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Foraging
Nel magico mondo dei funghi mediterranei
La foresta mediterranea ci regala, in ogni stagione, le condizioni ideali, a diverse altitudini, per approfittare di uno degli ingredienti più affascinanti e complessi: i funghi
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Nel mondo l’Italia è conosciuta come un paese mediterraneo nonostante la quantità di ecosistemi che compongono il nostro territorio sia composta per gran parte da habitat molto diversi da quelli riferibili a questo contesto, basti pensare ad esempio alle grandi foreste alpine, alla tundra di alta quota, ai pascoli appenninici. Solo spostandoci verso le coste lambite dal mare ci accorgiamo di questa identità cosi iconografica a occhi stranieri. In queste aree, uno degli habitat più significativi, a livello ecologico, è sicuramente la foresta mediterranea. Si diffonde fitta nelle aree pianeggianti sul mare e nel vicino entroterra ed è caratterizzata da un clima estivo secco, caldo e poco piovoso. Le specie che compongono questa tipologia di bosco si sono adattate alla carenza di acqua sviluppando solitamente foglie molto coriacee, che cosi riescono a non perdere acqua, e radici molto profonde che possono andare ad assorbire la poca acqua presente nel terreno non superficiale. Inoltre hanno generalmente caratteristiche morfologiche che le rendono resistenti agli incendi, molto frequenti durante le estati calde e ventose. Ad esempio sviluppano sempre una corteccia spessa che è in grado di resistere al calore delle fiamme proteggendo il tronco, e producono molti particolari semi, che hanno addirittura bisogno del passaggio di un incendio per poter germogliare.
LA BIODIVERSITÀ NELLA FORESTA MEDITERRANEA
Nonostante la foresta mediterranea si presenti spesso molto fitta e ingarbugliata, la biodiversità presente è piuttosto limitata. Tra gli alberi troviamo di frequente il leccio (Quercus ilex), una quercia mediterranea in grado di resistere al clima arido e caldo. Le sue caratteristiche di adattamento sono stupefacenti: grazie alle foglie coriacee e sempreverdi, dotate di peli sulla pagina inferiore, riesce a non disperdere acqua e attraverso le sue profondissime radici è in grado di trarre acqua e frescura dal terreno in profondità. Un’altra specie arborea molto presente è la quercia da sughero (Quercus suber) dalla quale si ricava il sughero: la sua corteccia, con la sua porosità e consistenza particolare, è fatta apposta per resistere agli incendi. Anche il pino può essere considerato una specie tipica di questo habitat che oltretutto riesce spesso a creare tratti di foresta pura, le cosiddette “pinete marittime”. Ne sono presenti tre specie principalmente: il pino domestico (Pinus pinea), il pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e il pino marittimo (Pinus pinaster). Sotto agli alberi e intorno alla foresta si sviluppa poi l’articolato mondo degli arbusti fra i quali, i prevalenti, sono nel genere Juniperus (i ginepri, tra cui Juniperus phoenicious e Juniperus oxicedrus macrocarpa), l’alloro (Laurus nobilis), il biancospino comune (Crataegus monogyna) e il viburno (Viburnum tinus) e, nelle radure, l’erica (Erica arborea), il corbezzolo (Arbutus unedo) e l’acero trilobo (Acer monspessulanum). Nell’ultimo livello a terra si sviluppa poi il sottobosco formato da piante poco esigenti come il pungitopo (Ruscus aculeatus), il tamaro (Dioscorea communis), l’asparago selvatico (Asparagus acutifolius), il ciclamino (Cyclamen repandum), diverse orchidee, liane e rampicanti così abbondanti da rendere quasi impenetrabile le aree.
IL REGNO DEI FUNGHI
Questo habitat, partendo dalla costa, può svilupparsi fino anche a 900 metri e in alcune particolari condizioni anche a 1200 metri. Salendo di altitudine il bosco diviene conseguentemente più fresco e meno arido
Nella pagina a fianco, un intreccio dei tronchi del ginepro, tipica specie della foresta mediterranea. Sopra a sinistra, osservazione durante la raccolta dei funghi nella foresta mediterranea. Sopra a destra, l'autrice della rubrica in esplorazione nella foresta mediterranea in Sardegna
e perciò vi compaiono anche specie diverse come la vitalba (Clematis vitalba), l’edera (Hedera helix), specie lianose come le clematidi (Clematis flammula), il rovo selvatico (Rubus ulmifolius), la madreselva (Lonicera implexa), la robbia (Rubia peregrina) e la salsapariglia (Smilax aspera). Vi si sviluppa anche una notevole quantità e varietà di funghi, alcuni particolarmente pregiati, ed è proprio fra questi esseri, cosi affascinanti, che voglio individuare i nostri speciali ingredienti selvatici di questo mese. Il regno dei funghi è un mondo a sé, che non appartiene né al regno vegetale né a quello animale, composto da elementi che hanno in comune una caratteristica precisa: la presenza di chitina. Empiricamente i funghi si possono suddividere in due fasce dette dei “micromiceti” e dei “macromiceti”. Quello che siamo abituati a considerare fungo e a raccogliere, in realtà, è solo la parte fruttifera di questo essere, e il fungo vero e proprio è in realtà il micelio, l’insieme di filamenti (ife) che compongono la parte vegetativa, quasi sempre ipogea, che si sviluppa cioè sottoterra.
DA RACCOGLIERE NEL SOTTOBOSCO
Il momento migliore per uscire a raccogliere i funghi è sempre il primo mattino quando il bosco è ancora umido, il sole non batte ancora violentemente sul terreno e l’aria non è troppo calda. Raccogliere funghi significa lasciare i sentieri e immettersi nel sottobosco non tracciato. Essere conoscitori di questo habitat è importante, soprattutto per rispettarne i delicati equilibri. Non è necessario distruggere ogni fungo che si incontra lungo il cammino per verificarne la commestibilità. Rispettiamone l’esistenza, coscienti che ogni cosa è collegata e che ogni elemento è connesso al benessere degli ecosistemi. L’equipaggiamento ideale che si dovrebbe considerare per la sicurezza personale prevede invece, semplicemente, un paio di scarponcini alti, comodi e resistenti che permettano di avventurarsi anche in luoghi scoscesi come salite, crepacci, discese e ruscelli, dei calzoni lunghi e impermeabili, che ci preservino da eventuali morsi o dagli insetti e infine un cestino e un coltellino per pulire il fungo sul posto e trasportarlo, mantenendo spore e ife nell’habitat boschivo, permettendogli di spargersi nel bosco e di perseverare nel ciclo della vita. I due funghi che vi consiglio di raccogliere perché molto numerosi in questo habitat e deliziosi al palato sono il Pleurotus nebrodensis, detto popolarmente funciu di basiliscu, e il Suillus bellinii. Il primo presenta un cappello irregolare ma piuttosto consistente ed è ricoperto da una cuticola non gelatinosa di un colore biancastro. Il gambo è ben evidente e presenta un restringimento alla base, come evidenti sono anche le lamelle appariscenti e fitte e di colore biancastro. Anche le spore sono bianche e molto numerose. È commestibile l’intero fungo cotto con la sua carne bianca, soda e consistente, ha un odore di pasta di pane dal sapore dolce e gradevole. Il secondo presenta invece un gambo ben evidente, di colore bianco con segni e dettagli rossi e il cappello non molto lineare, con i margini lisci a volte ondulati, a volte convesso altre invece appiattito. Il colore del cappello è inizialmente biancastro ma diventa bruno con il passare dei giorni. La cuticola ha uno strato un po’ gelatinoso e i tubuli sono prima bianco-crema e poi giallastri a maturazione. Anche in questo caso è commestibile l’intero fungo cotto che ha un odore fruttato con un sapore dolce.
SUGGERIMENTI DA TENERE PRESENTE
Nonostante io sia una grande fan dei funghi cucinati in ogni modo e in ogni stagione, quello che mi sento di consigliare, in generale, quando si parla di questi ingredienti, è di non ingerirli mai crudi, ma di cuocerli sempre (in molte specie sono presenti tossine termolabili che evaporano durante la cottura a circa 80 °C), di non consumarli in quantità smodate e neanche in un arco di tempo troppo ravvicinato. Quel che tuttora conosciamo sulla tossicità dei funghi si basa perlopiù sull’esperienza, poiché questa non è ancora ben definibile in laboratorio. La micotossicologia (la scienza che studia le tossine prodotte dai funghi e i loro effetti) è infatti in continua crescita. Non si conoscono ancora esattamente nemmeno tutte le molecole di uno dei funghi più noti come il porcino. È quindi molto difficile comprendere le reazioni che a volte il nostro organismo sviluppa dopo aver consumato dei funghi. Dopo questo necessario avvertimento non mi resta che augurarvi, come ogni mese, buona esplorazione! ▲