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Una questione di impatto

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What Now?

What Now?

di Martina Fragale

Proviamo a immaginare la sala di un teatro. La classica, ampia sala con il pubblico in platea – immerso nella penombra – e un palco, illuminato a giorno dai riflettori, su cui si muovono diversi attori. Questa immagine esemplifica in un rapido scatto quelle che sono le principali caratteristiche del giornalismo tradizionale. Il pubblico assiste, seduto in poltrona, mentre sul palco si muovono gli attori, cioè i giornalisti che danno corpo e voce a ciò che si muove sul ben più vasto palcoscenico del mondo. In una parola: alle notizie.

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Ora, proviamo a operare un piccolo cambiamento. Attori e pubblico rimangono esattamente dove sono, l’unica cosa che cambia è l’orientamento delle luci di scena, che in questo caso si spostano, lasciano il palcoscenico nella penombra e vanno a illuminare, invece, proprio il pubblico presente in sala. Cosa succederebbe in questo caso? Probabilmente una mezza rivoluzione o quantomeno un radicale ribaltamento di prospettiva. È questo il cambiamento che il giornalismo costruttivo cerca di portare avanti ed è di questo che parliamo quando poniamo al centro del nostro lavoro il tentativo di ripensare le notizie dal punto di vista dell’impatto che hanno sui lettori. Ripensare alle notizie (prima ancora che scriverle) dal punto di vista del giornalismo costruttivo, significa chiamare in causa il lettore, accendere i riflettori su di lui e portare alla luce le sue esigenze e i suoi problemi utilizzandoli come materia viva e come chiave di lettura per dare forma alle notizie. Un esempio? Le alluvioni. Penso sia a quanto è successo in Emilia-Romagna sia all’alluvione di settembre nelle Marche. Ora, partendo da questi due episodi, una cosa è accendere i riflettori su ciò che è successo, elencando a menadito una lunga sequela di tragedie. Un’altra è parlare comunque di ciò che è accaduto ma chiedersi anche: cosa è necessario cambiare perché la prossima alluvione abbia un impatto minore? Cosa non è stato fatto e perché? Che strategie possono mettere in pratica i cittadini colpiti per agire nell’immediato e quali azioni possono adottare per spingere “chi di dovere” a trovare e attuare le soluzioni necessarie?

Questo approccio presuppone ovviamente una cosa. Torniamo al nostro teatro con i riflettori accesi sulla platea. In questo quadro i lettori non rimarranno seduti in poltrona a guardare ma verranno chiamati in causa, trasformandosi automaticamente da agìti ad attori veri e propri. Fuor di metafora, non sto parlando di puro e semplice giornalismo partecipativo, né del giornalismo civico (che fanno comunque parte del DNA del giornalismo costruttivo) ma di qualcosa di diverso, cioè del dopo. Cosa c’è dopo la notizia? Raramente chi fa giornalismo se lo chiede ed è un peccato perché in realtà, in questo dopo, c’è tutto un mondo. Un mondo che possiamo e dobbiamo cambiare. In questo ribaltamento di prospettiva, le notizie partono dai lettori (dal: cosa serve? Di cosa c’è realmente bisogno?) e con i lettori finiscono, confluendo in un’unica grande domanda: cosa si può fare concretamente? Ovvero, come recita il nome del nostro trimestrale: what now?

Coerentemente con questa visione, in questo secondo numero della nostra rivista abbiamo provato a partire proprio dai lettori, portando alla luce quelle che ci sembrano le tematiche più urgenti di questi densissimi mesi estivi. Lo abbiamo fatto, così come nel primo numero, usando come chiavi di lettura a monte i 17 goal dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: un programma d’azione globale sottoscritto otto anni fa da quasi duecento Paesi membri delle Nazioni Unite. In questo caso, come lenti per mettere a fuoco cosa sta cambiando, abbiamo utilizzato il Goal n.6 (che parla di acqua e disponibilità idrica diffusa), il Goal n.11 (dove si guarda a come le città stanno cambiando per rispondere alla sfida climatica in corso) e il Goal n. 14 (dove si affronta il tema della

Siccità e alluvioni portano alla ribalta il tema della disponibilità idrica. Abbiamo parlato di questo ma anche di soluzioni agli incendi, di tutela dei mari e di vacanze fuori dai radar del turismo di massa salute di mari e oceani e della vita sott’acqua). Abbiamo parlato di siccità e alluvioni: i due estremi fra cui oggi, in piena crisi climatica, si gioca il complesso problema della disponibilità idrica. E abbiamo raccontato le diverse soluzioni che attualmente vengono messe in campo, nel nostro Paese e altrove.

Abbiamo parlato del fuoco, prendendoci il lusso di un intero Speciale dedicato agli incendi apposta per poter spaccare il capello in quattro. Perché in realtà, sugli incendi, c’è molto da dire sia per quanto riguarda le cause (quanto incide il clima? E quanto pesa la responsabilità umana?) sia per quanto concerne il doveroso cambiamento di prospettiva che è necessario adottare per trovare risposte migliori. Risposte, peraltro, che già esistono e che più che trovate, necessitano di essere diffuse.

Abbiamo parlato di mari e oceani, dei grandi passi avanti che abbiamo fatto con il Trattato Globale sugli Oceani e di cosa è necessario fare ancora per conciliare l’economia del mare con la tutela ambientale. Dopodiché abbiamo parlato di vacanze dedicando a questo tema un secondo Speciale. E proprio qui, forse più che altrove, alle prese con il trend topic del momento, abbiamo provato a mettere in pratica gli strumenti del giornalismo d’impatto. Lo abbiamo fatto parlando del rischio che questa prima estate post-pandemica mette sul piatto della bilancia (l’overtourism, ovvero il turismo di massa) e suggerendo ai nostri lettori delle soluzioni concrete e percorribili. Abbiamo parlato di viaggi: delle coste italiane meno battute, degli scenari montani fuori dai radar del turismo di massa, abbiamo parlato di borghi, di cammini e di una sana tendenza che ha preso piede proprio durante la pandemia, il cosiddetto slow tourism. O turismo lento, che dir si voglia. Un trend che, dal punto di vista dell’impatto, può davvero portare nuove linfe a località e borghi spopolati contribuendo, contemporaneamente, a sgravare i luoghi più “presi d’assalto” dal peso ambientale (e non solo) del turismo di massa. Tutto questo, caro lettore – con l’aggiunta della consueta rubrica Magazine – lo troverai nelle prossime pagine. Buona lettura!

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