ORALE
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L’EDIT
due cacate del mese
E
ssere arrivati al punto di sperare di ammalarsi per essere liberi mi sembra di per sè già molto deprimente. La rima, non tanto casuale, lo è con l’essere in uno (S)tato reprimente e con una società demente. Poliziotti e carabinieri che fanno irruzione nei locali e ristoranti come se fossero dei covi(d) di terroristi in modo illegale ( guardatevi questo video di un ristoratore che sapendo le leggi non consente ai carabinieri di mettergli i piedi in testa: https://bit.ly/3rZgpHS ); servizi essenziali vietati a chi, legittimamente, non vuole iniettarsi liquidi ambigui e sperimentali in corpo. Come dice saggiamente una mia amica ( vedi CACOfon a pag. ) “Non so se hanno ottenuto l’immunità di gregge ma sicuramente il gregge si”. Pecorelle smarrite ecco giunto il vostro mese, quello del Carnevale, quello pieno di maschere e mascherine a cui siete tanto affezzionati. Ci sono ancora eventi ( anche se pochissimi rispetto ad una volta ), non grazie a dio ma a quei gestori e organizzatori che rischiano e coraggiosamente mantengono viva la cultura e il morale di una società
CACOTRACK
DI FEBBRAIO
a cura di Marco Pascià
sfinita e abbattuta. Aggregazione e divertimento annullato ( o accessibile in piccola parte a chi vaccinato ma che si ammala e contagia ugualmente ) e divieto di ballare, divertirsi ed essere semplicemente se stessi. Gli unici buttafuori ormai sono quelli fuori dalle farmacie, con le file ( come alle poste ) che ogni volta c’è da chiedersi se siamo nella Russia comunista. “Mi scusi Presidente | Ma ho in mente il fanatismo | Delle camicie nere | Al tempo del fascismo | Da cui un bel giorno nacque | Questa democrazia | Che a farle i complimenti | Ci vuole fantasia | Io non mi sento italiano | Ma per fortuna o purtroppo lo sono” ecco un Gaber come sempre attuale nella CACOtrack del mese. Svegliatevi adesso amici miei perchè se no fra un pà vi sveglierà qualcunaltro che bussando alla vostra porta un mattino vi dirà che non avrete più il diritto di stare in casa vostra.
“Io non mi sento italiano” Giorgio Gaber
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