzzz ape che cerca un fiore su cui posarsi”. Attenzione, non basta spiegare a parole bisogna anche mimare quello che si sta dicendo! Il saluto dei corpi Il primo, estratto a sorte, decide con quale parte del corpo iniziare... la conoscenza reciproca. Si può scegliere tra spalle, ginocchia, gomiti, naso, orecchie… Ora ci si muove tutti liberamente, andando incontro a gli altri e salutandoli con la sola parte del corpo decisa e, attenzione, senza mai usare le parole. Dopo qualche minuto si cambia parte del corpo e si ricominciano i saluti. Si va avanti così fino a quando non abbiamo usato otto parti diverse. La giostra dei nomi Si formano due cerchi concentrici, di ugual numero. Il cerchio interno è rivolto con la schiena verso il centro, quello esterno con la schiena verso l’esterno, in modo che ognuno si trovi di fronte un’altra persona. Ognuno si presenta alla persona di fronte con il proprio nome, poi tutti avanzano un posto verso destra (o sinistra) e di nuovo si presentano con il proprio nome. Si continua così fino a tornare al punto di partenza. Poi per conoscere anche le persone del proprio cerchio, si spezzano i due cerchi, e le persone in testa alle catene passano lentamente davanti alla propria fila trascinando gli altri in modo da presentarsi alla propria fila man mano che si avanza verso la coda.

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Il bouquet dei nomi Il gruppo è disposto in cerchio. L’educatore con il fiore in mano si rivolge alla persona seduta alla sua destra, dicendo: - Posso offrirti un fiore? Piacere, sono Luigi! – e porge il fiore al vicino, il quale lo prende e dice, al proprio vicino: - Piacere, sono Gianni, ho appena ricevuto questo fiore da Luigi, che lo ha ricevuto da… - ripetendo i nomi dei vicini di sinistra. Si continua così, passando il fiore verso destra e ripetendo i nomi dei compagni di sinistra, fino a ritornare alla partenza. Facciamoci l’autoritratto Bisogna procurarsi vecchie riviste, forbici, colla, matite colorate e dei fogli piuttosto grandi. Ognuno prende un foglio e disegna la sagoma della propria testa. Ritagliando immagini e titoli dalle riviste tutti creano un autoritratto, comunicando tutto ciò che voglio agli altri: umore, pensieri, passatempi, famiglia, sogni, ideali ecc. Si possono anche appendere gli autoritratti ad un muro e commentarli tutti insieme. La stanza dell’olfatto Il gioco si svolge in due fasi. La prima e di riscaldamento e di preparazione al gioco che il gruppo affronterà nella seconda. Il conduttore invita i partecipanti a rilassarsi, anche chiudendo gli occhi se lo desiderano. Dopo una breve pausa si rivolge al gruppo dicendo: “Oggi visiteremo la casa della percezione. State camminando per strada quando una casa attira la vostra attenzione. È la casa dei cinque sensi. Entrate ed iniziate ad esplorarla. In questo preciso momento vi trovate davanti ad una porta; sopra la porta c’è l’immagine di un naso: è la stanza dell’olfatto. Aprite la porta ed entrate. La stanza è piena di odori. Provate ad annusare e a sentire gli odori che vi sono dentro (pausa). Scegliete l’odore che vi sembra più gradevole (pausa). Prendete l’odore e portatelo con voi in giro per la stanza, sui vostri vestiti, sul vostro corpo (pausa). Ora è giunto il momento di lasciare la stanza. Lasciate il vostro odore preferito e uscite dalla porta. Tornerete ancora a visitare la casa della percezione (pausa). Dolcemente aprite gli occhi e stiracchiatevi”. Il conduttore chiede ai partecipanti di verbalizzare l’esperienza fatta nella visita alla casa dell’olfatto. Quale odore hanno scelto? Com’era? Quali sensazioni hanno avuto nel sentire l’odore sui loro vestiti e sul loro corpo? Nella seconda fase del gioco il conduttore propone uno stimolo olfattivo, presentandolo in una scatola o in un sacchetto (non trasparente), in modo da privilegiare il solo canale olfattivo. Lo stimolo non deve essere facilmente riconoscibile. Dopo aver lasciato ad ognuno il tempo necessario per concentrarsi sullo stimolo olfattivo il conduttore invita il gruppo a verbalizzare le immagini ed i vissuti evocati dell’odore. Siamo tutti artisti Disposti in cerchio seduti per terra, verrà dato ai bambini un foglio di carta e delle matite colorate, i bambini a turno si alzeranno in piedi pronunciando il proprio

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nome e il luogo di provenienza mostrando un disegno che li rappresenti (animale, oggetto, piante,fiori ecc) e spiegandone le affinità. I disegni poi saranno esposti su una bacheca. In questo spazio il bambino attraverso il linguaggio del colore parla di sé. La carta d’identità Si invitano i ragazzi a compilare la loro carta d’identità cercando di comunicare al gruppo appena conosciuto la più fedele e realistica immagine di sé. I criteri di rappresentazione di sé possono essere discussi e individuati insieme oppure suggeriti in precedenza dagli educatori, l’importante e che non riguardino solo i dati fisici ma anche e soprattutto elementi dipintivi dell’aspetto caratteriale e comportamentale. Dopo che sono state compilate le carte d’identità verranno lette al gruppo per presentarsi. Variante: l’attività può essere fatta anche dopo qualche giorno di conoscenza. In questo caso le carte d’identità saranno anonime e verranno messe tutte insieme in uno scatolone. A turno ogni bambino ne sorteggia una e deve indovinare a chi appartiene. Il giorno perfetto Immaginare il proprio giorno perfetto. Cosa vorremmo fare, con chi vorremo strare, di cosa abbiamo bisogno, dove vorremmo trovarci? Cercare le cose in comune. Perché più o meno tutti abbiamo il desiderio di fare le stesse cose? Abbiamo tutti gli stessi bisogni perché siamo o dovremmo essere tutti uguali. I diritti sono uguali per tutti proprio perché confermano i bisogni fondamentali dell’uomo e perché si basano sul concetto che ogni uomo ha uguale dignità e deve godere delle stesse opportunità. L’Arca di Noé Si preparano tanti cartoncini quanti sono i membri del gruppo, sui cartoncini vanno scritti tanti nomi di animali uguali a due a due, poi si mescola il mazzo. Ognuno ne pesca uno a caso (senza guardare!), impara il nome del proprio animale senza rivelarlo a nessuno e ripone il cartoncino, senza parlare. Poi, tutti bendati, cominciano ad imitare il verso del nostro animale muovendoci alla ricerca del compagno che fa il verso il nostro stesso verso… Non dobbiamo spiare: solo l’udito deve guidarci… L’abbinamento giusto Anche in questo caso dobbiamo preparare delle coppie di cartoncini, tanti quanti sono i partecipanti al gioco, con disegnate e incollate degli abbinamenti come: • animale/traccia • albero/foglia • albero/frutto

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il corpo di un animale diviso in due parti Una volta completati e distribuiti i cartoncini ognuno deve trovare la metà corrispondente al suo disegno per formare la figura completa, o l’abbinamento giusto, così le coppie saranno automaticamente formate. ___ MOMENTI COLLETTIVI DI ESPRESSIONE E DI RELAZIONE ___ Diamoci una regola...ta! Importante per svolgere un campo in armonia e nel rispetto di tutti e dell’ambiente in cui ci troviamo è costruire un regolamento condiviso. Spesso tale attività si traduce in un elenco di regole tutte rigorosamente in negativo, senza riferimenti alle motivazioni sottese. A tal proposito si procederà con una discussione su: - cosa vogliamo regolamentare - per quali motivi - come intendiamo procedere. Divisi i gruppi si proporranno 5 regole. Nella discussione finale si approveranno le regole aiutando i bambini a cogliere la relazione tra comportamenti/bisogni soddisfatti/valori sottesi. Il regolamento viene firmato come un contratto. Il cerchio Con la tecnica del “circle time” ogni giorno si farà un cerchio di gruppo dove ogni bambino dopo essersi presentato con un microfono speciale (un oggetto di fantasia) dice una cosa che lo riguarda e che vuol condividere con gli altri. I primi giorni sarà un’opportunità per parlare di se stessi e per farsi conoscere, nei giorni successivi sarà uno strumento di condivisione dove poter parlare delle proprie emozioni, disagi, esperienze positive legate alla giornata e al gruppo. Condotto dagli animatori che raccontano anche loro come i bambini il proprio vissuto rappresenta per gli animatori uno strumento di verifica giornaliero sull’andamento delle relazioni al campo. ________ ATTIVITÀ PER LA CONOSCENZA EMOZIONALE ________ Immagini personali Seduti in circolo, passarsi oggetti naturali, presi dall’ambiente circostante (foglie, pigne, piume, sassi ecc.), da esaminare attentamente. Ogni persona che riceve l’oggetto deve descriverlo, in modo diverso da come è stato descritto dalla persona precedente. Guardarlo da angoli diversi, da vicino, da lontano, con una lente. Toccarlo, annusarlo, ascoltarlo, assaggiarlo ecc… L’animatore scandisce il ritmo (due minuti a testa…) poi al termine del giro commenta e rimette l’oggetto a posto, dove potrà anche essere “riconosciuto”.

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Uno soltanto Prendere un mucchio di foglie della stessa specie. Distribuire una foglia a persona e chiedere di esaminarla attentamente (con tutti i sensi) per cinque minuti di orologio. Far rimettere tutte le foglie insieme in un mucchietto, contenente anche foglie “inesplorate” e farle ripescare dai partecipanti che debbono ritrovare la foglia che hanno precedentemente analizzato. Quando questo è avvenuto, chiedere cosa è caratterizzata e che rende “unica” la foglia individuale. Sussurri Sedersi in circolo in uno spazio suggestivo. Chiedere di guardare con attenzione e di analizzare, in silenzio, il paesaggio e i singoli elementi che lo compongono. Dopo 5 minuti, chiedere qual’è l’elemento che attira più l’attenzione. Quindi chiedere di descrivere le parole che questo elemento, se potesse parlare, userebbe per comunicare con un altro elemento del paesaggio osservato. Un albero personale Portare una persona a toccare un albero del bosco, dopo averlo bendato ed avergli fatto perdere l’orientamento. Lasciare che lo studi (toccando la corteccia, annusandola, toccando le radici, il suolo ecc…) per qualche minuto. Ricondurlo poi nel gruppo, togliere la benda ed invitarlo a trovare il suo albero personale. Una volta ritrovato, farlo descrivere in modo che tutti i partecipanti capiscano il processo individuale utilizzato. Il bruco Per prima cosa servono dei foulard per bendarsi e bisogna formare dei gruppetti di sei persone. Ci si mette in fila, uno dietro l’altro, con le mani sulle spalle del compagno davanti. Solo il primo della fila non sarà bendato e guiderà tutti. Seguendo il capofila, il bruco si muoverà camminando su terreni diversi, attraversando zone fresche e soleggiate, si fermerà per annusare cespugli fioriti, camminerà nel letto asciutto di un torrente e ascolterà suoni, canti e rumori. Dopo qualche minuto la “guida” passerà il compito al compagno dietro, dandosi il cambio nel condurre il “bruco”. Dopo che tutti hanno “guidato” si tolgono le bende e, ripensando alle sensazioni provate e alle caratteristiche delle cose incontrate, si cerca di ritrovare il percorso fatto. Sdraiamoci Sdraiamoci sul terreno e mettiamo tutto il nostro corpo a contatto con la terra. Possiamo anche farci coprire dagli amici, di foglie, rametti e fili d’erba. Così mimetizzati, non solo sperimenteremo la sensazione di unirci con l’ambiente ma, forse, riusciremo a non farci vedere da qualche animaletto che, non vedendoci, arriverà particolarmente vicino a noi. Proviamo a rilassarci il più possibile, concentrandosi sulla terra, sul suo calore, sul profumo dell’erba, sui suoni di tutto

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l’ambiente attorno. Dovremo lentamente lasciarci andare, diventando un tutt’uno con la natura. Ascoltiamo: una passeggiata ad orecchie ben aperti L’udito è uno dei sensi più bersagliati dal rumore della vita moderna ed è uno dei più trascurati. Quando facciamo una passeggiata o ci immergiamo nel silenzio della natura, la vista domina sugli altri sensi e ci distrae dal cogliere i suoni, i canti, i versi, lo stormire delle fronde, lo sciacquio delle acque correnti, il sibilo del vento. Ma possiamo rimediare con un po’ di pratica. Camminando cercando di concentrasi sull’udito, poi sediamoci o sdraiamoci in zone diverse stando in silenzio e con occhi chiusi per cogliere tutti i suoni, i rumori, i canti, i versi… Qual’é la loro fonte? Da dove arrivano? Quali dominano nelle diverse zone? Classifichiamoli secondo la loro origine: agenti atmosferici, uccelli, insetti, piante, uomini ecc… La tavolozza dei colori Ritagliamo alcune sagome, della forma di una tavolozza di un pittore, da un foglio di cartone abbastanza robusto. Ora facciamo un’escursione in un ambiente naturale (spiaggia, bosco, riva del fiume). Mettiamoci alla ricerca di piccoli elementi naturali dai colori disparati come foglie cadute al suolo, pezzetti di legno, piccoli sassi. Raccogliamoli e sistemiamoli, usando colla o nastro adesivo, sulla nostra tavolozza uno accanto all’altro. Possiamo scegliere tutte le varianti che vogliamo, ad esempio concentrando la ricerca solo sulle variazioni di marrone e di verde, o sui colori dell’arcobaleno, o su quelli rinvenibili in un sol albero. Il libro dei profumi Procuriamoci alcune tasche trasparenti con i fori; alla fine dell’attività potremo inserire in un raccoglitore ad anelli o legarle con un nastro. In ognuna di esse inseriamo un foglio bianco che farà da sfondo a tutte le “cose profumate” che troveremo durante passeggiata all’aperto. Dopo la ricerca inseriamo ogni campione in una busta, e sul foglio, in modo che sia visibile a chi legge, scriviamo il nome del campione profumato (aghi di pino, muschio, fiore di…). Potremo aggiungere sensazioni personali del tipo mi piace, mi fa starnutire, l’ho già sentito…, assomiglia a…, mi ricorda… Bisogna ricordarsi di chiudere con un pezzo di nastro adesivo le buste in modo da conservare più a lungo il profumo. Chi sfoglierà il libro dei profumi potrà aprire le buste per infilarci il naso per poi richiudere dopo “l’annusata”. Intorno a noi Quali sensazioni e quali impressioni ricaviamo dallo spazio che ci circonda? Proviamo a scoprirlo con questo gioco. Dividiamoci in gruppi dai nomi diversi: “gli occhi”, “le orecchie”, “i nasi”, “le mani”, “i piedi”, “la pelle”. Ogni gruppo ha il compito di leggere lo spazio in

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modo autonomo rispetto agli altri gruppi utilizzando solo la parte del corpo che lo identifica. Ad esempio il gruppo “occhi” deve fare una descrizione d’insieme e dei particolari del luogo: tipo di luce, colori, forme, cose vicine e lontane. Il gruppo “orecchie” può bendarsi gli occhi per sfruttare meglio l’udito, e deve prestare attenzione a tutti i suoni, alla loro intensità e alle loro fonti. I “nasi” annotano gli odori (piacevoli e non) tentando di capire da dove vengano. I “piedi” tastano il terreno, scoprono se è morbido o duro, pavimentato o no, ne rilevano dislivelli e le pendenze. Le “mani” toccano le superfici per verificare se sono ruvide o lisce, il terreno per sentire se è bagnato o se è asciutto, friabile o compatto. La “pelle” è attenta al vento e alle sensazioni di freddo e caldo, alle inclinazioni dei raggi del sole. Tutti i gruppi devono annotare si un foglio tutte le sensazioni raccolte. E tu che animale sei? Il conduttore prende tanti fogli quanti sono i partecipanti e su ciascun foglio scrive un nome, poi li distribuisce in modo che ogni persona ne abbia uno con il nome di un compagno. Il conduttore chiede al gruppo di disegnare un animale che abbia le caratteristiche psicologiche e di comportamento del partecipante che trova scritto sul foglio. Il disegno dovrà risultare chiaro, se così non fosse, conviene scrivervi sotto di quale animale si tratta. Il lavoro viene consegnato anonimo. Una volta raccolti i disegni, il conduttore ne mostrerà uno per volta facendoli passare da un componente all’altro. Su un foglio grande vengono scritte tutte le osservazioni riguardanti il disegno e le caratteristiche dell’animale-persona. Finita questa fase, il conduttore distribuirà a ciascuno dei presenti un foglio bianco e chiederà di disegnare, questa volta, un animale che rappresenti se stesso così come si percepisce. Al termine ciascun avrà davanti a sé due disegni di animali: quello del compagno e il proprio. Il conduttore leggerà per l’animale scelto in precedenza gli attributi che erano stati suggeriti anzitempo dal gruppo. Discussione finale e considerazioni su quanto si tenga giusto ed appropriato l’animale attribuito e le differenze di percezione sul proprio modo di essere, la propria personalità e quella percepita dal compagno. Replica dei presenti. Sarà utile sollecitare, durante le osservazioni dei disegni, il contributo di ciascuno all’interpretazione delle caratteristiche psicologiche da attribuire alla personaanimale e stimolare, durante il confronto dei due disegni, l’analisi delle eventuali differenze di percezione. Animali nella foresta È utile eseguire questo gioco vestiti comodi, tute, calzoni, senza cinture ed occhiali. Il conduttore chiede ai partecipanti di camminare liberamente nello spazio e di

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immaginare una foresta con alberi, cespugli, tane. Dopo qualche minuto ciascuno deve scegliere per sé un animale e rappresentarlo come può, con i movimenti e i versi, in modo da farsi riconoscere dai componenti del gruppo . Quando tutti hanno scelto l’animale e la collocazione il conduttore chiede di agire il proprio ruolo in relazione agli altri. La tigre correrà dietro allo scoiattolo o al cane. L’aquila tenterà di stare in alto. Gli animali feroci si scontreranno tra loro... Lasciare agire per circa 10 minuti i partecipanti osservando attentamente le dinamiche del gruppo: le fughe, gli attacchi, l’inattività. In seguito. Il conduttore avverte che nella foresta è calata la notte e ciascun animale deve trovare una propria tana per riposare. Dare del tempo. Quando tutti gli animali sono in riposo il conduttore passerà accanto a ciascuno e simbolicamente chiuderà una gabbia chiarendo che durante la notte gli animali sono stati fatti prigionieri. Ora è l’alba e gli animali sono svegli e si rendono conto di essere stati catturati. Osservare le reazioni: chi si agita, chi è tranquillo, chi cerca di forzare la gabbia. Dopo qualche minuto il conduttore libera un animale cui chiede di aprire tutte le altre gabbie. Ora gli animali sono liberi e possono uscire e interagire nuovamente. Dopo circa dieci minuti il conduttore stimolerà le osservazioni sui propri e gli altri componenti, chiederà se in gabbia ci si è sentiti protetti o costretti. Farà notare come alcuni, pur avendo scelto un ruolo, non l’hanno poi agito (animali aggressivi che si sono mostrati timidi, animali docili che invece hanno scelto la lotta…). Il cielo e la guida Il conduttore invita i partecipanti a formare le coppie. Una delle due persone viene bendata, mentre l’altra deve guidarla attraverso il contatto delle mani e comunque cercando di non utilizzare la voce. Colui che è nel ruolo della guida ha due compiti, il primo è quello di trasmettere sicurezza al compagno bendato e di proteggerlo, il secondo è quello di condurlo in un’interessante esplorazione dello spazio circostante, facendogli toccare superfici e materiali diversi o suggerendo attraverso il contatto di cambiare direzione, sedersi, variare la velocità etc. colui che è nel ruolo del “cieco”deve cercare di affidarsi alla guida ed ampliare la sensibilità tattile, uditiva, e olfattiva. Il gioco può durare dai 5 ai 15 minuti, dopodichè il conduttore suggerirà di scambiarsi i ruoli e di ripetere così l’esperienza. Al termine del gioco, il gruppo si riunisce in cerchio per scambio di vissuti. Mimetizziamoci Materiale: coppie di fili di lana colorata o altre coppie di oggettini colorati. Si dividono i partecipanti in due gruppi e si assegna ad ogni gruppo una porzione ben

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delimitata di territorio in cui, di nascosto dalla squadra avversaria, mimetizzare e NON nascondere i fili di lana. Ad esempio un filo marrone può essere adagiato su un ramo visibile, una pallina rossa può essere appoggiata all’ascella di una foglia per imitare una bacca e così via dando libero sfogo alla fantasia. Fatto questo le squadre si scambiano i territori e devono cercare di scorgere più oggetti possibile. Vince chi li trova tutti nel minor tempo. Si penalizza la squadra che abbia nascosto gli oggetti, oppure che non sia in grado di ritrovare i suoi stessi oggetti una volta che la squadra avversaria si fosse arresa. __ ATTIVITÀ E STRUMENTI PER LA CONOSCENZA SCIENTIFICA __ Classifichiamo le conchiglie Passeggiando sulla spiaggia si incontrano molte conchiglie di forme e colori diversi. Raccogliamone un po’ dentro un piccolo contenitore e osserviamo da vicino tutti gli esemplari in modo da poter notare somiglianze e differenze. Proviamo a classificare le conchiglie come fanno i malacologi (così si chiamano gli esperti di conchiglie). Non importa arrivare al nome, la classificazione è una “scusa” molto divertente per osservare da vicino oggetti apparentemente molto simili, e raggrupparli in categorie dalle caratteristiche comuni. Classificazione delle foglie in base alla forma Osservazione di alcune forme di foglie. Spiegazione mediante un cartellone delle tipologie di classificazione delle foglie (forma, punta, base, margine). Eventuale raccolta di alcune foglie per costruire un erbario o fare dei calchi con l’argilla tipo quadretti da poter appendere con una spiegazione delle caratteristiche della foglia. Memory delle foglie Indovina la foglia. Dopo aver raccolto delle foglie differenti ad ogni bambino viene affidata la descrizione di una foglia su di un foglietto. Quando tutti i bambini avranno completato il compito si mettono le foglie in un contenitore e i foglietti in un altro. A caso ogni bambino a turno prenderà un foglietto e insieme si cercherà di risalire alla foglia corrispondente in base alla descrizione. Foglie, fogliolone, fogliettine Materiali: cartellone, pennarelli, colla, fogli di carta. Le foglie possono essere fatte raccogliere dai partecipanti (almeno 5 ciascuno). Si trova poi uno spazio pianeggiante dove sedersi in cerchio, attorno alle foglie disposte accuratamente per terra. A questo punto iniziamo la separazione secondo tutti i criteri che ci vengono in mente e disponendo di volta in volta le foglie ordinate secondo criteri diversi. Così ad esempio si può iniziare disponendo le foglie in ordine dalla più grande

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alla più piccola, poi si possono dividere in due gruppi: quelle semplici (cioè formate dalla da una sola lamina fogliare) e quelle composte (il cui picciolo porta diverse foglioline) poi si possono formare insiemi diversi in base al margine (liscio, seghettato, dentato, lobato..) e ancora si può proseguire facendo sottoinsiemi in base alla consistenza, al colore, all’odore ecc.. Il gioco può proseguire ad libitum e i vari gruppi e sottogruppi formati possono essere evidenziati in un unico grande cartellone costruito dai partecipanti per esempio, appiccicando con la colla le foglie su un foglio di carta da pacchie delimitando gli insiemi con dei pennarelli a punta grossa. Come osservare lo sviluppo delle radici Materiali occorrenti: • un recipiente di vetro (un comune barattolo per conserve) pieno di terriccio; • una striscia di cartoncino nero alta quanto le pareti del recipiente di vetro; • alcuni elastici; • alcuni semi come grano, pisello, granturco. Seguite questo procedimento Fissate la striscia di cartoncino alle pareti esterne del recipiente con gli elastici, in modo da poterla rimuovere facilmente per le osservazioni. Deponete i semi in prossimità delle pareti del recipiente ed annaffiate regolarmente. Potrete osservare, senza difficoltà lo sviluppo delle radici non appena le piantine cominceranno a crescere. Normalmente, infatti, le radici fuggono dalla luce e perciò, se non ci fosse la striscia di cartoncino, tenderebbero a nascondersi all’interno del recipiente. Così protette, invece, possono svilupparsi anche lungo le pareti di vetro, rendendo possibili le osservazioni. Come osservare il propagarsi dei liquidi all’interno di una pianta Materiali occorrenti: • un gambo di sedano; • un coltello; • un bicchiere contenente acqua colorata con inchiostro rosso. Seguite questo procedimento Tagliate via la base del gambo ed immergete il sedano nel bicchiere pieno di acqua colorata. Potrete osservare che le foglie, dopo alcune ore, sono rigate di rosso: indice che l’acqua colorata le ha raggiunte. Tagliando il gambo trasversalmente vedrete colorati di rosso anche i canali attraverso i quali passano i liquidi. Potrete ripetere l’esperimento con un garofano bianco, con una piantina di piselli o di fagioli. Come evidenziare la presenza dell’amido nelle foglie verdi Materiali occorrenti: • una foglia tenera e verde (fagiolo, pisello, robinia, ecc.);

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• un bicchiere di alcool; • una casseruola piena d’acqua; • un fornello; • una boccetta di tintura di iodio; • un contagocce. Seguite questo procedimento Volendo utilizzare su una foglia la proprietà dell’iodio di colorare di blu l’amido, è però necessario eliminare il leggero strato di cera che ricopre la sua superficie ed il colore verde della clorofilla. Per far questo immergete la foglia nell’alcool contenuto nel bicchiere e scaldatelo a bagnomaria sul fornello. Quando la foglia si sarà scolorita lavatela con acqua calda e quindi asciugatela. Versate quindi sulla foglia alcune gocce di tintura di iodio. Potrete osservare la foglia tingersi di un bel colore blu intenso. Per mostrare che l’amido si forma soltanto in presenza della luce potrete ripetere l’esperimento con la foglia di una pianta tenuta per alcuni giorni al buio e protetta da un foglio di stagnola. Come costruire una serra autosufficiente ... o quasi Materiali occorrenti: • una damigiana di vetro chiaro per olio (cioè a bocca molto larga); • argilla espansa (o ghiaia) sufficiente a coprire il fondo della damigiana per un’altezza di 7 o 8 cm; • terriccio per fiori; • una lastra di vetro che funga da coperchio per la damigiana; • alcuni semi di piante di modeste dimensioni.

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Seguite questo procedimento: • Coprite il fondo della damigiana con argilla espansa (o ghiaia). Versate su questo strato di materiale il terriccio avendo cura che il suo livello non superi il diametro massimo della damigiana. • Disponete sul terriccio i semi da voi scelti e annaffiateli. • Chiudete, quindi, la bocca del recipiente con la lastra di vetro interponendo, tra questa e il bordo della damigiana, degli spessori di sughero che permettano il ricambio dell’aria. • Esponete la vostra serra alla luce. • Da ora in avanti sarà sufficiente annaffiare il terreno ogni due settimane, circa: l’acqua scenderà attraverso il terreno e la ghiaia fino sul fondo del recipiente. Poi, poco alla volta, evaporerà condensandosi sul coperchio di vetro dal quale ricadrà sotto forma di piccole gocce. Utilizzazione. Questa semplice attrezzatura vi permetterà di osservare non solo lo sviluppo di piccole piante, ma anche la vita in un piccolo ecosistema in equilibrio. Come costruire di un acquaterrario-albergo Materiali occorrenti: • due lastre di “mezzo cristallo” cm 30 x 30 • due lastre di “mezzo cristallo” cm 30 x 50 • una tavoletta di compensato ricoperta di formica di cm 1 x 35 x 55 • un rotolo di nastro adesivo per imballaggi • una vaschetta di plastica trasparente che possa esser disposta all’interno del terrario • un po’ di argilla espansa (o ghiaia) sufficiente a coprire il fondo del terrario • una zolla di terra erbosa (piota) o, in alternativa, del terriccio “universale” con semi di cereali e leguminose. • due listelli di legno cm 1 x 4 x 40 • due listelli di legno cm 1 x 4 x 60 • un pezzo di rete per zanzariere cm 40 x 60 • alcuni chiodi di cm 2 • un martello Seguite questo procedimento Disponete su di un tavolo le lastre di “mezzo cristallo” avendo cura di lasciare un po’ di spazio tra le lastre per poterle poi disporre ad angolo retto.

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Congiungete tre dei quattro spigoli con il nastro adesivo, il quarto spigolo lo congiungerete dopo aver rizzato le lastre. Disponete poi le quattro lastre congiunte sulla tavoletta di compensato e fissatevele con il nastro adesivo.

Infine con i listelli di legno e la rete per le zanzare costruite il coperchio del vostro terrario. Disponete in un angolo del terrario la vaschetta trasparente (per gli anfibi e. in generale, per gli animali che hanno bisogno di acqua. Coprite il fondo del terrario con uno strato di argilla espansa (necessaria per la circolazione dell’aria ed il drenaggio dell’acqua). Mettete la zolla erbosa (o il terriccio) sopra lo strato di argilla. Infine potete collocare una grossa pietra in una zona illuminata dal sole per le lucertole. Utilizzazione. Il terrario - albergo che avete costruito vi permetterà di osservare tutti quei piccoli animali che spesso la curiosità dei bambini porta a scuola, o che possono essere raccolti, in maniera più organizzata, durante una gita scolastica. Terminate le osservazioni ricordatevi sempre di liberare gli animali catturati in un ambiente simile a quello dove sono stati raccolti. Quando il terrario non vi servirà più potrete smontarlo (togliendo il nastro adesivo) e riporre i suoi componenti in uno scaffale o sopra un armadio.

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Come costruire un “aspira insetti” Materiali occorrenti: • un vasetto di vetro (da marmellata); • un tappo di sughero ; • due pezzetti di tubo di plastica del diametro interno di circa un cm, lunghi rispettivamente 25 e 30 cm; • un pezzetto di garza; • del nastro adesivo; • una lima tonda per forare il sughero. Seguite questo procedimento: Praticate due fori nel sughero (fate attenzione a non superare il diametro del tubo). Fermate, con il nastro adesivo, ad una estremità del tubo più corto, un pezzetto di garza per impedire che qualche insetto possa raggiungere la bocca dell’operatore. Inserite i due pezzi di tubo nel tappo di sughero. Chiudete il vaso e lo strumento è pronto. Utilizzazione. L’aspiratore che avete costruito vi servirà per catturare piccoli animali senza danneggiarli. Per farlo funzionare occorre portare alla bocca il tubicino protetto dalla garza e, dopo aver avvicinato l’altro tubo all’animale che volete catturare, aspirare decisamente.

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Come costruire un retino Materiali occorrenti: • un pezzo di stoffa (fodera) leggera (cm 110 x 70 circa); • filo di ferro robusto (tre o quattro millimetri); • un manico da scopa di legno; • un paio di pinze; • ago e filo per cucire il retino; • nastro adesivo. Seguite questo procedimento: Preparate con il filo di ferro un cerchio del diametro di circa cm 35

e fissatelo con il nastro isolante al manico di scopa.

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Costruite poi con la stoffa un sacchetto a forma di cono e cucitelo intorno al filo di ferro.

Utilizzazione. Potrete usare il vostro strumento come retino da falcio per catturare piccoli animali che vivono tra l’erba, sulle siepi o sui rami degli alberi. Oppure come retino da pesca per catturare piccoli pesci ed altri animali che vivono nelle acque di superficie.

Come prendere il calco delle impronte Materiali occorrenti: • circa mezzo chilo di polvere di gesso; • una striscia di cartone; • qualche robusto fermaglio; • un recipiente di plastica (o un mezzo pallone di gomma); • due o tre litri di acqua; Seguite questo procedimento Una volta trovata un’impronta netta e chiara, circondatela con un anello di cartone che chiuderete col fermaglio. Versate nel recipiente (o nel mezzo pallone) dell’acqua e aggiungete, piano piano, il gesso mescolando con un bastoncino. Quando avrete ottenuto un impasto di consistenza cremosa versatelo sull’impronta.

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Dopo circa mezz’ora il calco sarà pronto. A casa potrete pulirlo con una spazzola e, poi, etichettarlo col nome dell’animale. NB. Con la stessa tecnica è possibile, anche, ricavare calchi di foglie. In questo caso disponete la foglia su di una superficie piana (ad esempio, una lastra di marmo o di formica), meglio se ricoperta da un leggero strato di olio. Quando il calco sarà pronto staccate delicatamente la foglia dal gesso aiutandovi con la punta di un coltello. Colorare, poi, l’impronta con le tempere cercando di riprodurre al meglio il colore naturale della foglia. Utilizzazione. Potrete utilizzare i calchi per una collezione o una decorazione, come ricordi di una gita o simpatici oggetti da regalo.

Come costruire una pressa per foglie Materiali occorrenti: • due tavolette di compensato dello spessore di 1 cm circa e delle dimensioni di 30 x 30 cm; • quattro morsetti da falegname; • fogli di carta assorbente (o scottex); Seguite questo procedimento Pulite ed asciugate le foglie che volete conservare. Stendete un paio di fogli di carta assorbente su una delle due tavolette di legno. Disponete su di essa una delle foglie raccolte e copritela con altri due fogli di carta assorbente. Ripetete le stesse operazioni con le altre foglie (quante ne può contenere la pressa). Disponete infine sul materiale preparato l’altra tavoletta di

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compensato e serrate i morsetti. Occorrono circa due settimane perché il materiale sia pronto. Utilizzazione. Questo strumento è indispensabile per preparare le foglie e i fiori da inserire in un erbario.

Come preparare un erbario Vi sono molti modi per preparare un erbario. Questo è certamente uno dei più semplici e duraturi. Materiali occorrenti: • fogli di cartoncino bianco cm 30 x 45; • un rotolo di sottile plastica adesiva trasparente; • fogli di carta per scrivere e disegnare; • pennarelli fini colorati; • una spugna. Seguite questo procedimento: Disponete il materiale essiccato di una stessa pianta su un foglio di cartoncino. Se oltre alle foglie e agli eventuali fiori avete raccolto anche semi, spore, polline, corteccia, ecc., aggiungeteli. Non dimenticate di inserire disegni o fotografie che mostrino l’intera pianta, i frutti, i fiori. Completate il vostro lavoro inserendo una scheda che illustri le più interessanti notizie che siete riusciti a raccogliere. Ad una pianta potete dedicare una o più pagine. Le piante erbacee dovrebbero esser complete del loro apparato radicale. I fogli devono essere numerati e devono recare oltre al nome della pianta, la località, la data e l’ora di raccolta. Infine coprite tutto con la plastica adesiva senza tenderla e comprimendola dolcemente con la spugna asciutta. Gli erbari sono facilmente attaccati da muffe e insetti, li potete difendere usando naftalina sparsa intorno.

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Utilizzazione. Un erbario serve per conservare e catalogare le piante studiate, mettendo di ognuna in evidenza le parti più importanti e il loro adattamento all’ambiente.

Come conservare le foglie con i loro colori naturali Materiali occorrenti: • alcuni blocchetti di paraffina; • un fornello; • un recipiente di metallo nel quale fondere la paraffina. Seguite questo procedimento: Scegliete foglie dure e consistenti scartando quelle troppo morbide che, una volta immerse nel liquido caldo, tenderebbero ad accartocciarsi su se stesse. Fate fondere la paraffina. Appena la paraffina sarà divenuta liquida (ma non eccessivamente calda) immergete in essa le foglie tenendole con le pinzette per il picciolo. Appendete quindi le foglie per farle raffreddare. Utilizzazione. Le foglie così preparate conserveranno a lungo i colori naturali ma non potranno essere utilizzate per un erbario perché una volta chiuse tra le sue pagine lo strato di paraffina si romperebbe togliendo loro la protezione. Potranno invece servire per illustrare pannelli da appendere alle pareti, realizzare decorazioni o collezioni da esporre in luoghi protetti. Estraiamo il sale dal mare Materiale occorrente: carta da forno, una teglia da forno, una bottiglia di plastica, acqua di mare, una lente d’ingrandimento. 1. Rivesti la teglia con la carta da forno. Premila bene negli angoli e gira i bordi verso l’alto in modo che l’acqua non fuoriesca.

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2. Versaci sopra mezzo litro di acqua di mare. Lascia la teglia in un posto caldo e ventilato. 3. Quando tutta l’acqua è evaporata, esamina i cristalli rimasti con una lente d’ingrandimento. La maggior parte di essi avrà la forma cubica propria dei cristalli di sale. L’esperimento mostra che il mare contiene in soluzione molti minerali, ma la sostanza che vi predomina (98%) è il comune sale da cucina. Adattamento all’ambiente Materiale occorrente: guanti di gomma, 2 tipi di alghe, 2 sacchetti di plastica, nastro adesivo colorato, una bilancia da cucina, mollette e filo (da stendere). 1. La prima volta che ti rechi su una spiaggia rocciosa raccogli due differenti alghe: una che cresce al limite della bassa marea, l’altra in prossimità del segno dell’alta marea. 2. Pesa accuratamente ogni tralcio di alga. Togli alcune parti dal più pesante finché i due pesi sono uguali. 3. Appendi i tralci in un posto asciutto. Pesali ogni giorno per 3/4 giorni. L’alga che cresce vicino all’acqua perderà peso più in fretta di quella che cresce più lontano dalla riva. L’esperimento mostra che le alghe che crescono più lontane dalla riva – e restano fuori dall’acqua per la maggior parte della giornata – sono meglio adatte a trattenere l’acqua indispensabile per la sopravvivenza. Uno sguardo ai funghi MATERIALE OCCORRENTE: Cartoncino, 1 bicchiere d’acqua, forbici, un fungo fresco a cappello. 1. fai un foro al centro del cartoncino 2. infilaci il gambo del fungo, in modo che il cappello appoggi sul cartoncino. 3. sistema il fungo sul bicchiere e lascialo riposare qualche giorno. 4. solleva delicatamente il fungo L’esperimento mostra che nella parte inferiore del cappello, in una serie di lamelle, si maturano le spore che servono alla riproduzione del fungo.

Cartoncino

Fungo

Bicchiere d’acqua

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Il buco dell’ozono Materiale occorrente: gomma da masticare;una bottiglietta; acqua molto calda;lente di ingrandimento. 1. mastica bene la gomma. Quando è diventata soffice, modellaci un dischetto piatto e molto sottile. 2. riempi la bottiglia fino all’orlo con acqua molto calda. 3. sigilla l’ imboccatura della bottiglia con il dischetto modellato. 4. evita di forare il dischetto e fai in modo che sia a contatto con l’acqua contenuta nella bottiglietta. 5. osserva con la lente come si comporta la gomma. Cosa succede nelle foglie Materiale occorrente:forbici, pianta con foglie, nastro adesivo non trasparente. 1. usando forbice e nastro,ricopri un pezzetto di foglia 2. lascia la foglia così sulla pianta per qualche giorno 3. togli delicatamente il nastro. Cosa osservi? Se una foglia non riceve la luce non produce clorofilla ed ingiallisce. In autunno la clorofilla diminuisce e la foglia assume il colore dato dagli altri pigmenti. Mosca cieca Dopo aver raccolto le foglie degli alberi di varie specie, esaminarle utilizzando i 5 sensi, annusarle, toccarle per memorizzare la forma, guardarle da ogni angolazione, assaggiarle, per un tempo di 5-7 minuti. Poi a turno con gli occhi bendati, prendere dal cesto dove sono state riposte una foglia a caso e dire a quale albero appartiene. Suonando i suoni del bosco Materiali occorrenti: tutto quello che troviamo le bosco (foglie secche, rametti,pigne ecc) Il bosco è un mondo di suoni e di silenzi tutti da scoprire. Il laboratorio musicale è l’occasione per ascoltare i suoni del bosco e provare a interpretarli attraverso gli strumenti sonori costruiti con i suoi elementi, o riprodurre i vari versi degli animali. il laboratorio può terminare con uno spettacolo. __________ REGOLE DI COMPORTAMENTO IN NATURA __________ Il decalogo del “visitatore modello” del parco Riflettere sui propri comportamenti e su quelli di un visitatore immaginario adottando regole durante ogni escursione è l’obiettivo di questa attività. Prima di percorrere un sentiero, i ragazzi divisi a gruppi, possono impegnarsi ad elaborare un decalogo di comportamento, confrontando le diverse proposte e avviando un dibattito.

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Si potrebbe anche organizzare una recita in cui i ragazzi interpretano figure diverse di visitatore: il naturalista “accanito”, la signora con i tacchi, la persona attenta, il “radiolinomane”, l’urlatore, lo “spargi-rifiuti”, il “raccogli-tutto”, ecc. Un lettore fuori scena potrà leggere la frase del decalogo che interessa l’azione che si sta svolgendo in scena. ____________ ATTENZIONE ALL’USO DELLE RISORSE ____________ Fuga dall’alluvione Che valore diamo alle cose che abbiamo? Per invitare i bambini a rifletterci sopra può essere divertente proporre loro il divertente gioco della fuga dall’ alluvione, strutturato in modo cooperativo. Ogni bambino prepari un elenco di 5 e solo 5 cose che porterebbe via con sé se dovesse fuggire da casa a causa di una terribile alluvione che trasformerà in macerie e rottami tutto ciò che incontrerà. Successivamente i bambini si riuniranno in gruppetti di 4 e, dopo aver discusso un po’ dando la parola a ciascuno per almeno due volte, compileranno un solo elenco comune di 5 oggetti. Poi si riuniranno i gruppi di 8, ecc. fino ad arrivare a decidere quali sono le 5 cose di valore per il gruppo. Viaggio nell’ isola deserta Una variante dell’ esercizio precedente può allargare la discussione all’ utilità e alla funzionalità degli oggetti. Ogni studente compili l’elenco delle 10 cose che vorrebbe portarsi in un’ isola deserta, da solo. Si prosegue poi con il medesimo schema della scheda precedente, fino a decidere le 10 cose che il gruppo si porterà in un viaggio di gruppo nell’ isola deserta. La grande ricerca Per ampliare il raggio d’ osservazione può essere interessante impegnarli in una caccia agli oggetti che rischiano di finire nel pattume, da svolgersi a casa o altrove portando in classe la cosa o la sua descrizione. 1) una cosa che è stata bella 2) una cosa che non si può aggiustare 3) una cosa che sta per essere buttata 4) una cosa vecchia che mi è molto cara perché ... 5) un vestito portafortuna 6) materiali per costruire 7) un oggetto che mi assomiglia perché ... 8) una cosa che non butterei mai

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________________ EDUCARE ALLA SOSTENIBILITÀ ________________ Filtro naturale per l’acqua Materiale occorrente: forbici, una bottiglia di plastica, punteruolo, un piatto largo, guanti, un cucchiaio, ciottoli, ghiaia, sassolini, sabbia grossa, sabbia fine, una caraffa, acqua e terra. 1 – Taglia con le forbici la parte superiore della bottiglia. Con il punteruolo pratica sei piccoli fori tutto intorno alla bottiglia, vicino alla base. 2 – Poni la bottiglia sul piatto e infilati i guanti. Con il cucchiaio metti nella bottiglia prima i ciottoli, poi la ghiaia, i sassolini, la sabbia grossa e la sabbia fine. 3 – Metti una manciata di terra in una caraffa piena e metà acqua. Mescola accuratamente il miscuglio nella bottiglia. L’acqua che si raccoglie nel piatto sarà molto più limpida della caraffa. L’esperimento mostra che quando scorre attraverso il terreno, l’acqua viene filtrata naturalmente. Erosione del suolo Materiale occorrente: una pianta in vaso, un vaso pieno di terra, due recipienti di plastica, un annaffiatoio. 1 – Inserisci il vaso con la pianta in uno dei recipienti di plastica e quello che contiene terra nell’altro recipiente. 2 – Con l’annaffiatoio versa la stessa quantità d’acqua in entrambi i vasi. 3 – Osserva che l’acqua passa attraverso il vaso senza pianta più velocemente, portando con sé anche un po’ di terra. Nel vaso con la pianta l’acqua filtra più lentamente ed è più limpida. L’esperimento mostra che le radici delle piante tengono il terreno e lo proteggono dall’erosione.

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SECONDA PARTE: IL PROGETTO “IL RICHIAMO DELLA FORESTA” L’Idea Progettuale Il bosco è un ambiente molto ricco di stimoli, ben presente nell’immaginario e, a volte, nel vissuto dei bambini. Partendo da queste e altre considerazioni gli operatori del CEAS Pollino Basilicata hanno ideato il progetto “Il richiamo della foresta”, con il quale si è voluto coinvolgere 4 classi, principalmente della scuola primaria e/o secondaria di primo grado di due Istituti Comprensivi . Il progetto si è snodato lungo tutto l’anno scolastico 2015/2016 e si è articolato in 8 incontri (4 incontri per ogni Istituto comprensivo coinvolto). Inizialmente a ogni classe è stato assegnato uno spazio ben definito nel bosco, poi gli studenti sono stati divisi in gruppi di 3-4 elementi. Ogni gruppo ha avuto assegnata una sua sottoarea, che è stata delimitata in vario modo, e ciascun studente è stato invitato a scegliere un albero che è diventato il “suo” albero e al quale magari è stato attribuito un nome. Infine, in ognuna di queste sottoaree è stato installato un nido artificiale (come descritto successivamente). Ogni incontro ha previsto attività di tipo “sensoriale”, ludico, scientifico e naturalistico ed è stato privilegiato l’approccio dell’“imparare facendo” e quindi dell’esperienza diretta. Le attività proposte hanno mirato a sviluppare il pensiero critico, a evidenziare le complessità del mondo naturale, a privilegiare il rapporto diretto con la realtà e a valorizzare le competenze e le esperienze personali. Si è posto l’attenzione al benessere dei partecipanti, cercando di creare un clima positivo, favorevole alle relazioni e agli scambi interpersonali. Gli obiettivi del progetto • Fornire informazioni sui diversi aspetti che caratterizzano boschi e foreste del PN del Pollino; • Comprendere la complessità e la fragilità degli ecosistemi boschivi dell’area protetta; • Comprendere i legami esistenti tra le foreste e le civiltà umane del parco; • Favorire la comprensione dell’importanza dell’ecosistema forestale e dei fattori che ne minacciano l’esistenza; • Stimolare l’azione diretta di insegnanti e alunni verso la difesa e la conservazione del patrimonio forestale attraverso l’adozione di aree boschive. • Analizzare le attuali misure di protezione e di conservazione dei boschi del parco; • Rinsaldare i legami culturali e sentimentali tra noi e la foresta; • Sviluppare della capacità di osservazione, esplorazione, manipolazione con l’impiego di tutti i sensi; • Acquisire la capacità di formulare ipotesi e di verificarle con i fenomeni della realtà;

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• Riconoscere l’errore e riformulare quesiti e nuove ipotesi e acquisire principi di ordine, relazione, corrispondenza; • Sviluppare capacità di ragionamento sempre più coerenti per spiegare eventi naturali; • Rispettare tutti gli esseri viventi e interessarsi alle loro condizioni di vita; • Apprezzare gli ambienti naturali e impegnarsi in modo attivo per la loro salvaguardia; • Documentare il percorso educativo realizzato attraverso un sito web, una pubblicazione e un cd. La metodologia La metodologia educativa applicata è stata di tipo interattivo: ogni singolo soggetto ha partecipato all’analisi e all’approfondimento dei temi proposti nelle attività e nei percorsi didattico-laboratoriali. Tale metodologia ha permesso di valorizzare le potenzialità e le conoscenze di ognuno e di offrire un momento formativo adeguato alle esigenze concrete espresse dalle persone coinvolte. Attraverso varie tecniche ludiche e di animazione di gruppo (pedagogia esperenziale) ogni studente è stato coinvolto e stimolato al raggiungimento degli obiettivi prefissati interagendo con gli altri (cooperazione). I partecipanti al progetto Istituto Comprensivo di Viggianello: Classi: 1a, 2a e 3a media (plesso di San Severino Lucano) Dirigente scolastico: Nicola Pongitore Insegnanti: Francesco Ferrari, Roberta De Gennaro, Dino Vitale, Rossella Riccio, Antonietta Bloise, Giuseppina Gioia e Umbero Mitidieri. Istituto Comprensivo “B. Croce” di Latronico: Classi: - 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), - 2a elementare (plesso di di Latronico), - 2a elementare (plesso di Agromonte). Dirigente scolastico: Serena Trotta Insegnanti: Gina Liccati, Annamaria Olivieri, Giuseppina Crispino, Mariapina Amorosi, Rocchina Forestiero, Rina Sprechino, Maria Riccio, Gina La Banca e Teresa Suanno.

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RASSEGNA FOTOGRAFICA anno scolastico 2015/16

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uscita del 5 ottobre 2015 - Malboschetto

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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uscita del 12 ottobre 2015 - Parco delle Terme di Latronico

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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uscita del 19 ottobre 2015 - Ecomuseo del Parco

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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uscita del 9 maggio 2016 - Parco delle Terme di Latronico

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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uscita del 22 aprile 2016 - Bosco Magnano Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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uscita del 4 maggio 2016 - Ecomuseo del Parco Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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uscita del 18 maggio 2016 - Piano Ruggio Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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uscita del 24 maggio 2016 - Viscigli Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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LE RIFLESSIONI DEGLI STUDENTI E DEGLI EDUCATORI anno scolastico 2015/16

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Riflessioni degli studenti

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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Riflessioni degli studenti

Istituto Comprensivo “B. Croce� di Latronico (classi: 2a e 5a elementare (plesso di Episcopia), 2a elementare (plesso di di Latronico), 2a elementare (plesso di Agromonte)

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Riflessioni degli studenti

Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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Riflessioni degli studenti

Istituto Comprensivo di Viggianello (classi: 1a, 2a, e 3a media (plesso di San Severino Lucano)

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LE RIFLESSIONI DEGLI EDUCATORI

Mi scuso con le orchidee selvatiche Era una calda giornata di primavera... venne organizzata dalla nostra scuola un escursione sul Pollino… ero poco più che adolescente… ricordo tutto di quel giorno, mi è rimasto incollato addosso per sempre. La guida che ci accompagnò si rivelò un autentico maestro, ci descrisse nei minimi particolari ogni dettaglio che la nostra curiosità ci suggeriva, ci parlò di fiori, di piante, di animali rari... erano lì a due passi da me e neppure li conoscevo... chissà quante volte avevo calpestato un’orchidea selvatica ignara della sua bellezza e della sua rarità!!! Al ritorno, sulle note di River di Bruce Springsteen, rimasi folgorata… capii cosa volevo fare da grande!!! Volevo essere esattamente come quella guida... trasmettere ai ragazzi la passione per la natura. Sembrerà strano, ma alla fine ci sono riuscita! L’educatore ambientale, a mio parere, riveste un ruolo altrettanto importante quanto qualsiasi altro educatore. Il rispetto e la conoscenza per la biodiversità scaturiscono spesso da un incontro o da una giornata a contatto con la natura, proprio come quella vissuta da me. Il nostro ruolo non è solo quello di descrivere le specie animali e vegetali che ci circondano, non sono solo i laboratori, i progetti, le attività che delineano la nostra figura professionale. Il nostro ruolo è intrinseco, è molteplice… a noi spetta l’arduo compito di trasmettere la passione per la natura, a noi il dovere morale di far capire quanto sia importante il rispetto per le specie diverse da noi... rispetto che esigono tutti… dall’acaro alla quercia, dal microcosmo al pianeta intero. Il ruolo dell’educatore ambientale è quello di passare il testimone della conoscenza alle generazioni future. Ecco allora che i nostri laboratori, le nostre attività diventeranno fertili nel momento in cui un solo bambino, avrà raccolto quella scintilla che ho raccolto io quel giorno, quella fiammella che mi scoppiettava nello stomaco. Le escursioni, i laboratori teatrali, i progetti con le scuole e tutte le attività svolte nel nostro C.E.A. hanno come fine ultimo quello di avvicinare ed appassionare i più giovani verso le tematiche ambientali ed ecologiche. Abbiamo conosciuto tanti ragazzi attraverso le nostre attività, i loro visi e nomi forse non li ricorderemo tutti, ma di una cosa siamo certi: il nostro lavoro è svolto con entusiasmo, allegria e passione ed alla fine anche il ragazzo più annoiato e indifferente resterà incuriosito. I ragazzi sono scrigni profondi, raccolgono e fagocitano tutto, capiscono perfettamente gli errori che noi adulti stiamo commettendo nei confronti del nostro pianeta Terra, a loro spettano i rimedi e le alternative alle nostre strategie con-

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sumistiche ed inquinanti. Forse non riusciremo a lasciargli un mondo migliore, meno inquinato, è vero, ma almeno avremo fornito loro i mezzi e le conoscenze adeguate per cambiare direzione. La nostra forza è la loro curiosità… è su quella che facciamo leva noi educatori, a volte ti divorano con gli occhi, altre volte ti “massacrano” di domande assurde, del tipo l’insetto più abbondante in natura o il ragno più piccolo del mondo… ma noi siamo li ad ascoltarli, a rispondere senza deludere le loro aspettative, i ragazzi hanno bisogno di risposte. Siamo certi che dopo aver trascorso una giornata con noi, i ragazzi avranno più rispetto per le formiche e per le api… e forse anche noi educatori andremo a dormire con la speranza e la consapevolezza di aver indirizzato qualche bambino verso la vocazione naturalistica e chissà se tra loro prima o poi uscirà un altro e futuro Charles Darwin. Angela Mele

Perchè fare educazione ambientale in un’area protetta Il termine educazione deriva dai verbi latini educere, composto di e e duco, che letteralmente significa tirar fuori e educare che vuol dire allevare, nutrire. Il termine ambiente, invece, si riferisce all’insieme di elementi, viventi e non, che stabiliscono tra loro delle relazioni. Il compito dell’Educatore Ambientale è quello di mettere insieme i due concetti e di tirar fuori, dalle esperienze concrete, dei comportamenti corretti nel contatto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive. I processi di globalizzazione, assieme alla velocità dell’evoluzione tecnologica e ad un crescente individualismo della società attuale, hanno messo in crisi la maggior parte dei sistemi educativi tradizionali come famiglia e scuola. Si rende necessario, quindi, un metodo diverso che, partendo dalla conoscenza, porti ad una diversa consapevolezza di ognuno e del proprio ruolo sia nell’ambiente che nella società. Per educazione si intende, dunque, un processo, o l’insieme di tante azioni, attraverso il quale la conoscenza, che è già in ciascuno di noi, “emerga” sotto forma di consapevolezza. Come dice Margaret Mead “Bisogna insegnare ai bambini a pensare, non a cosa pensare.” L’educazione ambientale, che ha origine dalla didattica scientifico-naturalistica, si è evoluta, nel tempo, in un approccio molto più complesso. Partendo dall’informazione e dalla conoscenza, non solo degli aspetti naturalistici, si considerano

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tutti i fattori che concorrono alla sostenibilità, come il rispetto della diversità, non solo biologica ma anche culturale, il rispetto delle regole, la democrazia, ecc. Un approccio efficace dal punto di vista educativo vuol dire “guidare” attraverso percorsi di scoperta emotiva, che tengano conto, tra l’altro, delle differenze dei diversi partecipanti. L’educatore ambientale deve rivelare significati ed interrelazioni, attraverso l’uso di strumenti originali e di esperienze dirette piuttosto che comunicare, semplicemente, informazioni; deve educare, quindi, al perseguimento degli obiettivi posti dalla sostenibilità, quello sviluppo cioè che consente di conservare le risorse di cui disponiamo oggi per garantire alle generazioni future di goderne altrettanto. L’educazione ambientale parte dal presupposto che solo il cittadino ben informato sia realmente in grado e libero di fare le scelte che riguardano il proprio presente ed anche il proprio futuro e quello della società in cui vive. È necessario trovare i giusti approcci che siano non solo didascalici e teorici, ma offrano lo spunto per acquisire buone pratiche che possano poi diventare un modus vivendi, un vero e proprio stile di vita. L’educazione ambientale è una sfida soprattutto nelle aree protette, in cui trova non pochi ostacoli nei cittadini non sempre pronti al rispetto delle regole, sebbene non dovrebbe essere necessaria una legge per rispettare il luogo in cui si vive. La conoscenza del proprio territorio è certamente il presupposto fondamentale per “scoprirne aspetti nascosti e, a volte, insospettabili”, prendere coscienza del suo valore e, quindi, valorizzarlo e tutelarlo vivendo in maniera dinamica nella propria regione in equilibrio con l’ambiente che ci circonda. Silvia Sgrosso

Educare alla sostenibilità Viviamo in un’epoca in cui l’umanità si trova a scegliere il proprio futuro. E’ una sfida enorme quella che ci aspetta, per imparare a regolare il nostro rapporto con l’ambiente e utilizzare in modo oculato le risorse. Una sfida che passa attraverso gli impegni che tutti possono assumere nel tentativo di ricomporre il difficile mosaico che lega le nostre scelte e i nostri stili di vita al futuro del pianeta. Promuovere nuovi comportamenti è un impegno portato avanti attraverso la diffusione di varie proposta educative. Lungo la strada per la sostenibilità, l’educazione ambientale si propone di agire sui modelli culturali, sugli stili di vita, sugli approcci di pensiero alla realtà, sui valori, sull’etica per diffondere consapevolezza e stimolare il maggior nu-

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mero di persone a prendersi cura della Terra. La divisione tra obiettivi ampi e profondi e la povertà delle pratiche e delle decisioni è una delle contraddizioni degli interventi per l’ambiente. L’ambiente sembra essere sempre ai primi posti nelle preoccupazioni dei cittadini, e ogni partito si pronuncia in difesa dell’ambiente per poi nella pratica sostenere l’alta velocità, l’industrializzazione ecc… Quello che avviene per l’ambiente avviene anche per l’educazione ambientale: non c’è programma che non si proponga lo sviluppo della creatività, dell’autonomia, della partecipazione, ma quando si passa dalle buone intenzioni ai contenuti e alla progettazione “vera” si torna alle nozioni, a programmi dove non c’è spazio per l’autonomia e la creatività. Viviamo in una società in cui c’è una profonda distanza tra valori “esibiti” e valori “vissuti”, e mentre i primi sono quelli di cui si parla (e molto), i secondi sono quelli che, non sempre consapevolmente, guidano le nostre azioni. Chi opera nel campo dell’educazione ambientale oggi lo fa in un contesto fortemente cambiato rispetto ai primi pionieri. Fino ad oggi l’educazione ambientale è stata caratterizzata dalla propria capacità di evolvere, di contaminarsi. L’educazione ambientale è viva perché esplora campi nuovi in modo nuovo, mantiene la complessità e affascina. Non può essere ridotta a ricette, irrigidita. Sicuramente si può lavorare in modo migliore e forzare il passaggio da una cultura ambientalista pionieristica a una situazione più matura, andando nella direzione di un confronto più qualificato tra le istituzioni e i privati che si occupano di educazione ambientale, stimolando una programmazione integrata, momenti di valutazione che portino a procedure e strumenti per il controllo della qualità, diffondendo la buona pratica della documentazione. Ma la sfida della qualità richiederà continuità, professionalità e impegno di risorse. E’ sempre più chiara l’interdipendenza tra sviluppo, ambiente, equità sociale e formazione a stili di vita di ridotto impatto ambientale. Nel nostro secolo sono balzati alla ribalta problemi nuovi (questione ambiente, rapporti tra sud e nord del mondo) che il modo politico e la società civile faticano ad affrontare e risolvere. Risulta chiaro che questi problemi non possono essere ignorati poiché da una loro soluzione dipende la pace e la sopravvivenza non solo delle generazioni presenti ma anche di quelle future. Si impone quindi un cambiamento culturale, si tratta di modificare nel profondo la nostra immagine della natura, le relazioni tra noi e l’ambiente e tra noi e gli altri. Bruno Niola

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L’educazione iniziava insegnando ai bambini a sedere immobili provandone gusto. Imparavano a usare il loro olfatto, a guardare dove in apparenza non c’era nulla da vedere, ad ascoltare con attenzione quando tutto sembrava silenzioso. Un bambino incapace di sedere immobile è un bambino sviluppato a metà. (L.S. Bear, capo Sioux Oglala) Il silenzio rappresenta l’equilibrio assoluto di corpo, mente e anima. L’uomo che conserva la sua personalità è sempre calmo ed imperturbabile di fronte alle tempeste della vita. Se gli chiedete cosa sia il silenzio, egli vi risponderà: “E’ il Grande Mistero. Il Santo Silenzio è la sua voce”. Se domandate: “Quali sono i frutti del silenzio?”, egli dirà: “Sono l’autocontrollo, il vero coraggio, la sopportazione, la pazienza, la dignità ed il rispetto. Il silenzio è la pietra angolare del carattere”. (Ohiyesa, Sioux Santee) Quando la Terra fu creata con tutti i suoi esseri viventi, l’intenzione del creatore non era di renderla vivibile solo agli uomini. Siamo stati messi al mondo insieme ai nostri fratelli e sorelle, con quelli che hanno quattro zampe, con quelli che volano e con quelli che nuotano. Tutte queste forme di vita, anche il più piccolo filo d’erba ed il più grosso degli alberi, formano con noi una grande famiglia. Tutti noi siamo fratelli e ugualmente importanti su questa terra. (dal ringraziamento degli Irochesi) Gli antenati amavano letteralmente il suolo: si sedevano o si piegavano sul terreno con la sensazione di essere a contatto con la forza protettiva. Era un bene per la pelle toccare la terra, e gli antenati amavano togliersi i mocassini per camminare a piedi nudi sul sacro suolo. I loro teepee erano costruiti sulla terra e i loro altari erano fatti di terra. Gli uccelli che volavano in cielo scendevano a riposo sulla terra ed essa era il ricovero finale ed eterno per tutto ciò che viveva e cresceva. Il suolo era rassicurante, rinvigorente, purificante e risanante. Ecco perché i vecchi indiani siedono per terra invece di sostenersi lontano dalla sua influenza vivificante. Per loro, sedere o giacere sul terreno significa riflettere meglio e sentirsi più forti. (L.S. Bear, capo Sioux Oglala)

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“SE SI PULISCE LA PORTA DELLA PERCEZIONE ALLORA OGNI COSA SI MOSTRERÀ COSÌ COM’È: IMMENSA…”. Due blocchi ci tagliano fuori dalle risorse essenziali, vivificanti. Il muro dentro di noi che ci divide dalle “energie dimenticate” esistenti in noi e il muro di fronte a noi: i nostri sensi sono come ricoperti da una membrana, che ci divide dalla percezione diretta, dalle “forze vitali del mondo”. Uscendo dall’infanzia l’uomo abdica all’incantamento. Abbiamo due muri: uno dentro di noi, le energie tagliate fuori, l’altro davanti a noi: la percezione diretta bloccata. Ma in realtà questi due blocchi sono un blocco solo. E quando nell’azione ci facciamo strada attraverso di essi (agendo organicamente, con noi stessi), allora è difficile dire se noi siamo in sincronia col mondo della percezione sensoriale, o se il mondo è in sincronia con noi. Semplicemente: c’è sincronia. Nei secoli antichi si chiamava “sinfonia degli esseri”, “armonia”. di Grotowski “Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto”. Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. “Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente”, disse. “Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola,è più importante di tutte voi, perché è lei che ho annaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata coni l paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa”. E ritornò dalla volpe. “Addio”, disse. “Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. é molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale invisibile agli occhi” “L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. “É il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…” “Io sono responsabile della mia rosa…”, ripeté il piccolo principe per ricordarselo. da “Il piccolo principe” di A. de Saint Exupery

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IL MONDO È UNA COMUNITÀ DI PIANTE ED ANIMALI Dovremmo cambiare il nostro rapporto con le piante, capire finalmente che gli alberi sono un mondo inseparabile dalla nostra vita, cominciato prima della comparsa dell’uomo sulla terra, e non soltanto un elemento del paesaggio. L’evoluzione della specie non ci sarebbe stata se non fosse stata preceduta da quella del regno vegetale. Non possiamo dimenticare che, con la loro capacità di produrre energia dalla luce, le piante hanno provveduto al fabbisogno di ogni altro essere vivente. Il percorso dell’uomo sul pianeta è un batter d’occhio in confronto alla storia della natura. L’albero genealogico del regno vegetale ha tre miliardi di anni. Il mondo della natura è sopravvissuto a tutti i cataclismi della terra, ma l’aggressione dell’uomo è stata così rapida che i danni sono irreversibili ed è sempre più difficile recuperare quello che si è perduto. Il saccheggio delle risorse terrestri mette a repentaglio la nostra sopravvivenza. L’uso squilibrato e non attento del territorio porta alla rovina del nostro ambiente erbaceo ed arboreo. Deve cambiare lo sfruttamento della natura: non più rapine del mondo vegetale, ma riscoprire le piante non solo come ornamento piacevole, ma come il più grande prodigio della creazione. Per avere sotto gli occhi questo capolavoro basta entrare in un bosco e guardare le foglie. Esse progettano la loro direzione non solo in base alla luce,ma anche la pioggia. Ogni albero, poi, ha la sua architettura, creata dalla frequenza, dall’angolatura e dalla dimensione dei rami, che si allungano o si arrestano per una fratellanza, una collaborazione con i rami delle altre piante. Altrettanto interessanti sono la corteccia (liscia, fibrosa, membranosa, sottile o spessa come una corazza) e le radici (ancoraggio degli alberi che si dirama e sprofonda nel terreno) A richiamare la nostra attenzione ci sono poi le infiorescenze, che rappresentano la parte più misteriosa e straordinaria delle specie: fiori maschili, femminili, ermafroditi, trappole per gli insetti a cui affidano il polline della riproduzione. Dobbiamo andare controcorrente e capire che gli alberi sono i compagni della nostra esistenza: il futuro dell’umanità dipende anche da loro. Da”Alberi” di Brosse, ed. Allemandi Le radici affondate nel suolo, i rami che proteggono i giochi degli scoiattoli, i rivi e il cinguettio degli uccelli; l’ombra per gli animali e gli uomini; il capo in pieno cielo. Conosci un modo di esistere più saggio e foriero di buone azioni? da “Scritto in un giardino” di M. Yourcenar

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BIBLIOGRAFIA - Allen G., Denslow J, Alberi, La Scuola Editrice, Brescia, 1983. - Allen G., Denslow J, Impronte e tracce, La Scuola Editrice, Brescia, 1982. - Arcà M., Guidoni P., Mazzoli P., Insegnare scienza, Franco Angeli, Milano, 1982. - Bardulla E., Scuola e questione ambientale, un’indagine sugli interventi di educazione ambientale nella scuola italiana, FrancoAngeli, Milano, 1991.

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- Odum E. P., Ecologia, Zanichelli, Bologna, 1966. - Pandolfi M., Santoli R., Trecento piante, fiori e animali che ognuno deve conoscere, Franco Muzzio Editore, Padova, 1987.

- Semeraro R., Educazione ambientale - ecologia - istruzione, Franco Angeli, Milano, 1988. - Simpson G.G., Evoluzione - una visione del mondo, Sansoni, Firenze,1972.

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Tutti i diritti riservati ©. Nessuna parte del libro può essere riprodotta in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore e senza espressa citazione della fonte Finito di stampare nel mese di giugno 2016 da PubblyService di Domenico Gioia 338 5285550

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