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La lunga bellezza

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Lettere

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Il Sentiero Italia CAI è il protagonista delle pagine che seguono. Protagonista di un docufilm (di cui vi raccontiamo la prima tranche di riprese), protagonista di un progetto turistico che è stato sancito da un accordo con un tour operator e, ancora, protagonista delle Guide ufficiali, che vedranno la luce il prossimo anno ma che si stanno realizzando in questi mesi. Insomma, una “star” al centro di una produzione ambiziosa e destinata al grande pubblico, perché le cose importanti vanno diffuse e condivise.

La missione è chiara: parlare a tutti, nessuno escluso. È questo il presupposto da cui nasce il primo documentario sul Sentiero Italia CAI. Tre tappe, tre narratori e più di 7mila chilometri di cammino lungo il paese. Il regista Luca Bergamaschi si racconta

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di Gianluca Testa

Nella foto, il Rifugio Elisabetta, di proprietà del Cai di Milano, in Val Veny, tappa del Tour du Mont Blanc (foto archivio Cai Milano)

Sotto, la guida alpina Martin Dejori ed Eugenio Chemello, “cicerone” di questa prima tappa di riprese, sullo sfondo del gruppo di Sella – Valgardena. In basso a destra, il monitor delle riprese nei pressi del Lago Fiorenza al Monviso (Alta Valle Po) I l cinema è rivoluzione, anche ad alta quota. Non perché incarni un senso politico profondo, ma perché quest’arte è riuscita letteralmente a ribaltare la percezione emotiva della narrazione. Ciò che era statico, all’improvviso è diventato dinamico. Un movimento così realistico da far fuggire a gambe levate gli spettatori che per la prima volta hanno assistito alla proiezione del corto L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, dei fratelli Lumière. Ovviamente dal 1896 a ora ne è passata di acqua sotto ai ponti. Ma quell’idea rivoluzionaria delle immagini in movimento no, non è cambiata affatto. Il suo potere evocativo e comunicativo è immutato nel tempo. D’accordo, sono arrivati prima il sonoro, poi il colore e infine tutto il resto, a cominciare dagli effetti speciali. Ciò che più conta, però, è che il video rappresenta il media universale per eccellenza. A prescindere dalla piattaforma e dallo spazio. Cinema, televisione o smartphone, poco importa. Il video è sempre un video. E quando un filmato non è fine a se stesso ma racconta anche una storia, be’, allora l’obiettivo è raggiunto. Forse è anche per questo che il Sentiero Italia CAI diventerà presto un docufilm.

IL VALORE DELLE DIFFERENZE Ebbene sì, quei settemila chilometri da percorrere a piedi, su e giù per le montagne d’Italia, non solo uniscono il paese (isole comprese) ma rappresentano un valore che si spinge ben al di là del simbolismo e dei record. La bellezza, l’eterogenea civiltà, gli usi, i costumi, le tradizioni. Il Sentiero Italia CAI è tutto

questo e anche molto di più. Quello che per molti è uno dei più lunghi percorsi escursionistici al mondo rappresenta anche l’insieme delle diversità culturali, delle varietà paesaggistiche e delle ricchezze gastronomiche di un’intera penisola. Questo è ciò che siamo: uniti nelle differenze, complementari nei cammini. Confine dopo confine ci scopriamo diversi ma affini, ugualmente attoniti di fronte al bello. In qualsiasi regione o territorio o volto questa bellezza sia capace di manifestarsi. È per trasmettere tutte queste emozioni che il Club alpino italiano ha pensato bene di produrre un documentario capace di raccontare il Sentiero Italia CAI.

UNA VOCE UNIVERSALE L’obiettivo della narrazione è ambizioso: parlare a tutti. Non solo a chi la montagna la ama, la conosce e la frequenta. Ma anche ai camminatori saltuari o a quelli che le cime le hanno viste solo dal basso, coi loro profili stagliati che nelle giornate più nitide fanno da cornice alle passeggiate familiari. Non è un caso che questo docufilm sia stato affidato a un regista di grande esperienza che però, per sua stessa ammissione, non è certo un

È per trasmettere tutte queste emozioni che il Club alpino italiano ha pensato bene di produrre un documentario capace di raccontare il Sentiero Italia CAI

Sotto, Eugenio Chemello insieme allo scrittore ed esploratore Franco Michieli. In basso, riprese nei pressi del Lago Fiorenza al Monviso (Alta Valle Po), con Hervé Tranchero, gestore del Rifugio Quintino Sella montanaro. «Sì, lo confesso, non sono solito frequentare la montagna. Né professionalmente né nella vita di tutti i giorni. Però mi sono circondato di persone che la sanno lunga». Il regista è Luca Bergamaschi. È appena rientrato a casa dopo il primo ciclo di riprese e la soddisfazione per l’esperienza appena conclusa si percepisce dal tono del suo racconto. Luca vive a Parigi da molti anni e ha lavorato sia per la televisione italiana sia per quella francese. «Ho conosciuto la Francia con il progetto Erasmus quando avevo ventisei anni, poi mi sono trasferito definitivamente tre anni dopo», ci dice. Qua ha vissuto le sue prime esperienze da montatore, poi da cameraman e infine come registra. Ora ha moglie e figli a Parigi, che di fatto è diventata la sua città.

SE IL “TEAM” SI CHIAMA “ÉQUIPE” Il docufilm non ha ancora un titolo. Luca, strizzando l’occhio a Paolo Sorrentino, vorrebbe chiamarlo La lunga bellezza. Per il momento è solo un titolo provvisorio, ma chissà. L’idea non nasce solo dal desiderio di citare un maestro della cinematografia, ma dal fatto che nella prima delle tre sessioni di riprese, di fronte ai suoi occhi, la bellezza si è manifestata con tutta la sua potenza. Non è quella romana del Colosseo, ma la bellezza paesaggistica delle Alpi, dalla Val Camonica alla Val Gardena. Il team Ω che Luca, da buon italo-francese qual è, ama definire «équipe» Ω seguendo il percorso del Sentiero Italia CAI ha attraversato Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Alto Adige, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Circa 2.500 chilometri in auto in soli dieci giorni, ma soprattutto tante salite con l’attrezzatura in spalle. Ma fortunatamente non era solo. «I miei compagni di viaggio sono stati fantastici», ci dice rivolgendo un pensiero diretto alla sua “équipe” composta di quattro elementi, lui compreso. I due consulenti esperti sono il direttore di Montagne360, Luca Calzolari, e lo storico dell’alpinismo, giornalista e scrittore, nonché nostro collaboratore, Roberto Mantovani. «Sono due personaggi incredibili. Non ci conoscevamo prima, ma con loro è nata subito un’istintiva empatia» racconta il regista. «Oltre a essere dei grandi esperti, Luca e Roberto sono anche dei grandi camminatori. Era difficile stargli dietro». Del resto non si trattava di un’escursione come tante. Perché tutti, nessuno escluso, si sono divisi i circa quindici chili di attrezzatura. Il minimo indispensabile per le riprese.

TRE TAPPE, ALTRETTANTI NARRATORI Il “cicerone” di questa prima lunga tappa è il giovane Eugenio Chemello, di appena 22 anni. «Tre tappe, tre protagonisti» ci dice Luca Bergamaschi. «L’idea è quella di un racconto unico, che però passa attraverso tre punti di vista differenti». Eugenio è quindi il protagonista della traversata delle Alpi, l’attrice ed escursionista francese Hélène Blondel sarà al centro del secondo percorso (dalla Costiera Amalfitana fino alla Liguria), mentre per la terza tappa (dalle isole alla Campania) si è ancora alla ricerca del personaggio che accompagnerà la narrazione. Quel che invece è certo è che le riprese si concluderanno a novembre, mentre il documentario sarà montato entro la fine dell’anno. Inoltre ogni tappa è scandita da incontri nient’affatto casuali. Nella prima serie di riprese, infatti, il narratore Eugenio ha incontrato Ω tra gli altri Ω la giovane accompagnatrice escursionistica Martha Consolino, la

A destra, il regista Bergamaschi. Sotto, da sinistra nella foto, Luca Bergamaschi, Eugenio Chemello, Roberto Mantovani e Luca Calzolari in un selfie durante le riprese guida alpina Hervé Tranchero, lo scrittore ed esploratore Franco Michieli, il direttore del Parco naturale di Paneveggio - Pale di San Martino Vittorio Ducoli, la scout Sofia Ferrarese, Alfiere della Repubblica grazie all'iniziativa Cai-Agesci per il ripristino dei sentieri dopo la Tempesta Vaia, la guida alpina Martin Dejori dei Catores e il professor Dario Gasparo.

LINGUAGGIO UNIVERSALE «Il tema della montagna è un tema complesso, e in questo mi sono stati di grande aiuto sia Luca sia Roberto. Mentre Eugenio si è dimostrato adattissimo al ruolo» racconta Bergamaschi. «Abbiamo costruito insieme un percorso, cercando di alternare l’incontro con i vari personaggi a un racconto della montagna mainstream. Alla fine non è un caso che sia io il registra. L’obiettivo comune, infatti, è proprio quello di rendere la narrazione più comprensibile possibile. Non ci rivolgiamo solo alla nicchia, ma al pubblico più vasto. Del resto ho realizzato molti prodotti televisivi e il mio scopo è sempre quello di parlare alla maggioranza. Di fatto la mia funzione è quella di creare un filtro: se la storia la capisco anch’io, allora posso trasmetterla a tutti». Semplificare non significa però banalizzare. E questo Luca lo sa bene, non a caso è il suo mestiere.

LA DIMENSIONE UMANA Ma ciò che il regista si porterà dentro, più di ogni altra cosa e ben al di là dell’obiettivo del docufilm, è l’esperienza umana. In montagna le relazioni sono più importanti che altrove. E vivere così a lungo a stretto contatto con persone estranee è

una prova che Luca ha brillantemente superato. «È stata un’esperienza umana bellissima», ci confessa. «Per le persone incontrate, per la regia “coccolata” dai consigli di Calzolari e Mantovani, per i tanti incontri interessanti, per certi panorami da toglierti il fiato, per le salite più faticose, per i chilometri macinati da una tappa all’altra, per le notti solitarie trascorse alla bell’e meglio nei campeggi, in appartamenti, in hotel spartani o in rifugi di fortuna». Tutto questo rientra nello spirito del camminare in montagna. Emozioni rare, preziose e difficili da comunicare. Ma del resto Luca Bergamaschi è stato scelto proprio per questo. Ovvero per raccontare ai più il valore universale della lunga bellezza del Sentiero Italia CAI. Ÿ

IL REGISTA

Dopo la laurea in sociologia all’Università degli studi di Trento nel 2002, Luca Bergamaschi ha continuato la sua formazione (“Progetto Leonardo”) nella casa di produzione Agat Film di Parigi. Nel 2003 ha frequentato il master in “Documentario delle scuole civiche di Milano” e si è diplomato come montatore Avid (Fse) presso la casa di produzione Drop Out di Milano. Dal 2004 vive a Parigi, dove lavora come montatore e regista. In sedici anni filma e monta film istituzionali, aziendali, reportage e documentari in molte zone del globo. Dall’Isola di Pasqua al Madagascar, dall’Australia alla Tasmania, dal Brasile alla Russia. E ora anche in montagna, dalle Alpi all’’Appennino siculo.

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