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editoriale

Alea News, Settembre 2014

di Maurizio Beraldo E’ tempo di Jobs Act, si parla di lavoro, lavoro per i giovani soprattutto. Abbiamo già ospitato qualche intervento su come giovani e lavoro possono incontrarsi e delle difficoltà perché questo accada: su questo punto l’attrattività delle piccole imprese può essere un problema. Nel primo articolo, vediamo come Luca Marcolin propone di cambiare i contenuti della relazione rivalutando, in pratica, le possibilità delle piccole imprese di attrarre chi è alla ricerca di un lavoro: se la grande impresa offre possibilità per maturare esperienze di valore e avere un percorso di carriera, dà meno spazio alla creatività e alle aspirazioni personali. Rivalutare la peculiarità della piccola impresa di realizzare sogni personali e inseguire visioni alimentate dalla propria creatività, può essere una direzione da imboccare per avvicinare così domanda e offerta di lavoro: anche il piccolo imprenditore deve saper condividere i propri sogni, l’altra parte coinvolta nella relazione fiduciaria che tiene insieme l’azienda. La rubrica Imprese nuove ci propone già un esempio di un paio di giovani i quali, usciti da una nota multinazionale, avviano una piccola impresa e danno vita alle proprie aspirazioni; oppure, in un altro articolo, anche il recupero di un edifico austro-ungarico, nel quale ospitare nuove imprese che si occupano di attività legate all’edilizia, è un riprendere vecchi sogni di chi c’era da parte di chi ci sarà.

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Sommario La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità, di Luca Marcolin

Imprese nuove Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico, di Francesca Iannelli, AREA Science Park, Trieste Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up, di Francesca Pozzar, Friuli Innovazione Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia, di Emanuele Bompan, Trentino Sviluppo Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo, di Astrid Brunetti, Heiko Schoberwalter, Eva Pichler, TIS innovation park Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te, di Gabriella Parmesan, Vega L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta, di Alessandro Tibaldeschi, I3P, Torino

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La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità di Luca Marcolin, luca.marcolin@familybusine ssunit.it

Riprendo un dibattito che si è sviluppato nei media e in rete sulla distanza tra giovani e lavoro, tra preparazione scolastica e necessità delle imprese. Se da una parte ci sono giovani con grandi capacità e cresciuti in ambienti molto stimolanti, molti altri coltivano una visione del mondo poco congruente con la realtà, con aspettative che vengono poi frustrate da lavori mal retribuiti ma soprattutto non in grado di far fare un percorso di crescita e di professionalizzazione. Sicuramente c’è spazio per un ruolo di aiuto e di indirizzo da parte delle scuole e delle università che con gli stage e gli uffici di placement possono aiutare il dialogo tra lavoro e impresa. E ancora di più si può fare stimolando giovani e imprese a ridefinire la dinamica della loro relazione. Da un lato c’è da aiutare i nostri giovani a prendersi ancora di più la responsabilità di se stessi. Prima ancora che di sicurezze contrattuali ed economiche quali sono le esperienze e le competenze che vogliono costruire? Come aiutarli a farle emergere ? Lavorando sul proprio sviluppo personale, approfondendo la consapevolezza delle nostre passioni e dei propri talenti, sviluppando proprio un piano di crescita personale che parta dalla fine, da dove vogliamo arrivare, per sapere cosa accettare e a quali condizioni. Ma aiutarli anche a non entrare in una pericolosa dinamica negoziale che li vede facilmente perdenti. E ad assumere invece un approccio di maggiore imprenditorialità personale. Un grande formatore come Zig Ziglar diceva che “Potete ottenere tutto dalla vita purchè siate capaci di aiutare gli altri ad ottenere ciò che vogliono”. E allora la domanda che dobbiamo aiutare i nostri giovani a farsi e a fare è questa: “posso aiutarti?” e interrogarsi su come possono proporre il loro contributo alle imprese.

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Alea News, Settembre 2014 Ma il report di Mc Kinsey, “Education to employment: Designing a system that works”, punta il dito anche sui limiti delle imprese: della loro scarsa attrattività soprattutto quando sono più piccole, sotto i 50 dipendenti, come spesso capita dalle nostre parti. Attrattività che manca per la fatica a comunicare le proprie esigenze e ad offrire opportunità di lavoro che abbiano contenuti di autonomia e di responsabilità. Un limite storico delle piccole imprese, tutte incentrate sulla figura dell’imprenditore che fatica a delegare e a condividere il proprio progetto e la propria visione. Un limite ancora più grande quando le incertezze di questo periodo impediscono di avere certezze e convinzioni sugli sviluppi futuri dell’impresa. E’ proprio a partire dai nostri imprenditori e dalla loro visione di fare impresa che possiamo ristabilire una nuova relazione tra giovani e imprese. Dobbiamo aiutare i nostri imprenditori a riprendersi in mano sogni e visioni, chiedendo una amministrazione pubblica che non li soffochi con richieste sempre più vessatorie, sia dal punto di vista fiscale che da quello normativo e sanzionatorio, come ancora sullo stesso Corriere segnala Severgnini, parlando di locali pubblici. Riprendere in mano sogni e visioni che possono allora essere condivisi, possono essere alla base di una proposta di lavoro che diventa un percorso da fare insieme per la crescita di entrambi. Non siamo più nella condizione di avere grandi imprese che promettono ai giovani percorsi di carriera predefiniti e professionalizzanti, come capitava fino a qualche decennio fa. Siamo però nella condizione di ripartire da un contratto che prima ancora che giuridico è psicologico, relazionale. Fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco per costruire qualcosa che vada oltre alla contingenza del momento. Non è neanche più solo una gara all’eccellenza, al talento, intesa in senso assoluto, con il rischio di un mercenarismo individualista che non fa bene a nessuno. E’ invece la sfida di tornare ad investire insieme, giovani e imprese, per costruire comunità di passioni e di interessi, dove poter accettare il limite dell’inesperienza da una parte, dell’incertezza dall’altra. E’ un recuperare al meglio la storia delle nostre imprese di famiglia, dove la passione e la visione di uno veniva supportata dall’impegno e dal E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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Alea News, Settembre 2014 sacrificio di amici e parenti che ne sposavano l’idea e lo supportavano. Ecco, è forse giunto il momento di dare la nostra versione di quel capitalismo consapevole di cui tanto si parla anche all’estero, di fondare o rifondare imprese che diventino imprese-famiglie, comunità fondate non solo sul sangue ma anche sulla partecipazione al progetto imprenditoriale.

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Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico

di Francesca Iannelli, francesca.iannelli@area.tri este.it

La 42° edizione dell’Oldtimer Grand Prix di Nürburgring, tra le gare di auto d’epoca più popolari al mondo, svolta 8 al 10 agosto scorsi ha offerto agli appassionati delle quattro ruote di tutto il mondo una nuova modalità di fruizione dello spettacolo. Per la prima volta in un gran premio di questo tipo è stato infatti possibile salire virtualmente a bordo delle vetture in competizione, accanto ai piloti nelle cabina di guida, grazie a una diretta streaming in alta definizione. Il tutto utilizzando un sistema integrato che combina produzione, distribuzione e consumo di contenuti utilizzando una rete mobile LTE dedicata all’evento. L’alta capacità trasmissiva della rete mobile LTE, combinata con la facilità di installazione e i bassi ritardi, consente lo streaming video da telecamere in movimento ad alta velocità. La tecnologia è sperimentata da Deutsche Telekom che ha installato diverse telecamere lungo il circuito e a bordo delle autovetture. La piattaforma di video streaming si avvale della tecnologia di Smart Mobile Labs che consente di controllare le telecamere in modalità wireless, di Dream Chip Technologies, produttore di telecamere già utilizzate in molti eventi sportivi e nel corso di alcune partite della Bundesliga, e Alpwerk responsabile del controllo dei segnali audio/video. A rendere possibile la diretta ci ha pensato la rete dedicata LTE che utilizza apparati radio di Nokia e il sistema PriMo di Athonet, azienda di AREA Science Park, il parco scientifico e tecnologico di Trieste, specializzata nello sviluppo di sistemi avanzati per telecomunicazioni mobili. PriMo ha assicurato ottimi risultati in termini di performances e affidabilità a costi di produzione limitati, candidando potenzialmente questa tecnologia alla copertura di un largo numero di eventi sportivi e gare in futuro. Athonet e la tecnologia PriMo La tecnologia di PriMo (Private Mobile), progettata e sviluppata da Athonet, è già attiva in diverse reti mobili commerciali in giro per il mondo. È la prima rete LTE

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Alea News, Settembre 2014 per le Smartgrids, già sperimentata con successo in occasione del terremoto dell’Emilia del Maggio 2012, e più di recente, lo scorso maggio, usata anche nelle riserve naturali del Sud Africa in combinazione con i droni per salvare i rinoceronti dal bracconaggio. Athonet è una delle aziende leader nella costruzione di reti cellulari a banda larga per usi mission-critical e per coperture in zone soggette al digital divide. Con PriMo ha perfezionato il sistema cellulare a banda larga di terza e quarta generazione, rivoluzionando il concetto di rete mobile locale, superando i limiti delle reti Wi-Fi e permettendo di utilizzare la rete cellulare come un'estensione della intranet aziendale e per coperture "hotspot" (es. zone ad alta concentrazione di traffico, zone poco connesse ecc.) e reti di emergenza. La soluzione è in grado di offrire capacità aggiuntiva e copertura dedicata in aree d'interesse specifico senza gravare sulle reti mobili tradizionali degli operatori. In questo modo vengono risolti i problemi di congestione delle reti mobili causati dall'adozione di massa di cellulari, smartphone e chiavette dati, che richiedono costante accesso ad Internet. Inoltre, la soluzione può offrire un servizio privilegiato e un accesso radio a larga banda anche all'interno di edifici e in generale dove più ce ne sia bisogno. PRIMO diventa così la rete mobile ideale per aziende, aeroporti, ospedali, campus universitari, zone industriali a forte automazione, piattaforme petrolifere e campi di estrazione, navi, aerei, hotspot e anche intere aree territoriali soggette al digital divide. L'estrema facilità d'installazione, la trasportabilità e i consumi energetici minimali ne fanno una soluzione privilegiata anche per operazioni di pubblica sicurezza e per l'affidabile copertura di aree disastrate dove è opportuna la messa in opera di una rete UMTS/HSPA/LTE in pochi minuti. La storia di Athonet La storia di Athonet e dei suoi fondatori è quella di un ritorno sulla direttrice ItaliaSvezia, passando per l'Inghilterra. E' infatti a Stoccolma, dove lavoravano per la Ericsson, che Karim e Gianluca, entrambi ingegneri, si conoscono nel 1999. Karim El Malki, di padre egiziano e di madre veneta, primo ideatore della soluzione mobility gateway da cui origina PRIMO è nato a Roma. Trasferitosi in Inghilterra per frequentare l'università, ha lavorato al proprio dottorato di ricerca in collaborazione con Ericsson. Da questo lavoro E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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Alea News, Settembre 2014 è scaturito un brevetto per la cancellazione del rumore di sottofondo nelle telefonate, in seguito adottato da molte aziende di telecomunicazioni. A Sheffield, Inghilterra, è stato anche professore associato e ha fondato un suo gruppo di ricerca su Mobile IP. Gianluca Verin, nato a Bassano del Grappa, studia ingegneria delle telecomunicazioni all'università di Padova. Quando parte per l'Erasmus in Inghilterra, nel 1994, sembra andare incontro al destino di molti della sua generazione: quello del "non ritorno". In Inghilterra segue anche un master e in quel Paese, dopo la laurea, torna per cominciare a lavorare per Ericsson. Si trasferisce quindi ai quartieri generali in Svezia nel 1999, per occuparsi delle problematiche dovute all'esplosione del traffico dati legato alla diffusione di Internet.

Nel 2005, Karim e Gianluca decidono di lasciare Ericsson e di dar seguito al "sogno nel cassetto", fondando Athonet. La loro intuizione è che la trasmissione dati in mobilità subirà una crescita esponenziale e gli attuali sistemi di rete mobile necessiteranno di un significativo aumento in efficienza, miglioramento delle prestazioni e semplificazione delle architetture di rete. Iniziano l'avventura come "impresa da garage", a basso costo, con montagne di ore lavorate la notte e nei giorni di festa. Una tipologia di azienda che sembra più tipica delle storie pionieristiche da Silicon Valley americana, dove il venture capital funziona e la paura di rischiare non scoraggia nessuno. Ma in Italia… Eppure Karim e Gianluca E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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Alea News, Settembre 2014 ci credono, compiono una scelta contro corrente e decidono di rimanere nel loro Paese perché, dopo molti anni di esperienza all'estero, vogliono dimostrare che certe cose sono possibili anche da noi. In effetti, siamo la nazione che ha dato i natali a Guglielmo Marconi che di propagazione radio, fondamento della comunicazione cellulare, se ne intende. Operano alacremente fino a che l'innovazione giusta non vede la luce.

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Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up di Francesca Pozzar, Friuli Innovazione francesca.pozzar@friulinno vazione.it

Tra gli strumenti a supporto della creazione di nuova impresa il fondo di rotazione, con una dotazione di 135mila euro, resta uno dei servizi considerati più importanti dai neoimprenditori Oltre 400 idee di business vagliate, un centinaio di business plan valutati, ma soprattutto 34 imprese accompagnate nella fase di start up, tutte ancora attive sul mercato, sono la cartina tornasole dell’incubatore certificato di Friuli Innovazione, che opera a Udine dal 2005. Tra i servizi erogati – mentoring, sviluppo di business plan, consulenze specialistiche, formazione e molto altro – ha un peso strategico il fondo di rotazione, che grazie a un recente accordo con le Banche di Credito Cooperativo del Friuli Venezia Giulia - prima realtà ad aver raccolto l’appello di Friuli Innovazione ad aumentare la dotazione del fondo - dispone oggi di un capitale complessivo di 135mila euro.

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Alea News, Settembre 2014 Il fondo permette di destinare alle start up innovative incubate in Techno Seed un prestito fino a 50mila euro, da restituire in media in 5 anni. La particolarità è che non si richiede ai giovani imprenditori che superano la selezione del comitato di fornire garanzie, trattandosi di una specie di prestito sull’onore. Il fondo di rotazione è stato creato nel 2006 con la partecipazione di Mediocredito Fvg, FriulAdria, Federazione delle Bcc del Friuli Venezia Giulia, NordEst Banca, Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e Banca di Cividale ed ha anticipato di ben sei anni quanto proposto dal Governo con la legge 221 nel dicembre 2012, che ha voluto incentivare la nascita di start up innovative anche attraverso delle formule per semplificare l’accesso al credito delle start up. Formule che però rimangono ancora adesso di complicata attuazione in gran parte del Paese. Naturalmente, a fronte di ogni prestito erogato, l’incubatore Techno Seed segue da vicino gli sviluppi delle start up beneficiarie, mettendo a loro disposizione servizi specialistici e supportandole nel percorso di crescita per assicurarsi che l’investimento venga ben sfruttato dal team imprenditoriale. Alcune tra le prime start up nate in Techno Seed hanno utilizzato il fondo e lo considerano tra gli elementi che hanno contribuito di più al consolidamento della loro azienda nelle fasi iniziali. “Abbiamo avuto accesso al fondo di rotazione nel 2008 – racconta Sebastian Raducci, titolare di Datamind srl, azienda insediata al Parco Scientifico e Tecnologico di Udine che sviluppa e fornisce prodotti software e consulenza in campo scientifico, medico e industriale – Ciò ci ha permesso di far crescere l’azienda assumendo personale specializzato. Questo investimento si è tramutato in produzione e posizionamento sul mercato di nuovi software per l’elaborazione delle immagini. Il fondo di rotazione è stato come un buffer, che ci ha permesso di svolgere il nostro lavoro in totale tranquillità, restituendo il prestito senza interessi e con un anno e mezzo di preammortamento.” Simile l’esperienza di un’altra delle prime start up fondate in Techno Seed, la EasyStaff srl, azienda che sviluppa e commercializza soluzioni per l’ottimizzazione degli aspetti organizzativi aziendali e delle risorse umane fondata nel 2006 e acquisita dal player internazionale Zucchetti nel 2013. “In particolare – racconta Fabio De Cesco, amministratore e socio fondatore - il fondo ci ha permesso di anticipare gli investimenti per il primo progetto di ricerca per il quale EasyStaff aveva richiesto un contributo regionale. Una volta completato il progetto di ricerca e incassato il contributo, abbiamo restituito, E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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Alea News, Settembre 2014 come da accordi, il prestito. È come aver avuto un salvagente mentre imparavamo a nuotare; questo ci ha permesso di sviluppare le nostre soluzioni con molta più tranquillità. E quando hai la tranquillità nel fare le cose, anche la qualità ne guadagna.” Le imprese sviluppate in Techno Seed vedono oggi occupate circa 170 persone tra soci, dipendenti e collaboratori e hanno un fatturato stimabile, nel 2013, di quasi 4 mln di euro.

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Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia di Emanuele Bompan, comunicazione@progettom anifattura.it Foto di Florio Badocchi

Varcando le possenti porte della manifattura tabacchi di Rovereto difficilmente ci si immagina di imbattersi in uno degli spazi di lavoro più innovativi d’Italia. Dimenticatevi di incubatori generici o dei co-working milanesi, tutto inglese e digital hi-tech. Qua è nato il primo incubatore d’imprese orientato alla sostenibilità e all’economia verde. Il nome, che esplicita la sua vocazione, è Progetto Manifattura – Green Innovation Factory. Al suo interno operano imprenditori di ogni settore dall’edilizia verde alle reti elettriche intelligenti, dagli impianti rinnovabili di futura generazione alla moda “eco”.

Attualmente a Progetto Manifattura ci sono 40 start-up, alcune già imprese mature con vari milioni di fatturato, altre ancora alla fase inziale. Per quest’ultime esiste il programma Greenhouse, dove sono assistiti per strutturare la propria idea d’impresa e per perfezionare i propri prodotti o servizi. Progetto E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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Alea News, Settembre 2014 Manifattura offre loro infrastrutture, affiancamento e formazione professionale. I “grandi” invece sono incubati nel programma Innovation Factory, già pronti ad aggredire il mercato, dove grazie a mentoring professionale, formazione continua e collegamento con investitori hanno numerose opportunità per far crescere il proprio business.

Lo stesso progetto degli spazi di Progetto Manifattura è simbolo di un nuovo modo di fare impresa. Da un lato, con un occhio al passato grazie ad un’importante riqualificazione degli edifici del 1854 della manifattura austroungarica. Dall’altro si guarda al futuro, con spazi di lavoro salubri e a basso impatto, inclusa una nuova area produttiva tutta in legno progettata dall’archistar Kengo Kuma, a basso impatto energetico e dotata di tutti gli accorgimenti dell’architettura sostenibile più radicale. Entro il 2017, infatti, saranno infatti aperti quasi 20mila metri quadri di spazi per la manifattura leggera. Spiega Gianluca Salvatori, ideatore del progetto «La tipologia produttiva del nostro paese è particolarmente adatta a questa modalità produttiva, perché le imprese piccole, snelle e in rete hanno mostrato di essere più efficaci della grande impresa fordista a fronteggiare questo nuovo scenario. Anche mobilitando le risorse culturali e sociali dei contesti locali. Facendo innovazione low cost in settori tradizionali, cercando soluzioni a partire dai problemi, senza modelli precostituiti. Mescolando high tech e low tech, senza

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Alea News, Settembre 2014 piegarsi al mito delle monoculture tecnologiche e senza ricreare finte Silicon Valley dove non possono crescere». Celebrata da giornali come La Stampa, Corriere, Wired, come una delle avanguardie dell’impresa nel XXI secolo (a breve avrà il più grande laboratorio di prototipazione 3D d’Italia), Manifattura va a completare l’offerta dei tanti incubatori, aprendo su uno dei segmenti economici più in crescita, quello della green economy. Curiosi di visitarla? Contattate la segreteria sul sito www.progettomanifattura.it

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Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo di Astrid Brunetti, Heiko Schoberwalter, Eva Pichler, TIS innovation park astrid.brunetti@tis.bz.it

Il TIS aiuta a trovare Business Angel: con una start up l’ultimo successo Trovare soldi da investitori privati per le aziende innovative altoatesine: questo è uno dei compiti che l’Incubatore d’imprese del TIS porta avanti da 16 anni. L’ultimo successo: la start-up ARS Meccanica Dolomiti ha appena concluso un accordo con un finanziatore privato, un cosiddetto “Business Angel”, per ultimare le proprie attività di ricerca & sviluppo e mettere quindi in produzione il proprio prodotto. «Siamo una start-up giovane e per mettere sul mercato il nostro prodotto abbiamo bisogno di capitali esterni» afferma Heinrich von Lutterotti, cofondatore dell’azienda. «Grazie al supporto del TIS abbiamo trovato un Business Angel per la nostra azienda» afferma soddisfatto von Lutterotti. L’apporto finanziario permetterà alla ARS Meccanica Dolomiti di mettere in produzione da settembre 2014 Quikky, l’innovativo aggancio-rapido a perno rotante che velocizza e semplifica il sollevamento, il trasporto e la messa in sicurezza tutti i carichi, specialmente per pesi oltre le 5 tonnellate.

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Alea News, Settembre 2014 La rete dei Business Angel al TIS Nella rete di contatti del TIS non ci sono solo 19 Business Angel altoatesini tra imprenditori ed ex-imprenditori, ma anche finanziatori privati del nord Italia e di tutto l’arco alpino. Queste figure, sempre più importanti per aiutare le piccole aziende a fare un salto di qualità, sono investitori privati che mettono a disposizione del capitale di rischio per imprese o progetti imprenditoriali ad alto potenziale di crescita. «Convincere un investitore che vale la pena investire in un prodotto innovativo non è facile» spiega Hubert Hofer, direttore del TIS «ll nostro incubatore d’imprese prepara quindi le aziende innovative ad affrontare al meglio questa sfida». Il pacchetto di servizi del TIS va dalla valutazione del progetto, alla preparazione ai colloqui con il finanziatore al coinvolgimento di eventuali esperti, dalle prime trattative alla conclusione dell’accordo. Nell’ambito della strategia finanziaria, inoltre, il TIS supporta l’azienda anche per combinare eventuali finanziamenti privati con agevolazioni pubbliche. Per aziende che vogliono entrare sul mercato con un prodotto innovativo o che vogliono mettere in produzione un prototipo funzionante, i Business Angel rappresentano una preziosa opportunità: non solo possono supportarle economicamente, bensì anche mettendo loro a disposizione, oltre al capitale, anche il proprio know-how e rete di contatti. «Al momento abbiamo otto casi aperti, » spiega Hofer «abbiamo notato che a seguito della crisi sono aumentate le richieste di finanziamento privato: nascono sempre nuovi progetti innovativi, sia di start-up che di aziende già affermate. C’è quindi bisogno di finanziamenti per permettere a questi progetti di crescere più velocemente».

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Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te di Gabriella Parmesan, g.parmesan@vegapark.ve.it

Nasce Lectios, la prima app italiana che rivoluziona il modo in cui l'utente si aggiorna su tutto ciò che gli serve o interessa, permettendogli di ottimizzare il tempo impiegato negli spostamenti casa-lavoro, o mentre fa sport. Lectios, applicazione ideata e progettata dalla giovane start up di Tommaso Cardone, Francesco Pra Levis e Jacopo Penso, insediata all’interno di Vega InCube, l’incubatore certificato del Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia, sarà presentata ufficialmente domani a Treviso in occasione della manifestazione “Treviso Creativa”. Da domani, l’app sarà disponibile sul sito www.lectios.com. Basata su un sistema TTS (Text To Speech), Lectios offre una traduzione vocale di testi di altissima qualità e consente all'utente di selezionare i contenuti che più gli interessano: articoli di un quotidiano online, post del blog preferito, una ricetta per la cena. A quel punto basta infilare le auricolari e cliccare "play" per avviare la riproduzione mentre si è in macchina, si fa jogging o si è in coda al supermercato. «Lectios seleziona i testi per l'utente e rende accessibile ai multitasker ogni tipo di testo presente in Rete in formato audio e supera le limitazioni date dai testi legati a feed RSS o da playlist rigide. – dichiarano i tre startupper - Oltre a selezionare manualmente gli indirizzi web di interesse, l'utente può farsi ispirare dalle categorie di Lectios, scegliendo di riprodurre ad esempio gli articoli più ascoltati o condivisi sui social network dagli altri utenti, o le ultime pubblicazioni dei siti inseriti fra i preferiti. Lo smartphone, quindi, diventa uno strumento con cui poter ascoltare anche tracce audio per informarsi.

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Alea News, Settembre 2014 «L’azienda veneziana è una delle eccellenze tra le 21 start up dell’Incubatore Vega che operano principalmente nei settore dell’ICT. - dichiara Tommaso Santini, amministratore delegato di Vega Scarl - Il primato di questa start up conferma il ruolo di Vega InCube quale polo strategico di ricerca e innovazione. L’incubatore, infatti, si pone come attuatore del trasferimento tecnologico e facilitatore dell’innovazione, vero e proprio luogo “fisico e in rete” di una nuova imprenditorialità».

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L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta di Alessandro Tibaldeschi, ale@agenziapressplay.it

Chi si occupa di riciclo, insegna che i rifiuti non andrebbero visti solamente come gli scarti dell'attività umana bensì come risorse a cui attingere per realizzare nuovi prodotti innovativi ed ecologici. È il caso di Nesocell, spin-off del Politecnico di Torino e start up incubata in I3P, che partendo dai rifiuti di cartiera ha realizzato una soluzione semplice ed economica per aumentare l'efficienza energetica delle abitazioni. Il sistema di produzione ideato dall'azienda (protetto da una serie di brevetti internazionali) utilizza gli scarti di raffinazione della cellulosa di cartiera per realizzare un prodotto “di riciclo” in grado di isolare a livello termico ed acustico gli edifici. “Il processo produttivo - spiega Nesocell - si differenzia dai processi tradizionali basati su lavorazioni esclusivamente a secco e si compone di una serie di fasi: la macinazione della materia prima (scarti di lavorazione di cartiera) che viene ridotta in frammenti di dimensioni opportune, la macerazione in ambiente umido, l’aggiunta di additivi, l’essiccazione in condizioni controllate, fino a formare il prodotto”. Trattandosi di un materiale di “carta” destinato all'utilizzo in ambito residenziale sorge spontanea la domanda: come si comporta il prodotto a contatto con il fuoco? “Durante la lavorazione – spiega l'azienda - il materiale viene stabilizzato mediante additivi naturali al fine di renderlo ignifugo e di preservarne la durabilità. Tale trattamento rende il prodotto anche non attaccabile da insetti, muffe, roditori e batteri, e non si deteriora se esposto all’aria e all’umidità”.

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Alea News, Settembre 2014 Il prodotto finale della lavorazione si presenta come una ovatta (cotone) di cellulosa di legno e la natura sciolta di questo innovativo isolante favorisce l'installazione sia nelle nuove costruzioni, sia nelle costruzioni esistenti in modo particolare su intercapedini murarie, tetti e sottotetti. L’installazione prevede l’insufflaggio dei fiocchi di cellulosa all’interno dell’intercapedine. L’operazione può essere condotta sia dall’interno che dall’esterno dell’edificio (predisponendo in questo caso gli opportuni ponteggi) e nel caso di condomini può riguardare l’intera struttura od i singoli alloggi. Il potenziale risparmio ottenuto con l'utilizzo dei fiocchi è significativo. Nesocell ha calcolato che “l’installazione dei fiocchi di cellulosa Nesocell migliora l’isolamento termico e consente quindi di ottenere una riduzione dei costi di climatizzazione invernali che si attesta in media sul 25-45% e può superare il 50%”. Tradotto in termini monetari, in base a monitoraggio effettuato su condominio di 26 alloggi ad Alba (CN), Nesocell ha calcolato un risparmio nel primo anno di 12.000 euro a fronte di un costo dell’intervento di circa 33.000 euro. Ma i vantaggi, sottolinea l'azienda, non si limitano solamente al periodo invernale: “Gli isolanti Nesocell permettono di raggiungere elevati livelli di risparmio energetico sia per quanto riguarda le spese di riscaldamento invernale, sia per quanto riguarda i costi di climatizzazione nel periodo estivo”. I fiocchi di cellulosa vanno infatti a “correggere opportunamente lo sfasamento termico estivo limitando considerevolmente l'effetto di surriscaldamento serale delle abitazioni”. E in termini ambientali, quali sono i vantaggi dell'innovazione targata Nesocell? L'azienda ci tiene a sottolineare che si tratta di un prodotto “a impatto ambientale negativo” in quanto “le emissioni di CO2 risparmiate durante la vita del prodotto sono superiori a quelle immesse in ambiente per produrlo”. E non solo. “Allo stesso tempo i fiocchi di cellulosa Nesocell rispondono al criterio di materiale riciclato in quanto il processo produttivo si occupa di recuperare cascami industriali altresì conferiti in discarica”. Vantaggi che si ripercuotono nel prodotto a fine vita. “La base naturale degli isolanti – conclude Nesocell - garantisce una elevata traspirabilità e la possibilità di smaltire a fine vita il prodotto senza dover ricorrere a pesanti spese di smaltimento”.

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