Pollino lettura e racconti del paesaggio compressed

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Rosanna Anele, Bruno Niola e Giovanni Salerno

Pollino: letture e racconti del paesaggio


Rosanna Anele, Bruno Niola e Giovanni Salerno Pollino: letture e racconti del paesaggio ISBN: 978-88-941338-1-3

FOTO DI COPERTINA Giorgio Braschi FOTOGRAFIE Rosanna Anele, Francesco Bevilacqua, Giorgio Braschi, Bruno Niola, Giovanni Salerno, Maria Zanoni SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Simona Sola, Maria Anele EDITORE Map Design Project Via Longeni, 11 – 87036 Rende (CS) www.mapdesignproject.it - mapdesignproject@gmail.com STAMPA Press Up s.r.l. Si ringrazia per la collaborazione al progetto: Giuseppe Forte, Luigi Bloise e Aldo Schettino

PROGETTO “PAESAGGIO E COMUNITÀ LOCALI: IL VALORE DELLA BIODIVERSITÀ" - P.S.R. BASILICATA 2007/2013 – ASSE 4 LEADER – PSL “FARE SOCIETÀ LOCALE” – OPERAZIONE 4.1.2.2 “VALORIZZARE LA BIODIVERSITÀ ED ACCRESCERE LA MULTIFUNZIONALITÀ DEL PAESAGGIO RURALE”


INDICE PREFAZIONE

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PREMESSA

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1 - LETTURA E RACCONTO DEL PAESAGGIO DEL POLLINO Nota metodologica - Inquadramento territoriale - Lettura dei paesaggi: area Gal La Cittadella del Sapere - Aspetti morfologici - Aspetti ecologici – Sistema insediativo

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2 - ATLANTE DEI PAESAGGI

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Atlante dei paesaggi regionali - Atlante dei paesaggi locali 3 - RACCONTI DI PAESAGGIO NELL'AMBIENTE GLOBALIZZATO di Francesco Forte

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4 – CALABRIA: DAL DEGRADO INCOMBENTE ALLA RITERRITORIALIZZAZIONE POSSIBILE di Alberto Ziparo

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5 - LO STUDIO DEL PAESAGGIO ATTRAVERSO L'ANALISI DELLE SUE COMPONENTI NATURALI ED ANTROPICHE: STATO DELL'ARTE, CRITICITÀ E POSSIBILI APPLICAZIONI di Maurizio Lazzari

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6 - IL PAESAGGIO IDENTITARIO DEL POLLINO di Annibale Formica

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7 – TRA CULTURA E NATURA di Maria Zanoni

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BIBLIOGRAFIA

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APPENDICE Schemi paesaggistico-ambientali dei paesaggi locali Bacino del Pantano - Massiccio del Pollino - Monte Alpi - Monte La Spina - Valle del Frido Valle del Mercure - Valle del Rubbio - Valle del Sarmento - Valle del Serrapotamo

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Elenco delle tavole Carta d'inquadramento territoiale Carta altimetrica Carta delle pendenze Carta litologica Carta idrogeologica Carta di sintesi morfologica Carta dell'uso del suolo Carta della funzionalità ecologica

8 17 18 19 20 21 22 23

Carta della frammentazione ecologica Carta della Rete Natura 2000 Carta di sintesi ecologica Carta dei sistemi insediativi Carta dei paesaggi regionali Carta dei sistemi agricolo-produttivi Carta dei sistemi storico-culturali Carta dei paesaggi locali

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Prefazione Pollino: letture e racconti del Paesaggio, di Rosanna Anele, Bruno Niola e Giovanni Salerno, approfondendo il significato del Paesaggio, a partire dalla Convenzione Europea che ne esalta il valore fondamentale del patrimonio culturale e naturale, esprime appieno il significato del progetto editoriale: raccontare il Paesaggio e la sua non sempre affermata importanza; l’intersezione con la vita delle comunità locali e con la biodiversità. Elementi che, in un Parco Nazionale quale quello del Pollino, le cui biodiversità sono tra le più rilevanti del Pianeta, assumono un significato profondo. Consapevoli inoltre che il paesaggio coopera all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale, contribuendo così al consolidamento dell’identità; persuasi che esso rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo. Il progetto editoriale diviene quindi anche educativo e in quanto tale formativo di una cultura e di una consapevolezza che non deve essere mai data per scontata e che non deve andare mai perduta, proprio come la ricchezza dell’eco-sistema. Al fine di non perdere mai un attimo nella silenziosa e nobile battaglia contro la perdita di naturalità e di variazioni significative e negative del Paesaggio. Per tutto ciò ringrazio gli autori per contribuire, con questa nuova opera editoriale, a rafforzare la missione del Parco alla quale tutti, nessuno escluso, sono chiamati a dare il proprio contributo. On. Domenico Pappaterra - Presidente Parco Nazionale del Pollino

Il progetto: Paesaggio e comunità locali: il valore della biodiversità, e la sua articolazione in tre fasi, quella della conoscenza, della partecipazione e della comunicazione, si inserisce negli obiettivi specifici della Convenzione Europea del Paesaggio e ne sviluppa quelli basilari che costituiscono i punti di partenza per l’applicazione della Convenzione. La conoscenza del paesaggio, quindi la sua descrizione, attraverso la lettura del territorio finalizzata all’individuazione delle componenti paesaggistiche, individuate dalla sintesi degli elementi di lettura relativi agli aspetti morfologici, ecologici, storico culturali e d’uso del territorio. La sua valutazione soprattutto sotto l’aspetto ecologico e della biodiversità, considerando la particolare natura del territorio di studio, compresa tra due aree naturali protette, quella del Pollino e del Appennino Lucano e la presenza di numerosi Siti d’Interesse Comunitari. La sensibilizzazione, la formazione e l’educazione, al fine di appropriarsi da parte delle comunità locali del paesaggio e del valore che rappresenta in termine di potenzialità economica e di qualità della vita. La comunicazione attraverso il racconto con gli strumenti della fotografia, della narrazione letteraria e del viaggio. Gli obiettivi del progetto sono quelli di rafforzare la conoscenza del paesaggio come elemento culturale ed identitario nelle comunità, chiamate a svolgere un ruolo attivo nella sua gestione e nella sua pianificazione. Di offrire alle Amministrazioni un quadro conoscitivo da utilizzare ai fini della formazione degli strumenti di tutela, con un chiaro riferimento ai concetti della biodiversità e della qualità della vita delle comunità amministrate. Inoltre sollecitare l’attivazione di politiche ai vari livelli decisionali di riqualificazione ambientale, naturalistica e tutela del paesaggio. Giuseppe Milone - Direttore Funz. Parco Nazionale del Pollino

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Premessa Il progetto ‘Paesaggio e comunità locale: il valore della Biodiversità’ si inserisce nelle attività di conoscenza, valutazione, sensibilizzazione e comunicazione dei valori del paesaggio, portate avanti dal Parco Nazionale del Pollino in attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio. Paesaggio inteso come porzione di territorio così come percepito dalle popolazioni, il cui carattere è definito dall’azione degli elementi naturali ed umani, dalla loro interrelazione in continuo mutamento. Il paesaggio come riflesso sul territorio del rapporto uomo-ambiente, fattore di mediazione tra cultura e natura espressione principe delle culture locali e identitarie di una comunità, quindi inteso come mezzo comunicativo di una realtà territoriale. La prima fase del progetto ci ha visto impegnati nella lettura del territorio di riferimento attraverso l’analisi integrata e multidimensionale degli indicatori geografici, ambientali, e culturali al fine di individuare elementi di omogeneità territoriale per la definizione, in primis dell’atlante dei Paesaggi Regionali e successivamente l’individuazione dei Paesaggi Locali. Paesaggi locali come unità di lettura suscettibili di ulteriori approfondimenti di indagini al fine di definire le singole Unità di Paesaggio, che costituiranno gli argomenti minimi per una politica di tutela e valorizzazione. La metodologia seguita è stata semplificata nello “schema paesaggistico ambientale” con il quale si è coniugato, nella lettura del paesaggio la Sintesi Morfologica con la Sintesi Ecologica per la definizione dei Paesaggi Regionali; e successivamente gli indicatori di forma, d’uso, valore ambientale degli ambiti storico-naturalistici, del racconto e della percezione diretta, per la definizione dei Paesaggi Locali. Si è completata, inoltre, la lettura attraverso il racconto dei percorsi escursionistici descritti nel libro di Francesco Bevilacqua 'Il Parco del Pollino - Guida storico-naturalistica ed escursionistica' e la mostra fotografica di Giorgio Braschi 'Pollino Naturanima', restituendo così l’Atlante dei Paesaggi Locali, dalla sintesi della lettura dei dati geografici e degli elementi percettivi scaturiti dal racconto del paesaggio di chi l’ha percorso. La seconda fase del progetto ha sviluppato il difficile aspetto della formazione e sensibilizzazione, con i laboratori partecipativi, finalizzati a rafforzare la conoscenza del paesaggio come elemento culturale ed identitario nelle comunità, chiamate a svolgere un ruolo attivo nella sua gestione e nella sua tutela e valorizzazione. I laboratori come occasioni in cui si sono coniugate attività scientifiche, nella diversità dei loro approcci disciplinari, e attività creative di racconto poetico narrativo del paesaggio. Spazi in cui si è voluto esplicare la ricerca di una legge di continuità, tra la conoscenza oggettiva di dati materiali e quella della percezione soggettiva, attraverso la lettura e la rappresentazione del territorio e del paesaggio che lo racconta. Racconto, quindi, del processo formativo della conoscenza del paesaggio e del suo valore, partendo dall’approccio del geografo dei primi del ‘900 “con gli stivali nel fango” che fa dell’osservazione diretta il suo approccio privilegiato, con la sequenza: osservazione della realtà; descrizione e spiegazione; ricerca delle specificità; classificazione; come approccio induttivo. Coniugato all’approccio sensibile definibile come approccio estetico, emozionale e sensoriale, rappresentato anch’esso come metodo di indagine paesaggistica, come può 5


essere la passeggiata del letterato, del poeta, del fotografo, dello storico, del viandante e di chi lo vive. Gli strumenti della fotografia e del racconto letterario ci hanno guidato nel formulare una lettura sintetica ed esemplificativa come integrazione didattica, per un maggior carattere divulgativo del lavoro svolto nella prima fase di indagine e di analisi, conclusasi con la definizione dell’Atlante dei Paesaggi Locali rappresentati nei relativi elaborati grafici. L’illustrazione di casi di studi sul rapporto tra paesaggio, biodiversità e comunità, sono stati gli argomenti di studio, insieme all’illustrazione di buone pratiche sul tema e delle relative ricadute sulla qualità della vita degli abitanti, non solo di uno specifico territorio ma del pianeta intero. Sulle valenze economiche che un approccio ecologista e paesaggistico della pianificazione territoriale, di quello che può rappresentare per una comunità, ci si è soffermati considerandole elementi base per una indispensabile evoluzione delle politiche generali di trasformazione territoriali. Infine l’aspetto normativo finalizzato alla tutela e valorizzazione, in particolare l’analisi delle novità introdotte dalla Convenzione Europea del Paesaggio, rispetto alle leggi nazionali rappresentate dal Testo Unico n. 490/99, dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e dell’art. 9 della nostra Costituzione. Infine la terza fase ed ultima con l’allestimento della mostra sulla cartografia prodotta dei dieci Paesaggi Locali insieme al piano di comunicazione e diffusione dei materiali prodotti, con l’organizzazione del Meeting finale a Milano/Expò, il 24 settembre. Luogo d’incontro e di confronto con docenti, professionisti, amministratori, operatori del settore e cittadini sul valore del paesaggio e della biodiversità, sulla necessità della loro tutela e valorizzazione e sugli strumenti normativi e di programmazione. Inoltre su come il paesaggio e il racconto di esso possa essere fonte di ricchezza, traducendosi in potenziale risorsa economica per il futuro sviluppo della comunità locale e della qualità dell’ambiente in cui vive. Il paesaggio assunto a manifesto di un territorio, come racconto delle sue peculiarità antropiche, ambientali e storico culturali.

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LETTURA E RACCONTO DEL PAESAGGIO DEL POLLINO 1 - Nota metodologica Nel percorso metodologico seguito, illustrato nella figura 1, la dimensione morfologica ed ecologica rappresentano le due componenti di base che hanno guidato l’analisi territoriale nella definizione delle sue componenti paesaggistiche. Sulla base delle quali si sono definiti i Paesaggi Regionali come macro aree con caratteristiche relativamente omogenee come struttura morfologica, valore ambientale, uso ed antropizzazione dei territori. La definizione morfologica abbina alle sue originarie valenze geografiche e percettivo-visive anche quelle derivate dall’uso, dalle trasformazioni e dai processi naturali di dissesto, così da esprimere non solo un’entità descrittiva ma, soprattutto, una specificità disciplinare capace di promuovere la conoscenza orientata dei processi di formazione e trasformazione dello spazio, quindi del paesaggio. L’interpretazione ecologica è strumento propedeutico all’analisi funzionale e strutturale dei diversi elementi che compongono il sistema ambientale e costituisce un’indagine preliminare essenziale per la successiva valutazione ecologica del sistema ambientale e paesaggistico, per la sua tutela e valorizzazione. L’individuazione dei paesaggi regionali è avvenuta essenzialmente sulla base di un’analisi delle caratteristiche morfologiche ed ecologiche; queste componenti vengono descritte utilizzando set di indicatori definibili sulla base delle banche dati esistenti. Per l’individuazione dei paesaggi locali ci si è avvalsi di analisi relative alle componenti antropiche, utilizzando anche alcuni studi sulle componenti ambientali finalizzati al visiting e all’escursionismo. Le analisi hanno permesso di comporre e organizzare le conoscenze sui diversi beni d’interesse paesaggistico presenti sul territorio che costituiscono gli elementi strutturanti degli schemi paesaggistico-ambientali proposti per i singoli paesaggi locali.

Fig. 1: Schema metodologico

2 - Inquadramento territoriale Questa prima sezione è costituita da un inquadramento territoriale del GAL La Cittadella del Sapere all’interno del contesto lucano. Il territorio è rappresentato da 27 comuni della provincia di Potenza, con una popolazione di circa 75 mila abitanti ed una densità abitativa di 47 abitanti per kmq.

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Dal punto di vista amministrativo l’area rientra quasi completamente nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino ed in parte in quello del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. I comuni ricompresi nel territorio sono i seguenti: Calvera, Carbone, Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Castelsaraceno, Castelnuovo di S. Andrea, Cersosimo, Chiaromonte, Episcopia, Fardella, Francavilla Sul Sinni, Lagonegro, Latronico, Lauria, Maratea, Nemoli, Noepoli, Rivello, Rotonda, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese, San Severino, Lucano, Senise, Teana, Terranova Del Pollino, Trecchina, Viggianello. Il paesaggio è caratterizzato da scenari variegati con caratteristiche sostanzialmente uniche che vanno da quelle proprie dell’Appennino meridionale a quelle tipicamente mediterranee. Al fine della comprensione della struttura territoriale appare indispensabile la descrizione del sub-sistema complesso della rete idrologica superficiale; i due principali corsi d’acqua sono il Noce e il Sinni: il Noce attraversa da nord a sud la porzione occidentale dell’area prima di sfociare nel Tirreno marcando il confine amministrativo con la Calabria; il Sinni conforma la porzione centro-orientale, scorrendo verso est da Lauria verso il mar Ionio. Lungo l’asta del Fiume Sinni si innestano i vari paesaggi legati ai diversi affluenti, che vengono rappresentate dalle relative valli: Valle del Frido, del Rubbio, del Sarmento e del Serrapotamo, ognuna con specificità e caratteristiche ambientali proprie. Ne discende un mosaico estremamente variegato di forme, molte delle quali presentano caratteri di unicità nel contesto delle regioni circostanti, come il massiccio del Pollino, mentre altri vi si raccordano con continuità. 3 – Lettura dei paesaggi In coerenza con la concezione integrata e multidimensionale sancita dalla Convenzione Europea del Paesaggio, il progetto ‘Paesaggio e comunità locale: il valore della biodiversità’ ha scelto di fondare l’analisi dello scenario su una pluralità di contributi d’indagine e di valutazione. Come illustrato nella nota metodologica la lettura dei paesaggi si articola in due fasi fondamentali, quella del livello di definizione dei paesaggi regionali, e quella di definizione dei paesaggi locali. Nella definizione dei paesaggi regionali, particolare rilevanza è stata attribuita in questo contesto agli aspetti morfologici ed ecologici. I paesaggi locali si delineano ad una scala di dettaglio maggiore, dove gli elementi storico culturali e d’uso del territorio hanno costituito la trama di lettura e di costruzione degli ambiti omogenei che essi rappresentano, e che possono considerarsi delle vere unità di pianificazione.

3.1 - Aspetti morfologici Nel territorio del GAL La Cittadella del Sapere l’energia del rilievo tende ad essere mediamente abbastanza elevata con la presenza del massiccio del Pollino e dell’Appenino Lucano; per quanto riguarda le aree pianeggianti con una discreta estensione, si possono rinvenire principalmente lungo le piane alluvionali del Sinni, del Sarmento e del Noce che ne segnano le principali linee morfologiche. Il territorio propone un panorama assai ampio di tipologie paesaggistiche, per l’intensità e la tipologia dei processi di morfogenesi, essenziali nella costituzione dei principali lineamenti 9


geomorfologici e, conseguentemente, di copertura delle terre. Litologia La litologia mostra una grande influenza sul tipo di paesaggio che si forma da essa. Esso condiziona fortemente gli altri parametri morfologici come idrografia e pendenze. Un terzo del territorio risulta costituito da rocce silicee. Litologia

% area GAL

Conglomerati con alternanza di livelli vari

26,62

Depositi Alluvionali Eterogenei

7,55

Formazioni Argillose costituite da Argille Marnose e Siltose Formazioni Carbonatiche costituite da Calcari, Calcari Marnosi, Calcareniti, Calciduriti

2,19 20,78

Formazioni costituite da alternanza di litotipi differenti

7,57

Rocce di natura prevalentemete Silicea, con Diaspri e Marne Calcaree Silicifere

31,94

Rocce Magmatiche Intrusive, Acide e Basiche

3,36

Tab. 1 – Litologie affioranti nel territorio del GAL

Altimetria L’altimetria costituisce un fattore di condizionamento morfologico in relazione soprattutto alle conseguenti variazioni climatiche che essa determina. Fasce altimetriche 0 – 400 400 – 800 800 – 1.200 1.200 – 1.600 Oltre 1.600

% area GAL 13,58 36,96 35,63 11,34 2,48

Tab. 2 – Fasce altimetriche nel territorio del GAL

Pendenze La pendenza provoca importanti variazioni locali nella disponibilità di acqua e nella temperatura, determina il grado di trasformabilità dei luoghi, condiziona le possibilità di esercitare pratiche agronomiche. Nel territorio del GAL La Cittadella del Sapere l’energia del rilievo tende ad essere mediamente abbastanza elevata; per quanto riguarda le aree pianeggianti con una discreta estensione, si possono rinvenire principalmente lungo le piane alluvionali del Sinni, del Sarmento e del Noce. Idrografia Appare indispensabile la descrizione del sub-sistema complesso della rete idrologica superficiale. I due principali corsi d’acqua sono il Noce e il Sinni. Il Noce attraversa da nord a sud la porzione occidentale dell’area prima di sfociare nel Tirreno marcando il confine 10


amministrativo con la Calabria; il Sinni conforma la porzione centro-orientale, scorrendo verso est da Lauria verso il mar Ionio. Sintesi morfologica La 'Sintesi morfologica' considera gli aspetti del paesaggio risultante da una sintesi delle interrelazioni tra informazioni geologiche, morfologiche, litologiche, altimetriche, climatiche e pedologiche. Complessivamente sono stati individuati 10 unità morfologiche le cui caratteristiche vengono descritte in tabella 3. Ambito morfologico Alta montagna carbonatica Rilievi interni occidentali Rilievi del versante tirrenico Area pedemontana e costiera tirrenica Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Rilievi centrali a morfologia ondulata

Litologia Rocce carbonatiche Rocce argillose e carbonatiche Rocce carbonatiche Rocce carbonatiche Rocce sedimentarie terziarie Rocce sedimentarie terziarie Formazioni flyscioidi

Colline sabbiose e conglomeratiche

Depositi marini pliopleistocenici: sabbie e conglomerati

Colline argillose

Dpositi marini pliopleistocenici: argille

Pianure alluvionali

Depositi alluvionali a granulometria variabile

Morfologia Altopiani e rilievi montuosi ad alto grado Rilievi collinari a gradiente medio Rilievi collinari a gradiente alto Conoidi moderatamente acclivi e versanti molto scoscesi Rilievi montuosi ad alto grado Rilievi montuosi ad alto grado Ambienti collinari a gradiente medio Rilievi collinari in prevalenza subpianeggianti Rilievi collinari in prevalenza subpianeggianti Pianure su depositi alluvionali recenti

Altimetria > 800 300 – 1.000 200 – 1.100 0 – 300 900 – 1.400 100 – 1.100 400 – 1.000

Pendenza 14 – 60 4 – 40 5 – 80 5 – 60 6 - 60 6 - 60 14 – 60

300 - 900

5 - 60

100 - 400

5 - 40

0 - 400

0 - 25

Tab. 3 – Sintesi Morfologica e descrizioni delle principali caratteristiche fisiche

3.2 - Aspetti ecologici L’interpretazione ecologica è strumento propedeutico all’analisi funzionale e strutturale dei diversi elementi che compongono il sistema ambientale e costituisce un’indagine preliminare essenziale per la successiva valutazione ecologica del sistema ambientale e paesaggistico. Uso del Suolo Per analizzare le caratteristiche ecologiche del territorio si è partiti dall’uso del suolo, le cui tessere sono aggregate secondo tre tipologie prevalenti (componenti naturali, antropicoagricole, antropico-urbanizzate), in relazione al grado di naturalità. Funzionalità ecologica Sulla base della continuità degli elementi a forte valore ecologico è stata valutata la funzionalità ecologica. L’eco-mosaico di un particolare ambito territoriale è normalmente 11


costituito da un insieme di unità ambientali contigue ed interconnesse, tra le quali si stabilisce un reticolo di interazioni e di scambi biologici che coinvolgono tutte le specie animali e vegetali presenti, non specifiche di particolari habitat; lo scambio continuo consente di mantenere l’equilibrio delle popolazioni animali e vegetali e, soprattutto, di mantenere o addirittura di arricchire il livello della biodiversità, condizione assolutamente necessaria alla sopravvivenza dell’ecosistema. Rete Natura 2000 Nella valutazione degli aspetti ecologici del territorio particolare rilevanza presentano le aree ricadenti nella Rete Natura 2000, quale principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Rete Natura 2000 si identifica come una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. I nodi della rete sono costituiti dai Siti di Importanza Comunitaria (SIC) istituiti ai sensi della Direttiva Habitat, a questi si affiancano le Zone di Protezione Speciale (ZPS) designate ai sensi della Direttiva “Uccelli” del 2009, e che identificano porzioni di territorio che ospitano popolazioni significative di specie ornitiche di interesse comunitario. Rete Natura 2000 Basilicata, costituita da 50 SIC e 17 ZPS, rappresenta il 17,1% della superficie regionale. Tali siti rappresentano un mosaico complesso di biodiversità dovuto alla grande variabilità del territorio lucano. Complessivamente sono 19 le aree SIC presenti nel territorio del GAL; esse ricadono in tutti e tre gli ambienti caratteristici dei SIC della Basilicata: ambienti montano, colline e pianure, rilievi costieri. Indici di frammentazione Il reticolo delle interazioni e degli scambi tra unità ambientali può essere interrotto da diversi fattori, sia congiunturali che strutturali; tra le più frequenti e diffuse cause strutturali di frammentazione del territorio e di interruzione degli scambi biologici interni all’ecomosaico, ci sono senz’altro l’espansione urbana e lo sviluppo delle infrastrutture di comunicazione. La crescita urbana, soprattutto dove avviene in senso lineare, rappresenta un ostacolo insormontabile alla migrazione locale delle specie, e d’altra parte le vie di comunicazione (strade, autostrade, ferrovie) costituiscono altrettante barriere a differente grado di permeabilità per tutte le specie che si muovono sulla superficie, nonché fattori di pericolo per la sopravvivenza fisica stessa degli animali. Comprendere quanto le infrastrutture di comunicazione e nell’insieme delle barriere fisiche di origine antropica, influenzano la continuità naturale dell’ambiente è dunque essenziale per mettere in grado gli strumenti di pianificazione territoriale di prevenire o almeno di mitigare le continue interruzioni dell’eco-mosaico. Per la valutazione di tali interferenze si è fatto ricorso ad una serie di indici messi a punto nell’ambito del progetto europeo Planeco; si tratta dell’Indice di Frammentazione da Urbanizzazione (IFU) e dell’Indice di Frammentazione Infrastrutturale (IFI), qui elaborati in una versione modificata. 12


Sintesi ecologica La 'Sintesi ecologica' considera gli aspetti del paesaggio risultante dall’interrelazioni delle informazioni ecologiche derivanti dall’aggregazione dei cinque indicatori precedentemente descritti. Il territorio è stato classificato in base al valore ecologico risultante. Valore ecologico del territorio

% area GAL

Alto valore ecologico

9,3

Moderato valore ecologico

63,6

Basso valore ecologico

27,1

Tab. 4 – Valore ecologico del territorio nel territorio del GAL

3.3 - Sistema insediativo Il territorio si struttura lungo l’arteria principale della SS 653 – Sinnica che l’attraversa longitudinalmente lungo il fondovalle del fiume Sinni e da nord a sud dall’Autostrada A3 sul versante occidentale. Il reticolo di strade provinciali, nel collegare i comuni interni, si diramano dalla Sinnica, segnando il paesaggio che attraversano, classificabili in strade di fondovalle e di crinale. I 27 comuni la maggior parete arroccati sui versanti sono di dimensioni medio piccole e piccolissimi, con il solo centro di Lauria che costituisce il perno urbano dell’area che supera i 10.000 abitanti. I due indicatori usati per indagare il peso urbano nel paesaggio sono stati quello della popolazione residente nei centri, del suo grado d’invecchiamento e della dinamicità economica; mentre l’indicatore della produzione edilizia negli anni, ed il grado d’occupazione del patrimonio edilizio stesso. Questi indicatori ci restituiscono l’evoluzione urbana e di antropizzazione dell’area con il relativo impatto ambientale e di consumo di suolo; nonché la corrispondenza dello sviluppo urbano alle reali necessità di fabbisogno abitativo delle popolazioni residenti.

Fig. 2 - Popolazione 2012

Inoltre, al fine di visualizzare l’entità del patrimonio edilizio in relazione alla vetustà, quindi a suo valore storico si sono analizzati i dati Istat relativi alle epoche di costruzione, prima del 1970, dal 1970 al 2000 anni del boom edilizio e nella fase successiva dal 2000 al 2012. Popolazione 13


I dati sulla popolazione del 2012 ci restituiscono uno scenario in cui il centro maggiore è rappresentato da Lauria con i suoi 13.262 ab., con polo secondario Senise con 7.127 ab., ed una fascia intermedia di comuni come Lagonegro, Maratea, Latronico e Francavilla sul Sinni che si attestano tra i 4.000 e 6.000 ab., tutti gli altri 20 centri sono di piccola e piccolissima dimensione, dai 430 di Calvera ai 3.520 di Rotonda. Quasi tutti i centri si attestano intorno alla media regionale del 154,2% e nazionale del 148,6% di indice di vecchia, colpiscono i dati di centri come: Calvera 580%, Carbone 593%, Castronovo di San Andrea 466%, Cersosimo 316%, Fardella 464%, Noepoli 533%, San Costantino Albanese 535%, San Paolo Albanese 568%, San Severino Lucano 317%, Terranova del Pollino 362%, che oltre ad essere dei centri piccolissimi hanno il tasso di vecchia più alto.

Fig. 3- Indice di vecchiaia 2012

Fig. 4- Reddito medio 2012

Patrimonio edilizio L’analisi dell’età del patrimonio edilizio ci restituisce un dato che evidenzia un sostanziale contenimento delle espansione edilizia avvenuta tra gli anni 70 e il 2000 in tutti i centri abitati; tranne che per alcuni come: Lauria che tra il 1970 e il 2000 raddoppia il suo 14


patrimonio edilizio insieme a: Senise, Maratea, Rotonda, Latronico, Lagonegro, segno che hanno subito una sensibile produzione edilizia quindi di consumo di suolo. Questi ultimi centri rappresentano anche i centri con una maggiore vitalità economica. Ma sostanzialmente un patrimonio edilizio racchiuso per la gran parte all’interno dei centri storici.

Fig. 5- Abitazione per epoca

Fig. 6 - Rapporto abitazioni / famiglie 2012

Dal rapporto abitazione e famiglie si evidenzia che in quasi tutti i centri abitati si ha una sovrapproduzione edilizia rispetto alle esigenze abitative. Segno di uno spopolamento in atto dovuto a due fattori la bassa natalità e l’emigrazione, quindi un non utilizzo o abbandono di parte della popolazione residente del patrimonio edilizio. Si evidenzia Francavilla in cui il divario tra abitazioni e famiglie è più alto, segno che la 15


produzione edilizia è stata superiore al fabbisogno abitativo e quindi: seconde case o case di migranti. La struttura insediativa La struttura insediativa dell’area rispecchia quella storica formatasi nei secoli con l’azione delle popolazioni che la hanno abitata, dai greci nell’antichità ai monaci basiliani nel medioevo. Popolazioni insediatisi lungo i crinali delle valli naturalmente protette. La valle del Sinni insieme alle altre valli collegate, quella del fiume Agri, del Noce, del Mercure fù interessata da diversi gradi di urbanizzazione, dal semplice eremo al sistema delle Laure, ai centri medioevali arrampicati sulle alture dell’appennino lucano che contornano alle valli. Il sistema si configura come un sistema policentrico, funzionalmente collegato lungo le due infrastrutture principali la Sinnica, da ovest ad est, e l’autostrada A3 da nord a sud sul versante occidentale con la centralità di Lauria. La gerarchizzazione dei centri nella regione funzionale della valle del Sinni impostata sull’asse Lagonegro-Lauria-Latronico-Episcopia- Francavilla-Senise, si arricchisce dalla costellazioni di centri minori collocati lungo le valli minori del Serrapotamo con i centri di Castelsaraceno, Castronovo di San Andrea, Calvera, Carbone, Teana, Fardella; del Sarmento con i centri di Noepoli, Cersosimo, San Costantino Albanese, San Giorgio Albanese fino a Terranova del Pollino; del Frido con San Severino Lucano con le sue numerose frazioni montane; del Mercure con i centri di Viggianello e Rotonda e Castelluccio Inferiore e Superiore. Regione morfologicamente e funzionalmente più autonoma si delinea quella del Materano con il comuni di Trecchina, Rivello e Nemoli posti sul versante tirrenico dell’appennino lucano e solcata dal fiume Noce, valle collegata a nord con il Vallo di Diano e a sud con la Valle del fiume Lao. Riguardo l’evoluzione demografica dell’area del Gal La Cittadella del Sapere, dal confronto dei censimenti Istat dal dopoguerra ad oggi (1951/2013) si registra una perdita di oltre 20.949 abitanti pari al 22,94%. Tutti i centri risultano in perdita di popolazione in particolar modo i comuni più interni, con la conseguenza di un costante depauperamento diffuso dell’area dove nessun centro fa da attrattore interno, ma vi è una migrazione esterna verso centri esterni all’area. Inoltre la struttura produttiva agraria evidenzia una tendenza alla parcellizzazione delle aziende, per la presenza di aziende con superficie inferiori a 2 ha, che passano dal 1991 al 2001 da una percentuale del 70% nell’area del Pollino e del 40% e nella Valle Sinni da percentuali dell’ 80% al 50%. “Il deserto urbano, insomma, si comporta, nella sua unitarietà di fondo, come un sistema plurale e differenziato, confermando, almeno parzialmente la bassa definizione di molte delle rappresentazioni territoriali, incapaci di sondare alla scala appropriata... le peculiarità e le identità sub-regionali come fattori della costruzione durevole della ricchezza dello spazio europeo” (Magnaghi, 2005).

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ATLANTE DEI PAESAGGI 1 – Nota metodologica Dall’inquadramento strutturale emergono brani territoriali che, agli effetti delle relazioni paesistiche fondamentali, sono strutturati unitariamente da una forte matrice geomorfologica, come accade in montagna, o da una dominante strutturazione storica dell’insediamento rurale (come si registra in collina e in parte della pianura). Questa articolazione del paesaggio, implicita nella strutturazione complessiva, facilita una ripartizione del sistema regionale in zone significative in relazione alla ricorsività e all'unitarietà delle matrici ambientali e culturali emerse. Questo processo di individuazione e di riconoscimento, una volta completato per gli aspetti caratterizzanti e qualificanti che integrano le reti paesistiche e ambientali alla scala locale, concorre, come integrazione della interpretazione strutturale, alla definizione degli aspetti connotanti il territorio e le sue "caratteristiche di valore". D’altra parte le elaborazioni per l’inquadramento strutturale alla scala regionale evidenziano la pluralità e la multiformità di assetti ambientali e paesistici specifici e, conseguentemente, la complessità e la ricchezza delle loro integrazioni nella dimensione complessiva. In particolare l’ottica del paesaggio, per la quale l’identità si riscontra in un orizzonte definito da ciascuna comunità, evidenzia una pluralità di strutture locali riconoscibili di volta in volta per differenti aspetti sedimentati e spesso molto radicati nelle popolazioni. Normalmente tali aspetti identitari corrispondono o sono in stretta relazione con i caratteri strutturali, naturali o storici, dei luoghi entro cui si sono sviluppati. Di qui la possibilità e l’opportunità di articolare il territorio regionale in atlanti di paesaggio, diversamente caratterizzati e diversamente gestibili e tutelabili. 2 - Atlante dei paesaggi regionali La dimensione identitaria del paesaggio è per lo più percepita entro i confini del territorio conosciuto diffusamente dalle comunità locali, ma i fattori del contesto fisico-ambientale e storico-culturale, che ne costituiscono il materiale di base, assumono una certa compiutezza unitaria ad una dimensione maggiore. Quindi l’inquadramento strutturale regionale si accompagna con una prima indagine sui sistemi storico-culturali e la morfologia naturale, che costituiscono i differenti contesti unitari delle identità paesistiche regionali. Per il territorio del GAL ne risultano 3 paesaggi regionali, che vengono precisati e specificati successivamente attraverso i paesaggi locali, ma che sin da questa fase possono essere delineati nelle loro caratteristiche principali, nelle relazioni interne che li strutturano e che costituiscono i fattori di differenziazione del paesaggio più macroscopici. La definizione dei paesaggi regionali, così come delineati nella tavola dedicata, si è appoggiata ai confini amministrativi dei comuni. 3 - Atlante dei paesaggi locali La suddivisione del territorio in Paesaggi Regionali sconta un riferimento ad aspetti strutturali complessivi che spesso non corrisponde a un’omogeneità di paesaggi percepibili e di condizioni, e soprattutto non è adeguato precisamente al senso di identità del paesaggio che matura tra gli abitanti, ma ne definisce solo caratteri generali. 29


Comunque, in un territorio variegato e articolato come quello lucano l’identità riconosciuta dagli abitanti è delineata da caratteri locali di maggior dettaglio e dalla loro integrazione in dimensioni territoriali molto più limitate. Quindi, per restituire uno strumento di interpretazione utile (sia normativo che progettuale), è necessario distinguere, entro i Paesaggi Regionali, una disaggregazione in paesaggi locali. Soccorre a questo proposito il concetto di Unità di paesaggio (UP), già frequentato dalle scuole pedologiche e geografiche fin dalla fine dell’800 e rivisitato in vari modi dalle teorizzazioni e dalle esperienze di pianificazione paesistica più recenti. L’interpretazione cui si fa qui riferimento tiene conto di due aspetti fondamentali: • la rilevanza delle percezioni e dei giudizi di valore delle popolazioni interessate (giusto il richiamo della CEP); • l’importanza del criterio di eterogeneità (anziché di omogeneità) delle risorse implicate, ai fini della costituzione dei sistemi di relazioni che strutturano il paesaggio. Ciò premesso, i paesaggi locali sono stati definiti come ambiti caratterizzati da peculiari sistemi di relazioni (ecologiche, funzionali, storiche, culturali e visive) fra elementi eterogenei chiamati a dialogare fra loro e a restituire un complessivo e riconoscibile senso identitario. Essi costituiscono anche il contesto più appropriato per verificare gli impatti sui beni paesaggistici e le maggiori emergenze riconosciute. I paesaggi locali costituiscono il riferimento fondamentale delle comunità, possono essere considerate al centro delle attenzioni richieste dalla Convenzione europea ai fini della loro identificazione e valutazione. Il progetto propone qui di seguito un primo tentativo di lettura dei paesaggi locali specifici di un territorio complesso come quello del Paesaggio Regionale denominato Pollino, in gran parte coincidente con il versante lucano del Parco Nazionale del Pollino. Le trasformazioni che il paesaggio ha subito nel tempo sono legati agli elementi antropici che ne hanno costruito l’aspetto e alla storia materiale di uso e fruizione del luogo. Il rilievo del patrimonio storico-culturale relativo ai centri abitati, agli elementi puntuali disseminati sul territorio, all’urbanizzazione diffusa, all’infrastrutturazione ed alla trasformazione agricola del territorio, misurano il valore storico e antropologico del paesaggio. L’analisi si è fondata sulla primarietà attribuita alla strutturazione storica dell’insediamento nel territorio, ai caratteri omogenei territoriali, ambientali e culturali ed al relativo sistema della viabilità, sia quale elemento di organizzazione territoriale, sia come elemento fondamentale della percezione contemporanea. Al lavoro di puntuale censimento si è inoltre affiancato un lavoro di riconoscimento dei caratteri fondamentali del territorio storico, non inteso come processo di individuazione di singoli beni ma, piuttosto, come messa a fuoco di sistemi che condizionano significativamente il territorio. L’interesse si è rivolto a quei sistemi integrati che sono portatori di elementi di valenza morfogenetica per la loro struttura insediativa storica e che sono il risultato della sommatoria di caratteri identitari, che delineano il profilo storico-culturale dell’area. Sono stati in ogni caso esplicitamente indicati quegli elementi o sistemi di oggettivo e 30


percettivo rilievo locale. Le informazioni relative al patrimonio storico-culturale utilizzate fanno riferimento a: • centri storici (insediamenti storici e storicizzati ); • beni storico-culturali (aree archeologiche, castelli insediamenti fortificati, musei, necropoli); • beni religiosi (monasteri, conventi, certose, chiese, ecc.); • beni rurali e di archeologia industriale (mulini, masserie, filande, fornaci). L’approfondimento su uno dei paesaggi Regionali, quello del Pollino, mostra la struttura degli insediamenti urbanizzati, del sistema dei beni storici culturali e di quello produttivo che gravitano principalmente lungo le valli dei fiumi, infatti, i bacini idrografici dei singoli fiumi, cioè le valli, diventano le principali unità di paesaggio.

3.1 - Il Racconto del paesaggio Il primo tentativo di lettura dei paesaggi locali specifici del territorio del Pollino prova a tener conto di due aspetti fondamentali: i sistemi territoriali e la loro percezione. Nel definire l’atlante dei paesaggi locali, nell’ambito del Paesaggio Regionale denominato “Pollino”, si sono intrecciati i risultati della lettura del paesaggio fin qui esplicata e la percezione diretta degli stessi con il racconto, che ci restituisce attraverso i percorsi di visiting naturalistico Francesco Bevilacqua nel suo ultimo libro: Il Parco del Pollino - Guida storico-naturalistica ed escursionistica, maggio 2014 – edito da Rubettino. Il viaggio nel cuore del Parco del Pollino raccontato e illustrato nel suo libro, ricostruisce il senso della percezione dei paesaggi attraversati dettagliandone gli aspetti naturalistici e antropologici, sintetizzando informazioni di diverso carattere: dal racconto del pastore che vive e abita nel paesaggio a quello narrativo dei viaggiatori che lo hanno attraversato nel tempo. Se tali aree sembrano utili per un’interpretazione dei caratteri percettivi complessivi, tuttavia esse non possono essere utilizzate tout court per l’individuazione dei paesaggi locali; risultano limitanti in tal senso due questioni: (i) alcune delle aree escursionistiche individuate da Bevilacqua presentano un’omogeneità fisica marcata, ma all’interno di esse è possibile individuare ambiti territoriali con peculiari caratteri identitari. E’ il caso dell’area (D) ‘Valli del Peschiera, del Frido, del Rubbio e del Sarmento’ tenuta insieme per via della ricorsività dei paesaggi incontrati, ma ogni valle è contraddistinta da relazioni funzionale ed antropiche ben distinte; (ii) le aree escursionistiche proposte da Bevilacqua interessano le porzioni territoriali più significative sotto il profilo naturalistico, escludendo importanti brani territoriali connotati da importanti valenze paesaggistiche, nonché da una funzione di saldatura e interconnessione fondamentale. Le categorie proposte da Bevilacqua sono state pertanto riconsiderate sulla scorta di queste considerazioni, nonché delle precedenti analisi condotte. Si è giunti così all’identificazione di dieci paesaggi locali, cui corrisponde un’omogeneità di paesaggi percepibili e di condizioni reali. I dieci paesaggi locali si articolano principalmente lungo le valli articolate secondo la complessa rete rappresentata dai bacini idrografici e sono: 1) Bacino del Pantano; 2) Massiccio del Pollino; 3) Monte Alpi; 4) Monte la Spina; 5) Valle del Frido; 6) Valle del Mercure; 7) Valle del Rubbio; 8) Valle de Sarmento; 9) Valle del Serrapotamo; 10) Valle del Sinni.

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4 - Conclusioni Con il lavoro svolto, necessariamente non esaustivo sull’argomento paesaggio e comunità locali, si è tentato di leggere e raccontare il paesaggio secondo diversi approcci in una logica interdisciplinare, in sintonia con l’approccio innovativo introdotto dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Puntualizzando il concetto di paesaggio nella sua evoluzione da 'Bene paesaggistico', per come specificato nella normativa nazionale, a 'Paesaggio', come valore territoriale e culturale, indagandolo sia sotto l’aspetto tecnico scientifico proprio della disciplina territorialista, sia sotto l’aspetto culturale di racconto percettivo nella esperienza di coloro che lo abitano, appunto le comunità locali, e di coloro che lo hanno illustrato con i diversi contributi: letterali, fotografici ed escursionistici. L’approccio al tema seguendo una logica integrata, sia nell’impostazione della fase di analisi territoriale, sia nella rappresentazione e racconto del paesaggio, ha fatto si che il percorso progettuale si articolasse attraverso le fasi della sensibilizzazione/formazione e della comunicazione dei valori paesaggistici che l’analisi ha delineato. Dal valore puntuale al valore territoriale del concetto di paesaggio che evolve sotto l’azione dell’uomo e della natura stessa, lo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio come modificato con il DLgsl n. 63/2008, rende possibile l’applicazione dei concetti contenuti nella Convenzione Europea del Paesaggio. Il paesaggio quindi come porzione di territorio espressivo di identità, campo d’azione della popolazione che lo abita, lo usa, lo trasforma, e lo percepisce come bene da tutelare e valorizzare per migliorare la qualità della vita. Porzioni di territorio bello o brutto che sia, oggetto di politiche e strategie di valorizzazione da parte delle autorità competenti, mirate ad attivare specifiche misure ed azioni per la salvaguardia, la pianificazione, la gestione e la qualità dei paesaggi. Quindi strategie di salvaguardia, di qualità e di valorizzazione, che necessariamente deve integrarsi sinergicamente con la pianificazione socio-economica e territoriale con un approccio aperto alle questioni paesaggistiche. La necessaria articolazione dell’analisi per la definizione di valore nell’elaborazione conoscitiva, è stata basata su basi analitiche, scomponendo la complessità ambientale e culturale del territorio di studio, per poi ricomporla in tavole di sintesi che vanno a delineare delle omogeneità territoriali tali da definire degli ambiti ottimali potenzialmente soggetti a politiche di tutela e valorizzazione. La sintesi territoriale, relativi agli aspetti ambientali, morfologici e culturale degli elementi in campo ha determinato la definizione delle carte dei Paesaggi Regionali e nel dettaglio dei Paesaggi Locali, guidandoci nella definizione dei gradi di valori e di interesse degli elementi di paesaggio e della loro omogeneità. L’approfondimento alla scala di dettaglio definito dal racconto soggettivo e percettivo, ci ha restituito il valore dell’identità che le forme di paesaggio esprimono. L’identità di una comunità ancora legata alle proprie tradizioni, ma contaminata da una modernità pervasiva che rimane comunque estranea e superficiale. Questo rispecchia il fatto che le realtà territoriali fondamentalmente sono rimaste incontaminate, e non hanno subito profondi cambiamenti, il risultato è stato un immobilismo che, paradossalmente, costituisce un valore e una potenzialità, ma contemporaneamente un disvalore, che determina lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione e la stagnazione economica dell’area. 32


I testi delle pubblicazioni sul patrimonio naturale, storico culturale che il Parco ha curato e le mappe escursionistiche elaborate di recente hanno costituito una base d’informazione importante per il racconto, la comprensione e l’evoluzione storica del paesaggio. I riti, le tradizioni gli usi e i costumi, la toponomastica, ci hanno guidato nella comprensione dei caratteri della struttura insediativa monastica dei monaci Italo-Greci, oramai non più pianamente riconoscibile, e travolta dai modelli insediativi della contemporaneità. L’esperienza di viaggio che si è fatta in questi luoghi ci ha restituito la bellezza e la fragilità di questi territori ai margini dello sviluppo e la meraviglia delle comunità locali nel vedere un viaggiatore che si avventura in quei luoghi allo stesso modo di quando nell’ottocento e nei primi del novecento suscitavano i viaggiatori che visitavano le nostre terre del sud. La percezione che ha segnato tutto il viaggio e stata duplice: la sensazione che il tempo si sia fermato negli occhi della gente e nei luoghi visitati e allo stesso tempo che una modernità, comunque estranea, abbia preso il posto della storia di quella gente, sradicandola dalla loro stessa terra facendola diventare straniera in casa. Una contemporaneità senza luogo che risaliva dalle case dalle voci nelle TV che promuovevano un qualsiasi prodotto e restituiva quella sensazione di essere in un luogo indistinto uguale al qualsiasi altra parte del pianeta. Di essere contemporaneamente in tutti i luoghi in nessun luogo. Quella sensazione che annulla la ragione stessa del viaggio che porta alla scoperta di nuove culture e nuove esperienze. Solo la fotografia restituiva il paesaggio del territorio che si è attraversato segnato dalla contemporaneità solo in alcuni aspetti; quelli dell’espansione disordinata del nuovo edificato e dell’abbandono dei luoghi storici dell’abitare e della produzione dalle comunità locali. In tutti i centri visitati si è colto la drammatica realtà dell’invecchiamento della popolazione, e del silenzio nei borghi antichi, abitati da figure indistinte e immobili che si delineano dietro le tende di quei pochi portoni lasciati aperti. Pochi e annoiati seduti al bar intorno ad un tavolino a giocare a carte, oppure seduti lì senza una ragione se no quella di far passare il tempo, che un giorno cancellerà anche quella debole memoria di una storia ormai finita. Il pensiero corre ad un medioevo che ha visto questi luoghi al culmine della loro vitalità, e pensi che cosa potrebbe indurre una comunità a riabitarli. A poco sono serviti i tentativi di ripristino di botteghe, di nuove tipologie dell’abitare, di cantine e ristoranti nei borghi antichi. Chilometri e chilometri percorsi senza incontrare abitanti o viandanti di qualsiasi tipo ci danno la dimensione dello spopolamento dell’area: poche fattorie agricole incontrate, pochi gli abitanti nei borghi, e la singolarità, in giro nei bar o per strada solo uomini, qualche sparuta donna e pochissimi giovani. Sotto l’aspetto naturale, non vi è dubbio la dominanza nel paesaggio la acquisiscono e aree boscate, e l’asperità delle fiumare a secco d’acqua che segnano in tutta la sua lunghezza e profondità il territorio e che concludono il loro corso nel bacino artificiale del Pantano, formando il lago di Monte Cutugno. Segue il paesaggio agrario, frammentato in piccoli e medi appezzamenti coltivati che si distendono sulle colline tra una fiumara e l’altra intramezzati da paesaggi aspri costituiti da forre, fossi, calanchi e sommità, dove sono arrampicati la maggior parte dei centri abitati dell’area. 33


La fotografia ha avuto un peso fondamentale nella lettura e nella definizione degli Atlanti dei Paesaggi Locali, nella restituzione dei caratteri formali e strutturali del territorio, dell’impatto dei diversi elementi di paesaggio e della loro interrelazione non rappresentabili nelle cartografie prodotte. Ha costituito, inoltre, un importante compendio nella rappresentazione, valutazione e comunicazione dei valori del paesaggio del Pollino con la mostra fotografica, 'Il Pollino: Naturanima' di Giorgio Braschi parte integrante del progetto. Mostra che ha accompagnato la presentazione dei risultati del progetto nell’appuntamento milanese e in quelli successivi. La bellezza e la sublimità di questi luoghi non è restituita nella sua potenzialità, diventa urgente e necessario pertanto l’impegno, che anche con questo progetto si è voluto dare, di rafforzare le possibilità di racconto del paesaggio che ne restituisce, come sintesi culturale e ambientale, per la promozione territoriale.

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RACCONTI DI PAESAGGIO NELL’AMBIENTE GLOBALIZZATO di Francesco Forte 1 - Per dialogare Nel dialogo attraverso la parola e il disegno, la comunicazione confidenziale aiuta a trasmettere principi generali connessi al tempo storico del nostro vivere. L'opportunità offertami dal gruppo di lavoro vorrei coltivarla ricorrendo a queste duplici caratteri, confidenziale e altresì generale. Il confidenziale lo svolgerò narrando il trascorrere del mio tempo negli ultimi due mesi.

1.1 - Serenità in Val d'Agri Da circa un trentennio uso trascorrere le ferie estive in Basilicata, nella media Val d'Agri, lungo i bordi del Parco Nazionale del Pollino, in comune di Tursi, provincia di Matera, limitrofo ai 27 comuni partecipi del territorio del GAL "La Cittadella del Sapere" in provincia di Potenza. La serenità ricercata la si persegue sia nel lavoro sull'insieme arborato che ho intensamente voluto onde dar luogo ad un'oasi naturale che si avvale di innovazioni nelle tecnologie dell'irrigazione., che ad escursioni nei luoghi suggestivi dei limitrofi parchi nazionali del Cilento, dell'Appennino Lucano, dell'Aspromonte, della Sila, che nel loro insieme suggeriscono l'unica vastissima area protetta del Mezzogiorno continentale 1.

Fig. 1 - Petroni, dipinto su tela, 1903, dimensioni cm 60x40, bozzetto del grande quadro “Val d’Agri”

Da una condizione quasi desertica l'oasi è oggi splendidamente fruibile. Non genera produzioni di mercato, non è un'azienda, ma produce ossigeno, contributo seppur minimo ad attenuare l'anidride carbonica ed i gas serra. Il racconto di paesaggio concernente quel 39


luogo è complessivamente mutato, con implicazioni nella qualità del vivere della comunità locale, che ne testimonia l'apprezzamento. Il senso estetico del paesaggio trae valenze non solo dai connotati morfologici o storici, di significativa suggestione per i cultori del contemporaneo, ma fondamentalmente dall'invadenza segnica dei coltivi forestali. L’insediamento si erge sullo sperone che si incunea nella valle solcata dalla fiumara dell’Agri. Non essendo regimentata la fiumara si estendeva nell’intero cuneo delimitato da pendici collinari, calanchifere ad oriente, e argillose ad occidente. La coltivazione delle terre produttive partecipi del feudo, estese per circa tremila ettari, si fondava sul pendolarismo quotidiano assolto da circa cento individui, assecondato dal mulo o dal carro trainato dal bue. La tipologia edilizia dell’abitazione era caratterizzata dal “casalino”, residenza dei salariati del feudo.

Fig. 2 - Il palazzo baronale fulcro del feudo Caprarico in comune di Tursi, nei primi anni del ventesimo secolo

Fig. 3 - La Valle del fiume Agri come appariva nei primi anni del ventesimo secolo

La struttura urbanistica del borgo nell’intorno del palazzo baronale fulcro del feudo Caprarico in Comune di Tursi, nei primi anni del ventesimo secolo. Il borgo risultava autonomo con riferimento alle attività produttive – ovile, frantoio oleario, mulino all’approvvigionamento idrico, al collettamento dei reflui, ai magazzini.

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1.1.1 - Le origini: la trasformazione agraria degli anni cinquanta, i “borghi rurali” L’esproprio del latifondo, della casa palizzata a corte e degli annessi che rendevano autosufficiente l’insediamento, ha originato il “borgo servizi” di Caprarico, frazione del comune di Tursi, dotato di chiesa, di scuola elementare, di edifico postale, oltre che di unità edilizie ad uso abitativo, che dalla sommità del colle domina la piana agricola. Tensioni disgreganti e aggreganti operano sul borgo. Si è reso necessario chiudere la scuola, soddisfacendo con il bus scolastico la domanda. L’emigrazione ha attenuato l’uso abitativo. La crisi dei servizi pubblici primari da un lato, e le nuove opportunità conseguenti alla mobilità generata dall’autoveicolo dall’altro, si bilanciano. La qualità della vita agreste conduce ad apprezzare l’intuizione dei fondatori, sollecitandone il restauro in quanto testimonianza della storia civile della Regione Basilicata. 1.1.2 – La forma sensibile Le pendici collinari delimitano il giardino di casa, allestite attraverso fitto bosco di grandi eucalipti, e di robinie, posti negli anni ottanta a coltura con l’obiettivo di arginare l’erosione del suolo. Eucalipti, pini, olivi storici, lecci, palme, e per le aiuole oleandri e pittosporo, caratterizzano la naturalità del giardino. 1.1.3 – L'oasi naturale, i coltivi immessi nella pianura giardino: pioppi, noci e olivi Le immagini vogliono comunicare:  la cura della terra richiede impegno dei singoli cittadini, possibilmente senza ricorrere ad investimento pubblico;  i siti ove si riscontra abbandono e degrado sollecitano questo impegno, non solo negli insediamenti urbani;  il giardino arborato esito di questa cura contribuisce ad attenuare il global worming;la storia del contemporaneo, istituzionale, civile, urbanisticaarchitettonica, conforma intensa fonte di meditazione, educazione, formazione. 2 – Il territorio 2.1 - Paesaggio, piano, il primo accesso al Massiccio del Pollino Circa trent'anni or sono operando per la Regione Basilicata sono stato impegnato nella progettazione del piano paesistico di Maratea-Rivello-Trecchina, vigente dal 1991 2, redatto in applicazione della legge 431/1985 (legge Galasso). Ed a quella stagione rimonta la prima escursione sulla vetta del massiccio del Pollino, successivamente dal 1993 Parco Nazionale, volta a acquisire percezione dei valori paesaggistici ed agroforestali, e del pino loricato emblema del Massiccio. Le suggestioni trasmesse dalle immagini illustrate nella cartella che mi venne donata, allestite nello studio ove lavoro, quotidianamente sollecitano ricordo e commento degli eventi che si susseguono, come quelli sismici, o l'incendio dei pini loricati, o il dissesto idrogeologico. Questi ricordi hanno acquisito vividezza allorquando mi si è reso noto il Progetto "Paesaggio e Comunità", promosso dagli organi di governo del Parco Nazionale del Pollino in attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio, ed origine della ricerca curata da Rosanna Anele. Motivatamente gli obiettivi del progetto, quale contesto delle letture e racconti di paesaggio, vengono richiamati nella prefazione del Rapporto di ricerca. 41


Con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, si è specificata la categoria paesaggio, dichiarandosi che “per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione configurano il patrimonio culturale”3. Il Codice rende possibile l'operatività delle assunzioni enunciate nella "Convenzione Europea sul Paesaggio", laddove si sono dettate le seguenti definizioni 4: a) "Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni; b) "Politica del paesaggio" designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l'adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio; c) "Obiettivo di qualità paesaggistica" designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita; d) "Salvaguardia dei paesaggi" indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d'intervento umano; e) "Gestione dei paesaggi" indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio, al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali; f) "Pianificazione dei paesaggi" indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi. g) Si intravede dal paradigma l’intenzionalità di superare l’esaltazione del “bello” riconosciuto ai territori tutelati, e promuovere la qualificazione del “brutto” dei territori regionali non tutelati, operando attraverso il piano regionale paesaggistico di cui si è confermata l'obbligatorietà attraverso il Dlgs 22 Gennaio 2004, n. 42. Si è quindi sancita l’intenzionalità di conservazione dei connotati di cose e di beni attraverso azioni giuridicamente incidenti, condizionanti i processi vitali di decisione incidenti nel valore ed interesse riconosciuti alle cose. I condizionamenti si riconducono alle categorie esplicitate dal “tutelare” e del "valorizzare". “La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione” … “La tutela del Paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. I soggetti indicati al comma 6, qualora intervengano sul Paesaggio, assicurano la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari” (Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, art. 131, comma 4, riscritto con il DLgsl n. 63.08). Il legislatore ha affermato (Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, art. 6): 1. “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di 42


utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati”. 2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze. 3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale” La conservazione può promuoversi attraverso la valorizzazione, che comprende la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati”. La riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, può promuoversi attraverso tipi di intervento edilizio di mantenimento, restauro e ristrutturazione. I nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati possono promuoversi attraverso piani urbanistici generali che delineano strategie di trasformazione d'uso di aree inedificate, e piani urbanistici attuativi conformi. 3 - Il cambiamento nei decenni recenti Quanto ha scritto Saskia Sassen illumina la connessione tra gli sperimentati duplici tempi del vivere narrati nel primo paragrafo. "Usiamo la biosfera e produciamo danni locali da millenni, ma soltanto negli ultimi trent'anni il danno è cresciuto fino a diventare un evento planetario che può ripercuotersi ovunque, coinvolgendo spesso luoghi - quali le zone artiche del permafrost - che nulla avevano a che fare con quelli in cui la distruzione ebbe origine. E tutto ciò vale anche per altri domini ciascuno dei quali con le proprie specificità"5 Va dunque effettuata correlazione tra minacce e danno cresciuto nei trent'anni trascorsi, nella prospettiva globale che coinvolge il pianeta. Le minacce nel recente passato si sono assimilate agli effetti generanti rischio (nei domini sismico-vulcanico, idrogeologico, ecologico, tecnologico, ambientale), delineando rimedi alle cause. Ma la grande minaccia che sovrasta il rischio planetario di cui si ha consapevolezza dall'accordo di Kyoto del 1997 (scaduto nel 2012, prorogato al 2020) va riconosciuta nel riscaldamento globale, il "global warming", la catastrofe ambientale che minaccia il pianeta, tanto grave da risultare oggetto dell'enciclica sulla cura della casa comune 'Laudato Sì' 6. La politica delle nazioni e la decisionalità pubblica e privata diffusa nei luoghi dovrebbero tendere ad attivare strumenti volti a mitigare sostanzialmente le emissioni di gas serra che, trattenendo la radiazione infrarossa, generano l'innalzamento della temperatura del pianeta, del riscaldamento del mare e dell'aumento della sua acidità, dello scioglimento e la sparizione dei ghiacciai, del rischio delle zone umide costiere (il bosco Pantano di Policoro, i laghi di Sibari, le pianure costiere di Basilicata, Calabria e d'Italia) per innalzamento del mare. Attendiamo la prossima conferenza mondiale sul clima promossa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite a Parigi (Dicembre 2015 ), da cui si spera che si pervenga ad un accordo globale sul clima. La produzione di energia ha svolto nel trascorso secolo ruolo prioritario nella genesi di gas serra. Si motiva di conseguenza la rilevanza che dovrebbe assumere la decarbonizzazione 43


energetica, l'incremento della produzione attraverso fonti rinnovabili, l'efficienza energetica degli edifici generando risparmio nel consumo, il risalto nuovamente attribuito alle fonti idroelettriche, all'energia generata da marea. L'Unione Europea ha proposto che al 2030 il 30% del consumo di energia sia generato da fonti rinnovabili, mentre la consistenza della domanda si riduca del 40% attraverso maggiore efficienza impiantistica e degli edifici. La capacità di generare valore dovrebbe traguardare quindi alle vaste opportunità che sussistono nelle energie rinnovabili e nella rigenerazione urbana, che dovrebbero connotare definiti percorsi - i drivers - di sviluppo7. 4 - Le nuove emergenze regionali La condizione critica che sovrasta l'umanità si accompagna alle criticità conseguenti alla destrutturazione produttiva della nazione e del Mezzogiorno, ed alle criticità dell'immane esodo in corso, dall'Africa verso l'Europa. Le generazioni di concittadini che ci hanno preceduto hanno conosciuto la “miseria” e la “fame”. La grande emigrazione è parte della storia d’Italia. E la fame e la miseria ci appaiono come spettri opprimenti l’immaginario urbano del XXI secolo, minacce che richiamano. impegno transcontinentale onde sostenere speranza. Nel passato grandi ideali hanno alimentato un capitale sociale positivo, fonte di creatività nel promuovere innovativa strumentazione incidente nel progetto della città, e le sfide del futuro che si annunciano chiedono alle generazioni che si susseguono impegno e volontà di essere, nel prospettare risposte alle contraddizioni del pianeta. L'indigenza convive con l'affluenza, e si aggrava il divario tra povertà e benessere anche nel Mezzogiorno italiano. La destrutturazione produttiva ha generato danni a territori e vantaggi ad altri, come assunto motivatamente nella riflessione sulle implicazioni delle politiche di austerità che hanno connotato i criteri di governo assunti nei recenti anni dall'Unione Europea. Gli effetti della destrutturazione hanno accentuato il divario tra il nord ed il sud della nazione (il pil pro capite nel mezzogiorno è pari al 66,3% della media italiana nel 2013, come risultava nel secondo dopoguerra). Come testimoniato dalla Fondazione La Malfa 9 la desertificazione industriale sconvolge l'economia meridionale con implicazioni sulle aziende di medie e grandi dimensioni operanti nel Mezzogiorno (dai 128.000 dipendenti del 2010 ai 117.000 dipendenti del 2012). Correlato alla destrutturazione produttiva è lo tsunami demografico evidenziato dall' Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, la Svimez, con il drammatico depauperamento previsto della popolazione delle otto regioni meridionali, e l'accentuarsi delle persone che vivono in condizioni di povertà assoluta. La natalità è crollata nelle famiglie italiane. Occorrerebbe una energica politica plurivalente, che incida sugli andamenti demografici, sulla produzione industriale mirata all'espansione dell'attività di manifattura e dell'occupazione, sulla allocazione territoriale delle aziende, sulle politiche urbane, sulle politiche di valorizzazione del patrimonio culturale. Il consolidarsi di competitività dei territori ha chiare implicazioni urbanistiche e paesaggistiche. Gli organi di governo dovranno porre tra i principi fondativi l'attenzione alle dimensioni plurivalenti della convivenza comunitaria, e attraverso l'organizzazione promuovere gli strumenti volti all'attenuarsi delle contraddizioni che conformano le tante criticità. Lo sconvolgente esodo migratorio in atto dovrebbe condurre a riparto dell'umanità richiedente asilo tale da trasformare l'emergenza in opportunità di contenimento del 44


depauperamento demografico delle regioni meridionali, e quindi non proporzionale alla consistenza demografica delle regioni italiane. 5 - Politiche: rammendo urbano e restauro del paesaggio Tra le condizioni plurime per le implicazioni sulla vita vi è il rapporto tra centro e periferia, sia insediativa, che dell'uomo. Rammendo urbano e restauro del paesaggio indicano percorsi di politiche. Il ruolo che dovrebbe attribuirsi alle molteplici pratiche che traggono motivazione dalla condizione di periferia ha evidenza quantitativa richiamata dal senatore architetto Renzo Piano, allorquando ha ricordato che il 80 per cento della popolazione urbana italiana abita in insediamento di periferia8. I suggerimenti ricalcano tesi da tempo enunciate nella riflessione urbanistica, come la monumentalizzazione attraverso attrezzature pubbliche, la più accentuata complessità funzionale, il riuso mirato della avvenuta dismissione industriale, militare, commerciale, abitativa. "La crescita anzichè esplosiva deve essere implosiva, costruendo nel costruito, densificando la città" ha affermato Renzo Piano. Il rischio della verifica operativa di questa tesi è l'architettura come "generatrice di oggetti", che incentiva azioni utili, quali la produzione edilizia o l'attrezzaggio del luogo, ma non promuove innovazione nelle relazioni funzionali, come si intravede dai rammendi innescati dagli interventi selezionati attraverso quanto con retorica insulsa si è denominato "piano città". Andando oltre la semplice dimensione edilizia, occorrerebbe assicurare fondazioni adeguate alle decisioni che generano "rammendo", promuovendo l'acquisizione di efficacia ed efficienza attraverso struttura organizzativa amministrativa sovracomunale, responsabile dell'assetto insediativo di Unione di comuni operando attraverso piani urbanistici e progetti coerenti con gli stessi, verificati nelle proposizioni con metodo preventivo transcalare. Ma non è impegno da poco, se si considera che l'approssimazione del 'piano città' permane nell'annunciato 'Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate', di cui alla legge n. 190 del 23 dicembre 2014, legge di stabilità, art 1, comma 431, fondato ancora su "progetti di riqualificazione costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonchè al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale", proposti alla presidenza del Consiglio dei Ministri dai comuni, e valutati come prescritto dalla legge9. E dall'osservazione attenta consegue il ruolo che assolve il fronteggiare le "periferie esistenziali" dell'uomo, evidenziate dal vescovo Bruno Forte 10. Papa Francesco ha invitato non solo la chiesa ma tutti gli uomini di buona volontà all'uscita dai recinti che connotano il vivere frammentato, recuperando la "dignità di tutto l'uomo in ogni uomo" attraverso cultura di prossimità fondata su solidarietà. Dalle esplorazioni che si intravedono coltivando il rammendo si staglia il "restauro del paesaggio, con i significati sociali e morfologici sottesi, che si impone all'attenzione nell'attività di bonifica dei territori degradati 11. Attraverso il restauro si persegue la conservazione della integrità paesaggistica, nella consapevolezza che attraverso il restauro non si afferma l’intangibilità del bene, ma il mutamento compatibile con la conservazione del connotato dei luoghi. L’integrità dei caratteri delle cose esplicita valutazione di insiemi di cose, oggetto di regole di intervento, carattere che si ritiene si conservi integro nel tempo, pur nella modifica di elementi singoli selezionati intenzionalmente partecipi dell’insieme. Va ricordato che sui criteri di “autenticità ed integrità” si fonda la complessiva valutazione di ammissibilità al patrimonio dichiarato dall’Unesco di valore universale svolta dall’Icomos 12. 45


La flessibilità di intenti si motiva per il ruolo che nel progetto di restauro acquisisce il giudizio critico soggettivo, ratificato dai 'saperi esperti', convocati in rappresentanza dall’istituzione responsabile ed esperta, e lo stile del “fare bene le cose”. 6 - La lettura ed il racconto del paesaggio nel nuovo contesto Il racconto di paesaggio, ispirazione primaria delle regole di tutela, ha avuto un'efficace specificazione nei piani paesaggistici regionali di recente approvazione. Nella Regione Puglia fin dal 2010 si è iniziato ad operare nella elaborazione del Piano Paesaggistico Territoriale, pervenendosi nel febbraio 2015 alla sua approvazione definitiva. Nella Regione Toscana si è iniziata l'integrazione del previgente Piano di Indirizzo Territoriale Regionale nel 2011 attraverso elaborazioni di straordinaria suggestione tecnica pervenendosi nel marzo 2015 all'approvazione condivisa dal MiBAC. Congiuntamente alla Regione Sardegna, Puglia e Toscana ci appaiono quali regioni virtuose d'Italia. Nel novembre 2007 la Regione Puglia ha stipulato intesa con il Ministero dei Beni e Attività Culturali per la elaborazione congiunta del PPTR, Piano paesaggistico territoriale regionale. Sottoscritta la condivisione dei contenuti del piano, nell'agosto del 2013 lo si è adottato. Successivamente alla pubblicazione si è contro-dedotto alle 2453 osservazioni, procedendo alla revisione degli elaborati. La Commissione consiliare dopo molteplici sedute ha espresso in data 5 dicembre 2014 parere favorevole. Il Mibac ha successivamente condiviso gli esiti pervenendosi all'approvazione definitiva della Giunta Regionale con delibera n. 176 del 16 febbraio 2015, pubblicata sul Burp n. 40 del 23 marzo 2015. Nel 2007 con del. n. 72, la Regione Toscana ha approvato il PIT, Piano di Indirizzo territoriale. Il Mibac ha prospettato alla Regione la necessità di procedere alla revisione e integrazione dei contenuti paesaggistici del PIT. Nel 2011 con delibera della GR n. 538 del 27 giugno, si è intrapreso il procedimento di revisione. Nell'ottobre 2012 si è stipulata l'intesa tra Mibac e Regione finalizzata alla elaborazione congiunta sulle aree tutelate per legge, e su quelle concernenti la dichiarazione di interesse pubblico. Nel Gennaio 2014 con delibera n. 1 il Consiglio ha adottato il Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di piano paesaggistico (PITP), cui ha fatto seguito la pubblicazione e le osservazioni. Nel dicembre 2014 con delibera n. 1121 la GR ha approvato le proposte di modifica conseguenti all'esame delle osservazioni, da sottoporre all'approvazione del Consiglio Regionale. La stampa ha riportato ampiamente le controversie conseguenti agli enunciati delle proposte di modifica, con particolare attenzione alle attività estrattive site nelle Alpi Apuane. Il Consiglio regionale il 27 Marzo 2015 ha approvato il Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di piano paesaggistico (P.I.T.P), con equilibrata revisione delle proposte di modifica. 7 - Conclusione Ci si deve domandare se la condizione critica che sovrasta l'umanità, l'Italia ed il Mezzogiorno ha implicazioni sulle letture che si operano dei paesaggi e sul loro racconto, oggetto della ricerca che nel seminario odierno si commenta, ed al dibattito si demanda questo approfondimento. Gli abitanti insediati nel territorio del GAL hanno nell'insieme consistenza di città di media dimensione, risiedono in abitazioni e svolgono attività economiche (servizi, ricettività, ristorazione, commercio, artigianato, produzione manifatturiera), si avvalgono di servizi fondamentali (istruzione, sanità, rifiuti, sicurezza), hanno necessità di fronteggiare la 46


disoccupazione attraverso crescita di attività e promuovere multifunzionalità in agricoltura, aspetti tutti che pongono in evidenza il connesso fabbisogno di energia. Il calo demografico che si riscontra suggerisce di coltivare le opportunità conseguenti all'esodo tra continenti in atto, promuovendo accoglienza ed integrazione, ed avviando la rigenerazione dei centri storici frequentemente in diffuso degrado edilizio. Contribuire ad attenuare il 'global worming' può divenire percezione comunitaria, dando luogo ad azioni locali efficaci, attraverso processi di comunicazione ed educazione. L'esplorazione di innovative modalità attraverso cui sia possibile accrescere la multifunzionalità del paesaggio rurale conduce ad evidenziare fabbisogno energetico. Note 1. Fulco Pratesi e Franco Tassi "NATURA, Puglia, Basilicata, Calabria", Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1979 2. La proposta di piano è pubblicata nel volume di Paride G. Caputi ed F. Forte " La pianificazione paesistica. Il caso Basilicata", Electa Napoli, Elemond Editori Associati, 1993 3. Dlgs 22 Gennaio 2004, n. 42, corretto ed integrato con il Dlgs 24 marzo 2006, n. 157 'Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio'; nonché con il Dlgs 26 Marzo 2008, n. 63 'Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio'. 4. La Convenzione europea del paesaggio è stata adottata dal Comitato del Ministri del Consiglio di Europa a Strasburgo il 19 Luglio 2000, ed è stata aperta alla firma degli Stati membri dell'0rganizzazione a Firenze il 20 Ottobre 2000. L'Italia nel 2006 ha firmato la Convenzione. il cui testo ufficiale è in francese ed inglese. 5. Nell'articolo 'Espulsioni ultraviolente' in Il Sole 24 ORE di Domenica 6 Settembre 2015, pag. 23. 6. Papa Francesco, 'LAUDATO SI', Enciclica sulla cura della casa comune', Guida alla lettura di Carlo Petrini, Edizioni San Paolo, Milano, 2015; nonchè 'Laudato sì, Sulla cura della casa comune', Introduzione di Bruno Forte, Commenti all'Enciclica di Piero Stefani, Roberto Rusconi, Salvatore Natoli, Dario Antiseri, Fulvio De Giorgi, Giovanni Santambrogio, Piero Gibellini, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2015. 7. Ennio Forte, "La rivoluzione logistica", prefazione di Adriano Giannola, Svimez, Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, Quaderni SVIMEZ, Numero Speciale n. 43, Roma, novembre 2014. 8. In 'Il rammendo delle periferie', in Il sole 24ORE di domenica 26 Gennaio 2014, pag 25 9. Entro il 30 giugno 2015, i comuni interessati trasmettono i progetti di cui al precedente periodo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 10. Bruno Forte 'Papa Francesco parla alle periferie dell'uomo, il bilancio di due anni di pontificato', in Il Sole 24 ORE di Domenica 22 Marzo 2015, prima pagina e pag 10. 11. Francesco Gurrieri, professore ordinario di restauro dei monumenti nell’Università degli Studi di Firenze, già Direttore e Soprintendente (1965-1981), annoverato tra i protagonisti della conservazione del patrimonio culturale, nel volume di Gurrieri, Van Riel, Semprini, Il restauro del paesaggio: contributi, dalla tutela delle bellezze naturali e panoramiche alla governance territoriale – paesaggistica, Arspat-Alinea Editrice, Rimini-Firenze, 2005, pp 62, è pervenuto alla seguente definizione del restauro del paesaggio. «Il restauro del paesaggio è il complesso di operazioni coerenti, progettate e programmate su una parte omogenea di territorio, finalizzate al recupero dei valori culturali per tramandarne l’esistenza». Ed alla p. 63 «Per la sua natura complessa il Restauro del 47


Paesaggio, dell’Ambiente e del Territorio implementa il concetto di bonifica (puntuale ed ambientale) e si esprime con stime che si avvalgono dell’intero spettro parametrico delle diverse operazioni che concorrono all’obiettivo finale (il restauro)». Lo stesso studioso, nel volume Guasto e restauro del paesaggio, edito nel 2011 da Polistampa, Firenze,, al paragrafo quarto della Premessa intitolato Verso il restauro del paesaggio, ne ha enunciato pressoché identica definizione (pag. 30). Nel volume di Paola Capone dal titolo 'Il restauro impossibile, un progetto di Bernard Lassus per il Cilento', Area Blu Edizioni, Collana LUOGHI, Cava dei Tirreni, 2013, si illustra un complesso progetto di redatta sulla base dell'Icomos World Heritage Mandate, restauro di paesaggio svolto con modalità consequenziali di ricognizione, sintesi e proposizione dal grande paesaggista francese, approfondendo la configurazione delle forme insediative e naturali immesse nelle tonalità della luce mediterranea, ispirata a promuovere 'arte di paesaggio' dedotta da vissuto e dal vivente, fondato sul 'regionalismo' e sullo specifico 'sapore del suolo', che nel Mezzogiorno italiano è ben diverso dai paesaggi della classicità, o della civiltà europea latino-germanica. Le scelte e determinazioni hanno originato le operazioni generali e specifiche di mutamento, condivise dai saper esperti del MiBAC. 12. Consultare F. Forte 'Tra lo Jonio ed il mare del Nord, l'ammissibilità alla lista del patrimonio UNESCO di inte-resse universale', Aracne Editrice, 2014, ove si è pubblicata la valutazione del nomination document of the Kingdom of Netherlans 2009. The seventeeth-century canal ring area of Amsterdam within the Singelgract.

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CALABRIA: DAL DEGRADO INCOMBENTE ALLA RITERRITORIALIZZAZIONE POSSIBILE di Alberto Ziparo 1 - La cementificazione dell’ambiente calabrese:dissesti e degrado,disastri e sprechi In Italia ormai ad ogni temporale un po’ più deciso si rischia il disastro; quasi dappertutto,in quel che resta del Belpaese. Il combinato tra surplus di energia e entropia atmosferica da mutazione climatica e sfascio del territorio da ipercementificazione generalizzata si rivela micidiale. Il primo dato che emerge è la forte intensificazione del consumo di suolo; raddoppiato nell’ultimo ventennio. Il contraltare di ciò -che significa distruzione di ecosistemi e assetti idrogeologici e quindi dissesti,oltre che perdita di paesaggio- è costituito dall’abnorme quota di volumi vuoti – non solo residenziali – che sono stati realizzati nelle città e nei paesi italiani (ISPRA,2015). La Calabria si conferma come la peggiore regione, in termini di edificazioni inutili (si registra il 10% del totale nazionale di edifici inutilizzati, a fronte di meno del 3% di popolazione), ipercementificazione e degrado del territorio. L’Istat, che ha ormai concluso l’elaborazione dei dati del censimento 2011, mostra che – a livello nazionale- si riscontra un patrimonio inutilizzato di svariati milioni di stanze e di diversi miliardi di metri cubi per volumetrie. Gli appartamenti inutilizzati sono jnfatti più di 7 milioni: in attesa del dato esatto relativo ai vani,infatti, ipotizzando un’ampiezza media di 2,8 stanze per appartamento, si rivelano tendenzialmente esatte le stime degli osservatori legati al Forum “Salviamo il Paesaggio” (circa 20 milioni). I dati conclusivi forniti oggi dall’ISTAT sottolineano come oggi il numero degli edifici presenti sul territorio nazionale sia pari a circa 14,5 milioni per poco più di 31 milioni di appartamenti residenziali. In attesa di avere il dato netto circa le volumetrie e le stanze, appare accettabile la stima-assai prudenziale- di OLT di almeno di 18 miliardi di mc edificati, di cui 15,5 mld (84,3%) di metri cubi residenziali; laddove il fabbisogno nazionale aggregato è di 6,2 mld di mc (siamo 62 milioni di persone, includendo una stima molto largheggiante anche degli immigrati non censiti)! Le Regioni meridionali esasperano il quadro nazionale: la Campania presenta circa 1 milione di edifici, di cui 65.000 vuoti e inutilizzati per una popolazione di 5.760.000 abitanti, la Puglia rispettivamente 1.100.000 e 54.200 per 4 milioni ca di abitanti, la Basilicata 117.000 e 11.700 per 580.000 abitanti,la Sicilia 1722000 e 132000 per circa 5 milioni di abitanti, la Calabria 750000 e 90000 (1.250.000 e 420.000 alloggi ) per poco meno di 2 milioni di abitanti (il 40% del patrimonio residenziale è vuoto e in molti paesi dell’interno ormai esistono più case che abitanti!); la Sardegna risente della cogenza del Piano Paesaggistico, recentissimamente ripristinata, e presenta “solo” 570.000 edifici, di cui 70.000 vuoti o inutilizzati, per 1.640.000 abitanti. Il dato relativo agli appartamenti vuoti –o scarsamente utilizzati- è strabiliante: quasi un alloggio su quattro è vuoto, con una ”punta” presentata ancora dalla Calabria con una quota pari al 40%;seguono Sicilia e Sardegna con circa il 30% del patrimonio abitativo inutilizzato, ancora in Piemonte 1 alloggio su 4 è vuoto, laddove in Veneto e Toscana il rapporto è di uno su cinque circa poco meno del Lazio (22%) e poco più della Lombardia (16%). Per quanto riguarda le città, anche in attesa del dato finale, si possono considerare consistenti le proiezioni parziali, che presentano quote di vani vuoti superiori a 100.000 a 49


Torino, Milano e Roma, poco meno a Napoli, decine di migliaia nelle città di Venezia, Padova, Bologna, Firenze e Genova. In diverse città del sud il numero dei vani costruiti supera quello degli abitanti (ancora in Calabria, a Reggio, “il top” con 40000 stanze in più dei residenti!), in molte aree interne, non solo meridionali, gli edifici sono più degli abitanti. Emerge una considerazione: solo fino a venti anni fa il dato forse più significativo era il rapporto abitanti/stanze; con il censimento 2001, per l’emergere della “cascata di case”, oltre alla rilevanza di aspetti più sociologici, quale la tendenziale forte crescita delle famiglie mononucleari, è apparso consistente parlare in termini di abitante/appartamento. Oggi diventa significativo e iconico il rapporto abitante/edificio! In Piemonte abbiamo poco più di 3 abitanti per edificio,in Lombardia poco meno di 5, in Toscana poco più di 4, nel Lazio circa 5. Nelle regioni meridionali abbiamo addirittura meno di 3 abitanti per edificio in Sardegna e in Sicilia, 2,5 in Calabria (!), 5 in Campania, 3,2 in Basilicata, poco meno di 4 in Puglia, che è in linea con il dato medio nazionale (Alcalini, Ziparo, 2015). Ci siamo chiesti a lungo perché nel nostro paese si continuasse a costruire, a dispetto del declino demografico (la quota di immigrazione appare tuttora relativa) e socioeconomico. La spiegazione è stata fornita dagli studiosi di marketing immobiliare: da tempo non si costruisce più per la domanda sociale (che infatti-nonostante tutto il patrimonio vuoto citato- resta in parte inevasa): la rendita fondiaria, poi immobiliare si è trasformata sempre più in finanziaria. I “nuovi vani” dovevano costituire le “basi concrete” per “costruzioni virtuali” di fondi d’investimento o risparmio gestito. A parte la quota di edificato“lavanderia”, ovvero finalizzata al riciclaggio di capitale illegale, facilmente intrecciata al primo (Ziparo, Biagi, 2014). I dati riferiti alla Calabria esasperano il quadro di sprechi e costi ambientali, già clamoroso a livello nazionale. La regione presenta circa il 40% di alloggi vuoti per 90.000 edifici inutilizzati e quasi un milione di stanze vuote. Gli edifici totali sono circa 750.000 per una volumetria stimata che sfiora il miliardo e mezzo di metri cubi, per meno di 2 milioni di persone, compresi neonati e immigrati senza documenti. Il suolo consumato si avvicina al 20% del totale! I dati riferiti alle province ed ai comuni maggiori confermano o peggiorano tale situazione. La provincia più popolosa;Cosenza, presenta per circa 715.000 abitanti, 246.000 edifici di cui 18.000 inutilizzati per circa 270.000 stanze vuote. Reggio, con minore popolazione (poco più di 550000) quasi eguaglia la provincia più grande per edifici costruiti (222.000 ca), ma la supera addirittura per costruzioni inutilizzate (26.500 circa) e stanze vuote (poco meno di 300.000). La provincia di Catanzaro, per 360.000 abitanti ca, presenta 160.000 edifici, di cui poco più di 10mila inutilizzati per circa 130.000 stanze vuote. Crotone 171.000 abitanti, 70mila edifici circa, di cui oltre cinquemila inutilizzati per quasi 70.000 stanze vuote. Vibo presenta circa 163.500 abitanti a fronte di 81000 edifici circa, di cui 9.500 inutilizzati per circa 105.000 vani vuoti. Per quanto riguarda città e comuni maggiori, nel cosentino la conurbazione CosenzaRende, per poco meno di 105 mila abitanti presenta circa 13 mila edifici di cui 750 inutilizzati e poco meno di 20 mila stanze vuote. Se si considera l’intera area vasta cosentina abbiamo circa 23 mila edifici di cui circa 1.500 inutilizzati per almeno 30 mila vani vuoti. Nella provincia emerge la situazione di Castrovillari, 7.800 edifici per 22 mila persone, con 700 edifici inutilizzati. Cassano mostra, per 17.200 abitanti, 8.500 edifici di cui 920 50


inutilizzati; laddove Corigliano presenta 9 mila edifici di cui 660 vuoti. Infine Rossano per 36.500 abitanti circa presenta 8 mila edifici circa, di cui 450 inutilizzati (chiara nella fascia ionica la presenza della componente di edilizia turistica). In provincia di Reggio emerge nettamente la situazione del capoluogo – in assoluto una delle peggiori nazionali – in cui per 181 mila abitanti circa sono stati realizzati quasi 40 mila edifici di cui ne restano 3 mila completamente inutilizzati, per un totale stimato di stanze vuote di circa 45 mila. A Reggio i vani realizzati superano gli abitanti di oltre 40 mila unità. Per quanto riguarda Villa San Giovanni, abbiamo per 13.500 abitanti 2.900 edifici, di cui un centinaio inutilizzati per quasi 3 mila vani vuoti. A Gioia Tauro abbiamo circa 19 mila abitanti, 4.800 edifici di cui circa 320 inutilizzati. A Palmi per gli 18.700 abitanti abbiamo circa 5.750 edifici, di cui 750 inutilizzati e circa 12 mila stanze vuote (e secondo il nuovo piano strutturale bisognerebbe costruire ancora!). Nella conurbazione Locri- Siderno, per circa 30 mila abitanti abbiamo circa 9.500 edifici di cui quasi 800 inutilizzati per circa 17 mila stanze vuote. Se si considerano anche le contigue Roccella e Gioiosa –sostanzialmente un continuum urbano- tali cifre quasi raddoppiano. A Catanzaro per 89.500 abitanti abbiamo 12 mila edifici, di cui circa 350 inutilizzati per 8 mila vani vuoti. Lamezia, con un minor numero di abitanti, supera il capoluogo per costruito: 17.500 edifici circa, di cui quasi 1.500 inutilizzati e oltre 25 mila stanze vuote (anche qui evidente il contributo dell’edilizia turistica). Crotone presenta 58 mila abitanti e circa 7.500 edifici di cui circa 400 inutilizzati per circa 12 mila vani vuoti. Il comune di Vibo presenta per 23.500 abitanti, 7.200 edifici, di cui 650 inutilizzati per circa 14 mila vani vuoti. In molti piccoli comuni costieri oltre l’ottanta per cento del costruito è inutilizzato per almeno 10 mesi all’anno. In molti comuni interni le case superano di gran lunga gli abitanti! Sono le cifre di uno spreco economico abnorme, ma anche di un disastro urbanistico, paesaggistico e ambientale che richiede urgenti interventi di blocco. Nella regione calabra questa inutile (non per speculazione e criminalità) proliferazione di case sempre più vuote e cemento, oltre a offendere paesaggi notevoli, ha colpito componenti ambientali strutturanti per il territorio; per esempio le fiumare, elemento di interrelazione tra i quattro grandi massicci interni(oggi fortunatamente Parchi) e le fasce costiere, che sono sovente state tombinate o addirittura direttamente cementate per le esigenze del costruito. Il dissesto è tale che ad ogni temporale appena più intenso si rishia il disastro. Negli ultimi anni, anche grazie alla Linee Guida della pianificazione regionale,approvate qualche anno fa dall’ultimo governo regionale di centro-sinistra, è cresciuta la preoccupazione e l’attenzione per questi problemi- ormai drammaticamente clamorosi. Tuttavia non si è registrata quella svolta di politiche e strategie che per l’eterno 'sfasciume pendulo' calabrese costituiscono emergenza assoluta. E’ auspicabile che la nuova amministrazione regionale –riprendendo il percorso interrotto negli ultimi anni- la realizzi. E’ assolutamente urgente l’attuazione dei progetti e l’aggiornamento dei piani di risanamento del suolo con operazioni di ripristino degli apparati paesistici, che comprendano operazioni di renaturing laddove possibile e altrimenti di environmental fixing; bloccando il dissennato consumo di suolo e qualsiasi nuova urbanizzazione, viste le clamorose dimensioni dell’edificato in esubero. Per questo va prevista una spesa a breve di almeno tre miliardi di euro per il blocco delle situazioni di dissesto più critiche e di stabilizzazione delle decine di migliaia di versanti in frana. Tale programma va completato 51


con la messa in sicurezza antisismica delle migliaia di edifici pubblici che ne necessitano, prevedendo anche incentivi per l’azione dei privati. E poi gestito con continuità prevedendo una spesa annuale di manutenzione di almeno 300 milioni di euro (Fera, Ziparo,2014). Oltre agli aspetti di difesa ambientale va costruita una grande strategia di recupero urbanistico e paesaggistico degli insediamenti che preveda anche la demolizione delle non poche situazioni non risanabili, la messa in sicurezza e la riqualificazione dell’edificato. Tutto questo significa investimenti per la rimessa in moto “utile e intelligente” dei comparti legati all’edilizia e all’urbanistica, con forte ripresa economica e soprattutto occupazionale. Le dimensioni clamorose del patrimonio inutilizzato richiamano un “nuovo piano casa ecologico”, che non significano nuove costruzioni, ma riutilizzo e accesso al patrimonio esistente, soprattutto pubblico,ma anche privato. Per quest’ultimo comparto vanno previsti protocolli speciali e convenzioni mirate che favoriscano –da parte del privato- la messa sul mercato sociale a fitti calmierati o la cessione in comodato all’autorità territoriale competente. Appare paradossale infatti che, a fronte di un patrimonio inutilizzato di dimensioni clamorose. Sussistano ancora svariate situazioni di disagio abitativo, che riguardano le fasce in “disagio sociale” e molte situazioni di immigrazione. Le dimensioni del vuoto sono tali da suggerire l’allargamento a tantissime situazioni urbane,grandi e piccole, di esperienze simili a quelle realizzate nel comune di Riace e in pochi altri:ci sono le condizioni per lanciare una vera e propria “strategia economica dell’accoglienza”, che coniughi condizioni abitative e di vita buone per chi arriva con il loro impiego in operazioni utili per le comunità ospitanti e di riuso intelligente di un patrimonio edilizio altrimenti sprecato. Tutto questo va completato con politiche che, anche a livello nazionale, abbandonino la “schizofrenia urbanistica” che sta caratterizzando l’attuale, come i precedenti esecutivi; per capire che il risanamento del territorio e un assetto sociale legato al paesaggio costituisce la priorità assoluta. Con la necessità urgente di riutilizzo del patrimonio abitativo, da incentivare anche con gli strumenti di controllo fiscale, che prevedano per esempio, penalizzazioni crescenti sull’edificato vuoto, allarghino il prelievo a tutto il patrimonio, cancellando la possibilità di esenzione per le “case destinate alla vendita”, e favoriscano così, oltre al riequilibrio di bilancio, l’acquisizione di risorse per il recupero urbanistico (Ziparo,2014). Nel seguito dettagliamo le azioni necessarie al recupero del territorio e alla tutela e riqualificazione del paesaggio regionale, rivisitando quanto di buono aveva prospettato- e poi non attuato- la stessa pianificazione regionale. 2 - I tentativi di recupero del territorio:istanze sociali e azioni istituzionali In alcuni settori –Territorio e Paesaggio, Ambiente. Programmazione Regionale, Energianegli anni 2005-10, il governo progressista della Regione calabrese aveva segnato non pochi elementi significativi. Tra i settori in cui si è affermata una concezione di valido governo della cosa pubblica c’è certamente il territorio. In quell’ambito, in pochi anni, l’Assessorato Regionale (Urbanistica e Governo del Territorio) guidato dall’ambientalista e comunista italiano Michelangelo Tripodi, ha reso operativa la nuova Legge Urbanistica (senza precedenti nella quarantennale vicenda della Regione Calabria) ed ha approvato le Linee guida di Avvio della Pianificazione, un metapiano che definiva le regole per la tutela di ambiente e paesaggio e la riqualificazione sostenibile del territorio regionale. Questo si 52


inquadrava in una logica di programmazione dello sviluppo regionale basatom sulla fruizione innovativa di risorse locali e cultura identitaria, alternativa alle opzioni del governo centrale che condannano la Calabria –come tutto il Sud- alla funzione di area socialmente disponibile per il capitale oligopolistico, speculativo e globalizzato, destinato a riceversi megastrutture scomode e Grandi Opere inutili e dannose. Le strategie territoriali e paesaggistiche istituzionali calabrese hanno comportato in quella fase azioni fortemente socialmente partecipate e concertate con gli operatori territoriali. Questo ha significato un programma, esito di protocolli interistituzionali,che ha comportato la validazione dei vincoli di tutela paesaggistica e l’avvio della nuova pianificazione, ispirata da criteri di “partecipazione, sostenibilità e sussidiarietà”, promossa con le Linee Guida e centrata sul Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico, sui cinque Piani Territoriali di Coordinamento (conclusi o in ultimazione), nonché su centinaia di nuovi Piani Strutturali Comunali (o Associati Intercomunali) in cui è centrale l’identità ecopaesaggistica e socio culturale dei contesti locali. Questa svolta è stata poi fortemente rallentata, al limite del blocco, dalla successiva Giunta di centro- destra. Essa ha infatti bloccato il quadro territoriale paesaggistico all’approvazione, con la motivazione della necessità di correttivi di adeguamento alle nuove linee politico-programmatiche; giungendo invero a definire un nuovo strumento, fermato anch’esso prima dell’approvazione, come peraltro scontato, vista l’evanescenza dell’apparato normativo. Laddove la cogenza della pianificazione regionale costituisce invece una forte necessità per il territorio calabro. Dopo circa un secolo, infatti, lo “Sfasciume Pendulo” denunciato da Giustino Fortunato, è sostanzialmente ancora tale. Anzi la situazione appare aggravata da una crescita edilizia e insediativa abnorme e squilibrata, rappresentata dalle dimensioni del volume costruito – quasi 1500 milioni di metri cubi, per poco più di due milioni di abitanti presenti- che si concentra in una decina di “ambiti di concentrazione dell’insediamento”, che si estendono su una fascia di urbanizzazione densificata –costiera e di pianura- pari a meno del 20% della superficie regionale. A fronte di questo “degrado da congestione di città e centri costieri”, le aree interne e le corone collinari soffrono invece di dissesti da abbandono. Quello che erano un tempo economie e produzioni di altura e di montagna sono scomparse lasciando il campo ad un “deserto”, in cui l’assenza di antropizzazione significa obliterazione e mancata cura del territorio. L’assetto idrogeologico è diventato così un’emergenza urgente ed assoluta: ogni evento meteorologico di dimensioni appena rilevanti diventa una catastrofe con crolli, rotture, interruzioni di collegamenti e attrezzature e, spesso, danni anche agli abitanti; che in qualche caso sono diventati autentiche tragedie. L’abbandono delle colture su rilievi e versanti può infatti comportare, in presenza di alluvione o anche solo di pioggia intensa e prolungata,la formazione di “masse di fango denso” sugli strati sub-superficiali,che diventano pseudofrane e scivolano sugli strati inferiori,più compatti, precipitando sui livelli sottostanti;dove spesso ci sono insediamenti abitativi. Al rischio idrogeologico si aggiunge quello sismico: la gran parte del territorio calabrese è “soggetto a rischio sismico di primo grado”, ma solo poche strutture sono state messe in sicurezza. Il Quadro Territoriale Paesaggistico 2010 aveva previsto l’avvio di un programma speciale di risanamento ecologico del territorio, razionalizzando ed ampliando l’impiego di risorse, POR e FAS, già allocate in Regione. Nell’ultimo periodo, invece, gli esecutivi nazionali e regionali, hanno cancellato tale posizione programmatica; congelando di fatto 53


tali azioni e dirottando i fondi FAS, su operazioni affatto diverse, tra l’altro sovente non calabresi, e neppure meridionali. Le politiche urbanistiche degli anni scorsi tentavano di sancire la fine della Calabria “dell’ abusivismo e della villettopoli costiera”, per disegnare nuove regole di tutela ed una riqualificazione dell’assetto fondata ancora sulle caratteristiche del paesaggio. La partecipazione dell’associazionismo socio-culturale e ambientalista al processo di pianificazione favoriva la riattribuzione di un ruolo strutturante alle risorse ecopaesaggistiche nelle politiche territoriali. Così dalle Linee Guida al Quadro Territoriale, ai Piani Provinciali, alla strumentazione comunale, si guardava di nuovo alla configurazione individuata decenni or sono da grandi studiosi come Manlio Rossi Doria e Lucio Gambi: una società regionale fortemente incardinata sulla propria struttura ambientale. Tale scenario di riferimento si fonda sul sistema rilievi- costa-fiumare. I quattro massicci interni (Pollino, Sila, Serre, Aspromonte) costituiscono zone geologicamente tuttora salde –anche se dissestate nelle superfici non più produttive- ricche d’acqua, dal patrimonio ecopaesaggistico assai rilevante, anche se reso fragile dall’abbandono dell’attività primaria. D’altra parte i circa 750 chilometri di costa rappresentano anch’essi una grande risorsa ambientale, purtroppo saccheggiata da un insediamento–turistico e non- di dimensioni clamorose, sovente abusivo, che significa degrado e dequalficazione del paesaggio litoraneo, come rilevato anche da strumenti di indagine specifici (v. la ricerca su abusivismo e degrado dell’ambiente costiero “Paesaggi e Identità”, condotta dalle Università della Calabria e Mediterranea per conto dell’ Assessorato Regionale all’Urbanistica, cit. in bibliografia). Il terzo grande elemento ecopaesaggistico di identificazione del territorio calabrese è costituito dalle oltre 220 fiumare e fiumarelle, che hanno costituito storicamente altrettanti sottosistemi dotati di propria organicità ecoterritoriale e socio-economica,oltre che elementi di legatura e collegamento rispetto ai maggiori contesti, sistemi interni, montani e collinari, le rade pianure e i due collettori costieri. La riqualificazione delle fiumare, anche con strumenti speciali e mirati (parchi fluviali, patti, contratti di fiume) permettono la riqualificazione paesistica, anche delle grandi macchie urbane che segnano oggi il territorio calabrese. In generale la tutela delle strutture paesaggistiche favorisce la riqualificazione del territorio, dal risanamento degli ambienti rurali, alla ripresa estetica, tipomorfologica, della città e degli insediamenti costieri. Il processo di pianificazione partecipata promosso con le politiche territoriali degli anni scorsi non si limitava peraltro alla tutela del paesaggio ed al risanamento ambientale. Le risorse culturali e paesistiche venivano anzi proposte, affermate, quali elementi strutturanti per la riqualificazione dei luoghi urbani e addirittura per opzioni di crescita e sostenibilità sociale (Fera, Ziparo, 2014). Riprendendo ed allargando un approccio già contenuto nella programmazione regionale, il Quadro Territoriale Paesaggistico-nella versione 2010- riconosceva tra i contesti un certo numero di categorie territoriali (basate ciascuna sulla propria identità paesaggistica) e, in funzione dei caratteri di questa, avanzava programmi di riassetto territoriale e di localizzazione ed ampliamento di attività culturali e imprenditoriali,anche nuove. In questo quadro il territorio regionale veniva suddiviso in 16 contesti di sviluppo sostenibile: tre città metropolitane, i quattro grandi massicci interni –oggi Parchi Nazionali o Regionali-, un certo numero di ambienti urbano- rurali (l’ex campagna calabrese) ed alcuni ambiti di riqualificazione e sviluppo turistico costiero. 54


Le tre grandi aree urbane principali (Catanzaro, Cosenza e Reggio) prefiguravano altrettanti paesaggi di città metropolitane: si affermavano le istanze della cultura e della conoscenza (Università) a Cosenza, le funzioni direzionali e terziarie a Catanzaro, le valenze ecopaesaggistiche e turistico-culturali (Stretto di Messina e Aspromonte) di nuovo collegate a conoscenza e ricerca, a Reggio. Nei Parchi (Pollino, Serre, Sila e Aspromonte) lo sviluppo turistico si declinava nell’integrazione con l’intera “filiera della sostenibilità ecoculturale”, visiting sociale e ambientale, ricerca e didattica, educazione, uso culturale del tempo libero; oltre che con le nuove istanze di produzione primaria, legata alle produzioni locali, anche bio. Nelle aree ex rurali, la limitazione dell’ingombrante insediamento degli ultimi anni comportava, oltre alla ripresa, specie innovativa, delle attività produttive, anche la tutela e la valorizzazione di beni immateriali (parchi ambientali in luogo di attività agricole). Negli ambiti costieri la riqualificazione paesaggistica ed il risanamento ambientale regolavano e qualificavano l’insediamento turistico esistente. L’intero quadro territoriale risultava arricchito dal riconoscimento, affermazione e valorizzazione del patrimonio artistico, storico-culturale e archeologico, assai rilevante, esistente in Calabria. La 'primavera' del territorio calabrese non tentava soltanto di segnare una svolta di per sé significativa nella gestione urbanistica, nella fruizione dell’ambiente e nella tutela del paesaggio. Prospettava ambiziosamente un modello di sviluppo “sostenibile e partecipato”, basato sulle risorse culturali e paesistiche, alternativo alle politiche centrali per il Sud e la Calabria. Che costituivano invece- spesso con modalità evanescenti quanto improbabili- il portato di quelli che ormai sono i grotteschi residui del già fallito approccio basato sui “poli di sviluppo, industriali ed infrastrutturali”, nonché sulle attrezzature territoriali pesanti in termini economici e ambientali. La svolta nella politica regionale si è purtroppo fermata negli anni più recenti, rilanciando invece il ruolo della Calabria come spazio socialmente disponibile per operazioni speculative, territoriali e finanziarie, promosse dai grandi interessi del capitale globalizzato, che trovano pure nel Governo Nazionale e dintorni grande spazio. Insieme all’incertezza e al disimpegno di molti potenziali investitori che tutto questo comporta, rischia di riemergere dunque la Calabria dello sfascio, delle grandi operazioni inutili e dannose –e spesso incompiute- dell’abusivismo, del “mare di cemento”, dei disastri e dei dissesti. A tutto questo devono opporsi quei soggetti sociali, movimenti e associazioni,che avevano partecipato invece con grande entusiasmo alla nuova –e troppo breve- stagione della pianificazione sostenibile nella Regione. E tutti coloro che hanno a cuore la difesa dei luoghi di vita,propri e altrui. Bibliografia ABATE A., MAZZA A. (eds.) (2010), Percorsi del Piano Paesaggistico Regionale, in Urbanistica Dossier, allegato al n. 229 di Urbanistica Informazioni. BALDESCHI P. (2011), Paesaggio e Territorio, Le Lettere, Firenze. BALDESCHI P., POLI D. (eds.) (2008), Agricoltura e Paesaggio, in Contesti 1. BELLAGAMBA P.G. (1993), Calabria Muta, Gangemi, Reggio Calabria. BEVILACQUA P., PLACANICA A. (1985), Storia d’Italia. La Calabria, Einaudi, Torino 55


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LO STUDIO DEL PAESAGGIO ATTRAVERSO L'ANALISI DELLE SUE COMPONENTI NATURALI ED ANTROPICHE: STATO DELL'ARTE, CRITICITÀ E POSSIBILI APPLICAZIONI di Maurizio Lazzari 1 - Introduzione La tematica presentata nell'ambito del I LABORATORIO: “Biodiversità e valore ecologico” tenuto nel Parco Nazionale del Pollino nel giugno 2015 si riferisce ad attività di studio sviluppate sulla base di un progetto di ricerca nazionale promosso dal Dipartimento Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), inerente al “Paesaggio Culturale” (Resp. Prog. Dr. Roberto Reali), e sviluppato dalla relativa commessa PC.P06.006 dell'IBAM (Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali) “Tutela del territorio e conservazione del Patrimonio Culturale in Basilicata in relazione all'evoluzione del paesaggio ed ai fattori di rischio geomorfologico” (Resp. Comm. Dr. Maurizio Lazzari). Il progetto s'inserisce nelle più ampie tematiche di interesse regionale e nazionale di difesa del territorio e conservazione del Patrimonio culturale (storico-architettonico ed archeologico), attraverso lo studio delle dinamiche di trasformazione naturale ed antropica del paesaggio e dell'impatto degli eventi calamitosi, quali frane, alluvioni e sismi sul costruito (fig. 1). Sulla base di queste linee di ricerca, il Gruppo di ricerca informale sul Paesaggio culturale del CNR-IBAM di Potenza, costituitosi nel 2011, ha impostato la propria attività di ricerca sviluppando tre punti fondamentali:  approfondimento dei presupposti che determinano il concretizzarsi dell’evoluzione di un territorio in un paesaggio, ossia: 1. le forme (linee, caposaldi, elementi fisici, naturali e antropici di vario genere) che ne hanno modellato gli spazi e le superfici, programmate dalla manualistica storica e documentate da fonti materiali e testuali di vario genere; 2. i contenuti, cioè le colture ed il loro differenziarsi, adattandosi alla straordinaria diversità geomorfologica della penisola italica e delle sue isole;  costituzione di un’equipe multidisciplinare, composta da archeologi, geologi, agronomi, ingegneri, storici dell'arte ed architetti, dove uno dei punti di forza sta nella capacità di ciascuno di incrementare le potenzialità offerte dalla disciplina di propria pertinenza, per arrivare a definire modalità e una terminologia comuni, con le quali sviluppare dei risultati;  utilizzo e sviluppo di innovative metodologie e tecnologie di osservazione della Terra e di analisi spaziale del Laboratorio di GIS e Telerilevamento del CNR-IBAM di Potenza, per un approccio semiquantitativo di supporto alle problematiche del rischio e agli studi volti a definire le relazioni spazio-temporali tra dinamiche di frequentazione umana e trasformazione ambientale. L'obiettivo principale proposto da Gabrielli et alii (2014) è stato, pertanto, quello di offrire, da una parte, una overview ed analisi critica sulla tematica del paesaggio culturale in relazione alla molteplicità sia delle discipline che oggi tendono ad occuparsene sia delle definizioni e terminologie utilizzate sull'argomento; dall'altra, delineare percorsi metodologici conoscitivi, di studio ed analisi delle diverse componenti culturali del paesaggio, prendendo in esame due regioni campione dell'Italia centrale e meridionale, 57


rispettivamente il Lazio e la Basilicata.

Fig. 1 - Sintesi degli obiettivi perseguiti nell'ambito della commessa di ricerca del CNR IBAM in relazione al progetto nazionale sul Paesaggio Culturale

Non esiste disciplina, scientifica o umanistica, che non si occupi di paesaggio, direttamente o in maniera parziale, chiamandolo in causa per affrontare, in realtà, un aspetto singolo dei molteplici che lo caratterizzano, tanti quante sono le variabili ammissibili nel concepirlo il momento che si adotti uno schema logico tridimensionale. Non esiste, infatti,’ paesaggio’ se non si pongano in relazione lo Spazio, il Tempo e l’Azione degli esseri viventi (le piante, gli animali e, da questi, gli esseri umani) che lo popolano, lo frequentano, reagiscono alle sue alterazioni e lo modificano. A livello concettuale, se l’Ambiente riunisce certamente le componenti geologica, botanica e zoologica, l’aggiunta dell’elemento antropico e delle variabili che comporta, determina la nascita del Paesaggio, quale modalità di percezione statica o dinamica della realtà circostante (fig. 2). Le diverse contestualizzazioni tematiche e disciplinari in cui si discute di paesaggio non possono prescindere dalla scala tempo, che di volta in volta è presa in considerazione. In questo senso la trattazione del tema ‘paesaggio’ diventa di esclusiva competenza dei geologi/paleontologi-paleoecologi, nel caso in cui si discuta di trasformazioni ambientali (processi geomorfologici e geologici che modificano il paesaggio, conferendogli l’assetto che attualmente è apprezzabile dall’osservazione umana) avvenute in un arco di tempo superiore al milione di anni (Lazzari, 2014). Man mano che si riduce la scala tempo di riferimento e l’evoluzione delle specie di Ominidi (dall’Homo Erectus all’Homo Neanderthalensis fino all’Homo Sapiens, quindi dal Paleolitico inferiore fino al Neolitico) si determina una rivoluzione culturale tale da far sì che l’azione dell’uomo diventi sempre più incidente sui processi di trasformazione dell’ambiente, non più subito, ma in parte ora dominato. Le aree di competenza sul paesaggio si allargano ad altre discipline, come l’archeologia, la geografia, l’antropologia umana, la topografia antica, la storia, l’arte e le scienze agrarie (paleobotanica, paleocolture). Nell’insieme concorrono a definire tutti gli elementi

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costituenti il paesaggio che in parte oggi osserviamo e per completare tale osservazione è necessario ridurre ulteriormente la scala tempo avvicinandosi all’attuale, in cui l’incidenza e l’incisività dell’uomo è determinante ed invasiva in quasi tutte le componenti ambientali, tanto da interessare altre discipline come l’architettura, l’ingegneria e l’economia.

Fig. 2 - Diagramma di flusso dei rapporti esistenti tra i concetti di Paesaggio verso le componenti naturale e culturale ed il concetto di Territorio

Nella concezione più comune si è ormai consapevolmente affermata l'idea del ‘paesaggio’ come un insieme di elementi spaziali forgiati nel corso del Tempo dall'Uomo, dalle sue attività e dalle dinamiche di tipo sociale ed economico che si sono susseguite nella storia. In particolare, il paesaggio agrario e quello rurale suscitano un grande interesse culturale, in quanto rappresentano il risultato di ciò che l'Uomo imprime all’ambiente naturale con le sue attività produttive, che hanno sfruttato e garantito allo stesso tempo la tutela e la salvaguardia del territorio. L’interesse si traduce sempre più spesso in una ‘domanda’, che trova origine da una rinnovata attenzione verso una nuova dimensione territoriale, capace di esprimere una precisa identità culturale. Di conseguenza lo stesso concetto attuale di ‘paesaggio rurale’, all’interno del più ampio ‘paesaggio culturale’, risulta facilmente integrabile nel principio di valorizzazione economica, sociale ed ambientale, che introduce qualunque processo di sviluppo di un determinato territorio, dove il paesaggio stesso si configura come il principale riferimento di cui tener conto. 2 - Stato dell'arte L'approccio multidisciplinare e metodologico seguito da Gabrielli et alii (2014) ha permesso l’analisi e la ricostruzione diacronica di aspetti legati all’evoluzione, alla trasformazione, alla riconversione e alla rilettura del paesaggio, ed in particolare l’approfondimento dei seguenti temi: 59


quadri topografici ed ambientali specifici e dettagliati per ciascuna area paesaggistica studiata;  dissesti e calamità naturali in rapporto a fenomeni di abbandono di vaste aree, talora già sensibili, a causa del loro particolare assetto geomorfologico o se interessate da effetti al suolo sismo-indotti;  evoluzione di varietà colturali attraverso il confronto fra fonti bibliografiche, archivistiche e documentarie e la diversificazione biologica nota attualmente;  occupazione e gestione dello spazio agrario, compiuta tramite la conoscenza, il recupero e la valorizzazione delle evidenze monumentali connesse al suo sviluppo nel tempo, anche attraverso l’uso di tecnologie avanzate per la diagnostica ed il restauro.  redazione di una cartografia di dettaglio e tematica dei Beni Paesaggistici, redatta su piattaforma GIS e contenente tutte le informazioni, areali, lineari e puntuali, indispensabili ad una programmazione, più funzionali alla gestione delle risorse (agro-pastorali, culturali) e meglio documentata nel dato storico-topografico, rispetto a quanto già esistente nella cartografia ufficiale degli enti regionali e negli uffici statali preposti alla tutela.  studio del rapporto e delle relazioni esistenti tra ruralità, paesaggio e salvaguardia dell'ambiente e del territorio;  identificazione degli elementi distintivi (non soltanto di tipo fisiografico e geomorfologico, ma anche demografico, storico e ambientale) di un paesaggio e classificazione all’interno delle diverse tipologie rilevate anche dal punto di vista "percettivo";  identificazione e caratterizzazione degli specifici caratteri morfotipologici che evidenziano le diverse parti dei paesaggi culturali (il mosaico a trama fitta dei contesti rurali periurbani, la maglia larga della monocoltura cerealicola, il paesaggio della frutticoltura e dell’olivicoltura, il contesto forestale esaminato secondo le pratiche selvicolturali applicate nei secoli, ecc.);  recupero degli elementi che hanno caratterizzato l'evoluzione di ogni tipologia di paesaggio rilevato;  studio e valutazione dello stato del paesaggio secondo l'applicazione delle recenti metodologie di applicazione degli indicatori appositamente individuati e della classificazione in base a considerazioni derivanti dallo studio sulle cause e sugli effetti che un determinato evento generato in un preciso contesto;  messa a punto di procedure di analisi quantitativa e semiquantitativa, basate su metodiche avanzate di spatial analysis, data mining e image processing di dati telerilevati su piattaforma aerea e satellitare, per la creazione e validazione di indicatori per l’analisi e valutazione del paesaggio (stato d’uso del paesaggio, problematiche di rischio etc..), di supporto alle decisioni in materia di pianificazione territoriale. Dalle considerazioni sopra esposte emerge chiaramente che la cultura, l’ambiente, la sostenibilità e la memoria storica sono fattori immateriali alla base della storia ed evoluzione di un qualsiasi territorio, la cui comunità ambisce ad utilizzare le proprie risorse per uno sviluppo economico e sociale di tipo integrato, accrescendo in tal modo la propria 60


competitività in uno scenario globale sempre più omologante. L'obiettivo principale riscontrabile in molti capitoli del volume di Garielli et alii (2014) è stato quello di offrire:  una overview ed analisi critica sulla tematica del paesaggio culturale in relazione alla molteplicità, sia delle discipline che oggi tendono ad occuparsene, sia delle definizioni e terminologie utilizzate sull'argomento;  delineare percorsi metodologici conoscitivi, di studio ed analisi delle diverse componenti culturali del paesaggio, prendendo in esame due regioni campione dell'Italia centrale e meridionale, rispettivamente il Lazio e la Basilicata.

Fig. 3 - Il Cultural Landscape, generato dalla multidisciplinarietà, assume l’aspetto di un puzzle-sfera, la cui forma è generata dall’insieme delle diverse discipline che dialogano tra loro, con legami diretti e trasversali lungo direttrici spaziali tridimensionali

3 - Considerazioni finali La descrizione e discussione sulle discipline, sugli approcci conoscitivi e sullo stato dell'arte della ricerca sui ‘paesaggi culturali’, mostrano quanto sia difficile sviluppare un tale concetto su un qualsiasi ambito territoriale di riferimento, se si prescinde da un ‘fattore scala’, che aiuti a definire il grado di approfondimento e, di conseguenza, l’estensione della superficie da esaminare, e non si mantiene nel contempo un doveroso equilibrio disciplinare, che eviti o scoraggi la prevaricazione dell'una o dell'altra “scienza” sulle altre e scongiuri tentativi, purtroppo frequenti, di adoperare specularmente il termine. Per rappresentare questo delicato ed imprescindibile equilibrio disciplinare si è scelto di utilizzare una figura sferica tridimensionale (fig. 3), dove ogni disciplina rappresentata in un tassello del di puzzle è collegata fisicamente a quelle vicine e, nello spazio e nel tempo ad altre apparentemente più distanti Le ricadute sul territorio, nel caso specifico della Basilicata, delle attività collegate ad un corretto studio del paesaggio sono molteplici e riassumibili in archi temporali di breve e medio - lungo termine. In particolare:

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Breve termine  Partecipare alla costruzione di una base conoscitiva completa e georeferenziata dei Beni storico-architettonici, monumentali, archeologici, storico-rurali, paleontologici e del Paesaggio, che ad oggi risulta essere notevolmente lacunosa per la Basilicata.  Monitorare i siti in cui ricadono alcuni dei Beni sopra elencati interagenti con fenomeni e processi morfoevolutivi attivi o quiescenti (aree in frana, aree alluvionabili, aree in erosione) attraverso l’ausilio di tecnologie innovative e sperimentali;  Definire modelli evolutivi del paesaggio naturale finalizzati al una migliore definizione delle relazioni esistenti tra ambiente antropico e naturale. Medio - lungo termine:  Utilizzo dei dati conoscitivi di base per attività di Pianificazione paesaggistica regionale, Pianificazione urbanistica e strutturale, Pianificazione dell’Emergenza;  Determinare le priorità di intervento di recupero strutturale e funzionale in un centro storico;  Conservazione e tutela di siti storico-architettonici ed archeologici esposti a pericolosità geologiche e geomorfologiche. Bibliografia Del Lungo S., Lazzari M. 2014 - Kulturlandschaft, Cultural Landscape, Paysage Culturel, Paesaggio Culturale. In: Gabrielli G. et alii 2014 (a cura di) Cultural Landscapes Metodi, strumenti e analisi del paesaggio fra archeologia, geologia, e storia in contesti di studio del Lazio e della Basilicata (Italia). BAR International Series 2629, Notebooks on Medieval Topography 9, Archaeopress, Oxford Gabrielli G., Lazzari M., Sabia C. A., Del Lungo S. 2014. Cultural Landscapes Metodi, strumenti e analisi del paesaggio fra archeologia, geologia, e storia in contesti di studio del Lazio e della Basilicata (Italia). BAR International Series 2629, Notebooks on Medieval Topography 9, Archaeopress, Oxford Lazzari M. 2014 - Patrimonio geologico, geodiversità e paesaggio: strategie di conservazione, tutela e valorizzazione del territorio. In: Gabrielli G. et alii 2014 (a cura di) Cultural Landscapes Metodi, strumenti e analisi del paesaggio fra archeologia, geologia, e storia in contesti di studio del Lazio e della Basilicata (Italia). BAR International Series 2629, Notebooks on Medieval Topography 9, Archaeopress, Oxford. ISBN 9781407312668, pp. 217 -228.

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IL PAESAGGIO IDENTITARIO DEL POLLINO di Annibale Formica 1 - Premessa Per parlare del paesaggio identitario del Pollino dentro il tema più generale della Funzione culturale ed estetica del paesaggio, ho scelto, come premessa, di richiamare alcune notizie recenti dell’ampia e varia aneddotica e del dibattito culturale in corso. A Treviso, nella ultima edizione, la 25^, del Premio Internazionale “Carlo Scarpa” per il Giardino, della Fondazione Benetton Studi Ricerche, il prestigioso riconoscimento è andato a due villaggi della Bosnia per il progetto ”Seminando il ritorno”, finalizzato alla coltivazione del grano saraceno come fonte di sostentamento economico per le famiglie. La realizzazione del progetto testimonia le ragioni profonde che legano singoli individui o gruppi familiari o piccoli insiemi comunitari al luogo abitato dalle loro memorie e dai loro propositi. In un articolo di Repubblica, del 21 giugno scorso, intitolato: “Mostre. Libri. Il giardino è al centro delle riflessioni culturali. È luogo di armonia. Ma anche quello in cui la natura prende il sopravvento su un ordine artificiale”, è detto: “L’arte di coltivare è un modo per concentrarsi sulla condizione umana”. L’idea del giardino, oggi, assume le sembianze di un pensiero che si presenta come cura. Le parole “cultura” e “coltura” sfumano l’una nell’altra, e la coltivazione di sé e dello spirito sgorgano dal medesimo verbo, che può valere per l’atto di coltivare la terra o di educare lo spirito. Viviamo di corrispondenze e pensiamo per analogie, sì che la natura è in noi e noi nella natura in un rapporto insieme naturale e culturale, che tuttavia ogni volta ciascuno di noi dovrà riformulare nel suo proprio modo e nella sua propria lingua. Custodire dentro e fuori di noi un rapporto con la natura, che non sia di sopraffazione, ma di cura. È la natura a fornirci la lingua per raccontare la vita. Tra le tante tendenze attuali, una in particolare ricorre nelle citazioni più frequenti di questi giorni: la “biofilia”, ovvero l’arte di “giardinare” il mondo. La biofilia, l’amore per la vita, è l’innata tendenza a concentrare l’attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che la ricorda; la capacità, cioè, di lasciarsi affascinare dagli stimoli naturali, di acquisire consapevolezza ecologica e una autentica “intelligenza” naturalistica. La V Giornata nazionale degli archivi di architettura, promossa da AAA/Italia, è dedicata quest’anno al tema dell’Expo di Milano “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e, quindi, ai temi della sostenibilità. La relazione tra il settore dell’architettura e quello della produzione degli alimenti ha svolto un ruolo chiave nei processi di progettazione, recupero e trasformazione del paesaggio urbano e naturale. Il tema del cibo, dalla produzione al consumo e allo smaltimento, investe interamente la dimensione architettonica, urbana e naturale del paesaggio italiano e si può rileggere nelle diverse tipologie di edifici e di interventi in relazione alla produzione, all’approvvigionamento, alla distribuzione, alla vendita e al consumo, o al turismo e al tempo libero (dalle bonifiche agrarie alle industrie alimentari, dagli orti urbani alle serre, dai mercati ai ristoranti, alle mense, alla scala ridottissima degli oggetti di design). 63


Si discute molto anche dell’alleanza tra agricoltura e paesaggio e di come tale alleanza può salvare l’Italia, perché tutto è collegato: “Una sana agricoltura fa bene alla salute. Una buona agricoltura tutela il paesaggio. Un paesaggio tutelato attira il turismo. Il turismo di qualità incentiva l’artigianato e crea nuova occupazione”. Un fascino speciale ha esercitato la presentazione di “un campo di grano” di cinque ettari a fare da giardino al progetto Porta Nuova, in centro Milano: l’installazione artistica temporanea (land art) di Agnes Denes in vista di Expo 2015. Uno dei più importanti esponenti della Teologia della Liberazione, l’ ex frate francescano Leonardo Boff in un suo recente articolo, “Dalla madre Terra all’ecologia integrale, i tributi di Francesco alla teologia della liberazione”, scrive dell’enciclica di Papa Francesco «Laudato sì»: “È la prima volta che un papa affronta il tema dell’ecologia nel senso di un’ecologia integrale: un nuovo paradigma ecologico. Ed esorta a prendersi cura della «casa comune» e di tutti gli esseri, non solo umani, che in essa abitano”. 2 - Due esperienze a confronto Le citazioni in premessa rendono utile ed efficace la messa a confronto di due esperienze condotte, di recente, nel Parco Nazionale del Pollino: la realizzazione dell’Ecomuseo e l’attuazione del programma di manifestazioni di NaturArte, nella sua seconda edizione. L’ Ecomuseo è un’importante strumento di tutela e di valorizzazione della identità e del paesaggio: un valore per i residenti e un’attrattiva per i visitatori. Si tratta di una concezione moderna del patrimonio culturale, che può essere definito, in estrema sintesi, come un affrancamento dai concetti estetici e come un altrettanto progressivo allargamento a quelli sociali, con l’inclusione di paradigmi ambientali, culturali ed economici. L’Ecomuseo, come lo descrive lo stesso Hugues de Varine, che coniò, nel 1971 il termine “Ecomuseo”, è un “museo diffuso”, un “museo di comunità”, un museo di un territorio ricco di ambienti di vita tradizionali, di patrimoni naturali, storici, culturali, ai quali va garantita un’opera di manutenzione, di cura, di accudimento, di restauro, di tutela e di valorizzazione. È, insieme, l’istituzione, lo strumento, il laboratorio, l’officina, dove si progetta il futuro della comunità, fondato sulla tradizione, e dove si stipula “un patto con il quale la comunità si prende cura di un territorio”. Con NaturArte 2014/2015 è stato progettato il “Viaggio nel Parco Nazionale del Pollino, attraverso i sentieri del Paesaggio Culturale, del Paesaggio Naturale, del Paesaggio Identitario”. Naturarte è una modalità, già sperimentata, di coniugare natura e cultura attraverso la interpretazione dell’arte, come capacità di allargare gli orizzonti, di fornire spessore e senso, di comunicare e promuovere, di conoscere e farsi conoscere, di tutelare e valorizzare. Il filo conduttore del progetto 2014/2015 è stato il paesaggio, inteso come territorio caratterizzato dalla natura fisica dei luoghi e dalla storia umana che li ha vissuti e li vive. A conclusione degli eventi programmati si è fatta, in un incontro a San Paolo Albanese presso il Museo della Cultura Arbëreshe, una riflessione sul “Paesaggio Identitario”, antropizzato e, perciò, caratterizzato da una intensa interazione tra la natura e uomo; carico, cioè, di memorie, di significati e di manifestazioni identitarie percepibili (Cfr.:Parte III - Articolo 131 del Codice dei beni culturali e dell’ambiente - Decreto legislativo n° 42/2004). Con le manifestazioni di aprile/maggio scorsi a Valsinni, a Senise e in Val Sarmento si è potuto, infatti, sperimentare nel paesaggio identitario la percezione della stretta relazione tra 64


“bellezze naturali” e “beni culturali”. In poco più di una trentina di chilometri, quanto è il tratto del torrente Sarmento, che inizia sotto Serra di Crispo, a 2053 m.s.l.sm., e confluisce nel fiume Sinni a Valsinni, si passa da un paesaggio altomontano di rocce dolomitiche ad un paesaggio collinare mediterraneo di macchie e di argille. Lungo l’intero percorso si vive una infinità di identità e di diversità naturali e culturali, che rendono i luoghi e i paesaggi unici e irripetibili. Si citano, ad esempio, il sito archeologico di Monte Coppolo (i ruderi dell’antica fortezza di Lagaria), il Castello di Valsinni, la poesia di Isabella Morra, le grotte di San Giorgio Lucano, lo Stato di Noia, il sito archeologico della cinta fortificata della città lucana, del IV sec. a. C., sul Monte Castello di Cersosimo, la minoranza etnico-linguistica arbëreshe delle comunità di San Costantino e di San Paolo Albanese, la ginestra, la peonia (banxhurna) del Monte Carnara, i ruderi dei mulini ad acqua e delle fornaci per la produzione della calce, la pietraia del torrente Sarmento, la Timpa del Calorio, la Timpa Pietrasasso, la Gola della Garavina; il pino loricato, simbolo del Parco. 3 - Significati di paesaggio identitario Alla base del significato, che al paesaggio identitario viene attribuito, è posta “la particolare fisionomia di un territorio determinata dalle sue caratteristiche fisiche, antropiche, biologiche ed etniche”, tenendo conto, però, dell’osservatore e del modo in cui il paesaggio stesso viene visto, percepito e vissuto. È un “prodotto sociale”, che la Convenzione europea del paesaggio ha inteso valorizzare non solo come “bellezza naturale”, definita dal vecchio ordinamento (L.1497/1939), ma anche come “bene culturale” a carattere identitario, ovvero frutto di una cultura materiale che si manifesta attraverso gli aspetti naturali e le attività, i manufatti e gli oggetti della vita quotidiana delle popolazioni. Sono, perciò, componenti essenziali del paesaggio identitario tutti quegli elementi della cultura materiale che legano la natura all’uomo, alla sua immaginazione, alla sua creatività, alla socialità degli oggetti, nei quali il tempo e lo spazio non si distinguono. Tutto questo fa bellezza: dai campi coltivati, alle colture agrarie, agli orti, ai giardini, agli alberi monumentali, ai borghi antichi; dalla storia, dalle tradizioni e dalla civiltà contadine, ai luoghi, agli insediamenti umani e alle culture locali. La bellezza non è “un di più”, ma qualità della vita; la bellezza è vissuta, aiuta a vivere e infonde serenità d’anima. E il paesaggio identitario del Pollino diviene così un vero campionario di emozioni, nel quale tutti si relazionano, si identificano e ritrovano il senso della propria esistenza.

Note 1. Annibale Formica, “I paesaggi dell’acqua in Val Sarmento”, articolo pubblicato su il Quotidiano della Basilicata. del 14 gennaio 2007. 2. Annibale Formica, “Le terre che raccontano. Paesaggi. Dai Sassi di Matera alla Val Sarmento”, articolo pubblicato su il Quotidiano della Basilicata del 15 febbraio 2009

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TRA CULTURA E NATURA di Maria Zanoni 1 - Premessa La continua interazione tra l'uomo e la natura, le interrelazioni tra fattori naturali e umani segnano l'evoluzione del paesaggio, dell'ambiente in cui la comunità vive un rapporto di interscambio tra tempo e spazio: tra storia e identità del luogo e percorsi, beni culturali, nel caso specifico del Parco del Pollino. Valorizzare e ricostruire le relazioni fra ambiente naturale ed ambiente antropizzato, la memoria storica, il patrimonio culturale materiale e immateriale, significa salvaguardia dei fattori identitari della comunità stessa, promuovendone la conoscenza e la fruizione. Il paesaggio oggetto della nostra indagine, sotto l'aspetto antropologico, come elemento di identità culturale, in quanto nutre il senso di appartenenza al luogo di singoli individui e gruppi sociali, è la risultante di contaminazioni e scambi di popoli e civiltà diverse attraverso i secoli. Partendo dal presupposto che il patrimonio culturale lega le persone ai luoghi, che rappresentano la loro identità e i loro valori, abbiamo inteso ricostruire il contesto attuale delle tradizioni popolari dell'area del Pollino, nelle trasformazioni, attraverso la rielaborazione dell'antica tradizione, senza nostalgia per il passato. Troppe le trasformazioni, ambientali, sociali, economiche, attraverso i secoli. A partire dal profondo cambiamento della dicotomia secolare tra mondo rurale e urbano. In una società globalizzata, d'imperante solitudine ed egoismo, di perdita di senso di appartenenza, di radicali cambiamenti che hanno modificano le campagne, il capitale umano, socio-culturale delle aree rurali, insieme alle risorse locali, necessita di rivalutazione seria di un nuovo senso di "appartenenza e di identità". Un’identità che va ricostruita continuamente. Il "rinascimento rurale" passa da un radicale ripensamento della funzione della campagna e dal confronto diretto tra città e zone rurali. Già dagli anni Sessanta/Settanta, in epoca di espansione industriale, di diffusione di mezzi tecnici, l'agricoltura stringe rapporti con l'industria ed il terziario; e va scemando la netta differenziazione tra aree rurali ed aree urbane. La rivalutazione del mondo rurale, dietro la spinta della riforma della politica agricola comunitaria, tenuto conto che l'agricoltura non è più il settore economico prevalente, l'asse portante delle aree rurali, poggia su una strategia d'intervento che diversifica le attività economiche, valorizzando le risorse locali, e proponga interventi risolutivi ai problemi creati dall'esodo dalle campagne, dall'isolamento delle stesse, dall'invecchiamento della popolazione, dall'insufficienza di infrastrutture. Le interazioni tra città e campagna esigono una progettazione del territorio che ponga in essere iniziative di agricoltura sociale dove siano tenute in debito conto le relazioni umane; dove le attività agricole non siano considerate solo in funzione economica, di scambio di produzioni, ma soprattutto di scambio di culture, conoscenze e valori. Lo spazio rurale e quello urbano hanno modelli insediativi diversi e usi del territorio che coinvolgono residenti e stranieri, con la loro cultura e i loro costumi. Si afferma un nuovo rapporto tra agricoltura e caratteristiche dei territori, si ridefinisce il rapporto tra produzione, territorio e consumo. 67


Nonostante il declino del settore agricolo, in quanto a numero di addetti, tuttavia l'agricoltura continua ad avere un ruolo fondamentale, per poter raggiungere obiettivi come l’autosufficienza alimentare, lo sviluppo dell’economia legata al turismo, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.

Allora diventa una responsabilità culturale collettiva prioritaria la promozione di una agricoltura sostenibile, la salvaguardia delle aziende agricole familiari e delle tradizioni rurali, delle feste popolari, ed anche delle tradizioni alimentari, scongiurando la perdita di riconoscibilità e di specificità. Tradizioni e cultura contadina, legati ai ritmi dell'antica civiltà rurale, quando il ciclo delle stagioni era scandito dai lavori agricoli, permeano ancora la vita sociale e si esprimono in numerose iniziative di festa collettiva. Le tradizioni popolari, insieme di credenze, usanze, comportamenti privati e sociali tramandati per generazioni, sono profondamente e rapidamente cambiate con il radicale mutamento delle condizioni di vita, di lavoro, di mentalità introdotto dall'industrializzazione. Nel nostro territorio la spinta alla modernizzazione dello stile di vita è stata forte soprattutto alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, quando si è 68


fatto di tutto per eliminare ogni traccia di matrici contadine dalla vita quotidiana. Oggi, quel mondo contadino sembra perso nella notte dei tempi. Eppure, prima ancora che questo ricco patrimonio di tradizioni scompaia, insieme agli ultimi testimoni di quella civiltà rurale, che è alla base della nostra identità, si cerca di recuperare e valorizzare il senso della tradizione nelle feste di paese. In questa indagine sono stati presi a paradigma due eventi solenni nell'area del Pollino: la festa della Madonna del Pollino e la festa di S. Antonio a Rotonda, che meglio esprimono le valenze storico-etnoantropologiche del luogo, nella convinzione che in questa sede non si possa essere esaustivi e completi in tutti gli aspetti rituali e simbolici della realtà sociale dell'area del Pollino. La festa è l'espressione della vita associata di un luogo ed anche una reazione alle nuove dinamiche urbane; essa rinforza i legami interni alla comunità stessa e diventa fulcro di turismo culturale e sviluppo economico. La tradizioni popolari, come risorsa culturale ed economica, come rappresentazioni pubbliche in cui fluisce l'identità locale. Al pellegrinaggio verso il Santuario del Pollino corrisponde un consumo di luoghi e culture, radicati nel tempo ed nella memoria. E' un riappropriarsi dello spazio, valorizzando l'identità tradizionale. Mentre tante feste popolari sono andate perdendo interesse, restando un ricordo nella mente dei tanti emigrati, quella della Madonna del Pollino e di Sant'Antonio a Rotonda hanno mantenuto il fascino di un tempo, nonostante le trasformazioni inevitabili. Infatti, la dimensione del sacro e quella folclorico-ludica non si presentano molto differenziate. In queste feste si sono affievoliti un po' gli aspetti devozionali dei rituali religiosi antichi, la pietas popolare, in favore di aspetti più consumistici, ma rimangono patrimonio culturale emblematico delle popolazioni del Pollino, dell'area lucana e di quella calabra, e rimandano ad una identità comunitaria e territoriale sedimentata nel tempo. Sul Pollino rimane l'aspetto di un turismo lontano dalla fruizione passiva del patrimonio naturalistico e delle risorse ambientali e lontano dalla commercializzazione della tradizione popolare, nonostante i cambiamenti culturali della popolazione verso il territorio di appartenenza. La festa della Madonna di Pollino è una delle feste più importanti della montagna calabrolucana. L'Istituto Centrale per la Demo-Etno-Antropologia ha riconosciuto l'evento, quale Patrimonio immateriale d'Italia. Ogni anno migliaia di pellegrini, il venerdì, sabato e domenica della prima settimana di Luglio, si uniscono ai fedeli di tutta la valle del Frido, comprese le minoranze albanesi di San Paolo e San Costantino, per partecipare alla festa, che ha il suo culmine presso il Santuario, che si erge a 1537 metri di altezza alle pendici del monte Pollino, su uno sperone roccioso, in posizione panoramica sulla valle. La statua della Madonna che nei mesi invernali viene custodita nella chiesa di San Severino Lucano, la prima domenica di giugno viene portata in processione al Santuario. Farà ritorno a San Severino la seconda domenica di settembre. Intorno al santuario sul monte Pollino si sviluppa la festa, con consumo all’aperto di capretti ed agnelli arrosto, salumi e vino, e l’organizzazione del pernottamento in tende tra gli alberi, per chi anche durante la notte vuole restare nei pressi del luogo sacro. Restano in questi momenti conviviali retaggi di antichi rituali pagani, quando l'uccisione di tanti ovini e caprini aveva intenti sacrificali. 69


Il primo sabato di luglio è grande festa per i devoti che da varie regioni salgono verso il santuario a piccoli gruppi intonando canti, accompagnati dagli strumenti piÚ tradizionali come la zampogna, l'organetto ed i tamburelli. Dopo la messa, la statua viene portata in processione preceduta dalle donne che portano i "cinti" di candele devozionali in testa. Toccanti sono i momenti in cui dopo il rientro della statua in chiesa tutti i fedeli in fila passano a salutare la Madonna, toccandole le vesti, anche con fotografie di congiunti, per i quali si chiede una grazia o comunque li si raccomanda alla Vergine del Pollino, perchÊ dia loro buona salute.

Molti giovani partecipano con devozione, oltre a studiosi ed etnofotografi. Alcuni particolarmente coinvolti suonano la zampogna, la surdulina, una particolare zampogna diffusa soprattutto nell'area del Pollino e dell'alto Jonio, uno degli strumenti di questo tipo piĂš antichi sopravvissuti in Italia, che merita di essere tutelato. Spesso in processione ad accompagnare la Madonna con il suono di questo antico strumento ci sono il Gruppo dei Totarella, impegnato ad unire la tradizione calabrese a quella lucana, ed i giovani di Radicazioni, il festival delle culture tradizionali di Alessandria 70


del Carretto, in provincia di Cosenza. Così tarantella e pastorale calabro-lucana accompagnano le danze rituali, ma oggi anche folkloriche, modalità espressive non sempre coerenti con l'ortodossia cattolica, di questo consolidato culto mariano, che affonda le sue radici all'epoca dei monaci basiliani, quei monaci operosi in agricoltura di cui restano tracce nelle grotte eremitiche della Valle del Mercure. L’aspetto più significativo è vedere tanti giovani impegnati a suonare la zampogna, strumento di antica tradizione, che testimonia la passione e l’impegno di questi ragazzi a custodire la memoria storica del proprio paese, rinnovando la tradizione locale. Sono per lo più giovani universitari, bocca alle canne della zampogna e zaino in spalla, che s'impegnano a tutelare questo antico strumento a fiato di musica popolare e le tradizioni della propria terra. E tanti giovani troviamo impegnati anche nelle tradizioni dei riti arborei, alta testimonianza della stratificazione delle culture mediterranee nell'area del Pollino, che si perpetuano da tempo a Rotonda, ad Acettura, a Viggianello e ad Alessandria del Carretto, in provincia di Cosenza, nell'area calabra del Parco. La festa patronale di Sant’Antonio a Rotonda ha molte espressioni comuni alla festa di Sant’Alessandro, patrono di Alessandria del Carretto, sono feste dell’albero, legate alle tradizioni pagane di fertilità che si sono fuse a ritualità cristiane, comuni a tutta l’area del Mediterraneo. L'unica differenza che l’albero ad Alessandria del Carretto è trasportato a braccia, mentre in Lucania sono coppie di buoi a trascinarlo. Secondo la tradizione, l’albero tagliato nei boschi e trasportato al paese contagiava con la sua fertilità le persone, le piante e gli animali. E questa forza fecondatrice era particolarmente vigorosa perché colta nell’attimo del suo rinnovamento, la primavera. Ai momenti profani della festa si mescolano le solenni funzioni religiose, con la processione del Santo e le vivide espressioni di fede popolare e di devozione. Nella notte tra l’8 ed il 9 giugno, i numerosi componenti del gruppo “rocca”, chiamati “roccaioli”, partono dalla località Santa Maria, nei pressi del Santuario della Madonna della Consolazione, per dirigersi verso i boschi di Terranova di Pollino, un comune limitrofo, dove preleveranno l’abete, che diverrà “a rocca”, già scelto la seconda domenica di maggio. Contemporaneamente, altri gruppi di persone, i “pitaiòli”, nella stessa notte, si dirigono verso la località dove era stata scelta “a pitu”, e nella mattinata del 9 l’abbatteranno con le motoseghe per poi dare l’ultimo tocco di rifinitura con le affilate accette. La “pitu”, un tronco di faggio, lungo circa 25 metri, viene tirato da tredici coppie di buoi (inghirlandati di fiori e nastrini) fino ai piani di “Pedarrèto”, sorretto dai “pannulàri”, rami di faggio sfrondati dai ramoscelli e levigati, usati come leva per gli spostamenti del grosso tronco. La “rocca” viaggia sempre davanti alla “pitu”, tranne in un punto, in corrispondenza di una fontana. “A rocca” verrà condotta in località “Vacquarro” dove resterà in attesa di potersi congiungere in matrimonio col maestoso faggio, “a pitu”. Il giorno 11 giugno, dopo l’incontro dei due alberi e la loro benedizione, i cortei arborei proseguiranno insieme il tragitto verso il paese, accompagnati da altri tronchi di faggi, sfrondati e lisciati, detti “pùrfiche”, trainati anch’essi da buoi. Il trasporto viene effettuato tra varie pause per pranzare, e cantare, al suono di organetti e zampogne, tra balli e libagioni. Un faggio ed un abete bianco, secondo un antico rituale, accompagnati da una folla di persone, il 13 giugno in onore di Sant’Antonio convoleranno a nozze. E’ molto suggestiva l’interpretazione che vede questo antichissimo rito riallacciarsi alle 71


“falloforie” latine, ai miti celtici di propiziazione, animistici precristiani. Il rituale, tuttavia, col passare del tempo, ha acquisito un nuovo valore religioso e devozionale. Allora tutto si spiegava con la forte simbologia sessuale del rituale: il tronco dell’abete s’incontra e si unisce con la cima, tagliata da un altro abete, conservata con cura e intatta, che rappresenta la parte femminile in questo “matrimonio” dell’albero. Il rito di fertilità che propizia il buon andamento dei seminati e dei raccolti termina con l’abbattimento dell’albero. Morte e rigenerazione. La tradizione vuole che la morte dell’albero permette la fuoriuscita dello spirito arboreo che si spargerà per i campi e li renderà fertili. Le espressioni di devozione e le forme di aggregazione della festa d’a pita ci riportano ai miti mediterranei, ai culti pagani rimasti vivi nei rituali cristiani. Il Cristianesimo popolare gradualmente in forma sincretica si è appropriato della tradizione pagana del culto della fertilità. Il mito attraverso il rito dell’abete diventa realtà, si attualizza. Nella società di oggi, in cui si è sfaldato il preminente antico sistema magico-religioso, la festa del Patrono con il tiro dell’abete e il suo divenire albero della cuccagna ha assunto un aspetto catartico e di alta socializzazione. In questo complesso cerimoniale rinnovato il paese si propone e si distingue; diventa simbolo principale della propria storia e della propria tradizione culturale. I culti popolari generalmente hanno forti legami con le strutture socio-economiche del contesto in cui si svolgono. L’insieme dei fattori culturali, simbolici, economici, politici e delle dinamiche sociali contribuiscono a fare del paesaggio un prodotto culturale, che conserva i saperi, le relazioni e la memoria storica delle comunità dell'area del Pollino.

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BIBLIOGRAFIA Augè M., 2007, Tra i confini: Città, luoghi, integrazioni, Bruno Mondadori Editore, Milano. Augè M., 2009, Non luoghi: introduzione a una antropologia della surmodernità con una nuova prefazione dell’autore Elèuthera Editore, Milano. Bevilacqua F., 2014, Il Parco del Pollino. Guida storico-naturalistica ed escursionistica, Rubettino Editore. Borachia V. e Paolillo P., 1993, Territorio sistema complesso, FrancoAngeli, Milano. Caputi P.G., Forte F., 1993, La pianificazione paesistica: il caso Basilicata, Electa Editore Napoli. Fera G. & Ziparo A., 2014, Pianificazione territoriale paesaggistica e sostenibilità dello sviluppo. Studi per il Quadro Territoriale Regionale della Calabria, Franco Angeli, Milano. Gambi L., “Il paesaggio”, in I viaggi di Erodoto, n. 40, Dicembre-febbraio 1999-2000, Dossier pp. 4/7. Gambino R., 2001, Conservare, innovare. Paesaggio, ambiente, territorio, UTET, Torino. Magnaghi A., 2000, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino. Pandakovic D., Dal Sasso A., 2009, Saper vedere il paesaggio, UTET Università Editore, Torino. Poli D., 2011, «Il progetto territorialista», in Contesti, n.2. Paolillo P., 2002, Azioni per un rilancio della Valle Brembana in Bergamasca, Libreria Clup, Milano. Salerno G., in corso di pubblicazione, Il paesaggio geologico della provincia di Cosenza, Map Design Project, Cosenza. Toefili C. e Clarino R. (a cura di), 2008, Riconquistare il paesaggio: la Convenzione Europea del Paesaggio e la conservazione della biodiversità in Italia, Stilgrafica Editore. Turri E., 1979, Semiologia del Paesaggio italiano, Longanesi, Milano. Turri E., 2002, La conoscenza del territorio. Metodologia per un’analisi storicogeografica, Marsilio Editore, Venezia. Turri E., 2003, Il paesaggio degli uomini: la natura, la cultura, la storia, Zanichelli Editore, Bologna. Turri E., 2004, Il paesaggio e il silenzio, Marsilio Editore, Venezia. Turri E., 2006, Il paesaggio come teatro: dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio Editore, Venezia. Zagari F., 2006, Questo è paesaggio: 48 definizioni, Gruppo Mancuso Editore, Roma. Ziparo A. et al., 1992, Le analisi per il piano ambientale, Gangemi, Roma.

73


74


75


BACINO DEL PANTANO

Pianure alluvionali

Colline argillose

Colline sabbiose e conglomeratiche

Rilievi centrali a morfologia aspra

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Seminativi

Oliveti

Aree agricole

Boschi

Reticolo idrografico

Laghi

Sorgenti

Grotta

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Chiesa Convento

Beni religiosi

Area archeologica

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale

Strade locali

Strade Provinciali

Strade Statali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo


1

3 5 4

Senise 2

Grotte Petrelli Area archeologica di contrada Salsa Chiesa di San Francesco Convento dei Cappuccini Convento francescano

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

1 2 3 4 5


MASSICCIO DEL POLLINO

Montagna carbonatica Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Laghi

Vetta

Pianoro carsico

Geosito

Canyon

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo

Santuario Cappella Convento

Beni religiosi

Sistema storico-culturale


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

13

8

Acqua Tremola Canyon della Garavina Coppola di Paola Grande Porta del Pollino Monte Pollino Piano di Iannace Serra del Crispo Serra del Prete Serra delle Ciavole Serra Dolcedorme Timpa delle Murge Timpa di Pietrasasso Timpone della Capanna Cappella di Santa Maria delle Grazie Convento di Sant'Antonio Santuario della Madonna della PietĂ

5

6 7

9

10

4

1

11 15 14

16

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

2

12


MONTE ALPI

Montagna carbonatica Rilievi del versante tirrenico Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Rilievi centrali a morfologia ondulata Colline sabbiose e conglomeratiche Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Pascoli Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Vetta

Terme

Area fossilifera

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Strade Statali

Sistema infrastrutturale

Centri storici Frazioni

Sistema insediativo

Chiesa

Beni religiosi

Area archeologica Insediamento fortificato Museo Necropoli

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale


1

7

2

Calda

4

9

3

12 5

6

Latronico

13

10

Magnano

Istiophoridae Monte Alpi Monte Santa Croce Terme lucane Chiesa di San Michele Chiesa di San Nicola Grotte della Calda Insediamento fortificato di Pedarreta Museo archeologico di Latronico Necropoli di Agromonte Magnano Necropoli di contrada Ischitelli Parrocchiale di Sant'Egidio Villaggio fortificato di Colle dei Greci

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

11

8

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13


MONTE LA SPINA

Montagna carbonatica Rilievi del versante tirrenico Rilievi centrali a morfologia aspra Colline sabbiose e conglomeratiche

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Boschi

Reticolo idrografico

Sorgenti

Vetta

Paesaggio forestale

Geosito

Belvedere

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Strade Statali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo

Santuario Chiesa

Beni religiosi

Area archeologica

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

Bosco Difesa Calanchi di Monte Misciarolara Madonna del Soccorso Monte La Spina Monte Zaccana Area archeologica della Madonna della Neve Area archeologica di Fornaci Area archeologica di Guarancio Area archeologica di Piano la Campanella Area archeologica di Pietrajasso Chiesa di San Nicola di Mira Parrocchiale di Santa Margherita Santuario della Madonna del Soccorso Santuario della Madonna della Neve Villa di Vigna della Corte Villaggio di Sant'Evraso

4

16

5

3

13

9

2

8

15

12

10

7

Castelluccio Inferire

6

14

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

11

Castelluccio Superiore

1


VALLE DEL FRIDO

Montagna carbonatica Rilievi del versante tirrenico Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Rilievi centrali a morfologia ondulata Colline sabbiose e conglomeratiche Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Pianoro carsico

Emergenza idrogeologica

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Strade Statali

Sistema infrastrutturale

Centri storici Frazioni

Sistema insediativo

Abbazia Santuario Chiesa

Beni religiosi

Mulino

Beni rurali

Museo

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale


9

Falascoso

Torno

8

12 16

Iazzicelli

Cropani

6

4

Conocchielle

Varco

Voscari

San Severino Lucano

15

Cropani Pomarreti

3

7

13

17

2

11

5

14

10

1

Piana di San Francesco Sorgenti del Frido Abbazia del Sagittario Chiesa di San Vincenzo Ferreri Chiesa di Santa Maria dell'Abbondanza Mulini dei "Molinelli" Mulini Iannarelli Mulino Ammirati Mulino Fasanella Mulino in località Mezzana Moderno Mulino Justin Leo Mulino Magnacane Mulino Vitale Museo della Civiltà Artigiana Museo della Civiltà Contadina Parrocchiale di Santa Maria degli Angeli Santuario della Madonna del Pollino

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, © OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

Salice

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17


VALLE DEL MERCURE

Montagna carbonatica Rilievi del versante tirrenico Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Pascoli Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Pianoro carsico Emergenza idrogeologica

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Sistema infrastrutturale

Centri storici Frazioni

Sistema insediativo

Santuario Cappella Certosa Chiesa

Beni religiosi

Mulino

Beni rurali

Area archeologica Castello Museo

Beni storico-culturali

Filanda Fornace

Archeologia industriale

Sistema storico-culturale


14

16

Rotonda

15

21

13

9

4

19

5

17

2

6

7

Gallizzi

1

3

Zarafa

2

20

18

11

12

10

Sorgenti del Mercure Area archeologica in località Caloi Area archeologica in località Campo le Rose Area archeologica in località Santa Maria Area archeologica in località Spedarrei Cappella della Madonna delle Grazie Cappella della Santissima Trinità Castello dei Sanseverino di Viggianello Castello dei Sanseverino di Rotonda Chiesa di San Francesco da Paola Chiesa di Sant'Antonio Chiesa di Santa Maria Assunta Chiesa madre di Rotonda Filanda Fornace di Fiumara Fornace in località Fratta Mulino di Ponte del Cornuto Museo Caporale Museo di Storia Naturale della Valle del Mercure Parrocchiale di Santa Caterina di Alessandria Santuario di Santa Maria della Consolazione

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, © OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

Prestio

Viggianello

8

San Cataldo

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21


VALLE DEL RUBBIO

Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Rilievi centrali a morfologia ondulata Colline sabbiose e conglomeratiche Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Lago

Vetta

Geosito

Paesaggio forestale

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Sistema infrastrutturale

Centri storici Frazioni

Sistema insediativo

Monastero Cappella Certosa

Beni religiosi

Masseria

Beni rurali

Insediamento fortificato

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale


2

9 8

1

4

7 6

12

3

11

5

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Bosco Sicileo Lago d'Erba Monte Caramola Riserva Naturale Bosco Rubbio Specchio di faglia Cappella dell'Assunta Cappella della Madonna di Pompei Certosa di San Nicola Masseria Castello Viceconte Monastero di Santa Maria della Saectora Villaggio albanese presso Santa Maria della Saectora Villaggio fortificato di Monte Catarozzo

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

10


VALLE DEL SARMENTO

Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Colline sabbiose e conglomeratiche Colline argillose Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Geosito

Vetta

Grotta

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo

Mulino

Beni rurali

Area archeologica Insediamento fortificato Necropoli

Beni storico-culturali

Monastero Santuario Cappella Chiesa

Beni religiosi

Fornace

Archeologia industriale

Sistema storico-culturale


21

9

7

15

14

8

20

6 1

18

10

13

16

San Paolo Albanese

12

Cersosimo

19

Noepoli

San Costantino Albanese

2

17

11

3 4

5

Calanchi di Noemi Grotte di Gianpietro Monte Carnara Timpone della Monaca Timpone Spagnolo Area archeologica di Noepoli Area archeologica presso San Costantino Albanese Cappella di Santa Maria di Costantinopoli Chiesa madre di S.Costantino Albanese Fornace Don Coste Fornace in località Giansilvio Insediamento fortificato di Monte Castello Monastero di Kyr Zosimi Mulino Affuso Mulino Blumetti Mulino presso Cersosimo Necropoli di località Manche Necropoli di località Cironte Necropoli di località Santa Maria di Costantinopoli Parrocchiale di Santa Maria della Visitazione Santuario di Santa Maria della Stella

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, © OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21


VALLE DEL SERRAPOTAMO

Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Colline sabbiose e conglomeratiche Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Oliveti Pascoli Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Vetta

Belvedere

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo

Monastero Cappella Chiesa Convento

Beni religiosi

Mulino

Beni rurali

Area archeologica Castello Necropoli

Beni storico-culturali

Impianto produttivo

Archeologia industriale

Sistema storico-culturale


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

2

3

Serra Cerrosa Serra Le Spine Timpa Alta Timpa Angari Aera archeologica di Coccaro Cappella della Madonna del Carmine Castello longobardo Chiesa di San Gaetano Chiesa madre di Castronovo S.Andrea Convento di San Francesco Impianto produttivo di località Pietrangelo Monastero dei Santissimi Elia e Anastasio Mulino di località Pietrangelo Necropoli di Battifarano

15 10

Carbone 12

5

1

6

8

7

Teana 13

Fardella

11

14

4

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, © OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

Calvera

9

Castronuovo di Sant'Andrea


VALLE DEL SINNI

Alta montagna arenaceo-marnosa Rilievi centrali a morfologia aspra Rilievi centrali a morfologia ondulata Colline sabbiose e conglomeratiche Pianure alluvionali

Paesaggi morfologici

Zone agricole eterogenee

Oliveti Prati stabili Seminativi

Aree agricole

Rete Natura 2000

Reticolo idrografico

Boschi

Sorgenti

Geosito

Punti d'interesse

Sistema ambientale

Strade locali

Strade Provinciali

Strade Statali

Sistema infrastrutturale

Centri Storici

Sistema insediativo

Santuario Cappella Chiesa Convento

Beni religiosi

Mulino

Beni rurali

Area archeologica Castello Necropoli

Beni storico-culturali

Sistema storico-culturale


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

14

25

21

3

22

15

7

11

Episcopia

Piramidi di terra Aera archeologica di Castrovetere Area archeologica di Valle del Ponte Cappella di Sant'Onofrio Cappella di Sant'Uopo Castello dei Sanseverino Castello dei Sanseverino Chiesa della Beata Vergine Maria Chiesa di San Giovanni Battista Cimitero di contrada San Pasquale Convento di Sant'Antonio Convento di Ventrile Mulino "Recchie Muzze" Necropoli di contrada Fichi d'Antuono Necropoli di contrada Manca di Sopra Necropoli di contrada Manca di Sotto Necropoli di contrada san Pasquale Necropoli di contrada Serrone Necropoli di contrada Sotto la Croce Necropoli di contrada Spirito Santo Necropoli di Cornale Parrocchiale di San Nicola di Bari Parrocchiale di San Tommaso Santuario di contrada San Pasquale Santuario di Santa Maria del Piano

16

1

12

23

8

Francavilla in Sinni

17

6 9 24

19

5

Sources: Esri, HERE, DeLorme, Intermap, increment P Corp., GEBCO, USGS, FAO, NPS, NRCAN, GeoBase, IGN, Kadaster NL, Ordnance Survey, Esri Japan, METI, Esri China (Hong Kong), swisstopo, MapmyIndia, Š OpenStreetMap contributors, and the GIS User Community

13

4

2

20

18

Chiaromonte



Rosanna Anele Architetto e responsabile scientifico del Laboratorio di Urbanistica ed Architettura (LUA), è curatrice dei Quaderni LUA. Libera professionista si occupa di urbanistica, progettazione integrata, urbana ed architettonica. Ha svolto progetti e consulenze per diverse PA relative a Progetti Tematici di Sviluppo Locale, Piani di Riqualificazione Urbana, Piani Strutturali Comunali, Studi e ricerche sui Centri Storici e sul paesaggio. Attualmente fa parte del gruppo di progettazione del PSC del Comune di Lamezia Terme. Bruno Niola Architetto e funzionario del Parco Nazionale del Pollino, ha al suo attivo numerosi articoli e ricerche sul Parco Nazionale del Pollino. Profondo conoscitore dell'area protetta è autore di diversi volumi quali 'Il Bosco Vaccarizzo', 'Il Monte Alpi', 'Il Vademecum del Parco del Pollino', 'Elementi architettonici del Parco del Pollino', 'Le risorse archeologiche della Valle del Sinni e del Sarmento'. Giovanni Salerno Geologo e dottore di ricerca in pianificazione territoriale, esperto nell’analisi di dati geografici per la pianificazione territoriale ed ambientale, nel map design e nella progettazione di database geografici. Da anni lavora come consulente presso numerose PA in progetti sulla tutela dei sistemi ambientali, sulla valorizzazione dei beni culturali, sullo sviluppo di prodotti cartografici. Ha pubblicato ‘Manuale ArcGIS’, ‘Manuale ArcGIS 10’ e 'Map Design per il GIS', nonché di numerosi articoli su libri e riviste scientifiche sui GIS e le loro applicazioni.


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Map Design Project è una casa editoriale specializzata in prodotti cartografici. Realizziamo mappe con contenuti tecnico scientifici e un taglio divulgativo; intendiamo comunicare conoscenze geografiche a un pubblico più ampio della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. I nostri prodotti puntano al marketing territoriale, alla valorizzazione delle risorse ambientali, alla conoscenza di luoghi e territori. Prossime uscite:  Libro sul paesaggio geologico della provincia di Cosenza;  Libro 'Laboratorio GIS';  Collana 'Itinerari geologico-ambientali della Calabria': ◦ Monte Cocuzzo e le sue pendici tirreniche.


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