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Solidarietà | Amore e vicinanza ai popoli himalayani
Amore e vicinanza ai popoli himalayani
La guida alpina Michele Cucchi racconta l’ultima missione umanitaria dell’associazione Cuore Attivo Monte Rosa: 18 tonnellate di aiuti alimentari consegnate agli abitanti dei villaggi montani in Pakistan
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di Lorenzo Arduini - foto Chiara Guglielmina
Michele Cucchi è un uomo di montagna, che vive in montagna e che lavora per essa e grazie a essa. Quarantuno anni quest’anno, guida alpina di Alagna Valsesia, come alpinista ha al suo attivo salite importanti, come la vetta del K2 raggiunta nel 2014. Ma soprattutto è una persona che ha a cuore le popolazioni himalayane. Le vuole conoscere a fondo creando relazioni e legami, per aiutarle a vivere dignitosamente sulle proprie montagne, senza essere obbligate ad andarsene in cerca di un futuro migliore. Ha così deciso di seguire le orme dello zio Giuseppe, che da più di trent’anni cura progetti di vario tipo in Nepal. Insieme a un gruppetto di “amici montanari” (come ama definirli), tra cui diverse guide alpine e un medico, ha così dato vita all’associazione Cuore Attivo Monte Rosa. «Negli ultimi tre-quattro anni in Nepal abbiamo costruito scuole e acquedotti, oltre a organizzare campi medici con screening sanitari per gli abitanti dei villaggi», racconta.
L’OPERAZIONE UMANITARIA
Nell’autunno 2020 hanno portato a termine l’ultimo progetto, questa volta in Pakistan, per portare generi alimentari alla popolazione più disagiata e dimenticata delle valli himalayane del Paese. «Frequentiamo l’Himalaya da anni e la situazione sulle montagne pakistane, dopo il lockdown della primavera scorsa e il conseguente azzeramento dell’attività turistica, è diventata durissima», spiega. «In India e in Nepal la maggioranza delle persone rimaste senza lavoro si è dedicata all’agricoltura. In Pakistan ciò non è accaduto, in quanto le montagne sono più severe, aride e povere di terre coltivabili. L’estate scorsa nelle aree montane pakistane sarà entrata al massimo una decina di turisti stranieri. Per i locali, che avevano visto crescere la propria speranza di vita grazie al turismo, il colpo è stato terribile. E non avevano alternative per provvedere alla propria sussistenza». Michele Cucchi e gli altri “montanari” dell’associazione hanno così deciso che bisognava assolutamente fare qualcosa e hanno organizzato un’operazione umanitaria. «Io non sono un fan dell’assistenzialismo, ma qui era veramente necessario», chiosa Michele. È stata così lanciata una raccolta fondi. «Abbiamo messo assieme una discreta somma grazie a qualche sponsor, ma soprattutto grazie alle tantissime persone che hanno voluto darci una mano. Dopodiché il 27 ottobre siamo partiti, per cercare di portare il nostro aiuto in modo concreto, come siamo abituati a fare». Il gruppo è rimasto in Pakistan fino al 20 novembre. A Skardu, capoluogo del Gilgit-Baltistan, si è rivolto a un distributore alimentare e, con l’importante appoggio di Ev-K2-Cnr, ha confezionato 606 sacchi di generi alimentari da 30 chili l’uno.
Continua Cucchi: «in tutto erano 18 tonnellate di cibo, che abbiamo trasportato a tranche nei villaggi con i fuoristrada. Partivamo con un primo carico e lo portavamo in un villaggio, tornavamo a Skardu per il secondo carico, lo portavamo in un altro villaggio e così via. In tutto abbiamo visitato 28 centri abitati, alcuni avevano anche migliaia di abitanti. In ognuno di essi abbiamo anche eseguito uno screening sanitario alla popolazione e abbiamo cercato di capire la situazione dei servizi basilari: acqua, scuole e presidi medici. Con i fuoristrada abbiamo percorso oltre 2000 chilometri».
LA DIGNITÀ DELLE POPOLAZIONI LOCALI
La consegna è avvenuta sempre in maniera molto ordinata: con l’aiuto del capo villaggio (il lambardar, una sorta di sindaco), venivano individuate le famiglie che vivevano di turismo e che, dunque, avevano visto il proprio reddito azzerarsi, oltre ad altre con una situazione particolarmente difficile. «Ci radunavamo in piazza e il lambardar annunciava chi aveva diritto al pacco. Il capofamiglia si faceva avanti e lo ritirava. Abbiamo sempre notato una grande dignità da parte di tutti: niente proteste, niente parapiglia o cose simili».
ABBATTERE MURI E COSTRUIRE PONTI
Il Pakistan spesso viene visto come un Paese meno semplice da approcciare rispetto al Nepal per gli occidentali. Dunque sorge spontanea la domanda sul modo di rapportarsi e sull’accoglienza ricevuta. Michele è molto deciso nella risposta: «non mi piace sentir dire che il Pakistan è un luogo ostile e pericoloso. Lo reputo uno stereotipo. Certamente la cultura e la religione sono diverse da quelle dell’India e del Nepal, e l’approccio con le persone deve essere per forza di cose differente. Ma è da oltre dieci anni che ci vado e non ho mai avuto un problema. Quando ci si reca in un Paese straniero è fondamentale creare empatia con la popolazione e adeguarsi agli stili di vita, agli usi e ai costumi locali. Così facendo si possono instaurare situazioni favorevoli, è possibile abbattere muri e costruire ponti, e non il contrario». Un’altra domanda è relativa a quello che accade una volta terminata la missione umanitaria. I contatti vengono mantenuti? «Certo che sì. Restiamo in contatto anche dopo il rientro a casa per sapere come evolve la situazione. Per loro è importantissimo sapere che c'è qualcuno che li pensa, anche da lontano. Il mantenimento dei contatti per noi è gratificante, per loro il fatto di non sentirsi abbandonati è un grandissimo regalo. Di questa cosa mi sono reso conto negli anni. Restare in contatto ci consente inoltre di ascoltare le loro necessità, così da programmare meglio le iniziative future».
TRASFERIRE LE BUONE ESPERIENZE
L’obiettivo di Cuore Attivo Monte Rosa è dunque questo: conoscere le persone e il loro contesto di vita per portare energia positiva. Usando le parole di Michele, «vogliamo far arrivare in quei luoghi i frutti delle buone esperienze viste negli ultimi decenni sulle Alpi. Sia dal punto di vista della salvaguardia delle comunità che da quello dell’assistenza sanitaria e della solidarietà. Aiutare queste persone a costruirsi un futuro nelle terre dove sono nate è quasi un dovere per noi occidentali, che abbiamo mezzi e possibilità». Cuore Attivo Monte Rosa in questo periodo sta inoltre supportando un’associazione nepalese composta da sole donne, impegnata in attività compatibili con ambiente e territorio. «Con loro stiamo costruendo delle scuole», conclude Cucchi. «Abbiamo in cantiere, poi, altre iniziative, sia in Pakistan che in India. Ma non vogliamo occuparci solo di popolazioni himalayane, vorremmo cercare di fare qualcosa anche in Italia». Oltre a Michele, fanno parte dell’associazione Giuseppe Enzio, Paolo Dalla Valentina, Rosella Giuliani, Monica Re, Chiara Guglielmina, Alessio Forni e Niccolò Aiazzi. Per maggiori informazioni: www.cuoreattivomonterosa.com